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Il brusio della lingua - Roland Barthes, Appunti di Critica Letteraria

Riassunto dei capitoli "La morte dell'autore" e "Dall'opera al testo" per l'esame di Critica e Teoria della Letteratura

Tipologia: Appunti

2017/2018
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Caricato il 27/04/2018

giada_pini
giada_pini 🇮🇹

4.5

(22)

7 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Il brusio della lingua - Roland Barthes e più Appunti in PDF di Critica Letteraria solo su Docsity! ROLAND BARTHES – IL BRUSIO DELLA LINGUA • LA MORTE DELL’AUTORE “Era la donna, con le sue paure improvvise, i suoi capricci irragionevoli, i suoi turbamenti istintivi, le sue audacie immotivate, le sue bravate e la sua deliziosa finezza di sentimenti” Balzac, Sarrasine (parlando di un castrato travestito da donna) Scrittura = dato neutro, composito, obliquo in cui si rifugia il nostro soggetto, il nero-su-bianco in cui si perde ogni identità, a cominciare da quella stessa del corpo che scrive Non appena un fatto è raccontato per fini intransitivi (e non per agire direttamente sul reale) avviene il distacco che fa perdere alla voce la sua origine: l’autore entra nella propria morte e la scrittura comincia. Il modo di sentire tale fenomeno è però variabile: nelle società etnografiche del racconto non si fa mai carico una persona, ma un mediatore di cui si può ammirare la performance, non il genio. L’autore è un personaggio moderno prodotto dalla nostra società alla fine del Medioevo, quando empirismo inglese e razionalismo francese danno origine al prestigio del singolo o della “persona umana”. In letteratura, è il positivismo ad attribuire la massima importanza alla persona dell’autore. Possiamo parlare dunque di “impero dell’Autore” ma alcuni scrittori hanno tentato da tempo, come è noto, di minarne le basi. Mallarmè in Francia ha previsto la necessità di sostituire il linguaggio in sé stesso a chi sino ad allora sembrava esserne il proprietario. Il linguaggio parla, non l’autore; scrivere significa raggiungere quel punto in cui solo il linguaggio agisce, attraverso una preventiva spersonalizzazione dell’io. La poetica di Mallarmè consiste nel sopprimere l’autore a vantaggio della scrittura, restituendo al lettore il ruolo che gli spetta. Valery edulcolora la teoria di Mallarmè ma mette in dubbio e in ridicolo l’Autore, accentuando la natura linguistica e “casuale” della sua attività. In tutta la sua opera rivendica la condizione verbale della letteratura, di fronte alla quale ogni ricorso all’interiorità dell’autore diventa superstizione: lo stesso Proust si affida il compito di mescolare e confondere il rapporto tra scrittori e personaggi, facendo dell’autore colui che sta per scrivere. Il Surrealismo non attribuisce al linguaggio il posto di prima grandezza: il linguaggio è un sistema, e il movimento ricerca la sovversione diretta dei codici. La linguistica fornisce alla “morte dell’autore” uno strumento analitico, rivelando come l’enunciazione sia nel suo insieme un procedimento vuoto, che funziona senza che si renda necessario colmarlo con la persona degli interlocutori. L’autore dal pdv linguistico non è nient’altro che colui che scrive. L’allontanarsi dell’Autore trasforma radicalmente il testo moderno: se l’Autore è sempre visto come il passato del suo stesso libro, posti secondo una linea organizzata in un “prima” e un “dopo”, lo “scrittore moderno”, soggetto della scrittura, nasce contemporaneamente al proprio testo. Non esiste altro tempo se non quello dell’enunciazione, e ogni testo è scritto per sempre qui ed ora. Scrivere designa un’operazione che i linguisti chiamano performativa, nella quale l’enunciazione non ha altro contenuto all’infuori dell’atto stesso con il quale si enuncia. Oggi un testo non consiste in una serie di parole esprimenti un significato unico ma uno spazio a più dimensioni, in cui si congiungono e si oppongono svariate scritture, nessuna delle quali è originale. Il testo è un tessuto di citazioni provenienti dai più diversi settori della cultura. Lo scrittore può solo imitare un gesto anteriore, mai originale: il suo potere è mescolare le scritture; se anche volesse esprimersi dovrebbe almeno sapere che la “cosa” interiore che pretende di tradurre non è nient’altro che un dizionario preconfezionato. Lo scrittore non ha passioni, umori o sentimenti, ma solo quell’immenso dizionario cui attinge una scrittura priva di pause: la vita non fa mai altro che imitare il libro, e il libro stesso non è altro che un tessuto di segni, imitazione perduta e remota. 1 Allontanato l’autore, diventa inutile tentare di decifrare il testo: attribuire un autore a un testo significa imporgli un fisso d’arresto dargli un significato ultimo, chiudere la scrittura. E’ una concezione comoda per la critica, che si arroga l’importante compito di scoprire l’Autore al di sotto dell’opera: trovato l’autore, il testo è spiegato e il critico ha vinto. Nella scrittura molteplice tutto è da districare ma nulla da decifrare; la scrittura esprime un certo senso, ma in vista della sua evaporazione. Procedendo sistematicamente a una sorta di esonero del senso, la letteratura libera un’attività contro-teologica, rifiutando in un certo senso Dio e le sue ipotesi, la ragione, la scienza, la legge. Ritornando alla frase di Balzac, nessuno la pronuncia: la sua voce non è il vero luogo della scrittura, ma la lettura. Un altro esempio utile possono essere le recenti ricerche sulla tragedia greca e sulle ambiguità presenti in essa: il testo è intessuto di parole dal senso duplice, che ogni personaggio comprende unilateralmente; esiste tuttavia qualcuno che intende ogni parola nella sua duplicità e la “sordità” dei personaggi che parlano di fronte a lui – il lettore. Si disvela così l’essere totale della scrittura: un testo è fatto di scritture molteplici, provenienti da culture differenti, che intrattengono reciprocamente rapporti di dialogo, parodia o contestazione. Il luogo in cui questa molteplicità si riunisce è il lettore, un uomo senza storia, psicologia o biografia, un qualcuno che tiene unite in uno stesso campo le tracce di cui uno scritto è costituito. Per restituire alla scrittura il suo avvenire bisogna rovesciarne il mito: prezzo della nascita del lettore non può essere che la morte dell’Autore. • DALL’OPERA AL TESTO Negli ultimi anni si verifica un cambiamento nell’idea che ci facciamo del linguaggio e di conseguenza dell’opera letteraria. La novità che incide sulla nozione di opera proviene dal confronto intorno ad un oggetto che non appartiene tradizionalmente a nessuna delle discipline collegate a tale cambiamento (il cambiamento infatti deriva dallo sviluppo di linguistica, antropologia, marxismo e psicanalisi). L’interdisciplinarità comincia effettivamente quando si sciolgono i legami di solidarietà tra le vecchie discipline e si delinea un oggetto nuovo e un nuovo linguaggio. Questo mutamento investe l’idea di opera ma non deve essere sopravvalutato: è parte di uno spostamento epistemologico. La Storia oggi consente solo spostamenti, variazioni, superamenti o rifiuti; l’azione congiunta di marxismo, freudismo e strutturalismo impone in letteratura di relativizzare i rapporti tra scrivente, lettore e osservatore (il critico). Di fronte all’opera, si avverte l’esigenza di un oggetto nuovo, ottenuto per rovesciamento o spostamento delle categorie precedenti: il Testo. In esso convergono una serie di proposizioni (intese in senso grammaticale come enunciazioni, non in senso logico): metodo, generi, segno, plurale, filiazione, lettura e piacere. 1. METODO Il Testo non deve essere inteso come un oggetto computabile. In particolare, non ha senso dire “l’opera è classica, il testo è d’avanguardia”: può esserci del Testo in un un’opera antichissima, mentre molti prodotti della contemporaneità non sono affatto testi. L’opera è un frammento di sostanza ed occupa una porzione dello spazio dei libri. Il Testo è un campo metodologico. L’opposizione potrebbe rinviare alla distinzione di Lacan (la realtà si mostra e il reale si dimostra = l’opera si vede, il testo si dimostra; l’opera si tiene in mano, il testo si tiene nel linguaggio. Ne segue che il testo non può fermarsi, il suo movimento costitutivo è l’attraversamento. 2. GENERI Il Testo non si limita alla (buona) letteratura: non può essere compreso in una gerarchia né in una suddivisione di generi. Ciò che lo costituisce è la sua forza sovversiva nei confronti delle vecchie classificazioni. Quando il testo pone problemi di classificazione è perché implica sempre una certa esperienza del limite: cerca di porsi esattamente dietro il limite della doxa (opinione corrente). Prendendo la parola alla lettera, potremmo dire che il Testo è sempre paradossale. 2
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