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Il cervello musicale - riassunto, Appunti di Musica

Riassunto dei capitoli 1 e 4 di: DANIELE SCHÖN, Il cervello musicale. Il mistero svelato di Orfeo, Il Mulino, Bologna, 2018, pp. 7-25; 57-64 0. Premessa 1. Preludio un po' serioso, ma non troppo: - in principio era il suono - dalla vibrazione sonora all'onda cerebrale - come funziona il cervello? - l'orchestra come metafora cerebrale - giardini di neuroni e apprendimento 4. Scolpire il cervello a suon di musica - L'effetto Mozart e la mozzar(t)ella di bufala - Lezioni di musica e intelligenza

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 05/04/2024

laura.confi
laura.confi 🇮🇹

4.8

(10)

43 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Il cervello musicale - riassunto e più Appunti in PDF di Musica solo su Docsity! Il cervello musicale Premessa  La maggior parte delle funzioni necessarie alla percezione, comprensione produzione musicale non sono specifiche della musica ma condivise ad esempio con il linguaggio  la pratica della musica contribuirà allo sviluppo non solo di competenze musicali ma anche di funzioni cognitive che potranno avere un ruolo importante rispetto a competenze linguistiche e sociali.  Il cervello musicale comprende anche il sistema limbico, la parte più antica del cervello  importante per le emozioni, ma anche per l'apprendimento in quanto agisce come ricompensa sul sistema motivazionale. 1. PRELUDIO UN PO’ SERIOSO MA NON TROPPO In principio era il suono Secondo il mondo della fisica il suono è una vibrazione di un corpo che si propaga formando un'onda sonora; quindi, si disperde fino a scomparire e non essere più misurabile. Nel mondo psichico il suono è difficile da misurare e ha una componente fortemente soggettiva perché continua ad essere presente nel vissuto di ognuno di noi. Ci sono delle funzioni che permettono di descrivere come si possa passare dal mondo fisico a quello psichico: - La psicoacustica studia la percezione del suono o se si vuole percepire un suono due volte più forte (intensità) servirà 10 volte più energia per produrlo, se lo si vuole sentire quattro volte più forte servirà 100 volte più energia; o due suoni di identica energia e durata (grave-contrabbasso e acuto-violino) verranno percepiti con un'intensità diversa: il violino viene percepito come più forte, ma suoni ancora più acuti saranno percepiti nuovamente come più deboli  di conseguenza le funzioni che permettono di predire come verrà percepito un suono non sono semplici e intuitive, ma dipendono dal funzionamento del nostro apparato uditivo L'uomo non è in grado di percepire tutti i suoni, percepisce ed è frequenze tra 50 e 5000 Hz  gamma che serve alla musica e al linguaggio. La stessa cosa vale per l'intensità che in un certo senso comprime le informazioni di energia del segnale sonoro.  Per l’uomo è più importante avere una gamma molto ampia a discapito di una certa finezza di piccole variazioni di intensità. Dalla vibrazione sonora all’onda cerebrale Il suono quando raggiunge il nostro orecchio si addentra nel canale uditivo e mette in vibrazione la membrana timpanica  il timpano a sua volta mette in azione i tre ossicini (martello, incudine e staffa). - La staffa, ossicino più piccolo del corpo umano, trasmettere vibrazioni alla coclea tramite una finestra chiamata ovale (molto più piccola della membrana timpanica) - la finestra ovale è la porte d’ingresso della coclea e l'organo di trasmissione neurosensoriale che permette di trasformare le onde sonore in impulsi nervosi. - Coclea > al suo interno contiene circa 20.000 cellule cigliate che trasformano le vibrazioni in impulsi elettrici. La stimolazione di cellule ciliate distanti tra loro genera suoni completamente diversi: - cellule alla base corrispondono ai suoni acuti - cellule all'apice rispondono ai suoni più gravi - Più la cresta dell'onda è alta quando passa sopra le cellule cigliate, più queste scaricheranno impulsi elettrici che verranno trasmessi a strutture sottocorticali prima di raggiungere la corteccia cerebrale - Prima di arrivare alla corteccia cerebrale l'onda elettrica arriva al collicolo inferiore  a questo livello l’onda trasmetterà solo una parte delle informazioni che ha ricevuto, aggiungendone altre come il confronto dei segnali tra le delle due coclee (permette la localizzazione della fonte sonora) - in ogni tappa di passaggio delle informazioni una parte di queste viene trascurata e altre vengono aggiunte in modo che alla corteccia cerebrale arriveranno le informazioni più povere di dettagli e ricche di elementi salienti - Tappa successiva = corteccia uditiva primaria (lobo temporale) Tonotopia = ogni suono ha un suo posto  frequenze più basse hanno una lunghezza d'onda più importante e necessitano di più spazio per svilupparsi correttamente  motivo per cui non percepiamo suoni estremamente gravi, il nostro apparato uditivo è troppo piccolo Richard Ladislaus Heschl  medico austriaco che per primo descrisse le circonvoluzioni cerebrali La corteccia uditiva primaria è di tipo tonotopico, cioè i neuroni della corteccia rispondono a frequenze diverse a seconda di dove si trovano. Non c'è consenso riguardo alla precisa tonotopia della corteccia uditiva umana per due motivi: 1. È ancora molto difficile avere una risoluzione spaziale fine dell'attività neuronale: la tecnica della risonanza magnetica funzionale non misura l'attività neuronale ma l'attività metabolica conseguente (il consumo di ossigeno a livello dei vasi sanguigni) 2. I neuroni hanno una frequenza preferita ma non sono selettivi per essa, cioè rispondono anche ad altre frequenze soprattutto vicine (con meno vigore)  si crea una sorta di funzione a campana chiamata tuning curve (curva di accordatura) L'informazione esce dalla corteccia uditiva primaria e per raggiungere la corteccia associativa adiacente non c'è più il legame tra frequenza e luogo  ultimo legame tra mondo fisico e psichico. Al di là del giro di Heschl, si perderà anche l’isomorfismo spettrale > se un suono a 150 Hz induce risposte a 150 Hz da parte della coclea, del collicolo e della corteccia uditiva primaria, oltre la frequenza di scarica dei neuroni non sarà più legato alla frequenza dello stimolo. Nella corteccia uditiva associativa le risposte vengono caratterizzate a un livello più alto di categorizzazione: i suoni vengono riconosciuti tramite il sistema della memoria; il sistema che elabora le emozioni evocherà tutte le caratteristiche emotive legate a quel suono  a questo punto il suono percepito diventa indipendente dal suono realizzato all'esterno; il suono che percepiamo dipende anche dalla nostra esperienza con i suoni di questo tipo, da ciò che ci evoca in termini di ricordi ed emozioni, allo stato d'animo che ci induce. Per questo motivo un suono può durare più a lungo nella nostra mente di quanto duri nel mondo fisico. È anche possibile avere l'impressione di sentire un suono nel mondo reale quando è presente solo nel nostro mondo interiore perché le cortecce associative possono tenerlo in vita come se fosse reale. La percezione di un suono può essere richiamata anche in modo volontario in assenza del suono stesso es. pensando ad una canzone amata in gioventù o alla voce di una persona cara ecc. In alcuni casi questa percezione di suoni può essere scambiata con un suono reale  è il caso delle allucinazioni uditive di pazienti psichiatrici, epilettici o secondarie all’uso di sostanze stupefacenti. Come funziona il cervello? Cervello:  Composto da 100 miliardi di neuroni  ogni neurone comunica con diverse migliaia di altri neuroni tramite sinapsi (connessioni elettrochimiche)  Non è un organo statico e ognuna di queste connessioni può essere attiva o meno Nel 1993 venne pubblicato un articolo sulla prestigiosa rivista scientifica «Nature» in cui si sosteneva che l'ascolto di 10 minuti di una particolare Sonata di Mozart per due pianoforti rendesse le persone più intelligenti. La notizia travisata dai giornalisti venne amplificata e pubblicata anche su quotidiani come il New York Times e il Boston Globe, favorendo la diffusione dell'idea che bastassero pochi minuti di ascolto di Mozart per poter diventare più intelligenti. Questa credenza aveva ottenuto successo sia perché Mozart era probabilmente il più conosciuto compositore di musica classica, ma anche perché il desiderio di essere intelligenti senza il minimo sforzo era molto apprezzato. Tutto ciò era avvalorato dal fatto che la notizia era stata pubblicata per la prima volta su un rivista scientifica. Nacque così l'effetto Mozart. Lo studio  Due gruppi di giovani adulti vengono sottoposti al test del QI  Un gruppo A aveva ascoltato 10 minuti di Mozart prima di fare il test, il gruppo B non aveva ascoltato niente  I risultati del test mostrarono che il gruppo A aveva ottenuto risultati superiori in una parte dei test del QI (legati all'intelligenza visuo-spaziale)  dato che l'unica differenza tra i due gruppi era l'ascolto di Mozart l'interpretazione fu semplice: Mozart era la causa di questo effetto Tuttavia, la deduzione errata poiché non era stato seguito un approccio scientifico. Alessandro Baricco nel 1992 era entrato a conoscenza del fatto che nel Wisconsin le mucche ascoltavano musica classica, preferibilmente La Pastorale di Beethoven, poiché questo ascolto permetteva loro di produrre più latte  nessuno però aveva fatto ricerche sul legame di causa-effetto tra Beethoven e la produzione di latte e queste pratiche contadine non erano state pubblicate su nessuna rivista o giornale. Di base c'era l'idea che la musica calmasse le mucche. Anche un amico dello scrittore testimonia di far ascoltare alle proprie mucche la radio poiché questo suono copriva l’impatto di altri rumori, prodotti da altre mucche, che avrebbero generato agitazione e stress nella mandria  rispetto ad una condizione di silenzio, la musica rende mucche meno stressate e ciò facilita la produzione di latte. Allo stesso modo l'attesa di 10 minuti in silenzio rispetto all'attesa con una musica genera più stress nei giovani studenti. Secondo tentativo dell’effetto Mozart Due ricercatori canadesi cercarono di replicare l'esperimento dell'effetto Mozart introducendo due varianti: Nel primo esperimento aggiunsero un gruppo di partecipanti che ascoltavano una fantasia di Schubert sempre per pianoforte a quattro mani Nel secondo esperimento sostituirono la condizione di silenzio con un breve racconto di Stephen King Risultati: - mostrarono che Schubert aveva lo stesso effetto di Mozart, ma anche che Stephen King aveva lo stesso effetto di Mozart rispetto alla condizione di silenzio I ricercatori chiesero ai partecipanti del secondo esperimento che avevano ascoltato sia Mozart che il racconto quale dei due brani avessero preferito e si accorsero che quelli che avevano preferito Mozart avevano un miglior risultato ai test dopo l’ascolto di Mozart piuttosto che dopo la lettura di King e viceversa. Quindi i ricercatori dimostrarono che:  l'ascolto di un qualsiasi artista o di un brano rispetto al silenzio può ridurre il livello di ansia e aumentare la concentrazione e\o attivazione; il silenzio può essere vissuto come angosciante o noioso  l'ascolto di ciò che piace migliora la performance aumentando il livello di attivazione generale dell'individuo Lezioni di musica e di intelligenza È diffusa l'idea che la pratica musicale possa avere benefici collaterali che si estendono ad ambiti non musicali  diversi studi hanno mostrato un'associazione tra competenze musicali e competenze di lettura, memoria verbale, attenzione e abilità di calcolo. - Diversi ricercatori hanno sostenuto che la spiegazione più semplice di queste associazioni era considerarle il risultato di una componente comune: l'intelligenza - Hanno ipotizzato che i bambini con un QI elevato avrebbero più probabilità di studiare musica perché appartenenti a famiglie con livello socio-economico più alto  ipotesi che si scontra con l'idea che la musica sia l'origine della modificazione del QI Schellenberg fece uno studio su 150 bambini per vedere se la pratica della musica avesse conseguenze sul quoziente intellettivo: - Gruppo A: una parte di bambini ha ricevuto lezioni individuali di musica per un anno - Gruppo B: un'altra parte ha ricevuto lezioni collettive di teatro - Gruppo C: un'altra parte non ha ricevuto nulla è stato misurato il QI prima di cominciare le lezioni ed è stato controllato anche il livello socioeconomico. A distanza di un anno il Gruppo A mostra un aumento del QI più importante degli altri due gruppi, il Gruppo B mostra un miglioramento nel comportamento sociale. Schellenberg rimase comunque poco convinto dei suoi risultati perché nel mondo reale l'associazione tra la pratica della musica e l'intelligenza era più forte di quella mostrata dai dati e risultava vera anche con i bambini che avevano ricevuto uno o due anni di lezioni di musica  secondo lui dovevano essere considerate altre variabili ambientali o differenze preesistenti. Glenn ricercò fattori che potessero spiegare questa differenza e mostrò che esistono tratti di personalità, come l'apertura all'esperienza, che correlano in modo positivo la pratica della musica e l'intelligenza.  Recentemente ha indagato la possibilità che non sia tanto la pratica musicale quanto l'attitudine musicale ad essere legata all'intelligenza  a parità di pratica musicale il legame tra attitudine musicale e intelligenza musicale rimane forte, mentre a parità di attitudine musicale il legame fra pratica musicale e intelligenza è debole  l'associazione fra pratica musicale e intelligenza sarebbe legata al fatto che individui con un alto potenziale cognitivo hanno probabilmente, più di altri, una buona attitudine musicale e prenderanno lezioni di musica È tuttavia da tenere in considerazione il fatto che questi studi fanno riferimento ad una nozione di intelligenza non ben definita, anche perché esistono una molteplicità di intelligenze non sempre facili da distinguere o misurare con test psicologici (anche con quelli più sofisticati).
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