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Il brusio della lingua (morte dell'autore) e Dall'opera al testo di Roland Barthes, Sintesi del corso di Critica Letteraria

sintesi utile per l'esame di Critica e teoria della letteratura di S. Ballerio

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017

Caricato il 16/09/2017

Annnachiara
Annnachiara 🇮🇹

4.4

(10)

4 documenti

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Anteprima parziale del testo

Scarica Il brusio della lingua (morte dell'autore) e Dall'opera al testo di Roland Barthes e più Sintesi del corso in PDF di Critica Letteraria solo su Docsity! IL BRUSIO DELLA LINGUA – ROLAND BARTHES LA MORTE DELL'AUTORE →Scrittura: distruzione di ogni voce, di ogni origine si perde la voce stessa di chi →scrive. Non appena un fatto è raccontato avviene tale distacco il modo di sentire tale fenomeno è stato variabile: nelle società etnografiche del racconto non si fa mai carico una persona, bensì un mediatore. L'autore è un personaggio moderno prodotto dalla nostra società quando, alla fine delMedioevo, si scopre il prestigio del singolo (valutato positivamente soprattutto durante il positivismo, nel pieno dell'ideologia capitalistica) →Autore regna ancora nei manuali di storia letteraria, nelle biografie di scrittori l'immagine della letteratura è incentrata sull'autore, tanto da cercare sempre la spiegazione di un'opera sul versante di chi l'ha prodotta, come se fosse sempre la voce di una medesima persona, l'autore, a confidarsi con noi (es. opera di Baudelaire è il fallimento dell'uomo Baudelaire, l'opera di Van Gogh la sua follia,...) nonostante la potenza dell'autore, certi scrittori hanno tentato da tempo di minarne le basi: – Stéphane Mallarmè ha visto la necessità di sostituire il linguaggio in se →stesso a chi ne era il proprietario (l'autore, appunto) scrivere significa, attraverso una spersonalizzazione (da non confondere con oggettività del romanzo verista), raggiungere il punto in cui è il linguaggio che agisce, non più l'autore (tutta la poetica di Mallarmé consiste nel sopprimere l'autore a vantaggio della scrittura (=restituire al lettore il ruolo che gli spetta) – Paul Valéry: mette in dubbio e in ridicolo l'autore accentuandone la natura linguistica e casuale della sua attività e rivendicando la condizione verbale della letteratura, di fronte alla quale ogni ricorso all'interiorità dello scrittore gli sembra pura superstizione – Marcel Proust: si affida il compito di mescolare e confondere il rapporto tra scrittori e personaggi, facendo del narratore non chi ha visto o sentito, ma →di chi sta per scrivere. ribaltamento radicale: invece di mettere la propria vita nel romanzo, ha fatto della sua vita stessa un'opera di cui il libro è il modello – surrealismo: ha contribuito a dissacrare l'immagine dell'autore (pur non attribuendo al linguaggio un posto di primaria grandezza, dato che per loro →esso è sistema, e loro si proponevano proprio di sovvertire i codici si proponeva di deludere il senso atteso, affidando alla mano il compito di scrivere il più rapidamente possibile quel che la mente stessa ignora (scrittura automatica) – al di fuori della letteratura: linguistica ha rivelato come l'enunciazione nel suo insieme sia un procedimento vuoto che funziona anche senza “colmarlo” con gli interlocutori (prezioso strumento analitico per la →distruzione dell'autore) dal punto di vista linguistico, l'autore è solo colui che scrive, e il linguaggio conosce un “soggetto” vuoto al di fuori dell'enunciazione stessa che lo definisce, e che è sufficiente ad esaurire il linguaggi (pag 53) l'allontanarsi dell'autore non è solo un fatto storico o un atto di scrittura, ma esso trasforma radicalmente il testo moderno: – il tempo non è più lo stesso: l'autore è sempre visto come il passato del suo →stesso libro ( libro e autore sono su una stessa linea organizzata come un →prima e un dopo) l'autore deve nutrire il proprio libro, come un padre verso il figlio. Lo scrittore moderno nasce contemporaneamente al proprio →testo, e il tempo è proprio quello dell'enunciazione il fatto è che scrivere non è più un'operazione di registrazione, di rappresentazione, bensì ciò che i linguisti chiamano un performativo (forma verbale rara nella quale l'enunciazione ha come contenuto solo l'atto stesso con il quale si enuncia, come “io dichiaro, io canto”). Lo scrittore moderno non può più credere che la sua mano sia troppo lenta per il suo pensiero e che quindi egli debba →accentuare il ritardo e lavorare all'infinito la propria forma per lui anzi la sua mano traccia un campo senza origine (l'unica origine è il linguaggio stesso, ovvero ciò che rimette in discussione qualsiasi origine) – oggi sappiamo che un testo è uno spazio a più dimensioni, in cui si →oppongono diverse scritture, nessuna originale il testo è un tessuto di →citazioni lo scrittore (successore dell'Autore) può soltanto imitare un gesto sempre anteriore, mai originale: il suo compito è proprio quello di →mescolare le scritture se anche volesse esprimersi, dovrebbe almeno sapere che la cosa interiore che pretende di tradurre è solo un dizionario preconfezionato, le cui parole possono essere spiegate solo attraverso altre →parole con lo scrittore, non ci sono più passioni, umori, sentimenti, ma l'immenso dizionario cui attinge una scrittura incessante una volta allontanato l'Autore, la pretesa di decifrare un testo diventa inutile: – attribuire un Autore ad un testo significa imporgli un punto d'arresto, dargli un significato ultimo e chiudere la scrittura: questa è una concezione comoda per la Critica, che appunto vuole scoprire l'autore per spiegare direttamente il testo (questo è il motivo per cui la Critica, così come l'Autore, oggi siano minate alla base) nella scrittura molteplice infatti, tutto è da districare, ma nulla da decifrare, non esiste un fondo. Proprio per questo, la letteratura (o meglio la scrittura), rifiutandosi di assegnare al testo un “segreto” (=n senso ultimo), libera un'attività contro-teologica e rivoluzionaria, poiché si rifiuta di bloccare il senso e quindi rifiutare Dio e le sue ipostasi, la ragione, la scienza. Recenti ricerche hanno messo in luce la natura ambigua della tragedia greca: in essa il testo è intessuto di parole dal senso duplice, che ogni personaggio intende in maniera propria. Esiste però qualcuno che comprende ogni parola nella sua duplicità, ovvero il lettore (o ascoltatore che sia). Il testo perciò si rivela fatto di scritture molteplici, provenienti da culture diverse, ma che si riuniscono non →nell'autore, ma nel lettore l'unità di un testo non sta nella sua origine, ma nella sua destinazione, non più però personale (il lettore non ha storia, biografia, psicologia, è solo qualcuno che tiene unite in uno stesso campo tutte le tracce di cui uno scritto è costituito). →Del lettore la Critica non si è mai occupata oggi, iniziamo a non lasciarci più ingannare da quell'antifrasi che la buona società caldeggia a favore di ciò che in realtà mette al bando e ignora. Bisogna quindi rovesciare il mito: prezzo della leggere la vita dell'autore come un testo. La sincerità dell'enunciazione diventa un falso problema: l'io che scrive il testo è anch'esso sempre e soltanto un io di carta 6. l'opera è un oggetto di consumo: oggi è la qualità dell'opera e non →l'operazione della lettura in sé a fare la differenza tra i libri il Testo decanta l'opera dal suo consumo e la recupera come gioco, produzione. Ciò significa che il Testo chiede che si tenti di abolire la distanza tra scrittura e →lettura, collegando il lettore e l'opera in una stessa pratica significante la distanza tra lettura e scrittura è storica: ai tempi di più forte divisione sociale, leggere e scrivere erano alla stessa maniera privilegi di classe (la Rettorica, il codice letterario di quei tempi, insegnava a scrivere). L'avvento della democrazia ha ribaltato la questione concentrandosi sulla lettura e non più sulla scrittura. Ma leggere nel senso di consumare, non significa giocare con il testo: il lettore gioca con il Testo (nel senso ludico) cercando una pratica che lo riproduca; ma affinchè tale pratica non si riduca ad una mimesis passiva, egli gioca il Testo. Giocare in francese Jouer è anche un termine musicale: la storia della →musica è infatti parallela a quella del Testo in un periodo suonare e ascoltare costituivano un'attività poco differenziata, poiché vi furono →numerosi appassionati attivi della musica in seguito, sono apparsi due ruoli: quello dell'interprete, al quale il pubblico borghese delegava il proprio “gioco”, e poi quello dell'amatore (passivo) che ascolta la musica senza saperla eseguire. Oggi all'interprete si chiede non tanto di esprimere la partitura, quanto di esserne il co-autore. Il Testo quindi sollecita il lettore ad una collaborazione pratica. Questa è una grande innovazione, poiché solo il critico procede all'esecuzione dell'opera. La riduzione della lettura a un consumo è responsabile della noia che molti provano di fronte ad un testo moderno, e annoiarsi vuol dire non poter produrre il testo, giocarlo, farlo partire 7. ultimo approccio al Testo: quello del piacere. Il piacere che proviene dalla lettura di opere rimane in parte un piacere del consumare: se poosso leggere questi autori, so anche che non posso ri-scriverli, e questa consapevolezza separa dalla produzione di quelle opere, nel momento stesso in cui la loro lontananza fonda la nostra modernità. Il Testo, invece, è legato al godimento, cioè al piacere senza separazione. Il Testo fa parte di un'utopia sociale, è lo spazio in cui nessun linguaggio sbarra il cammino ad un altro, in cui i linguaggi circolano NB:la teoria del testo non può esaurirsi in un'esposizione metalinguistica: la distruzione del metalinguaggio fa parte della teoria del Testo stessa. Il discorso sul Testo dovrebbe a sua volta non essere altro che testo, poiché il testo è quello spazio sociale che non lascia alcun linguaggio all'esterno, né alcun soggetto dell'enunciazione in situazione di giudice, di padrone: la teoria del testo coincide con una pratica della scrittura
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