Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

I vari tipi di variabili, Appunti di Metodologia della ricerca

descrizione dei vari tipi di variabili

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 17/02/2017

marianna_d_andrea
marianna_d_andrea 🇮🇹

4.4

(5)

19 documenti

1 / 3

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica I vari tipi di variabili e più Appunti in PDF di Metodologia della ricerca solo su Docsity! VARIABILI Una variabile è un concetto operativizzato, o meglio la proprietà operativizzata di un oggetto, in quanto il concetto, per poter essere operativizzato, ha dovuto essere applicato ad un oggetto diventandone proprietà. Un concetto può essere operativizzato in modi diversi. Le variabili possono variare tra diverse modalità; il caso limite è quello in cui risulta invariante nello specifico sottoinsieme degli oggetti studiati, nel qual caso prende il nome di costante. Le variabili possono variare nel tempo, su uno stesso caso (studio longitudinale o diacronico) oppure fra i casi, nello stesso tempo (studio trasversale o sincronico). Nelle scienze sociali il secondo metodo è il più utilizzato. Le variabili possono esser classificate secondo la loro manipolabilità, la posizione nella relazione causa/effetto, l’osservabilità, il carattere individuale o collettivo e il trattamento dei loro valori. La prima distinzione è quella tra variabili manipolabili e non manipolabili. Le variabili manipolabili sono quelle che possono essere modificate dal ricercatore, viceversa quelle non manipolabili non possono essere controllate. La maggior parte delle variabili sociali non sono manipolabili, anche se esistono dei casi in cui il ricercatore può controllarle. La seconda distinzione è quella tra variabili dipendenti e variabili indipendenti. In una relazione asimmetrica tra due variabili, quando cioè una variabile influenza un’altra, la variabile indipendente è ciò che influenza (la causa), mentre la variabile dipendente è ciò che è influenzato (l’effetto). Nel caso in cui le variabili indipendenti siano più di una abbiamo una relazione multivariata. La terza distinzione è quella tra variabili latenti e variabili osservate. La distinzione si basa sulla osservabilità, ossia sulla possibilità di rilevazione empirica. Le prime sono variabili non direttamente osservabili in quanto rappresentano concetti molto generali o complessi, mentre le seconde sono facilmente rilevabili. In ogni caso, entrambe possono essere operativizzate, per cui anche nel caso delle variabili latenti c’è una sostanziale differenza con i concetti. L’ultima distinzione è quella tra variabili individuali e variabili collettive. Le variabili individuali sono specifiche di ogni individuo, mentre quelle collettive sono proprie di un gruppo sociale. Le variabili collettive si suddividono a loro volta in variabili aggregate, dove la proprietà del collettivo deriva dalle proprietà dei singoli componenti del gruppo, e variabili globali, quando le caratteristiche esclusive del gruppo non derivano da proprietà dei membri che lo compongono. Le variabili sono assolutamente fondamentali nella ricerca empirica, anche se a ogni definizione operativa è lasciata all’arbitrio del ricercatore, che deve solo esplicitare e giustificare le sue scelte. Per questo una definizione operativa non è mai perfettamente adeguata ed esiste sempre uno scarto tra variabile e concetto. Un altro pericolo che porta l’operativizzazione è quello della reificazione, cioè di identificare la definizione operativa di un concetto (necessariamente arbitraria e impoverita) con il concetto stesso. Tuttavia, con tutti i suoi limiti, la definizione operativa è necessaria per fondare scientificamente e oggettivamente la ricerca sociale. Variabili nominali, ordinali e cardinali Un’altra classificazione molto importante è quella tra che riguarda le operazioni logico-matematiche che possono essere effettuate sulle variabili. A questo proposito abbiamo variabili nominali, ordinali e cardinali. Le variabili nominali sono tali quando la proprietà da registrare assume stati discreti non ordinabili, cioè finiti e delimitati che non hanno alcun ordine o gerarchia tra di essi. Gli stati di una proprietà così descritta si chiamano categorie, le categorie operativizzate (cioè gli stati della variabile) modalità e i simboli assegnati alle modalità valori. La procedura di operativizzazione che permette di passare dalla proprietà alla variabile è la classificazione. Nel caso in cui ci siano solo due modalità si parla di variabili dicotomiche. Le variabili ordinali sono tali quando la proprietà da registrare assume stati discreti ordinabili. In questo caso è possibile stabilire non solo relazioni di eguaglianza e disuguaglianza, ma anche relazioni d’ordine. In questo caso la procedura di operativizzazione è l’ordinamento, che tiene conto dell’ordinabilità degli stati della proprietà. Quindi l’attribuzione dei valori alle singole modalità dovrà utilizzare un criterio che presevi l’ordine degli stati. Tipicamente si utilizzano i numeri naturali, che comunque non godono delle loro proprietà cardinali (cioè la distanza che corre tra le varie modalità non può essere confrontata con le altre). Le variabili possono essere ordinali perché derivano da proprietà originariamente costituite da stati discreti oppure perché derivano da proprietà continue che sono state registrate su una sequenza sono ordinale perché non si dispone di una unità di misura. Le variabili cardinali sono tali perché i numeri che ne identificano le modalità non sono delle semplici etichette, ma hanno un pieno significato numerico (hanno cioè proprietà sia ordinali che cardinali). Tra le modalità delle variabili di questo tipo, oltre a stabilire relazioni di eguaglianza e diversità e d’ordine, si possono effettuare operazioni di somma e sottrazione tra i valori e tutte le altre operazioni statistiche. Si possono ottenere variabili cardinali attraverso due processi: la misurazione (quando la proprietà da misurare è continua e si possiede una unità di misura prestabilita che permetta di confrontare la grandezza da misurare con una grandezza di riferimento) e il conteggio (quando la proprietà da registrare è discreta ed esiste una unità di conto, cioè una unità elementare che è contenuta un certo numero di volte nelle proprietà dell’oggetto). Si noti la cumulatività delle caratteristiche dei tre tipi di variabili che sono immaginabili su livelli dove ognuno include le proprietà dei livelli inferiori. Fra i valori delle variabili nominali si possono instaurare solo relazioni di eguaglianza e diversità; fra quelli delle variabili ordinali, oltre alle relazioni di uguaglianza e diversità, si possono ottenere quelle di ordinamento; fra i valori delle variabili cardinali, oltre alle relazioni menzionate, si possono instaurare quelle legate alla conoscenza della distanza fra i valori. Nelle scienze sociali molte variabili cardinali derivano operazioni condotte su altre variabili cardinali. Le variabili quasi-cardinali sono un sottoinsieme delle variabili cardinali. Le proprietà più caratteristiche delle scienze sociali possono essere tutte immaginate come proprietà continue, che però non riescono a passare dalla condizione di proprietà continua a quella di variabile cardinale per la difficoltà di applicare una unità di misura agli atteggiamenti umani. Un tentativo di superare questo limite è dato dalla tecnica delle scale, che cerca di avvicinarsi a misurazioni in senso proprio, cioè a variabili in cui la distanza tra due valori sia nota. Le variabili prodotte da questa tecnica sono dette quasi-cardinali. Concetti, indicatori e indici Nelle scienze sociali esistono concetti che hanno un elevato grado di generalità, e si pongono lontani dall’esperienza. Per poterli definire in modo empiricamente controllabile è necessario darne una definizione operativa (tradurli in termini osservativi) tramite gli indicatori. Gli indicatori sono concetti più semplici, traducibili in termini osservativi, che sono legati ai concetti generali da un rapporto di indicazione, o rappresentanza semantica. Gli indicatori sono quindi dei ancora dei concetti, ma più facilmente operativizzabili. Tuttavia il rapporto tra concetto e indicatore è parziale: da una parte un concetto generale non può essere esaurito da un solo indicatore specifico, dall’altra un indicatore può sovrapporsi solo parzialmente al concetto per il quale è stato scelto, e dipendere per il resto da un altro concetto, anche profondamente diverso. Inoltre la scelta di un indicatore è lasciata unicamente all’arbitrio del ricercatore, il cui unico obbligo è quello di argomentare la sua scelta, non di dimostrarne la correttezza. La rilevazione empirica di un concetto non direttamente osservabile passa attraverso quattro fasi: l’articolazione del concetto in dimensioni (i diversi aspetti e significati del concetto), la scelta degli indicatori, la loro operativizzazione, la formazione degli indici. L’indice è la sintesi globale della pluralità delle variabili che sono state prodotte dai diversi indicatori. Errore di rilevazione L’errore di rilevazione rappresenta lo scarto tra il concetto teorico e la variabile empirica. L’errore di rilevazione viene di solito suddiviso in errore sistematico ed errore accidentale. L’errore sistematico è un errore costante, che si presenta in tutte i singoli casi di rilevazione e tende a sovrastimare o sottostimare il valore vero. L’errore accidentale è invece un errore variabile, che varia da rilevazione a rilevazione, per cui si tratta di un’oscillazione che, ripetuta su tutti i soggetti, tende a zero. L’errore sistematico è la parte di errore comune a tutte le applicazioni di una determinata rilevazione; l’errore accidentale è la parte di errore specifica di ogni singola rilevazione. Gli errori possono verificarsi sia nella fase teorica, o di indicazione (in cui si scelgono gli indicatori), che in quella empirica, o di operativizzazione (in cui si rilevano gli indicatori stessi). L’errore nella fase di indicazione è sempre sistematico, perché l’indicatore non è del tutto adatto al concetto e quindi si ha un difetto nel rapporto di indicazione. L’errore nella fase di operativizzazione può esser sia sistematico sia accidentale, in quanto esistono tre fasi nell’operativizzazione (selezione delle unità studiate, rilevazione dei dati o osservazione e trattamento dei dati) in ognuna delle quali si possono compiere degli errori. Gli errori di selezione sono quelli dovuti al fatto che si operi solo su un campione di soggetti e non sull’intera popolazione. Essi sono: l’errore di copertura (dovuta al fatto che la lista della popolazione da cui si estrae il campione non è completa), l’errore di campionamento (il fatto di condurre la ricerca su una frazione della popolazione) e l’errore di non risposta (quando i soggetti del campione non possono o non vogliono rispondere). Gli errori di osservazione possono essere addebitati a quattro fonti: errori dovuti all’intervistatore (si pensi a condizionamento dell’intervistato da parte dell’intervistatore, registrazione errata delle risposte), errori dovuti all’intervistato (errata comprensione della domanda, risposte
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved