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I regimi totalitaristi, Tesine universitarie di Storia Politica

tesina per esame di storia dell'Italia e del processo dell'integrazione europea

Tipologia: Tesine universitarie

2020/2021

Caricato il 03/05/2021

federicocapo98
federicocapo98 🇮🇹

4

(1)

3 documenti

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Scarica I regimi totalitaristi e più Tesine universitarie in PDF di Storia Politica solo su Docsity! INDICE 2 Lo stalinismo nell’Unione Sovietica 3 I REGIMI TOTALITARISTI Il totalitarismo è un termine usato per definire un tipo di regime politico, dove lo stato esercita il controllo sulla società e sulla vita dei cittadini, come fece il fascismo il nazismo e lo stalinismo, è un fenomeno proprio del Novecento, quando la propaganda e l’informazione diventa uno degli strumenti per gestire il potere e plagiare le menti. Il fascismo, ad esempio, cercò il consenso dei cittadini creando occasioni di partecipazione per tutti, adunate, marce, inni, feste di regime, manifestazioni di massa e creando il mito della guerra facendo leva sul senso di appartenenza alla patria. Il nazismo e lo stalinismo sono stati dei regimi totalitari che hanno usato una persecuzione violenta e sanguinosa nei confronti degli oppositori politici, degli ebrei, degli handicappati, e di tutti coloro che avrebbero potuto ostacolare un progetto prefissato. Ad esempio non esisteva l’avversario politico, ma esisteva il nemico e per la presenza di un solo partito esisteva anche la “cultura del sospetto” e così ognuno poteva essere una spia. IL FASCISMO 1. Le origini del partito fascista in Italia. Il fascismo è un movimento politico italiano fondato nel 1919 da Benito Mussolini, giunto al potere nel 1922 e rimasto al governo dell’Italia fino al 1943. Le origini del fascismo si innestano nel processo di crisi e di trasformazione della società e dello Stato, iniziato in Italia negli ultimi decenni dell’Ottocento con l’avvio dell’industrializzazione, accompagnato da fenomeni di mobilitazione sociale. Le condizioni per la nascita e il successo del fascismo furono poste dalla guerra e dalle sue conseguenze economiche, sociali, culturali e morali, che accelerarono violentemente la trasformazione della società e la crisi dello Stato liberale, suscitando nuove forze che non si riconoscevano nella democrazia parlamentare. Il fascismo nacque nell’ambito di questi. Il termine ‘fascio’ derivava dai Fasci di azione rivoluzionaria, mentre l’espressione ‘movimento fascista’ apparve nel 1915 su Il Popolo d’Italia per definire un’associazione di tipo nuovo, l’‘antipartito’, formato da ‘spiriti liberi’ 1 che rifiutavano i vincoli dottrinari e organizzativi di un partito. Il fascismo si proclamava pragmatico e antidogmatico, anticlericale e repubblicano; proponeva riforme istituzionali, economiche e sociali molto radicali. I fascisti disprezzavano il Parlamento, esaltavano l’attivismo delle minoranze, praticavano la violenza e la ‘politica della piazza’ per sostenere le rivendicazioni territoriali dell’Italia e combattere il bolscevismo. Nel primo congresso nazionale (Firenze, 1919), gli iscritti erano poche centinaia. Dopo la sconfitta elettorale del 1919 il fasciamo iniziò un cambiamento di rotta (congresso nazionale di Milano, 1920) per riproporsi, con una conversione a destra. Il fascismo fu artefice di una violenta offensiva antiproletaria condotta da squadre armate organizzate militarmente (squadrismo) che nel giro di pochi mesi distrussero gran parte delle organizzazioni proletarie nelle province della Valle Padana, dove le leghe ‘rosse’ erano giunte a esercitare un controllo quasi totale sulla vita politica ed economica. La crescita del movimento, dopo il 1920, fu rapida. Figura 1: Benito Mussolini. [ CITATION Fon13 \l 1040 ] 2. Il partito nazionale fascista. Forte della sua rapida affermazione, il fascismo partecipò alle elezioni del 1921 nei Blocchi nazionali, patrocinati da Giovanni Giolitti, conquistando 35 seggi. Giolitti pensava di mettere la parola fine allo squadrismo ‘parlamentarizzando’ il fascismo, ma dopo il successo elettorale, Mussolini recuperò libertà di azione, mentre continuarono le violenze degli squadristi contro socialisti, comunisti, repubblicani, popolari ed esponenti parlamentari. Il governo Bonomi (1921-22) tentò di porre fine alla violenza politica favorendo un ‘patto di pacificazione’ fra fascisti, socialisti e dirigenti della CGDL. Attraverso l’accettazione del patto, che aveva incontrato l’opposizione di molti esponenti dello squadrismo. Nel congresso di Roma (1921) Mussolini riuscì a far accettare definitivamente il suo ruolo di ‘duce’ e la trasformazione del movimento in Partito nazionale fascista (PNF). Dallo 2 assunse competenze di rilievo in materia costituzionale e il compito di intervenire nella successione al trono. In campo economico il fascismo adottò una politica protezionista, ampliando in misura crescente, soprattutto dopo la crisi economica del 1929, il controllo pubblico sulla finanza e sull’industria, con iniziative come la costituzione dell’Istituto mobiliare italiano (1931) e dell’Istituto per la ricostruzione industriale (1933), che potenziarono l’interventismo statale nell’economia. La costituzione del nuovo regime fu coronata, nel 1929, dalla conciliazione con la Chiesa e dalle elezioni plebiscitarie. Negli anni 1930, con la sempre maggiore personalizzazione del potere da parte di Mussolini, il regime assunse sempre più il carattere di una dittatura personale fondata sul mito del duce, sul partito unico e su una complessa rete organizzativa per l’inquadramento e la mobilitazione delle masse. Il mito di Mussolini, personalità carismatica con straordinarie doti di demagogo, fu il fattore principale del consenso che la maggioranza degli Italiani manifestò verso il regime, soprattutto negli anni fra il 1929 e il 1936. Il fascismo utilizzò inoltre un’efficace macchina propagandistica per la valorizzazione spettacolare dei successi del regime, come la ‘battaglia del grano ’ e la bonifica dell’Agro Pontino. Per il consolidamento del regime e l’ampliamento del consenso fu decisiva anche l’adesione di molti intellettuali influenti. Il fascismo impose l’indottrinamento alle masse e alle nuove generazioni, inquadrate fin dall’infanzia nell’Opera Nazionale Balilla (1926). Fra il 1936 e il 1939, forte del successo della conquista dell’Etiopia (1935-36) e della fondazione dell’impero (9 maggio 1936), che segnò il momento culminante del consenso degli Italiani al regime, il fascismo accelerò il processo totalitario. Momenti importanti di questa nuova fase furono l’istituzione del ministero della Cultura popolare (1937); l’adozione, sull’esempio nazista, di una legislazione razzista e antisemita (1938); l’abolizione della Camera dei deputati, che fu sostituita con la Camera dei fasci e delle corporazioni (1939); la svalutazione della monarchia con l’istituzione della carica di primo maresciallo dell’impero2. Figura 4: Mussolini nel suo discorso a Piazza Venezia. [ CITATION Fon16 \l 1040 ] 2 La Biblioteca di Repubblica (2004) pp. 173-183 5 5. La fine del regime Le disfatte militari subite dall’Italia e l’invasione della Sicilia da parte degli Alleati (10 luglio 1943) segnarono la fine del regime fascista, già in piena crisi per la totale perdita di consenso da parte della grande massa degli Italiani e la decisione della monarchia, delle forze economiche e della Chiesa di cercare un’uscita dalla guerra liquidando Mussolini e il fascismo. Il fascismo crollò dopo il 25 luglio 1943, quando il duce, sconfessato dalla maggioranza dei gerarchi del Gran Consiglio, fu destituito dal re e arrestato. Venne istituita la Repubblica Sociale Italiana (Salò 13 settembre 1943-25 aprile 1945), creata dai Tedeschi dopo la liberazione di Mussolini. Mussolini morì il 28 aprile del 1945 giustiziato a Giulino frazione dell’allora comune di Mezzegra, in provincia di Como, a colpi di arma da fuoco, dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia. Figura 5: Caduta del regime Fascista. 6 [ CITATION Fon16 \l 1040 ] LO STALINISMO 1. Le origini dello stalinismo Il termine stalinismo, in senso stretto, indica la politica di Stalin nel periodo in cui fu a capo dell'URSS, dal 1924 al 1953. Stalinisti furono anche definiti alcuni regimi di paesi socialisti che si opposero alla destalinizzazione, quali la, la Corea del Nord, l'Albania, che modificarono i loro rapporti con l'URSS a seguito della destalinizzazione. Durante l’ascesa di Stalin nel controllo totale del PCUS l'unico che si oppose con continuità, sia pure inefficacemente, fu il suo principale rivale alla successione di Lenin, cioè Lev Trockij. A differenza di Trockij, che riteneva che la rivoluzione socialista avesse senso solo in una prospettiva planetaria e globale, Stalin riteneva che si dovesse accettare l'idea di un "socialismo in un solo paese", anche se capitalisticamente arretrato come la Russia. Trockij costituisce quella che verrà poi definita "opposizione di sinistra" a Stalin. Trockij in seguito prenderà la via dell'esilio per finire assassinato per mano di un sicario di Stalin in Messico nel 1940, dopo aver fondato la Quarta Internazionale, alternativa alla Terza, di matrice stalinista3. Figura 6: Josif Stalin. 3 La Biblioteca di Repubblica (2004) pp. 386-388 7 [ CITATION Fon13 \l 1040 ] Stalin era deciso a creare uno Stato potente e autosufficiente; il che egli credeva che era possibile creare grazie alle enormi quantità di risorse di cui disponeva il Paese. Per conseguire il suo obiettivo, Stalin e i suoi seguaci nel 1929 ritennero necessario che lo stato sovietico ponesse fine alla NEP e assumesse direttamente tutte le leve essenziali dell’economia, spezzando con la violenza ogni opposizione, a partire da quella dei contadini “ricchi” i KULAKI. Tra gli anni Venti e gli anni Trenta venne dato l’assalto alle campagne, con l’obiettivo di liquidare i kulaki. A questa politica si oppose fermamente Bucharin, che venne condannato nel 1930 dal regime come “deviazionismo di destra”. Il partito decise che la produzione agricola deve essere organizzata in fattorie collettive a carattere cooperativo (i kolchoz), dove ai contadini era lasciata una piccola quota di terra per la coltivazione individuale, in aziende agricole statali nelle quali i contadini erano trasformati in operai agricoli (i sovchoz) e in stazioni di macchine e trattori, preposte a fornire il macchinario alle aziende collettivizzate. Nel 1930 le aziende collettivizzate erano del 58%. Ci fu una fortissima resistenza dei contadini, nelle campagne scoppiò una vera guerra civile. I contadini risposero macellando in massa il bestiame e riducendo le aree di coltivazione. Fu un disastro economico di enormi proporzioni. Stalin in un primo tempo ammise che forzarono i tempi e impose un rallentamento, successivamente tornò a imporre più duramente la collettivizzazione. Egli era determinato a far sì che lo Stato avesse il pieno controllo delle risorse agricole, per poter fornire i mezzi alimentari alla nuova classe operaia impiegata nella costruzione della grande industria. Milioni di kulaki e di contadini vennero in parte sterminati in parte condannati ai lavori forzati5. 4. I piani quinquennali Lo sviluppo industriale sottoposto a una pianificazione centralizzata di cui la realizzazione di piani quinquennali doveva segnare le tappe. Il primo piano iniziò nel 1928 e termino nel 1932con un anno di anticipo. La sua realizzazione ebbe un’enorme successo perché nel 5 Fonte: Enciclopedia Treccani 10 1933 la produzione industriale era aumentata. Ci fu un aumento di operai da 2 milioni si passò a 5 milioni. Lo sforzo maggiore venne indirizzato all’incrementi dell’industria pesante. La disoccupazione scomparve. Nel 1933 l’industria era quasi completamente nazionalizzata. Il secondo piano quinquennale, vide non solo un incremento della produzione industriale del 121% ma anche di quella agricola di oltre il 50%. Il terzo piano venne interrotto dall’attacco della Germania nazista all’Unione Sovietica nel giugno del 1941. Una parte crescente della produzione industriale fu rivolta a soddisfare le esigenze delle forze armate, bisognose di essere modernizzate. Figura 8: Manifesto propaganda dei piani quinquennali. [ CITATION Fon13 \l 1040 ] 11 5. La fine del regime Stalin morì nel 1953, morì a causa di un emorragia celebrale; era il capo indiscusso del comunismo mondiale. Lasciò l’Unione Sovietica ormai trasformata in una grande potenza economica, una delle due superpotenze mondiali dotata di armi nucleari, e guida del mondo comunista. Figura 9: Fine del regime Stalinista. [ CITATION Fon19 \l 1040 ] 12 3. L’idea di Europa unita L’epoca delle guerre mondiali esprime un grande sviluppo dell’ide dell’unità europea, il quale costituisce la premessa spirituale del processo di integrazione europea. L’elemento comune delle prese di posizione europeiste dell’epoca delle guerre mondiali è precisamente la convinzione che l’eliminazione definitiva delle guerre in Europa e, quindi il passaggio dall’anarchia dei nazionalisti contrapposti a una situazione duratura di pacifica collaborazione fra gli Stati europei formando così una condizione di sopravvivenza o di rinascita dell’Europa come entità autonoma della lunga ripresa del suo sviluppo democratico e civile. Il primo progetto europeista fu il piano Unione europea presentato alla Società delle Nazioni nel 1929-1930 da Briand, fu boicottato dall’Italia fascista e dalla Gran Bretagna, successivamente si arenò definitivamente in seguito alla crisi e al crollo della Repubblica di Weimar. Ci fu un secondo progetto europeista ed era la proposta di un’unione anglo-francese lanciata da Churchil il 16 giugno 1940. Questo progetto non si attuò per via della capitolazione della Francia di fronte all’esercito tedesco. Questa proposta era più avanzata rispetto al piano Briand perché prevedeva organi comuni per la Difesa, gli Affari esteri, le Finanza e l’Economia, l’associazione formale dei due parlamenti e una comune cittadinanza. La conclusione della Seconda guerra mondiale segnò l’inizio di un nuovo ciclo della politica internazionale dominato dal sistema bipolare, entro il quale gli stati europei persero ogni effettiva autonomia, diventando satelliti delle superpotenze. Si formò cosi una situazione in cui questi Stati, da una parte, erano costretti per la prima volta a collaborare in modo duraturo fra di loro entro i blocchi contrapposti. In conclusione l’Europa condanna i crimini commessi da tutti regimi totalitari, sottolineando il successo dell'integrazione europea e l'esigenza di evidenziarne le conquiste, anche con una visione comune della Storia. Chiedendo di mantenere vive le memorie del passato, senza però imporre un'interpretazione politica dei fatti, sollecitando l'apertura completa degli archivi segreti, specie in Russia. Auspica poi la proclamazione di una "Giornata europea del ricordo" delle vittime del totalitarismo. Le istituzioni europee esprimono anzitutto il proprio rispetto per tutte le vittime dei regimi totalitari e antidemocratici dell'Europa e rende omaggio a coloro i quali hanno combattuto contro la tirannia e l'oppressione. Inoltre, riconfermando la loro posizioni unanime contro ogni potere totalitario, a prescindere da qualunque ideologia, condannano fermamente e inequivocabilmente tutti i crimini contro l’umanità e le massicce violazioni dei diritti umani commesse da tutti i regimi totalitari e autoritari. Rilevando l'unicità dell'Olocausto, osserva infatti che, in Europa, nel corso del XX secolo, milioni di persone sono state deportate, incarcerate, torturate e assassinate da regimi totalitari e autoritari. L’Unione Europea ha anche il compito di promuovere e salvaguardare la democrazia e il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto, sia all'interno che all'esterno del suo territorio. L’Europea osserva che, fin dall’inizio, l’integrazione europea è stata una risposta alle sofferenze inflitte da due guerre mondiali e dalla tirannia nazista, che ha comportato l’Olocausto, e all’espansione dei regimi comunisti totalitari e non democratici nell’Europa centrale e orientale. Il processo di integrazione europea ha avuto successo e ha ormai portato a un’Unione Europea comprendente paesi dell’Europa centrale e orientale che hanno vissuto sotto regimi comunisti dalla fine della Seconda guerra mondiale ai primi anni ’90, mentre le adesioni di Grecia, Spagna e Portogallo, hanno contribuito a garantire la democrazia nel Sud dell’Europa. 15 Figura 11: Firma dal trattato di Maastricht [ CITATION Fon21 \l 1040 ] BIBLIOGRAFIA  La storia; La biblioteca di repubblica; SITOGRAFIA  www.treccani.it  www.ilsole24ore.com  www.archivioluce.com  www.lastampa.it  www.ilgiornale.it  www.europarl.europa.eu 16
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