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Il totalitarismo: comunismo, fascismo e nazismo, Sintesi del corso di Storia

La definizione di totalitarismo e i regimi totalitari come il comunismo, il fascismo e il nazismo. Vengono evidenziati i caratteri che identificano un regime come totalitario e le differenze rispetto all'autoritarismo. Inoltre, viene descritta la vicenda tedesca rispetto allo stalinismo e l'Unione Sovietica Stalin al potere.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 19/10/2023

giuliagorla
giuliagorla 🇮🇹

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Scarica Il totalitarismo: comunismo, fascismo e nazismo e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! 9. Il totalitarismo: comunismo, fascismo e nazismo I regimi totalitari La definizione di totalitarismo: Il comunismo, il fascismo e il nazismo vengono indicati dagli storici come regimi "totalitari". "Totalitarismo" nacque in Italia nei primi anni 20, usato dai liberali per sintetizzare le condizioni in cui si trovavano gli italiani sotto regime fascista, che controllava ogni aspetto della loro vita. Il termine aveva intenti denigratori, ma Mussolini alla metà degli anni 20 lo adottò, affermando che il fascismo si contraddistingueva per una "fiera volontà totalitaria" ("tutto nello Stato, nulla contro lo Stato, niente al di fuori dello Stato") esprimendo l'intenzione di subordinare l'intera vita sociale e culturale del Paese allo Stato, oggetto della simbiosi con il partito sociale derivante dalla "fascistizzazione" delle istituzioni. Nella definizione di Mussolini coesistevano 2 aspetti: carattere rivoluzionario (sovvertire le istituzioni esistenti per "risanare" la vita politica del Paese); un carattere statalista (concezione onnicomprensiva dello Stato, contraria al pluralismo politico e sociale delle democrazie). Nel 1929 il termine totalitarismo fu utilizzato per definire un tipo di regime che si pone l'obiettivo di acquistare un controllo "totale" sullo Stato e sui cittadini: la stampa inglese accomuno sotto questa etichetta il fascismo, il nazismo e la rivoluzione bolscevica. Anche nell'applicazione ad altre esperienze dittatoriali oltre a quella italiana, il termine mantenne la sua connotazione duplice e grazie alle opere di intellettuali e artisti si definirono caratteri che identificavano un regime come totalitario: ●Il totalitarismo prevede la costruzione di un'ideologia organica e coerente→permette una rilettura di mondo, realtà e storia attraverso i propri criteri. Il cittadino del regime subisce condizionamenti fisici e psicologici affinché aderisca completamente a tale ideologia posta alla base dell' educazione; ●vita politica interamente controllata da un partito unico, incaricato di mediare tra le masse e il potere, con propri uomini e organizzazioni, lo Stato senza opposizione ●il capo del regime è un dittatore carismatico, depositario dell'intero potere dello Stato. Egli è fonte di legge e unico interprete dell’ideologia di regime→forma di fede civile. ●il totalitarismo legittima le proprie azioni mediante un uso sapiente dei mezzi propagandistici di massa (radio, giornali, cinema) →monopolio delle informazioni a proprio favore; ●le masse sono tenute in mobilitazione attraverso una serie di organizzazioni che condizionano la gestione del tempo di lavoro e del tempo libero→ celebrazioni collettive, ritualità quotidiane e fornite le uniformi; ●l'economia è controllata dallo Stato→forte burocratizzazione dell’apparato produttivo che limita o azzera l'iniziativa economica individuale; ●la contestazione del regime è resa impossibile da forti repressioni degli oppositori garantite anche dagli apparati di polizia segreta, legati al capo (detenzione remota, tortura o eliminazione fisica). Gli ultimi 4 elementi, evidenziano quanto il totalitarismo condizioni tutti gli aspetti della vita di un paese nel quale il cittadino è “totalmente” subordinato al regime al punto che comunismo, fascismo e nazismo cercarono continuamente di plasmare un “uomo nuovo”. →l'individuo ha senso solo come espressione del regime e tutti i momenti della sua esistenza sono condizionati dalla sua appartenenza allo Stato. Le differenze rispetto all'autoritarismo: I regimi totalitari si distinguono da democrazia e dai regimi autoritari che si diffusero in molti dei Paesi europei tra gli anni 20 e 30. Nel contesto novecentesco, esercitavano su istituzioni e individui un controllo stretto, duro e repressivo, ma non esclusivo e pervasivo come quello attuato dal comunismo sovietico, fascismo e nazismo. La definizione e l’applicazione del concetto di totalitarismo non riscuote il consenso degli storici e che la vicenda tedesca è stata molto più approfondita rispetto allo stalinismo. →non sempre sono disponibili dati che supportino interpretazioni comparative di uguale profondità. Alcuni studiosi hanno evidenziato il rischio di utilizzare una categoria generale basata sulle analogie tra stalinismo, fascismo e nazısmo: distoglie l’attenzione dalle differenze tra il primo e gli altri due. La piú macroscopica riguarda l'ideologia, che in Urss era di stampo marxista-comunista e che fu rivendicata soprattutto nel momento in cui Germania e Italia combatterono alleate contro I'Unione Sovietica nel corso della 2WW. In conclusione, la categoria di “totalitarismo” è penetrata a fondo nella storiografia ed è quasi universalmente utilizzata per analizzare i tre grandi regimi di massa della prima metà del XX secolo. L'Unione Sovietica Stalin al potere: La Rivoluzione russa perse Lenin il 21 gennaio 1924, ma già l'anno precedente forti scontri, tra i suoi collaboratori, avevano agitato il Partito Comunista Sovietico (nelle mani dei bolscevichi) data la sua grave malattia durante il 1923. All’interno dei bolscevichi si distinsero 2 linee politiche alternative: di Trockij (comandante dell’Armata Rossa, sensibilità cosmopolita e influenza carismatica sui giovani) e Stalin (uomo della burocrazia del partito, che controllava dal 1922→diventato segretario del Pcus e governava la macchina amministrativa centralizzata. La corrente guidata dal capo dell'Armata Rossa sosteneva che il compito dell'Urss fosse fomentare, finanziare e armare la “rivoluzione permanente”, in Europa e nel resto del mondo→i bolscevichi trockisti intendevano giungere alla distruzione del capitalismo e all'affermazione globale del comunismo per garantire la sicurezza delle conquiste realizzate negli ultimi anni dall'Unione Sovietica. Secondo Stalin il governo doveva concentrarsi sul consolidamento del comunismo russo e valutare la possibilità di esportare la rivoluzione nell'Occidente capitalistico→ “socialismo in un solo Paese”. I due orientamenti riflettevano diverse concezioni della rivoluzione e della società comunista: per Stalin, il comunismo avrebbe dovuto trovare in Russia la sua culla e fondare una civiltà in opposizione a quella capitalista europea; per Trockij, ciò equivaleva a tradire lo spirito della rivoluzione comunista, che avrebbe dovuto condurre all'emancipazione di tutti popoli. Lenin considerava Stalin, brutale e ideologicamente troppo rigido: era ormai fuori dalla vita politica e la sua opinione non cambiò il corso degli eventi. Stalin riuscì ad avere la meglio sull'opposizione trockista, che era arrivata a denunciare il suo segretariato come una “dittatura" imposta sulla “democrazia operaia” della rivoluzione, consolidando il proprio ruolo di capo dell'Unione Sovietica, cercando di aumentare il consenso nei dai nuovi iscritti al partito (analfabeti e influenzabili) e allontanare gli oppositori→Trockij subì una campagna denigratoria e fu deposto dal comando dell'esercito, nel 1927 espulso dal partito e 2 anni dopo esiliato per sempre fino al suo assassinio nel 1940. Gli storici hanno indicato il 1927 uno snodo importante: da quel punto in avanti il controllo di Stalin sull'apparato burocratico, politico e militare sovietico lo rese il leader riconosciuto del movimento comunista mondiale. La pianificazione dell'economia: La vittoria di Stalin comportò un'accelerazione sul programma di industrializzazione dell’Unione Sovietica. La crisi cerealicola del 1928 mise in discussione il sistema economico misto della Nep e il governo inclinò per un maggiore intervento statale su industria e agricoltura. Era una politica economica che Stalin aveva in combattuto e qualificato come trockista: rapida modernizzazione del sistema industriale sovietico e l'impianto di grandi imprese collettive nelle campagne. Per invertire la tendenza alla collaborazione con gli “specialisti borghesi” e i “nepmen" (avvantaggiati della Nep), Stalin ricorse alla Gosplan→Commissione statale per la pianificazione, nata nel 1921 con il compito di indicare le linee di sviluppo dell’economia nazionale ma passata in secondo piano durante la Nep. Nel 1927 il segretario gli affidò la stesura di un piano d'intervento quinquennale, con l’obiettivo di trasformare l'economia sovietica da agricola a industriale→impegno gigantesco e Stalin dovette vincere numerose resistenze interne al partito: molti suoi compagni erano convinti che il progetto richiedesse tempi lunghi perché bisognava trasferire manodopera e capitali d'investimento dalle campagne alle città. Lo scopo di Stalin era di “liquidare l'arretratezza tecnica ed economica dell'Unione Sovietica e creare nel Paese condizioni tali da permettere all'Unione Sovietica di raggiungere e superare i Paesi capitalistici piú progrediti” →al sicuro da ogni minaccia esterna. Le campagne dovevano cambiare rapidamente: avrebbe posto l'agricoltura al servizio del nuovo sistema e le aziende si sarebbero unite in collettive scampando il pericolo della restaurazione del capitalismo. Stalin articolò tre piani quinquennali di produzione, al termine dei quali l'economia doveva essere centralizzata→primo messo in atto negli anni 1928-1932. Dal 1928 al 1940, la programmazione dello sviluppo dell'Urss fu guidata dal Gosplan: decideva quali beni dovevano essere prodotti, in quali quantità e da quali fabbriche, in quali proporzioni per il mercato interno e per l'esportazione, a partire da quali risorse e materie prime, secondo una valutazione preventiva degli interessi della collettività. Lo sviluppo industriale: Il piano di industrializzazione fù un successo: dopo cinque anni, la produzione di petrolio, carbone, energia elettrica, ferro, acciaio e macchine era triplicata, quella manifatturiera duplicata e la disoccupazione ridotta. Alla fine degli anni 30, migliaia di nuovi stabilimenti e giganteschi agglomerati di fabbriche erano sorti in diverse regioni del Paese (es. Donbass e Amur). L’Unione Sovietica era diventata la seconda potenza industriale del mondo dopo gli USA. Il primo piano quinquennale generò rapidamente un massiccio afflusso di contadini verso le città: tra il 1928 e il 1932, il processo di inurbamento riguardò 8 milioni di persone, che divennero 30 milioni nel 1940→grandi disagi per gli alloggi e i servizi, difficoltà alla stessa industria che attirava la manodopera. Metà degli operai era di origine contadina che non riuscì a sfruttare l’investimento previsto in materia di istruzione. state abbandonate da tempo, mentre la Milizia, volontaria per la sicurezza nazionale, era stata inglobata dalle forze armate come corpo regolare dell'esercito. Nel marzo 1929 si tennero le elezioni politiche su lista unica (accettata o rifiutata in blocco)→confermarono l'appoggio plebiscitario della popolazione al fascismo, premessa del passaggio da un regime autoritario a uno totalitario, in cui la fascistizzazione avrebbe coinvolto ogni settore della società italiana. (citazione sul libro) Nell'Italia mussoliniana degli anni 20, il tentativo di costruire uno Stato totalitario passò prima attraverso la creazione dell'ordinamento corporativo→sostituire la lotta di classe con la collaborazione tra esse per l'interesse nazionale. Si voleva una via alternativa al capitalismo (interesse del padronato) e al socialismo (interesse del proletariato). Nel 1934 il processo intrapreso alla metà degli anni Venti con la creazione della Magistratura del lavoro e l'emanazione della Carta del lavoro portò all'insediamento di 22 corporazioni; ognuna riuniva i rappresentanti di padroni e salariati del proprio comparto produttivo (mondo agricolo, industriale, commerciale e dei servizi). All’interno delle corporazioni prevalsero sempre gli imprenditori borghesi lasciando gli altri senza poteri decisionali in campo economico. Tuttavia, furono fondamentali per l’ideologia del regime e la costruzione dello Stato fascista→1939 creata la Camera dei fasci e delle corporazioni per sostituire la Camera dei deputati: si chiude la storia della rappresentanza parlamentare italiana. L'intervento dello Stato in economia: Lo Stato italiano dovette fronteggiare la crisi nata dal crollo di Wall Street. Il sistema produttivo del nostro Paese soffrì principalmente per: ●ritiro dei prestiti statunitensi (dato un forte sostegno allo sviluppo delle industrie italiane); ●crisi delle banche (Banca commerciale italiana e Credito italiano); ●contrazione dei commerci internazionali; ●fallimento di molte aziende; ●caduta della produzione manifatturiera; ●incremento della disoccupazione. Mussolini rispose alla crisi con un deciso intervento dello Stato in economia: decisione che condusse a scelte analoghe a quelle del keynesismo negli USA, con la differenza che in Italia venne meno il quadro di riferimento democratico. Il regime istituí 2 grandi enti pubblici: I'Istituto Mobiliare Italiano nel novembre 1931 (finanziare con denaro pubblico le imprese in difficoltà) e l'Istituto per la Ricostruzione Industriale nel gennaio 1933 (farsi carico dei debiti contratti dai cinque maggiori istituti di credito nazionali ed evitarne il fallimento). L'IRI divenne l'azionista privilegiato dell'industria italiana, con quote di titoli piú o meno rilevanti. →negli anni 30 il peso dello Stato in economia fu molto forte ma anche dopo la nascita delle corporazioni, Mussolini e il Pnf continuarono a prendere le maggiori decisioni di politica economica e a governare il sistema produttivo. La crisi fu superata verso la metà del decennio, grazie alla statalizzazione di una parte considerevole dell'economia e a imponenti programmi di lavori pubblici: la ripresa avvenne però anche a prezzo di una forte riduzione dei salari e dei consumi. 'agricoltura, la battaglia del grano e la bonifica integrale: Di fronte ai risultati insoddisfacenti della “battaglia del grano”, Mussolini rilanciò l'obiettivo di condurre la nazione all'autosufficienza alimentare e all'azzeramento delle importazioni di grano→i traguardi posti si scontravano con comportamenti contraddittori da parte delle istituzioni: ●regioni meridionali, la produttività era minore e lo Stato continuò a proteggere i latifondisti assenteisti, senza promuovere un reale avanzamento dell'agricoltura quando contrastava i loro interessi. Grazie agli alti tassi doganali, i grandi proprietari terrieri, si arricchivano senza adoperarsi per migliorare la conduzione delle loro terre. Ma la produttività agraria non incrementava. ●Centro-nord, adottati metodi di coltivazione moderni che incrementavano le rese. Mussolini lanciò il programma della bonifica integrale in tutta Italia: strappare alle paludi parti imponenti, fino allora improduttive, da destinare all’agricoltura. Nell’Agro Pontino furono bonificati circa 65.000 ettari di suolo e create 3.000 piccole proprietà agrarie. Un gran numero di famiglie contadine si insediò nelle case coloniche edificate sulla terra strappata agli acquitrini e alla malaria, popolando anche le nuove città di Littoria, nata nel 1932 e rinominata Latina, e Sabaudia, sorta nel 1933. →fu forse l'opera di maggiore successo che permise l’aumento della produzione agricola italiana, il riassorbimento della disoccupazione e il superamento della crisi economica dei primi anni 30. Lo Stato sociale fascista: La costruzione dello Stato totalitario si concretizzò anche attraverso la creazione di un'ampia architettura assistenziale, che intendeva porsi come alternativa al modello liberale del Welfare State e occupare ogni possibile nicchia della vita dei cittadini. L’istituzione di nuovi enti in campo sanitario, previdenziale, sportivo, culturale fu addirittura sovrabbondante→fondate nel 1925: ●opera nazionale per la maternità l’infanzia (assisteva madri e bambini bisognosi); ●opera nazionale dopolavoro (organizzare e mettere a profitto il tempo libero dei salariati; ●Istituto nazionale fascista della previdenza sociale-Infps (dal 1933 si occupò delle pensioni); ●Istituto nazionale fascista per l'assicurazione infortuni sul lavoro-Infail (assorbí tutti gli enti incaricati di tutelare gli infortunati) ●Cassa nazionale di maternità (dal 1935 centralizzò la gestione delle assicurazioni e dei congedi per maternità di tutte le donne lavoratrici. Il fascismo investí molte risorse nella creazione di uno Stato sociale centralizzato, capace di unificare e coordinare i vari servizi e ampliare la base degli utenti: tuttavia enti e istituti si stratificarono gli uni sugli altri disperdendo i fondi: ognuno difendeva i propri interessi. La protezione della maternità e dell'infanzia sono esempi del collegamento tra i servizi al cittadino e l'ideologia fascista: il regime promosse una politica demografica che avrebbe dovuto rendere l'Italia una potenza agricola, industriale e militare grazie al numero dei propri cittadini→obiettivo di accrescere la popolazione italiana da 40 a 60 milioni di abitanti definendo la procreazione un argomento "di interesse squisitamente collettivo e nazionale". L'insegnamento durante il regime fascista: Plasmare un “uomo nuovo” in grado di pensare e agire come un "perfetto fascista" richiese un intervento in campo di istruzione e ricerca: insegnanti e funzionari pubblici amministrativi, furono costretti a prendere la tessera del Pnf e a giurare fedeltà al regime. I programmi furono uniformati all'ideologia fascista e i loro contenuti rispecchiarono la visione mussoliniana del mondo: dal 1928, bambini e ragazzi studiarono su un libro di testo unico e approvato e insieme ai loro docenti partecipavano alle manifestazioni di massa imposte a tutta la popolazione. Il giuramento di fedeltà al fascismo fu reso obbligatorio anche per i docenti universitari al principio nel 1931: erano circa 1.200 e solo 12 rifiutarono di obbedire e abbandonarono la carriera. Anche Croce e Togliatti (esponenti antifascisti) invitarono i professori a firmare la propria adesione, per poter far sentire all'interno dell'accademia voci dissonanti rispetto al regime. Molti lo accettarono “con riserva” →non disposti a modificare l’indirizzo del loro insegnamento, altri lo sostennero con convinzione adeguando pian piano la cultura al regime. L'indottrinamento fascista colpì molto i giovani che, cresciuti privi di qualsiasi ricordo dell'epoca liberale, sarebbero diventati i fascisti piú intransigenti→inquadrati in organizzazioni (dal 1926-Opera nazionale Balilla assorbita dal 1937 dalla Gioventú italiana del Littorio) che li educavano ai valori del regime fin dalla prima infanzia. La Gil era definita l’ “organizzazione unilaterale e totalitaria delle forze giovanili del regime fascista” che dipendeva direttamente dal partito e aveva al suo vertice il segretario del Pnf→curava l’attività ginnico-sportiva, promuoveva la vita di gruppo (mod. cameratista e paramilitare), inculcava il motto “credere, obbedire, combattere”. I bambini e i ragazzi italiani erano divisi secondo classi di età: ●Figli della Lupa, fino agli 8 anni; ●Balilla, fino ai 12; ●Avanguardisti, fino ai 18. Le ragazze partecipavano alle attività come Figlie della Lupa, Piccole italiane e Giovani italiane. Al di sopra dei diciotto anni, i Gruppi universitari fascisti (Guf) svolgevano funzioni analoghe per gli iscritti alle università, l'élite umanistica e tecnica destinata a ricoprire il ruolo di classe dirigente del regime e del Paese. Il monopolio della comunicazione: Il giornalismo, su carta stampata, radio e cinema, fu considerato da Mussolini una “scuola degli adulti” e ricorse ai mezzi di comunicazione di massa per creare consenso attorno all'opera del fascismo. Radio e cinema diventarono essenziali per parlare alle masse e trasmettere loro idee e progetti del regime (gradimento popolare e diffusione di apparecchi radiofonici e sale cinematografiche crebbero). La stampa fu sottomessa a un rigido dirigismo e la pubblicazione delle notizie italiane e mondiali fu subordinata all'Ufficio per la stampa e la propaganda, che determinava contenuti e stili da adottare. L'ufficio divenne nel 1935 in ministero e denominato nel 1937 Ministero della cultura popolare (Minculpop) all’interno del quale fù introdotta una speciale Direzione per la cinematografia. La radio fu controllata grazie alla nascita nel 1927 dell'Ente italiano audizioni radiofoniche (Eiar) e l'industria cinematografica ampiamente incoraggiata a scopo di propaganda diventando un’arma politica. Mussolini ordinò nel 1924 la creazione dell'Istituto Luce (preparava cinegiornali settimanali proiettati prima di ogni spettacolo). Nel 1937 il regime costruì Cinecittà→complesso di teatri di posa che divennero il principale centro di produzione cinematografica del Paese. Dalla metà degli anni 30 lo Stato investì ingenti risorse per finanziare pellicole di carattere pseudoștorico e propagandistico destinate a rinsaldare lo spirito nazionale, patriottico e la fedeltà al fascismo. La penetrazione del regime nella vita quotidiana avvenne anche attraverso i motti di Mussolini, campeggiati lungo le strade e sulle facciate degli edifici e rilanciati dalle testate giornalistiche. →forma di comunicazione poco costosa ma molto efficace che diede al regime il monopolio assoluto sulla formazione delle opinioni degli italiani. I fascismo e i suoi miti: Nella gestione della propaganda, il fascismo creò una simbologia e una strategia di comunicazione capaci di penetrare nelle abitudini e nei modi di pensare del cittadino medio. Si costruì un'immagine del Paese coerente con gli obiettivi del governo: decorare la porta di casa con un fiocco in occasione di una nuova nascita, obbligo del saluto fascista, introduzione del “voi” al posto del “lei”, fascio littorio ovunque. (citazione sul libro p. 338) L’utilizzo dei simboli si collegava alla mitologia della romanità (fasti dell'antica Roma) e legittimava la propria azione come indispensabile per il ritorno della gloria passata e all’identità italiana dominante→la grandezza dell'Impero romano fu oggetto di un richiamo ossessivo in cui fù inserita anche la figura di Mussolini: ruolo di “duce”, capo supremo dal quale derivava ogni decisione in vista del bene collettivo, novello Cesare che istituiva e garantiva un nuovo ordine politico per assicurare la pace sociale e il benessere delle masse. →mito politico con origini nella Rivoluzione francese e nell'ideale romantico del genio e dell'eroe, ma si innestava a pieno titolo nella concezione del fascismo come “fede” politica. Mussolini divenne oggetto di un culto della personalità che rendeva indiscutibili le sue idee e i suoi progetti una garanzia di sicuro successo. Durante le feste civili e le ricorrenze del fascismo, tutti erano obbligati: a indossare la divisa dell'organizzazione di appartenenza, a convergere nelle piazze per ascoltare i discorsi di Mussolini (es. Piazza Venezia, a Roma, davanti al balcone) negli altoparlanti, a partecipare alle grandi manifestazioni pubbliche di regime. Gli strumenti con i quali il regime cercò di approvare l’opinione pubblica, hanno fatto parlare di una vera e propria macchina del consenso che permise a Mussolini di raccogliere negli anni 30 un grande appoggio. Molti studiosi hanno sottolineato una distinzione tra il consenso indirizzato a Mussolini (“mito del capo” con tratti religiosi) e il consenso rivolto al fascismo come forma statale (mussolinismo). Negli ultimi anni del regime il culto della figura carismatica del leader iniziò a sbiadire di fronte agli eventi politici messi in moto che si rivelarono ingestibili: imprigionato nel mito della propria grandezza e irrigidito nelle scelte. La politica estera di Mussolini: Nel campo della politica estera il mito della romanità fu ripreso con grande vigore: aspirazione del fascismo alla costruzione di un impero italiano→conquista di colonie che permettessero di limitare con l'emigrazione il sovrffollamento delle regioni meridionali del Paese. Negli anni 20, infatti, il fascismo italiano non aveva causato nelle cancellerie straniere alcuna reale preoccupazione, anzi, la felice e pacifica conclusione della vicenda di Fiume, aveva suscitato il plauso delle maggiori potenze europee. Mussolini aveva promosso la fine della contesa tra Parigi e Berlino (Patto di Locarno) e ricevuto l'apprezzamento dei conservatori inglesi. L’Italia aveva rafforzato i suoi rapporti anche con l'Austria, dove il Cancelliere Dollfuss si era ispirato al fascismo per instaurare un regime autoritario, motivo per il quale nel colpo di Stato nazista del 1934, quando Dollfuss fu ucciso, Mussolini decise di inviare al confine italo-austriaco quattro divisioni per fermare Hitler ed evitare “Lanschluss” dell'Austria alla Germania. L’intervento a difesa dell' Austria culminò nell’accordo in funzione anti-tedesca dell'aprile 1935. L’intesa, sulla scia degli avvenimenti austriaci: ●riaffermava i punti del Patto di Locarno del 1925; ●garantiva l'indipendenza dell'Austria; ●sosteneva che i firmatari avrebbero reagito a nuove violazioni del Trattato di Versailles da parte della Germania. Confidando nel tacito assenso di Francia e Regno Uniti, Mussolini decise pochi mesi dopo di dare alla politica estera italiana una svolta aggressiva, egli contava che gli alleati avrebbero accettato passivamente un intervento italiano in Africa. Tra l'ottobre 1935 e il maggio 1936 l'esercito italiano attaccò e conquistò l'Etiopia→nonostante alcune nette vittorie degli italiani negli scontri aperti, la guerra rischiò di diventare una campagna di logoramento, a causa della guerriglia messa in atto dalla furiosa resistenza etiope e dalla mancanza di strade e collegamenti lungo i quali far avanzare le truppe italiane e i rifornimenti. Per evitare la guerra lunga e faticosa prevista dai critici militari stranieri, gli italiani ricorsero all’uso di gas e bombardamenti aerei anche contro i civili. Dopo una serie di battaglie e l'abbandono della capitale da parte del negus, i contingenti guidati da Badoglio entrarono ad Addis Abeba il 6 maggio 1936. Il 9 maggio, Mussolini annunciò dal balcone di Piazza Venezia, la nascita dell'Impero dell'Africa orientale italiana e la stampa diffuse immediatamente la notizia. La scelta colonialista dell'Italia si dimostrava in contrasto con le tendenze internazionali e con l'impostazione diplomatica adottata fino a quel momento dal regime, tuttavia Francia e Regno Unito si dimostrarono accomodanti, e il capo del governo italiano poté rivendicare di aver riportato l'Italia al ruolo di grande potenza: il suo prestigio personale si accrebbe e il fascismo diede prova delle proprie capacità e ambizioni a livello internazionale. →La Società delle Nazioni colpì Roma con l'embargo e il boicottaggio internazionale dei prodotti italiani dimostrandosi del tutto inefficace: Germania e Stati Uniti continuarono a rifornire l'Italia. L'assalto del fascismo all'Etiopia, l'avventura giapponese in Cina e l'aggressiva politica estera tedesca segnalavano in modo inquietante il superamento dell’equilibrio diplomatico raggiunto dopo la WW. Mussolini volle dimostrava già in piena costruzione. “L'autorità del Fuhrer è totale e onnicomprensiva, in essa confluiscono tutte le risorse disponibili della nazione; essa include ogni aspetto della vita del popolo”. La “notte dei lunghi coltelli” e l'apparato repressivo: Hitler era preoccupato da forza e indipendenza delle “camicie brune” che si contrapponevano all'esercito regolare ostile a questa formazione paramilitare→30 giugno 1934, nella “notte dei lunghi coltelli”, Röhm e centinaia di seguaci furono svegliati, prelevati e uccisi, dove si trovavano. Hitler si approfittò dell'occasione uccidendo chi lo aveva ostacolato: compagni di partito, militari, avversari politici, esponenti delle associazioni cattoliche e il generale Kurt von Schleicher, che lo aveva preceduto nella carica di Cancelliere insieme alla moglie. L’operazione si svolse con l'appoggio delle forze armate, ma a eseguire gli ordini furono le SS di Heinrich Himmler→nate a metà degli anni 20 come guardia personale di Hitler, esse crebbero fino a diventare un imponente corpo armato, che partecipò con proprie divisioni alla 2WW. Negli anni del regime, le SS diressero la Gestapo (polizia segreta), ed ebbero il controllo dei campi di concentramento, inaugurati già nel 1933: il primo ad aprire i battenti fu Dachau. Nei Lager furono ben presto convogliati e costretti ai lavori forzati gli oppositori politici, zingari, omosessuali, obiettori di coscienza, delinquenti comuni, vagabondi e testimoni di Geova: i diversi che mettere in pericolo l’omogeneità della società hitleriana. Allo scoppio della 2WW, i campi avevano già ospitato circa un milione di persone. La persecuzione degli ebrei: La comunità ebraica tedesca era composta da circa 500.000 persone e molte famiglie vivevano sul suolo della Germania da tempo immemorabile e apparivano ormai profondamente integrate nella sua società. Una volta acquisito il pieno potere, Hitler diede avvio alla loro discriminazione, che progredi attraverso norme sempre piú restrittivi. Nel 1935 con le “leggi di Norimberga” gli ebrei furono definiti “razza inferiore”, dal punto di vista biologico e sociologico, al punto tale da meritare l'appellativo di “sottouomini”. Le tre leggi privarono gli ebrei della cittadinanza, del diritto di voto, della pratica professionale, dell’accesso alla magistratura, all’amministrazione e alle scuole. Furono espropriati dei loro beni, redistribuiti agli ariani, e si videro imposti limiti alla libertà di movimento oltre che limiti eugenetici. Le Leggi di Norimberga limitarono anche i diritti dei cittadini tedeschi: il solo sangue tedesco non garantiva il godimento dei diritti civili; doveva essere accompagnato da una condotta che dimostrasse il desiderio e la capacità di servire il Reich. Tutto ciò fu accompagnato da intimidazioni, violenze, atti di boicottaggio e vandalismo nei confronti dei negozi ebrei si erano già verificati nel 1933. Dopo il 1935, la violenza antisemita esplose nuovamente, crescendo fino alla “notte dei cristalli” del 9-10 novembre 1938 in cui vennero distrutti oltre 7.000 esercizi commerciali di proprietà ebraica e furono incendiate quasi 200 sinagoghe. In tutta la Germania gli ebrei furono bastonati o uccisi per strada e circa 30.000 di loro furono deportati nei campi di concentramento. Fino ai primi anni 30 i nazisti sostennero addirittura il movimento sionista: trasferimento degli ebrei al di fuori del Paese anche se progressivamente si affermò lo sterminio biologico-razziale di tutti gli indesiderati. Questa prospettiva fu ampiamente diffusa dalla stampa, ma i libri di opposizione erano soggetti alla censura. Allo scoppio della 2WW il nazismo intraprese sistematicamente questa strada, applicandola prima ai malati mentali e ai disabili e poi al popolo ebraico. II nazismo e la vita dei tedeschi: In Germania i sindacati furono sostituiti dal Fronte del Lavoro (univa le rappresentanze dei padroni e dei salariati in uno stesso organismo al fine di perseguire lo sviluppo della produzione nazionale). La “Gioventú hitleriana”, raccoglieva gli adolescenti e li formava all'attività fisica, all'obbedienza e ai principi del nazismo per prepararli alla vita militare. Dalla scuola furono estromessi gli insegnanti che non mostravano fedeltà al regime e uniformati programmi di studio e libri di testo. L’indottrinamento della popolazione avvenne attraverso agenzie educative formali e informali; la gestione del tempo libero della popolazione fu affidata all' organizzazione “Forza attraverso la gioia” (permetteva ai cittadini tedeschi vacanze, gite, spettacoli e musei improntati sul nazismo). Nel 1938 fu presentata la Volkswagen, la “macchina del popolo”, strumento di una rapida motorizzazione dei tedeschi. Il Maggiolino fu realizzato su un progetto originale di Hitler. La dittatura si servì in modo meticoloso ed efficace di tutti i mezzi di comunicazione di massa che diffondevano le parole naziste, eccitavano i tedeschi all'odio contro gli ebrei e il comunismo, e informavano sugli avvenimenti del mondo dopo essere stati approvati→Goebbels controllò, direttamente e indirettamente, le notizie pubblicate dai giornalisti, il mondo dell'arte e della cultura. Un ruolo importantissimo nella creazione del consenso fu svolto dalle adunate con complesse coreografie e dalle parate militari. Il congresso annuale della Nsdap, che si teneva a Norimberga, divenne un evento unico: Hitler sfilava tra ali di folla entusiasta e parlava nello stadio della città. Hitler era oggetto di un culto personale: tuttavia tale culto apparve piú artificiale, meno profondo e piú dipendente dagli organi di partito. Il ruolo carismatico di Hitler assunse un peso crescente grazie all'intensa azione propagandistica che fece del Führer una figura messianica posta al centro di una complessa simbologia religiosa. Il consenso del proletariato non mancò al governo nazista: la Germania si riprese dalle conseguenze della crisi del 29 grazie a un esteso piano di lavori pubblici, aiuti governativi alle imprese e alle enormi spese nel comparto bellico finalizzate al riarmo del Paese. La rinuncia alla lotta da parte degli stessi lavoratori che fino al 1933 avevano combattuto il movimento nazista nelle strade fu il segno piú grande del trionfo della Nsdap e della realizzazione dei suoi obiettivi ideologici. Le Chiese e il mondo della cultura: Benché il nazismo avesse già mostrato il suo volto violento, il Vaticano firmò nel ‘33 un concordato che assicurava ai cattolici la libertà di culto e la non ingerenza dello Stato negli affari religiosi. In ambito luterano, i pastori protestanti accettarono addirittura di prestare giuramento al Führer. L'intervento delle gerarchie cattoliche giunsero solo nel 1937, quando papa Pio XI diffuse la lettera intitolata Mit brennender Sorge, nella quale egli denunciò le violenze naziste e il tentativo di sostituire la religione tradizionale con i valori pagani della razza, della nazione e del sangue. Il mondo della cultura perse tutta la libertà che lo aveva contraddistinto all'epoca di Weimar e gli intellettuali che non si adeguarono alle direttive del regime furono perseguitati. Grandi roghi di piazza mandarono in fumo i libri degli autori sgraditi al nazismo→“antitedeschi” perché di tendenze liberali o democratiche. Le opere d'arte che la propaganda etichettava come “degenerate” furono messe al bando e ritirate dai musei o distrutte. Grandi esponenti della cultura tedesca dovettero lasciare il Paese per non finire in prigione: dal fisico Albert Einstein agli psicanalisti Sigmund Freud ed Erich Fromm. La creatività del Terzo Reich prese piuttosto le forme di un'architettura magniloquente e gigantesca, fatta per stupire e fissare nei secoli le conquiste del nazismo. Fu il giovane progettista Albert Speer, protetto e devotissimo di Hitler, a ricevere dal Führer il compito di disegnare ed edificare la nuova Berlino imperiale. La politica estera di Hitler: Quando divenne Cancelliere, Hitler era per molti uomini politici stranieri quasi sconosciuto: per questo motivo la rapidità e la violenza con cui si impose disorientarono le capitali d'Europa e del mondo. Ad accrescere l'incertezza contribuivano gli elementi piú cupi ostentati del nuovo regime: razzismo conclamato, anticomunisma ossessivo, progetti di dominio sui popoli considerati inferiori. Smentendo le cancellerie europee, Hitler attuò il proprio programma, ricercando le alleanze possibili e approfittando dell'inerzia degli Stati democratici. In politica estera, il suo primo obiettivo era lavare l'onta di Versailles e restituire alla Germania il suo status di grande potenza: Hitler si sentiva il rappresentante di una nuova Germania e non provava alcuno scrupolo nel denunciare l'ingiustizia dei trattati di pace e delle durissime condizioni imposte al suo paese. Già nell'ottobre 1933, annunciò l'uscita della Germania dalla Società delle Nazioni, rifiutando di rispondere all’assemblea. Luglio 1934, promosse il tentativo di colpo di Stato dei nazisti austriaci che avrebbe dovuto portare all'Anschluss ma il mancato appoggio dell'esercito austriaco e il movimento delle truppe italiane al confine ne decretarono il fallimento: Hitler ritirò l'appoggio ai congiurati, abbandonandoli al loro destino. Gennaio 1935 la Saar tornò entro i confini tedeschi e a marzo Hitler reintrodusse in Germania la coscrizione obbligatoria. Riarmò anche l’esercito violando il Trattato di Versailles. Marzo 1936, la Germania occupò con le proprie truppe la zona demilitarizzata della Renania: Hitler infrangeva in modo ripetuto e plateale le condizioni di Versailles, ma nemmeno in questo caso le potenze occidentali si mobilitarono. La prima fase della nuova politica estera tedesca culminò il 25 ottobre 1936 nella firma dell' Asse Roma-Berlino. In cambio dell'accettazione dell'impresa etiope, Mussolini ritirò la propria opposizione alla prospettiva dell'Anschluss, che di conseguenza divenne piú realistica: pochi mesi dopo, il Primo ministro austriaco si impegnò a condurre una politica “basata sul principio che l'Austria si riconosce come uno Stato tedesco”.
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