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Il castello di Kafka, Sintesi del corso di Filosofia

Il documento prevede un riassunto del libro di Kafka intitolato “Il castello”.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 07/10/2021

nikysand
nikysand 🇮🇹

4.4

(8)

13 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Il castello di Kafka e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia solo su Docsity! Il Castello Kafka Franz Trama: Il Castello è l'ultimo romanzo, rimasto incompiuto, scritto da Kafka nel 1922. Il romanzo si sviluppa su una trama quasi indescrivibile. Narra le vicende di K., un agrimensore che arriva nel paese in cui è stato richiesto per svolgere dei lavori. L'agrimensore K. è un uomo di cui non si conosce nulla. K. è l'agrimensore, così crede, di un villaggio innevato e senza nome di cui si sa per certo che è governato dai signori di un castello. Il castello, da cui giungono gli ordini di strani e inafferrabili funzionari in paese, è ben visibile dal villaggio ma quando K. prova a raggiungerlo scopre che la via principale non raggiunge l'imponente struttura. K. si ritrova presto a vivere in un villaggio in cui le persone si comportano nei modi più insoliti pur mantenendo un'apparenza di normalità e così la percepisce lo stesso K.. La gente del villaggio è totalmente soggetta al Castello, nessuno ci è mai stato, ma tutti obbediscono alle sue ordinanze senza battere ciglio. Anche gli uomini del Castello sono inarrivabili e agli occhi dei cittadini appaiono come delle mezze divinità. K. arriva al villaggio, ma viene costantemente ostacolato nell'esercizio della sua professione dagli abitanti e soprattutto dalla lentezza dell'apparato burocratico del Castello. K., protagonista assoluto, è talmente bistrattato dal mondo circostante e dall'autore, che non merita, al contrario degli altri personaggi, nemmeno un nome. K stesso ha grandi difficoltà a camminare, spesso si deve letteralmente aggrappare ad altri per camminare. Ma non è l'unica difficoltà del personaggio principale: costui si sente sempre un estraneo, emarginato, limitato. Ogni suo fine è frustrato da rallentamenti nella successione degli eventi, rallentamenti che determinano l'impossibilità di raggiungere lo scopo. Da questo stato di cose non può che nascere incomprensione e diffidenza. K. non può tollerare una simile situazione, e decide di incontrare chi di dovere per chiedere spiegazioni; la persona in questione è Klamm, uomo del Castello, che tutti hanno quasi timore di nominare e per il quale qualsiasi abitante del villaggio prova un ingiustificato ed esagerato sentimento di rispetto, può essere visto solo da chi vuole lui. Nell'universo kafkiano può essere normale l'inverosimile e, in questo senso, con “normale” bisogna intendere il riflesso che eventi non plausibili hanno sulla coscienza di K.: quando K tiene alcuni discorsi al limite del delirio con altri personaggi (si pensi al caso del sovrintendente, ai vari dialoghi con Frieda specialmente o in ultimo con Pepi) egli stesso non sembra percepire l'assurdità della situazione se non in un modo la cui lucidità sa più di follia che di raziocinio. Nel frattempo K. seduce Frieda, l'amante di Klamm, che forse lo può portare più vicino a lui. Giunto al cospetto del Sindaco, costui lo informa che la sua chiamata in qualità di agrimensore è stata un errore, o più precisamente un equivoco, dovuto alla complessità dell'amministrazione. Tuttavia gli viene offerto un lavoro come bidello in una scuola elementare, egli accetta, ma già il primo giorno è un disastro, viene dunque licenziato. All'incirca a metà romanzo troviamo il racconto che Olga, sorella del messaggero Barnaba, unico soggetto che in qualche modo lo mantiene in contatto col Castello, fa a K. Olga gli racconta di come era la propria famiglia, di come repentinamente è caduta in miseria e di come il posto che adesso Barnaba occupa dopo anni di tentativi di farsi riaccettare dal 1 Castello sia un segno di riabilitazione. Il racconto di Olga è funzionale al protagonista, e al lettore, per farsi un'idea più precisa di come il Castello regoli le questioni del villaggio. AI ritorno dall'incontro con Olga, K. scopre di essere stato abbandonato da Frieda, che è tornata a lavorare all'Albergo dei Signori. Intanto K. ottiene un incontro con un segretario di Klamm: forse è l'occasione giusta per rimettere tutto a posto, e invece no: cercando la stanza di questo segretario si introduce per sbaglio in quella di un altro, che svegliatosi lo intrattiene con spiegazioni sull'andamento delle cose del villaggio, quasi a continuare il discorso di Olga, ma K. vinto dalla stanchezza s'addormenta. Successivamente incontrerà un vetturino che intende offrirgli un lavoro. Il romanzo si interrompe bruscamente qui, infausta e prevedibile fine di un racconto allucinato, incongruente in costante bilico tra incubo e realtà del tutto improbabile. Il romanzo termina incompiuto con K. che non è ancora riuscito ad avvicinarsi di un solo passo in più verso l'agognato castello. Il mondo del // castello è diviso in due parti di cui una è totalmente opaca: da un lato abbiamo il castello, dall'altro abbiamo il villaggio. Il castello è posto più in alto rispetto al villaggio, ed è sostanzialmente irraggiungibile dal villaggio stesso, nonostante non ciò non sia negato da alcuna legge fisica. Ed è questo un aspetto illuminante da comprendere: non c'è nulla che vieti di raggiungere il castello, nessuna legge scritta, nessun cartello ma di fatto non si può raggiungere per quanti sforzi si possa tentare. C'è dunque un'altra scissione tra il mondo del castello e quello del villaggio: il mondo del castello è regolato da delle leggi che non esauriscono il suo reale comportamento, esso non si riduce alla sua sola burocrazia (ad esempio) ma si fonda in gran parte su di essa cosicché se la sola burocrazia non basta a raggiungere il castello, così non è possibile farne a meno. Ma nemmeno il contrario è possibile, laddove il castello non sarebbe raggiungibile neanche per vie traverse perché sono di per sé illegali. E allora la legalità stessa del castello diventa incomprensibile perché non è né puramente formale (codice legale reale) né puramente informale (regole valide ma non legali). Così che ogni tentativo sarà sempre valutabile in modo negativo perché può difettare dal punto di vista formale o sostanziale o da entrambi. E così il castello ha delle regole sue proprie, non del tutto perscrutabili ma probabilmente sensate. Di sicuro sono molto severe e vincolano sia i membri del villaggio sia quelli del castello ma in modo diverso. Nessuno si chiede dove poter trarre ragione del diritto, dove poterlo leggere per esteso. Del castello si può dire solo che esiste perché si vede, e alcuni peculiari effetti delle decisioni di quelli ivi vi lavorano. Ma la stessa possibilità di contatto tra i popolani del villaggio e gli uomini del castello è di fatto negata. Alcune volte, comunque, capita che alcuni popolani particolarmente fortunati vengano contattati dai personaggi del castello. In genere perché i membri del castello vogliono alcuni peculiari servizi che possono direttamente consumare al villaggio: pernottamenti, trasporti, prestazioni sessuali... Non è chiaro né quale sia il limite dell'influenza del castello né quali siano i suoi doveri rispetto ai cittadini. Solo è chiaro che i cittadini devono la loro stessa esistenza al villaggio ai membri del castello, così che questi possano disporre come meglio credano della massa dei popolani. Il villaggio è costituito dalla massa dei popolani che soggiacciono alle leggi del castello. La popolazione viene descritta sommariamente come ostile nei confronti di K., paurosa e aggressiva, ma non per questo capace di rivoltarsi contro un nemico quale che sia. Il villaggio è la propaggine orizzontale dell'alto castello, all'interno del quale si vive del 2 accordare, il popolo finisce solo per non riconoscere le ragioni degli altri. Non a torto, perché nessuno ha ragione. Personaggi: - K.: «Era tarda sera quando K. arrivò.» Così, all'inizio del romanzo, in un paesaggio di gelo si presenta il protagonista che, ha la stessa iniziale del cognome di Kafka: l'espediente allude, senza insistere, a una possibile identità tra personaggio e autore. Il passato di K., che altrove ha lasciato il paese natale, non incide affatto sul suo presente, tutto teso ad affermare i suoi diritti alla funzione di agrimensore del Castello. Egli è costantemente oppresso da un senso di inferiorità. Combatte sia per il pieno inserimento in una società che lo esclude e lo emargina, sia per il riconoscimento del suo diritto a lavorare nel villaggio, un diritto che non trova riscontri nella comunità né nei funzionari. Ma anche qui si tratta di atteggiamenti ambigui, non definitivi e assoluti: la freddezza degli abitanti si scioglie nel rapporto erotico di Frieda, che lascia un'«aquila» come Klamm, capo della X sezione del Castello, per un «lombrico» come K., secondo le parole dell'ostessa del Ponte. Talora le potenze inaccessibili del Castello mandano a K. segni favorevoli: al suo arrivo, quando all'osteria del Ponte, Schwarzer telefona al Castello per accertarsi che K. abbia il permesso di soggiorno, prima riceve una risposta negativa, poi positiva; K. riceve in tempi diversi due lettere da Klamm: la prima lo informa dei particolari, come se la sua assunzione non fosse più materia controversa, la seconda l'elogia per una attività che non ha mai svolto. Queste parvenze di verità lo inducono a perseverare nell'errore, nonostante gli abitanti del villaggio cerchino di dissuaderlo. - Klamm: antagonista principale di K., l'enigmatico capo della X sezione, che non sarà mai in grado di raggiungere ma soltanto di intravedere dal buco della serratura la sera del suo arrivo all''Albergo dei Signori": gli appare come un burocrate sonnacchioso, con il volto cascante per l'età matura e un paio di baffi austroungarici, non diverso dagli esemplari di capiufficio che Kafka dovette frequentare nella sua attività di impiegato. [Klamm, secondo alcuni, si riconnette al tedesco "klamm" = stretto, rigido (per lo Heller il suono di questa parola produce un senso di angoscia, quasi di claustrofobia), secondo altri con il ceco "klam", che significa illusione.] Nella tipologia dei funzionari del Castello si distingue solo per essere l'addetto alla sezione che si occupa dell'affare K. e per essere stato in anni lontani l'amante dell'ostessa del Ponte e, prima di K., di Frieda. - Per alcuni dei personaggi minori maschili troviamo una descrizione già del significato del nome, come Momus, il segretario rurale di Klamm, che porta lo stesso nome del dio greco della maldicenza, mentre Barnaba, equivale in ebraico a "figlio del conforto". Altri invece si presentano solo come persone meschine: lo Schwarzer che si fa rigido custode della legge solo per volontà di persecuzione, Lasemann che scaccia K. da casa sua per non compromettersi, Gerstiicker che addirittura, per sgravio di responsabilità, lo accompagna in slitta fino all'osteria del Ponte, sfidando i rigori della notte invernale. E poi il sindaco, evasivo e succube della moglie intraprendente, e il maestro, deciso a valersi fino in fondo della sua autorità di minidespota. Gli assistenti, Arturo e Geremia, si assomigliano stranamente, entrambi magri e con la barba a punta, 5 si rivelano maldestri e puerili, e finiscono per essere più di impaccio che d'aiuto. Questi rappresentano una fonte di grande frustrazione per K. Alla fine del romanzo Geremia si fidanzerà con Frieda. - Frieda (Frieden in tedesco equivale a pace) biondina gracile e insignificante, assurge qui al mito della donna divoratrice di uomini, presentata dapprima come l'amante di Klamm, diventerà l'amante di K., per poi lasciarlo per Geremia, suo assistente. - Gisa la maestra, che per un atto di crudeltà gratuita, con un pretesto futile, costringe prima il suo gatto a graffiare la mano di K., e poi Frieda a lavare il gatto in una bagnarola. È il personaggio che caratterialmente più si contrappone a Frieda. - L'ostessa del Ponte, Gardena, una donna gigantesca che in tempi passati è stata amante di Klamm e di questa storia le restano uno scialle, una cuffia da notte e una foto del messaggero che le aveva comunicato le intenzioni del funzionario: di questi ricordi ella vive e si strugge. Si dimostra assai sospettosa nei confronti di K., per questi motivi gli ricorda la mutabilità e fragilità delle sue speranze. - La famiglia di Barnaba. Barnaba è il messaggero che il Castello ha scelto per dialogare con K., vestito di una tunica bianca e attillata, occhi grandi e sorridente si rivela immaturo e sensibile. La storia della sua famiglia si colloca nel contesto del romanzo come un racconto a sé: di ogni membro del nucleo si ricostruiscono i precedenti, in modo da formare con le singole tessere l'insieme di un mosaico. Una famiglia a modo, che, caduta in disgrazia, cerca come K. il suo riscatto; a raccontare il tutto è Olga, sorella più vecchia di Barnaba di carattere mite, fa tutto questo per aiutare K facendogli sentire subito un'inspiegabile affinità spirituale con loro e la sua amicizia scatenerà le ire e la gelosia di Frieda. - Hans Brunswick, un ragazzino che sarà l'unico sostegno morale di K. all'interno della scuola contro il maestro e la signorina Gisa. K. lo utilizza per cercare di ottenere una via verso il Castello grazie a sua madre. Caratteristiche narrative: Il Castello, infatti, ha una struttura ad elica in tre sensi: (1) la trama è continuamente ritorta verso un punto esterno (il castello) per ritornare verso uno interno (il villaggio), mentre (2) la prosa è perpetuamente oscillante tra lunghe deviazioni sistematiche a incisivi ritratti di realtà per fondersi in un'unità talvolta incomprensibile come l'oscillare del pendolo; infine (3) K. alterna continuamente stati di esaltazione a stati di annichilimento interiore. Questi tre punti nodali strutturali, perché non si tratta di contenuti, hanno la struttura propria degli incubi più angosciosi: il perpetuo ripetersi amplificandosi degli eventi incomprensibili della coscienza. Il libro di Kafka è fondato inconsapevolmente su questa struttura a scatole cinesi in cui la più piccola contiene anche la più grande, laddove la coscienza di K. contiene il mondo che lo circonda e viceversa. La narrazione è caratterizzata da un clima di sospensione che genera oppressione, angoscia, isolamento, dubbio, una 6 tipica situazione kafkiana, insomma, mentre lo stile appare limpido e logico. Il paesaggio è invernale, completamente bianco, anche il cielo. Manca sempre il colore, quel colore che è l'elemento imprescindibile della vita; ma sull'insistente sfondo bianco le figure, sempre nere, acquistano nuova corposità, mentre gli ambienti interni sono perennemente immersi nella penombra, illuminati da deboli candele e le stanze sono poco riscaldate. La caratteristica della scrittura di Kafka è la precisione con cui descrive la realtà, studiandone i particolari, persino i più ovvi e banali. Il tutto è narrato con un tono quasi surrealistico, tanto inconoscibile è il mistero del castello che i personaggi che vi appartengono sembrano costituire un solo personaggio: inconoscibile, perché sempre diverso, per rafforzare il senso di smarrimento e frustrazione del protagonista. Temi e significato: Il Castello è un lavoro geniale scritto da un genio la cui grandezza è sondabile solo mediante uno sforzo di volontà che deve lottare contro due resistenze, entrambe interiori. La prima è offerta dall'intrusione costante dell'Io di Kafka dentro il lettore, che lo fa discendere nel profondo abisso dell'angoscia senza ragione. La seconda è dovuta alla struttura stessa della prosa che conduce la coscienza a esperire direttamente il senso dal volto senza nome dell'incubo notturno. È forte la presenza di simbolismo, il castello infatti rappresenta la macchina burocratica, il mondo degli uffici con i suoi intrighi, le sue pratiche, i suoi funzionari e la corruzione. È un simbolo metafisico, perché rimanda a quella costante tensione dell'uomo verso un mondo ideale; l'uomo è mosso dalla volontà di salvezza e di riscatto, ma è tristemente destinato alla sconfitta. Con la sua aura di mistero e la sua imponenza, sia in quanto struttura fisica che in quanto simbolo metafisico, può esser considerato esso stesso un personaggio. Possiamo avere diverse chiavi di lettura del romanzo: la lettura ideologica che vede nel Castello il terribile capitalismo e affronta l'alienazione e l'emarginazione dell'uomo che vuole curiosare e opporsi al sistema; la lettura psicoanalitica che analizza l'impotenza dell'essere umano e la lettura filosofica, di stampo esistenzialista, che trova nelle vicende di K. la condizione tipica dell'umanità intera, costretta ad esserci, gettata com'è in un mondo difficile da comprendere. Ma senz'altro il tema principale del romanzo è l'alienazione dell'individuo. | suoi personaggi sono schiacciati da un inesorabile senso di colpa legato al fatto stesso di esistere, la loro ricerca della verità è tenace e disperata ma sempre delusa. Kafka nei suoi scritti rappresenta. il disorientamento dell'uomo contemporaneo per il quale decifrare la realtà è una pretesa impossibile. C'è chi ha visto nel // Castello una visione propriamente ebraica del sentire. Francamente noi non abbiamo trovato una sola ragione interna al romanzo per asserire questa presunta ovvietà (Kafka era un ebreo, un ebreo in Praga, un ebreo in Praga che avrà due sorelle morte in campi di concentramento). Ma come sempre gli ebrei fanno da capro espiatorio: se c'entrano, non è rilevante al fine della lettura. Non è Kafka, simbolo dell'ebreo errante che finirà presto in un forno crematorio a parlare (circa dieci anni dopo Hitler prenderà il potere in Germania): è molto di più. È l'individuo del mondo occidentale che ammette dentro di sé la sua sconfitta di fronte al sistema. A quello che chiama “sistema”. Che non sa cos'è, come gestire, non sa come accedere, non sa neppure se esista. Di sicuro è irraggiungibile, ma di sicuro il “sistema” può raggiungere lui. Ne parla come se 7
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