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I reietti della città. Ghetto, periferia, stato., Sintesi del corso di Sociologia Politica

Analisi della marginalità urbana in riferimento al ghetto di Chicago e alle banlieues parigine. Testo a cura di Wacquant.

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017
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Caricato il 13/06/2017

simonasammartino
simonasammartino 🇮🇹

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Scarica I reietti della città. Ghetto, periferia, stato. e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Politica solo su Docsity! La povertà post-fordista o la marginalità avanzata nelle città è alimentata dall'instabilità e dall'eterogeneità crescente del rapporto salariato in un contesto di aumento della disuguaglianza; è sempre più scollegata dalle fluttuazioni cicliche di breve periodo dell'economia nazionale e accentuata dalla ritirata dello stato sociale; tende a concentrarsi in quartieri diffamati in cui sono evidenti gli effetti di stigmatizzazione territoriale. Dal confronto tra ghetto e banlieue alla fine del XX secolo emergono 5 principi: -scomposizione di preconcetti del senso comune urbano per spiegare l'evoluzione della loro composizione e posizione della struttura socio-spaziale della metropoli -collocazione della situazione e destino di un quartiere nella sequenza diacronica di trasformazioni storiche di cui è espressione materiale -uso dell'osservazione etnografica -distinzione tra condizione sociale caratteristica di una zona di delegazione e i condizionamenti che comporta; la sua posizione in una struttura gerarchizzata di luoghi, considerando il valore materiale e simbolico; funzione che svolge per il sistema metropolitano più ampio -individuazione del grado e della forma di intervento dello stato nei quartieri della delegazione e i rapporti che gli abitanti intrattengono con funzionari e agenzie pubbliche, istituzioni • Un vecchio problema in un mondo nuovo? A seguito della grande crisi del '29 e delle IIWW, si verifica una fase di espansione che porta i paesi capitalisti a considerarsi civilizzati, ovvero a considerarsi società impegnate nella riconfigurazione delle relazioni sociali; questo implica l'aumento di interdipendenze, la moltiplicazione di organizzazioni, la pacificazione di scambi sociali tramite la monopolizzazione dell'uso della pubblica violenza da parte di uno stato burocratico centralizzato. Qui l'appartenenza di classe, origine etnica o razza sono sempre meno rilevanti per accedere a posizioni di prestigio (meritocrazia). Si crede che le forme di disuguaglianza sarebbero state alleviate grazie alla diffusione di beni pubblici e la crescita del libero mercato. Le società del primo mondo costruiscono la povertà come residuo delle disuguaglianze del passato e l'arretratezza come il prodotto di deficit individuali. Si formano campagne per sconfiggere la povertà: Johnson (1964) lancia il programma denominato "guerra alla povertà" annunciando che la povertà sarebbe stata sradicata prima del 1976. In Francia lo stesso orizzonte era promesso da Chaban-Delmas, prima di essere riattualizzato sotto l'etichetta di "società liberale avanzata"; negli anni '70 in Francia non c'era dibattito sulla povertà né mobilitazione politica sulla questione. A gradi diversi, le società del Primo Mondo si consideravano formazioni sociali non etniche, sempre più omogenee e unificate, mano a mano che le relazioni di tipo comunitario fondate su stirpe, terra, cultura vengono soppiantate da relazioni strumentali fondate sull'interesse e sulla specializzazione occupazionale. Si parla di assimilazione e l'adozione di modelli culturali nazionali sembrava essere la soluzione per coloro che vivevano ai margini. "La fine delle società tradizionali" implicava la fine dei legami sociali ascritti e l'emergere di un individuo libero. La formazione della classe avrebbe contribuito all'eliminazione della questione etnicità, grazie all'emergere di una struttura di classe globale. Varie teorie della società post industriale considerano le divisioni etno-razziali come principio di raggruppamento. • Rivolte: violenza dal basso Negli ultimi due decenni del XX secolo si sono verificati frequenti esplosioni di disordine pubblico, tensioni etniche e aumento del disagio nelle città. Le società avanzate sono state afflitte dalla diffusione della nuova povertà e dall'insorgere di ideologie razziali, spesso accompagnate da conflitti che hanno coinvolto i giovani del quartiere delle classi inferiori. Esempi di disordini urbani: -1 ottobre 1990, Vaulx en velin: zona operaia nella periferia di Lione. Giovani provenienti da famiglie immigrate dal Maghreb si scontrano con la polizia a causa della morte di un ragazzo del quartiere provocata da un incidente causato da un auto della polizia; la rabbia della banlieue arriva fino all'apice delle preoccupazioni politiche -2 luglio 1992, Bristol: rivolta nel quartiere di Hartcliff, distretto industriale degradato ai margini della città. La violenza esplode quando due giovani su una moto rubata della polizia rimangono uccisi in un incidente con un auto della polizia. Durante la notte, un centinaio di ragazzi saccheggiano un centro commerciale e il contrattacco della polizia scatena una risposta violenta e la contestazione si espande nel quartiere -3 aprile 1992, Los Angeles: assoluzione di 4 poliziotti bianchi coinvolto nel pestaggio di un automobilista nero indifeso arrestato dopo in inseguimento scatena esplosioni di violenza civile che si espandono rapidamente e si moltiplicano; viene dichiarato lo stato di emergenza Gli episodi di violenza sono numerosi e coinvolgono innanzitutto i giovani di quartieri urbani in declino; sembrano essere alimentati dalla tensione etno-razziale. L'interpretazione dominante dei media è stata quella di considerare questi episodi come "rivolte razziali", espressione dell'animosità contro o fra le minoranze etniche e/o immigrate di questi paesi. In generale, l'Europa degli anni '80 è stata attraversata da un'ondata di sentimento xenofobo nella sfera pubblica e quotidiana. In Francia l'ostilità contro gli arabi emerge alimentando le aggressioni a carattere razzista; trova espressione nella politica del fronte nazionale. In Gran Bretagna il dibattito sulla criminalità di strada e sulla brutalità della polizia è stato razzializzato nella misura in cui i disordini pubblici e violenza sono sempre più considerati come un problema dei neri. Negli Usa si assiste negli anni '70 a rivendicazioni dell'uguaglianza civile che si traduce in un deterioramento delle relazioni razziali. L'Europa diventava ossessionata dalla ghettizzazione all'americana nel suo territorio, gli Usa erano ossessionati dallo sviluppo di underclass. In tutti i 3 paesi la violenza e i disordini collettivo sono associati alla percezione pubblica con divisioni etnorazziali e/o con l'immigrazione. In USA questa associazione risale all'urbanistica e dei neri a seguito della loro emancipazione ed è periodicamente riattivata nei momenti di contrazione economica e di conflitto sociale. In Europa questa connessione è più recente anche se è divenuta più potente durante la congiuntura socio-economica aperta dal processo di deindustrializzazione e dalla recessione economica a metà anni '70. L'etichetta "rivolte razziali" è fallace e nasconde fenomeni più profondi. I disordini urbani e collettivi degli anni '80 e '90 non sono la semplice estensione della tradizionali rivolte razziali di cui hanno avuto esperienza gli Usa nell'ultimo secolo. Non si assiste ad una americanizzazione della povertà urbana e delle forme di protesta, né ad un cambiamento nel regime di marginalità urbana che annuncia una convergenza atlantica tra i due continenti sul modello Usa. Nei disordini si combinano due logiche: -protesta contro l'ingiustizia etno-razziale radicata nel tradimento discriminatorio -insurrezioni contro le privazioni economiche e le crescenti disparità sociali attraverso lo scontro diretto con l'autorità e l'interruzione forzata della vita civile Gli anni '80 sono stato il decennio della maturazione di rivolte miste, nelle dinamiche, negli obiettivi, nella composizione multietnica. I giovani provenienti da famiglie immigrate sono stati protagonisti dei disordini urbani ma hanno agito con supporto di bianchi, come nel caso dei "disordini estivi" in Inghilterra nel 1981. Inoltre, le richieste dei giovani in rivolta erano le stesse che provengono dai giovani della classe operaia, per cui non sono richieste etniche. • Violenza dall'alto: deproletarizzazione, relegazione, stigmatizzazione I disordini sono risposta a violenza strutturale dovuta a cambiamento economici e socio-politici; i cambiamenti si sono tradotti in una polarizzazione della struttura di classe che, combinata con la segregazione etno-razziale e con i ridimensionamento dello stato sociale, ha prodotto una dualizzazione della struttura fisica e sociale della metropoli. Questa violenza dall'alto ha 3 componenti: -disoccupazione di massa che per la classe operaia si traduce in deproletarizzazione e diffusione della precarietà lavorativa -relegazioni in quartiere in declino: risorse pubbliche e private diminuiscono e l'installazione di famiglie immigrate intensifica la competizione per l'accesso ai beni collettivi -stigmatizzazione: legata non solo alla classe e all'origine etnica, ma al fatto di vivere in quartieri degradati Il ritorno della povertà, della violenza collettiva e della divisione etno-razziale sono intese come il risultato irregolare dello sviluppo dei settori più avanzati nelle società capitaliste, i cui effetti non si eliminano in tempi brevi. L'arrivo di nuovi immigrati potrebbe aver accelerato il processo di deproletarizzazione parziale della classe operaia. Certo è che la loro concentrazione nei quartieri a basso reddito ha accentuato la polarizzazione sociale e spaziale delle città perché si è verificato in un momento in cui la classe media fuggiva dai quartieri misto trasferendosi in posti in cui era possibile beneficiare di un livello superiore di servizi (Fr), si aveva la possibilità di soddisfare bisogni familiari tramite un mercato provato (Usa), godere di un mix di benefici pubblici e privati (GB). La segregazione spaziale intensifica le difficoltà accumulando in enclave urbane isolate famiglie della classe operaia autoctona in declino sociale e popolazione immigrata di nazionalità diversa, giovane ed economicamente fragile, priva di competenze spendibili nella nuova economia. • Alienazione politica Sono diminuite le forme organizzare di pressione sullo stato a causa del declino e della decomposizione della rappresentazione politica dei popoli. Il crescente divario tra ricchi e poveri, l'aumento della chiusura di élite politica e media, la distanza tra classi inferiori e istituzioni dominanti produce sfiducia nella società. Tutto converge a minare l'ordine sociale e indirizzare l'ostilità . • Dal ghetto comunitario all'iperghetto Ghetto comunitario: composto da classi sociali nere, coscienza collettiva unificata, dalla divisione sociale del lavoro completa e da agenzie di mobilitazione e rappresentazione radicate. Viene sostituito dall'iperghetto: ghetto degli anni '80 e '90, poco coeso e coerente al suo interno, sempre più segnato da una decomposizione del tessuto organizzativo; il concetto di underclass definisce una realtà sociologica caratterizzata dall'esclusione dei circuiti del mercato del lavoro stabile che porta alla presunzione di indegnità sociale e di inferiorità morale. Il ghetto è una forma istituzionale formata da meccanismi e di chiusura e di controllo etno-razziale su base spaziale: si tratta di una formazione razziale circoscritta ed etnicamente uniforme generata dalle relegazione forzata di una popolazione etichettata negativamente in un territorio riservato in cui questa popolazione sviluppa istituzioni specifiche che operano come sostituto funzionale nei confronti delle istituzioni dominanti; il ghetto non è un monolite sociale: il fatto che molti ghetti siano storicamente luogo di miseria, non è da generalizzare, molti hanno varietà occupazionale e famigliare; il ghetto non è diversificato. Non bisogna considerare il ghetto come spazio alieno: tratti culturali e sociali obbediscono all'adattamento a costrizioni e possibilità offerte dal loro contesto di vita. Il ghetto contemporaneo non soffre di disorganizzazione sociale: gli individui appartengono alle trazioni non specializzate e socialmente squalificate della working class nera, in virtù della loro posizione instabile ai margini del lavoro nero salariato e per i loro legami di parentela, di socialità, e di cultura con gli altri componenti della comunità afro-americana. • Dal ghetto comunitario degli anni '50 all'iperghetto degli anni '90 Il processo di ghettizzazione dei neri (ammassamento spaziale, figa dai bianchi, formazione di istituzioni parallele come fonte di sicurezza e a causa dell'aumento di violenza e della disoccupazione) risale alla prima formazione della Black Belt come strumento di esclusione etno-razziale nei primi del '900. Solo gli afroamericani sono stati costretti a vivere in zone separate in cui la segregazione era totale; i "bianchi etnici" (migranti europei) vivevano in clistere etnici eterogenei. La separazione forzata dai neri si estendeva (oltre all'abitare) alle istituzioni, ai servizi pubblici , alla rappresentanza politica, il che lo costrinse a sviluppare una struttura sociale parallela completa, diretta e rivolta da/a neri. Quello che contraddistingue la fase attuale della marginalizzazione nera è che il ghetto è diventato spazialmente decentrato e istituzionalmente differenziato, diviso tra sottoproletariato e working class. La struttura socio-economica e istituzionale si trasforma e questa sua trasformazione ha come conseguenza il declino fisico e commerciale, la recente violenza e l'insicurezza. Il ghetto contempo assiste a un costante spopolamento, dato che le famiglie più agiate si sono trasferiti in un ambiente congeniale verso i distretti che circondano la suburbs storica. L'accampamento più in declino nella demografia di Bronzeville, è l'improvviso collasso della popolazione, dovuto all'esodo di famiglie nere in ascesa sociale e la crescente disoccupazione di chi rimaneva. A cosa è dovuto il collasso? Alla fine delle IIWW tutti i neri di Chicago, senza differenza di status, venivano ascritti alla stessa enclave. Successivamente, quando i bianchi fuggirono in massa dal centro per raggiungere i suburbs con l'aiuto federale, rimasero libere aree adiacenti in cui le famiglie nere della piccola borghesia e gli strati superiori della working class si spostarono per popolare nuovo quartieri che divennero esclusivamente dei neri. La dispersione delle istituzioni consolidate nel ghetto aumentò la loro differenziazione di classe. Si nota: -migrazione verso l'esterno di famiglie stabilmente impiegate -addensamento dell'edilizia popolare in aree nere segnate dagli slums -deproletarizzazione dei rimanenti residenti del ghetto; povertà e prevalenza di attività criminali Di conseguenza il ghetto non può più contare sulle istituzioni che avevano conferito coerenza e coesione interna. In Bronzeville si duplica la struttura organizzativa. L'iperghetto di fine secolo subisce un inaridimento, declino istituzionale che non contiene più una divisione del lavoro, delle classi sociali nere, ne doppioni funzionanti delle istituzioni centrali. La disoccupazione di massa e la sotto-occupazione nell'iperghetto costringono i residenti a rivolgersi all'assistenza pubblica e a perseguire altre attività per sopravvivere. Le strategie di sussistenza del ghetto variano in funzione delle risorse sociali, economiche e culturali e dalla composizione delle famiglie precarie. Attività di sopravvivenza: lavori e mestieri marginali, venditori ambulanti occasionali, attività illegali che offrono opportunità di lavoro a tempo pieno, il crimine è una forma di imprenditorialità. L'insicurezza accelera l'allontanamento dal mercato del lavoro salariato e allontana i residenti del ghetto dall'economia e dalla società regolare; mina la coesione e accelera l'esodo delle famiglie. La crescita dell'economia conta nella cristallizzazione di una " cultura del terrore" che ancora emerge nell'iperghetto. • Cause dell'iperghettizzazione 1. Transizione dell'economia americana da un sistema fordista chiuso, integrato, destinato al mercato di massa, a un sistema aperto e decentrato, orientato a modelli di consumo differenziati; questo cambiamento strutturale è stato accompagnato da una dualizzazione della struttura occupazionale e da un inasprimento della segmentazione razziale. 2. Persistenza della segregazione residenziale rigida degli afroamericani e addensamento dell'edilizia residenziale pubblica nelle aree più povere. 3. Ridimensionamento del welfare combinato con le recessioni dell'economia americana che contribuiscono a far aumentare la povertà nella Black Belt. 4. Inversione di tendenza nelle politiche federali e locali che si traduce nel ritiro dei servizi pubblici dai quartieri storicamente neri Ogni fattore va considerato separatamente e sequenzialmente • Disinvestimento, sviluppo polarizzato e segmentazione razziale del lavoro qualificato A metà degli anni '70 l'America si sposta verso un tipo di organizzazione capitalistica: il vecchio sistema economico ancorato alla produzione industriale standardizzata, al consumo di massa, ai sindacati e a un corrispondente contratto sociale tra le imprese e la loro forza lavoro stabile, viene gradualmente sostituita da un nuovo regime basato sulla predominanza dell'occupazione dei servizi, biforcazione del capitale finanziario e industriale, servizi, biforcazione del capitale finanziario e industriale, erosione delle economie regionali integrate, riorganizzazione radicale dei mercati del lavoro e della scala dei salari. Tre elementi sono particolarmente rilevanti per le riconfigurazione del ghetto negli anni '30: -lo spostamento settoriale verso l'occupazione dei servizi si è tradotto in tagli alle categorie di lavoro più accessibili ai neri con basso livello di competenze -la redistribuzione territoriale dei posti di lavoro correlativo alla disagglomerazione dell' economia urbana ha anche ridotto le opzioni dei neri non qualificati sul mercato del lavoro , a causa delle spostamento fuori dei centri di molte attività Il progressivo ridimensionamento dello stato sociale dopo la metà degli anni ’70 è un’altra importante causa politica di continuo deterioramento delle opportunità di vita del (sotto)proletariato urbano negli Stati Uniti. Axinn e Stern hanno sostenuto che “l’espansione della povertà nella inner-city è stata molto più il risultato di una diminuzione dell’efficacia del programma di aiuto che un effetto della crisi economica”. Infatti, è nelle inner-cities che questo tasso ha raggiunto i livelli pi bassi, ed è anche uesto luogo in cui è maggiormente diminuito nel tempo. Coloro che sono stati espulsi dal mercato del lavoro, sono stati ulteriormente penalizzati dai crescenti tagli all’assistenza sociale. Il sistema di welfare peggiora ulteriormente le condizioni di vita dei residenti del ghetto e, indirettamente, contribuisce alla diffusione di alloggi insalubri, insistendo sul pagamento dei sussidi per la casa in affitto sul mercato privato direttamente ai proprietari degli edifici. I proprietari degli slum sanno che i loro inquilini sono una clientela senza reali possibilità di scelta, priva di alternative e di strumenti di pressione. Così possono rincarare gli affitti e trascurare la necessaria manutenzione per le riparazioni, visto che in ogni caso ricevono un affitto completo per appartamenti che solo dei destinatari di assistenza sociale possono tollerare di occupare. Sono infestati di scarafaggi, non hanno sale d’ingresso o guardie di sicurezza, gli ascensori sono rotti, le parete ricoperte di graffiti, le scale puzzano di escrementi umani ecc.. Infine, le politiche fiscali dei governi statali e federali hanno accentuato le difficoltà dei residenti del ghetto. Le ripercussioni negative delle politiche fiscali regressive di Reagan sui poveri urbani sono ampiamente documentate, dal momento che la riduzione delle entrate fiscali del governo è stata compensata principalmente dalla riduzione delle voci del bilancio pubblico destinate ad aiutare gli americani più diseredati. • Marginalità politica e “contrazione pianificata” della inner-city L’abbandono del ghetto orchestrato dalle autorità federali e locali non si limita alle politiche di welfare, ma si estende alla gamma di servizi rivolti alle popolazioni svantaggiate. A livello federale, dopo la rielezione di Nixon, i fondi per l’edilizia residenziale pubblica sono stati congelati e poi sostituiti con sovvenzioni indirette controllate dalle élites locali, che li hanno reindirizzati a beneficio del settore immobiliare e dei proprietari privati. Tutta una serie di programmi di compensazione che contribuivano a mantenere in vita le istituzioni della inner-city sono stati tagliati e lasciati cadere. Le risorse federali dirette alle città sono state diminuite costantemente sotto l’egida di Reagan e dei Bush fino alla chiusura del programma di formazione professionale CETA, del dispositivo generale di perequazione dei finanziamenti urbani e dei budget destinati allo sviluppo delle città. A livello locale, una coalizione di interessi industriali, bancari e commerciali ha usato il pretesto della crisi fiscale delle città come strumento di pressione per lo smantellamento dei programmi sociali che avevano sostenuto i residenti del ghetto e degli immediati dintorni. Ad essa si sono aggiunti i responsabili dell’amministrazione locali, che vedevano nella ritirata metodica dei servizi municipali un mezzo efficace di riduzione della spesa pubblica e un modo per spingere i poveri fuori dalle aree in declino o individuate come sede di programmi per la rivitalizzazione. Ritiro pianificato (triage) dei quartieri del centro città: la chiusura selettiva o l’interruzione del servizio delle scuole pubbliche e delle biblioteche, ospedali, autobus ecc.. che era rivolta a spingere le famiglie impoverite a lasciare il cuore della metropoli e a liberare finanziamenti governativi da impiegare per la “riqualificazione” dei quartieri così desertificati a beneficio delle imprese e delle classi medie, la cui presenza condiziona la salute fiscale della città. Così a Chicago, a partire dalla metà degli anni '70, la localizzazione delle strutture pubbliche e delle infrastrutture, le decisioni di demolire edifici ripulendo i terreni, e la riduzione mirata della tassazione sono sempre serviti per attirare e accrescere il capitale privato e per stimolare lo sviluppo di una nuova downtown dedicata alla finanza, ai servizi alle imprese e ai loro impiegati di livello superiore. Questa distrazione di risorse della città dalla famiglie alle imprese, e dal basso verso l'alto della struttura di classe, è stata estremamente efficace e ha avuto l'effetto di prosciugare gli investimenti pubblici nei quartieri ghetto di West Side e South Side, condannandoli alla stasi e alla decrepitezza. Poche organizzazioni sono in grado di mostrare meglio il grado di abbandono istituzionale subito dall'iperghetto di Chicago di quanto lo facciano le scuole pubbliche. I licei pubblici segregati della città alimentano un sistema di community college definito anche dalla doppia segregazione del uo corpo studentesco basato sulla razza e classe. Ciò avviene perché le scuole ghetto servono una popolazione che i funzionari federali e locali considerano priva di valore elettorale (difficilmente in povero vota), ed esse sono anche in prima linea nei tagli di bilancio imposti periodicamente da un Board of Education perennemente a corto di fondi. Il degrado della scuola pubblica è pari solo a quello delle strutture mediche. Il collasso delle istituzioni pubbliche nel nucleo urbano razzializzato e la marginalità crescente della sua popolazione sno il prodotto di politiche pubbliche che, lavorano sullo sfondo della rigida divisione razziale, hanno frammentato la sfera pubblica, indebolito le capacità politiche dei neri e stimolato la fuoriuscita verso il settore provato di tutti coloro che potevano fuggire, lasciando le frazioni più espropriate della classe operaia afro- americana a marcire nell'iperghetto. • Il costo dell’esclusione razziale e sociale a “Bronzeville” Dopo una lunga eclissi, il ghetto ha avuto uno stupefacente ritorno sulla scena politica e nella coscienza collettiva d’America a metà degli anni ’80. L’ascesa inarrestabile di una povertà persistente e della criminalità di strada, lo sgretolamento della famiglia patriarcale, il degrado continuo dell’edilizia residenziale delle città, afflitta da grandi ghetti e dai dilemmi della gentrification, la disillusione dei liberals sul welfare e l’offensiva politica radicale della Nuove Destra, tutti questi fattori hanno contribuito a riportare gli abitanti del cuore segregato delle grandi città al centro del dibattito politico. I poveri sono stati però presentati come un aggregato informe di casi patologici, ognuno con la propria logica e cause proprie, come creature figlie di una cultura etnica nociva, o ancora come i beneficiari di uno stato sociale dissoluto, che perpetua la stesa miseria che dovrebbe combattere, premiando pigrizia e vizio. Scorporate dai cambiamenti strutturali e dalle lotte collettive che le avevano determinate, le dislocazioni sociali che hanno scosso il ghetto sono state descritte nei termini di un fenomeno spontaneo, auto-inflitto e in corso di auto-perpetuazione. Si richiama l'attnzione sulle caratteristiche speciiche della struttura sociale di prossimità entro la quale i residenti del ghetto si evolvono e si sforzano, nonostante il cumulo di ostacoli, di vivere e di sottrarsi dalla povertà dal degrado personale. Il ghetto ha vissuto una “crisi” non perché le microstrutture della famiglia e i comportamenti individuali sono improvvisamente stati soggetti ad un collasso, o perché un “ethos del welfare” si sia misteriosamente impossessato dei suoi residenti, ma perché la disoccupazione e l’esclusione economica, cresciute fino a livelli estremi sullo sfondo di una rigida segregazione razziale e dell’abbandono da parte dello stato, hanno innescato un processo di “iperghettizzazione” nel senso di una riacutizzazione della logica escludente del ghetto quale strumento di controllo etno-razziale. La crescente concentrazione sociale e spaziale della povertà estrema ha creato un intreccio di ostacoli che è senza precedenti per i neri che risiedono nel nucleo urbano implodente. La struttura sociale del ghetto postindustriale è stata radicalmente ricomposta dalla distruzione massiccia del lavoro manuale e dall'esodo delle famiglie a salario fisso, così come dal rapido deterioramento delle abitazioni, delle scuole, del commercio, dell strutture ricreative e di altre organizzazioni comunitarie. • Deindustrializzazione e iperghettizzazione Le condizioni sociali nei ghetti delle grandi città del nord-est e del Midewest non sono mai state invidiabili se considerate secondo gli standard metropolitani, ma dopo gli anni ’70 sono sprofondate in nuovi abissi di privazione e sofferenza. Lo stato del nucleo urbano razzializzato di Chicago è emblematico dei cambiamenti sociali che hanno seminato marginalità e la disperazione in questi distretti in declino. Il più importante vettore che sta dietro l’irresistibile pauperizzazione economica e l’emarginazione sociale di ampie fasce della popolazione rinchiuse nel cuore segregato di Chicago, è un insieme di cambiamenti spaziali e industriali nell’economia politica urbana del paese, che si rafforzano reciprocamente, e che hanno operato cospirando nel corso degli anni ’60-’70 a minare le basi materiali del ghetto, spogliandolo del suo tradizionale ruolo di serbatoio di manodopera non qualificata. Tra questi cambiamenti strutturali vi sono il decentramento degli impianti industriali e la fuga all’estero di produzione di posti di lavoro, verso gli stati della Sunbelt o verso i suburbs e gli exburs nel momento in cui neri continuavano a migrare in massa verso le città centrali della Rustbelt; la generale deconcentrazione delle economie metropolitane e la svolta verso i settori e le professioni dei servizi; l'ascesa del settore finaziario e l'emergere i forme di riorganizzazione produttiva flessibili post-tayloriste; intensificazione delle competizione per il lavoro che ha fomentato un'esplosione di lavoro sottopagato e part-time. Il futuro della città è minacciato inoltre dal processo di gentrification. I mutamenti fondamentali intervenuti nel capitalismo avanzato degli Stati Uniti hanno scatenato una irresistibile pressione centrifuga che ha concorso, insieme al rifiuto da parte dei neri del sistema castale mediante il movimento per i Diritti Civili, alla rottura della struttura sociale del ghetto tradizionale e ha innescato un processo di iperghettizzazione (con il venire meno della funzione economica di ‘riserva’ di forza-lavoro industriale il ghetto ha perso anche la sua capacità organizzativa di abbracciare e proteggere i propri residenti). Lo storico Allan Spear ha introdotto una utile distinzione tra quello che chiama il “ghetto fisico”, una mera struttura materiale dell’esclusione generata dalla ostilità bianca e che mantiene i neri separati in uno spazio chiuso a loro riservato, e il “ghetto istituzionale”, il network di forme istituzionali e culturali elaborato dagli Afro-Americani in reazione alla violenta ostracizzazione da parte dei bianchi nella città industriale. La iperghettizzazione del periodo postindustriale più essere letta in parte come una regressione verso il ghetto fisico. Una regressione che ha come risultato una intensificazione della chiusura sociale escludente, dato che ora si combina la divisione razziale con la segmentazione di classe, sullo sfondo della de proletarizzazione e senza l’azione compensativa esercitata da un tessuto di forti organizzazioni autoctone. Il “ghetto disorganizzato” o iperghetto di fine secolo porta con sé un costo alto. Ora i soggetti di Bronzevile non sono solo soggetti che in passato ai diktat di agenti esterni che hanno in mano il potere. Essi non hanno inoltre il controllo dei servizi pubblici e delle istituzioni privati. La Bronzeville di fine secolo è il teatro di una esclusione radicale di classe e di razza, dato che ha perso a sua base economica e le organizzazioni, attività collettive strutturate che avevano reso possibile alle generazioni precedenti di sostenere le famiglie e di riprodursi come collettività, nonostante le difficoltà economiche e la subordinazione razziale. • Il prezzo della vita nell’iperghetto La comparazione tra la struttura sociale dei quartieri che compongono il cuore storico della Bronzeville di Chicago, consolidatosi durante il periodo 1910-40, con quelle delle zone di insediamento nero che sono cresciute intorno al suo perimetro dopo le rivolte degli anni 70, serve per cogliere e caratterizzare il contesto in cui agiscono residenti dello iperghetto contemporaneo. Avviene così la distinzione tra i quartieri neri della povertà estrema, definiti come le aree della città in cui oltr il 40 per cento della popolazione vive al di sotto della linea di povertà e i quartieri di neri di povertà moderata, in cui sono presenti il 20 e il 30 per cento di poveri. Circa il 97% degli appartenenti alla seconda categoria (povertà moderata) risiedeva al di fuori del periodo storico della Black Belt, mentre più dell'82% degli appartenent all'estrema povertà viveva nel West Side o nel South Side. Questa comparazione rivela un accentuato contrasto tra lo iperghetto e i quartieri neri adiacenti. La categoria intesa come ghetto fa riferimento a Chicago al South Side e al West Side; l'uso quotidiano del termine implica un riferimento socio storico e spaziale che va oltre la dimensione razziale. • Struttura di classe nel cuore e ai margini del ghetto La prima principale differenza tra il cuore storico del ghetto e le aree ai suoi margini è legata alla loro differenza di classe. Una parte considerevole della maggioranza dei residenti nelle zone periferiche della Black Belt sono inseriti nell’economia del lavoro salariato in regola. Quasi due terzi hanno un lavoro, incluso circa 11% che ha occupazioni da ceto medio e un 55% occupato in lavoro operaio, mentre un terzo non lavoro. Sono proporzioni che nel centro del ghetto sono rovesciate, dove un buon 61% degli adulti non ha un lavoro. Per quelli che risiedono nelle vestigia di Bronzeville dunque la deproletarizzazione è di gran lunga la situazione più comune mentre avere un lavoro stabile nell’economia regolare del lavoro salariato è l’eccezione. C’è una relazione tra collocazione di classe e titolo di studio: pressoché tutti i membri della middle-class hanno almeno un diploma di scuola superiore, circa 2/3 della classe operaia nera hanno finito i loro studi di secondaria; ma meno di metà dei disoccupati ha raggiunto un diploma di scuola superiore. I residenti nel cuore della Black Belt sono nel complesso notevolmente meno istruiti delle loro controparti che vivono nei quartieri situati alla sua periferia. Questo dipende in parte dalla loro composizione di classe più bassa, ma anche dal molto più modesto background accademico dei disoccupati dell’area. • Classe, genere e traiettorie dell’assistenza I residenti del centro storico di Bronzeville cresciuti in famiglie che facevano ricorso all’aiuto sociale hanno alte possibilità di dovervi fare anche essi ricorso. Le differenze di classe, di genere e di quartiere si accumulano ad ogni crocevia della “traiettoria di assistenza”, producendo livelli più elevati di ricezione di aiuti tra la popolazione al centro del ghetto. Nelle zone periferiche a povertà moderata, solo un intervistato su quattro è in carico all’assistenza, mentre quasi la metà non ha mai fatto ricorso personalmente all’assistenza. Al centro del ghetto, al contrario, più della metà dei residenti sono in carico all’assistenza pubblica, e solo uno su cinque non ha mai ricevuto aiuti in passato. Le differenze tra i quartieri per quanto riguarda i modelli di ricorso agli aiuti sono forti tra i generi, con le onne che presentano tassi notevolemente più elevati rispetto agli uomini in entrambi i tipi di settori e a tutti i livelli di classe. L'elevata incidenza e la persistenza della disoccupazione e dell'affidarsi all'assistenza all'interno dell'iperghetto ha un effetto pesante su coloro che sono oggetto dell'aiuto, deprimendo la loro personale speranza di trovare un percorso di auto-sufficienza economica. Mentre una maggioranza di coloro che vivono a Bronzeville nelle zone censuarie a bassa concentrazione di povertà, e ricevono aiuto pubblico, si aspetta di essere indipendente nel giro di un anno, e solo una piccola minoranza prevedi di dover dipendere dall'assistenza. Il ricorso agli aiuti pubblici è più frequente al centro del ghetto di quanto non lo sia al bordo, specialmente tra i disoccupati le donne. • Differenze nel capitale economico e finanziario Quotidianamente si affronta disagio economico e insicurezza economica. PAGINA 141 tabella • Capitale sociale e concentrazione della povertà Tra le risorse cui gli individui possono attingere per attuare strategie di riproduzione e di mobilità sociale vi sono quelle potenzialmente fornite dalle amanti, dai parenti e dagli amici, e dai contatti che si sviluppano all’interno delle organizzazioni formali a cui essi appartengono. I dati dell’indagine indicano che non solo i residenti del nucleo ghetto hanno meno legami sociali e di minore densità, ma anche che essi tendono ad avere legami di minor valore sociale, che misura la posizione sociale più bassa ricoperta dai loro partner, genitori, fratelli e migliori amici. I residenti di fin-de-siecle di Bronzeville possiedono un minor volume di tutte le tre principali forme di capitale: economico, culturale, sociale. Vivere nell’iperghetto significa essere socialmente più isolati. Gli amici forniscono sostegno materiale e morale. Le differenze del capitale sociale sono evidenziate da diversi tassi e profili di partecipazione ad organizzazioni. Essere un membro di un'organizzazione formale è un evento raro, mentre è più comune per i residenti del ghetto storico, in particolare tra le donne. • West Side Story: un’area ad alta insicurezza a Chicago Gli Stati Uniti possono a pieno titolo essere considerati la prima società ad avanzata insicurezza della storia. Non solo perché essa genera e tollera livelli di criminalità maggiori di quelli prevalenti in altre società avanzate ma nel senso che essa ha eretto l’insicurezza a principio organizzativo della vita collettiva e modalità chiave di regolazione delle condotte individuali e degli scambio socioeconomici. Nelle rovine del ghetto nero, in questa enclave segregata e degradata della metropoli, l’insicurezza permea e avviluppa la società americana e raggiunge livelli parossistici. • Povertà di stato e capitalismo di strada Nei primi anni Novanta la città implementò una politica di demolizioni che condusse all’abbattimento di migliaia di edifici abbandonati che venivano ritenuti strutturalmente inadeguati o covi di vizio e crimine. Strade e isolati un tempo affollati di strutture costruite lasciarono così il posto a corridoi nudi e a lotti vuoti. Gli stabilimenti commerciali sono così rari quanto abbondano gli edifici abbandonati. North Landale non ha oggi che un singolo supermarket, una sola banca e un solo ospedale, e per contro 54 punti vendita per lotterie, e un numero analogo di currency exchanges, i cui banchi di cambio assegni e di pagamento bollette forniscono ai poveri i servizi finanziari cui essi non avrebbero altrimenti accesso. E sono presenti non meno di 100 venditori di liquori. La maggioranza dei negozi locali sono gestiti da migranti che provengono da paesi del medio oriente e distribuiscono merce di seconda scelta a prezzi considerevolmente maggiori del solito. Si è sviluppato un intero mercato di economia parallela intorno al recupero e al riciclaggio di cartone, carta e spazzatura. C’è chi vende la propria forza-lavoro ad agenzie del lavoro giornaliero per chiunque la richieda anche per i compiti più infimi. Altri vendono il proprio tempo e il proprio sangue. Altri ancora vendono gli oggetti di proprietà personale o quelli di altri, le merci “scottanti” che arrivano in intere valigie provenienti dall’aeroporto internazionale vengono smaltite in un’ora. Ognuno cerca di capitalizzare al meglio le sue capacità e le sue abilità e si trasforma di volta in volta in baby sitter, giardiniere, parrucchiere o meccanico ecc. La droga è ovunque. • La macabra lotteria degli omicidi L’informalizzazione dell’economia guidata dal commercio al dettaglio delle droghe e dall’indebolimento delle istituzioni pubbliche, dalla scuola alla salute, alla casa ai servizi pubblici essenziali, che si vanno a sommare alla penuria cronica e alla miseria materiale delle famiglie, spiega perché l’insicurezza fisica abbia tessuto la sua rete fino ai più piccoli recessi di North Lawndale e si sia imposta pressoché dappertutto nella sua forma più estrema. La violenza tende a concentrarsi nei quartieri storici afro-americani della metropoli USA. I conducenti degli autobus girano con la pistola sotto l’uniforme, i negozianti la esibiscono alla cintura per scoraggiare i rapinatori, altri servono i clienti da dietro della sbarre o dietro vetri antiproiettile. La presenza della polizia è di ben scarso aiuto in un simile contesto sociale caratterizzato da sospetto e minaccia generalizzati. Ancora peggio, i poliziotti stessi hanno paura, non perché essi rappresentino il braccio secolare della legge ma perché costituiscono un ulteriore veicolo di violenza e insicurezza. • Cintura nera, cintura rossa - Dalla fusione al confronto - Come banlieues e ghetto convergono e contrastano Si esamina il substrato delle tensioni urbane razializzate che si sono manifestate alla fine del secolo nelle cités delle banlieus operaie rancesi e il ghetto nero delle metropoli americane. Dal confronto emerge, al di là delle somiglianze superificiai nelle esperienz vissute dai residenti e di alcune recenti tendenze delle loro strutture economiche e demografiche, la realtà di un isolamento urbano e di una marginalità che appartiene a due processi e scale diverse in USA e in Francia. (TESI) Le banlieus deprivate non sono ghetti nel senso acquisito da questo concetto nel contesto statunitense in riferimento agli afro-americani. Banlieus e ghetti sono il lascito di diverse traiettorie urbane e sorgono da criteri di classificazione e da forme di ordine sociale differenti, che si sviluppa in base alla posizione di classe nel primo caso (provenienza e aspetto etnico), in base all'appartenenza etno-razziale (posizione di classe) nel secondo. La Cintura rossa francese e la Black Belt americana sono state oggetto negli anni 80 e 90 di costruzioni politiche e gestioni burocratrico-amministrative opposte. Queste due costruzioni socio-spaziali appartengono ai registri storico- sociali e istituzionali. Questa diagnosi, confutando la tesi di una convergenza transatlantica sul modello del ghetto nero americano, in nessun modo implica che i quartieri operai in declino della periferia urbana francese non siano stati deteriorati dalla svolta postindustriale. L'analisi si basa, per la parte statunitense, su una serie di studi condotti nel ghetto nero di Chicago tra il 1987 e il 1991, e per la parte francese su una lettura delle monografie urbane disponibili, integrate da interviste con esperti del governo e funzionari responsabili della politica urbana di Parigi. • Il panico morale delle cités-ghetto Alla soglia degli anni Novanta, la Francia rispetto alla questione delle banlieues ha visto la rapida ascesa e la cristalizzazione di ciò che Stanley Cohen chiama panico morale. Fino ad allora l’insipido e banale universo dei degradati progetti di edilizia sociale della periferia urbana difficilmente aveva interessato qualcuno, né il microcosmo dei politici né i media e ancor men l’arena della ricerca sociale. Nel giro di pochi anni, tuttavia, il cambiamento del clima politico causato a metà degli anni Ottanta dallo sfondamento del Fronte Nazionale e da una serie di incidenti ed eventi di vario tipo e di differente livello di gravità a cui i media, per ragioni in parte loro, hanno dato grande risalto, le cités sono divenute uno dei temi principali della preoccupazione di giornalisti, politici ed esperti di pianificazione urbana. Le Banlieues delle classi operaie non sono ghetti in stile americano. A prima vista entrambi sembrano avere dei parallelismi: sia dal punto di vista della morfologia sociale sia dalle esperienze di vita e delle rappresentazioni dei residenti. Somiglianze La prima similitudine concerne delle recenti tendenze nella struttura demografica ed economica. Senza dubbio sono osservabili diverse evoluzioni comuni a livello di composizione, distribuzione e dinamica delle popolazioni interessate. Entrambe sono accumunate dall’essere enclave con alte concentrazioni di “minoranze” o popolazioni etnicamente marcate e le enclave sono chiaramente identificate tali da coloro che ne fuggono o le temono. Entrambi hanno sperimentato un significativo spopolamento nel corso degli ultimi decenni del secolo ( a causa della perdita dei posti di lavoro). Ghetto e Banlieue sono territori devastati dalla deindustrializzazione, dove tendono a concentrarsi popolazioni etnicamente marcate e nei quali si accumulano famiglie che soffrono la disoccupazione o hanno un basso reddito e ciò si traduce in alti tassi di povertà e distacco sociale. Una seconda importante caratteristica in comune è l’atmosfera cupa e opprimente che regna a loro interno e il potente stigma associato al vivere in una zona urbana considerata a livello pubblico come luogo di relegazione, e ampiamente identificata con il fallimento sociale, la miseria e la criminalità. Molti residenti rimangono attaccati alla loro cité, soprattutto i residenti più giovani, per i quali rappresenta l’ancora della identità adolescenziale, e per gli inquilini più anziani per i quali invece l’accesso ad un complesso residenziale a basso costo ha rappresentato un miglioramento dalla condizione abitativa, e per questo cercano piuttosto di difenderla dall’immagine vituperativa proveniente dall’esterno. La somiglianza nelle reazione fra residenti si spiega con il fatto che questi appartengono a categorie subordinate, condannate a territori penalizzati e penalizzanti situati nella parte inferiore della gerarchia simbolica dei quartieri e aventi uno stigma residenziale tanto più forte quanto cresce e si espande il discorso vituperativo sulle cités-ghetto nel lato francese e la degradante retorica dell’”underclass” in America. Nel lasso di un decennio, l’immagine positiva del ''complesso da sogno'' è stata ricoperta da un immaginario di anonimato, dissoluzione e terrore allorché le famiglie di classe media si sono trasferite fuori, la disoccupazione ne è aumentata e la cité si è trasformata in una discarica per i residenti più deprivati di La Courneuve. Con un tasso di disoccupazione superiore al 30 %, più della metà delle famiglie nel Quatre Mille combatte contro la disoccupazione di lunga durata. Questa evoluzione è tipica del destino collettivo dei grandi complessi residenziali pubblici della periferia urbana della Francia nell’ultimo quarto di secolo. Abitare in un complesso a basso costo nelle cintura rossa significa essere confinati in uno spazio etichettato, trovarsi in un ambiente impuro vissuto come una ''trappola'' e gli stessi abitanti percepiscono il loro ambiente come ''un cassonetto per l’immondizia''. La cités del Quatre Mille non esiste in quanto tale nella percezione dei suoi abitanti. Infatti le tassonomie locali impiegate da questi ultimi per organizzare la loro routine quotidiana distinguono diverse suddivisioni all’interno della tentacolare struttura che ha in effetti solo una esistenza amministrativa e simbolica. Ciò che dall’esterno appare come un’entità monolitica è esperita dai suoi membri come una congerie finemente differenziata di ‘micro-luoghi’ centrati su edifici o anche su diverse scale interne allo stesso edificio. Eppure rimane il fatto che gli abitanti delle cités condividano una viva consapevolezza si essere ‘esiliati’ in uno spazio degradato che li squalifica collettivamente. È quasi impossibile per i residenti ignorare il disprezzo di cui sono oggetto. La discriminazione basata sull’indirizzo di provenienza ostacola la ricerca di lavoro e contribuisce a radicare la disoccupazione locale, i residenti del Quatre Mille incontrano diffidenza e reticenza aggiuntiva tra i datori di lavoro non appena accennano al luogo dove vivono. La stigmatizzazione territoriale guasta non solo le interazioni con i datori di lavoro, ma anche con la polizia, i tribunali, e al livello più basso con gli uffici della disoccupazione e quelli dei servizi sociali che sono particolarmente pronti a cambiare il loro comportamento e le procedure in base alla residenza in una cité degradata. Negli Stati Uniti il ghetto nero è il simbolo nazionale della patologia urbana e l'evoluzione accelerata che ha subito dopo le rivolte razziali della metà degli anni '70 è considerata come la prova della dissoluzione morale, della deprivazione culturale e delle carenze comportamentali dei suoi abitanti. Le inchieste giornalistiche e le teorie accademiche hanno accentuato la demonizzazione della città nera del (sub) proletariato recidendola simbolicamente dalla classe operaia ''meritevole'', mascherando le politiche pubbliche di abbandono urbano e di contenimento punitivo alla base dello scivolamento verso il basso di questa realtà. Lo stato di avanzato abbandono dell'economia e dell'ecologia locale esercita un effetto pervasivo di demoralizzazione sui residenti del ghetto. • Dalla stigmatizzazione spaziale alla dissoluzione sociale La stigmatizzazione territoriale pesa di più sui residenti nelle banlieues francesi che sulle loro controparti nel ghetto nero statunitense. Tre fattori. Primo, l'idea stessa di una relegazione in uno spazio separato di inferiorità e di immobilità sociale istituzionalizzate rappresenta una palese violazione della ideologia francese di una cittadinanza unitaria e di una partecipazione aperta alla comunità nazionale. Questa ideologia è stata profondamente interiorizzata e evocata dai giovani della cintura rossa. Il rifiuto di uno status di secondo livello di subcittadinanza è un principio di base delle organizzazioni immigrate delle banlieues. Questo rifiuto di uno status di secondo-livello di ‘subcittadinanza’ è forte a causa: della rapida assimilazione culturale dei figli di migrati postcoloniali nella società francese, nonostante le molteplici forme di pregiudizi e discriminazioni che incontrano; l’assenza di un credibile linguaggio dell’etnicità nel repertorio discorsivo e la mancanza di influenza della organizzazioni di immigrati nel campo politico nazionale, e da ultimo ironia o vendetta della storia; la convinzione duratura, ereditata dal passato coloniale, che le famiglie recentemente immigrate dell’ex impero francese hanno nella capacità universalistica di ‘civilizzazione’ del sistema scolastico in un contesto di generalizzata scolarizzazione secondaria e di una rinnovata espansione del sistema universitario. Per contro, la linea del colore, di cui il ghetto rappresenta la concretizzazione fisica ed istituzionale, è profondamente radicata nella composizione del paesaggio urbano e mentale degli Stati Uniti che è diventata parte dell'ordine delle cose. L'opposizione dicotomica tra nero/bianco ha rappresentato la base dell'organizzazione dell'economia e dello spazio della metropoli, della società nazionale e del sistema politico. La richiesta di ricostruire la inner city, piuttosto che dissolverla, portata avanti dai politici progressisti e dai leader neri dopo ogni sommossa urbana, rivela fino a che punto la segmentazione razziale della metropoli sia considerata un dato ineluttabile. La maggioranza degli americani sostiene la visione social-darwinista, secondo la quale la posizione di ciascuno nella gerarchia sociale ed economica del paese riflette il valore morale e gli sforzi personali, in modo che nessuno può essere penalizzata dal suo luogo di residenza. Questo individualismo morale si scontra con il sentimento vago secondo cui la razza, la classe e lo spazio sono le determinanti delle opportunità di vita. La terza riguarda la natura dello stigma: lo stigma è essenzialmente residenziale nel primo caso, ma congiuntamente e inseparabilmente spazio-cum- razziale nel secondo. La banlieue francese è un’entità territoriale contenente una popolazione multietnica mista; per i residenti del Quatre Mille o di qualsiasi altra cité malfamata della periferia urbana francese è sufficiente nascondere l’indirizzo per far scomparire questo stato e ‘passare’ nella società più ampia, almeno che non vengano individuati per il loro degaine (comportamento o modo di vestire, parlare). Lo stigma residenziale non è legato in maniera univoca ad un marcatore fenotipico o culturale che li cataloga autonomaticamente come membri della cintura rossa. Ai residenti della Black Belt non è concesso il lusso di questo duplice ‘contesto di consapevolezza’. Il ghetto non è semplicemente un’entità spaziale o una semplice aggregazione di famiglie povere bloccate nella parte inferiore della struttura di classe: si tratta di una formazione specificatamente razziale progettata per racchiudere una categoria delimitata generata a livello di tutta la società da un insieme di associazioni materiali e simboliche fra colore, spazio e una serie di caratteristiche sociali valutata negativamente. Il fatto che la razza o la blackness come etnia rinnegata a partire della vergogna della schiavitù sia un marcatore di identità collettiva e un principio di visione e divisione sociale, cioè uniformemente condiviso e immediatamente disponibile per l'interpretazione e per l'utilizzazione nello spazio pubblico e nelle interazioni che in esso si svolgono, rende quasi impossibile ai residenti del nucleo razziale della metropoli degli Stati Uniti eliminare lo stigma collegato alla residenza del ghetto. Se la stigmatizzazione territoriale differisce nelle sue fondamenta, il suo effetto principale è simile: è quello di stimolare pratiche di differenziazione sociale interna e di distanziamento che operano per ridurre la fiducia interpersonale e spezzare la solidarietà locale. (somiglianze) Per ritrovare la dignità e per riaffermare la legittimità del proprio stato agli occhi della società, i residenti delle banlieues operaie francesi, così come quelli del ghetto nero americano, sovraccaricano il loro valore morale, come individui o nel contesto familiare. Implementano una serie di strategie di distinzione sociale e di sottrazioni che convergono a minare la coesione della comunità. Queste strategie assumono tre forme principali: reciproco evitamento, la ricostruzione e l’elaborazione di ‘infra-differenze’ o micro-gerarchie rilevabili solo a livello minimo, e la canalizzazione dell’idea di pubblico ludibrio su capri espiatori come le famigerate ‘famiglie problematiche’, gli stranieri o gli spacciatori e le ragazze madri. Nelle cités della classe operaia francese, i residenti insistono sul fatto di essere arrivati per caso, di essere di passaggio verso un altro contesto e una vita migliore. Allo stesso modo, nello iperghetto di Chicago i residenti non sentono di appartenere al quartiere inteso come una rete di conoscenza reciproca di scambio e si sforzano di porsi fuori da quello che si sa essere un luogo e una popolazione caduti in disgrazia. I residenti delle banlieues della classe operaia francese e del ghetto nero americano ciascuno a modo loro formano una comunità impossibile, divisi contro se stessi, i cui membri non riescono a riconoscere la natura collettiva della loro situazione. Le rappresentazioni negative scatenano una profezia che si autoavvera e con il disonore collettivo finiscono con il produrre atomismo sociale, disorganizzazione comunitaria, anomia culturale. • Visione sociale e divisione nel ghetto e nella banlieue Il nesso tra stigmatizzazione territoriale, insicurezza fisica e abbandono dello stato, cementato dall'isolamento razziale inflitto ai neri negli Stati Uniti, è il tratto contraddistintivo della Black Belt. Questo isolamento trova un'estensione nella scissione di casta e nella coscienza della vita quotidiana nella struttura del ghetto, dove la divisione tra neri e bianchi è base di tutto. Invece nella cintura rossa parigina, l'opposizione dominante non è tra i residenti nativi francesi e gli immigrati, ma i ragazzi della cités contro tutto. • Apartheid americano e sfaldamento della coscienza razziale Gli afro-americani hanno elaborato una ricca cultura espressiva che gli ha fornito un insieme caratteristico di pratiche e simboli attraverso i quali costruire se stessi e dare senso al mondo circostante. Gli Stati Uniti sono stati gli unici ad avere un sistema di classificazione razziale nel quale ''chi non è completamente bianco e ha traccia di ascendenza nera, è considerato nero''. Non è sorprendente che la razza, intesa come appartenenza a un lignaggio i cui antenati sono stati sottomessi o meno alla schiavitù, formi il fulcro attorno al quale ruota la matrice culturale afro-americana. Il confine simbolico invalicabile e inflessibile che i bianchi hanno imposto ai neri in tutta la società, trova la sua espressione in forme di coscienza ancorate in una rigida opposizione ‘noi/loro’ tra neri e bianchi che rispecchia le relazioni oggettive di casta prevalse storicamente tra queste due categorie. La razza è inscritta ovunque nel ghetto. Nella Black Belt, le categorie razziali hanno una immediatezza e pervasività che le rendono strumenti centrali cognitivi e valutativi. La maggior parte dei residenti del ghetto hanno poche occasioni di entrare in rapporti personali con i bianchi. Gli abitanti della Black Belt danno per scontato la linea di colore perché la loro esistenza è quasi interamente contenuta all'interno del mondo razzialmente omogeneo dello iperghetto. • ‘Giovani delle cités’ contro il resto del mondo Se c’è un antagonismo dominante nella vita quotidiana delle cités della cintura rossa e nella mente dei suoi abitanti non è l’opposizione tra immigrati e le famiglie autoctone francesi, ma la scissione che divide i giovani, nativi e stranieri ammassati insieme, da tutte le altre categorie sociali. I giovani sono largamente individuati dai residenti più anziani e dall’autorità e dai decisori politici de La Courneuve come la principale fonte di disordine, di delinquenza e di insicurezza ambientale in città, e sono ritenuti pubblicamente responsabili del peggioramento della condizione e della reputazione lugubre delle banlieues degradate. Tali accuse trovano base oggettiva dato che i giovani sono demograficamente predominanti nelle strutture abitative e in genere occupano le strade e i pochi spazi pubblici a disposizione e questo è vissuto dagli adulti come un’appropriazione indebita di un bene comune utilizzato invece per i loro usi particolari, oltre ai fastidi per la collettività di questi usi diversi. I giovani dei quartieri della cintura rossa ritengono di essere sottoposti a un modello generalizzato di discriminazione anti-giovani che si realizza all’interno e all’esterno del loro luogo di residenza. Si sentono trascurati dalle autorità pubbliche e si lamentano dei programmi governativi che non offrono miglioramenti concreti. I giovani delle banlieues abbandonate ritengono che nessuno dei soggetti accordi loro il riconoscimento e il rispetto minimo cui ritengono di aver diritto. • Mescolanza di categorie, traiettorie collettive e tensioni etniche Le cités della cintura rossa sono un insieme molto eterogeneo in termini di provenienza etnica. Non esiste una banlieue come esclusivo o predominante terreno di un particolare gruppo perché lo spazio urbano in Francia non è organizzato secondo il principio di ''segmentazione ordinata'' prevalente nella metropoli americana ed è ben gestito dallo stato centrale e dal governo locale, piuttosto che essere lasciato alle forze cieche del mercato immobiliare. Di conseguenza, le famiglie immigrate sono ampiamente distribuite attraverso i quartieri, con l’eccezione di selezionate città e distretti monopolizzati da parte di cittadini di classe superiore, da cui sono totalmente assenti. Nelle cinture rosse non c’è una linea che divide il mondo in due blocchi antagonisti definiti per nazionalità. Ma bensì l’età batte l’etnia, perché le banlieues sono il luogo di una crisi delle riproduzione della classe operaia che è sentita direttamente dalle coorti più giovani ed acutamente espressa nel rapporto con la generazione dei loro genitori, qualunque sia la provenienza etnonazionale. I Jeunes des cités sono vittime testimoni della rottura del metodo tradizionale di trasmissione ed affermazione collettiva dello status della classe operaia. In secondo luogo, nonostante la costante ascesa elettorale del Fronte Nazionale e la correlata diffusione di temi xenofobi nei dibattiti politici locali e nazionali, le differenze etniche non costituiscono dei principi legittimi di costruzione della realtà sociale nella tradizione francese della nazionalità. La terza ragione è la più importante: i figli delle famiglie immigrante venute dal Maghreb negli anni 60/70 sulle quali si è focalizzato il recente ‘panico morale’ a proposito della intégration, sono in una fase di rapida assimilazione alla società francese. Hanno adottato in maniera schiacciante i modelli culturali e comportamentali tradizionali francesi e non sono riusciti a creare una ‘comunità’ distinta costituita intorno al loro specifico patrimonio culturale. • Luoghi pericolosi - Confrontando trincee urbane In America si ha una ‘povertà razzializzata’ inflitta i neri in virtù della posizione subordinata nella struttura delle relazioni etniche e di classe del paese, come attestato dalla loro stigmatizzazione duratura, dalla costante segregazione, dai tassi trascurabili di matrimoni misti e dall’accesso impedito agli strumenti fondamentali di riproduzione e mobilità sociale. La persistenza della povertà urbana è radicata in questo storico specifico meccanismo di chiusura escludente (ghetto). Due caratteristiche che distinguono ulteriormente il ghetto nero dai quartieri urbani di povertà concentrata in altre società avanzate: la violenza pandemica che combinata con la privazione materiale acuta e la contaminazione simbolica, spiega il tenore della vita di tutti i giorni nella storica Black Belt, e lo svilimento sistemico delle istituzioni pubbliche a cui consegue l’indebolimento organizzativo e l’isolamento sociale dei residenti dell’iperghetto. La prima dimensione riguardante la criminalità e l’insicurezza è fondamentale non solo come una importante determinante della qualità della vita nei quartieri poveri, ma anche perché alimenta la spirale della stigmatizzazione della vita nei quartieri poveri, ma anche perché alimenta la spirale della stigmatizzazione territoriale e blocca lo sviluppo economico e abitativo dei luoghi. La seconda dimensione, ovvero la densità e diversità organizzativa, concerne l’approvvigionamento rispetto ai bisogni materiali, sociali e culturali dei residenti, influenza direttamente il loro grado e senso di inclusione all’interno della società più ampia. Queste due dimensioni sono strettamente correlate: l’ecologia e la capacità organizzativa di un quartiere povero aiuta a determinare i tipi e livelli di insicurezza oggettiva e soggettiva. Le banlieues della classe operaia e il ghetto sono formazioni ‘istituzionalmente incomplete’ ed eteronome nelle quali ‘il perseguimento del valore di scambio è quasi totalmente nelle mani di soggetti esterni’. America e Europa hanno sviluppato configurazioni spaziali opposte e simmetriche. (Differenze) In America, i suburbs, a causa della importazione e adattamento di modelli provenienti dalla Gran Bretagna agli inizi del XX secolo, hanno funzionato da rifugio quasi esclusivo delle classi medie e delle classi superiori, mentre i quartieri poveri del nucleo urbano sono serviti come ‘contenitore’ per i neri e le altre categorie stigmatizzate. In Francia e in moti altri paesi continentali invece la città centrale è tradizionalmente stata monopolizzata dalle élite mentre i lavoratori e le categorie marginali sono stati spinti verso le periferie. La Black Belt e la cintura rossa francese, ciascuno nel proprio ordine nazionale, sono divenuti alla fine del secolo incarnazioni emblematiche del ‘pericolo urbano’ , nel senso di degrado sociale e di insicurezza fisica, come pure nel senso più politico di luoghi che minacciano di sfilacciare il tessuto della società urbana in toto. Nella cintura rossa francese: - a causa dell’ampia protezione sociale accordata dallo stato sociale e della più solida regolamentazione politica del lavoro e del mercato immobiliare, i livelli di povertà, di disoccupazione e di disagio materiale nella peggiore delle banlieues stanno ben al di sotto del livello medio di quelli osservati nel ghetto nero americano (2/3 occupati contro il 70% di disoccupati degli americani del ghetto). - la rigida separazione razziale, che negli Usa relega i neri in aree separate e chiuse della città, è sconosciuta in Francia. • Delinquenza, violenza di strada e restringimento dello spazio pubblico (Differenze) Le banlieues in declino della classe operaia francese e il ghetto nero americano hanno in comune il fatto di essere considerati comunemente nelle loro società come luoghi pericolosi dove il vizio e la criminalità sono fuori controllo, dove lo stato di diritto è regolarmente disatteso e da cui è consigliato fuggire. Eppure, mentre le loro immagini pubbliche sono simili, queste due costellazioni urbane divergono nettamente nell’intensità, frequenza, grado di radicamento sociale, nella natura delle attività illegali o criminali che le nutrono, nonché nell’impatto delle forme di violenza di strada sulla configurazione e sui flussi della ruotine quotidiana. Nella cité de La Courneuve, il problema principale è un sentimento di insicurezza radicato nell'ecologia e nella demografia del quartiere e alimentato dalla trascurabile delinquenza giovanile; nel South Chicago il grave pericolo fisico inonda la vita quotidiana e crea un clima di terrore che ha causata la scomparsa dello spazio pubblico. • Delinquenza giovanile e senso di insicurezza nelle cités della cintura rossa Nonostante i giovani si facciano protagonisti di atti di vandalismo e violenza di strada, è abbastanza sicuro camminare nel Quatre Mille anche dopo il tramonto, si può andare liberamente in giro per gli edifici che attirano e ospitano molta vita pubblica. Nel parco regionale immediatamente adiacente al complesso si possono vedere famiglie che fanno pic-nic ecc.. Le persone che lavorano nelle vicinanze abitualmente attraversano gli spazi del complesso per raggiungere l’adiacente stazione regionale di transito. Il complesso è in costante scambio con il paesaggio urbano circostante, così come la maggior parte dei suoi lavoratori, dei suoi negozi e degli spazi di intrattenimento fuori dal suo perimetro. Eppure regna, tra i residenti di questo grande complesso in declino, un indolente e profondamente radicato sentimento di insicurezza e sfiducia generato principalmente dalla crescente piccola delinquenza e dallo scenario deprimente e spersonalizzante di questo milieu chiuso, in cui popolazioni eterogenee e vulnerabili entrano in contatto quotidiano. Questo sentimento spinge molti residenti a dotare le loro case, le loro auto e negozi di porte blindate e di altri sistemi di allarme. Le ‘cantine’ seminterrate della maggior parte degli edifici sono state dichiarate inagibili per evitare ai giovani di nascondervisi per consumare sostanze illegali, e non è difficile individuare quando gli spacciatori lavorano in prossimità del supermercato locale. Ma lo spaccio di droga impallidisce rispetto a quello di Chicago e sono per lo più droghe leggere, è un’attività marginale che attira soprattutto disoccupati e ragazzi fuoriusciti dalla scuola. Nonostante la sua recente espansione, il traffico di stupefacenti a La Courneuve non è paragonabile all'evoluzione dell'economia differenziata e autosufficiente cresciuta negli anni '80 nel ghetto nero, che consente una carriera durevole al di fuori del mercato regolare del lavoro. Ne Quatre Mille, le droghe sono sinonimo di recesso sociale, non sono collegate alla ricerca individuale di gratificazione dei sensi e di opportunità economiche. La gran parte di questa delinquenza evidenzia la dimensione ludica o espressiva: il suo scopo non è tanto quello di generare denaro, ma sfogare la rabbia che si prova a essere ingabbiato in un universo sociale percepito come privo di apertura o di speranza di miglioramento. I residenti del Quatre Mille distinguono tra i furti commessi all'interno della loro struttura e i furti commessi al di fuori; i ladri che approfittano dei vicini e gli occupanti degli edifici nelle vicinanze sono esclusi dalle reti di reciprocità e i residenti non tollerano chi ruba all'interno della cité. Questo è in contrasto con le pratiche penali dell'iperghetto nero dove la predazione interna è endemica ed assume forme distruttive che i meccanismi di controllo sociale sono impotenti nel frenare. • Violenza di strada e prosciugamento dello spazio pubblico nel South Side di Chicago L’insicurezza fisica che affligge la Black Belt nella metropoli americana è incomparabile con quella delle cités della periferia urbana francese, le inner cities britanniche e le aree di relegazione nelle altre città dell’Europa continentale. La violenza nelle sue forme più brutali è così intensa e diffusa all’interno dell’iperghetto che ha determinato in maniera costrittiva una completa riorganizzazione del tessuto della vita quotidiana. I residenti barrano le loro case e appartamenti dietro sbarre di ferro battuto e cancelli; personalizzano la loro routine quotidiana in modo da ridurre al minimo incursioni all’esterno e in modo da evitare i luoghi e le strutture pubbliche; e si affrettano a rientrare a casa al tramonto. La morte violenta fa così parte della vita di tutti i giorni che il solo fatto di raggiungere l’età adulta è considerato un risultato degno di riconoscimento pubblico. Nell’iperghetto americano, la criminalità è più legata all’economia che agli aspetti ludici; la violenza è una pandemia a causa del predominio dell’economia informale sul settore del lavoro salariato e alla disgregazione delle istituzioni pubbliche e private. E il crimine violento è in gran parte separato da relazioni sociali locali, salvo quelle che riguardano il microcosmo della banda in quanto predatore sociale quasi-istituzionalizzato o imprenditore informale. • Isolamento istituzionale vs desertificazione organizzativa Un’importante caratteristica delle malfamate enclave di persistente povertà in cui sono relegati i reietti di fine secolo è il modo in cui essi considerano le istituzioni destinate a soddisfare le esigenze di base dei residenti, e a integrarli nella società circostante. (somiglianze) Cintura rossa e Black Belt risultano essere in linea: entrambe sono concepite come deficitarie dal punto di vista dell’organizzazione e le popolazioni che vi abitano deplorano la mancanza di istituzioni necessarie per contribuire al funzionamento del benessere del quartiere. Ma c’è un contrasto: le cités francesi sono sede di una pletora di organizzazioni di base e di servizi pubblici, mentre il ghetto ha subito invece un processo di accelerazione della desertificazione organizzativa, che è stato direttamente indotto dalla abdicazione dello Stato. I grandi complessi a basso costo de La Courneuv e di simili città della cintura rosa soffrono di una superpenetrazione di agenzie del settore pubblico che tendono ad atomizzar e isolare i loro utenti, mentre il South Side è segnato dal ritiro improvviso e dal quasi collasso delle istituzioni pubbliche. • Densità organizzativa e isolamento istituzionale nel Quatre Mille Agli occhi dei residenti il Quatre Mille è un ‘vuoto’ in cui servizi di base e pubblici sono gravemente carenti. Eppure le istituzioni dominanti non sono assenti nella cité. Secondo Avery le strutture sociali di comunicazioni sono abbondanti. Con il rapido declino del sistema occupazionale basato sulla fabbrica e l’inaridimento dell’apparato comunista, queste istituzioni politiche e sindacali e di quartiere sono appassite e progressivamente sono state sostituite dalle burocrazie dello stato sociale e da attori del terzo settore locali, la cui capacità di comprensione e organizzazione della vita sociale è relativamente ridotta. In secondo luogo, il complesso soffre notevolmente di una scarsità di strutture ricreative e per lo sport dedicate alla ampia fetta di popolazione adolescente, inoltre la presenza di un tasso di disoccupazione del 30% esclude molte famiglie dall’accesso a forme commerciali di intrattenimento. Gli adolescenti locali non hanno un posto per riunirsi e stare assieme. Il declino commerciale del Quatre Mille si spiega anche con lo spopolamento del quartiere, che ha ridotto la sua complessiva capacità di consumo e con l’abitudine sviluppata dai restanti inquilini di fare spese nei più grandi e meglio forniti supermercati situati nelle città vicine. Solo un paio di bar rimangono all’interno del Quatre Mille, e chiudono presto la sera per evitare guai. Le organizzazioni presenti sono meglio adattate ai bisogni della classe media e ai valori degli amministratori, piuttosto che ai bisogni del (sotto) proletariato che si suppone debbano servire. E su molti fronti sono tristemente incapaci di rispondere alla domanda a causa della forte concentrazione di famiglie socialmente e economicamente fragili in cerca di molteplici forme di assistenza. L’incapacità strutturale dei programmi di distribuzione di beni pubblici, e in particolare l’incapacità delle scuole locali di compensare la decomposizione degli strumenti tradizionali di riproduzione sociale e di rappresentazione politica della classe operaia e di fornire ai residenti della cité ciò che più conta genera malcontento e trasforma agli occhi della gente del posto questi programmi in meccanismi di ulteriore emarginazione. La dipendenza dalle istituzioni sociali e l’insoddisfazione verso esse genera un circolo vizioso in cui questi due elementi si rafforzano vicendevolmente. La predominanza di organismi del settore pubblico, e soprattutto dei servizi di assistenza sociale, accentua l’immagine negativa del luogo, alimentando la spirale di stigmatizzazione e le strategie di sociofuga, minando la integrazione sociale e aggravando il dissenso interno.
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