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I mezzi di impugnazione (diritto processuale civile), Schemi e mappe concettuali di Diritto Processuale Civile

i mezzi di impugnazione nell'ordinamento italiano: 1. appello; 2. il ricorso per Cassazione; 3. la revocazione; 4. L'opposizione di terzo; 5. il regolamento di competenza.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2017/2018

Caricato il 28/07/2023

clod92darling
clod92darling 🇮🇹

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Scarica I mezzi di impugnazione (diritto processuale civile) e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! APPUNTI MODULO III – PROCEDURA CIVILE LE IMPUGNAZIONI I mezzi di impugnazione nel nostro ordinamento sono tipici sono solo quelli previsti dalla legge. I mezzi di impugnazione sono elencati nell'art.323 c.p.c. e sono: 1. appello; 2. il ricorso per Cassazione; 3. la revocazione; 4. L'opposizione di terzo; 5. il regolamento di competenza. Non è invece mezzo di impugnazione il regolamento di giurisdizione (art.41 c.p.c. ) che è infatti un mezzo preventivo: oggetto del regolamento di giurisdizione non è la pronuncia di un giudice, ma la questione giurisdizionale. L'art.324 c.p.c. dà la definizione di cosa giudicata formale  afferma che si intende passata in giudicato la sentenza che non è soggetta a taluni mezzi di impugnazione, e ciò alternativamente :  o perché si è perso il potere di proporli ( per decorso dei termini o acquiescenza);  o perché tali mezzi sono già stati esperiti. Una volta speso o perso il potere di utilizzare i mezzi di impugnazione previsti nell'art. 324 c.p.c. la sentenza viene definita come passata in giudicato formale. Quanto disposto nell'art. 324 c.p.c. consente di fare una prima fondamentale distinzione dei mezzi di impugnazione, quella fra: a. MEZZI DI IMPUGNAZIONE ORDINARI; b. MEZZI DI IMPUGNAZIONI STRAORDINARI. Le impugnazioni ordinarie  sono quelle che condizionano la formazione del giudicato. La sentenza si dice passata in giudicato in senso formale quando NON è più soggetta a:  appello;  ricorso per Cassazione;  revocazione ordinaria per i motivi di cui al n°4-5 dell'art.395 c.p.c. ;  e regolamento di competenza (art.41). Le impugnazioni ordinarie, dunque, condizionano la cosa giudicata in senso formale che se ha un contenuto di merito, ovvero se riguarda un diritto sostanziale controverso, si traduce in cosa giudicata sostanziale ai sensi dell'art. 2909 c.c. Le impugnazioni straordinarie  sono invece quelle impugnazioni la cui proponibilità non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza e che perciò sono spendibili anche contro una sentenza passata in giudicato formale. Sono impugnazioni straordinarie:  la revocazione ex art.395 per i motivi di cui al n° 1-2-3-6;  e l'opposizione di terzo. I TERMINI PER PROPORRE IMPUGNAZIONE I termini per proporre impugnazioni sono fondamentalmente di due tipi: o un termine breve (art.325) o un termine lungo (art.327) Il termine breve per proporre regolamento di competenza, appello, revocazione e opposizione di terzo revocatoria è di 30 giorni. Il termine breve per proporre ricorso per Cassazione  è di 60 giorni L'opposizione di terzo ordinaria è l'unico mezzo di impugnazione per il quale non è previsto alcun termine. N.B.  le impugnazioni ordinarie sono soggette a termini perentori con decorrenza prestabilita; mentre le impugnazioni straordinarie sono soggette a termini anch'essi perentori, ma hanno un dies a quo mobile: che discende da un evento futuro e incerto e decorre solo dal momento in cui la parte verrà a conoscenza di tale evento. Quindi la distinzione fra mezzi di impugnazione ordinari e straordinari, sostanzialmente coincide con la distinzione fra vizi palesi e vizi occulti. La DECORRENZA di termini è disciplinata dall' art. 326 c.p.c.: a. termini che decorrono dalla notificazione della sentenza; b. termini che decorrono dalla comunicazione della sentenza; c. termini che decorrono dalla conoscenza di un certo fatto. NOTIFICAZIONE DELLA SENTENZA Ai sensi dell'art. 326 c.p.c. i termini stabiliti all'art. 325 sono perentori e decorrono dalla notificazione della sentenza, disciplinata ai sensi dell'art. 285 c.p.c. ( la notificazione della sentenza ai fini della decorrenza dei termini per l'impugnazione si fa su istanza di parte a norma dell'art. 270 c.p.c. ). L'art. 270 c.p.c. prevede che una volta avvenuta la costituzione in giudizio, tutte le notificazioni e le comunicazioni devono essere fatte al difensore della parte. Quindi se ne trae che la notificazione idonea a far decorrere il termine breve per proporre l'impugnazione è SOLO quella effettuata al difensore della parte e non anche quella effettuata alla parte personalmente. Il difensore è dunque, l'unico soggetto destinatario della notificazione ai fini della decorrenza del termine breve per la proposizione della impugnazione, se la parte si è costituita in giudizio per mezzo di un difensore. Ciò accade quando la parte è stata contumace, oppure si è costituita in giudizio di persona, cioè si è difesa senza un rappresentante tecnico. Principio importante: unitarietà del termine per l'impugnazione  è quello per cui la notificazione della sentenza fa decorrere il termine breve sia per chi la riceve sia per chi la effettua (rispettivamente notificato-notificante). Se la notificazione è inidonea a fare decorrere il termine per il notificato, lo è inidonea anche per il notificante. I termini brevi possono essere interrotti!  art.328 c. 1 e 2 prevede che se una volta effettuata la notificazione nelle forme previste, si verifica uno dei casi indicati dall'art.299 c.p.c. il termine per proporre l'impugnazione è interrotto, e per far decorrere un nuovo termine breve occorre ripetere la notificazione. COMUNICAZIONE DELLA SENTENZA I termini brevi per proporre un mezzo di impugnazione, che è il regolamento di competenza, decorrono NON dalla notificazione, MA secondo quanto dispone l'art. 47 c.p.c. dalla comunicazione del provvedimento (art. 133cpc). E' l'unica ipotesi in cui il termine breve di impugnazione decorre da un atto diverso dalla notificazione. CONOSCENZA DEL VIZIO OCCULTO Il terzo meccanismo che fa decorrere i termini brevi riguarda i mezzi di impugnazioni straordinarie (esclusa l'opposizione di terzo ordinaria, che non ha né termine iniziale né termine finale). L'ordinamento non ha previsto un termine a decorrenza fissa ma ha stabilito un termine breve la cui data di decorrenza è mobile, perché coincide con il giorno in cui si scopre il vizio occulto della sentenza ( art. 326 c.p.c. ). La parte che propone l'impugnazione straordinaria, deve quindi dimostrare non soltanto l'esistenza del motivo di impugnazione straordinaria, ma anche il giorno in cui ne è venuta a conoscenza, ai fini della tempestività dell'impugnazione stessa. Il termine lungo per l'impugnazione delle sentenze è disciplinato all'art. 327 c.p.c. che vale solo per le impugnazioni ordinarie! Decorsi 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza (dal deposito in cancelleria) non è più possibile proporre i mezzi di impugnazioni ordinarie. Vi è una eccezione alla decorrenza del termine lungo per proporre le impugnazioni ordinarie  l' art. 327 c 2° c.p.c. prevede che il termine lungo non decorre nei confronti della parte contumace, che dimostri di non aver avuto conoscenza del processo per:  nullità della citazione;  nullità della notificazione della citazione;  nullità della notificazione degli atti che ai sensi dell'art. 292 c.p.c. prescrive siano notificati al contumace. La ratio di questo istituto è quella di consentire a chi non può impugnare la sentenza  perché soccombente solo virtuale;  o perché ha prestato acquiescenza;  o perché ha fatto decorrere i termini per l'impugnazione di proporre a sua volta impugnazione, nel caso in cui l'iniziativa di impugnare sia presa da altri. Le parti che subiscono all'esito della sentenza il rischio di una soccombenza maggiore rispetto a quella che hanno patito in primo grado possono reagire e rimettere a loro volta in discussione tutto. Alcune considerazioni in merito: 1. legittimate a proporre impugnazione incidentale tardiva  sono soltanto le parti che possono vedersi pregiudicato il risultato: quindi la parte contro cui è diretta l'impugnazione o le parti in causa inscindibili. Quindi le parti di causa scindibili (332 c.p.c.) che non sono toccate dalla impugnazione della controparte  non possono proporre impugnazione incidentale tardiva! 2. Poiché l'impugnazione incidentale è provocata dalla impugnazione principale altrui  se l'impugnazione principale non viene esaminata nel merito, perché dichiarata inammissibile o improcedibile  l'impugnazione incidentale tardiva è caducata: priva di efficacia (c.2 art 332). Bisogna precisare che l'onere della impugnazione incidentale non è negato dall'art. 335 che disciplina la riunione delle impugnazioni separate: se dovessero esserci impugnazioni separate vi è un obbligo di riunire le impugnazioni separate in un unico processo. Chi riceve la notificazione di una impugnazione principale deve proporre l'impugnazione incidentale ai sensi dell'art. 333. Se non lo fa e propone una impugnazione principale, questa si converte in impugnazione incidentale solo se e soltanto se rispetta il termine della impugnazione incidentale. ES.: la parte riceve a febbraio un appello principale che fissa l'udienza al 21 giugno, si deve proporre appello incidentale entro il 1 giugno (20 gg prima della prima udienza). E' possibile che la parte possa impugnare in via principale, nel termine di 6 mesi, però la parte deve rispettare anche il termine del 1 giugno  cioè il termine per l'impugnazione incidentale perché vi sia questa conversione. Se la parte facesse impugnazione in via principale nel termine di 6 mesi, ma la notificazione avesse luogo dopo il 1 giugno  sarebbe impedita la conversione della impugnazione principale in impugnazione incidentale; scatterebbe la decadenza dell'art. 333 perché non è stato rispettato l'altro termine di 20 gg prima della udienza di comparizione nel processo di appello, che già un'altra parte aveva instaurato. Questo meccanismo serve per dire che se la parte propone impugnazione principale (quindi viola l'art. 333 perché nel frattempo era già stato notificato un atto di impugnazione principale)  può ottenere la conversione della impugnazione principale attraverso una riunione, purché la parte abbia rispettato il termine di impugnare in via incidentale. o L'art. 336 c.p.c. "effetti della riforma o della cassazione" Questo art. concerne gli effetti della sentenza. Si compone di due commi. Il c.1 fa riferimento al c.d EFFETTO ESPANSIVO INTERNO della riforma o della Cassazione. Il c.2 fa riferimento al c.d. EFFETTO ESPANSIVO INTERNO della riforma o della Cassazione.  Effetto espansivo interno significa . . . consiste nella estensione immediata della efficacia della riforma in appello o della cassazione anche ai capi/parti della sentenza non espressamente investiti dalla impugnazione, ma collegati a quelli impugnati da un rapporto di dipendenza. Sui capi non espressamente impugnati scenderà il giudicato: perdono di efficacia. ES.: se il giudice di appello ritiene che non vi sia l'inadempimento che ha condotto il primo giudice a pronunciare la risoluzione, o ritiene che questo inadempimento non sia grave  riforma la sentenza di primo grado e il capo dipendente (restituzione della prestazione resa) è caducato, senza bisogno che sia investito direttamente dalla impugnazione.  Effetto espansivo esterno significa . . . Statuisce che " la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata". Si riferisce agli atti esterni alla sentenza che dipendono a loro volta dalla sentenza riformata o annullata. Per quanto riguarda i provvedimenti occorre fare riferimento alla sentenze non definitive  es.: una sentenza di condanna generica che accerta l'AN DEBEATUR e rimette la causa sul ruolo per quanto attiene il QUANTUM DEBEATUR: se il giudice d'appello ritiene che non esista l'AN (il diritto al risarcimento del danno alla prestazione), la sentenza sul QUANTUM che fosse stata nel frattempo emessa (che è esterna/separata) resta caducata, priva di efficacia. E' un rapporto di dipendenza esterna, cioè fra provvedimenti separati (possono nascere dallo stesso processo ma sono separati). Per quanto riguarda gli atti dipendenti  sono gli atti susseguenti alla sentenza. Tipico è il pagamento! Fino al 1993 la norma si interpretava nel senso che soltanto quando c'era il passaggio in giudicato della riforma c'era l'effetto caducatorio sui provvedimenti e sugli atti  ovvero se la parte era vittoriosa in appello bisognava attendere che la sentenza di appello passasse in giudicato per poter chiedere la restituzione ad es. della prestazione resa in forza della sentenza di primo grado. Nel 1993 il legislatore interviene riformando questa norma e arriva a stabilire che nel momento in cui avviene una riforma, gli effetti di adempimento della sentenza di primo grado cessano!  non occorre attendere che la sentenza passi in giudicato. Quindi se una parte è vittoriosa in appello è possibile chiedere immediatamente la restituzione della somma pagata, alla controparte per la sentenza di primo grado. Tuttavia se l'attore propone ricorso per Cassazione e vince di nuovo, la controparte deve pagare! o art. 337 c.p.c. "sospensione dell'esecuzione e dei processi" Interessante è il c.2 in quanto il c.1 è una norma che non ha più valore da quando le sentenze di primo grado sono divenute tutte esecutive. Quanto al c.2 siamo nell'ambito della pregiudizialità in senso tecnico, ed è opportuno un collegamento con gli art. 34 c.p.c. e 295 c.p.c. l' art. 34 c.p.c.  riguarda l'accertamento incidentale : attiene alla deroga alla competenza territoriale salvo che non ci sia la proposizione di una domanda di accertamento incidentale sulla questione pregiudiziale in senso tecnico (che riguarda l'intero rapporto giuridico); in questo ultimo caso può determinare lo spostamento della competenza anche in relazione alla causa principale. L' art. 295 c.p.c.  se il processo pende dinanzi ad un altro giudice si ha la sospensione necessaria. L' art. 337 c.2  se c'è già una sentenza emanata ma non ancora passata in giudicato. L'art. 337 si pone il problema di quando vi sia già una sentenza, non più pendenti in uno stesso grado ma in gradi diversi o nelle more del grado successivo. Le sezioni unite del 2012 hanno statuito che quando c'è una sentenza già emanata su una questione pregiudiziale in senso tecnico, il giudice della causa pregiudicata sceglie discrezionalmente se sospendere o meno in base al credito che dà la sentenza già emanata. ES.: davanti ad un giudice pende la causa degli alimenti; davanti ad un altro giudice è stata emanata una sentenza che accerta il rapporto di parentela fra le due parti. Il giudice della causa pregiudiziale di fronte ad una sentenza che accerta già, ma senza la definitività del giudicato lo stato di figlio, decide in base al c.2 dell'art. 337 c.p.c. se sospendere o meno discrezionalmente. Se invece l'altra causa fosse pendente in primo grado NON deve sospendere perché c'è una pregiudizialità in senso tecnico che produce una sospensione necessaria ai sensi dell'art. 295 c.p.c. Sostanzialmente le sezioni unite sostengono che la sentenza emanata da un giudice dell'ordinamento ha una certa stabilità. o art. 338 "effetti dell'estinzione del procedimento della impugnazione" Ai sensi dell'art. 310 c.p.c. si stabilisce che se si estingue il processo NON si estingue l'azione. L'estinzione di primo grado NON estingue l'azione, MA l'estinzione della impugnazione determina il passaggio in giudicato della sentenza  determina il consolidarsi della sentenza precedente: è il c.d. PRINCIPIO DI CONSUNZIONE della impugnazione. E' un principio formulato da Carnelutti che prevede che il diritto di impugnazione può essere esercitato solo una volta!  pertanto in caso di estinzione del giudizio di impugnazione o di intervenuta acquiescenza alla sentenza, l'impugnazione NON può essere riproposta anche se non è ancora scaduto il termine fissato dalla legge in applicazione del PRINCIPIO DI CONSUZIONE DELLA IMPUGNAZIONE. Questo principio è ribadito a proposito del DIVIETO di MOTIVI AGGIUNTI  mentre nel diritto amministrativo sono ammessi i motivi aggiunti, nel processo civile l'impugnazione è globale: se si omette un motivo, vuol dire che la parte vi ha rinunciato! Opera dunque l'acquiescenza parziale od opera una preclusione interna per giudicato interno. MEZZI DI IMPUGNAZIONE Altre fondamentale distinzione riguardo ai presupposti e i modi in cui operano le impugnazione, è fra:  IMPUGNAZIONI DEVOLUTIVE O RESCINDENTI  presuppongono la denuncia di vizi specifici della sentenza (dette anche a critica vincolata) e conducono ad una nuova decisione solo se i vizi affermati sussistono: in caso affermativo la sentenza viene annullata; dovrà essere pronunciata una nuova sentenza sostitutiva di quella annullata. - a critica vincolata significa: è la legge che vincola, nella esposizione dei motivi, ad alcune categorie di motivi previsti dalla legge medesima. a. 5 motivi per ricorso in Cassazione; b. 6 motivi di impugnazione per revocazione.  Sono solo quelli, tassativi! Impugnazioni rescindenti sono: il ricorso per Cassazione ( impugnazione di legittimità NON di merito); la revocazione e l'opposizione di terzo revocatoria.  IMPUGNAZIONI DEVOLUTIVE O SOSTITUTIVE  sono quelle impugnazioni proponibili per il solo fatto che la parte soccombente afferma che la sentenza sia per un qualsiasi motivo difettosa o ingiusta e chiede che la lite sia ridecisa: esse perciò provocano direttamente e immediatamente un nuovo esame della controversia  la nuova sentenza sostituisce in ogni caso la sentenza impugnata. Impugnazione devolutiva è: l'appello che è qualificato dalla dottrina mezzo di gravame a critica libera. - a critica libera : perché può essere proposto per qualunque motivo che attenga alla quaestio iuris o facti (attiene al merito, cioè alla ricostruzione dei fatti), non esistono dei motivi precostituiti.
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