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III LIBRO IL PROCESSO ESECUTIVO, Appunti di Diritto Processuale Civile

riassunto del 3 volume del luiso

Tipologia: Appunti

2012/2013
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Caricato il 10/12/2013

monica1287
monica1287 🇮🇹

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Scarica III LIBRO IL PROCESSO ESECUTIVO e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! L’ESECUZIONE FORZATA NEL QUADRO DELL’ORDINAMENTO Alcune situazioni sostanziali si attuano fornendo al loro titolare poteri di comportamento e facendo obbligo a tutti gli altri soggetti di non interferire tra titolare del diritto e bene garantito, come per es. il diritto di proprietà. Queste situazioni vengono definite finali. Altre volte l’interesse del titolare è garantito da un comportamento attivo da parte di un altro soggetto, senza il quale comportamento la situazione sostanziale non è soddisfatta. Come ad es. nei rapporti di lavoro. Queste situazioni si definiscono strumentali. I doveri di comportamento si possono distinguere in primari e secondari: i primi attuano lo svolgimento fisiologico della situazione sostanziale , si tratta di casi in cui è previsto come obbligo primario quello di tenere un certo comportamento attivo; i secondi nascono da un precedente illecito, all’inottemperanza segue un dovere di contenuto diverso che ha una funzione ripristinatoria, come per es. l’art. 2043 c.c. ai fini della tutela esecutiva è sufficiente che non sia stato tenuto il comportamento che è necessario per dare al titolare l’utilità che l’ordinamento gli garantisce. In questi casi una tutela dichiarativa è inefficace. In alcuni casi lo stesso avente diritto può sostituirsi all’obbligato per ottenere quel risultato utile che l’ordinamento gli garantisce ma questa attività sostitutiva non è sempre possibile come nel caso di restituzione di somme di denaro. Lo strumento che consente all’avente diritto di ricevere quell’utilità è l’esecuzione forzata. Può accadere che il titolare del diritto debba procurarsi un titolo esecutivo giudiziale attraverso un processo di cognizione ma l’accertamento dell’esistenza del diritto non è presupposto indispensabile e costante. In sede di tutela esecutiva l’obbligo di effettuare la prestazione si dà per scontato che sussiste. L’ESECUZIONE DIRETTA E L’ESECUZIONE INDIRETTA Il diritto d’azione e difesa previsto dall’art. 24 cost. comprendono anche la tutela esecutiva. All’inadempimento dell’obbligato si può reagire con l’esecuzione diretta o indiretta. Esecuzione diretta Si ha tutte le volte in cui l’inerzia dell’obbligato è sostituita dall’attività dell’ufficio esecutivo. Che si attiva in luogo dell’inadempiente compiendo quello che avrebbe dovuto fare lo stesso. L’ufficio esercita i poteri e le facoltà dell’obbligato inadempiente. I due tipi di attività, quella dell’ufficio e quella dell’obbligato, devono essere omogenei altrimenti l’avente diritto otterrebbe un’utilità diversa. Questa tecnica ha un limite naturale e cioè l’obbligo deve essere fungibile cioè al titolare deve essere indifferente che la prestazione provenga dall’ufficio anziché dall’obbligato. Sono obblighi infungibili quelli in cui l’adempimento personale da parte dell’obbligato è determinante o a causa del contenuto personale della prestazione o perché si tratta di obblighi di astensione che sono tutti infungibili. Esecuzione indiretta Si ha quando si tratta di obblighi infungibili: occorre indurre l’obbligato ad adempiere prevedendo che vada in contro a conseguenze più onerose dell’adempimento. Si ha esecuzione indiretta con misure coercitive civili quando è previsto che a carico dell’inadempiente sorge l’obbligo di pagare una somma di denaro per ogni periodo di inerzia ulteriore o per ogni violazione del dovere di astensione. La somma è determinata con riferimento ad un’unità temporale e con riferimento ad ogni illecito commesso per la violazione degli obblighi di astensione. Il beneficiario delle somme può essere o lo stato o la controparte. Si ha esecuzione indiretta con misure coercitive penali quando gli ulteriori 1 inadempimenti costituiscono reato. È usato in Germania e Inghilterra e nel nostro ordinamento si alternano le misure civili e penali. Dal punto di vista dell’efficacia l’esecuzione diretta garantisce maggiormente il risultato voluto mentre l’efficacia indiretta potrebbe essere usata sia per gli obblighi infungibili che fungibili ma presenta comunque degli inconvenienti: a. Gli strumenti coattivi operano sulla volontà dell’obbligato e possono essere inefficaci se questo risulta determinato a non adempiere. b. Lo strumento coattivo di natura penale determina un appesantimento della giurisdizione. Se l’esecuzione viene utilizzata per un diritto che poi è dichiarato inesistente: il soggetto non è più tenuto ad ottemperare perché dal momento che il giudice riforma il provvedimento cade la sanzione penale e se si tratta di sanzione civile le somme versate devono essere restituite. Vi sono tre tecniche di tutela esecutiva diretta: 1. Espropriazione forzata per i crediti di danno, 2. Esecuzione per consegna o rilascio per il trasferimento del potere di fatto su beni mobili o immobili, 3. Esecuzione per obblighi di fare per tutti gli altri comportamenti fungibili. I PRESUPPOSTI E IL CONTENUTO DELLE MISURE GIURISDIZIONALI ESECUTIVE Differenze tra tutela dichiarativa ed esecutiva • Dichiarativa: il presupposto è l’affermazione da parte di chi richiede tutela che esiste una situazione sostanziale che ha bisogno di quel tipo di tutela. Unico limite è quello dell’interesse ad agire: non si ha diritto di chiedere una tutela dichiarativa quando ciò che si chiede non è utile o può essere ottenuto per altra via. Il giudice può rigettare in rito se non sussistono i presupposti processuali. Se non vi sono tali impedimenti il giudice o accoglie la domanda concedendo la tutela richiesta o rigetta la domanda. • Esecutiva: l’ufficio può o rifiutare la misura giurisdizionale o concederla e in questo caso è sempre favorevole a che la richiede. Quindi la misura è sempre a senso unico cioè favorevole all’istante a differenza della sentenza in sede di tutela dichiarativa. Non è rilevante accertare se esiste o meno il diritto perché si presume esistente. IL TITOLO ESECUTIVO Il titolo esecutivo è la fattispecie da cui nasce un effetto giuridico che è la tutelabilità esecutiva del diritto sostanziale. Si distinguono il diritto alla tutela esecutiva ch è il diritto processuale dal diritto oggetto dell’esecuzione che è il diritto sostanziale. L’art. 474 c.p.c. 2 dell’effetto giuridico, l’effetto si produce nel momento in cui è completata la fattispecie costitutiva; dall’altro vi sono gli elementi impeditivi, modificativi ed estintivi in presenza dei quali l’effetto giuridico anche se si completa la fattispecie esecutiva, o non sorge o sorge ma si modifica o si estingue. Per es. la sentenza di condanna di primo grado costituisce titolo esecutivo, il giudice d’appello può sospendere l’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado. Se il giudice d’appello consente l’esecuzione fino ad es. a 10.000 € ciò costituisce un effetto modificativo del diritto di procedere ad esecuzione forzata. Titolo esecutivo in senso documentale È un documento che rappresenta in modo incompleto la fattispecie del diritto a procedere ad esecuzione forzata. È una rappresentazione parziale della fattispecie del titolo esecutivo in quanto tale rappresentazione può essere carente di un fatto costitutivo. Per es. manca l’eventuale decorso del termine per procedere all’esecuzione. In questo caso ci si riferisce al documento cartaceo rappresentativo del diritto di procedere ad esecuzione forzata. Questa figura è stata creata per semplificare l’attività cognitiva dell’ufficio esecutivo. Nel caso delle scritture private autenticate e dei titoli di credito il titolo esecutivo in senso documentale è rappresentato dall’originale del titolo esecutivo stesso. Nel caso di provvedimenti giudiziali e atti pubblici l’originale resta al pubblico ufficiale e quindi il titolo esecutivo è costituito da una copia. Vi è però il pericolo che entrino in circolazione una pluralità di titoli esecutivo in senso documentale, pericolo fronteggiato dal meccanismo della spedizione in forma esecutiva prevista dall’art. 475 c.p.c. che consiste nell’identificare la copia dell’atto attraverso l’apposizione della formula riportata dall’art. 475 e nel differenziarla da altre copie che il pubblico ufficiale può rilasciare. La stessa disciplina si applica alle scritture private che per obbligo di legge devono rimanere presso il notaio che le ha autenticate. Eccessività delle cautele Dal momento che per es. la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado da parte del giudice d’appello o la caducazione della stessa efficacia in virtù della sentenza riformata non sono annotate sull’originale, potrebbe accadere che la parte vittoriosa in primo grado e soccombente in appello si faccia rilasciare dal cancelliere una copia del titolo esecutivo che ormai ha perso efficacia costringendo l’esecutato ad opporsi all’esecuzione. La spedizione in forma esecutiva non ha incidenza sul diritto di procedere ad esecuzione forzata. Se un atto ha efficacia esecutiva la mantiene anche se il titolo in senso documentale manca della formula esecutiva. Se un atto che non è titolo e viene per errore apposta una formula esecutiva questa non è sufficiente a far sorgere il diritto all’esecuzione forzata. EFFICACIA DEL TITOLO ESECUTIVO VERSO TERZI Il titolo esecutivo ha il carattere della concretezza in quanto individua nominativamente i destinatari dei suoi effetti. Per valutare l’efficacia del titolo esecutivo verso terzi occorre individuare quelle norme che prevedono specificatamente tale efficacia del titolo esecutivo. 5 L’art. 475 prevede che la spedizione del titolo in forma esecutiva è possibile anche a favore di soggetti non individuati nel titolo come creditori che siano successori dell’avente diritto. Successione nel diritto La successione nel diritto porta alla nascita di un diritto diverso oggettivamente e soggettivamente da quello del dante causa ma a questo connesso per pregiudizialità – dipendenza. Dall’art. 475 si ricava che insieme alla successione nel diritto sostanziale si ha una successione, un diritto diverso ma dipendente sorge in capo all’avente causa. Quindi dall’art. si ricava che insieme alla successione nel diritto sostanziale si ha successione anche nel diritto alla tutela esecutiva che spetta al dante causa. Dato che la successione è avvenuta dopo la formazione dell’atto – titolo esecutivo questo ha nei confronti del successore gli stessi effetti preclusivi che ha nei confronti del dante causa. Per es. all’erede del creditore cambiario possono essere opposte le stesse eccezioni che potevano essere opposte al de cuius. L’efficacia preclusiva riguarda solo il diritto pregiudiziale. Il successore non ha l’obbligo di dimostrare al soggetto che deve spedire il titolo in forma esecutiva la sua qualità di successore in quanto con l’opposizione all’esecuzione si può evitare la minaccia di esecuzione da parte di un falso successore. Lo scopo è quello di evitare un processo di cognizione inutile dal momento che non viene effettuata opposizione. Nel processo di opposizione spetta al creditore dimostrare ciò che ha affermato nel momento in cui ha chiesto la spedizione del titolo esecutivo. Efficacia contro gli eredi Sulla base dell’art. 477 il titolo esecutivo contro il de cuius ha efficacia contro gli eredi cioè si eredita l’obbligo. L’erede è titolare di un obbligo connesso per pregiudizialità – dipendenza con l’obbligo del de cuius. Le eventuali false dichiarazioni del creditore sono fronteggiabili dall’esecutato con l’opposizione all’esecuzione e l’onere della prova della qualità di erede. Mentre l’art. 475 ricomprende qualsiasi ipotesi di successione, l’art. 477 si riferisce solo alla successione a titolo universale ma è estensibile analogicamente ad altre ipotesi di successione in virtù dell’eadem ratio. Le differenze tra successione a titolo universale e a titolo particolare non sono rilevanti per quanto riguarda le relazioni di natura sostanziale esistenti tra l’obbligo pregiudiziale e l’obbligo dipendente. Coincidenza soggettiva tra efficacia ed esecutività L’art. 2909 c.c. prevede che la sentenza passata in giudicato ha effetti tra le parti, eredi ed aventi causa, cioè il terzo diviene titolare di un diritto o di un obbligo dipendenti da quello oggetto della pronuncia stessa. L’art. 111 c.p.c. si applica quando lo stesso tipo di successione ha luogo nel corso del processo. L’art. 1595 c.c. prevede che la sentenza pronunciata tra conduttore e locatore ha effetti anche nei confronti del subconduttore. Un’altra ipotesi è quella del socio illimitatamente responsabile di società di persone. Il titolo esecutivo formato nei confronti della società consente di procedere ad esecuzione forzata nei confronti del socio illimitatamente responsabile. L’efficacia del titolo esecutivo a favore o contro terzi non produce problemi di costituzionalità come invece li crea il fenomeno dell’efficacia della sentenza verso terzi che va rapportata al diritto alla difesa e al principio del contraddittorio. Nel caso dell’efficacia verso terzi del titolo esecutivo ciò non accade perché l’esecutato ha gli strumenti idonei per contestare la pretesa efficacia del titolo esecutivo. Il legislatore è libero di creare nuove ipotesi di efficacia del titolo esecutivo verso terzi in quanto si tratta di scelte di opportunità non essendo vincolato da principi 6 costituzionali mentre non è libero di creare ipotesi di efficacia della sentenza verso terzi perché è frenato dall’art. 24 cost. LA NOTIFICAZIONE DEL TITOLO ESECUTIVO E DEL PRECETTO Notificazione Ai sensi dell’art. 479 il titolo esecutivo in senso documentale deve essere notificato all’esecutando prima dell’inizio dell’esecuzione forzata. Contestualmente o successivamente deve essergli notificato anche il precetto che è l’intimazione ad adempiere entro un termine non inferiore a 10 giorni salvo che non sia previsto l’inizio immediato dell’esecuzione. Precetto Elemento essenziale è l’indicazione delle parti del processo esecutivo. Il precetto costituisce la necessaria attualizzazione del titolo esecutivo in senso documentale. L’art. 480 l’intimazione deve riguardare l’adempimento di obblighi risultanti dal titolo esecutivo. È possibile che il titolo esecutivo in senso documentale debba essere integrato da elementi estranei ad esso. Se il precetto segue un’esecuzione per consegna o rilascio o per obblighi di fare bisogna identificare i beni oggetto d’esecuzione già individuati ne titolo esecutivo. L’art. 480 prevede che nel precetto sia contenuta l’indicazione della data di notificazione, deve contenere la dichiarazione di residenza o l’elezione del domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. La sottoscrizione è l’ultimo elemento e non è necessaria quella del procuratore legale ma è sufficiente quella del creditore. Non c’è l’obbligo di difesa tecnica che scatta con l’inizio dell’esecuzione forzata. Un’eccezione all’obbligo di notificare il titolo esecutivo e una modificazione del contenuto del precetto sono previste per i titoli esecutivi documentali che vengono utilizzati in originale come le scritture private autenticate e i titoli di credito, la notificazione viene effettuata mediante la trascrizione del titolo esecutivo nel precetto. Il precetto è atto anteriore all’inizio dell’esecuzione forzata. Il precetto ha la funzione della domanda giudiziale: individua il diritto di cui si chiede la tutela esecutiva. Quindi prima si individua il diritto e si notifica il precetto poi scaduto il termine per adempiere ci si rivolge all’ufficio. Il precetto perde efficacia se entro 90 giorni dalla notifica non è iniziata l’esecuzione forzata. L’opposizione al precetto non sospende il processo esecutivo: il creditore può continuare il processo e assumersi la responsabilità per i danni che derivano da un’eventuale esecuzione ingiusta. Se aspetta l’esiste del processo il precetto non perde efficacia. LA STRUTTURA GENERALE DEL PROCESSO ESECUTIVO L’esecuzione forzata non ha bisogno di stabilire diritti e obblighi delle parti in quanto tale compito è svolto dal processo di cognizione. Lo scopo dell’esecuzione è quello di procurare la soddisfazione di diritti correlati a obblighi non adempiuti dando per scontata l’esistenza di 7 B. Trasformazione del diritto pignorato. L’elemento attivo viene trasformato in somma di denaro e ovviamente ciò non è necessario se l’elemento attivo è già una somma di denaro in quanto l’elemento è già liquido. C. Distribuzione del ricavato. Il diritto del debitore è liquidato cioè trasformato in una somma di denaro e con tale somma si paga il creditore. Questa fase non è possibile quando se la fase della liquidazione non dà un risultato utile. L’espropriazione quindi opera su un duplice oggetto: trasferendo l’uno ed estinguendo l’altro. L’espropriazione dunque si differenzia dall’espropriazione in forma specifica in quanto la prima opera su due situazioni sostanziali, la seconda solo su una: il diritto che deve essere tutelato. Forme di espropriazione Le forma di circolazione di beni che il nostro ordinamento conosce sono riferite a beni mobili, immobili e diritti di credito, quindi vi sono tre forme di espropriazione forzata. Vi sono altre due forme speciali di espropriazione per ipotesi particolari, quando oggetto dell’esecuzione è la con titolarità di un bene o di un diritto su un bene e in questo caso si ha l’espropriazione di beni indivisi. Quando si realizza il fenomeno della responsabilità senza debito il terzo risponde con i beni propri di un debito altrui e si ha l’espropriazione contro il terzo proprietario, esecutato ma non debitore. IL PIGNORAMENTO Ai sensi dell’art. 491 c.p.c. il pignoramento è l’atto iniziale dell’espropriazione forzata. Il processo esecutivo inizia con la notificazione del titolo esecutivo mentre l’espropriazione forzata inizia con il pignoramento. È l’atto con cui si individuano e si conservano i beni del debitore. Esistono tre forme di pignoramento che corrispondono ai modi di circolazione dei beni: mobiliare, immobiliare e di crediti. La riforma del 2006 ha ampliato l’art. 492 inserendo otto commi: • Comma: individua l’elemento comune che è l’ingiunzione fatta dall’ufficiale giudiziario all’esecutato di astenersi dal compiere qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni pignorati e gli eventuali frutti. • Comma: con l’atto di pignoramento l’ufficiale giudiziario deve invitare il debitore ad effettuare presso la cancelleria del tribunale la dichiarazione di residenza. La ratio è quella di verificare se il debitore ha interesse al processo esecutivo o meno quindi la dichiarazione del debitore equivale lato sensu ad una costituzione in giudizio mentre la mancata dichiarazione alla contumacia. Se il debitore risulta irreperibile presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto la successiva notificazione e le comunicazioni gli saranno effettuate in cancelleria 4°. 5°. Comma: introducono il dovere del debitore di manifestare il proprio patrimonio. Il presupposto perché tale dovere divenga attuale è costituito dall’insufficienza dei beni pignorati o dalla lunga durata della loro liquidazione. L’ufficiale invita il debitore a rendere nota l’esistenza di altri beni pignorabili indicandone gli estremi. 10 L’omessa o falsa dichiarazione del debitore costituisce un illecito penale. Se il debitore risponde positivamente dichiarando l’esistenza di tali beni il pignoramento si considera fin da quel momento efficace, se si tratta di pignoramento presso terzi e il terzo restituisce il bene mobile o paga il credito prima che il pignoramento sia perfezionato il debitore è tenuto a custodire la cosa o la somma. Ugualmente i frutti prodotti dal bene dopo questo momento appartengono all’esecuzione. 6°. Comma: analogamente accade se i beni pignorati divengono insufficienti per l’intervento di altri creditori. 7°. Comma: il creditore può chiedere all’ufficiale giudiziario di effettuare ricerche presso l’anagrafe tributaria e le altre banche dati pubbliche. La richiesta è possibile anche per più esecuzioni. 9°. Comma: introduce una speciale forma di ispezione per gli imprenditori commerciali. Su istanza del creditore e a sue spese l’ufficiale nomina un professionista che esamina le scritture contabili e redige una relazione che il professionista trasmette all’ufficiale e al creditore. Se dalla relazione risultano elementi attivi che il debitore non aveva dichiarato le spese saranno a suo carico. Singole fattispecie di pignoramento A. Pignoramento mobiliare: ai sensi dell’art. 513 c.p.c. la richiesta di effettuare il pignoramento è fatta dal creditore all’ufficiale giudiziario in forma libera e di solito è orale. L’espropriazione ha lo scopo di trasformare gli elementi attivi del patrimonio del debitore in somme di denaro. È pignorabile il diritto di proprietà e ogni altro diritto reale minore che ha il carattere della trasferibilità. Occorre però semplificare il procedimento che serve a verificare che il debitore è il vero proprietario del bene o che comunque ha un diritto reale minore ma in realtà si tratta di vicende eventuali in quanto ai fini del pignoramento occorre un elemento processuale cioè l’ appartenenza. La nozione si ricava dalla dislocazione spaziale dei beni mobili dal fatto che essi si trovano collocati in beni immobili di cui il debitore esecutato abbia la disponibilità. L’appartenenza è un criterio di semplificazione che evita di esperire indagini incerte e difficoltose sulla proprietà dei beni da sottoporre a pignoramento. Occorre distinguere l’oggetto dell’esecuzione dall’oggetto del processo esecutivo: il primo ai sensi degli artt. 2740 e 2919 c.c. è la titolarità, il secondo è l’appartenenza del bene. L’art. 513 fornisce una nozione fondamentale di appartenenza: a. Possono essere pignorati i beni mobili che si trovano in un bene immobile appartenente al debitore. Si tratta di disponibilità materiale. b. Su ricorso del creditore il giudice può autorizzare il pignoramento mobiliare anche in relazione a beni che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore,ma dei quali può direttamente disporre senza che colui al quale appartiene l’immobile possa rifiutare all’esecutato di disporre direttamente di tale bene. Per es. l’auto nella rimessa o per i valori nella cassetta di sicurezza della banca. c. La terza possibilità di pignoramento si ha quando l’ufficiale giudiziario sottopone a pignoramento le cose che il terzo possessore consente di esibirgli. Della cosa mobile il debitore non ha la disponibilità materiale perché tale cosa 11 è nel possesso o nella detenzione di un terzo. Per es. il deposito. In questi casi: o il terzo riconosce volontariamente che il bene posseduto è di proprietà del debitore e ne consegue il pignoramento, o se il terzo non consente al pignoramento diretto si ricorre al pignoramento presso terzi in quanto occorre accertare la proprietà nel contraddittorio del terzo detentore o possessore. Gli artt. 514 – 516 c.p.c. indicano una serie di beni mobili che non possono essere pignorate o che possono esserlo a particolari condizioni in quanto si tratta di beni di prima necessità. Nel pignoramento l’ufficiale giudiziario deve preferire i beni di maggior valore e di sicura realizzazione e inoltre deve scegliere i beni che possono essere liquidati più facilmente. L’ufficiale dovrà descrivere i beni con rappresentazione fotografica o con strumenti simili, quindi effettua n pignoramento provvisorio in attesa che i beni vengano stimati e poi si procede al pignoramento definitivo. L’ufficiale trasmette una copia del verbale di pignoramento al creditore e al debitore che lo richiedono. L’art. 518 c.p.c. prevede la possibilità di procedere al completamento del pignoramento quando lo richiede il creditore entro il termine per il deposito dell’istanza di vendita e il giudice ritiene errato il valore realizzato dei beni determinato in sede di pignoramento. Analogamente è previsto dall’art. 540 bis c.p.c. se dall’esito della vendita la somma ricavata non sia sufficiente, il giudice dell’esecuzione su istanza di una dei creditori ordina l’integrazione del pignoramento. Dopo il verbale l’ufficiale colloca i beni in un deposito. Non può essere nominato custode il creditore senza consenso del debitore e viceversa. La necessita di custodia fidata deriva dal fatto che i beni possono essere acquistati a titolo originario ai sensi dell’art. 1153 c.c. e quindi l’acquirente in buona fede potrebbe acquistare il bene vantando un diritto superiore a quello del creditore. B. Pignoramento immobiliare: oggetto dell’esecuzione è il diritto che il debitore ha sull’immobile che deve essere suscettibile di trasferimento come proprietà, usufrutto, nuda proprietà, diritto di superficie ed enfiteusi. Non sono oggetto di espropriazione: servitù, uso e abitazione perché non sono trasferibili. La titolarità è di facile accertamento in quanto esistono i pubblici registri mentre per quanto riguarda l’usucapione è fenomeno percepibile dall’esterno. L’appartenenza si determina dalla dichiarazione del creditore che si assume la responsabilità della sua affermazione. Spetta al creditore quindi effettuare gli opportuni accertamenti. La descrizione del bene viene fatta dal creditore con gli estremi richiesti dal c.c. per l’individuazione dell’immobile ipotecario cioè attraverso la tipologia del bene, il comune in cui si trova e gli estremi catastali. Il creditore chiede all’ufficiale giudiziario di procedere al pignoramento il quale aggiunge a tale atto l’ingiunzione e notifica tutto al debitore. Infine si trascrive l’atto di pignoramento nel registro immobiliare. Gli effetti per il debitore decorrono dalla notifica e l’opponibilità del pignoramento ai terzi decorre dalla trascrizione. Per quanto riguarda la custodia la cui disciplina è stata riformata nel 2006 non si applica nel caso in cui il debitore non ha il possesso del bene anche se risulta proprietario. Fin dal momento della notificazione del pignoramento l’esecutato diviene ipso iure custode del bene. Il giudice può ordinare la sostituzione nella custodia del bene non occupato per affidarla ad un soggetto che presti maggiori garanzie. La custodia cessa nel momento in cui viene disposta la vendita. I provvedimenti di nomina e sostituzione sono dati dal giudice con ordinanza non 12 EFFETTI COSNERVATIVI DEL PIGNORAMENTO A tutela chiesta dal creditore non gli può essere subito accordata. Vi è un intervallo di tempo in cui si possono verificare eventi sfavorevoli al creditore. L’ordinamento fa fronte a questo pericolo modificando la disciplina ordinaria seguendo il principio del minimo mezzo: l’alterazione delle regole deve essere contenuta nei limiti strettamente indispensabili per raggiungete lo scopo. L’art. 2912 c.c. prevede che il pignoramento comprende i frutti, le pertinenze e gli accessori. I frutti che maturano dopo il pignoramento vengono acquisiti nell’esecuzione e ciò è possibile grazie a custode che dovrà amministrare i beni e al termine dell’espropriazione dovrà rendere il conto. L’art. 1148 c.c. prevede che i frutti sono percepiti dal possessore quindi la percezione dei frutti è conseguenza della situazione possessoria e col pignoramento il debitore perde il possesso dei beni. Se il bene immobile pignorato è in possesso del debitore esecutato questo è il custode e i frutti sono percepiti solo materialmente ma non può farli propri. Se il bene è posseduto da terzi allora il debitore non può diventare custode perché non ha originariamente il possesso. Quindi il possesso si congela perché non lo ha nessuno dal momento che il creditore acquista un diritto processuale. Inopponibilità degli atti di disposizione Ai sensi dell’art. 2913 c.c. gli atti di alienazione dei beni pignorati non hanno effetto in pregiudizio del creditore. L’eccezione riguarda solo il possesso in buona fede per i beni mobili non iscritti nei pubblici registri. Si tratta dell’art. 1153 c.c. cioè l’acquisto in buona fede e in questo caso l’acquirente è titolare di un diritto più forte di quello del creditore. Al di fuori di queste ipotesi vige l’art. 2913 c.c. Gli strumenti per evitare il pregiudizio potrebbero essere vari: si potrebbe qualificare nullo l’atto di alienazione del bene oggetto di pignoramento ma in questo caso non verrebbe rispettato il principio del minimo mezzo in quanto la nullità opera erga omnes e investirebbe anche i terzi e quindi il meccanismo sarebbe esagerato. Un secondo meccanismo potrebbe essere quello dell’inefficacia relativa sul piano sostanziale dell’atto di alienazione cioè per il creditore anche se il bene viene alienato la proprietà rimane del debitore. Per es. Caio pignora a Tizio un’ auto. Tizio vende l’auto pignorata ma per Caio sul piano sostanziale Tizio rimane proprietario dell’auto. Ma anche questa soluzione risulta eccessiva. La regola da seguire è quella dell’inefficacia relativa sul piano processuale: l’atto di alienazione trasferisce efficacemente la proprietà all’acquirente sul piano sostanziale ma tale trasferimento non è idonea a fondare un’opposizione. Quindi così gli atti di disposizione su bene pignorato sono inefficaci anche nei confronti di altri creditori che intervengono nell’esecuzione. Res litigiosa e res pignorata Vi è una netta differenza tra l’art. 111 c.p.c. e l’art. 2913 c.c.: nella successione in base all’art. 111 gli effetti della domanda giudiziale si verificano a favore di colui che la propone e quindi i soggetti che propongono altre domande non sono protetti dalla domanda giudiziale originaria mentre i creditori che intervengono nell’esecuzione sono protetti dal pignoramento originario. L’oggetto del processo di espropriazione è dato dal bene pignorato 15 quindi il creditore che interviene non amplia l’oggetto del processo al contrario chi interviene in via innovativa cioè proponendo altre domande amplia l’oggetto del processo e quindi gli effetti sostanziali prodotti in relazione ad un oggetto del processo si trasferiscono al diverso oggetto. Conflitto tra creditore procedente e avente causa del debitore L’art. 2914 c.c. individua i criteri per risolvere i conflitti tra l’esecuzione e gli aventi causa del debitore esecutato. Se prioritario è l’atto di pignoramento si determina l’inefficacia prevista dall’art. 2913 c.c., se prioritario è l’atto di alienazione si applica la regola dell’efficacia dell’atto di alienazione nei confronti del creditore procedente e quindi l’acquirente prevale sul creditore, salvo l’esperimento delle azioni a tutela del creditore (revocatoria, simulazione, nullità, ecc.). l’art. 2914 c.c. prevede quattro fattispecie che risolvono il conflitto tra creditore e terzo: per es. Caio pignora un bene a Tizio e Sempronio avanza diritti sul bene in quanto sostiene di averli derivati da Tizio. a. Art. 2914 c.c. n. 1: per i beni immobili prevale colui che ha trascritto per primo l’atto di acquisto o il pignoramento. b. Art. 2914 c.c. n. 2: per i crediti il conflitto si risolve sulla base della priorità tra il pignoramento e la notificazione della cessione al debitore ceduto o l’accettazione della cessione da parte di questo con un atto di data certa. Tra i due creditori cessionari prevale quello che ha notificato per primo la cessione o che ha visto per primo accettata la propria cessione con atto avente data certa. c. Art. 2914 c.c. n. 3: non vi è una norma che disciplina la doppia alienazione di universalità mobili perché torna ad applicarsi quella della data certa. d. L’ultima ipotesi è quella del conflitto tra creditore pignorante e acquirente di un bene mobile del debitore esecutato. L’art. 1155 c.c. contiene due criteri: ✓ Una belle parti ha acquistato in buona fede il possesso e quindi è preferita all’altra. Si applica l’art. 1153 c.c. ✓ Se nessuno degli acquirenti ha acquistato in buona fede si applica la regola generale della data certa. e. Art. 2914 c.c. n. 4: colui che ha acquistato il bene mobile dal debitore prevale sul creditore in due casi: se vi è la buona fede o se l’acquisto risulta da un atto di data certa anteriore. La regola è che chi consegue per primo il possesso del bene. Però non pignoramento si sa che il possesso rimane congelato cioè viene tolto al debitore ma non lo fa acquistare al creditore, di conseguenza fino a quando non si realizza la vendita forzata, l’avente causa continua ad avere al prevalenza che gli deriva dall’atto di data certa anteriore al pignoramento. Vincolo di indisponibilità L’art. 2915 c.c. prevede l’ipotesi in cui un soggetto acquista un bene sul quale grava un vincolo di indisponibilità. Se il vincolo è trascritto prima dell’atto di acquisto prevale il primo, altrimenti prevale il secondo. Nel caso di beni mobili o universalità vale la regola dell’atto di data certa anteriore. Domande giudiziali 16 Gli artt. 2652 e 2653 prevedono una serie di domande giudiziali soggette a trascrizione. La trascrizione ha un duplice effetto: di natura processuale la litispendenza rispetto a terzi si determina con riguardo al momento della trascrizione della domanda. Se la domanda dell’attore è anteriore alla trascrizione dell’acquisto del terzo, la sentenza sarà efficace anche verso l’avente causa del convenuto. Se l’attore che agisce per es. in rivendicazione contro il convenuto Caio vuole ottenere una sentenza efficace nei confronti di Mevio che è il creditore pignorante deve proporre domanda all’interno del processo esecutivo attraverso l’opposizione di terzo. La trascrizione ha anche effetti sostanziali: la priorità della trascrizione della domanda dell’attore contro il convenuto rispetto alla trascrizione dell’acquisto dell’avente causa comporta le stesse conseguenze della revocazione: la sentenza è efficace anche nei confronti dell’avente causa del convenuto, viceversa se è trascritto prima l’atto di acquisto dell’avente causa la sentenza non ha effetto verso questo ed ha un diritto prevalente rispetto all’attore. Ragioni di prelazione Dall’art. 2916 c.c. si ricavano due principi: ✓ Il pignoramento congela le ragioni di prelazione dei vari creditori. Nella distribuzione del ricavato si tiene conto solo delle ragioni di prelazione esistenti alla data del pignoramento, quelle sorte dopo non sono opponibili alla massa dei creditori. ✓ Il pignoramento effettua il blocco dei crediti. Se il credito sorto dopo il pignoramento è privilegiato la ragione di prelazione non ha efficacia ma il creditore può sempre intervenire come chirografario. La differenza tra l’espropriazione singolare e concorsuale è che in quest’ultima non possono farsi valere i credito sorti dopo la dichiarazione di insolvenza del debitore. Pignoramento dei crediti Ai sensi dell’art. 2917 c.c. gli effetti del pignoramento del credito sono l’inopponibilità all’esecuzione forzata degli atti di disposizione compiuti dopo il pignoramento dal titolare del diritto di credito pignorato. In questo caso il terzo debitore non deve adempiere nei confronti del debitore esecutato e se adempie il pagamento non è opponibile al creditore. Se invece i fatti estintivi si producono non per volontà del terzo dopo il pignoramento o non dipendono da atti di disposizione del dell’esecutato sono opponibili al creditore. LE VICENDE ANOMALE RELATIVE AL PIGNORAMENTO Pignoramento congiunto Ai sensi dell’art. 493 c.p.c. ci può essere un’unica istanza di pignoramento e un solo atto di pignoramento a tutela di più creditori anche sulla base di titoli esecutivi diversi. Si ha un pignoramento congiunto che comporta che le eventuali nullità inerenti alla fase del pignoramento si verificano per tutti. Unione di pignoramenti 17 All’avvenuto pignoramento deve seguire in termine di minimo 10 e massimo 90 giorni la richiesta di liquidazione del bene cioè la richiesta del creditore di passare alla fase successiva. Tale richiesta non è necessaria nel caso in cui oggetto del pignoramento è un quid che non deve essere liquidato. L’art. 562 prevede la cancellazione della trascrizione del pignoramento: se il pignoramento immobiliare perde efficacia occorre procedere alla cancellazione della trascrizione e si effettua trascrivendo un altro atto con il quale si dichiara che il pignoramento è divenuto inefficace. Se l’esecuzione forzata dure per più di 20 anni deve essere rinnovata altrimenti perde efficacia. Principio del contraddittorio Per contestare il se dell’esecuzione occorre un processo di cognizione incidentale all’esecuzione nel quale si accerta la sussistenza delle condizioni necessarie per poter procedere all’esecuzione. Le opposizioni del debitore sull’oggetto del pignoramento possono portare solo alla liberazione di tali cose ma mai alla caducazione dell’esecuzione: il pignoramento è valido anche se il credito è inferiore a quello vantato nel precetto. Affinché il creditore possa procedere all’esecuzione occorre che il credito vi sia e non che abbia una certa entità. Le contestazioni sull’entità del credito devono essere fatte valere non con l’opposizione per ottenere la caducazione della stessa ma con altri strumenti come la riduzione, il cumulo, ecc. L’INTERVENTO DEI CREDITORI L’art. 2740 c.c. stabilisce che il debitore risponde delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. L’art. 2741 c.c. stabilisce che i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti salvo le cause legittime di prelazione: pegno, ipoteca e privilegi. I privilegi sono previsti dalla legge in ragione della natura del credito e non hanno diritto di sequela cioè hanno effetto finché il bene resta nel patrimonio del debitore. Pegno e ipoteca sono diritti reali di garanzia e hanno sequela, nascono in virtù di un atto o di un provvedimento specifico. Quindi in linea di principio si deve rispettare la par condicio dei creditori e queste sono le uniche ipotesi a cui si deroga a questo principio. Intervento Per intervenire il creditore deve depositare in cancelleria del giudice dell’esecuzione un ricorso contente l’indicazione del credito e del titolo di esso e la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata. Se l’intervento si basa su scritture contabile queste devono essere allegate. L’intervento tardivo è pur sempre possibile. Il creditore che non è munito di titolo esecutivo deve notificare al debitore l’atto d’intervento e la copia autentica delle scritture contabili. Verificazione dei crediti L’art. 499 istituisce una sorta di procedimento di verificazione dei crediti solo per i creditori che non hanno un titolo esecutivo. Con la stessa ordinanza con la quale il giudice dispone sulla vendita fissa un’udienza per la comparizione del debitore e del creditore. Se il debitore non compare oppure compare e riconosce in tutto o in parte l’esistenza del credito del creditore questo acquista il diritto di essere soddisfatto. Viceversa il creditore ha l’onere di proporre nei 30 giorni successivi una domanda idonea a munirlo di un titolo esecutivo. La 20 riforma del 2006 ha teso ad eliminare tutti i processi di cognizione strumentali unicamente alla tutela esecutiva, ha ristretto la possibilità di intervenire nell’espropriazione ai soli creditori muniti di titolo esecutivo e che ha un credito garantito la scelta è criticabile perché tradisce il principio della par condicio creditorum che è l’attuazione di un principio costituzionale quindi per non peccare di incostituzionalità la scelta legislativa deve consentire a chi non appartiene a queste categorie prescelte di munirsi di un titolo esecutivo per partecipare alla distribuzione del ricavato della vendita. Effetti dell’intervento L’art. 500 fa riferimento a due conseguenze dell’intervento: il diritto di prendere parte alla distribuzione del ricavato e il diritto di partecipare attivamente al processo esecutivo. Per coloro che sono muniti di titolo esecutivo questi effetti si producono in modo incondizionato mentre per gli altri creditori si devono verificare le condizioni previste dall’art. 499 c.p.c. Creditori muniti di titolo esecutivo gli artt. 526 e 564 stabiliscono che i creditori muniti di titolo esecutivo possono provocare i singoli atti dell’espropriazione. L’atto più importante è l’istanza di vendita che deve essere effettuata in un termine non inferiore a 10 giorni e non superiore a 90 dal pignoramento. In mancanza il processo si estingue. La distinzione tra creditori muniti di titolo e non muniti dura finché non sia effettuata la vendita sia perché la fase di distribuzione avviene ex officio senza necessità di atti d’impulso processuale sia perché l’art. 629 c.p.c. stabilisce che la rinuncia se ha luogo prima della chiusura della fase della liquidazione deve provenire da tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, se avviene dopo tale fase deve provenire da tutti i creditori che hanno fatto intervento. Irrilevanza del titolo esecutivo dopo la vendita L’irrilevanza del titolo esecutivo dopo la vendita ha portato la dottrina a ritenere che l’espropriazione si divide in due fasi: una di aggressione al patrimonio del debitore che inizia con il pignoramento e termina con la vendita che si caratterizza per il fatto che i creditori con titolo esecutivo possono incidere sul patrimonio del debitore e una fase di distribuzione del ricavato. Vi è una norma però che è contraria a questa divisione ed è l’art. 632 c.p.c. se l’estinzione avviene dopo la vendita la somma ricavata è consegnata al debitore. Se il processo si estingue prima della vendita il debitore ritorna nella piena disponibilità dei beni e la somma ricavata è consegnata al debitore. Quindi anche dopo la vendita il processo esecutivo continua. Creditori privilegiati Alcuni creditori muniti di ragioni di prelazione si trovano in una posizione di primazia rispetto agli altri. L’art. 498 c.p.c. prevede che essi debbano essere necessariamente avvertiti della pendenza del processo ma solo i creditori le cui ragioni di prelazione risultano da pubblici registri. Con la vendita forzata si estinguono i diritti reali di garanzia e il bene passa libero all’acquirente. Bisogna distinguere i creditori muniti di diritto reale di garanzia che 21 risulta da pubblici registri e quelli il cui diritto non risulta dai pubblici registri e infine quelli muniti di privilegio: ▲ Creditore munito di privilegio: ha prelazione finché il bene rimane nella disponibilità del debitore, quando esce dal suo patrimonio si estingue la prelazione. Non dà diritto di sequela. Il diritto reale di garanzia invece ha ad oggetto beni individuati, tutti i diritti reali di garanzia devono essere resi pubblici attraverso l’iscrizione nei pubblici registri. ▲ Creditori privilegiati non iscritti: non è necessario che siano avvertiti della vendita forzata. La diversità di trattamento si giustifica a seconda che si tratti di privilegi o diritti reali di garanzia: nel primo caso non vi sono problemi perché il privilegio sussiste fino a quando il bene risulta nel patrimonio del debitore, nel secondo caso la vendita ha un effetto estintivo della prelazione: il creditore può far valere il suo diritto contro qualsiasi soggetto a cui il proprietario trasferisca il bene tranne all’aggiudicatario. Se il bene si trova nel possesso de creditore l’esecuzione va instaurata nei suoi confronti e quindi il creditore necessariamente viene a conoscenza del pegno e può intervenire. Se il bene si trova presso un terzo è obbligato ad avvertire il creditore pignoratizio in virtù del suo obbligo di custodia. ▲ Creditori privilegiati iscritti: il creditore procedente deve notificare a questi un avviso contenente l’indicazione del creditore pignorante, del credito per il quale si procede e del titolo. In mancanza il giudice deve rifiutarsi di emettere l’ordinanza di vendita. Il creditore procedente deve allegare all’istanza di vendita i certificati delle trascrizioni e iscrizioni e deve farsi rilasciare dalla conservatoria dei registri immobiliari un certificato in cui si attesta se e quali sono le iscrizioni di diritti reali di garanzia. Se il creditore privilegiato iscritto non è stato avvisato ha diritto al risarcimento dei danni da parte del creditore pignorante o da parte del conservatore. Creditori tempestivi e tardivi L’intervento ha come termine ultimo il momento in cui si effettua la distribuzione del ricavato. Dopo tale momento l’intervento non è possibile perché il processo si chiude. I creditori chirografari tardivi sono soddisfatti con il rimanente. Nel caso di piccola espropriazione mobiliare la tempestività è misurata sull’istanza con cui il creditore pignorante chiede che sia fissata l’udienza per determinare le modalità di liquidazione. Per quanto riguarda l’espropriazione dei crediti rilevante è l’udienza di compartizione delle parti. L’intervento di un creditore tardivo sconvolge tutti i calcoli fatti sul presupposto che vi sia una certa quantità di crediti da soddisfare con il rischio che i beni risultino insufficienti. Estensione del pignoramento L’art. 499 prevede che ai creditori che siano intervenuti successivamente il creditore procedente può indicare ulteriori beni del debitore sui quali soddisfarsi dal momento che si potrebbe verificare in capienza del patrimonio del debitore. Se questi non rispondono all’invito del creditore procedente saranno postergati al creditore procedente al momento della distribuzione. Si ha quindi una seconda ipotesi di prelazione di natura processuale. 22 effetti dell’atto traslativo che viene compiuto tra commissionario che ha anche diritto ad un compenso e acquirente. B. Vendita all’incanto: ai sensi dell’art. 534 la vendita può essere affidata al cancelliere o all’ufficiale giudiziario o ad altro istituto autorizzato. Viene stabilito un prezzo minimo e fissata la data per l’incanto. L’aggiudicazione è fatta al maggior offerente. Se si tratta di beni mobili il trasferimento di proprietà avviene con il pagamento del prezzo. Vendita fallita Si ha se il bene oggetto di vendita forzata non viene venduto nelle due forme previste al prezzo minimo indicato. L’art. 538 prevede o l’assegnazione del bene a uno dei creditori e se nessuno richiede l’assegnazione si effettua una seconda vendita all’incanto ad un prezzo inferiore del 20 % rispetto a quello precedente. Ciò non vale se vi sono oggetti d’oro e di argento che hanno un valore intrinseco. Liquidazione dei crediti L’unico modo per liquidare il credito è trasferirlo ad un altro soggetto che compirà l’attività necessaria per la riscossione. Il trasferimento costituisce una cessione del credito: l’assegnatario è cessionario che diventa il nuovo titolare del credito, il terzo debitore diventa debitore dell’assegnatario e il ceduto può opporre tutte le eccezioni previste al cessionario. L’unica differenza tra la cessione di diritto comune e è che questa può aver luogo anche senza alcun previo accertamento del credito, qui invece il credito è accertato o da una sentenza o da una dichiarazione di natura confessoria del debitore, quindi le eccezioni opponibili non possono contrastare il contenuto vincolante della dichiarazione o della sentenza. In virtù degli effetti del pignoramento il terzo debitore non può opporre all’assegnatario o all’acquirente del credito le eccezioni che non può opporre al creditore procedente. Credito scaduto Se il credito pignorato è già scaduto o scade entro i 90 giorni, l’assegnazione è coattiva. Ai sensi dell’art. 553 c.p.c. l’assegnazione ha luogo salvo esazione cioè la cessione avviene pro solvendo in altri termini il diritto dell’assegnatario verso il debitore non si estingue con la riscossione del credito assegnato. Quindi al momento dell’assegnazione non avviene l’estinzione del diritto del creditore assegnatario verso il debitore esecutato ma i due diritto rimangono coesistenti. Nel momento in cui il debitore assegnato paga il suo debito al creditore assegnatario automaticamente si estingue il credito che l’assegnatario vanta nei confronti del debitore esecutato. Credito non scaduto L’art. 553 c.p.c. prevede che i crediti che scadono oltre i 90 giorni possono essere assegnati o venduti. Sono assegnati se i creditori ne fanno domanda e sono venduti se nessun creditore 25 chiede l’assegnazione. Se il credito è venduto il soggetto si rende cessionario pagando una somma inferiore al valore nominale del credito perché deve scontare il ritardo nella riscossione e la solvibilità del terzo ceduto. La cessione avviene pro soluto quindi l’acquirente del credito paga subito e un domani che va riscuotere può anche trovare che il terzo è insolvente. Il problema nasce se dalla vendita del credito i creditori ne chiedono l’assegnazione: mentre i crediti scaduti o che scadono entro i 90 giorni l’assegnazione è coattiva e avviene pro solvendo, qui l’assegnazione è richiesta dai creditori mediante domanda quindi si pone il problema di stabilire se si tratta di cessione pro solvendo o pro soluto. L’elemento che può risolvere il problema è dato dall’art. 553 che equipara la vendita del credito all’assegnazione su domanda, quindi se la vendita avviene pro soluto anche l’assegnazione avviene con le stesse modalità: il valore del credito non è quello nominale ma è scontato perché il creditore deve tener conto che incasserà la somma dopo un certo periodo di tempo e si fa carico della possibilità che il debitore diventi insolvente. Se il credito viene venduto il terzo acquirente versa una somma di denaro che poi verrà distribuita invece quando il credito viene assegnato si chiude il processo come in tutti i casi di assegnazione satisfattiva. Riscossione del credito assegnato L’assegnatario deve curare la riscossione del credito di cui è divenuto titolare. Nel caso di assegnazione pro solvendo è onere del creditore assegnatario mentre nel caso di assegnazione pro soluto il credito nei confronti del debitore esecutato si estingue nel momento dell’assegnazione quindi è interesse dell’assegnatario procedere alla riscossione. Il problema nasce se il debitore non paga in quanto per procedere all’esecuzione forzata nei confronti del terzo debitore assegnato occorre un titolo esecutivo: se il debitore ne era munito l’assegnatario può subentrare in qualità di successore, se non ne era munito secondo alcuni l’assegnatario si deve tutelare con le vie ordinarie per ottenere un titolo esecutivo e procedere all’esecuzione mentre secondo altri dalla vicenda del pignoramento si ottiene un titolo esecutivo in quanto si perfezione o con una dichiarazione del debitore di natura confessoria o con una sentenza e in entrambi i casi si ottiene un titolo esecutivo perché le sentenze sono già titoli esecutivi mentre la dichiarazione viene recepita nel verbale che è un atto pubblico. In conclusione in virtù del pignoramento si è formato un titolo esecutivo. Vendita di beni immobili Il creditore deve procedere a depositare entro 90 giorni dal pignoramento gli atti previsti e il giudice provvede ad incaricare lo stimatore e fissa l’udienza per la vendita prevedendone anche le modalità di svolgimento. Le modalità sono o la vendita senza incanto o con incanto. Della vendita ne è data pubblicità. La vendita senza incanto consiste in un invito a fare la propria offerta in cancelleria in busta chiusa, possono partecipare tutti gli interessati tranne il debitore. Una forma particolare è la vendita fatta a persona da nominare che si effettua quando si vuole tenere nascosta l’identità del soggetto interessato all’acquisto del bene in questione: l’avvocato offre una certa somma senza indicare il soggetto interessato all’acquisto e avvenuta l’aggiudicazione entro tre giorni deve indicare il soggetto realmente interessato altrimenti il bene viene assegnato all’avvocato stesso. Con il deposito della busta si deve versare anche 1/10 del prezzo offerto. Se l’offerta è maggiore di circa il 20% del valore di stima l’immobile è immediatamente aggiudicato. Altrimenti si passa alla vendita all’incanto. Se il giudice accoglie l’offerta emette due decreti: uno stabilisce modalità di versamento e prezzo e l’altro dispone il trasferimento. 26 Vendita all’incanto Inizia con il bandito di vendita di cui è fatta pubblicità. Il bado stabilisco ora, giorno in cui si procederà alla vendita. Gli offerenti devono prestare la stessa cauzione. i soggetti legittimati a partecipare fanno oralmente la loro offerta e trascorso tre minuti senza che venga effettuata un’altra offerta si procede all’aggiudicazione ma la vendita non finisce qui perché entro 10 giorni dall’incanto possono essere effettuate ulteriori offerte in aumento di almeno 1/5 del prezzo raggiunto nell’aggiudicazione. Si innesta nella vendica all’incanto una vendita senza incanto e gli offerenti in aumento depositano la loro offerta. Una volta effettuato il versamento si procede con il decreto di trasferimento. Se il processo esecutivo si estingue o si chiude anticipatamente restano salvi gli effetti degli atti compiuti dall’aggiudicatario o assegnatario. Quindi il processo procede solo relativamente a tale subprocedimento nel quale si provvede al compimento degli atti che portano al definitivo trasferimento del diritto. Una novità introdotta dalla riforma del 2006 riguarda la possibilità per l’aggiudicatario di finanziare il proprio acquisto mediante mutuo ipotecario. Mutuante e mutuatario possono stabilire a garanzia del mutuante che le somme siano versate all’esecuzione contestualmente all’iscrizione dell’ipoteca. Se ciò accade il decreto di trasferimento deve essere contestuale all’iscrizione ipotecaria. Titolo per il rilascio Il decreto di trasferimento costituisce titolo esecutivo per il rilascio. Il pignoramento immobiliare è effettuato dall’ufficiale giudiziario su indicazione del creditore procedente delle quali si assume la responsabilità sottoscrivendo il pignoramento che le contiene. Se il bene è nella materiale disponibilità del custode che sarebbe il debitore, il decreto costituisce titolo esecutivo per il rilascio. La consegna del bene consiste più che altro l’adempimento di un obbligo processuale. Se il bene è nella disponibilità di un terzo il decreto non ha effetti nei confronti di questo. Quindi l’aggiudicatario dovrà agire con i normali mezzi di diritto sostanziale e processuale come rivendicazione o restituzione. Se il terzo possessore è avente causa del debitore esecutato in base ad un titolo inopponibile al creditore il decreto è inefficace ne suoi confronti sia come titolo esecutivo per il rilascio che come titolo traslativo della proprietà. Vendita fallita L’art. 588 c.p.c. prevede che ciascun creditore può chiedere l’assegnazione del bene immobile per la somma maggiore tra il valore del bene secondo la stima e i crediti aventi prelazione anteriore al richiedente per il caso in cui esso vada fallito. Se non si procede all’assegnazione il giudice dispone o l’amministrazione giudiziaria del bene o una nuova vendita all’incanto con un prezzo ridotto anche del 25 %. L’amministrazione è utile sia quando il bene produce frutti che possono soddisfare i creditori e si ha una sorta di anticresi processuale (anticresi = contratto con cui il debitore consegna un bene fruttifero al creditore che lo dovrà restituire quando la percezione dei frutti avrà soddisfatto il suo credito) e sia quando il mercato immobiliare ha offerte scerse il giudice può aspettare che si risvegli. Delega al notaio 27 risultante da pubblici registri dovranno essere avvisati della pendenza del processo esecutivo. Quindi possono intervenire per tutelare il loro credito e se invece ritengono di opporsi all’espropriazione sostenendo che il loro credito non deve estinguersi possono ricorrere all’opposizione di terzo. Acquisti a titolo originario L’art. 2919 c.c. contiene l’inciso “salo gli effetti del possesso in buona fede”, ciò fa riferimento al caso in cui il debitore esecutata fa acquistare il bene ad un terzo ai sensi dell’art. 1153 c.c. quindi l’acquirente per essere in buona fede non deve sapere che il bene è oggetto di pignoramento. In questo caso si crea un conflitto tra aggiudicatario ovvero acquirente in buona fede e terzo proprietario: la nascita di un diritto incompatibile in capo all’aggiudicatario produce necessariamente l’estinzione del diritto del terzo proprietario. L’art. 2920 c.c. prevede che se oggetto della vendita forzata è una cosa mobile coloro che avevano la proprietà o altri diritto reali su di essa ma non hanno fatto valere le proprie ragioni sulla somma ricevuta dal’espropriazione non possono farle valere nei confronti dell’acquirente in buona fede né possono ripetere dai creditori la somma loro distribuita. Il terzo non può far valere le proprie ragioni nei confronti dell’aggiudicatario in buona fede perché ha acquistato a titolo originario e quindi il suo diritto è inattaccabile. Dal momento che l’acquisto a titolo originario ai sensi dell’art. 1153 c.c. presuppone oltre alla buona fede anche un titolo astrattamente idonea al trasferimento di proprietà. Quindi il terzo se ritiene di poter dimostrare che l’acquirente sapeva che il bene era oggetto di pignoramento e quindi manca la buona fede può far valere il suo diritto agendo in rivendicazione. Questo dovrà quindi dimostrare di essere proprietario del bene in questione e che l’aggiudicatario sapeva che il bene non era dell’esecutato. Se riesce in queste prove il bene torna nella sua proprietà. Se il terzo riesce a dimostrare la mala fede del creditore procedente può ottenere il risarcimento dei danni. Anche in questo caso si ha divergenza tra legittimità processuale e liceità sostanziale: il creditore procedente che chiede la vendita di un bene che sa di non essere dell’esecutato tiene un comportamento che è lecito sul piano processuale ma illecito sul piano sostanziale. Quindi ha l’obbligo sostanziale di non far uso del suo potere processuale di chiedere la vendita del bene che egli sa di essere altrui. Ha però una seconda alternativa che è l’arricchimento senza causa nei confronti del debitore esecutato. Cioè il debitore ha pagato i suoi debiti con i beni di altri. Il terzo proprietario non può ripetere la somma distribuita e quindi i creditori si tengono la somma con la quale viene estinto il credito nei confronti dell’esecutato per la parte corrispondente alla somma ricevuta. E quindi l’esecutato si arricchisce a spese del terzo ex proprietario perché si libera dei propri debiti a spese altrui. Assegnazione Anche nel caso di assegnazione le cose non cambiano perché si tratta di un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà ma l’art. 2926 c.c. prevede che i terzi che avevano la proprietà del bene mobile assegnato possono entro 60 giorni dall’assegnazione rivolgersi all’assegnatario che ha ricevuto il possesso in buona fede del bene per farsi dare da questo la somma che si è trattenuto a soddisfazione totale o parziale del suo credito. Versando tale somma il l’assegnatario torna creditore del debitore perché il suo credito non è più soddisfatto. Prevalenza del terzo proprietario 30 Quando la vendita dà luogo ad un acquisto a titolo derivativo nello scontro tra terzo proprietario e aggiudicatario chi ci rimette è quest’ultimo che perde il bene però la tutela offerta all’aggiudicatario è maggiore rispetto a quella del terzo perché mentre questo può solo soddisfarsi sulla somma ricavata dalla vendita finché non è stata distribuita, l’art. 2921 invece dà all’aggiudicatario il diritto di farsi dare il ricavato della vendita e può ripetere dai creditori la somma corrispondente a quella assegnata in sede di distribuzione del ricavato. Vendita forzata e vendita di diritto comune Le differenze sono indicate nell’art. 2922 c.c.: 1. Nella vendita forzata non hanno luogo la garanzia per vizi quindi colui che acquista il bene lo acquista nello stato di fatto in cui si trova. 2. La vendita forzata non può essere impugnata per causa di lesione, cioè non ci può essere rescissione per lesione. In realtà la norma non è necessaria perché la rescissione per lesione presuppone lo stato di bisogno di una delle parti del quale l’altra ha approfittato per trarne vantaggio. Qui il presupposto non si verifica perché la vendita forzata non può costituire un approfitta mento. 3. L’effetto estintivo dei diritti reali di garanzia di ha nella vendita forzata non in quella di diritto comune. Nullità del processo esecutivo L’art. 2929 c.c. stabilisce che colui che ha subito l’espropriazione può chiedere all’aggiudicatario la restituzione del bene allegando la nullità del processo esecutivo quindi si ha un conflitto tra esecutato e acquirente. In caso di nullità i creditori non devono restituire quanto ottenuto. La regola applicabile in questo caso è quella che prevede che la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l’assegnazione non ha effetto nei confronti dell’aggiudicatario. Le nullità devono essere fatte valere all’interno del processo esecutivo con l’opposizione agli atti esecutivi. Quindi se si verifica la nullità nel subprocedimento di vendita è opponibile all’aggiudicatario ma solo a processo concluso. Quindi anche qui si applica il principio dell’onere dell’impugnazione. A ciò si deroga in caso di collusione tra acquirente e creditore procedente che approfittano della nullità per rendersi acquirente. L’esecutato deve essere venuto a conoscenza della collusione solo dopo il processo perché altrimenti doveva proporre l’opposizione agli atti del processo. Si tratta di una sorta di impugnazione straordinaria della vendita forzata. Irrilevanza del diritto a procedere a esecuzione forzata La contestazione del diritto di procedere ad esecuzione forzata da parte del debitore si fa valere con l’opposizione all’esecuzione che dà luogo alla sospensione facoltativa del processo. Niente impone al giudice di risolvere le questioni attinenti alla sussistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata prima di procedere alla vendita. Dopo la chiusura del processo esecutivo il debitore non ha motivo di chiedere la restituzione del bene in quanto può chiedere la somma equivalente al valore del bene che deriva dalla vendita. Le conseguenze della nullità del processo sono più gravi delle nullità del diritto a procedere perché in questo caso anche la trasformazione del diritto sul bene in somma di denaro è ingiusta è sicuramente attendibile perché operata da un processo valido. Invece le nullità sul processo fanno si che la trasformazione sia inattendibile in quanto è operata da un 31 meccanismo viziato. Quindi la carenza del diritto a precedere a esecuzione forzata non è presupposto del corretto operare del processo esecutivo. LA DISTRIBUZIONE DEL RICAVATO L’art. 509 c.p.c. stabilisce che la somma oggetto della distribuzione è composta da quanto proviene a titolo di prezzo o di conguaglio, rendita o provento di cose pignorate, multa e risarcimento danni da parte dell’aggiudicatario. L’ordine o la graduazione dei crediti è: 1. Spese di procedura senza possibilità di deroga. Si tratta di spese che costituiscono il corrispondente di ciò che è stato necessario fare per poter ottenere la somma da distribuire. Le spese che vanno prededotte sono quelle del pignoramento, della vendita, della custodia e le spese delle opposizioni infondatamente proposte dal debitore esecutato. 2. Creditori con diritto di prelazione, il cui ordine è stabilito dall’art. 2777 c.c. 3. Creditori chirografari tempestivi. Se la somma non è sufficiente per tutti si opera una ripartizione proporzionale. Se il creditore intervenuto non segue l’invito del creditore procedente quest’ultimo viene soddisfatto con preferenza. 4. Creditori chirografari tardivi. Anche qui si può avere ripartizione proporzionale. 5. Esecutato per l’eventuale residuo. Formazione del piano di riparto Nell’espropriazione mobiliare i creditori possono presentare al giudice un piano di riparto concordato tra di loro e il giudice procede in conformità a quando stabilito in quanto è vincolante se non vi è opposizione del debitore anche se l’art. 512 c.p.c. prevede che possa non approvare l’accordo. Se non vi è tale accordo tra i creditori ognuno può chiedere che si proceda alla distribuzione ance quelli non muniti di titolo esecutivo purché lo ottengano proponendo domanda. Il giudice provvede all’elaborazione di un piano di riparto che dovrà essere approvato dai creditori, se vi è approvazione si procede altrimenti si provvede a risolvere prima le contestazioni ai sensi dell’art. 512 c.p.c. Nell’espropriazione immobiliare il giudice procede d’ufficio, prepara il piano di riparto e lo deposita in cancelleria fissando l’udienza e le parti hanno 10 giorni per consultare il piano di riparto. Se all’udienza non compaiono o non si oppongono il piano si considera approvato. Se vi sono opposizioni si procede alla risoluzione delle stesse ai sensi dell’art. 512 c.p.c. Il problema sorge per i creditori che non hanno titolo esecutivo: se questi non instaurano tempestivamente un processo di cognizione volto ad attribuirgli il titolo esecutivo il oro intervento perde effetto. Le somme che spettano ai creditori senza titolo esecutivo vengono accantonate per un periodo non superiore a tre anni in modo tale da rendere possibile la loro soddisfazione dopo aver ottenuto il titolo esecutivo. Approvato il paino di riparto o risolte le contestazioni il processo esecutivo si chiude con l’emissione di mandati di pagamento da parte del cancelliere. Domanda di sostituzione 32 Espropriazione congiunta La peculiarità si verifica quando non tutti i contitolari del diritto sono assoggettabili all’espropriazione cioè quando non esiste un titolo esecutivo nei confronti di tutti i contitolari di quel diritto. Un processo esecutivo unitario è possibile anche quando non vi è un unico titolo esecutivo ma l’assoggettabilità all’espropriazione di tutti i contitolari del diritto sul bene proviene da titoli esecutivi diversi. Espropriazione della quota Il problema nasce quando i contitolari non sono tutti assoggettabili ad espropriazione o perché non sono tutti debitori o perché manca un titolo esecutivo nei confronti di qualcuno. In entrambi i casi la quota del soggetto nei cui confronti vi è titolo esecutivo non può essere oggetto di espropriazione ma nello stesso tempo bisogna tenere in considerazione che vi sono altri contitolari non assoggettabili ad espropriazione e quindi si deve adattare il processo esecutivo a questa particolarità e cioè che oggetto del pignoramento e poi della vendita non è un diritto esclusivo sul bene ma la contitolarità di un diritto sul bene stesso. In questo caso titolo esecutivo e precetto si notificano solo al debitore contitolare del diritto assoggettabile all’espropriazione. Si effettua il pignoramento nelle forme ordinarie nei confronti del debitore esecutato: il creditore però deve dare avviso agli altri contitolari dell’avvenuto pignoramento. L’avviso ha la funzione di avvertire gli altri contitolari del fatto che è stata pignorata una quota del loro contitolare e ha l’effetto di far divenire i contitolari parti del processo. Il pignoramento e l’avviso bloccano la situazione di fatto e di diritto della contitolarità così com’è nel momento in cui i contitolari ricevono l’avviso. I contitolari vengono convocati dal giudice insieme al creditore e se lo richiedono si può procedere alla separazione della quota. Perché ciò avvenga occorre che si tratti di beni fungibili e la separazione può essere effettuata all’interno del processo esecutivo. Vendita della quota indivisa Se la separazione non è possibile o nessuno la richiede il giudice può scegliere se procedere comunque alla separazione o se effettuare la vendita della quota indivisa. In questo secondo caso l’acquirente subentra nella contitolarità del diritto. Se invece la vendita non risulta soddisfacente allora procede alla divisione giudiziale che avviene attraverso un processo di cognizione, nel litisconsorzio necessario di tutti i condividenti e del creditore pignorante. Il processo può essere sostituito da un accordo negoziale al quale deve partecipare anche il creditore pignorante. È divisibile il bene che non perde la funzione alla quale è destinato, per es. non è divisibile un appartamento o un’auto. L’art. 1114 c.c. prevede che la divisione si effettui preferibilmente in natura: ciascuno dei contitolari deve avere una parte di bene in proprietà esclusiva. Separazione e divisione in natura Separazione: è tipica dei beni fungibili, e indica una modalità di divisione che consiste in operazioni di misurazione e di separazione materiale del bene in tante parti corrispondenti alle quote. Per es. tre soggetti sono contitolari di una botte di vino che vogliono dividere. La separazione si effettua misurando il vino nella botte che risulta essere di 900 litri, e si attribuisce a ciascun proprietario la propria quota, quindi 300 litri. 35 Divisione: avviene con operazioni giuridiche: individuazione e stima dei beni, formazione di lotti che nei limiti del possibile devono essere omogenei. Per es. tre soggetti sono proprietari di uno stabile composto da tre appartamenti. Questi devono essere stimati e in virtù dell’art. 1114 c.c. a ciascun proprietario spetta un appartamento. Se gli appartamenti non hanno ugual valore chi ha avuto l’appartamento di maggior valore deve pagare un conguaglio a chi ha avuto quello di minor valore. Se il bene è indivisibile e un condividente ha chiesto l’assegnazione gli viene assegnato, se invece lo richiedono più condividenti si effettua un’estrazione a sorte, ovviamente il soggetto al quale viene assegnato il bene dovrà corrispondere una somma ai condividenti per la loro quota. Se nessuno richiede il bene viene venduto all’asta e ripartita la somma. Mentre si sta svolgendo il processo di divisione del bene, il processo esecutivo è automaticamente sospeso nel momento in cui viene proposta la domanda di divisione. ESPROPRIAZIONE CONTRO IL TERZO PROPRIETARIO L’espropriazione contro il terzo proprietario è prevista dall’art. 602 c.p.c. per due ipotesi: quando il bene è gravato da pegno o ipoteca per un debito altrui e quando si tratta di un bene la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode. L’art. 2910 c.c. stabilisce che possono essere espropriati anche i beni di un terzo quando sono vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore quindi vi è perfetta corrispondenza con l’art. 602 c.p.c. In entrambi i casi si ha scissione tra debito e responsabilità. Terzo acquirente e datore L’art. 2808 I c.c. prevede che l’ipoteca attribuisce al creditore un diritto di espropriazione anche nei confronti del terzo che acquista i beni vincolati, quindi dà diritto di sequela. L’ipoteca rimane anche se il bene non è più nel patrimonio del debitore. Lo stessa accade nell’ipotese dell’art. 2808 II c.c. l’ipoteca può essere concessa ad un terzo a garanzia di un debito altrui. Nella prima ipotesi non c’è scissione tra debito e responsabilità infatti l’atto di concessione dell’ipoteca proviene dal debitore e per il momento ha solo l’effetto di attribuire un diritto di prelazione nei confronti di altri creditori, solo in un momento successivo con l’alienazione del bene si viene a creare la scissione; nella seconda ipotesi la scissione si ha dall’inizio essendo fin dall’inizio il terzo un soggetto che sul piano sostanziale non è obbligato. Scissione tra debito e responsabilità Tale scissione presuppone che la responsabilità sia limitata ad alcuni elementi del patrimonio del responsabile. La scissione tra debito e responsabilità ha senso solo se il terzo risponde degli obblighi altrui solo con elementi individuati del proprio patrimonio altrimenti se il terzo garantisce l’adempimento dell’obbligo con tutti i suoi beni si forma un altro tipo di garanzia che si può estrinsecare nella fideiussione. Il terzo datore di pegno o ipoteca o acquirente di un bene ipotecato o oggetto di pegno non sono personalmente obbligati ma sono tenuti a sopportare che l’espropriazione si svolga sul proprio bene. Quando si verifica scissione tra debito e responsabilità i creditori non dovranno agire nei confronti del debitore ma nei confronti del terzo che vanta sul bene la proprietà. Il terzo proprietario deve 36 partecipare alla vendita forzata nella qualità di esecutato in quanto è contro di lui che si deve formare il titolo di trasferimento nella vendita. Inefficacia delle alienazioni L’art.2812 c.c. prevede che gli atti di disposizione del proprietario del bene ipotecato non sono opponibili al creditore ipotecario, quindi non hanno effetto in pregiudizio del creditore. Nel caso di usi, usufrutto, abitazione e servitù l’inopponibilità si attua sul piano degli effetti della vendita forzata nel senso che ha effetti estintivi su tali diritti. Nel caso di superficie, enfiteusi, piena e nuda proprietà l’inopponibilità consente al creditore di espropriare il bene anche se non è più nel patrimonio del debitore. Lo stesso problema si ha in relazione all’azione revocatoria: se un elemento del patrimonio del debitore è stato oggetto di un atto di disposizione revocato è stabilito che il creditore, ottenuta la dichiarazione di inefficacia, può promuovere nei confronti del terzo acquirente le azioni esecutive sui beni che formano oggetto dell’atto impugnato. Come il legislatore nell’ipotesi si alienazione del bene ipotecato ha dato il potere al creditore di espropriare il bene nel patrimonio del terzo così nell’azione revocatoria ha fornito il creditore del potere di aggredire esecutivamente il terzo realizzando la stessa situazione. Strumenti per evitare l’espropriazione L’art. 603 c.p.c. stabilisce che il titolo esecutivo e precetto devono essere notificati al terzo. Ovviamente il precetto che contiene l’intimazione a pagare non è diretta al terzo ma gli è notificato per conseguenza dal momento che è diretto al debitore. Ai sensi dell’art. 2858 c.c. il terzo acquirente dei beni ipotecati che ha trascritto il titolo di acquisto e che non è personalmente obbligato se non preferisce pagare i crediti iscritti può rilasciare i beni agli stessi o liberarli dalle ipoteche, in mancanza l’esecuzione segue le regole ordinarie del c.p.c. il terzo quindi può scegliere: a. Pagare adempiendo l’obbligo altrui. Pagando estingue il debito e il potere di espropriazione si ha così surrogazione legale nel diritto del creditore procedente. b. Chiedere la liberazione sui beni delle ipoteche. c. Rilasciare il bene ai creditori: abbandona il bene ai creditori e l’espropriazione ha luogo nei confronti di un curatore speciale che nomina il tribunale. Ciò evita al terzo di comparire come esecutato. Posizione processuale del terzo Se non fa niente di tutto ciò il terzo assume la posizione di esecutato. Si verifica un forma particolare di litisconsorzio necessario nell’espropriazione: parti necessarie saranno il debitore non esecutato e l’esecutato non debitore. Tutti e due hanno stessi poteri e doveri ma il divieto di partecipare come acquirente nella vendita forzata non è fatto nei confronti del terzo, infatti a lui conviene partecipare come acquirente quando il credito garantito è superiore al valore del bene. Per es. se il bene vale 1000 e il credito è di 2000 al terzo conviene subire l’espropriazione e riacquistare il bene in vendita forzata liberandolo dall’ipoteca. 37 opponibile non solo all’attuale proprietario del fondo servente ma anche a tutti i successivi proprietari mentre l’obbligo di non fare non è opponibile ai successivi proprietari a meno che l’assumano personalmente. Tutti gli obblighi che hanno per oggetto una cosa determinata sono suscettibili di tutela esecutiva in forma specifica. La differenza tra situazioni sostanziali è rilevante solo per stabilire se il diritto esiste ma una volta stabilito non può essere esclusa una tutela esecutiva per ragioni strutturali. Diritti su quantità di cose indeterminate Una quantità di cose può diventare oggetto di un contratto in due modi diversi. Se oggetto del contratto è una quantità di cose fungibili individuate si applica l’art. 1377 c.c., se invece il contratto ha ad oggetto il trasferimento di cose determinate solo nel genere si applica l’art. 1378 c.c. Poiché il bene non è identificato il trasferimento avviene con la specificazione. Necessità della tutela esecutiva Delle volte l’avente diritto può esercitare poteri idonei a sostituire l’inadempimento dell’obbligo e a procurargli per altra via la soddisfazione che gli sarebbe dovuta provenire dall’obbligato. Per es. un bene dato in locazione necessita di riparazioni che spettano al locatore. Il conduttore ottiene la condanna che impone al locatore di effettuare le riparazioni ma il locatore rimane inerte. In questo caso il conduttore non ha necessità di richiedere la tutela esecutiva perché può effettuare le riparazioni a proprie spese facendo nascere un credito per la restituzione delle somme impiegate per le riparazioni. Quindi l’intervento giurisdizionale non è possibile perché non è necessario. Esecuzione indiretta Nell’esecuzione forzata diretta l’inattività dell’obbligato è sostituita dall’attività dell’ufficio esecutivo, con l’esecuzione indiretta si cerca di ottenere l’adempimento attraverso l’irrogazione di sanzioni. Se il comportamento dell’obbligato è infungibile si esce dall’esecuzione diretto o in senso stretto e si rende necessario uno strumento coercitivo. L’infungibilità può derivare da due cause: o perché l’obbligo è assunto intuitu personae cioè l’avente diritto vuole la prestazione da quel determinato soggetto o perché l’obbligato si trova in una situazione di monopolio di fatto o di diritto e quindi la prestazione può essere di fatto effettuata da chiunque ma la soddisfazione può provenire solo da quel soggetto come per es. la fornitura di energia elettrica. L’obbligo di astensione è sempre infungibile. Obblighi di pati Nel diritto sostanziale è previsto alcune volte l’obbligo di sopportare che l’avente diritto compia alcune attività nella sfera giuridica dell’obbligato, si tratta di un comportamento di tolleranza detto obbligo di pati. Mentre l’obbligo di non fare se non viene ottemperato obbliga il soggetto a disfare quanto compiuto, l’obbligo di pati consiste appunto nell’invadere la sfera giuridica dell’obbligato il quale deve sopportare tale invasione. Vi sono obblighi di pati correlati ad un diritto il cui interesse sta nel risultato dell’attività che si deve compiere nella sfera giuridica altrui a proprie spese. Per es. in virtù di una sentenza è riconosciuto il diritto di Caio di costruire un acquedotto sul fondo di Tizio: Caio ha tutto il diritto di invadere la sfera giuridica di Tizio e questo dovrà tollerare tale invasione. Può però accadere che correlato all’obbligo di sopportare vi sia un interesse dell’avente diritto allo svolgimento dell’attività stessa. Per es. il diritto di cacciare sul fondo altrui, l’interesse 40 protetto è lo svolgimento dell’attività, se il proprietario del fondo si oppone si rende necessaria l’esecuzione indiretta. Quindi nel caso in cui l’interesse all’attività è correlata al risultato della stessa attività l’esecuzione diretta può sempre operare perché una volta ottenuto il risultato non c’è più bisogno che l’obbligato collabori. L’esecuzione diretta non è possibile per gli obblighi di fare perché ciò significherebbe andare oltre l’inadempimento dell’obbligato. Così non è possibile l’esecuzione nei confronti di obblighi di pati perché in questo caso l’ufficio esecutivo anziché sostituirsi all’obbligato si sostituisce all’avente diritto. L’ESECUZIONE PER CONSEGNA O RILASCIO Trasferimento del potere di fatto L’art. 2930 c.c. prevede che l’esecuzione per consegna o rilascio ha lo scopo do trasferire il potere di fatto sul bene identificato nel titolo esecutivo da colui che esercita attualmente tale potere di fatto a colui che ha diritto ad esercitarlo. Viene modificato solo il potere di fatto sul bene. L’avente diritto acquista il possesso se sul bene se sul bene gli è stata riconosciuta l’esistenza di un diritto reale, acquista la detenzione se gli è stata riconosciuta l’esistenza di un diritto personale di godimento e così via. L’obbligo di consegna o rilascio viene attuato secondo quando previsto dall’art. 605 ss. c.p.c. indipendentemente dal tipo di diritto riconosciuto. Titolo esecutivo I titoli esecutivi che fondano l’esecuzione sono quelli previsti dall’art. 474 c.p.c., le scritture private autenticate e i titoli di credito che hanno ad oggetto beni individuati non costituiscono titoli esecutivi idonei mentre gli atti pubblici si così come il verbale di conciliazione giudiziale e spesso anche quella stragiudiziale. Posizione dei terzi Ai sensi degli artt. 475 – 477 c.p.c. il titolo esecutivo a certe condizioni è utilizzabile anche da terzi o dal soggetto diverso da quello che nel titolo è nominativamente individuato come creditore o debitore. Uno degli effetti dell’espropriazione è la creazione di un titolo di acquisto tra l’esecutato e l’aggiudicatario. Se il bene è di proprietà di chi non è esecutato questi non subisce alcun effetto nell’espropriazione perché il titolo di acquisto si forma contro colui al quale il creditore ha fatto acquisire la qualità di esecutato dirigendo nei suoi confronti l’attività esecutiva. Nell’esecuzione per consegna o rilascio si verifica un fenomeno diverso: supponendo che l’esecuzione sia compiuta e la detenzione sia trasferita dall’ufficio esecutivo al procedente. Se il bene era nella materiale disponibilità di un terzo l’esecuzione produce effetti nei confronti di costui. Il terzo subisce al posto dell’esecutato gli effetti tipici dell’esecuzione: perde la materiale disponibilità del bene e l’esecutato non riceve alcun effetto dall’esecuzione dal momento che il bene apparteneva ad un terzo. 41 Imputazione degli effetti Mentre la direzione degli effetti nell’espropriazione è soggettiva perché dipende dall’individuazione dell’esecutato da parte del procedente e gli effetti si verificano solo nella sfera giuridica del soggetto che il creditore individua come esecutato, nell’esecuzione in forma specifica la direzione degli effetti è oggettiva, gli effetti si producono non secondo la scelta del creditore ma secondo l’effettiva situazione esistente: nei confronti del detentore del bene nell’esecuzione per consegna o rilascio, nei confronti di questi e del proprietario nell’esecuzione per obblighi di fare. Sia nel processo di cognizione che nell’espropriazione l’assunzione della qualità di destinatari degli effetti dei provvedimenti giurisdizionali è un posterius rispetto all’assunzione della qualità di parte, assunzione che avviene tramite la domanda della parte istante. Invece nell’esecuzione in forma specifica prima bisogna stabilire che subirà in concreto gli effetti dell’esecuzione e poi lo si fa diventare parte esecutata. Quindi l’essere destinatari degli effetti delle misure giurisdizionali è un prius rispetto all’assunzione della qualità di parte. Procedimento ▲ Consegna:La consegna del bene mobile avviene secondo quanto previsto dall’art. 606 c.p.c. Ai sensi dell’art. 605 c.p.c. il precetto deve contenere la descrizione dei beni, che è già contenuta nel titolo esecutivo. Unico soggetto dell’ufficio presente necessariamente all’esecuzione per consegna o rilascio è l’ufficiale giudiziario. Il giudice dell’esecuzione resta inattivo finché non è chiamato ad intervenire. L’ufficiale ricerca il bene dove si trova. ▲ Rilascio: il rilascio del bene mobile avviene secondo quanto previsto dall’art. 608 c.p.c. Deve essere dato all’esecutato almeno 10 giorni prima il preavviso del giorno e dell’ora in cui avverrà l’immissione in possesso. Con la notifica ha inizio l’esecuzione. Dopo la notificazione del precetto l’istante ha 90 giorni per iniziare l’esecuzione quindi è sufficiente la notificazione del preavviso di rilascio per impedire la perenzione del precetto. L’immissione nel possesso può essere anche simbolica per i luoghi aperti. L’ultima parte dell’art. 608 c.p.c. si applica quando il bene è in parte nella detenzione dell’esecutato e in parte nella detenzione di terzi. L’esecuzione ha luogo contro l’obbligato secondo il titolo esecutivo per la parte del bene di cui egli ha la detenzione. Per la parte del bene sulla quale l’obbligato ha il potere di fatto si ha esecuzione per rilascio; per la parte di cui l’obbligato ha solo il possesso formale si ha ingiunzione ai detentori di riconoscere il nuovo possessore. Intervento del giudice dell’esecuzione L’ufficiale giudiziario deve stabilire se e come determinare la propria attività senza poter ricorrere all’ausilio del giudice dell’esecuzione. L’ufficiale anche in caso di difficoltà non può rivolgersi al giudice. Questo interviene solo se interpellato dalle parti nella determinazione di ciò che l’ufficiale deve fare per proseguire l’esecuzione forzata. Lo strumento che è previsto dall’art. 610 c.p.c. ha lo scopo di superare eventuali ostacoli. 42 Il creditore può intimare precetto unilateralmente affermando che vi sono i presupposti della nascita dell’obbligo di corrispondere le somme. Ovviamente il debitore potrà contestare tali dichiarazioni. Nel caso in cui la pronuncia che condanna al facere infungibile o al non facere venisse modificata in sede di impugnazione le somme pagate dovranno essere restituite con gli interessi legali dalla data dell’avvenuto pagamento. L’OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE Ha per oggetto la contestazione del diritto della parte istante a procedere a esecuzione forzata. Il diritto a procedere a esecuzione forzata può essere contestato sia per la carenza di ciò che si vuole tutelare sia per la carenza del diritto a procedere alla tutela esecutiva. Mancanza del diritto alla tutela Si intende la mancanza del titolo esecutivo in senso stanziale, quindi si contesta l’originaria o sopravvenuta inefficacia. Quando si contesta la nullità del titolo esecutivo si effettua una distinzione: se si tratta di titoli esecutivi stragiudiziali ogni nullità può essere fatta valere in sede di opposizione dell’esecuzione, per i titoli esecutivi giudiziali opera il meccanismo della conversione delle nullità in motivi d’impugnazione, se non viene usato tale mezzo nei modi e nei termini previsti i vizi non sono rilevabili in diversa sede neanche in sede di opposizione all’esecuzione. L’art. 161 prevede però che il principio non opera se il provvedimento è carente della sottoscrizione del giudice. Si parla in questo caso di inesistenza dell’atto perché l’atto manca dei presupposti essenziali. L’inesistenza può essere fatta valere anche con strumenti diversi dall’impugnazione come per es. l’opposizione all’esecuzione. L’efficacia esecutiva di un provvedimento giurisdizionale dipende da due diversi meccanismi: delle volte è disposta dalla legge altre in virtù di un provvedimento del giudice. In realtà l’efficacia esecutiva è sempre ex lege in quanto è sempre la legge che prevede i presupposti in presenza dei quali un atto si qualifica come esecutivo. Nell’efficacia ex lege la fattispecie che costituisce tale effetto giuridico è immediatamente rilevante e non è mediata da rilevazioni del giudice. Nel secondo caso l’ordinamento attribuisce al giudice il potere di accertare i presupposti per l’efficacia esecutiva del provvedimento. Le due ipotesi hanno disciplina differenziata in sede di opposizione all’esecuzione. ✓ Esecutività ope iudicis:non è possibile contestare in sede di opposizione all’esecuzione la giustizia o la fondatezza del provvedimento con cui il giudice ha dato o ha negato l’esecutività a quel determinato atto. ✓ Esecutività ex lege: in sede di opposizione si può contestare che i presupposti non esistono, per es. che la sentenza è di mero accertamento e non di condanna. Se il giudice esterna la propria opinione sull’efficacia esecutiva del provvedimento questa è del tutto irrilevante perché non ha il potere di interferire sull’esecutività del provvedimento. Mancanza del diritto da tutelare 45 Ciò che si contesta è il diritto sostanziale oggetto della tutela esecutiva. In sede di opposizione all’esecuzione possono essere fatte valere le stesse contestazioni che si sarebbero potute far valere nel caso in cui l’atto – titolo esecutivo fosse utilizzato dal creditore come prova dell’esistenza del suo diritto in un processo di cognizione. Se con l’opposizione all’esecuzione si contesta l’esistenza del diritto sostanziale oggetto di tutela, l’opposizione all’esecuzione non è altro che un processo di cognizione che inizia in modo anomalo ma che ha lo stesso oggetto, svolgimento ed effetti. Per i titoli giudiziari vale la stessa disciplina ma se devono applicare i limiti temporali della sentenza. Con l’opposizione all’esecuzione si può far valere anche l’impignorabilità dei beni. Occorre sottolineare le differenze che intercorrono tra l’opposizione all’esecuzione e l’opposizione agli atti esecutivi: ✓ Opposizione all’esecuzione: si discute sull’an (se) dell’esecuzione. Spetta solo a colui o coloro che subiscono l’esecuzione. Si dice quindi che l’opposizione all’esecuzione è di merito. ✓ Opposizione agli atti esecutivi: si discute su quomodo (come) dell’esecuzione. Spetta a tutte le parti del processo esecutivo. Si dice quindi che l’opposizione agli atti esecutivi è di rito. Inizio dell’esecuzione Dal momento che non vi sono norme che disciplinano l’inizio dell’esecuzione per consegna e per obblighi di fare si applica in via analogica l’art. 491 c.p.c. che qualifica come inizio dell’esecuzione il compimento del primo atto d’ufficio esecutivo successivo al precetto. Nell’esecuzione per consegna il primo atto è l’accesso dell’ufficiale mentre nell’esecuzione di obblighi di fare il primo atto è il provvedimento con il quale il giudice fissa le modalità dell’esecuzione. Opposizione a precetto, prima dell’inizio dell’esecuzione L’opposizione proposta prima dell’inizio dell’esecuzione si propone con citazione di fronte al giudice competente per materia o valore. Per quanto riguarda la determinazione della competenza per territorio è previsto che è competente il giudice del luogo dove si svolge l’esecuzione. Se l’esecuzione non è ancora iniziata vi è solo il precetto e quindi bisogna seguire la disciplina di tale atto: il creditore deve dichiarare la residenza o eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione, se ciò non è indicato le opposizioni si propongono al giudice del luogo in cui è notificato il precetto. Opposizione dopo l’inizio dell’esecuzione Se l’esecuzione ha già avuto inizio l’opposizione si propone con ricorso depositato in cancelleria del giudice dell’esecuzione ed è portato a conoscenza delle parti insieme al decreto con il quale il giudice fissa l’udienza davanti a sé. Il ricorso in opposizione contiene un atto di un processo dichiarativo cioè la domanda che trova provvisoria ospitalità nel processi esecutivo. Le due principali attività del giudice dell’opposizione sono la risposta alla eventuale domanda di sospensione e individuazione del giudice competente a decidere nel merito la domanda sull’esecuzione. Per quanto riguarda la competenza questa può essere solo verticale: se l’ufficio giudiziario non è competente il giudice dell’esecuzione assegna un termine perentorio per la riassunzione della causa, se invece l’ufficio giudiziario risulta competente il giudice fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito. 46 L’art. 606 in tema di competenza è stato oggetto di riforma nel 2006: prima della riforma istituiva una sorta di competenza funzionale del giudice dell’esecuzione che fungeva da giudice istruttore e aveva fatto sorgere dubbi sul coordinamento tra fase introduttiva e di trattazione della controversia. Con la riforma del 2006 la competenza funzionale del giudice è venuta meno a seguito dell’iscrizione a ruolo della causa il presidente del tribunale nomina un magistrato. Per quanto riguarda il secondo profilo il passaggio dalla fase introduttiva alla fase della trattazione avviene attraverso la fissazione di un termine perentorio entro il quale la parte deve iscrivere la causa a ruolo e poi compiere un atto secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito. Si tratterà della citazione o del ricorso a seconda che il rito processuale applicabile al merito sia rito ordinario o rito speciale. L’atto introduttivo del giudizio non dovrà necessariamente contenere la domanda ma potrà contenerne ulteriori. Il passaggio dalla fase introduttiva a quella di trattazione dà alle parti la possibilità di compiere tutte le attività che si possono compiere quando viene proposta una domanda. Legittimazione attiva Spetta all’esecutato e cioè al debitore e al terzo proprietario. L’opposizione può essere proposta anche in via surrogatoria da un creditore dell’esecutato nel caso in cui l’esecutato stesso rimanga inerte. Nell’espropriazione l’esecutato è colui che è individuato come tale dal creditore procedente, nell’esecuzione in forma specifica esecutato è colui nella cui sfera giuridica si producono gli effetti delle misure esecutive. Legittimazione passiva Il creditore procedente è la controparte dell’opposizione all’esecuzione: infatti l’opponente contesta il diritto a procedere ad esecuzione forzata del creditore procedente. I creditori già intervenuti sono litisconsorti necessari se muniti di titolo esecutivo e possono portare avanti da soli l’esecuzione nonostante la rinuncia del creditore procedente. Il creditore intervenuto è litisconsorte del creditore procedente nell’opposizione all’esecuzione perché una sentenza che accoglie l’opposizione nei soli confronti del creditore procedente non sarebbe idonea a fermare l’esecuzione che potrebbe andare avanti su impulso del creditore intervenuto munito di titolo esecutivo non hanno effettuato un pignoramento autonomo sul bene. Si ha chiusura del processo esecutivo ma il creditore non perde di porre in essere un secondo pignoramento a differenza del creditore senza titolo esecutivo che non ha poteri da spendere perché per arrivare alla vendita occorre il compimento di atti d’impulso processuale che possono derivare solo da creditori con titolo esecutivo quindi il creditore non munito è spettatore passivo. Inversione dell’iniziativa processuale e onere della prova Il processo di opposizione all’esecuzione è un processo di cognizione dove si realizza un’inversione dell’iniziativa processuale. Ciò implica che colui che afferma l’esistenza del diritto a procedere è il creditore opposto mentre colui che nega l’esistenza di tale diritto è il debitore esecutato opponente. Si applica l’art. 2697 c.c. sull’inversione dell’onere della prova: è il creditore opposto a dover dimostrare l’esistenza del diritto a procedere mentre è il debitore a dover dimostrare i fatti impeditivi, modificativi ed estintivi del diritto del creditore. Delle volte la contestazione del debitore può imporre al creditore procedente già in prima battuta l’onere della prova. Per es. Tizio intima precetto a Caio quale erede di Mevio sulla base di un titolo esecutivo formatosi contro Mevio. Caio propone opposizione 47 Provvedimenti opportuni Il giudice in casi d’urgenza può emettere dei provvedimenti indilazionabili e può anche sospendere il processo esecutivo. Se l’opposizione è proposta per nullità sanabile il giudice ai sensi dell’art. 162 c.p.c. può anche anticipare i risultati e disporre che l’atto sia rinnovato o che la nullità sia sanata. Se invece il giudice considera il vizio insanabile allora disporrà la sospensione del processo esecutivo. Negli altri casi il processo continua e si attenderà che l’atto venga rinnovato o sanato. Decisione Una volta pronunciati i provvedimenti l’opposizione si autonomizza. Il giudice fissa un termine per l’introduzione del giudizio di merito. Dopo l’iscrizione della causa a ruolo il presidente del tribunale provvede alla nomina di un giudice istruttore: il presidente del tribunale deve nominare un magistrato che non sia il giudice dell’esecuzione e ciò è stato introdotto dopo la riforma del 2009 perché risultò inopportuno che lo stesso giudice venga investito della funzione di emanare la misura esecutiva sia decidere la controversia. Impugnazione La sentenza che decide sull’opposizione degli atti esecutivi è dichiarata non impugnabile. Ma l’art. 111 cost. garantisce sempre il ricorso in cassazione avverso i provvedimenti che non sono suscettibili di altri mezzi d’impugnazione. A tal proposito è rilevante la qualificazione che ha dato il giudice dell’opposizione: se la qualifica come opposizione agli atti esecutivi la sentenza è ricorribile in cassazione, se la qualifica come opposizione all’esecuzione invece è appellabile. Effetti della sentenza La sentenza di rigetto dell’opposizione accerta la validità dell’atto e ne produce stabilità ma se si tratta di nullità extraformali la sentenza forma giudicato anche sul motivo posto a fondamento della nullità dell’atto che è stato ritenuto insussistente da parte del giudice. La sentenza di accoglimento dichiara l’invalidità dell’atto opposto e accerta l’insussistenza del motivo dell’invalidità di tale atto. Se il motivo riguarda anche gli altri atti del processo allora si ha la chiusura dello stesso. Se il vizio riguarda solo un singolo l’accoglimento comporta la caducazione di tutti gli atti dipendenti e in questo caso nulla impedisce che si proceda alla rinnovazione dell’atto stesso e quindi il processo può continuare. Irrilevanza delle nullità fuori del processo Per rimediare all’ingiustizia dell’esecuzione non c’è necessità di uno strumento specifico in quanto possono essere utilizzati gli strumenti ordinari di diritto sostanziale. Resta salva la teoria dell’inesistenza agli atti esecutivi che hanno efficacia extraprocessuale e la possibilità di far valere a esecuzione conclusa le nullità previste dall’art. 327 c.p.c. proponendo senza limiti di tempo l’opposizione agli atti esecutivi. Per es. il processo si è svolto contro un debitore incapace o un falsus procurator, l’esecutato non ha avuto conoscenza del processo per nullità del precetto e della notificazione di esso. 50 L’OPPOSIZIONE DI TERZO L’opposizione di terzo ha lo scopo di far valere eventuali discrasie tra situazione a rilevanza processuale che fonda l’oggetto del processo esecutivo e la realtà sostanziale che fonda l’oggetto dell’esecuzione. Nell’espropriazione il terzo è colui al quali il creditore non ha fatto assumere il ruolo di esecutato. Il diritto del terzo per essere opponibile al creditore procedente può trovare la fattispecie costitutiva o in un titolo di acquisto originario o in un titolo d’acquisto derivato da un soggetto diverso dal debitore. Se il terzo è un avente causa del debitore esecutato il suo diritto deve essere opponibile al creditore procedente. Ai sensi dell’art. 2919 c.c. i diritti dei terzi inopponibili al creditore procedente e ai creditori intervenuti sono inopponibili anche all’aggiudicatario. Effetti processuali Se è trascritta prima la domanda giudiziale il creditore pignorante assume il ruolo di successore nel diritto controverso e quindi ai sensi dell’art. 111 c.p.c. può intervenire nel processo e in ogni caso la sentenza sarà vincolante (per lui e per l’aggiudicatario). Viceversa il creditore pignorante e l’aggiudicatario non sono vincolati alla sentenza e l’attore sarà costretto a instaurare un nuovo processo contro l’acquirente in vendita forzata. L’attore che vuole far valere il suo diritto nei confronti del debitore esecutato e del creditore deve proporre domanda nelle forme dell’opposizione di terzo. È l’unico modo con cui l’attore può instaurare il contraddittorio. Effetti sostanziali La trascrizione della domanda ha anche effetti sostanziali che influiscono sulla risoluzione del conflitto tra attore e aventi causa del convenuto. Al verificarsi di alcuni presupposti come la priorità della trascrizione del titolo dell’avente causa, il decorso del temine, la buona fede e il titolo oneroso si produce un’autonomizzazione della posizione dell’avente causa. Quindi se il dante causa ha acquistato con un titolo nullo o annullabile, ecc. ma si verifica una fattispecie di salvezza il titolo del subacquirente è preferenziale rispetto al primo dante causa il quale dovrà accontentarsi del risarcimento del danno che è a carico dell’alienante in quanto non potrà avere indietro il bene. L’attore deve estendere il contraddittorio al creditore procedente in modo da ottenere una pronuncia che faccia stato anche nei suoi confronti. Occorre creare il contraddittorio all’interno del processo esecutivo attraverso l’opposizione di terzo che si propone con domanda, con ricorso al giudice dell’esecuzione. Diritti di restituzione Delle volte l’opponente non fa valere il diritto di proprietà ma propone impugnativa negoziale. Il problema è se il terzo deve dimostrare di essere titolare di un diritto reale o in certi casi è sufficiente anche fondare l’opposizione su un diritto diverso. Ci si riferisce ai diritti di restituzione che trovano origine in due fattispecie diverse. Alcuni contratti sono fisiologicamente restitutori perché il godimento del bene è destinato a cessare. Per es. il 51 contratto di locazione. I diritti di restituzione quindi dal fatto che la controparte è venuto meno per una causa fisiologica o patologica. Venuto meno il titolo che ha fondato l’attribuzione del godimento del bene nasce l’obbligo speculare di restituzione. Il vantaggio dei diritti di restituzione è che esonera l’attore dell’onus probandi della proprietà che è una probatio diabolica perché occorre dimostrare che si è verificato un acquisto a titolo originario. Quando il bene rimane nella disponibilità di colui che è obbligato alla restituzione non si pongono problemi dimostrando che è stato consegnato in virtù di un rapporto che prevede la restituzione, i problemi si hanno quando il bene è passato di proprietà di un terzo bisogna ricorrere alla domanda riconvenzionale perché il terzo non è legato all’obbligo di restituzione. Quando l’esecuzione ha un possesso idoneo ad escludere la possibilità di esperire domande di restituzione perché il terzo non è divenuto titolare del bene in questione il bene è tenuto dall’esecuzione così come si trovava quando si trovava dall’esecutato. Se l’opponente ha un’azione di restituzione nei confronti dell’esecutato può farla valere anche nei confronti del creditore procedente e dell’esecuzione in genere. Non può farla valere nei confronti dell’aggiudicatario in quanto diviene legittimamente possessore ma occorre esperire la rivendicazione. Incompatibilità Un’altra caratteristica dell’opposizione di terzo è che il diritto che fa valere attraverso l’opposizione deve essere incompatibile con il diritto oggetto del pignoramento. L’opposizione è ammissibile anche quando il suo accoglimento non determina l’impossibilità della vendita forzata ma comporta che la vendita avvenga con il rispetto del diritto del terzo. Quindi l’incompatibilità deve essere intesa in senso ampio. Acquisti a titolo derivativo Nelle ipotesi di acquisto a titolo derivativo la vendita forzata ha nei confronti del terzo gli stessi effetti della vendita di diritto comune. Quindi di fronte a un acquisto a titolo derivativo l’opposizione svolge due funzioni: una generica e costante funzione preventiva cioè il terzo non vuole che si procede alla vendita di un diritto che appartiene a lui e non al debitore esecutato e una specifica di consentire l’utilizzazione dell’azione di restituzione. Acquisti a titolo originario In questo caso l’acquirente in vendita forzata acquista anche i diritti che non spettavano all’esecutato. Quindi una volta che l’aggiudicatario ottiene il bene per incompatibilità il diritto dell’esecutato di proprietà in capo al terzo si estingue. In questo caso l’interesse a proporre opposizione è radicale perché o il terzo impedisce la vendita o gli viene sottratta la proprietà del bene definitivamente. Per evitare tali conseguenze è sufficiente anche la sola sospensione dell’esecuzione. Questa situazione difficilmente si può verificane nell’esecuzione in forma specifica perche non ci sono due diritto in gioco ma uno: senza il bene l’esecuzione non può continuare. Se il terzo riesce ad ottenere una sentenza che riconosce il suo diritto sul bene oggetto dell’esecuzione tale pronuncia contrasta con il contenuto del titolo esecutivo e il creditore non può procedere più ad esecuzione perché gli viene tolto il diritto alla tutela. Il pregiudizio del terzo quindi sta a monte nel titolo esecutivo che dovrà attaccare con l’opposizione di terzo ai sensi dell’art. 404 e non 619 c.p.c. Per es. Tizio ottiene contro Caio una sentenza di condanna all’abbassamento di un muro di cinta che separa due fondi. Sempronio propone opposizione ex art. 619 c.p.c. asserendo di essere il proprietario del bene in quanto Caio è solo conduttore. L’opposizione non può essere 52 richiamavano i gravi motivi: in mancanza di pignoramento il rischio che corre il creditore a seguito della sospensione aumenta e quindi deve aumentare altrettanto il fumus boni iuris relativo alla portata dell’opposizione. Si propone al giudice competente per valore e materia e può risultare di competenza del giudice di pace. Ha funzione lato sensu cautelare ma non può essere paragonata ad un provvedimento cautelare. D. Sospensione disposta a seguito di opposizione all’esecuzione e di opposizione di terzo: qui il processo di cognizione riguarda l’oggetto dell’esecuzione mentre l’oggetto del processo esecutivo è determinato col pignoramento. Qui la sospensione va contro l’interesse del creditore. La sospensione è opera di valutazione discrezionale del giudice e se l’opposizione risulta fondata il processo esecutivo non è nulla ma risulta ingiusto. Il giudice quindi deve valutare due elementi: la fondatezza dell’opposizione e la comparazione del danno che riceve il creditore procedente nell’attendere l’esito del processo di cognizione e del danno che riceve l’opponente se il processo esecutivo va avanti. Per es. Tizio afferma di essere proprietario del bene pignorato, propone opposizione di terzo e chiede la sospensione della vendita. Se viene pignorato un bene mobile nel valutare l’istanza di sospensione il giudice deve tener conto del fatto che la vendita produrrà la perdita della proprietà a favore dell’opponente. E. Sospensione disposta a seguito di opposizione agli atti esecutivi: vi è un processo di cognizione incidentale al processo esecutivo e qui la sospensione va ricollegata al fatto che nel processo di cognizione incidentale si fa valere l’invalidità dell’esecuzione. Provvedimento La sospensione è disposta con ordinanza e come rimedio generale è previsto il reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c. la riforma del 2006 ha previsto che le contestazioni in sede di distribuzione siano risolte all’interno del processo esecutivo. Anche il provvedimento del giudice dell’opposizione a precetto con il quale si provvede all’istanza di sospensione è sottoponibile a reclamo. Sull’istanza si pronuncia il giudice di pace mentre sul reclamo il tribunale. Il creditore può proseguire il processo di merito o rinunciare allo stesso e iniziare un’altra esecuzione forzata perché la sospensione non è di ostacolo in quanto non è esercizio di giurisdizione dichiarativa. Scaduto il termine perentorio assegnato dal giudice se nessuno delle parti ha compiuto le attività necessarie all’instaurazione del giudizio di merito si ha estinzione. Il problema nasce quando la sospensione è data o confermata in sede di reclamo: il termine perentorio potrebbe essere già decorso quando viene emesso il provvedimento in sede di reclamo. L’unica soluzione è che il giudice dell’esecuzione faccia decorrere il termine perentorio per l’instaurazione del giudizio di merito o per la riassunzione della scadenza del termine per proporre reclamo se è proposto dalla comunicazione dell’ordinanza che decide il reclamo. Sospensione concordata Disciplinata dall’art. 624 bis: deve essere richiesta da tutti i creditori muniti di titolo esecutivo prima della vendita e ha durata massima di due anni. Il termine ultimo è di 20 55 giorni prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte di acquisto nella vendita senza incanto e di 15 giorni prima dell’incanto. Se l’istanza è accolta è comunicata al custode che ne da avviso tramite internet dell’espropriazione. Per revocare la sospensione occorre il dissenso anche solo di un creditore. Se la sospensione non è medio tempore revocata il processo esecutivo deve essere riattivato entro 10 giorni dalla scadenza del periodo di sospensione da qualunque creditore munito di titolo esecutivo. Nell’espropriazione mobiliare presso il debitore il termine ultimo è costituito dalla fissazione della data di asporto dei beni. Se la vendita deve essere espletata nei luoghi in cui i beni sono custoditi il termine ultimo è di 10 giorni prima della data di vendita. L’art. 624 bis può essere applicato anche all’esecuzione in forma specifica con alcuni adattamenti come per es. il fatto che vi saranno creditori intervenuti. Effetti Gli effetti della sospensione consistono nell’impossibilità di compiere atti processuali ad eccezione degli atti conservativi. La sospensione termina entro il termine perentorio assegnato dal giudice o comunque non più tardi di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado e della comunicazione della sentenza di appello che rigetta l’opposizione. Estinzione del processo incidentale Se la sospensione è automatica l’estinzione del processo di cognizione comporta la caducazione del processo esecutivo. Nelle altre due categorie di sospensione l’estinzione del processo di cognizione incidentale dovrebbe comportare la possibilità di riprendere l’esecuzione. Quindi l’opponente può avanzare l’istanza di estinzione del processo esecutivo che nel frattempo era stato sospeso. Riassunzione L’art. 627 c.p.c. costringe il creditore a riassumere il processo esecutivo quando ancora non è passata in giudicato la sentenza di appello che rigetta l’opposizione, altrimenti il processo esecutivo si estingue con il rischio che la cassazione annulli la sentenza di appello e quindi il creditore vede accresciuta la propria responsabilità per i danni ex art. 96 c.p.c. Si effettua con il ricorso al giudice dell’esecuzione che convocate le parti e contestata la cessazione della causa o compie lui l’atto successivo o consente al creditore di compierlo. Se il termine di riassunzione non è rispettato il processo esecutivo si estingue. L’ESTINZIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO Mentre nel processo di cognizione l’atto che produce effetti di diritto sostanziale è l’ultimo della serie procedimentale nel processo esecutivo ci sono atti ad effetti sostanziali che non sono finali ma intermedi. 56 A. Rinuncia agli atti. Art. 629 c.p.c.:proviene sempre dal creditore e non è necessaria che venga accettata dal debitore in quanto non può pretendere la prosecuzione del processo. La disciplina differenzia a seconda che avvenga prima o dopo la vendita. Finché l’atto di trasferimento non viene emesso la rinuncia deve essere accettata solo dagli altri creditori intervenuti con titolo esecutivo che potrebbero sostituirsi al creditore procedente inattivo nel compiere glia atti necessari. Il creditore procedente rimanendo inerte è sempre in grado di estingue il processo. Dopo la vendita è necessaria l’accettazione di tutti i creditori anche quelli senza titolo esecutivo perché hanno diritto a soddisfarsi sul ricavato. B. Inattività. Art.630 c.p.c.: cioè la mancata, tempestiva prosecuzione o riassunzione del processo esecutivo. L’estinzione opera di diritto una volta che il giudice l’ha dichiarata ha effetti retroattivi (momento in cui l’estinzione si è verificata). L’estinzione può essere eccepita dalla parte o rilevata dal giudice. C. Diserzione delle udienze. Art. 631 c.p.c.: le parti che devono comparire sono i creditori muniti di titolo esecutivo. La diserzione di due udienze successive comporta l’estinzione dichiarata anche d’ufficio. Documentazione nella vendita immobiliare Nel termine di 120 giorni dal deposito dell’istanza di vendita il creditore procedente o un creditore munito di titolo esecutivo devono depositare la documentazione relativa alla vendita. Se ciò non avviene si ha estinzione rilevata anche s’ufficio. Se a seguito di proposizione di opposizione all’esecuzione, di opposizione agli atti e di terzo il processo esecutivo è sospeso è nessuno coltiva la causa di opposizione il processo si estingue. L’estinzione è dichiarata con ordinanza. Avverso l’ordinanza si può proporre reclamo che è deciso in camera di consiglio con sentenza soggetta ad appello deciso anche in camera di consiglio. Effetti Art. 663 c.p.c. la disciplina è diversa a seconda che l’estinzione si produca prima o dopo che si sia conclusa la fase della vendita forzata vendita (si intende l’aggiudicazione anche provvisoria). Se si verifica prima tutti gli atti del processo sono inefficaci se la vendita non ha luogo decadono anche gli effetti del pignoramento; se si verifica dopo la vendita il trasferimento all’aggiudicatario non è toccato e il ricavato della vendita è consegnato al debitore esecutato. 57
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