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I libri proibiti - W. Behringer, Appunti di Storia Moderna

Riassunto testo i libri proibiti

Tipologia: Appunti

2015/2016

Caricato il 02/09/2016

alessandra_vecchi
alessandra_vecchi 🇮🇹

4.6

(56)

17 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica I libri proibiti - W. Behringer e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! RIASSUNTO I LIBRI PROIBITI Il controllo sui libri 1. Le origine della censura Fu nel corso dell'età moderna, tra gli inizi del secolo XVI e la fine del XVIII secolo, che in Europa nacque, si sviluppò ed entrò in crisi un sistema di controllo sulla produzione, la circolazione e l'uso del libro. La stampa a caratteri mobili e lo spargersi della Riforma protestante furono messi in relazione con l'istituzione di organismi deputati alla vigilanza: il libro venne visto come un pericolo, la cui diffusione occorreva regolare ed eventualmente bloccare in qualsiasi modo. In pochi anni la Chiesa di Roma elaborò un apparato di controllo che servì da modello per qualsiasi organizzazione di controllo poliziesco del pensiero del futuro, con inevitabili ripercussioni sulla vita degli individui, sul loro rapporto con la realtà e con i poteri, sul progresso delle scienze e del sapere in genere. Le straordinarie potenzialità del libro a stampa erano apparse subito evidenti, ma proprio la sua capacità di propagarsi facilmente in ambiti della popolazione europea precedentemente estranei alla cultura scritta aveva iniziato a destare preoccupazioni, ancor prima della diffusione delle tesi di Lutero. La tipografia e l'organizzazione di un sistema commerciale mutarono dalle fondamenta le condizioni degli scambi intellettuali: la stampa non passò sempre inosservata e la sua rivoluzione nelle abitudini intellettuali del continente non fu del tutto “inavvertita”. La sua pericolosità non tardò a manifestarsi e furono emanate delle disposizioni poco efficaci per controllare l'attività editoriale, soprattutto dove la produzione e la circolazione libraria erano più vivaci o nei principali centri del potere (nelle città tedesche, in Italia, e nelle grandi corti). Ma c'era anche chi ne avvertiva la grande utilità, volendo interferire nella diffusione delle idee per rafforzare i nuovi Stati assoluti in via di formazione all'inizio dell'età moderna. Ma allo stesso tempo vi era anche chi cominciava ad avvertirne i rischi. Non mancava poi chi nutriva delle preoccupazioni filologiche, affermando che un manoscritto scorretto faceva poco danno, ma un'intera edizione di un migliaio di esemplari mal pubblicata rischiava di danneggiare gravemente la tradizione del libro. Il primo intervento di censura preventiva avvenne nel 1472 in Italia, in seguito ad una pessima edizione di Plinio, che portò alla nascita di una commissione di eruditi che autorizzasse preventivamente le edizioni dei classici. Vennero attuate alcune azioni preventive: • Nel 1487 Innocenzo VIII, avvertendo i rischi di uno sviluppo dell'attività tipografica fuori da ogni controllo, aveva affidato al Maestro del Sacro Palazzo (Roma) e ai vescovi (altre diocesi) l'obbligo di vigilare che non si diffondessero libri contrari alla religione e alla morale; • Nel 1501 Alessandro VI, con la bolla Inter multiplices aveva fissato principi della censura preventiva; • Nel 1515 Leone X, continuando il lavoro di Alessandro VI, estese la censura preventiva a tutta la cristianità, nel corso del Concilio Laterano V con la bolla Inter sollicitudines. Anche i sovrani cominciarono a occuparsi della questione del controllo dei libri: prima fra tutte la Spagna, che con i suoi sovrani Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia, nel 1502, impose una licenza preventiva per i libri di nuova impressione e per le importazioni dall'estero. È probabile che tali prese di posizione non avessero alcuna conseguenza effettiva sui traffici di libri, anche a causa delle difficoltà di mettere in piedi un efficace sistema repressivo: questo è sottolineato dalla diffusione incredibile degli scritti di Lutero, fenomeno senza precedenti (divenne evidente, a seconda delle circostanze, esaltato o maledetto, il nesso tra tipografia e Riforma protestante). Nel combattere l'espansione incontrollata dei libri, Chiesa e Stato si mossero separatamente senza coordinare gli sforzi, non potendo contare su strutture in grado di fronteggiare l'offensiva della stampa ritenuta pericolosa. La situazione cambiò negli anni '40: con la bolla Licet ad initio, papa Paolo III istituì nel 1542 l'Inquisizione romana, un tribunale fortemente centralizzato dotato di propri rappresentanti in ogni diocesi. 2. Tra Chiesa e Stato L'intento romano era quello di sottoporre tutta la produzione libraria europea a un controllo centralizzato che avesse nelle autorità religiose il proprio fulcro: l'imprimatur, cioè l'autorizzazione ecclesiastica alla stampa, era l'unico lasciapassare che consentiva la pubblicazione e la circolazione di un'opera. I propositi ecclesiastici vennero tuttavia a scontrarsi con i principi, che si videro sottrarre un'azione di vigilanza da cui potevano ricavare profitto; la discussione era incentrata soprattutto su chi avesse titolo ad autorizzare la stampa. I conflitti tra sovrani e Chiesa miravano dunque a ristabilire i rispettivi confini di competenza: all'imprimatur ecclesiastico si contrapponeva la licenza di stampa rilasciata dal principe! L'esistenza di una censura di Stato non equivaleva a riduzione dei controlli, ma indicava maggiore sensibilità alle ragioni della politica, riducendo quelle della religione entro confini esclusivamente spirituali. Il processo di costituzione di censure di Stato fu lungo e scavalcò ampiamente i limiti del XVI secolo; in qualche caso iniziò prima della Riforma; in altri contemporaneamente a questa e in concorrenza con le strutture ecclesiastiche; in altri casi si arrivò più tardi, come in Francia, a causa dei lunghi contrasti religiosi. 1. Spagna: Il Consiglio Reale rilasciava le autorizzazioni, ma l'Inquisizione assunse un ruolo di primaria importanza, e da suo controllo non erano al sicuro neppure i libri già autorizzati, che in qualsiasi momento potevano essere sequestrati e bruciati → Consiglio Reale (atto burocratico) – Inquisizione (controllo effettivo!). 2. Francia: Qui la definizione del privilegio di stampa consentì alla monarchia una certa sorveglianza editoriale, anche se il controllo rimase tuttavia ridotto. Con l'indice del 1559 anche la letteratura finì sotto l'attenzione dei censori (Decameron di Boccaccio). Visite inquisitoriali, permessi negati, attenzione poliziesca nei riguardi delle attività commerciali sottoposero i librai a rischi intollerabili: alcuni risolsero i problemi avviandosi sulla strada del libro religioso e liturgico , ma altri preferirono evitare in partenza. Il declino della forza della grande editoria veneziana, la più potente d'Europa a metà secolo, è anche conseguenza di simile clima! 3. Censura e lettura popolare L'attenzione riservata alla Bibbia e alla letteratura è prova della grande fortuna che i libri in volgare stavano avendo in ogni ambito sociale, anche in quelli più modesti. La diffusione della stampa aveva stimolato il desiderio di leggere e scrivere a tutti i livelli e favorito le occasioni di apprendimento: accanto alle tradizionali scuole di umanità e grammatica basate principalmente sullo studio del latino, avevano avuto uno sviluppo scuole in cui l'insegnamento avveniva direttamente nella lingua parlata. La prima metà del Cinquecento aveva visto una grande crescita della lettura popolare tra un pubblico limitatamente alfabetizzato. Dopo il 1559 la detenzione di libri divenne il più frequente elemento di accusa nei processi per eresia, e possederli diveniva elemento di sospetto, anche quando non erano proibiti Una bolla di Pio IV del 1564 imponeva a tutti i maestri di effettuare una professione davanti al vescovo, e dovevano dichiarare dove e con quali libri svolgevano la propria attività didattica. La diffidenza della Chiesa verso un'incontrollata diffusione dei materiali d'uso popolare proseguì anche nel secolo XVII, quando gli scritti si diffusero anche al di fuori dei grandi centri abitati grazie all'opera di venditori ambulanti. 4. La scienza L produzione scientifica cadde sotto lo sguardo dei censori dopo la sconfitta dell'eresia. In generale il peso dei divieti e l'ossessione dei controlli, già nel Cinquecento, aveva influito negativamente sulla circolazione dei libri universitari (blocco testi da Nord Europa). Si deve attendere la fine del XVI e i primi decenni del XVII secolo per incontrare un deciso attacco contro la riflessione filosofica e scientifica: il testo (1543) di Niccolò Copernico venne condannato molti anni dopo la sua pubblicazione, nel 1615. Le ragioni della proibizione stavano nel rapporto tra tradizione, Sacre Scritture e scienza da tempo affermato come principio. Nessuno spazio veniva lasciato alle letture individuali. Nel 1610, il testo di Galileo Galilei sulle sue osservazioni astronomiche con il cannocchiale di sua invenzione incontrò le preoccupazioni dei teologi, dato che era in netto contrasto con l'interpretazione cattolica delle Scritture, e avrebbe comportato incalcolabili conseguenze sulla immobile concezione aristotelica dell'universo. Maggiore fu la cautela che in simili frangenti dovettero adottare i librai. I limiti della censura 1. Dopo l'indice clementino L'indice clementino del 1596 aveva suscitato delle resistenze in Italia, soprattutto nella Repubblica di Venezia, che aveva sollevato proteste e grandi scontri che preludevano ai grandi scontri con la corte romana di qualche anno dopo. L'accettazione dell'indice nei territori veneti era avvenuto dopo un “concordato” che aveva regolato i rapporti tra Stato e Chiesa in questioni di stampa: Venezia dichiarava che non avrebbe più accolto automaticamente i futuri decreti romani di proibizione e che sarebbe entrata nel merito specifico di ogni richiesta; la Repubblica precisava di esonerare i librai dall'obbligo prescritto dall'indice di prestare giuramento nelle mani del vescovo o dell'inquisitore, nonché di essere disponibile a riconoscere solo i divieti di libri contro la religione o stampati senza licenze. Dopo il 1596 l'impegno di Roma affinché l'indice fosse rispettato fu favorito dalla condotta più incisiva della Congregazione dell'Indice, liberata, grazie all'appoggio di Clemente VIII, da una certa soggezione nei riguardi del Sant'Uffizio. L'Inquisizione aveva rafforzato la propria presenza sul territorio e i vescovi potevano dare maggiore impulso all'azione di verifica. 2. Inquisizione e repressione Anche dopo la fine del XVI secolo l'azione repressiva continuò a essere risultato dell'azione combinata tra Inquisizione e Indice, con quelle differenze determinate dai diversi ruoli che le istituzioni potevano avere nei rispettivi ambiti. Ma la tendenza era quella di farne uno strumento discrezionale in mano agli inquisitori periferici che di fatto divenivano giudici essi stessi nel decidere se autorizzare ampie categorie di testi a stampa. Gli indici del 1664 e del 1681, redatti dai segretari della Congregazione Giacinto Libelli e Giacomo Ricci, abbandonarono la suddivisione in classi che risaliva al tridentino, e disposero le opere da proibire in una più agevole successione alfabetica per nome o titoli. Ma un conto sono gli indici, che rappresentavano un segnale ufficiale delle posizioni della Chiesa, un altro è l'effettiva volontà repressiva. Mentre gli indici cercavano i libri scritti dai “sospetti di eresia”, la repressione vera e propria si indirizzava invece preferibilmente verso quelle dottrine e quelle pratiche che potevano avere pericolosi risvolti sociali: significative sono a questo proposito le vicende dell'Inquisizione spagnola. Era invece soprattutto il testo scritto l'elemento che consentiva di avviare l'azione giudiziaria e la constatazione della presenza del libro finiva con il costituire l'aggravante per imputazioni non limitate alla lettura. Altrettanta attenzione va posta sulla tesi della riduzione complessiva dell'entità della repressione desunta sulla base della scarsa rilevanza di documenti che l'attestino senza equivoco. Una parte consistente dei procedimenti vede la presenza di manoscritti anziché di libri stampati. È anche conseguenza dell'attività censoria la resistenza tenace del manoscritto. Sino alla fine del Settecento determinati argomenti (magia, politica, filosofia, pornografia) passavano in tipografia piuttosto raramente: esistevano però botteghe specializzate nella riproduzione a richiesta di testi che nessuna censura avrebbe licenziato. 3. Alle origini della tolleranza Tra la seconda metà del Cinquecento e la prima metà del Seicento si segnalano reazioni di vario genere al clima repressivo, per lo più inconsapevoli manifestazioni di fastidio che sfociarono in dichiarate avversioni nei riguardi del sistema esistente. Furono ovviamente coloro che subirono i danni maggiori del clima repressivo a reclamare la possibilità senza sopportare a continue minacce: i librai protestarono contro i rigidi sistemi censori per poter lavorare in tranquillità. I grandi librai del mondo cattolico che riuscirono a superare le tempeste della seconda metà del Cinquecento furono coloro che si adeguarono alle prescrizioni degli indici e che abbandonarono la letteratura pericolosa per il più tranquillo e redditizio mercato del libro religioso e liturgico. Più complesso fu il rapporto tra gli autori e il sistema censorio: la maggior parte fu costretta per forza ad adeguarsi ad esso, salvo la possibilità di contrattare con i censori i limiti della propria capacità di espressione. Nei decenni centrali del Seicento, in qualche caso, i margini di trattativa tra scrittori e censura furono ristretti o del tutto inesistenti. È forse un effetto del diffondersi a tutti i livelli di sensazioni di questo genere se l'Inquisizione e l'indice nel corso del XVII secolo finirono con il perdere, in certi ambienti, una parte della loro valenza minacciosa. I diffusi malumori contro il sistema vigente non offrirono tuttavia il motivo a organiche perorazioni a favore del diritto alla libera espressione. Ben diversa fu la situazione inglese, dove nel 1644 il poeta John Milton scrisse l'Areopagitica, la prima vera e propria riflessione a difesa della libertà di stampa; l'autore andava però ben oltre, articolando per la prima volta la causa della libera espressione del pensiero. Assolutismo e censura 1. Verso la prevalenza della censura di Stato L'antagonismo complementare tra Chiesa e Stato giunse a un punto di svolta nel corso del XVII secolo quando le ragioni del secondo tesero a prevalere su quelle della prima. Mentre i nuovi indici uscivano sempre più densi, l'operato delle varie Inquisizioni venne meno, e al pontificato di Alessandro VIII possono datarsi gli ultimi sussulti dell'Inquisizione romana.
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