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I PROCESSI DAVANTI AL GIUDICE DI PACE CAP. 25 CORSO BASE DI DIRITTO PROCESSUALE CIVILE, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

RIASSUNTO COMPLETO, CAPITO PER CAPITOLO HO SUPERATO L'ESAME CON 28

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica I PROCESSI DAVANTI AL GIUDICE DI PACE CAP. 25 CORSO BASE DI DIRITTO PROCESSUALE CIVILE e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! I PROCESSI DAVANTI AL GIUDICE DI PACE LE REGOLE DEL PROCEDIMENTO ORDINARIO Il procedimento davanti al giudice di pace trova collocazione tra i riti speciali di cognizione ordinaria, in quanto anch’esso finalizzato a conseguire l’accertamento pieno con efficacia di giudicato sostanziale all’esito di un percorso procedimentale, che tiene conto di caratteristiche soggettive, il giudice di pace, e oggettive, il contenuto meno complesso ed economicamente più modesto delle controversie, è dovrebbe essere più semplice rispetto al modello generale costitutivo dal processo davanti al tribunale. Gli artt. 311 e ss. c.p.c. disegnano un procedimento autonomo, sorretto da regole specifiche, mentre ha carattere residuale il rinvio, contenuto nell’art. 311 alle norme relative al procedimento davanti al tribunale monocratico, in quanto applicabili. Solo per quanto non espressamente disposto, è possibile far ricorso alla normativa che regola il procedimento davanti al tribunale monocratico, sempre che questa sia ritenuta applicabile al procedimento davanti al giudice di pace. ( es. disciplina delle c.d. vicende anomale) In mancanza di espressa norma di richiamo, la diretta applicazione al procedimento in esame delle disposizioni generali contenute nel primo libro del c.p.c. L’assenza di rigide preclusioni negli atti introduttivi e l maggiore elasticità e semplicità delle forme procedurali concorrono a disegnare un procedimento ad hoc, capace di adeguarsi di volta in volta al grado di maggiore o minore complessità della causa, nonché di favorire la funzione conciliativa, attraverso l’obbligatorio espletamento del tentativo di conciliazione, che la legge assegna al giudice di pace. Maggiore semplicità imposta anche dal fatto che il primo comma dell’art. 82 c.p.c., dispone che, nei giudici il cui valore non eccede euro 1100, le parti possono stare in giudizio personalmente, cioè senza l’obbligo del patrocinio legale. Consentire la difesa personale, anche con la rappresentanza volontaria di una persona di fiducia, significa che le parti posso comparire di persona davanti al giudice di pace e svolgere qualsiasi attività difensiva, di norma riservata al difensore tecnico, con le modalità che le parti ritengono più idonee alla tutela dei propri interessi, ma sempre nel rispetto del sistema delle preclusioni tipico del procedimento in esame. Il giudice di pace, al di la del limite di euro 1100, oltre il quale pe parti devono stare in giudizio con il ministero di un difensore, può in considerazioni della natura e dell’entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della parte, autorizzare la parte a stare in giudizio di persone. Secondo la giurisprudenza il provvedimento col quale il giudce di pace autorizza la parte a stare in giudizio di persone non esige rigore formale della espressa scrittua, potendo risultare implicitamente anche dai verbali di causa e desumersi dalla circostanza che il giudice abbia provvedimento su di una determinata istanza. La violazione dell’art. 82 c.p.c. che si realizza quando la parte stia in giudizio senza che ne ricorrano i presupposti, genera una nullità relativa, non rilevabile d’ufficio. La domanda si propone mediante citazione a comparire ad udienza fissa, ma può essere proposta anche in forma orale, attraverso la redazione di processo verbale che deve essere notificato al convenuto a cura dell’attore (art. 316). Anche se la norma non prevede limiti di sorta, questa facoltà va posta in relazione al potere, connesso alle parti dal primo comma dell’art. 82 c.p.c., di stare in giudizio personalmente. Tra il giorno della notificazione della citazione e quello della comparizione del convenuto devono intercorrere termini liberi non minori di quelli previsti dall’articolo 163-bis c.p.c., ridotti alla metà. Quanto al contenuto della domanda, in qualsiasi forma proposta, l’art. 318 c.p.c. derogando alla normativa generale dell’art. 163 c.p.c., indica, nell’ottica della semplificazione, requisiti minimali di contenuto, che consistono, oltre che nell’indicazione del giudice e delle parti, nell’<<esposizione dei fatti>> e nell’<<indicazione dell’oggetto>> della domanda stessa. Le parti (sia l’attore che il convenuto) possono costituirsi anche direttamente alla prima udienza, depositando la citazione o il processo verbale, e, quando occorre, la procura, eleggendo, altresì, domicilio nel comune in cui ha sede l’ufficio del giudice di pace. L’art. 320 c.p.c. modella la fase di trattazione secondo uno schema assai semplice, non improntato a rigide cadenze temporali collegate alla maturazione di preclusioni e di conseguenti decadenze che lascia al giudice la scelta del <<momento>> nel quale <<imporre>> alle parti il compimento delle attività di definitiva fissazione del thema decidendum e del thema probandum, in funzione della decisione della causa. La semplicità del modello è solo apparente, e la discrezionalità del giudice di pace non è affatto assoluta, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, indica un percorso obbligato che porta La norma è estesa alle controversie davanti al giudice di pace con la finalità di concentrare in un unico procedimento le cause seriali ; questo consente di ridurre drasticamente il numero delle sentenze. Parliamo di un’ipotesi di riunione obbligatoria, che non lascia al giudice alcun margine di discrezionalità sulla doverosità della riunione, fatta eccezione per l’accertamento sulla eccessiva gravità e eccesivo ritardo che la riunione ptrebbe comportare. Questa valutazione è dalla legge superata, la riunione è comunque disposta, per le cause che si trovano nella stessa fase processuale, per le quali la riunione può essere evitata per gravi e motivate ragioni. Irrisolto il problema della sanzione in caso di violazione dal momento che la giurisprudenza esclude nullità del procedimento. Secondo il manuale l’unica sanzione possibile è quella di introdurre una fattispecie tipica dell’illecito disciplinare, tenendo conto del pregiudizio che il comportamento del giudice arreca in questi casi, all’efficacia dell’organizzazione giudiziaria. Anche per la fase di decisione sono state dettate regole assai semplici ed improntate all’oralità, nonché ad esigenze di celerità, in quanto il giudice di pace, ai sensi dell’art. 321 c.p.c, nel momento in cui ritiene la causa matura per la decisione, invita le parti a precisare le conclusioni e a discutere oralmente la causa. La sentenza è depositata in cancelleria entro il termine di quindici giorni dalla discussione, ed è di norma appellabile dinanzi al tribunale. La giurisprudenza ritiene che anche la sentenza emessa dal giudice di pace che sia cessato dal servizio a seguito di accettazione delle relative dimissioni e che sia stata pubblicata, mediante deposito in cancelleria, successivamente a tale momento è effetto da nullità insanabile. Ai sensi dell’art. 113, secondo comma, c.p.c., per le cause il cui valore non ecceda euro 1.100, la decisione è pronunciata dal giudice di pace secondo equità, a meno che essa non riguardi rapporti giuridici relativi a contratti conclusi mediante moduli o formulari, secondo le modalità di cui all’art. 1342 c.c. La corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di tale norma, nella parte in cui non prevede che il giudice di pace debba osservare i principi informatori della materia. Il giudizio equitativo, già al momento della sua genesi, deve tener conto e non può prescindere dai principi regolatori della materia, i quali non vanno intesi solo come limiti al possibile arbitrio del giudice, ma come i necessari parametri di riferimento per la decisione del caso concreto. Non nasce prima il giudizio equitativo per poi confrontarsi con i principi regolatori della materia, ma questi ultimi devono essere previamente individuati dal giudice, proprio al fine di delimitare l’ambito entro il quale può essere legittimamente presa la decisione. Per espressa disposizione dell’art. 7, decimo comma, d.lgs. 150/2011, nelle cause di opposizione a sanzione amministrativa non trova applicazione l’art. 113, secondo comma, c.p.c. e non si fa, quindi, luogo a pronunzia secondo equità. REGIME DI IMPUGNABILITA’ Le sentenze pronunziate secondo equità dal giudice di pace sono appellabili dinanzi al tribunale esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia, altrimenti esse sono inappellabili, ma ricorribili per cassazione. L’appello avverso le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo diritto è soggetto integralmente alle regole ordinarie, sia per quanto concerne i motivi, e le regole di specificità, sia per quanto concerne le norme del procedimento. L’art. 46 c.p.c., non consente l’esperibilità, avverso le sentenze del giudice di pace, del regolamento di competenza ad istanza di parte, sia necessario sia facoltativo, ragione per la quale le statuizioni del giudice di pace ce riguardano la competenza vanno impugnate col ricordo ordinario per cassazione o con l’appello, a seconda che esse siano state o meno pronunziate secondo equità. Peraltro, il regolamento di competenza si riteneva inammissibile anche se proposto avverso il provvedimento con il quale il giudice di pace dispone la sospensione del processo. Ma, il <<diritto vivente>>, ha invertito questo orientamento facendo leva sulla <<progressiva valorizzazione>> della garanzia costituzionale della ragionevole durata del processo. (vedere pag. 650). ALTRE TIPOLOGIE DI PROCESSI Oltre al procedimento ordinario, si svolgono davanti al giudice di pace altre tipologie di processi relativi a controversie disciplinate da leggi speciali, che il d.ls. n 150 /2011 ha sottoposto per lo più alle regole del rito del Lavoro, dettando peraltro, regole specifiche per ciascuna di esse. Ci riferiamo ai giudizi di opposizione ai verbali di accertamento di violazione del Codice della Strada di cui all'articolo 204-bis, nonché di opposizione a sanzioni amministrative in materia di stupefacenti. Ma vanno ricordati anche i procedimenti di impugnazione dei provvedimenti in materia di registro dei protesti e i procedimenti in materia di espulsione dei cittadini di stati che non sono membri dell'Unione Europea. LA FUNZIONE DI CONCILIAZIONE IN SEDE NON CONTENZIOSA DEL GIUDICE DI PACE La legge attribuisce al giudice di pace una funzione di conciliazione che può essere esercitata in sede non contenziosa, cioè al di fuori delle funzioni connesse alla decisione sul merito delle controversie rientranti nella sfera di propria competenza. L’istanza per la conciliazione è proposta, anche verbalmente, al giudice di pace competente per territorio, ma il processo verbale della avvenuta conciliazione costituisce titolo esecutivo soltanto se la controversia rientra nella competenza del giudice di pace. Negli altri casi, essa ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio. In questo modo la legge intende favorire, prima ed al di fuori del giudizio, la possibilità per le parti di addivenire alla conciliazione, all’esito di un apposito procedimento promosso davanti a un organo competente soltanto per territorio, ma non anche per valore. Nella prassi lo strumento si rileva sostanzialmente inadeguato. La circostanza che il processo verbale di conciliazione acquisti efficacia esecutiva soltanto se la controversia rientra nella competenza del giudice di pace costituisce indubbiamente una limitazione della forza conciliativa attribuita al giudice onorario, del quale la legge avrebbe dovuto privilegiare le tradizionali e storicamente ben individuabili funzioni conciliative.
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