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I vettori argomento di fisica, Appunti di Fisica

Argomenti di fisica generale vettori

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 19/10/2021

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Scarica I vettori argomento di fisica e più Appunti in PDF di Fisica solo su Docsity! UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini" Corso di Laurea in FISICA Appunti sui VETTORI Anno Accademico 2017-2018 Rodolfo Figari (nuova edizione a cura di Alberto Clarizia) Nella definizione dello spostamento il punto origine P; non ha rilevanza: ogni segmento indica solo “verso dove” e “quanto lungo” è stato lo spostamento e non “da dove” è iniziato. In altri termini due spostamenti da punti diversi, P; o P/, saranno considerati identici (si dice anche equipollenti o equivalenti) se hanno la stessa direzione (sono dunque paralleli), lo stesso verso e lo stesso modulo. Si dice che possono essere ottenuti uno dall’altro per trasporto parallelo. Costituiscono un insieme infinito di elementi tutti equivalenti. Questi insiemi sono disgiunti (non hanno alcun elemento in comune), si chiamano “classi di equivalenza”, rappresentate ciascuna da uno dei propri elementi. Per indicare un vettore spostamento generico scriveremo a, b, A, eccetera. È opportuno citare che in molti testi questo tipo di vettore viene detto “vettore libero”; mentre per quei vettori per i quali si precisa anche un punto dello spazio in cui essi hanno origine si usa il termine “vettore applicato” (come il vettore posizione). Molto spesso considereremo il sottoinsieme degli spostamenti piani, cioè l'insieme dei segmenti orientati giacenti in un piano. Ripetiamo, gli elementi dell’insieme saranno sempre indicati con lettere sormontate da una freccia (P;Pj, d, b, ecc). Non endoci la possibilità, nella normale scrittura con penna o matita, di eseguire il grassetto, sarà l’uso della freccia a indicare una grandezza vettoriale (e non sarà ammessa dimenticanza!). Il modulo di uno spostamento d, che non è altro che la lunghezza del segmento, verrà denotato con |a] (ATTENZIONE: si consentiranno solo poche eccezioni all’uso di questa notazione). Considerazioni sulla definizione Prima di iniziare la costruzione della struttura algebrica dell’insieme degli spostamenti vogliamo fare una breve digressione sul problema del rapporto tra modello matematico e realtà. Nella definizione di “astratti” come rette, punti e segmenti; i, munito della struttura algebrica e metrica che in seguito gli assoceremo, verrà utilizzato per descrivere e confrontare spostamenti di oggetti reali, in regioni diverse posizione e spostamento abbiamo fatto uso di enti geometrici d’altro canto l’insieme degli spostame: dello spazio che ci circonda. Questa corrispondenza tra mondo fisico e modello matematico sarà priva di ambiguità solo se possediamo la capacità operativa di: - individuare la posizione di “punti” con precisione, in principio, illimitata; - tracciare concretamente segmenti di retta tra due punti qualunque (la linea più breve che li congiunge) e misurarne la lunghezza; - condurre parallele ad un segmento dato a partire da un qualunque punto esterno al segmento stesso; - possedere un metodo di misurazione delle lunghezze che sia indipendente dalla regione (dell’uni- verso) in cui ci troviamo; - verificare ci per gli spostam ici” tracciati possiedano le proprietà ch via via andremo ipotizzando Notiamo però che, ad esempio, l’esistenza di un unico segmento di retta tra due punti comunque assegnati, 0 l’esistenza di un’unica parallela ad una retta data, passante per un punto esterno alla retta, assieme a molte altre proprietà geometriche e metriche che assumeremo valide per gli spostamenti, sono ‘sariam assiomi della geometria euclidea (0 loro conseguenze) e sono verosimilmente, ma non ne: proprietà dei segmenti che concretamente sappiamo tracciare! È ormai noto che le rette reali hanno proprietà che, sebbene appaiano “euclidee” e ben verificate sulla scala dei nostri laboratori (diciamo sulla scala del sistema solare), si discostano da quelle delle rette “euclidee” su scale di distanza estremamente grandi o estremamente piccole e/o in presenza di forti campi gravitazionali. Torneremo su questo punto in seguito. Per concludere, ancora insistiamo su un punto, affinché non si generi confusione con il sig- nificato corrente della parola spostamento: la definizione non fa riferimento ad una traiettoria realmente percorsa (in generale una curva); quando si parlerà di spostamento di un corpo pun- tiforme, avvenuto tra due istanti di tempo, si farà riferimento solo al segmento di retta che congiunge la sua posizione iniziale con la sua posizione finale. 2. Operazioni sull’insieme degli spostamenti Somma: dati due spostamenti nello spazio tridimensionale, @ e b, sì definisce loro somma lo spostamento che si ottiene operando il secondo spostamento a partire dal punto finale del primo. In altre parole lo spostamento somma d+b è la diagonale del parallelogramma costruito sui segmenti @ e b che parte dal punto iniziale (punto O nella figura 3): a b a Figura 3: somma di due spostamenti Per costruzione: d+b=b+4 (commutatività); b si verifica inoltre che: (+0) +7=7+(0+2)=4+8+% (associatività). Lo spostamento nullo, Ù, è quello che ha la seguente proprietà: qualunque sia il vettore d a+d=a Per ogni spostamento @ esiste lo spostamento opposto —d, che sommato ad @ dà lo spostamento nullo: d+(-d4)=0 Il segmento —@ appartiene alla stessa retta di @, ha la stessa lunghezza, ma verso opposto a quello di d: & Figura 4: spostamento opposto Differenza: per definizione si pone d— ba d+(-b 5). Come si vede chiaramente dalla figura 5, lo spostamento differenza & î — b coincide con il segmento che va dall’estremo di b all'estremo di è e che sommato a d dà È (l’altra diagonale del parallelogramma costruito sui segmenti & e DE x Figura 5: differenza di due spostamenti Con questa definizione (e con la notazione introdotta in precedenza), osservando la figura 2 ci si può facilmente rendere conto che lo spostamento generico dal punto P; al punto P; dello spazio, rappresentati dai vettori 7} e 7}, è dato da: P;Pj = (si indica anche:) 5; = 7-7: e questo vale qualunque sia il punto scelto come origine per i vettori posizione. NOTA BENE: la lunghezza di uno spostamento che è somma o differenza di due spostamenti è ben diversa dalla somma o dalla differenza delle lunghezze dei due spostamenti. Si possono verificare, geometricamente, le due disuguaglianze (dette) triangolari: [la] <|a+3]</a1 +10] [la B|<|a-d|<lad+|] Prodotto per uno scalare: per ogni numero reale a e per ogni spostamento &, definia- mo lo spostamento: ad (“a volte lo spostamento d ”) come il segmento che sta sulla stessa retta di &, ha lunghezza |a] |] ed è nello stesso verso di @ se a è positivo, nel verso opposto se a è negativo: Figura 6: moltiplicazione per uno scalare In particolare: -a=(-1)a. ESERCIZIO: verificare che a(d+d) =a4+abD (distributività del prodotto per uno scalare rispetto alla somma). Definizione di Versore. Si dice versore di uno spostamento @ lo spostamento di lunghezza unitaria lungo la stessa retta e nello stesso verso di @, e lo indicheremo è&; dalle definizioni precedenti si ha: |l a. Il si Di 3 Sistemi di coordinate e rappresentazioni dei vettori 3.1 Nel piano 3.1.1 Coordinate polari Fissato un punto O (“origine”) ed una semiretta uscente da questo punto, un vettore posizione qualsiasi, @, è univocamente definito dalla sua lunghezza, p |d| numero reale positivo, e dall’angolo, 9 € [0,27), tra la semiretta scelta e il vettore @, misurato in senso antiorario (per convenzione), come è mostrato nella figura 10. pe 6 si chiamano le componenti polari del vettore è o coordinate polari del punto P del piano individuato dal vettore. Se usiamo la notazione 7 o semplicemente 7 per indicare la posizione del punto P, spesso si indicherà la coordinata polare p anche con r. Il punto O è univocamente individuato da p = 0 (ovviamente @ non è definito in questo caso). dr Figura 10: coordinate polari 3.1.2 Coordinate cartesiane ortogonali Fissata un’origine O e due rette orientate ortogonali tra loro, x e y, intersecantisi in O, il vettore posizione @ è univocamente definito dalle sue componenti ortogonali, a, e ay, rispetto alle due rette, che chiamiamo anche coordinate cartesiane ortogonali del punto P individuato dal vettore. Come si vede dalla figura 11, queste coordinate sono allora numeri reali positivi (lato positivo della retta) o negativi (lato negativo della retta). Le rette sono dette, usualmente, assi cartesiani ortogonali. Figura 11: coordinate cartesiane ortogonali Se chiamiamo ? e j i versori delle rette x e y (nel corso di Geometria sono detti “Base” ), si vede facilmente che: da=a;î+ayj:; (1) possiamo chiamare azî e ayj i “vettori componenti” di d lungo gli assi x e y e la relazione 1) è la scomposizione di @, secondo gli assi, in questi due vettori componenti. 3 , I versori ? e j hanno le proprietà che è? = 3? = 1 e î-j= 0. Se usiamo la notazione # per indicare la posizione del punto P, le componenti o coordinate cartesiane ortogonali saranno semplicemente indicate con x e y: P=rî+y). Osservazione: gli assi cartesiani possono anche essere non ortogonali (e così anche i relativi cono coerentemente con versori). In questi sistemi, le componenti cartesiane del vettore @ si definis la necessità di avere, per î, una scomposizione identica alla (1): dunqu e parallele agli assi e s’individuano î punti d’ , gono così due segmenti orientati (sempre applicati in O), che sono i vettori componenti di d; allora, le componenti cartesiane del vettore di, a» e ay, sono date dalle lunghezze “con il segno” di si conducono, per il punto rsezione con l’altro as estremo del vettore, le re: si ot questi segmenti (segno positivo o negativo a seconda se il verso del segmento è concorde o discorde con quello dell'asse). Si badi bene: in questi sistemi le componenti cartesiane di un vettore NON coincidono con le componenti ortogonali rispetto agli stessi assi. I sistemi cartesiani ortogonali sono, invece, caratterizzati dalla seguente relazioni a,=d- e a,=d-j. Nel corso di Meccanica useremo soltanto assi cartesiani ortogonali. In questi sistemi di riferimento, si può s' ione del Teorema di Pitagora) |a}? = Le relazioni tra componenti polari e componenti cartesiane ortogonali di un vettore si otten- gono facilmente: da polari a cartesiane: da cartesiane a polari: a, = p così p Ja +a2 . d , a, = p sin@ 0 = arctan — (la scelta del quadrante è dettata Y & dai segni di a, e ay) 3.2 Nello spazio 3.2.1 Coordinate sferiche Si fissi arbitrariamente nello spazio tridimensionale un’origine O, una semiretta uscente dall’o- rigine ed un qualunque piano che la contenga, piano di riferimento (si veda la successiva figura 12). Ad ogni vettore posizione d (e ad ogni punto P dello spazio) sono univocamente associati: la lunghezza p = |a] (numero reale positivo), - l'angolo @,€ [0, 7], tra la semiretta scelta e il vettore. Quest’angolo è detto anche “co- latitudine” del punto P sulla superficie sferica di raggio p, - el’angolo #,€ [0, 27), tra il piano di riferimento e il piano contenente d e la semiretta scelta, in senso antiorario (guardando dal lato della semiretta). Quest’angolo è detto anche “longitudine” del punto P sulla superficie sferica di raggio p. p, 0 e £ si dicono componenti sferiche del vettore d o coordinate sferiche del punto dello spazio individuato dal vettore. semiretta arbitraria Figura 12: coordinate sferiche 3.2.2 Coordinate cartesiane ortogonali In analogia con quanto fatto nel caso bidimensionale, fissata un’origine O e tre rette orientate a due a due ortogonali tra loro, x y e z, intersecantisi in O, il vettore posizione @ è univocamente definito dalle sue componenti ortogonali rispetto alle tre rette orientate, az, ay e a;, che chiamiamo anche coordinate cartesiane ortogonali del punto P (per brevità anche solo “coordinate” ). Le rette sono dette assi cartesiani ortogonali. Se chiamiamo î, j e & i versori delle rette x, y e 2 (la Base), potremo scrivere che: d=azî+ayj+ ak [si usa anche la notazione: d = (a,, ay, 4.)] . E naturalmente vale che: a=di-î e ay=ad-j e a.=d@G-k; 10 o a b x Figura 14: la componente della somma di due spostamenti è la somma delle due componenti 4.1.2 Prodotto per uno scalare Se d= (ay, ay) è uno spostamento e \ è un numero reale, dalla similitudine dei triangoli (vedi la figura 15) risulta che: Max = Aa (AR = ay Figura 15: prodotto per uno scalare 4.1.3 Prodotto scalare Se d= (a, a)) e b= (b,, b,) sono due spostamenti (vedi la successiva figura 16), poiché: così = cos (09 — 0) = cos05 cos? + sin 0, sin 0 e inoltre: b b così) = de cost = + sin 0, = Ke sin 0, = + lal Di lal Di allora si ha: d-b= |a] |b| cost = azb, + ayby 13 Figura 16: prodotto scalare In alternativa, si ottiene lo stesso risultato dalle proprietà già viste dei versori degli assi: d-b=(azî+ayj)-(brî+b,j)=azbyî-î+taybyj-jtaxbyî-jtaybyî-j= arbr + ayb, ; e quindi, per il quadrato di uno spostamento: 32 = 3-.:3-02 2 a=a-G=a,+0,- 4.2 Nello spazio La generalizzazione allo spazio tridimensionale è piuttosto facile, per le proprietà già viste delle operazioni sugli spostamenti e per le proprietà dei versori degli assi. 4.2.1 Somma e differenza Si ha: (7+D),=(@+8)-î=a,+b, (a+6),=(7+D)-j=ay+b, +3 Lo +b):=(d+b)-k=a.+b; sostituendo ad @ l’espressione @x ? + ay] + a-k , e analogamente per b, e poi applicando le proprietà delle operazioni. > si 4.2.2 Prodotto per uno scalare Si ha ovviamente: (Ad), = AQ (Ad), = A@y (Ad). = Aa, . 2.3 Prodotto scalare L 4. Se d= (a,, ay, a;) € b= (dx, by; b.) sono due spostamenti qualsiasi nello spazio, si ha: d-b= [a] |b] cos? = a,b, + ayby + ab. ; 14 e quindi: |a] = ya2 + a? + a2 Dalla prima relazione si ottiene l'equazione importante per trovare l’angolo tra due sposta- menti di cui sono note le componenti: Ly, Lyb, 1,b, 8 = arccos (frtobtot la] |b] N.B. Le operazioni sugli spostamenti risultano particolarmente semplici in coordinate carte- siane ortogonali. Essendo operazioni lineari (somma e moltiplicazione per uno scalare) e bilin- eari (prodotto scalare) non deve stupire che assumano una forma semplice sugli spostamenti quando questi vengono rappresentati come combinazioni lineari di tre spostamenti ortogonali unitari. Inoltre le operazioni definite in coordinate cartesiane ortogonali si generalizzano imme- diatamente a qualunque dimensione e per questo sono le uniche coordinate che appaiono nello studio degli spazi vettoriali (vedi corso di Geometria). L'insieme degli spostamenti, con la sua struttura algebrica (somma e prodotto per uno scalare) e metrica (prodotto scalare), definisce lo “spazio vettoriale euclideo” a due e tre dimensioni che viene rti è studiato, in un ambito di maggiore generalità, nel corso di Geometria. Tramite gli spostam possibile costruire figure piane (ad esempio i poligoni regolari, cerchi etc) e delimitare regioni dello spazio (ad esempio i solidi regolari) le cui proprietà ci sono state insegnate nei primi anni di scuola. Tra le proprietà dimostrate per le figure geometriche ricordiamo per esempio: - la somma degli angoli interni di un triangolo è di 180°; - per un triangolo qualunque vale il Teorema di Carnot (in particolare vale il teorema di Pitagora per i triangoli rettangoli); - il rapporto tra la lunghezza della circonferenza e quella del suo raggio vale 27. Come abbiamo già notato nei commenti alla definizione di spostamento, gli enti geometrici punto, retta, ecc. sembrano adatti a descrivere lo spazio intorno a noi; gli assiomi della geometria euclidea (per esempio quello delle parallele) sembrano perfettamente soddisfatti da “punti e rette reali” e le loro conseguenze sono pertanto proprietà ben verificate nei cerchi e nei triangoli che possiamo fisicamente disegnare o ricostruire strumentalmente, almeno sulle scale di lunghezza accessibili all'esperienza quo- tidiana (anche se raffinata dall’uso di sofisticati strumenti scientifici). La verifica sperimentale della validità della geometria euclidea come modello per lo spazio diventa però problematica nell’infinita- mente piccolo e nell’infinitamente grande, o in condizioni comunque molto diverse dall’esperienza quotidiana. Alla fine del secolo XIX, fu dimostrata la non contraddittorietà di geometrie basate su in- siemi di assiomi differenti da quelli della geometria euclidea. Quest'ultima rimase per qualche decennio la geometria che descriveva la realtà, ma perse lo status di unica geometria teoricamente possibile. Al- l’inizio del secolo XX (1915 - 1917) Einstein propose la teoria della Relatività Generale: lo spazio ed il tempo erano contemporaneamente descri localmente tanto meno euclidea quanto più elevate erano le densità di materia e di energia presenti. da una geometria a quattro dimensioni, la cui struttura era Negli stessi anni la Meccanica Quantistica, nata per descrivere la dinamica delle particelle che cost. tuiscono gli atomi, poneva severe limitazioni alla possibilità di usare concetti classici di “posizione” in ambito microscopico. Esperimenti di grande precisione hanno dimostrato la validità della Relatività Generale su grande scala (rimane ancora aperto il problema di costruire una teoria che inglobi Relatività Generale e Mec- canica Quantistica). Sono oggi disponibili strumenti tecnologici commerciali che calcolano i loro dati tenendo conto di correzioni dovute alla natura “non euclidea” dello spazio-tempo (ad esempio il GPS, + inversioni) il prodotto scalare di due spostamenti qualunque (in particolare la lunghezza di qualunque spostamento) rimane invariato. Il numero @ - b non gode di questa proprietà di invarianza per il solo fatto di essere un numero. Anche la prima componente di un qualunque spostamento @ è un numero, ma varia per cambiamento di assi cartesiani ortogonali. 5.2 Nello spazio Con qualche complicazione in più dovuta al fatto che una rotazione non è più definita da un solo angolo, si ripetono le considerazioni fatte nel caso piano. Però, le equazioni di trasformazione, per rotazione degli assi, delle componenti di un qualunque spostamento nello spazio si ottengono in maniera analoga, e qui vogliamo solo accennare al fatto che possono essere scritte in forma compatta mediante una matrice 3x3 (intuitiva generalizzazione del caso piano): dal Ì È day vw |7 3 sù Ì dn Jk dy da k'.î o k'-jo k'-k la Le inversioni di asse danno luogo a trasformazioni particolarmente semplici: quelle compo- nenti dello spostamento d, relative agli assi invertiti, cambiano segno; ma rimane invariato il prodotto scalare di due spostamenti e la lunghezza di uno spostamento. Il prodotto scalare tra due spostamenti (e il modulo di uno spostamento) è invariante per qualunque cambiamento di assi cartesiani ortogonali con la stessa origine (rotazioni degli assi + inversioni). 6. Grandezze e spazi vettoriali in Fisica. Altre operazioni Abbiamo definito l’insieme degli spostamenti, le operazioni algebriche sugli spostamenti e come essi si trasformano per cambiamento di assi cartesiani di riferimento. Come abbiamo già osservato, questo insieme astratto sembra modellare perfettamente la struttura dello spazio fisico. In particolare lo utilizzeremo nell'immediato futuro per descrivere la “scena” in cui avviene il moto dei corpi. Sperimentalmente si verifica che varie grandezze fisiche sono ben rappresentate da strutture identiche a quella introdotta per gli spostamenti: queste grandezze richiederanno lo stesso ome di numeri per essere specificate, avranno le stesse regole di somma, e le loro componenti cartesiane si trasformeranno nello stesso modo per rotazione degli assi cartesiani ortogonali di riferimento. ins I valori possibili di queste grandezze saranno, come gli spostamenti, ben rappresentati da elementi di un insieme che chiamiamo “spazio vettoriale euclideo a due o tre dimensioni pur non avendo niente a che fare con spostamenti, posizioni spaziali e neppure lunghezze. Ogni elemento di questo insieme verrà da ora definito generalmente come vettore. La radice quadrata della somma dei quadrati delle componenti cartesiane ortogonali di un vettore (la lunghezza nel caso degli spostamenti) sarà detto modulo del vetto Si dirà grandezza vettoriale ogni grandezza fisica che abbia le proprietà, verificate sp mentalmente, di un vettore: in particolare quelle di trasformazione per rotazione e inversione degli assi. 18 Ogni grandezza fisica che, come il prodotto scalare tra due spostamenti, è definita da un numero che non varia per rotazione e inversione degli assi del sistema cartesiano ortogonale di riferimento, si dice grandezza scalare (come notato precedentemente non è sufficiente che una grandezza sia espressa attraverso un numero perché sia una grandezza scalare). 6.1 Altre operazioni sullo spazio dei Vettori Prodotto vettoriale: dati due vettori qualsiasi e non nulli e È (vedi la figura 19), sì definisce loro prodotto vettoriale, e lo indicheremo @ x bd o anche d A b, il vettore che ha direzione perpendicolare al piano individuato da @ e d, modulo dato da: la x t| = |] |b] sin@ (con 0 = l’angolo tra è e d minore 0 uguale a 7) [Nota: sono dunque 2 gli angoli, @ e 7 — @, che hanno lo stesso seno] e verso uguale a quello in cui avanzerebbe un cavatappi (o una vite destrorsa, cioè la maggior parte delle viti), immaginando di ruotare @ verso b (in altre parole d, b e @ x b devono formare una terna destrorsa) [questa è detta “regola del cavatappi”]. Si noti che la definizione di prodotto vettoriale è intrinsecamente tridimensionale e non è estendibile a una e due dimensioni. Se @ e b sono due spostamenti, Infatti, dx tl è l’area del parallelogramma individuato da d e b ‘|d] sin 0” e “b] sin?” rappresentano le due altezze del parallelogramma. Figura 19: prodotto vettoriale di due vettori Se axB=0 ivettori è e d (non nulli) hanno necessariamente la stessa direzione (paralleli o antiparalleli). Esiste dunque un A, numero reale, tale che d = A con X positivo o negativo a seconda che & e È siano paralleli o antiparalleli. Dalla definizione si vede facilmente che: iaxb=-bxd (anticommutatività del prodotto vettoriale) e che 2 2 2 (Ma)xb= dx (Ab) =A(dxb) VAER. Si dimostra che vale la proprietà distributiva del prodotto vettoriale rispetto alla somma: dx (b+=daxb+adx € 19 (per la dimostrazione si possono vedere i problemi 25 e 26, pagg. 22 e 23, del capitolo 2 di Spiegel, Analisi vettoriale, su questa stessa pagina-web). Inoltre, se î, } e & sono i versori degli assi di una terna cartesiana destrorsa si hanno le 3 3 seguenti relazioni, molto importanti nelle applicazioni: Il EOS Il PRC x _ x _ x _ x x x — TU; Il © " îxî=jx =kxk=0 = Questa tabella dei prodotti vettoriali dei versori e l’uso della distributività del prodotto vettoriale rispetto alla somma permettono di calcolare facilmente le componenti (cartesiane) ortogonali del vettore d x b in termini delle componenti di d e db: daxb = (asî+ayj+a.k)x (b,î+b,j+b.k)= (a,b: — a:b,) è + (a,b — asb;) j+ (axby — aybe) È cioè (Ax db), = ayb. — asby @x Bb), = ab — ab. (ax d). = @gby- dybs (si faccia attenzione all'ordine nella componente sull’asse y !). Utilizzando la notazione matriciale, le relazioni precedenti possono essere scritte in forma compatta come sviluppo del determinante: _ î 3 k daxb=det | a; a, a. b, by bd. NOTA - Come abbiamo sottolineato nella definizione di vettore, la natura vettoriale di una quantità deve essere verificata (non semplicem asserita come abbiamo fatto per dxb ). La nostra definizio! individua a xb con un modulo, una direzione ed un verso come accade per un vettore, ma implica anche una maniera specifica di cambiamento di coordinate per trasformazione ortogonale di assi (rotazione ica di un vettore. + inversione), che non abbiamo ancora verificato essere quella caratte come a e db, o, da xb cambia necessariam re verificato direttamente dalle trasformazioni per Per rotazione della terna cartesiana di riferim quindi come un vettore (questo può comunque ess le componenti di @ e b ). Per inversione totale degli assi a' = —x, y' = —y, 2' = —2 (la terna diventa sinistrorsa) si ha: @x E), = ad, — asby = (-ay)(-bo) — (-am)(-by) = (7x Î)e e analogamente per le altre componenti. Le componenti del prodotto vettoriale tra due vettori, in seguito ad inversione spaziale degli assi cartesiani, non cambiano, diversamente da come si trasforma un le carat vettore. Ogni quantità che, come il prodotto vettoriale tra due vettori, possiede t di un vettore per rotazione della terna di riferimento, ma non cambia segno per inversione totale degli assi, si dirà grandezza pseudovettoriale. 20 Sarà utile, e importante, la relazione che lega il momento risultante, dell’insieme dei vettori i, rispetto al polo O a quello calcolato rispetto ad un polo diverso 0’. Calcoliamo: o =Y OBxÈ, = > (TÈ +0) x À,= il i=l n » TÒxR+Y Dx = = TÀ xY È, + Mo = i=l1 TÒx 79 + Mo nell'ultimo passaggio il vettore À (ris) si deve intendere il “risultante” (cioè la somma vettoriale) dei vettori A; applicato al punto O. Se il vettore risultante di un insieme di vettori è nullo, il momento risultante di essi, che in generale non è nullo, non dipende però dal polo rispetto al quale è calcolato (vedi un'importante applicazione di questo risultato nel paragrafo 7.2). 7 Unaltro vettore nello spazio fisico: la forza Qui non vogliamo entrare nel merito del concetto di forza, che è un concetto assai delicato, al quale nel corso di Meccanica verrà dedicato un grande spazio e un trattamento approfondito. Quella che segue è una breve introduzione ad alcuni esercizi che riteniamo utili in quanto palestra per le operazioni di calcolo vettoriale che poi ci accompagneranno in tutto il corso. Attenzione, dunque, a non considerarla come una comoda semplificazione di quello che verrà studiato, più avanti, in Dinamica. Ci limitiamo, allora, a utilizzare la conoscenza scolastica e la nozione intuitiva di forza. Questa nozione intuitiva è quella di “spinta” o “azione” di un corpo su di un altro, e in maniera naturale siamo portati ad attribuirle una intensità, una direzione ed un verso. Ci convinceremo che effettivamente la forza si comporta esattamente come un vettore nel senso più profondo che abbiamo introdotto nelle precedenti due sezioni: cioè le sue proprietà di trasformazione per cambiamento del sistema di riferimento cartesiano sono quelle del vettore. Più precisamente questo vettore rappresenta un’azione ed è applicato..: ad un corpo pun- tiforme, oppure è applicato a elementi infinitesimi di massa, appartenenti a porzioni di un corpo esteso (ad es. una superficie esterna) o appartenenti all’intero corpo. Oppure, come vedremo più avanti nel corso, si tratta di un vettore definito in ogni punto dello spazio, indipendente- mente dalla presenza di un corpo materiale, è una Funzione vettoriale che chiameremo Campo di forze. In Meccanica si studiano forze macroscopiche che agiscono su corpi macroscopici; queste pos- sono essere messe in relazione con due delle Interazioni fondamentali della materia, l’interazione gravitazionale e l’interazione elettromagnetica. La Forza Gravitazionale rientra tra le interazioni fondamentali; essa nello schema della “Mec- canica classica” è una forza macroscopica ed “opera a distanza”; più propriamente sarà rapp- resentata da un Campo di forze. Tutte le altre forze macroscopiche della Meccanica sono forze “di contatto”, insorgono cioè a causa del contatto di un corpo con un altro (0 anche di un corpo con un fluido), e sono riconducibili in ultima analisi all’interazione elettromagnetica. Il termine “interazione” è quello più appropriato per parlare di forze, perché si tratta sempre di azioni reciproche per ogni coppia di corpi che prendiamo in esame. Questo fatto 23 verrà asserito in un principio, che chiameremo “Principio di Azione e Reazione”: se un corpo A esercita una forza (AZIONE) su un corpo B, allora B esercita su A una forza uguale e contraria (REAZIONE, rappresentata da un vettore uguale ed opposto al primo). In realtà, le nozioni di Azione e Reazione sono speculari e possono essere scambiate tra loro: non si può dire quale sia l’azione e quale la reazione. Attenzione: Per ogni corpo che ci troveremo a considerare, dovremo chiederci quale sia l’altro corpo con cui “scambia” ognuna delle forze che identifichiamo come agenti su quel corpo. Ripetiamo, la ricerca andrà eseguita per ognuna delle forze! Un altro principio che discende dai Principi della Meccanica e qui abbiamo bisogno di an- ticipare, è il “Principio dell’Equilibrio” per i corpi puntiformi: affinché un corpo puntiforme inizialmente fermo rimanga fermo, occorre che le forze agenti su di esso siano in “equilibrio”, che si compensino tra loro, abbiano cioè somma vettoriale nulla. Abbiamo già precisato che i corpi puntiformi sono corpi osservati da distanze tali da non poterne apprezzare le dimensioni e le deformazioni, ma consideriamo altresì puntiformi anche quei corpi che solo per comodità disegniamo come estesi, ma non possono essere soggetti ad eventuali moti di rotazione. Allora, dobbiamo innanzi tutto imparare a riconoscere le forze che agiscono su un corpo (su ciascun corpo). Questa sezione è concepita per introdurre alcune delle forze macroscopiche della Meccanica senza una definizione accurata, che verrà data più avanti nel corso, ma solo attraverso degli esempi. Le forze sono: la forza Peso, la Reazione vincolare Normale, la forza di Attrito radente Statico, la Tensione di un filo, e la forza (Elastica) di una molla ideale. La Forza Peso, per ora, sarà semplicemente quella forza che ogni corpo “scambia” con la terra (cioè la forza gravitazionale; ma si tratta di una approssimazione, come vedremo). Essa è data da: mi g (con m; massa del corpo i. mo e g accelerazione di gravità) e comparirà solo una volta e su ciascun corpo, perché la sua opposta agisce sulla terra! Il vettore 7 ha la direzione della verticale, il verso in giù e il modulo uguale a g = 9.81 m/s? (con piccole variazioni da luogo a luogo). Quanto ai corpi in contatto, essi, a due a due, si “scambiano” sempre una coppia o, a volte, due coppie di forze. La prima coppia di forze riguarda quelle che chiamiamo Reazioni vincolari Normali: sussistono se e solo se i corpi sono in contatto e “premono” l’uno verso l’altro, e quindi stanno a schematizzare quelle forze microscopiche (molecolari) che impediscono la penetrazione dei corpi; esse sono sempre perpendicolari alle superfici di contatto nel punto o punti di contatto, il verso è quello che impedisce la penetrazione e il modulo è una incognita, perché dipende dalla pressione di cui abbiamo detto prima. Esse sono denotate in generale: N, e N la sua controparte ; con eventuali indici, a seconda dei corpi in gioco. Il modulo vi dovrà essere determinato. Le seconde due forze sono tangenti alle superfici di contatto, sono dette Forze di Attrito radente Statico e sussistono se le superfici non sono lisce e impediscono quindi lo scivola- mento dell’una sull’altra. Le componenti tangenziali di queste forze sono incognite: infatti il loro verso non è noto a priori e va determinato, così come il loro modulo è una incognita; questo però non può essere arbitrariamente grande, oltre una certa soglia i corpi si mettono in movimento. Negli esempi di cui ci occuperemo, ammetteremo che i corpi siano fermi e, quando le superfici non sono lisce e presentano dunque attrito radente, avremo da determinare 24 quel valore incognito della loro componente tangenziale. Le Forze di Attrito radente Statico sono denotate in generale: _ _ Ta, © —fa la sua controparte . Un corpo, inoltre, può essere attaccato ad un filo e ci interessa la situazione in cui il filo è teso: in questo caso esiste una forza lungo il filo e tra gli elementi del filo che si chiama, appunto, Tensione. L’altra estremità del filo è attaccata ad un altro corpo. Un filo può essere considerato allora il tramite di una coppia di forze che si esercitano alle sue estremità sui due corpi. Nel nostro corso, questo filo verrà considerato sempre inestensibile e di massa trascurabile: viene detto “filo ideale”. Si vedrà che per un filo ideale la tensione che si trasmette all’interno del filo ha modulo che non varia lungo il filo, e quindi alle due estremità avremo due tensioni con queste proprietà: ciascuna punta dal lato del filo (“tira il corpo”), entrambe hanno la direzione individuata dal filo e hanno il modulo uguale, questo modulo è una incognita (anche qui inferiore ad una certa soglia, che è la tensione di rottura). Le Tensioni alle estremità di un filo sono denotate in generale: 7, e —7 lasua controparte ; con eventuali indici per ogni tratto di filo. Le tensioni e le reazioni vincolari normali possono annullarsi per un istante e poi tornare ad essere non nulle, ma NON possono cambiare verso, non funzionano cioè come impedimento allo spostamento del corpo in entrambi i versi: un corpo sì può staccare dall’altro corpo e un filo si può “allentare” e non esercitare più alcuna forza sul corpo. Si tratta di vincoli monodirezionali. Anche la molla, di cui ci occuperemo in tutto il resto del corso, non è come le molle che conosciamo nella vita reale; come il filo, essa ha una massa trascurabile e le forze che esercita sui due corpi che sono attaccati alle sue estremità sono uguali ed opposte e hanno la direzione dell’asse della molla. Esse si chiamano Forze Elastiche. Questa molla viene detta “molla ideale”. A differenza del filo, però, funziona in entrambi i sensi, sia in allungamento che in compressione, e il modulo della Forza Elastica non è incognito ma è proporzionale alla deformazione della molla rispetto alla sua lunghezza di riposo. Maggiori spiegazioni verranno date a lezione. Passiamo ora a presentare alcuni esempi di equilibrio per corpi puntiformi. In questi esempi c’è un disegno che rappresenta uno o più corpi macroscopici in interazione, e tutti interagenti con la terra (!). Nella discussione che verrà fatta in classe si chiarirà bene quali sono dei blocchetti praticamente puntiformi, che solo per evidenza vengono disegnati come quadrati o rettangoli, e quali sono dei corpi estesi di cui è in evidenza solo una superficie o tutte le superfici esterne (come nel caso dei cunei triangolari), e non sono soggetti a moti di rotazione. Per ognuno dei corpi andranno individuate tutte le forze che agiscono su quel corpo, e per ognuna delle forze andrà disegnata sul proprio quaderno una freccia che la rappresenti correttamente, con accanto il suo “nome” (lettera con freccia, N). Questo diagramma andrà ripetuto per ognuno dei corpi, eventualmente disegnati separatamente se questo può rendere più chiaro il disegno, ma a partire dal secondo corpo (vedi Esercizio n. 3) le forze opposte (perché controparte di una forza di interazione) avranno vettore opposto indicato con — “nome” (es. N. Questo diagramma prende il nome di “diagramma delle forze di corpo singolo” (o anche “di corpo libero” ). Questi esempi verranno introdotti e commentati in classe; poi verranno assegnati come Es- ercizi: per individuare le forze agenti, per disegnare i diagrammi delle forze; per introdurre opportuni sistemi di assi cartesiani ortogonali e per considerare su di essi le componenti ortog- onali delle singole forze, in modo da ottenere dei sistemi algebrici (di primo grado) nei valori incogniti del modulo delle forze di cui abbiamo detto. Qui di seguito altri esercizi, con carrucole ideali, fili e molle ideali. Si chiama “carrucola ideale” una carrucola con massa e raggio trascurabili: essa ha la proprietà che le due tensioni applicate nei due punti dove il filo si distacca dalla carrucola hanno lo stesso modulo (sia all’equilibrio, come in questi casi, sia con il filo in movimento). Esercizio n. 6 CUL, Ubi m=0 A B Figura 27: Carrucole in equilibrio: ci interessa solo il primo caso nell’approssi- mazione di massa trascurabile Esercizio n. 7 superficie del piano inclinato liscia o con attrito Figura 28: Piano inclinato senza e con attrito; carrucola e filo ideali Esercizio n. 8 7 Figura 29: Doppio piano inclinato senza attrito con due blocchi, poggiato su un piano orizzontale liscio: 3 corpi, dunque (carrucola e filo ideali). 28 Esercizio n. 9 Figura 30: Piano orizzontale con attrito; carrucole (di cui una mobile) e filo ideali Esercizio n. 10 Figura 31: Molla ideale in verticale con corpo attaccato ad una estremità 7.2 Esercizi di equilibrio di corpi estesi rigidi Nel corso di Meccanica ci occuperemo di corpi estesi “rigidi”, per i quali cioè non cambiano nel tempo le distanze tra i punti interni. In particolare, avremo sempre a che fare con corpi rigidi “omogenei”, nei quali la distribuzione della massa è uniforme. Delle forze che abbiamo introdotto in precedenza, la forza peso è applicata ai singoli ele- mentini di massa dell’intero corpo, la reazione vincolare normale e la forza di attrito statico sono distribuite sull’intera superficie di contatto; solo la tensione del filo e la forza elastica sono applicate ad un solo elementino (punto) del corpo. Per un corpo rigido omogeneo, quel particolare punto geometrico che viene detto “Centro di Massa” (la cui definizione, come vedremo nella seconda parte del corso, sarà data per 29 qualunque sistema di punti e di corpi) si trova semplicemente nel centro geometrico del volume occupato dal corpo omogeneo. Si dimostrerà che a questo punto si può considerare applicato, a tutti gli effetti, il vettore risultante delle forze peso elementari. Se i corpi rigidi possono essere soggetti a moti di rotazione, allora deve essere enunciato un incipio dell’Equilibrio” più generale: affinché un corpo rigido inizialmente fermo rimanga fermo, occorre a) che la risultante delle forze agenti su di esso sia nulla e b) che sia nullo il momento risultante di tutte le forze, rispetto a qualunque polo. Per quanto visto nel paragrafo 6.1.2, in seguito ad a) il momento risultante non dipende dal particolare polo prescelto (e quindi si effettuerà la scelta nel modo più conveniente). Negli esercizi che seguono, per i corpi puntiformi si procederà come nel paragrafo precedente, mentre per i corpi estesi (rigidi e omogenei, di massa M) le forze andranno proiettate su due assi cartesiani, introdotti opportunamente nel piano del foglio, e i momenti andranno proiettati sul terzo asse della terna, ortogonale al foglio. Esercizio n. 11 sistema in cquilibrio my n LU di o di °° — f\ /_\ AE Figura 32: Altalena con due blocchi in equilibrio Esercizio n. 12 tavolo liscio È Figura 33: Asticella poggiata su piano orizzontale liscio e retta da un filo attaccato all’estremità superiore 30
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