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Iconografia e Iconologia riassunto Panofsky, Sintesi del corso di Storia Dell'arte

Riassunto esaustivo delle 26 pagine del capitolo "Iconografia e Iconologia", contenuto nell'opera "Il significato nelle arti visive" di Erwin Panofsky. Utile al conseguimento dell'esame di Iconografia e Iconologia con il professore Moretti.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 22/11/2021

alessandramma
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Scarica Iconografia e Iconologia riassunto Panofsky e più Sintesi del corso in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! Il significato nelle arti visive Erwin Panofsky Iconografia e iconologia I L'iconologia è quel ramo della storia dell'arte che si occupa del soggetto o significato delle opere d’arte contrapposto a quelli che sono i loro valori formali, cioè la sfera del soggetto secondario 0 convenzionale - il mondo dei temi specifici o concetti delle immagini, delle storie, delle allegorie - di contro alla sfera del soggetto primario o naturale, cioè della dimensione dei motivi artistici. Andremo ora ad analizzare ognuno di questi termini. Il soggetto o contenuto dell’opera d’arte è distinto in tre strati: 1. Soggetto primario o naturale > suddiviso a sua volta in: > fattuale, cioè di natura elementare, facilmente comprensibile; > espressivo, da intendere grazie all'esperienza pratica, alla propria empatia, alla propria consuetudine quotidiana con dati oggetti o eventi; * Essoèapprendibile in vari modi: >» identificando le pure forme, cioè configurazioni di linee e colori, blocchi di bronzo o pietra modellati in un certo modo, rappresentazioni di oggetti, animali, uomini, etc. » identificando le mute relazioni di tali forme come eventi; >» cogliendo qualità espressive, come il carattere doloroso di una posa, di un gesto, l'atmosfera di un interno, e così via. ® Il mondo delle pure forme riconosciuto come portatore di significati primari o naturali è chiamato mondo dei motivi artistici. ® L'enumerazione dei motivi artistici è una descrizione preiconografica dell’opera d’arte. 2. Soggetto secondario o convenzionale: esso è riconoscibile attuando una connessione tra i motivi artistici e le combinazioni di motivi artistici, cioè delle composizioni, con temi e concetti. ® motivi riconosciuti come portatori di un significato secondario o convenzionale sono chiamati immagii * Le combinazioni di immagini sono chiamate sto! definivano invenzioni); e allegorie (gli antichi teorici dell’arte le ® L'identificazione delle immagini, storie e allegorie, è competenza dell’iconografia. 3. Significato intrinseco o contenuto: apprendibile individuando i principi di fondo che rivelano l'atteggiamento fondamentale di una nazione, un periodo, una classe, una concezione religiosa o filosofica, esso è qualificato da una personalità ed è condensato in un’opera. * Considerandole pure forme, i motivi, le immagini, le storie e le allegorie come manifestazioni di principi di fondo, diamo a questi elementi il significato di valori simbolici (secondo il significato attribuito da Ernst Cassirer). Iconografia - Il suffisso “grafia” deriva dal verbo graphein, scrivere, e indica un modo di procedere puramente descrittivo. - L'iconografia è una descrizione e classificazione delle immagini: è uno studio limitato che ci dice quando e dove certi determinati temi trovarono formulazione visiva attraverso certi determinati motivi. - Essaè utile per fissare date, stabilire provenienze, assicurare l'autenticità delle opere; fornendo anche la base per ogni interpretazione successiva, pur non analizzandone alcuna essa stessa. Essa classifica i dati oggettivi ma non ne indaga la genesi e il significato. Iconologia - Il suffisso “logia” deriva da logos, pensiero/ragione, e indica un modo di procedere interpretativo. 1 - L'iconologia è un metodo di interpretazione che si fonda sulla sintesi, più che sull’analisi. - La corretta analisi di immagini, storie e allegorie è la condizione preliminare per una corretta interpretazione iconologica. Ciò non avviene esclusivamente per le opere d'arte in cui il mondo dei contenuti secondari o convenzionali è eliminato, consentendo il passaggio diretto dai motivi al contenuto (pittura europea di paesaggio, di natura morte, di genere, “arte non oggettiva”). Quando il lavoro di indagine può considerarsi corretto nei tre livelli prima considerati? A ognuno dei tre gradi le identificazioni e le interpretazioni dipendono dalla nostra soggettiva attrezzatura, per questo devono essere sempre integrate e corrette dallo studio dei processi storici, il cui insieme può essere chiamato tradizione. 1. Nel caso della descrizione preiconografica, limitata alla sfera dei motivi, gli oggetti e i fatti possono essere identificati in base all'esperienza pratica. Quando l’esperienza pratica non è sufficiente, si può ampliare la propria conoscenza consultando un libro o un esperto. In realtà, in linea di principio, non è possibile arrivare a una corretta descrizione preiconografica, o identificazione del contenuto primario, applicando indiscriminatamente la nostra esperienza pratica all'opera d’arte. Essa è sufficiente per l’analisi, ma non ne assicura la correttezza. Per poter integrare e correggere la nostra esperienza pratica occorre indagare il modo in cui, col mutare delle condizioni storiche, gli oggetti e i fatti sono stati espressi in forme diverse, indagando, cioè, la “storia dello stile”. 2. L'analisi iconografica presuppone una familiarità con temi specifici e concetti trasmessi da fonti letterarie ed acquisiti sia attraverso letture ad hoc, che attraverso la tradizione orale. Anche in questo caso lo strumento attraverso cui condurre l’analisi - le fonti letterarie - può risultare insufficiente, come lo era l'esperienza pratica nel caso dell'analisi preiconografica, perciò è necessario integrare e correggere le fonti indagando il modo in cui, col mutare delle condizioni storiche, temi specifici e concetti sono stati espressi in oggetti ed eventi, indagando, cioè, la “storia dei tipi 3. L'interpretazione iconologica necessita di una facoltà mentale che può essere definita “intuizione sintetica”, che può appartenere tanto all’erudito specialista, quanto al profano talento. Quanto più soggettiva e irrazionale è questa fonte di interpretazione, tanto più è necessario l'intervento di correttivi e controlli (come per i due momenti precedenti). La nostra intuizione sintetica deve essere corretta dallo studio del modo in cui, mutando le situazioni storiche, muta anche la maniera in cui le tendenze generali ed essenziali dello spirito umano sono espresse attraverso temi e concetti specifici, dallo studio, cioè, della “storia dei sintomi culturali” o dei “simboli Lo storico dell’arte deve definire ciò che egli crede possa essere il significato intrinseco dell’opera, o gruppo di opere, cui dedica la sua attenzione, di contro a ciò che crede essere il significato intrinseco del maggior numero possibile di altri documenti di cultura storicamente riferiti a quell’opera o gruppo di opere, riferibili a tendenze politiche, poetiche, religiose, filosofiche e sociali della personalità, del periodo, del paese in analisi. Possiamo parlare di movimento protoumanistico, cioè di un interesse per i temi classici, ma non per i motivi classici, che ha il suo centro nelle regioni settentrionali dell'Europa e si contrappone al movimento protorinascimentale, che consiste nell'interesse ai motivi classici, ma non ai temi, e che ha il suo centro in Provenza e in Italia. Gli artisti, a partire dal secolo XI, cercano di tradurre in immagini quei testi protoumanistici rappresentandoli in maniera molto diversa dalla tradizione classica. Tra i primi esempi, una miniatura del 1100 c.a., forse della scuola di Regensburg, rappresenta le divinità classiche secondo le descrizioni del Commento a Marziano Capella di Remigio. Apollo è raffigurato su un rustico carro che regge con una mano una specie di mazzo di fiori formato dai busti delle Tre Grazie. Saturno è una sorta di statua di portale romanico, lo sparviero di Giove è munito di una grossa aureola, come l'aquila di San Giovanni Evangelista o la colomba di san Gregorio. Il divario tra tradizione figurativa e testuale non è sufficiente a spiegare la dicotomia tra motivi e temi classici caratteristica del Medioevo. Anche in quei settori in cui la tradizione figurativa classica si era mantenuta, in cui, cioè, si era copiata l’immagine classica, ovvero la fusione di un tema classico con un motivo classico, essa fu abbandonata per rappresentazioni totalmente non classiche non appena il Medioevo ebbe raggiunto uno stile interamente suo. Esempi di questo tipo si hanno innanzitutto in figure classiche che ricorrono in rappresentazioni di soggetti cristiani, come le personificazioni di forze naturali nel Salterio di Utrecht o il sole e la luna nella Crocifissione. Mentre gli avori carolingi mostrano ancora i tipi perfettamente classici della Quadriga Solis e della Biga Lunae, questi tipi vengono sostituiti da altri non più classici nelle rappresentazioni romaniche e gotiche. Le personificazioni tendono a scomparire, solo gli idoli pagani, che ricorrevano solitamente nelle scene di martirio, conservano il loro aspetto classico più a lungo delle altre immagini per il fatto che erano i simboli per eccellenza del paganesimo. Immagini schiettamente classiche compaiono nelle illustrazioni a testi che già erano stati illustrati nella tarda antichità, per cui gli artisti carolingi si trovano ad avere a disposizione modelli figurativi, come nel caso delle commedie di Terenzio, dei testi incorporati nel De Universo di Rabano Mauro, della Psychomachia di Fulgenzio e di scritti scientifici, in particolare trattati di astronomia (immagini mitologiche nelle costellazioni e simbolizzazioni di pianeti). In tutti questi casi le immagini classiche sono copiate fedelmente nei manoscritti carolingi e sono riprese poi nei loro derivati, ma vengono poi abbandonate e sostituite nel XIII e XIV secolo. Per lo spirito medievale l’antichità classica era troppo remota e nello stesso tempo troppo presente perché potesse essere concepita come un fenomeno storico. Da un lato si sentiva la continuità senza fratture della tradizione, per cui l'imperatore tedesco era considerato diretto successore di Cesare e Augusto, i grammatici guardavano a Cicerone come loro antenato, i matematici facevano risalire a Euclide la loro genealogia; dall'altro, però, si sentiva che tra la civiltà pagana e quella cristiana si era creata una frattura insuperabile. Queste due tendenze non potevano equilibrarsi. L'incapacità di intendere l’intrinseca rispondenza di temi e motivi classici può spiegarsi così sia per la mancanza di sentimento storico, che col divario di concezioni tra Medioevo cristiano e antichità pagana. Mentre il paganesimo greco considerava l’uomo come una integrale unità di corpo e anima, la concezione ebreo-cristiana si fondava sull'idea della “zolla della terra” unita con la forza, o miracolosamente, con un'anima immortale. Le formule artistiche classiche che vedevano espressa la bellezza organica e le passioni animali, potevano essere riprese solo se investite di significati ulteriori, solo se rese ancillari rispetto a tematiche bibliche e teologiche. Viceversa, tali formule dovevano essere sostituite da altre in scene profane: divinità pagane ed eroi folli d'amore diventavano principi e damigelle delle corti, dall'apparenza e dai gesti conformi ai canoni della vita di società del Medioevo. Se consideriamo una miniatura trecentesca dell’Ovide Moralisé in cui è raffigurato il Ratto di Europa, gli attori esprimono poco l'agitazione appassionata: Europa, abbigliata in maniera tardo medievale, segue su un piccolo toro innocuo, come se stesse facendo la sua cavalcata mattutina e le sue compagne, abbigliate ugualmente, formano un gruppo di spettatrici tranquille. Il miniatore è incapace di dar forma alle passioni elementari. Un disegno di Durer della stessa scena accentua la vitalità passionale. La fonte letteraria non è più un testo in prosa in cui il toro era paragonato a Cristo ed Europa all'anima umana, ma i versi pagani di Ovidio stesso, ricreati in ottave da Angelo Poliziano. Questo confronto prova che la reintegrazione dei temi classici con i motivi non è solo avvenimento umanistico, quanto umano, e può essere intesa come un elemento di quella che Burckhardt e Michelet hanno chiamato “la scoperta sia del mondo che dell’uomo”. D'altra parte, è chiaro che la reintegrazione non è un semplice ritorno al passato: l'epoca intercorsa aveva cambiato lo spirito degli uomini, che non potevano tornare a essere pagani, ma dovevano creare una nuova forma di espressione, diversa stilisticamente e iconograficamente sia da quella classica, che da quella medievale, ma comunque connessa e tributaria di entrambe.
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