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I regimi totalitari; il comunismo, il fascismo e il nazismo., Sintesi del corso di Storia

La definizione e le caratteristiche del totalitarismo e approfondimento dei tre regimi instauratisi in Unione Sovietica, Italia e Germania.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 05/07/2019

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Scarica I regimi totalitari; il comunismo, il fascismo e il nazismo. e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! 9.1 I regimi totalitari La definizione di totalitarismo Il termine totalitarismo venne coniato in Italia nei primi anni Venti dai liberali per compendiare le condizioni in cui si trovavano gli italiani sotto il regime fascista, che controllava ogni aspetto della loro vita. L’utilizzo di questo termine aveva intenti denigratori, ma durante la metà degli anni Venti, Mussolini decise di adottarlo affermando che il fascismo si contraddistingueva proprio per una ‘volontà totalitaria’, sintetizzata nello slogan del 1927 ‘tutto nello Stato, nulla contro lo Stato, niente al di fuori dello Stato’. Inoltre il leader fascista espresse in modo altrettanto chiaro l’intenzione i subordinare l’intera vita sociale e culturale del Paese allo Stato, come dimostra l’emanazione delle leggi fascistissime dell’anno precedente. Nel 1929 il termine totalitarismo venne utilizzato per la prima volta in senso più generale dalla stampa inglese, che accomunò sotto questa etichetta il fascismo, il nazismo e il comunismo definiti come regimi aventi l’obiettivo di ottenere un controllo ‘totale’ sullo Stato e sui cittadini. I caratteri del totalitarismo Nella definizione di totalitarismo adottato dal regime fascista italiano coesistevano due aspetti, da un lato un carattere rivoluzionario capace di sovvertire le istituzioni esistenti per ‘risanare’ la vita politica, dall’altro un carattere statalista che consisteva in una concezione onnicomprensiva dello Stato, contraria al pluralismo politico e sociale esistente nelle democrazie; così, anche nell’applicazione di altre esperienze dittatoriali esisteva la stessa duplice connotazione. Per identificare un regime totalitario esistono alcuni elementi caratterizzanti: • la costruzione di un’ideologia organica e coerente, tale da permettere una rilettura del mondo, della realtà e della storia attraverso i propri criteri, i cui cittadini subiscono condizionamenti fisici e psicologi affinché a completamente a tale ideologia, posta alla base dell’educazione delle nuove generazioni. • la vita politica è interamente controllata da un partito unico (in modo da eliminare qualunque forma di opposizione) e si tratta dell’unico organismo incaricato di mediare tra masse e il potere, detenuto dal capo del regime. • il capo del regime è un dittatore carismatico e depositario dell’Intero potere dello Stato, proponendosi come fonte della legge e imponendo l’ideologia come forma di fede civile e costruendo un culto della propria persona. • la legittimazione delle azioni attraverso il controllo dei mezzi propagandistici di massa (radio, giornali e cinema), sui quali esercita il monopolio, in modo da manipolare le informazioni a proprio favore. • le masse sono tenute in costante mobilitazione attraverso una serie meticolosa di organizzazioni che condizionano la gestione del tempo di lavoro e del tempo libero, scandendola attraverso celebrazioni collettive, ritualità quotidiane e fornendo segni di identificazione, come le uniformi. • l’economia è sottoposta al controllo dello Stato, che porta ad una forte burocratizzazione (eccessivo peso delle procedure amministrative e della burocrazia) dell’apparato produttivo in modo da limitare se non azzerare, l’iniziativa individuale. • la contestazione del regime era resa impossibile dall’istituzione di un sistema organizzato di repressione degli oppositori, che ricorreva alla tortura, all’eliminazione fisica e anche all'allontanamento in posti remoti, l’efficacia della repressione era inoltre garantita dal ricorso ad apparati di polizia segreta legati direttamente al capo del regime. Gli ultimi quattro elementi mostrano in particolare la ragione per cui il totalitarismo si definisce tale; in quanto condizionava tutti gli aspetti della vita di un cittadino, il quale era ‘totalmente subordinato al regime’. Le differenze rispetto all’autoritarismo I regimi totalitari oltre che a distinguersi dalle democrazie, si distinguono anche dai regimi autoritari che si diffusero in molti Paesi europei tra gli anni Venti e Trenta. I regimi totalitari difatti, nonostante controllassero le istituzioni e gli individui, non ebbero mai un atteggiamento tanto pervasivo come quello attuato dal comunismo, fascismo e nazismo. I governi di totalitari di Salazar in Portogallo, Follfuss in Austria e De Rivera in Spagna difatti, si rivelarono duri e repressivi ma non ebbero ambizioni totalizzati. Gli storici però, non hanno consenso unanime nell’applicare la definizione di totalitarismo al fascismo, nazismo e comunismo, anche se usato in senso generale, poiché vi sono differenti livelli di approfondimento nello studio dei vari regimi, in particolare la vicenda tedesca è stata la più approfondita, mentre nel caso dello stalinismo non tutti gli aspetti sono stati indagati in modo esauriente, di conseguenza non sempre sono disponibili dati che supportino interpretazioni comparative di uguale profondità. Perciò il valore che il termine totalitarismo ha assunto oggigiorno va utilizzato come chiave di lettura per analizzare i tre grandi regimi di massa della prima metà del XX secolo, per poi mettere in luce gli aspetti peculiari che caratterizzano singolarmente lo stalinisimo, il fascismo e il nazismo. 9.2 L’Unione Sovietica Stalin al potere Il 21 Gennaio 1924 la Russia perse la guida indiscussa della Rivoluzione, con la morte di Lenin, ma già l’anno prima, si accese tra i suoi collaboratori una lotta per la successione al potere, in particolare si distinsero due linee politiche alternative propugnate da Trockij e Stalin. Trockij era capo dell’Armata Rossa e sosteneva che il compito dell’Urss fosse quello di fomentare, finanziare ed armare la ‘rivoluzione permanente’ in Europa e nel resto del mondo, con l’obiettivo di distruggere il capitalismo, in modo da garantire la sicurezza delle conquiste realizzate dall’Unione Sovietica. Stalin era invece, convinto che che il governo avrebbe dovuto concentrarsi sul consolidamento del comunismo russo e valutare in un secondo momento la possibilità di espandere il movimento anche all’Occidente capitalistico, tesi riassunta nello slogan del ‘socialismo in un solo Paese’. I due orientamenti riflettevano due concezioni diverse della rivoluzione della stessa società capitalistica, per Stalin infatti, il comunismo avrebbe dovuto trovare la sua culla in Russia, in opposizione a quella capitalistica europea, mentre per Stalin, tale comportamento significava tradire lo spirito della rivoluzione comunista, che avrebbe dovuto condurre all’emancipazione di tutti i Paesi. I due leader inoltre avevano due personalità differenti, Trockij godeva di grande prestigio popolare (essendo comandante dell’Armata Rossa), aveva una grande influenza sui giovani per il suo carisma e una certa sensibilità cosmopolita, mentre Stalin era un uomo della burocrazia del partito che controllava dal 1922 quando divenne segretario del Pcus, trovandosi quindi al cuore del sistema di potere bolscevico. Lenin espresse le sue perplessità su Stalin e considerava brutale ed ideologicamente troppo rigido, tuttavia era escluso dalla vita politica rendendo vana la sua giusta intuizione. Stalin riuscì ad eliminare l’opposizione trockijsta facendo leva sui consensi guadagnati nei ranghi del partito e sulla corretta constatazione del fallimento dei moti rivoluzionari in Occidente, inoltre riuscì a consolidare il proprio potere con la progressiva estromissione dei rivali dalla corsa al potere e cercando di aumentare il consenso espresso nei suoi confronti dai nuovi iscritti al partito, spesso analfabeti e facilmente influenzabili dalle ideologie filo- staliniane. Nella seconda metà degli anni Venti, Stalin consolidò pienamente la propria posizione e chi non si allineò alle sue decisione venne allontanato dal partito, lo stesso Trockij fu soggetto di un campagna denigratoria e deposto dal comando dell’esercito, più tardi venne anche espulso dal partito e mandato in esilio durante il quale venne assassinato da un sicario nel 1940. Gli storici già nel 1927 hanno indicato uno snodo importante, in seguito al quale il regime staliniano può ormai essere considerato impostato. La pianificazione dell’economia La vittoria della linea politica di Stalin comportò un’accelerazione sul programma di industrializzazione dell’Urss, difatti la crisi cerealicola in atto nel 1928 mise in discussione il sistema di economia mista della Nep, portando il governo a richiedere un maggiore intervento statale sia sull’industria che sull’agricoltura. Stalin però non ricorse alla collaborazione con gli specialisti borghesi, né ai ‘nepmen’, bensì alla Commissione statale per pianificazione nata già nel 1921 con il compito di indicare le linee di sviluppo dell’economia nazionale, affidando alla commissione la stesura di un piano quinquennale che avrebbe portato l’economia sovietica da agricola ad industriale. Si trattava di un impegno gigantesco e che avrebbe richiesto tempi lunghi, portandolo a scontrarsi con molti suoi compagni, dato che bisognava trasferire la manodopera dalle campagne alle città. La rete dei gulag costituiva un vero e proprio sistema di concentramento diffuso in tutto il paese, reso famoso dallo scrittore e premio nobel per la scrittura Aleksandr Solzenicyn (1918-2008) che nel 1973 descrisse la sua esperienza di deportato e internato in Arcipelago gulag. Attraverso i campi di lavoro Stalin attuò una politica del terrore sorretta dalle accuse contro chi era sospettato di dissenso, che permettevano di incriminare e condannare tutti i cittadini in disaccordo. Le epurazioni della seconda metà degli anni Trenta di Stalin fecero sì che Stalin divenne autocrate, cessando di esprimere le posizione di un gruppo dirigente o di una corrente interna al partito ma concentrando nelle sue mani un potere personale e assoluto. L’azione dei Komintern L’ideologia staliniana e le sue parole, ebbero grandissimo esito in tutta Europa attraverso l’azione di propaganda dei Partiti comunisti nati fin dagli anni venti in ogni Paese dalle scissioni interne al movimento socialista. Il Komintern distribuiva loro le istruzioni alle quali attenersi con l’obiettivo prioritario di preparare anche in Occidente il terreno alla rivoluzione comunista. Con l'avanzare dei regimi del fascismo e del nazismo, Stalin stesso si rese conto che il nemico principale della prospettiva rivoluzionaria era la destra, che metteva in pericolo lo stesso comunismo sovietico. Perciò i comunisti europei si allearono tra loro con l’obiettivo di combattere la dittatura fascista, nacque così’ la politica dei Fronti popolari che ebbe in Francia e più ancora nel corso della guerra civile spagnola il suo banco di prova. Nel 1934 l’Urss sotto comando di Stalin entrò a far parte della Società delle Nazioni e l’anno dopo firmo un patto militare con la Francia di assistenza reciproca. 9.3 L’Italia Il fascismo e le istituzioni dello Stato A partire dalla metà degli anni Venti il regime fascista intraprese un processo di svuotamento delle istituzioni rappresentative a favore del partito unico e del Gran consiglio del fascismo, inoltre la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale faceva ormai parte dell’esercito, tuttavia il passaggio da regime autoritario a regime totalitario si ebbe a seguito delle elezioni che si tennero nel Marzo 1929 in cui si ebbe un appoggio unanime della popolazione al regime. Il primo passo fatto per creare uno Stato totalitario si ebbe con l’istituzione dell’ordinamento corporativo, che mirava ad abbattere la lotta di classe e iniziare una collaborazione tra esse, nel nome dell’interesse nazionale, in modo da abbattere sia il capitalismo e che il socialismo, che vedevano prevalere rispettivamente l’interesse del padronato o quello del proletariato. Le corporazioni iniziarono a formarsi a partire del 1934, ciascuna delle quali riuniva i rappresentanti di padroni e salariati di uno specifico settore produttivo. In totale erano 22 ed erano suddivise tra mondo agricolo, industriale, commerciale e dei servizi, sebbene, le corporazioni non agirono mai con l’obiettivo di mediare gli interessi divergenti tra le varie classi, poiché al loro interno prevalsero sempre gli interessi della borghesia imprenditoriale, inoltre non ebbero mai effettivi poteri decisionali in capo economico. Tuttavia giocarono un ruolo decisivo nell’ideologia del regime e nella costruzione dello Stato fascista, tanto che nel 1939 venne creata la Camera dei fasci delle corporazioni per sostituire la Camera dei deputati, chiudendosi in tal modo la storia della rappresentanza parlamentare nell’Italia repubblicana. L’intervento dello Stato in economia L’Italia di quegli anni stava attraversando un periodo di leggera crescita, che venne però interrotta a causa del crollo della borsa di Wall Street, e il sistema produttivo italiano ne risentì per tre principali motivi, difatti essa causò; il ritiro dei prestiti statunitensi che fino a quel momento avevano dato un sostegno allo sviluppo delle industrie, inoltre causò la crisi delle banche e la contrazione dei commerci internazionali. Si registrarono poi il fallimento di molte aziende, la caduta della produzione manifatturiera e l’incremento della disoccupazione. Il governo di Mussolini, per rispondere alla crisi, istituì due grandi enti pubblici, l’Istituto mobiliare italiano (Imi), che aveva il compito di finanziare le imprese in difficoltà con il denaro pubblico, e l’Istituto per la ricostruzione industriale (Iri), che doveva farsi carico dei debiti contratti dai cinque maggiori istituti di credito nazionale ed evitarne il fallimento. La crisi venne finalmente superata verso la metà del decennio con la statalizzazione di gran parte dell’economia e a imponenti programmi di lavori pubblici, a prezzo però di una forte riduzione dei salari e dei consumi. L’agricoltura, la ‘battaglia del grano’ e la bonifica integrale Lo Stato intervenne fortemente anche nel settore agricolo a seguito dei risultati insoddisfacenti ottenuti con la battaglia del grano. Mussolini rilanciò l’obiettivo di condurre la nazione all’autosufficienza alimentare e all’azzeramento delle importazioni di grano. Tuttavia gli obiettivi posti dal regime si scontravano con comportamenti contraddittori da parte delle istituzioni, nelle regioni meridionali infatti, dove la produzione era minore, lo Stato continuò a proteggere i latifondisti, mentre al settentrione vennero adottati metodi di coltivazione sempre più moderni in modo da incrementare ulteriormente le rese mentre al Sud la produzione rimase ugualmente inadeguata. Mussolini lanciò allora il programma della bonifica integrale, con l’obiettivo di guadagnare terreni da coltivare attraverso il risanamento delle paludi. Furono dunque compiuti in molte regioni vasti lavori, e i più importanti riguardarono l’Agro Pontino, nei pressi di Roma. Le bonifiche oltre che ad aumentare i terreni coltivabili, ebbero anche funzione di ripopolamento, difatti, un gran numero di famiglie contadine si insediarono nelle case coloniche che vennero edificate negli appezzamenti di terra strappati agli acquitrini e alla malaria. Probabilmente la bonifica integrale può essere considerata come la maggiore opera di successo intrapresa da Mussolini, che portò ad un notevole aumento della produzione agricola e contribuì al riassorbimento della disoccupazione grazie al suo poderoso piano di lavori pubblici, superando così la crisi economica dei primi anni Trenta. Lo stato sociale fascista La costruzione di uno Stato totalitario si realizzò anche attraverso la creazione di un ampio organo assistenziale che voleva offrirsi come alternativa al modello liberale del Welfare State in modo da poter occupare ogni possibile aspetto della vita dei cittadini. Vennero istituiti nuovi enti in capo sanitario, previdenziale, sportivo e culturale, nei quali il fascismo investì molte risorse in modo da creare uno Stato sociale centralizzato; gli enti assistenziali a protezione della maternità e dell’infanzia dimostrano un collegamento tra i servizi al cittadino e l’ideologia fascista, infatti il regime promosse una politica demografica che avrebbe dovuto portare il cambiamento lo Stato da potenza agricola, a potenza industriale e militare grazie al numero dei suoi cittadini. Per raggiungere tale obiettivo, Mussolini lanciò una campagna per incrementare la popolazione da 40 milioni a 60 milioni, dando sostegno alle madri e benefit alle famiglie numerose, si ebbe così, la fusione delle scelte dell’individuo con gli interessi del regime. L’insegnamento durante il regime fascista Un ulteriore obiettivo del regime fascista era quello di plasmare un ‘uomo nuovo’ in grado di agire e pensare come un ‘perfetto fascista’, e ciò richiese un forte intervento del regime all’interno del mondo dell’istruzione e della ricerca. In primo luogo, furono costretti gli insegnanti e in generale i funzionari dell’amministrazione pubblica a prendere la tessera del Pnf e a giurare fedeltà al regime, pena l’estromissione dal lavoro. Vennero poi uniformati i programmi all’ideologia fascista e dal 1928 agli studenti fu concesso studiare su un libro di testo unico approvato dal ministero della Pubblica istruzione, inoltre alunni e docenti dovevano partecipare a manifestazioni di massa imposte a tutta la popolazione. Nel 1931 il giuramento di fedeltà al fascismo fu reso obbligatorio anche ai docenti universitari, e coloro che non prestavano giuramento, erano costretti ad abbandonare la propria carriera. Personaggi come Benedetto Croce e Palmiro Togliatti, pur essendo noti antifascisti, decisero di sottoscrivere il giuramento, e invitarono i professori a firmare la propria adesione, in modo da poter continuare a far sentire all’interno dell’accademia, voci divergenti al regime. Tuttavia non mancarono i sostegni al fascismo da parte di importanti uomini di cultura, come Luigi Pirandello o Filippo Tommaso Marinetti. L’opera di indottrinamento da parte del regime fu rivolta in particolar modo ai giovani, che non avevano nessun ricordo o nostalgia dell’epoca liberale perciò risultava più facile volgerli verso l’ideologia fascista; essi venivano inquadrati in organizzazioni che avevano il compito di educarli ai valori del regime fin dalla prima infanzia, eseguita dall’Opera nazionale Balilla, assorbita poi dalla Gioventù italiana del Littorio (Gil), che dipendeva direttamente dal partito, con a capo il segretario del Pnf. La Gil si occupava delle pratiche sportive e promuoveva attività di gruppo secondo un modello cameratista e paramilitare, che infondeva il culto del capo e all’obbedienza, tramite il motto ‘credere,obbedire,combattere’. Inoltre i bambini venivano divisi secondo classi di età: i Figli della Lupa, fino agli otto anni; i Balilla, fino dodici anni e gli Avanguardisti fino ai diciotto, così valeva anche per le ragazze. ‘Balilla’ si rifa ad un mito risorgimentale, che era il soprannome di Giovanni Battista Pervaso, il quale, a poco più di dieci anni diede avvio alla rivolta di Genova del 1746 contro le truppe dell’impero asburgico. Il monopolio della comunicazione Mussolini considerava il giornalismo, la radio e il cinema come una ‘scuola degli adulti’ e ricorse a tali mezzi per creare consenso attorno l’opera del fascismo. La radio e il cinema divennero strumenti molto efficaci per parlare alle masse e trasmettere le loro idee, in un paese in cui era alto il numero degli analfabeti, tanto più che gli gradimento popolare e la diffusione di apparecchi radiofonici e sale cinematografiche crebbero negli anni Trenta senza sosta. La stampa venne sottoposta ad un rigido dirigismo e la pubblicazione delle notizie provenienti dall’Italia e dall’estero venne subordinata al vaglio dell’Ufficio per la stampa e la propaganda, che determinava sia i contenuti che gli stili da adottare, che nel 1935 venne trasformato in ministero, a testimonianza dell’importanza della comunicazione all’interno dello Stato totalitario, infine nel 1937 venne denominato Ministero della cultura popolare. La radio fu controllata dall’Eiar, un ente nato del 1927 mentre l’industria cinematografica aveva solo compito propagandistico. Mussolini difatti ordinò nel 1924 la creazione dell’Istituto Luce, che preparava cinegiornali settimanali proiettati prima di ogni spettacolo in tutte le sale del Paese. Dalla metà degli anni Trenta, inoltre, lo Stato investì ingenti somme per finanziare pellicolare di carattere pseudostorico e propagandistico con l’obiettivo di rinsaldare negli italiani lo spirito nazionale e patriottico e la fedeltà al fascismo, trasformando così il cinema in un’arma politica (G. Giannini). Mussolini inoltre, per far filtrare il regime nella vita quotidiana ricorse a dei motti che vennero fatti campeggiare lungo le strade e sulle facciate degli edifici, che nonostante fossero forme di comunicazione poco costosa e molto elementare, risultò essere molto efficace e contribuì a dare al regime il monopolio assoluto sulla formazione delle opinioni degli italiani. Il fascismo e i suoi miti Attraverso la propaganda, il fascismo si creò una propria simbologia e fece penetrare la propria ideologia nelle abitudini e nei modi di pensare del cittadino medio, come dimostrano l’obbligo del saluto fascista o l'introduzione del voi al posto del lei, considerato espressione di snobismo borghese. Un ulteriore simbolo importante che si diffuse ovunque, nei manifesti e sui muri, ad esempio, era il fascio littorio che incarnava il desiderio di Mussolini di forgiare italiani fascisti. Il ricorso ai simboli da parte del regime si rifaceva alla mitologia della romanità, con la quale intendeva legittimare la propria azione come indispensabile al ritorno della gloria passata, giustificando la propria aggressività con il diritto di rinnovare la tradizione storica. La figura di Mussolini inoltre, fu pienamente inserita all’interno di questa rilettura simbolica, egli assunse infatti, il ruolo di ‘duce’, che veniva assunto da coloro che guidavano gli eserciti in epoca romana, non solo, si accreditò anche come capo supremo dal quale derivava ogni decisione in vista del bene collettivo. nascita di una repubblica democratica e la costruzione di una società più giusta e rispettosa dei diritti dei cittadini e delle classi sociali. Carlo Rosselli e il fratello Nello vennero però uccisi nel 1937 da sicari francesi di destra pagati dal fascismo proprio per la loro attività contro il regime. L’opposizione più attiva al regime venne però dai comunisti, e il maggiore esponente del movimento fu Antonio Gramsci, secondo il quale la caduta del fascismo sarebbe arrivata solo grazie alla rivolta generalizzata della nazione, guidata dal proletariato. Nel 1926 venne incarcerato e condannato a venti anni di detenzione, il quale morì in prigione nel 1937. Il movimento trovò allora il suo leader in Palmiro Togliatti, anche lui fondatore del Partito comunista, che venne espatriato nel 1926 in Unione Sovietica. A causa di questo variegato fronte di opposizione, il movimento antifascista si rivelò essere profondamente diviso, sia sulle responsabilità dell’avvento del regime, sia alla linea d’azione da seguire. Solo con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, l’antifascismo riuscì progressivamente ad agire in modo compatto sul fronte interno per diffondere una cosciente opposizione al regime. 9.4 La Germania L’ideologia del nazismo Hitler elaborò l’impianto nazista nel decennio precedente alla sua nomina a Cancelliere, durante i suoi mesi di carcerazione a Landsberg am Rech, dove redasse il Mein Kampf (1924), che divenne poi il manifesto del movimento. Nella sua opera espose in modo chiaro e preciso i suoi progetti per un futuro governo autoritario e per la grandezza della Germania, tuttavia, a causa della scarsità appoggio al nazionalsocialismo dell’epoca, le sue idee non vennero considerate. Hitler concepiva lo Stato come una ‘comunità di popolo’ fondata sulla purezza biologica, inoltre era convinto che per rinnovare la potenza tedesca, sia in politica interna che estera, vi fosse necessaria un'omogeneità razziale dei tedeschi, considerati i discendenti più diretti degli ‘ariani’, ossia gli abitanti del Nord-Europa, che venne poi stereotipata nell’uomo alto, biondo e con gli occhi azzurri, considerati gli esponenti di un’antica razza superiore alle altre, inoltre rilanciò l’idea che gli ariani fossero destinati a dominare sulle ‘razze inferiori’ e che la purezza della razza andasse difesa evitando qualsiasi contatto con le altre, perciò chiunque non avesse avuto ascendenza ariana doveva essere espulso dalla comunità. Per questo motivo gli ebrei venivano visti come un elemento di debolezza all’interno della Germania e ritenuti capaci di danneggiare la popolazione tedesca anche con la sola presenza, di conseguenza andavano eliminati. Il progetto di purificazione della razza ariana andava di pari passo con altri due elementi, ovvero, il ricongiungimento all’interno della Germania di tutte le popolazioni tedesche, e la conquista di uno spazio vitale ‘Lebensraum’ ad oriente dove far insediare i coloni ariani. Il piano prevedeva perciò il trasferimento o l’eliminazione non solo degli ebrei, ma anche degli slavi, considerati anch’essi inferiori e adatti esclusivamente al lavoro servile, ciò avrebbe quindi significato il coinvolgimento di 30/40 milioni di persone. Pieni poteri a Hitler Nonostante le campagne elettorali che caratterizzarono la vita politica tedesca degli anni Trenta, l’impianto razzista e la figura di Hitler vennero sottovalutate inoltre, nessuno considerò seriamente la volontà di quest’ultimo di rovesciare il sistema parlamentare una volta salito al potere. Alla fine del Gennaio 1933, ottenne la carica di Cancelliere e chiese immediatamente a Hindenburg, che era l’attuale Presidente della Repubblica, di sciogliere il Reichstag e indire nuove elezioni, fissate poi il 5 Marzo. Pochi giorni prima delle consultazioni (colloqui del capo dello Stato con i maggiori esponenti dei vari partiti in vista dell'assegnazione dell'incarico di formare un nuovo governo) però, l’edificio del Reichstag venne incendiato e nonostante la mancanza di prove certe, apparve probabile la responsabilità da parte dei nazisti, i quali riversarono però la colpevolezza ai comunisti spingendo Hindenburg a firmare una decreto d’urgenza che sospendeva i diritti dei cittadini e permetteva arresti arbitrari e detenzioni a tempo indeterminato. I seguaci di filo-nazisti approfittarono di tale provvedimento per reprimere gli oppositori visti nei comunisti, socialdemocratici liberali e anche cattolici, tuttavia il clima di intimidazione e violenza non portò i risultati sperati, difatti il partito non ottenne la maggioranza assoluta, che sarebbe stata raggiunta tramite l’alleanza con i partiti borghesi, che però Hitler rifiutava. Con la riapertura del parlamento al Teatro dell’Opera, i deputati furono minacciati di violenze personali, in questo modo Hitler ottenne l’appoggio dei cattolici portandolo ad assumere pieni poteri per quattro anni il 23 Marzo 1933, cancellando di fatto la democrazia tedesca. Hitler Führer della Germania Dopo aver ottenuto i pieni poteri, iniziò un’opera l’opera di ‘allineamento’, Gleichschaltung, come venne definita dai propagandisti della Nsdap, in cui le istituzioni vennero adeguate agli obiettivi e alle idee del nazismo. Tale programma si attuò attraverso diverse misure, ossia: • la sospensione immediata della Costituzione • lo scioglimento dei sindacati e l’abolizione di tutti i partiti politici ad eccezione di quello nazista, che contò nel 1933 circa 3,9 milioni di iscritti • lo scioglimento dei governi e dei parlamenti dei Lander, come le autonomie locali • l’asservimento della magistratura al regime, che si dimostrò pronta nell’emettere sentenze di morte contro gli oppositori del nazismo • l’espulsione dall’amministrazione pubblica di elementi sgraditi rimpiazzati poi da personale fidato Nel Novembre 1933 si tennero nuove elezioni politiche a cui venne vietata però la partecipazione da parte degli oppositori, la Nsdap ottenne così il 92% dei suffragi. Con la morte di Hindenburg, il 2 Agosto 1934, Hitler assunse anche la carica di presidente, diventando così capo del Paese, del governo e delle forze armate, che furono costrette lo stesso giorno a giurargli fedeltà incondizionata; Hitler inoltre decise di sovvertire da un punto di vista simbolico, l’architettura istituzionale, dichiarando irrispettoso nei confronti del predecessore defunto, l'assunzione da parte sua del titolo di presidente della Repubblica, perciò venne sostituito dal titolo di Führer che aveva significato analogo a quello di Duce. Il 19 Agosto, i tedeschi confermarono tramite un plebiscito la decisione di nominarlo fino alla sua morte, capo del Terzo Reich, e tutti i dipendenti pubblici dovevano fare voto di obbedienza a Hitler, perciò si può affermare che nel 1934 lo Stato totalitario tedesco era già in piena costruzione. La ‘notte dei lunghi coltelli’ e l’apparato repressivo Hilter iniziò a liberarsi di ogni possibile oppositore, e preoccupato dalla forza e dall’indipendenza delle SA, composta da circa 2 milioni di uomini, decise di ordinarne l’eliminazione, il 30 Giugno 1934, nella cosiddetta ‘notte dei lunghi coltelli’ durante la quale, il comandante Röhm e centinaia di suoi commilitoni vennero svegliati, prelevati e sommariamente uccisi. Inoltre decise di vendicarsi di coloro che avevano ostacolato la sua salita al potere e dei suoi avversari politici, la vittima più illustre dell’epurazione è probabilmente Kurt von Schleicher, che lo aveva preceduto nella carica di Cancelliere, ucciso insieme alla moglie. L’intera operazione si svolse con l’appoggio delle forze armate, ma furono le SS di Heinrich Himmelr (1900-1945) ad eseguire gli ordini, che inizialmente vennero create come guardia personale di Hitler, però col tempo crebbero fino a diventare un imponente corpo armato che partecipò con proprie divisioni anche alla Seconda guerra mondiale. Negli anni del regime, le SS diressero la Gestapo, ovvero la polizia segreta dello Stato (istituita nel 1933 e guidata da Hermann Göring) e controllarono i campi di concentramento, inaugurati già nel 1933 con l’apertura di quello di Dachau. Nei Lager, vennero convogliati e costretti ai lavori forzati coloro che non si uniformavano ai dettami del nazismo, furono così emarginati e a seguito molti di loro morirono a causa delle condizioni di vita e di lavoro, e già allo scoppio della Seconda guerra, i campi avevano ospitato un milione di persone. La persecuzione degli ebrei L’impostazione razzista del Mein Kampf prevedeva una forte opera di repressione nei confronti della comunità ebraica, composta da circa 500.000 persone e ormai profondamente inserita nella società tedesca. Hitler tuttavia, dopo aver acquisito il pieno potere decise di avviare la discriminazione degli ebrei attraverso norme e provvedimenti sempre più restrittivi nei loro confronti, arrivando all’apice con l’emanazione delle Leggi di Norimberga (1935) dove furono definiti ‘razza inferiore’, sia dal punto di vista biologico che sociologico, inoltre venne attribuito loro l’appellativo di Untermenschen, ovvero ‘sottouomini’. Il pacchetto legislativo del 1935 li privava della cittadinanza, del diritto di voto e vietava loro la pratica professionale, e l’accesso alla magistratura, all'amministrazione e alle scuole statali. Inoltre, furono espropriati dei loro beni i quali vennero redistribuiti agli ariani, e si videro imposti pesanti libertà di movimento, infine vennero per la prima volta presi provvedimenti eugenetici (teorie e pratiche volte al ‘perfezionamento’ della razza umana), in quanto vennero impediti i matrimoni misti e qualsiasi tipo di rapporto tra ebrei ed ariani. Tali provvedimento vennero accompagnati da intimidazioni e violenze, anche con atti di boicottaggio e vandalismo nei confronti dei negozi ebrei, come si verificò nel 1933, che però vide un intervento da parte del governo, preoccupato di una possibile ricaduta economica. Dal 1935 in poi però, la violenza antisemita esplose nuovamente, crescendo fino alla ‘notte dei cristalli’, Kristallnacht, del 9-10 Novembre 1938 in cui furono distrutti oltre 7.000 esercizi commerciali di proprietà ebraica e furono incendiate quasi 200 sinagoghe, inoltre, in tutta la Germania vennero bastonati o uccisi per strada e circa 30.000 deportati nei campi di concentramento. L’ideologia nazista ha fin da subito previsto l’allontanamento di tutti gli elementi che avrebbero potuto contaminare la purezza della razza, e ciò prevedeva l’espulsione degli ebrei dalla Germania, gradualmente però, si affermò un progetto più radicale, ovvero lo sterminio biologico-razziale di tutti gli indesiderati. Tra il 1936 e il 1941, la stampa diffuse tale prospettiva, che non veniva contestata poiché le opposizioni erano soggette alla censura, con lo scoppio della Seconda guerra, il nazismo intraprese questa strada applicandola prima ai malati mentali e ai disabili, in seguito al popolo ebraico. Il nazismo e la vita dei tedeschi Il nazismo ebbe un rigido controllo sulla vita dei tedeschi, così come avvenne negli altri regimi totalitari dell’epoca, in Germania: • i sindacati vennero sostituiti dal Fronte del Lavoro che riuniva le rappresentanze dei salariati e dei padroni in uno stesso organismo con l’obiettivo dello sviluppo della produzione nazionale • la gioventù hitleriana, Hitlerjugend, raccoglieva gli adolescenti e li formava nell’attività fisica, inoltre li addestrava all'obbedienza e li indottrinava sui principi del nazismo • gli insegnanti furono estromessi coloro che non giurarono fedeltà al regime, i programmi di studio e i libri vennero uniformati all’ideologia nazista L’indottrinamento in Germania, come in Italia, avvenne attraverso agenzie che gestivano il tempo libero della popolazione, in particolare affidata all’organizzazione Forza attraverso la gioia, Kraft durch Freude, che permetteva ai cittadini tedeschi, anche ai meno abbienti, di andare in vacanza, fare gite, assistere a spettacoli e visitare musei, ovviamente tutte improntate ai valori del nazismo, che venivano in questo modo trasmesse in maniera implicita. Nel 1938 inoltre, vi fu la presentazione della Vokswagen, macchina del popolo, con la quale il regime intendeva motorizzare in maniera rapida i cittadini, questo gesto dimostra l’ampiezza degli strumenti propagandistici adottati dal regime. La dittatura inoltre, ricorse in modo meticoloso ed efficace a tutti i mezzi di comunicazione di massa, come radio, giornali e cinegiornali, che diffondevano l’ideologia alla popolazione e incitavano l’odio contro gli ebrei e il comunismo, inoltre i fatti venivano trasmessi loro, solo a seguito di opportune censure o alterazioni. Nella creazione del consenso al regime ebbero un ruolo importantissimo le adunate, che prevedevano complesse e suggestive coreografie. Inoltre, ogni anno vi era il congresso della Nsdap che si teneva a Norimberga, dove Hitler sfilava tra la folla e parlava ai cittadini tra lo sventolio delle bandiere naziste, offrendo così agli occhi dell’opinione pubblica un’immagine impressionante di forza, unità e sottomissione al capo. Analogamente a Mussolini e Stalin, il capo tedesco era oggetto di un culto personale, che con l’intensa azione propagandistica, assunse un peso crescente che fece del Führer una figura messianica posta al centro di una complessa simbologia religiosa. Il governo nazista infine, riuscì a conquistarsi anche il consenso del proletariato, grazie all’esteso piano di lavori pubblici e agli aiuti governativi delle imprese infatti, riuscì a riprendersi dalla crisi del ‘29 riuscendo a portare il numero di disoccupati ad appena un milione nel 1938 ai precedenti 6 milioni del 1932. Le Chiese ed il mondo della cultura Le Chiese si uniformarono rapidamente ai voleri del dittatore, come dimostra la decisione del Vaticano, nell’estate del 1933, di firmare un concordato con la Germania che assicurava ai cattolici la libertà di culto e la non ingerenza dello Stato negli affari religiosi. Solo nel 1937 ci fu l’intervento delle gerarchie cattoliche e la condanna degli orrori della dittatura da parte di Papa XI (1857-1939) che diffuse la lettera intitolata Mit brennender Sorge (Con cocente preoccupazione), nella quale denunciò le violenze naziste e il tentativo si sostituire la religione con valori pagani della razza, della nazione e del sangue, non mancarono comunque esempi di uomini che seppero ribellarsi al regime, come ad esempio il
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