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I regimi totalitari- fascismo, Appunti di Storia della musica

Breve riassunto sui regimi totalitari

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 04/03/2023

Stefanim
Stefanim 🇮🇹

10 documenti

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Scarica I regimi totalitari- fascismo e più Appunti in PDF di Storia della musica solo su Docsity! PROPAGANDA REGIMI TOTALITARI Il contrasto apparenza e realtà è caratteristico del Novecento, secolo caratterizzato dall’avvento delle ideologie che apparivano come il bene per il popolo e celavano la loro reale identità sotto false apparenze. Il totalitarismo è una forma autoritaria di governo in cui il potere è accentrato in un solo organo, se non addirittura nelle mani di una sola persona: il dittatore. Il totalitarismo ha quindi il significato di predominio assoluto e perlopiù incontrastato di un individuo che detiene un potere imposto con la forza. Sua caratteristica è anche la negazione della libertà di espressione e di stampa, in quanto il totalitarismo è il contrario della democrazia. Le crisi economiche favoriscono l'ascesa del potere del dittatore. Il totalitarismo si distingue dalla dittatura perché non si limita ad appropriarsi del potere politico, ma punta ad occupare e trasformare ogni ambito della società, dall'economia, alla cultura, all'istruzione, alla religione, fino alla stessa vita privata dei cittadini. Suo obbiettivo finale è creare un'umanità nuova, interamente plasmata secondo l'ideologia del partito dominante. Chi contrasta questo progetto o non rientra nei parametri previsti dal regime viene perseguitato, imprigionato e spesso eliminato. Il fascismo è stato spesso descritto come un regime "totalitario”. Da questo punto di vista, è necessario tenere conto del fatto che nella realizzazione dei suoi propositi “totalitari" il fascismo incontrò forti ostacoli, che fecero di esso quello che è stato definito un "totalitarismo imperfetto". In primo luogo, i fascisti dovettero convivere, per tutta la durata del regime con la monarchia: Vittorio Emanuele III rimaneva il capo dello Stato e il comandante supremo delle forze armate, a cui Mussolini, formalmente, era sotto- posto. In secondo luogo, il fascismo accettò a livello istituzionale il mantenimento della supremazia dello Stato sul partito. Mussolini, in altre parole, guidò il paese attraverso istituzioni e funzionari statali quali prefetti e podestà, e non attraverso gli organi del Partito fascista. Allo stesso modo, il compito di garantire l'ordine pubblico, anche attraverso la repressione degli avversari politici, fu la- sciato alla polizia di Stato e non fu invece affidato alla Milizia nazionale volontaria, che ricoprì soltanto un ruolo ausiliario. Infine, non va trascurata l'autorità goduta dalla Chiesa, istituzione che era radicata in modo pervasivo nella società italiana soprattutto grazie alla presenza delle parrocchie e che preservò la sua indipendenza grazie ai Patti lateranensi dell'11 febbraio 1929. Organizzazione del consenso nel fascismo Obiettivo fondamentale del fascismo e del duce fu quello di basare la forza e la solidità del regime su un consenso diffuso. Puntò alla fascistizzazione delle masse popolari. Nella realizzazione di tale disegno, un ruolo essenziale fu assegnato alla scuola. Infatti Mussolini – che era figlio di un'insegnante ed era stato a sua volta maestro elementare – era ben consapevole della rilevanza dell'educazione e dell'istruzione nel percorso evolutivo dell’individuo; proprio tale rilevanza poteva costituire uno strumento indispensabile su cui fare leva per imporre l'ideologia fascista e organizzare il consenso fin dalla più tenera età. Si procedette pertanto a fascistizzare la scuola, riorganizzandola e imponendo programmi e libri di testo che fossero in linea con le idee del regime. Particolare importanza fu data alle discipline classiche e umanistiche e si doveva al fatto che il regime vedeva incarnati i valori del fascismo nei fasti della Roma antica. Nelle scuole elementari e medie fu lecito utilizzare soltanto un libro di testo unico, i cui contenuti erano disciplinati dal ministero dell’Istruzione. Ai docenti universitari fu imposto il giuramento di fedeltà al fascismo. Da parte di molti l’accondiscendenza fu dettata dalla volontà di perseverare la propria posizione economica. Nell’opera dell’indottrinamento ideologico dell’infanzia e della gioventù un ruolo fondamentale fu assegnato anche ad una serie di istituzioni. La prima era l’Opera Nazionale Balilla, un’organizzazione sorta nel 1926 che si occupava di fornire ai ragazzi tra i 6 e 18 anni un’istituzione ginnico-sportiva di tipo militaresco, finalizzata a inculcare il culto per il capo e il rispetto delle gerarchie. La gestione del tempo libero: Il fascismo intendeva porre sotto il proprio stretto controllo non soltanto il libero della gioventù, ma anche quello dei lavoratori, inserendosi negli spazi in precedenza occupati dalle associazioni di classe e cattoliche. Così, per disciplinare le attività ricreative dei lavoratori dipendenti italiani, nel 1925 fu istituita l'Opera nazionale dopolavoro (OND), presente in modo capillare nei luoghi di lavoro. Seguendo un programma che era uniforme per tutta la nazione, essa allestiva nei vari circoli eventi sportivi e artistico-culturali, come visite turistiche a prezzi popolari, contribuendo in tal modo a diffondere tra gli italiani i medesimi stili di vita e sviluppare le prime forme di turismo interno di massa. L'OND promosse inoltre iniziative a favore dei figli dei lavoratori, come l'organizzazione di asili e di colonie estive. Il controllo dei mezzi di comunicazione: Funzionali al consolidamento del regime e alla creazione del consenso furono anche il controllo e il sapiente uso che il fascismo fece di tutto il sistema delle comunicazioni di massa, dalla stampa quotidiana e dai libri alla radio e al cinema. Mussolini stesso, forte della sua passata esperienza giornalistica e dunque consapevole sia dei meccanismi di funzionamento sia del ruolo rivestito dalla carta stampata ai fini propagandistici, dedicò a essa una particolare attenzione. La affrontare le durissime condizioni di pace imposte dai francesi e dagli inglesi, che prevedevano un pagamento così esagerato per i danni di guerra, da non permettere alla Germania di risollevare la propria economia. I primi risultati postivi si ebbero grazie al sostegno finanziario statunitense garantito dal piano Dawes ed iniziò una fase di ripresa economica. Nell'arco di breve tempo, a causa dell'interruzione dei prestiti, si registrò una lunga serie di fallimenti a catena di imprese e la disoccupazione tornò a crescere. Il paese si ritrovò dunque, come nell’immediato dopoguerra, in una condizione di estrema tensione sociale. Larga parte dell'opinione pubblica, impoverita ed esasperata, attribuì la responsabilità della nuova crisi ai due principali partiti tedeschi: quello socialdemocratico (SPD) e il Zentrum cattolico. Di tale contesto seppero approfittare i partiti estremisti di destra, e in particolare il Partito nazionalsocialista, partito nato nel 1920 a Monaco di Baviera con a capo un giovane politico di origine austriaca, che ne assunse la direzione: Adolf Hitler. Come emblema adottarono la svastica, antico simbolo di fertilità e benessere. Colpito dall’esperienza italiana, Hitler, che per tutta la vita provò una grande ammirazione per Mussolini tentò nel 1923 un’operazione simile alla marcia su Roma, il cosiddetto Putsch di Monaco. Hitler tentò di rovesciare il governo del Land della Baviera con l’obiettivo poi di marciare verso il governo centrale di Berlino. Il risultato fu fallimentare, il piano fu scoperto e represso dalla polizia e Hitler fu condannato a cinque anni di carcere. Durante la prigionia scrisse la sua opera dal titolo “Main Kampf” che sarebbe diventato il manifesto ideologico del partito. Nell’opera spiegava in modo minuzioso il proprio programma politico. e tesi principali. A fondamento della dottrina di Hitler vi è una concezione razzista dei rapporti umani. La civiltà europea, definita "ariana", ha sempre dominato il mondo grazie alla sua superiorità; questa civiltà si trova però in una fase di decadenza, come mostra la condizione della stessa Germania. In particolare, ciò è avvenuto perché i popoli europei hanno permesso ad altre razze di infiltrarsi nelle loro comunità, provocando la perdita del loro senso di identità e facendo venir meno il loro primato culturale. Sono stati soprattutto gli ebrei, a parere di Hitler, a sconvolgere i valori ariani, nel tentativo di dominare le società occidentali. Non a caso, gli ebrei occupano i posti più importanti dell'economia europea, da dove svolgono la loro azione distruttrice. L'antisemitismo, ossia l'odio per la popolazione e la cultura ebraiche, divenne così il tratto più caratteristico del razzismo di Hitler. In quest'opera: tratti nazionalistici tipici della destra tedesca tradizionale si combinavano con motivi fortemente razzisti e antisemiti e con richiami al "darwinismo sociale", una corrente filosofica. Inoltre, per il nazismo il valore dell'essere umano risiedeva non nell'individualità, bensì nella collettività, razzialmente definita; questa per risultare vincitrice nell'incessante lotta per la sopravvivenza doveva garantirsi uno “spazio vitale", cioè un territorio adeguato a sostentare il popolo e a preservarne l'integrità. Di qui discendeva l’idea di espandere il controllo della Germania ai territori dell’Est Europeo. Nel novembre del 1932 il partito nazista divenne il primo partito del paese. Successivamente il presidente Hindenburg nel 1933 affidò l'incarico di cancelliere a Hitler e gli chiese di formare un nuovo governo. Il leader nazista giunse così al potere senza “rivoluzione", ma legalmente chiamato dal capo del governo proprio come in Italia Benito Mussolini con il re Vittorio Emanuele III. Stava per instaurarsi una vera e propria dittatura nazista. Un fattore centrale dell’ideologia nazista fu l’antisemitismo. Il nazismo sostenne che gli ebrei fossero i principali responsabili della crisi sociale ed economica in cui da lungo tempo versava la Germania. Essi divennero insomma il capro espiatorio cui addossare la colpa di tutti i “mali" della modernità. Alla base di tali orientamenti antisemiti non mancavano motivazioni di ordine economico: gli ebrei ricoprivano posizioni cardine nel mondo dell'industria e della finanza, e le loro ingenti ricchezze. Al fine di realizzare concretamente i suoi disegni, nella primavera del 1933 il regime nazista procedette all'epurazione degli ebrei dalla pubblica amministrazione, dal mondo del giornalismo e dall'insegnamento. Questo processo di esclusione dei cittadini di origine ebraica dalla comunità civile trovò compimento, nel settembre del 1935, con le leggi di Norimberga. La prima stabilì che cittadini del Reich potevano essere soltanto quelli «di sangue tedesco o affine» (pertanto gli ebrei erano privati della cittadinanza); la seconda proibì invece i matrimoni, così come le relazioni extraconiugali, tra ebrei e ariani. Il culmine fu toccato nella notte tra l'8 e il 9 novembre, la cosiddetta “notte dei cristalli” uomini del partito, quasi tutti in borghese, distrussero i negozi degli ebrei, appiccarono il fuoco a 177 sinagoghe, assalirono gli israeliti nelle loro stesse abitazioni e trafugarono beni del valore di svariati miliardi di marchi. Dopo quella notte gli ebrei cominciarono ad essere deportati nei campi di concentramento. Molti di loro decisero di emigrare, molti scrittori, intellettuali, decisero di andare negli Stati Uniti. La Germania di Hitler, negli anni della Seconda guerra mondiale, realizzò il progetto criminale più atroce della storia dell’umanità: l’annientamento di un intero gruppo etnico. Si tratta della Shoah (“catastrofe, distruzione"), chiameranno “Olocausto" (sacrificio). Prima della guerra Hitler e i principali gerarchi del regime non avevano ancora concepito l'idea dell'annientamento totale, che in tempo di pace non avrebbe mai potuto essere realizzato. Fu con l'invasione della Polonia e, successivamente, dell'URSS che il problema venne posto in modo chiaro: infatti in quei territori la presenza di comunità ebraiche era molto superiore rispetto alla Germania; di conseguenza era molto più difficile per gli occupanti nazisti decidere che cosa fare di loro. Le autorità naziste decisero di mettere in atto la “soluzione finale" di quello che per i tedeschi era il problema ebraico, ovvero decisero l'annientamento fisico degli ebrei d'Europa, da realizzare in luoghi costruiti appositamente per questo scopo. In un primo tempo gli ebrei vennero costretti a risiedere in zone delle città appositamente riservate a loro, circondate da filo spinato e dalle quali non potevano uscire. In questi grandi quartieri, chiamati “ghetti", venivano ammassate più persone di quante potessero viverci. Gli ebrei dovevano girare con una stella gialla sul petto per poter essere subito riconosciuti. A partire dal 1942, gli ebrei furono trasportati nei campi di sterminio. I superstiti dei ghetti, già stremati, venivano caricati su treni e trasportati nei campi di sterminio, situati soprattutto in Polonia. Uomini e donne venivano immediatamente separati. Nelle baracche le condizioni di vita erano pessime, alimentazione minima. I corpi delle vittime venivano bruciate nei forni crematori. In pochi anni, più di 6 milioni di persone furono uccise in questo modo. Per consolidare l’alleanza con la Germania, Mussolini non esitò a introdurre anche in Italia le leggi razziali. Mussolini introdusse nel 1938 le leggi razziali, e da un giorno all’altro gli studenti ebrei furono cacciati dalle scuole, insegnanti persero il posto di lavoro. Queste leggi trasformarono l’Italia in un Paese razzista; le leggi fasciste contro gli ebrei furono le più dure mai concepite dopo quelle naziste di Norimberga. BOOM ECONOMICO La catastrofe della guerra civile aveva lasciato l’Italia in condizioni di distruzione e miseria. Il paese era stato pesantemente colpito dai bombardamenti alleati. Alla fine della guerra risultò ancora più evidente come ci fosse una netta divisione tra il Nord e il sud del paese. Ci fu la chiamata degli italiani, il 2 giugno 1946, a un doppio appuntamento elettorale: l’elezione dell’assemblea costituente, incaricata di redigere la Costituzione, e la scelta, attraverso un referendum istituzionale, della forma del nuovo Stato: monarchia o repubblica. Per l’Italia si trattò delle prime elezioni a suffragio universale con la partecipazione al voto anche delle donne. Il risultato della consultazione referendaria vide prevalere la repubblica contro la monarchia. Il referendum confermò la divisione del paese, con un Nord progressista e prevalentemente repubblicano e un Sud tradizionalista e ampiamente monarchico. Nonostante l’aspro confronto che caratterizzò la politica italiana in quegli anni, nell’Assemblea Costituente i partiti collaborarono con l’intento di dare origine ad una Carta Condivisa e ispirata ad autentici valori democratici. L’Assemblea costituente elaborò poi nel resto del mondo, è stato di una rapidità senza precedenti. Lo straordinario successo di questo mezzo è dovuto a molti fattori:  usa un linguaggio che sintetizza insieme molte delle forme di comunicazione più note come radio e giornali;  aderisce agli orari e ai ritmi della vita quotidiana per la sua natura domestica;  facilità dell’ascolto. Negli anni Sessanta, in Italia, con il progresso dell'economia, il televisore divenne accessorio di sempre maggior diffusione, sino a raggiungere anche classi sociali meno agiate; lungo l’arco della giornata sugli schermi televisivi cominciarono a susseguirsi programmi differenti di generi diversi, spesso interrotti dalla pubblicità. Nel 1954 la televisione Rai fu l’unica che gli italiani potevano vedere. I due decenni del monopolio Rai trascorsero con una programmazione del tutto educativa; si sosteneva che la televisione doveva educare il pubblico, doveva informarlo, doveva intrattenerlo e con grande professionalità doveva controllarlo e spingerlo con cautela ai consumi (Carosello) e il corso di alfabetizzazione infatti l'elevato tasso di analfabetismo riscontrato suggerì la messa in onda di (Non è mai troppo tardi) un programma di insegnamento elementare condotto dal maestro Alberto manzi che contribuì ad unificare linguisticamente un paese che parlava ancora diversissimi dialetti e che, è stato stimato, avrebbe aiutato quasi un milione e mezzo di adulti a conseguire la licenza elementare. COMUNICAZIONE (fascismo) Giunto al governo, nel 1922 Mussolini si avvalse dell’Ufficio Stampa della presidenza del Consiglio, istituito con il compito di diffondere i comunicati ufficiali. Nel 1925 esso prese il nome di Ufficio stampa del capo del governo e successivamente, nel 1934, fu trasformato in Sottosegretariato di Stato per la stampa e la propaganda, composto di tre direzioni generali: stampa italiana; stampa estera; propaganda. Nello stesso anno si aggiunse una quarta direzione generale per la cinematografia. L’anno successivo il sottosegretariato divenne Ministero per la stampa e la propaganda e nel 1937 il ministero assunse la denominazione di Ministero per la cultura popolare (MinCulPop). Ispirato al modello del Ministero della Propaganda tedesco di Goebbels, dopo la sua riorganizzazione avvenuta nel 1938 il Ministero della Cultura Popolare si articolava nelle ulteriori due Direzioni generali per il turismo e per lo spettacolo nonché nell’Ispettorato per le radiodiffusioni. Il Ministero per la cultura popolare fu uno strumento di centralizzazione di tutti gli enti e di tutti gli strumenti di controllo e diffusione della cultura e dell’informazione, con l’obiettivo di una loro integrazione, al servizio del regime fascista. Il suo potere di controllo andava dalle direttive e dalla censura sulla stampa al controllo delle trasmissioni radiofoniche, al cinema e al teatro. Giornali e radio al servizio del fascismo. Durante il Ventennio fascista, dopo la soppressione dei giornali contrari al regime come l’Avanti, l’Unità o la Voce Repubblicana, tutti gli altri giornali furono posti sotto il controllo delle autorità fasciste che li utilizzavano per fare una continua propaganda al servizio del fascismo. I giornalisti dovevano esaltare il Duce e le realizzazioni del regime fascista ed evitare di riportare notizie sgradevoli, che mettessero in luce i problemi della società italiana. La censura si proponeva il controllo sull’immagine pubblica del regime, attraverso l’eliminazione di qualsiasi contenuto che potesse suscitare opposizione o dubbi. Il fascismo si servì per fini propagandistici anche della radio, che proprio negli anni Venti compiva i suoi primi passi in Italia. Il fascismo si rese conto progressivamente delle potenzialità della radio e delle possibilità di sfruttarla. Nel 1927 fu istituito l’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) un ente di monopolio statale utilizzato come strumento di propaganda del regime. Poiché erano poche le famiglie che potevano acquistare un apparecchio radio e pagare il canone di abbonamento, il governo fece distribuire apparecchi nelle scuole rurali, nei Municipi, nei dopo lavori e fece installare altoparlanti nelle piazze e nei luoghi di ritrovo. Il cinema del Ventennio. Anche la produzione cinematografica, come quella radiofonica, fu sotto lo stretto controllo del regime. D’altra parte negli anni Trenta il cinema era diventato la principale forma di divertimento e di passatempo della popolazione italiana, soprattutto dopo l’avvento del sonoro, nel 1930. Mussolini comprese l’importanza del cinema, tanto da definirlo (copiando Lenin) “l’arma più forte”. Perciò il regime fece un uso spregiudicato del cinema come strumento di propaganda e come “fabbrica del consenso”. Nel 1924 fu creato l’Istituto LUCE (L’Unione Cinematografica Educativa) al quale fu demandato il compito della propaganda cinematografica, per mezzo di documentari e film educativi. L’Istituto curava tra l’altro la realizzazione dei cinegiornali, notiziari filmati che precedevano la proiezione dei film. I cinegiornali LUCE trasformarono Mussolini in una sorta di “superstar” cinematografica. Tuttavia, l’immancabile apparizione del duce e l’esaltazione delle imprese del regime si inserivano in un contesto di notizie curiose e bizzarre sulla vita moderna, riprese da filmati provenienti da tutto il mondo (soprattutto dagli USA). Attraverso i notiziari si suggeriva così al pubblico un’idea del fascismo come regime al passo con i tempi ma contemporaneamente come saggio difensore dei valoro della tradizione. Cinecittà. In seguito a un incendio che distrusse gli studi cinematografici della società Cines (nel 1935) fu decisa la costruzione di Cinecittà, che nelle intenzioni di Mussolini doveva essere il più grande studio cinematografico d’Europa, dotato di modernissime attrezzature. I lavori ebbero inizio nel gennaio del 1936 e dopo soli quindici mesi, il 28 aprile 1937 Mussolini inaugurò Cinecittà. Autarchia. Il mercato cinematografico italiano negli ultimi anni del fascismo fu caratterizzato da una quasi totale scomparsa dei film americani, in seguito all’embargo decretato dalle majors (studi cinematografici) americane come ritorsione nei confronti della Legge Alfieri, che prevedeva il monopolio di Stato per l’acquisto e la distribuzione dei film stranieri. I DISCORSI DEL DUCE Utilizza una nuova modalità comunicativa che tiene conto del livello culturale delle persone alle quali si rivolge. Usa un linguaggio privo di riferimenti retorici e letterari, avvicinandosi maggiormente ad un linguaggio quotidiano (oratoria giornalistica). Le sue capacità oratorie creano una circolarità comunicativa tra il Duce e il suo popolo. I discorsi del Duce avvengono sempre nelle piazze (discorsi dal balcone di palazzo Venezia). Mussolini parla sempre alla folla in alto, da un balcone, tanto da far di sé stesso un’immagine religiosa e divina. È sempre circondato da rappresentanti dell’esercito e dei vari organi dello Stato. Il Duce cerca di impersonificare anche fisicamente l’uomo nuovo: posizione eretta, petto in fuori, gambe divaricate, mani appoggiate sui fianchi. I gesti accompagnano le parole.
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