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I totalitarismi (Stalinismo, Fascismo, Nazismo), Sintesi del corso di Storia

Appunti di quinta superiore sui totalitarismi. 1) I regimi totalitari 2) L'Unione Sovietica 3) L'Italia (politica estera di Mussolini) 4) La Germania

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 01/03/2023

Gabriele_Scatta
Gabriele_Scatta 🇮🇹

3.3

(4)

24 documenti

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Scarica I totalitarismi (Stalinismo, Fascismo, Nazismo) e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! I TOTALITARISMI I regimi totalitari La definizione di totalitarismo Il concetto di “totalitarismo” nacque per sintetizzare le condizioni in cui si trovavano gli italiani sotto il regime fascista, che controllava ogni aspetto della loro vita. In modo straordinariamente chiaro, il leader del fascismo esprimeva l’intenzione di subordinare l’intera vita sociale e culturale del Paese dello Stato. Nella definizione coesistevano due aspetti, un carattere rivoluzionario, capace di sovvertire le istituzioni esistenti per risanare la vita politica del Paese e un carattere statalista, che consisteva in una concezione onnicomprensiva dello Stato. Il totalitarismo era un tipo di regime che si poneva l’obiettivo di acquistare un controllo “totale” sullo stato e sui cittadini (accomunò sotto questa etichetta il nazismo, il fascismo e la rivoluzione bolscevica). Alcuni elementi caratterizzanti erano: ● costruzione di un’ideologia organica e coerente; ● vita politica controllata da un partito unico; ● capo del regime è un dittatore carismatico, depositario dell’intero potere dello Stato; ● legittimare le proprie azioni mediante un uso sapiente dei mezzi di propaganda di massa; ● masse tenute in costante mobilitazione; ● economia sottoposta al controllo statale; ● contestazione del regime resa impossibile da un sistema di repressione degli oppositori. Le differenze rispetto all’autoritarismo I regimi totalitari erano profondamente diversi anche dai regimi autoritari, poiché questi ultimi esercitavano sulle istituzioni e sugli individui un controllo stretto, ma non esclusivo e tanto pervasivo. L’Unione Sovietica Stalin al potere La rivoluzione russa perse la sua guida indiscussa nel 1924 e alla morte di Lenin, tra i suoi collaboratori si accese una dura lotta per la successione. All’interno dei bolscevichi si distinsero due linee politiche alternative, che facevano capo a Trockij e Stalin. La corrente guidata dal capo dell’Armata Rossa sosteneva che il compito dell’Urss fosse fomentare, finanziare e armare la “rivoluzione permanente”. I bolscevichi di Trockij intendevano distruggere il capitalismo e affermare globalmente il comunismo. Invece secondo Stalin il governo avrebbe dovuto concentrarsi sul consolidamento del comunismo russo e valutare solo in un secondo momento la possibilità di esportare la rivoluzione nell’Occidente capitalistico. I due orientamenti riflettevano diverse concezioni della rivoluzione e della stessa società comunista. I due leader avevano anche personalità differenti: Trockij godeva di un grande prestigio popolare, mentre Stalin era un uomo della burocrazia del partito e quindi non molto popolare. Con la progressiva estromissione dei rivali nella corsa al potere, Stalin consolidò il proprio ruolo di capo dell’Unione Sovietica, cercando di aumentare il consenso espresso nei suoi confronti dai nuovi iscritti al partito. Nel 1927 il regime staliniano può essere considerato ormai impostato. Il suo controllo sull’apparato burocratico, politico e militare sovietico lo rese il leader riconosciuto del movimento comunista mondiale. La pianificazione dell’economia La vittoria della linea politica di Stalin comportò un'accelerazione sul programma di industrializzazione dell’Unione Sovietica. Nell’intento di invertire la tendenza alla collaborazione con gli specialisti borghesi e i nepmen (piccoli commercianti), Stalin ricorse alla Gosplan (commissione statale per la pianificazione), nata con il compito di indicare le linee di sviluppo dell'economia nazionale. Nel 1927 il segretario comunista affidò alla commissione la stesura di un piano d’intervento quinquennale, con l’obiettivo di trasformare l’economia sovietica da agricola a industriale. Dal 1928 al 1940 la programmazione dello sviluppo dell’Urss fu guidata appunto da questo Gosplan. Lo sviluppo industriale Il governo poté considerare il piano di industrializzazione un successo. Alla fine degli anni Trenta migliaia di nuovi stabilimenti e giganteschi agglomerati di fabbriche erano sorti in diverse regioni del Paese. L’Unione Sovietica era diventata la seconda potenza industriale del mondo. Il primo piano quinquennale generò rapidamente un massiccio afflusso di contadini verso le città e il processo di inurbamento riguardò milioni di persone. Ciò comportò però grandi disagi per gli alloggi e i servizi, e creò difficoltà anche nella stessa industria che attirava la manodopera. L’industria fu orientata in modo quasi esclusivo ai settori pesanti, perciò il potere d’acquisto degli operai essendo molto scarso portò ad un tenore di vita minore e costi sociali elevati. La pianificazione dell’economia presentava inoltre altri svantaggi: agricoltura rimase arretrata dal punto di vista tecnico; aziende agricole e industriali poco innovative; centralizzazione controproducente per molte imprese; produttività degli operai scarsa. Stachanov (minatore nella regione del Donbass) divenne un simbolo del lavoratore sovietico ideale. Lo stachanovismo (movimento basato sull’emulazione, che spingeva i lavoratori sovietici a gareggiare tra loro per migliorare la produttività individuale) divenne un modello seguito in tutta l’Urss. Ben presto i grandi sacrifici e il basso livello di salari e consumi alienarono molti consensi al governo anche da parte delle masse operaie: lo stalinismo ricorse ai più brutali strumenti della dittatura per mantenere saldo il proprio potere. La collettivizzazione forzata Alla fine del 1929 Stalin intraprese un’azione di governo per trasformare l’agricoltura. Il governo sovietico lanciò una battaglia contro i contadini agiati e avviò la si dimostrarono però del tutto inefficaci. Mussolini però volle comunque volgere a proprio vantaggio questa situazione e denunciò l’ostilità della Società delle Nazioni. L’autarchia e l’Asse Roma-Berlino Il duce lanciò una campagna in nome dell’autarchia (tendenza di un Paese a raggiungere l’autosufficienza economica) invitando gli italiani a consumare solo merci nazionali e a produrre di più per avvicinarsi all’obiettivo dell’autosufficienza alimentare e manifatturiera. Nel 1936 Mussolini ricercò l’alleanza con Hitler che, il 25 ottobre sottoscrive l’Asse Roma-Berlino, ovvero un’intesa di natura ideologica e politica tra dittature di destra che condividevano l’aspirazione a una revisione dei trattati di pace, orientamento anti democratico e l’opposizione alla politica dei Fronti popolari. La Germania L’ideologia del nazismo L’impianto ideologico del nazismo fu elaborato da Hitler nel decennio precedente alla sua nomina a Cancelliere. Durante i mesi della carcerazione si dedicò alla stesura del Mein Kampf, il manifesto del movimento. Nell’opera del 1924 Hitler espose i suoi progetti per un futuro governo autoritario e per la grandezza della Germania. Aveva teorizzato una società politica basata sul concetto di Volk (popolo): “lo Stato era da lui concepito come una comunità di popolo fondata sulla purezza biologica, cioè sulla razza dei suoi appartenenti”. La condizione imprescindibile per rinnovare la potenza della Germania era, a suo parere, l’omogeneità razziale dei tedeschi, che considera i più diretti discendenti degli ariani. Hitler rilanciò l’idea che gli ariani fossero destinati a dominare sulle razze “inferiori” e che la purezza della razza andasse difesa evitando la contaminazione. Considerava un elemento di grave debolezza la presenza in Germania di una consistente comunità ebraica, che secondo lui costituiva una “razza negativa” capace di danneggiare la purezza dei tedeschi. Il progetto della purificazione della razza ariana era inseparabile da due elementi: il ricongiungimento all’interno dei confini della Germania di tutte le popolazioni di lingua tedesca e la conquista di uno “spazio vitale” a oriente nel quale installare i coloni ariani. Questo piano prevedeva l'evacuazione non solo degli ebrei, ma anche degli slavi. In questo modo, la Germania avrebbe rafforzato i propri confini orientali, difendendosi da qualunque possibile tentativo espansionistico del comunismo bolscevico. Pieni poteri a Hitler Ottenuta la carica di Cancelliere, Hitler chiese a Hindenburg lo scioglimento immediato del Reichstag (Parlamento) e nuove elezioni. Appena pochi giorni prima delle consultazioni, lo storico edificio del Reichstag andò distrutto in un incendio (probabilmente appiccato dai nazisti). I nazisti riversarono la colpa sui comunisti, spingendo Hindenburg a firmare un decreto d’urgenza che sospendeva i diritti dei cittadini. I seguaci di Hitler approfittarono del provvedimento per scatenarsi in violenze contro gli oppositori. Il clima di pesante intimidazione diede i risultati sperati, ma solo in parte. La Nsdap prese il 44% dei voti, ma per raggiungere la maggioranza assoluta doveva ricorrere all’alleanza coi partiti borghesi. Alla riapertura del parlamento i deputati furono minacciati di violenze personali. Hitler ottenne l’appoggio dei cattolici per il varo di una legge che nel 1933 gli diede pieni poteri per quattro anni, cancellando la democrazia tedesca. Hitler Fuhrer della Germania A partire da quel momento ebbe inizio il rapidissimo adeguamento delle istituzioni agli obiettivi e alle idee del nazismo. Il programma nazista si attuò attraverso queste misure: - la Costituzione sospesa; - sindacati sciolti e tutti i partiti politici aboliti. La Nsdap divenne l’unico anello di congiunzione tra Hitler e i tedeschi; - governi e parlamenti dei Lander (“regioni”) sciolti; - magistratura asservita al regime e pronta nell’emettere sentenze contro gli oppositori del nazismo; - elementi sgraditi espulsi dall’amministrazione pubblica e rimpiazzati con personale fidato. A fine 1933 si tennero nuove elezioni politiche e la Nsdap ottenne il 92% dei voti. Quando Hindenburg morì, Hitler assunse per decreto anche la carica di presidente, diventando il capo del Paese, del governo e delle forze armate. Hitler sfruttò l’occasione per sovvertire dal punto di vista simbolico l’architettura istituzionale. La carica di presidente fu sostituita dal titolo di Fuhrer e da allora fino alla morte di Hitler nel 1945, fu per la Germania il capo del Terzo Reich. Dopo aver svuotato completamente il parlamento di ogni potere Hitler impone una forma di autorità non prevista dalla Costituzione e già nel 1934 lo Stato totalitario tedesco si dimostrava in piena costruzione. La notte dei lunghi coltelli e l’apparato repressivo Nel 1934 Hitler si liberò anche di ogni possibile avversario interno al nazismo. A preoccuparlo principalmente era la forza delle SA di Rohm, di cui Hitler ne ordinò l’eliminazione nella notte dei lunghi coltelli il 30 giugno 1934. A eseguire materialmente gli ordini furono le SS di Himmler, create a metà anni Venti come guardia personale di Hitler. Negli anni del regime, le SS diressero la Gestapo (polizia segreta che incuteva terrore nei tedeschi e ebbe il controllo dei campi di concentramento). Nei Lager furono ben presto convogliati e costretti ai lavori forzati gli oppositori politici, zingari, omosessuali, obiettori di coscienza, peggiori delinquenti comuni, vagabondi e Testimoni di Geova. Tutti coloro che non si uniformarono ai dettami del nazismo furono emarginati e morirono a centinaia di migliaia a causa delle condizioni di vita e di lavoro scarse. La persecuzione degli ebrei Una volta acquisito il pieno potere, Hitler diede avvio alla discriminazione degli ebrei, che progredì negli anni attraverso norme e provvedimenti amministrativi sempre più restrittivi. In un pacchetto legislativo del 1935 noto come “Leggi di Norimberga” gli ebrei furono definiti “razza inferiore” dal punto di vista biologico e sociologico. Le tre leggi del 1935 privarono gli ebrei della cittadinanza e del diritto di voto, vietarono la pratica professionale, ribadirono il divieto di accesso alla magistratura, all’amministrazione e alle scuole statali, furono espropriati dei propri beni, impediti i matrimoni misti e i rapporti carnali tra ebrei e ariani. Le Leggi di Norimberga limitarono anche i diritti dei cittadini tedeschi, poiché escludevano il godimento dei diritti non solo alle razze inferiori, ma anche a tutti i potenziali oppositori del regime. Tutto ciò accompagnato da violenze e intimidazioni sempre più pesanti, che sfociarono nella notte dei cristalli (9-10 novembre 1938) quando furono distrutti oltre 7000 esercizi commerciali di proprietà ebraica, incendiate quasi 200 sinagoghe e circa 30000 ebrei deportati nei campi di concentramento. Inizialmente l’idea del nazismo era diversa e infatti prevedeva semplicemente l’allontanamento degli elementi sgraditi, ma poi, tra gli esponenti più oltranzisti, si sviluppò un progetto più radicale che prevedeva lo sterminio biologico- razziale di tutti gli indesiderati. Il nazismo e la vita dei tedeschi In Germania i sindacati furono sostituiti dal Fronte del Lavoro (simili alle corporazioni italiane), che univa le rappresentanze dei padroni e dei salariati in uno stesso organismo al fine di perseguire il comune obiettivo dello sviluppo della produzione nazionale. La Hitlerjugend (Gioventù hitleriana) raccoglieva gli adolescenti e li formava all’attività fisica, li addestrava all’obbedienza per prepararli come militari e li indottrinava ai principi del nazismo. Dalla scuola furono estromessi gli insegnamenti che non mostravano fedeltà al regime, mentre programmi e libri furono uniformati alla visione nazista. L’indottrinamento della popolazione avvenne attraverso agenzie educative formali e informali, difatti nel 1938 fu presentata la Wolkswagen (macchina del popolo), strumento di una rapida motorizzazione dei tedeschi. La dittatura si servì in modo meticoloso ed efficace di tutti i mezzi di comunicazione di massa. Radio, giornali e cinegiornali diffondevano le parole ordinate dal nazismo. Un ruolo importante nella creazione del consenso fu svolto dalle adunate, Divenne un appuntamento fondamentale per tutti i tedeschi il congresso annuale della Nsdap a Norimberga. Hitler era oggetto di un culto personale. Il suo ruolo carismatico assunse un peso crescente grazie all’intensa azione propagandistica che fece di lui una figura messianica posta al centro di una complessa simbologia religiosa. Le Chiese e il mondo della cultura Le Chiese si uniformarono rapidamente ai voleri di Hitler. Nell’estate 1933 il Vaticano firmò con la Germania un concordato che assicurava ai cattolici libertà di culto e la non ingerenza dello Stato negli affari religiosi. Nel 1937 papa Pio XI diffuse la lettera nella quale denunciò le violenze naziste e il tentativo di sostituire la religione tradizionale con i valori pagani della razza. In quegli anni ci furono grandi roghi di piazza, che mandarono in fumo i libri degli autori sgraditi al nazismo. Le opere d’arte che la propaganda riteneva “degenerate” furono messe al bando e ritirate dai musei o distrutte.
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