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Il cinema dell'estremo oriente RIASSUNTO, Appunti di Storia Del Cinema

Riassunto completo e discorsivo del libro Il cinema dell’estremo Oriente

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 24/06/2022

ViolaC1234
ViolaC1234 🇮🇹

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Scarica Il cinema dell'estremo oriente RIASSUNTO e più Appunti in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! Il cinema dell’estremo Oriente riassunto CAPITOLO 1 – Il cinema cinese dagli anni Ottanta ad oggi A partire da terzo Congresso del Partito Comunista, Xiaoping inaugura una stagione di riforme economiche che condizionano in modo più o meno diretto anche il mondo del cinema (può essere sia strumento politico che territorio per comprendere i cambiamenti di mentalità avvenuti). Cambia soprattutto l’organizzazione del sistema produttivo: si inaugurano nuovi studi, si impostano politiche di co-produzione e di distribuzione, riapre l’Accademia del cinema di Pechino, si fondano riviste di critica ecc. Negli anni Ottanta collaborano fra di loro gli esponenti della Quarta Generazione (Nuanxin, Xie Fei, Yigong, Wenji, Zhuquin) e quelli della Quinta. 1.1 La “generazione perduta” e ritrovata Una serie di fattori permette alla Quinta generazione una buona visibilità in una situazione industriale transitoria: 1. Assenza di gavetta perché vengono mandati in case periferiche con carenza di personale, possono fare subito i registi. 2. Possibilità di studiare su testi stranieri e i film cinesi degli anni Trenta 3. L’affiorare di una stagione di “nuove onde” (Hong Kong, Taiwan, Corea del Sud) che apre il mercato a questi nuovi lavori 4. Disinteresse verso i temi contemporanei, vengono proposte realtà atemporali per raggirare il controllo politico. Il primo film di questa nuova generazione è One and Eight (1984) di Zhang Junzhao --> molti tagli per passare il vaglio dell’Ufficio censura, soluzioni formali visivamente coraggiose, carnalità dei corpi. Altro film notevole dello stesso anno è Yellow Earth di Chen Kaige --> vinche l’Hong Kong Film festival nel 1985 con una calorosa accoglienza di pubblico. A questi due registi si aggiunge poi la fama di Zhuangzhuang che realizza due shaoshu minzu (film sulle minoranze etniche) dal molto successo. Naturalmente il successo della Quinta generazione va attribuito anche alla Quarta che aveva spinato loro la strada. Spicca, fra tutti, Chen Kaige, visto come guida per tutti gli altri autori. I suoi film ribaltano la concezione educativa in auge perché inseriscono parabole legate al fallimento e carnalità. Vediamo poi anche Zhang Yimou con il film Sorgo Rosso (1987), primo lungometraggio cinese a conquistare l’Orso d’oro a Berlino. I registi appena citati, seppur inserii nella Quinta generazione, non si riconoscono in un movimento coeso e non sottoscrivono alcun manifesto, a unirli è solo la medesima esperienza della Rivoluzione culturale e il fatto di appartenere alla cosiddetta “generazione perduta”. Ciò che accumuna i loro film è l’uso ambiguo e stratificato del linguaggio audiovisivo e dei pattern narrativi. Affermano una triplice supremazia: 1. Mostrare > Narrare 2. Visibile > Narrabile 3. Immagine > Interpretazione Ad accomunarli è poi anche la tendenza a delegittimare le figure che incarnano le istituzioni (soldati, insegnanti, capi villaggio ecc.) e esaltate durante il periodo del realismo socialista. Tema molto caro alla Quinta generazione è quello della Cina medievale, mitizzata e arcaica, legata al suo sistema di miti e fantasie --> es. Lanterne rosse, Yimou. Spesso l'obbiettivo di questa tendenza è quello di criticare pratiche barbariche e medievali ma risulta anche come una forma di “esibizionismo culturale”, di ostentazione cinematografica del mito e della tradizione. In questa stagione, infatti, sono moltissime le pellicole che puntano ad affascinare lo spettatore manipolando la realtà. 1.2 Un nuovo trauma e le sue conseguenze La soppressione delle proteste in Piazza Tienammen nel 1989 è senza dubbio un evento che ha segnato drasticamente il popolo cinese e ha avuto notevoli influenze anche sul mondo del cinema, soprattutto relativamente agli immaginari e ai paradigmi di rappresentazione --> grandi produzioni finanziate dallo stato vs piccole produzioni underground. Negli anni Novanta molti sono i film propagandistici mirati a solidificare l’immagine dello Stato, vengono prodotti film biografici sui grandi uomini dello Stato o film storici sulla rivoluzione (molte non hanno successo, il pubblico non è interessato alle pellicole troppo connotate politicamente). Quando la Cina si apre al WTO iniziano ad entrare sul suo territorio sempre più film americani. Gli eventi di Piazza Tienanmen hanno anche fatto sì che molti cineasti venisse esiliati, come Chen Kaige. Nel triennio 1992-4 vengono realizzati divers film che portano sulloo schermo le fasi più contradditorie del maoismo, portando così gli esponenti della Quinta generazione a parlare nuovamente di storia recente e temi attuali (non più il medioevo) --> analoga sfida lanciata alle autorità. 1.3 Un altro cinema è possibile? Avvento di una Sesta generazione Zhang Yuan --> diplomato all’Accademia del cinema di Pechino, il suo film di esordio è Mama e poi realizza Bejing Bastads. Da qusto momento in poi realizza molti lavori al di fuori del circuito ufficiale. Sarebbe errato pensare che le produzioni mainstream statali e i circuiti indipendenti sono due cose diametralmente opposte, spesso i temi trattati sono comunque gli stessi es. Dirt di Guan Hu --> prodotto dallo stato ma tratta il tema dell’alienazione, relazioni di coppia difficili, assenza di punti di riferimento e valori. Parallelamente si sviluppa un movimento di documentaristi indipendenti, genere che per decenni era stato mezzo di propaganda. Si cerca ora di descrivere fenomeni sociali e culturali del paese. Il regista più importante in questo campo è Wu Wenguang che realizza The Last Drummer (1990), pellicola intrisa di un pessimismo che non era mai apparso nei documentari, viene definito “il primo vero documentario cinese” perché riesce a esprimere la realtà e i sentimenti della Cina di quegli anni senza interessi propagandistici, anzi. Altro esempio può essere I Graduated! Dove vengono intervistati otto neolaureati su diversi argomenti --> emerge un clima di forte disaffezione nei confronti delle autorità. Tutti questi film conservano una indubbia omogeneità tematica. L’etichetta “Sesta generazione” si sostituisce pian piano con “Generazione Urbana”, per ribadire la centralità del contesto metropolitano e dei luoghi periferici. Le nuove pellicole sono accomunate da un moto impulsivo che si concentra negli spazi angusti per sottolineare il senso di alienazione di chi li abita. Importantissima regista è Ning Ying, ufficialmente della Quinta generazione ma molto più affine ai temi della Sesta. I suoi primi tre film che costituiscono la trilogia pechinese mirano ad un superamento dell’estetica autoreferenziale dei colleghi più giovani. Sono: For Fun, On the Beat e I love Beijing --> si passa da ambienti piccoli ad ambienti sconfinati, accentuazione della ripetizione calibrata del tempo lavorativo, tema della trasformazione sia urbana che sociale --> esigenza di filmare il cambiamento nel momento stessa in cui questo si realizza. 1.4 Lumiére, Wu Ming e Mingong Negli anni Duemila il cinema cinese è radicalmente mutato, vi è stato un aumento straordinario di profitti, ci sono stati investimenti notevoli nelle tecnologie, integrazione fra pubblico e privato, avvento del digitale ecc. Il primo genere che si affida al digitale quello del documentario, soprattutto per ragioni di budget ma anche per una sorta di affinità elettiva (il realismo diventa così ancora più immediato). Con il digitale poi si può lavorare senza autorizzazioni e con equipe ridotte --> possibilità di democratizzazione. Con il digitale nasce, dunque, una nuova generazione di registi, molti però non riesco ad andare oltre ai due o tre film. Uno dei più noti è Jia Zhang-ke che realizza Xiao Wu dove si parla di uno scippatore (metafora del regista stesso). --> in un suo intervento sui Caiers assegna al cinema una missione per aver accesso ai materiali esteri --> Screen Quota System --> Queste leggi spesso non venivano rispettate poiché ritenute troppo limitative. Se oggi studiamo questi fenomeni riconoscendo gli stimoli che hanno fatto sviluppare il cinema corano, al tempo si temeva un vero e proprio crollo dell’industria. 5.2 Rinascita di un’industria Nei primi anni Novanta nel paese c’è una generale indifferenza verso i prodotti nazionali e il controllo ideologico del governo era ancora notevole. Proprio in questo periodo accade qualcosa che segna la svolta del cinema coreano: alcuni grandi conglomerati industriali (Samsung, Hyundai ecc.) iniziano ad investire nel cinema nazionale. Allo stesso tempo si instaura anche la democrazia e la censura si allenta notevolmente. Nascono in questi anni diversi festival, come il Festival di Pusan, vetrina importantissima per il panorama coreano e il più rilevante in tutta l’Asia. Con la crisi del 19997 la situazione precipita nuovamente e i grandi investitori si ritirano dal mercato. 5.3 La stagione dei blockbuster Il periodo che va dal 1996 al 2000 può essere considerato come la prima fase del boom del nuovo cinema coreano: si riesce a superare ampiamente la crisi del 1997, si introducono nuovi grandi finanziamenti, nasce una nuova generazione di registi e si avvia il fenomeno dei Blockbuster. Con l’uscita del film Shiri (1999) si indica generalmente l’inizio del nuovo cinema coreano--> viene realizzato con un budget doppio rispetto a quello consueto e scala la classifica degli incassi internazionali, battendo addirittura Titanic --> forma spettacolare e nazional-popolare data dal conflitto fra le due Coree, guardare il film diventa quasi un dovere patriottico --> nasce così l’era dei blockbusters (non tutti i film ebbero naturalmente un successo così notevole). 5.4 Luci e ombre Nonostante i grandi successi vi sono stati anche alcuni segnali negativi nell’industria cinematografica coreana: ▫ Fallimento di un numero abbastanza elevato di blockbusters con elevate perdite ▫ Produzione mainstream che ha reso difficile la produzione di altri film o generi ▫ Impennata dei costi di produzione dei film, in particolar modo per i compensi degli attori ▫ Sovrapproduzione cinematografica ▫ Nel 2006 le vendite all’estero crollano e molte case minori sono costrette a chiudere 5.5 La generazione impegnata degli anni Ottanta Gli anni Ottanta vedono l’esordio di alcuni registi spinti da un profondo impegno sociale, i conflitti di classe vengono percepiti come il problema più urgente della società --> era del realismo sociale: i fil hanno come soggetto le proteste studentesche, il movimento democratico, il lavoro operaio, l’oppressione femminile ecc. I registi forse più noti di questo periodo sono Park kwang-su e Jang Sun-woo. 5.6 Verso e oltre il Duemila Alla generazione già citata ne segue una seconda, quella dei cosiddetti “cinefili” che si allontanano dal realismo e dall’intensità politica per abbracciare una nuova attenzione verso l’individuo e non più la società. Tutto ciò avviene all’interno del sistema dei generi e raggiungendo standard tecnici elevatissimi. Il genere più diffuso in Corea è il melodramma e a seguire l’horror e i film d’azione. La mescolanza e la contaminazione di generi sono però molto più evidenti rispetto all’occidente. La presenza dominante dei blockbusters non ha impedito che andassero a evidenziarsi le personalità di alcuni particolari autori (i film coreani saranno presenti ai Festival di Cannes e di Berlino). Kim Ki-duk --> esordisce alla regia nel mondo della produzione indipendente --> nei suoi film si concentra soprattutto su personaggi emarginati e che agiscono in base alle loro pulsioni più intime. Il grande successo arriva con il film L’isola (2000), presentato al festival di Venezia. La radicalità realizzativa del regista si nota perfettamente in una delle sue pellicole più particolari, ovvero Real Fiction, un film di 84 minuti girato in poco più di tre ore e utilizzando 24 camere digitali. Nei film successivi, per raggiungere un più vasto pubblico, la violenza perde in parte la sua centralità per lasciare spazio ad una maggiore cura nella scelta del paesaggio. Hong Sang-soo --> in tutti i suoi 9 film compare uno spiccato minimalismo, i suoi eroi sono senza qualità e raramente vengono mostrati al lavoro, le relazioni sentimentali sono più avventure non autentiche e non realmente desiderate, sono capricci. I film di Hong Sang-soo hanno una struttura aneddotica, si strutturano in parti nettamente divise e in luoghi quotidiani e spogli 8specchio di un vuoto morale). Park Chanwook --> molto più vicino alle logiche di genere e in particolar modo alle derive pulp, formazione cinefila, diventa prima critico cinematografico, appassionato di b-movie americani. Uno dei suoi film di maggior successo è JSA (2000), con il quale riprende il tema del conflitto fra Sud e Nord Corea ma senza demonizzare i nordcoreani, si vede l’ispirazione ad Hitchcock nella precisione geometrica. Con la cosiddetta Trilogia della vendetta abbandona il cinema puramente mainstream. Oltre a questi autori da ricordare sono Im Sang-soo, Hur Jin-ho e Lee Yoon-ki. CAPITOLO 8 Ritratto d’autore - Senza famiglia: il cinema di Lee Chang-dong Pur avendo realizzato soltanto quattro film, Lee Chang-dong è una delle figure più importanti del cinema coreano. Esordisce alla regia a 43 anni con Green fish ma dopo aver scritto diversi romanzi e sceneggiature. Nel suo film Peppermint Candy (1999) racconta vent’anni di storia della Corea del Sud a ritroso --> invito a non dimenticare gli anni più bui del recente passato del paese. L’unico film del registra distribuito in Italia è stato Oasis, presentato anche a Venezia. L’ultimo film è Secret Sunshine. 8.1 La poetica dell’intruso e un drammatico passato + sotto capitoli successivi Sin dalle prime battute i suoi film danno il via aduna sorta di “poetica dell’intruso” dove un’entità collettiva (famiglia, colleghi di lavoro, cittadini di un piccolo villaggio) sembra essere infastidita dalla presenza del protagonista --> l’individuo, schiacciato dalla pressione della maggioranza, è costretto a soccombere. Sui personaggi grava anche il loro drammatico passato, causa del loro precario stato psichico, e un presente altrettanto difficile. I personaggi, esclusi e sofferenti, cercano rifugio e conforto in comunità che possano accoglierli (banda criminale, polizia, setta di cristiani protestanti, carcere). Nonostante il destino rovinoso, i personaggi alla fine del film raggiungono in un qualche modo il loro desiderio. Il ruolo che i protagonisti svolgono come outcast è, però, dovuto alle loro colpe e sviluppano le loro vicende secondo gli schemi tipici del melodramma coreano. I finali sono spesso aperti e incerti, poiché, pur essendo estremamente tragici (morte, suicidio, arresto...), lasciano sempre un minimo di speranza. CAPITOLO 9- Il cinema giapponese dagli anni Novanta ad oggi 9.1 “Il decennio perduto” La spinta che la nouvelle vague giapponese degli anni 60 diede al cinema giapponese, si interrompe con la crisi dell’industria cinematografica e il disinteresse del pubblico. Gli anni 70 e 80 vedono molti autori imporsi sulla scena, ma purtroppo a loro manca una certa originalità tematica. Gli anni 90 invece sono un periodo di totale crisi per il Giappone, non solo cinematograficamente, ma sopratutto economicamente (“decennio perduto”). Il cinema giapponese ritroverà una sua crescita a fine anni 90/inizio anni 2000, grazie a nuove pulsioni sociologiche interne al paese che daranno forza espressiva ai cineasti e alla crescita dell’industria/mercato cinematografico. Il periodo tra gli anni 70 e 80 è da collocare tra due eventi: collasso dello studio system e crescita dei produttori indipendenti che sostengono i registi indipendenti. Gli anni 90 invece vedranno diverse forme di promozione dei film indipendenti: distributori home video e editoria. Una spinta importante la darà Sènto Takenori producendo molti registi indipendenti e con stili diversi fra loro. I tre principali elementi che portano al successo il cinema giapponese sono: il genere cinematografico “”J Horror”, la serie di film “Ring” e i film d’animazione dello studio Ghibli (film ad alto incasso basati su soggetti non pre esistenti). Sempre a fine anni 90 registi come Kitano Takeshi e Immura Shoei vincono rispettivamente importanti festival come Venezia e Cannes. Anche Tokyo ospita al suo interno ben tre famosi festival di cinema come il Tokyo film festival (recentemente di poco successo e gestito dalle major), Pia film festival. 9.5 “Per un pugno di video” Un aspetto fondamentale per la nascita del Nuovo cinema giapponese è il V-cinema ossia quell’insieme di film girati e diretti per una visione casalinga. Il V-cinema nasce nell’89, era disprezzato dal cinema ufficiale e questi film venivano realizzati con budget ridotti, in poche settimane. I principali generi che venivano fatti in V-cinema: film Yakuza, horror e cinema erotico. Il genere raggiunse il suo picco nel 2001, arrivando a produrre più film dei cinema in pellicola; il V- cinema fu un ottimo allenamento per molti registi dell’epoca, poiche con quel genere avevano una massima libertà d’espressione ed erano limitati soltanto dal punto di vista tecnico. Il successo del V-cinema assieme alle scuole di cinema e agli altri elementi prima citati, hanno aiutato il Giappone ad avere una cinematografia rilevante in tutto l’estremo Oriente, cosa che difficilmente accadde dopo la nouvelle vague giapponese. Grazie ciò, il Giappone inizia a ricercare un successo oltreoceano con ancora più brama. 9.6 “Ishii, Tsukamoto e Kurosawa: precursori e protagonisti” Ishii Sogo è il regista che inaugurò la New Wave giapponese tra gli anni 70 e 80 con “Panic High School” (1977). Il film è importante perchè è l’esordio di un cineasta che non arriva dalle grandi case e che è un autodidatta formatosi con i cortometraggi ad 8mm. Il film narra di un gruppo di studenti in rivolta per via di un compagno suicidatosi per la troppa pressione degli esami d’ingresso universitari. Dopo questo film egli realizza “Crazy Thunder Road” e “Burst City”; entrambi trattano ispirazione). Pur ispirandosi molto a Ozu i film di Ichikawa, riesce a esprimere bene le inquietudini e i disagi della generazione contemporanea. Un importante elemento per questo regista e la dimensione metropolitana e la vita che si vive attorno ad essa; film come “Tokyo lullaby”, “Osaka story” e “Dying in a hospital”. In particolare, l’ultimo citato si divide tra la forma fiction e quella documentaristica (ha come oggetto dei malati terminali e in contrapposizione ad essi mostra la vita metropolitana=inni alla vita). Koreeda fa un cinema composto principalmente da osservazioni (documentarista), rapporti interpersonali, in cui la memoria e il ricordo assumono un ruolo fondamentale nel definire chi siamo: i primi temi film hanno proprio questi temi “Maboroshi” “Afterlife” e “Distance”. Lo stesso regista ha ammesso che questi film sono creati per rompere la barriera che divide la fiction dal documentario. Gli elementi che gli permettono di fare ciò sono: macchina a mano, improvvisazione recitativa, ispirazione da storie accadute realmente. Altri suoi film memorabili sono “Nobody knows” e “Still walking”, quest’ultimo è un omaggio al cinema di Ozu e racconta una famiglia di tre generazioni che si ritrova per commemorare il primogenito, riproponendo il legame fra memoria e perdita presente nel film. Kawase Naomi è una regista anch’essa di forme documentaristiche, le sue opere sono fortemente segnate dai tratti autobiografici, ma pur sempre con una certa attenzione al sociale. “Sukazu” premiato a Cannes, a meta tra fiction e documentario, dipinge la vita di 15 anni di vita di una famiglia di un villaggio nella prefettura di Nara, indotta alla disgregazione e all’abbandono di tradizioni da una violenta crisi economica. La sua filmografia comprende documentari dal carattere familiare e film che invece mescolano fiction e documentario, tra quest’ultimi ci sono: “Firefly”, “Shara” e “The morning forest”. Il cinema di Kawase è nell’insieme un cinema documentaristico (ambienti reali, luce naturale, macchina a mano, lunghi piani, attori non professionali) 9.10 Il cinema (non solo) gay di Hashiguchi Vince il PiaFF e grazie a ciò riesce a girare il suo primo lungometraggio in 16mm, ovvero Touch of Fever, con il quale fissa la centralità dell'ambiente lgbtq che predominerà anche nei film successivi, così come il suo stile fatto di piani lunghi e fissi. Il suo secondo film è Like grains of sand (1995) --> mette in primo piano i sentimenti di confusione e incertezza adolescenziale, cerca una comunicazione positiva fra mondo gay e mondo etero, rifiuta gli stereotipi. La sua pellicola successiva, però, è di sei anni dopo e viene presentata in anteprima mondiale a Cannes --> Hush! --> uso molto insistito di long take e piano sequenza fissi, costruzione dello spazio in profondità grazie ai movimenti degli attori. 9.11 L’autore e il genere: Miike e il cinema dell’eccesso In questo periodo diventa sempre più popolare il cinema che fonde in sé il genere e il gusto per l’eccesso. L’aspetto più evidente nel cinema di Miike è la violenza oltraggiosa, unita all’intensità espressiva del montaggio sincopato e a un linguaggio molto più simile a quello dei manga che del cinema. Tutto questo non impedisce che vi sia comunque un preciso percorso tematico, individuabile in tutti i suoi film: ricerca di una felicità utopica, nostalgia, ricerca di protezione all’interno di un gruppo. Nei suoi film la violenza è molto presente ma non è mai spettacolarizzata come avviene nel cinema di Hong Kong. 9.12 Nakata, Shimizu e il J-Horror L’horror è il genere che ha più contribuito al successo commerciale e al prestigio del Nuovo cinema giapponese. Il J-Horror, liberatosi delle atmosfere splatter, predilige quelle psicologiche e legate alle tradizionali storie/film di fantasmi giapponesi. Il successo è stato talmente travolgente da aver spinto anche Hollywood a realizzare una serie di remake dei più famosi horror giapponesi. Nakata --> entra nell’industria del cinema erotico e poi si sposta sulle serie tv horror. Il suo film più noto è The Ring. L’aspetto più interessante è quello di aver sfruttato la tecnologia (videocassette attraverso sui si propaga la maledizione) ai fini dell’horror --> simboleggia il fatto che non c’è modo di sfuggire all’alienazione tecnologica di una società ormai saturata dai media. Il registra prova a cimentarsi in altri generi come il dramma e il thriller ma le sue opere di maggior successo rimangono sempre confinate nell’horror. Shimizu --> diventa particolarmente noto con la coppia di film Ju-on: The Grudge, dove vengono proposte atmosfere molto simili a quelle di Nakata. La sua filmografia si incentra esclusivamente su questo genere. 9.13 Orizzonti Noir: Hayashi, Ishii Takashi e Sabu Il noir è un altro dei grandi generi che ha segnato la stagione del Nuovo cinema giapponese e può essere esemplificato attraverso le opere di tre registi: Hayashi --> formazione cinefila, autore postmoderno che ha riproposto una lettura del cinema giapponese passato. Uno dei suoi film più noti è The Most Terrible Time in My Life (1994) dove riprende la grande stagione del detective americano e usa la luce in modo profondamente espressionista. Ishii Takashi --> affronta il noir in modo molto più personale e senza mai rinunciare alla dimensione referenziale. Si forma come autore di manga e poi nel mondo del porno. Inizia a diventare effettivamente noto con il film Original Sin, che si concentra sul tema dello stupro femminile e delle sue conseguenze. Questo tema sarà ripreso moltissime volte nei i suoi film successivi. Il suo film più apprezzato è Gonin dove spesso indugia in scene di violenza attraverso il piano sequenza e obiettivi grandangolari. Sabu --> nasce come attore e poi si sposta alla regia con una serie di commedie noir giocate sul tema dell’inseguimento. Tutti i suoi primi film sono costruiti su coincidenze assurde che provocano catastrofiche reazioni a catena, tra cui, appunto, lunghissimi inseguimenti ispirati al cinema comico slapstick. I suoi eroi sono personaggi quotidiani, incapaci di controllare ciò che accade. 9.14 Dal mondo dell’erotismo: Zeze e i “quattro imperatori” Il Giappone ha visto moltissimi esponenti del Nuovo cinema formarsi nell’ambito della produzione erotica. Zeze ne è senza dubbio l’esponente maggiore ed è riuscito a sopravvivere anche all’invasione dell’home video. Nasce, attorno alla sua figura il cosiddetto gruppo dei “quattro imperatori” che testimonia la volontà di usare il cinema Pink come modo per esprimere se stessi, la propria visione del mondo e un desiderio di ricerca e sperimentazione. 9.15 Un cinema al femminile Negli ultimi anni il cinema giapponese ha visto finalmente emergere una generazione di cineaste donne nate nella prima metà degli anni Settanta e che hanno esordito nel nuovo millennio. Si caratterizzano per uno stile misurato e una narrazione discreta. 9.16 Racconti crudeli di gioventù: “enjo kosai”, “otaku” e il cinema di Iwai Anche se si tratta di una tendenza più che di un genere, il cinema giovanilistico ha assunto una rilevanza maggiore rispetto a ogni altro paese. Il seishun eiga ha conquistato una dignità pari a quella dei film della Nouvelle Vague deli anni Sessanta. Il cinema enjo kosai si sviluppa essenzialmente sul tema della prostituzione giovanile, uno dei temi più problematici del periodo (da qui nasce il fenomeno degli hentai e l’immagine delle studentesse adolescenti ma provocanti è divenuta un’icona sempre più in voga). CAPITOLO 10 – Ai margini: storie di outsider del nuovo millennio Il cinema giapponese del nuovo millennio ha dimostrato una notevole vitalità nel riuscire a imporre una nuova generazione di cineasti che ha saputo più che degnamente proseguire il lavoro di quella degli anni Novanta. Sono particolarmente noti quattro registi: Sono Sion, Hiroki Ryuichi, Kobayashi Masahiri e Yamashita Nonuhiro e hanno realizzato tutti i loro film più importanti negli anni Duemila. I loro personaggi si muovono ai margini della società e rispecchiano il senso di inquietudine che ha travolto il Giappone dopo la crisi degli anni Novanta. Questi film, i quali si muovono al di fuori del cinema mainstream, vogliono rappresentare l’alienazione dell’individuo del nuovo millennio. 10.1 Alla ricerca del paradosso: Sono Sion Si tratta di una personalità molto originale e poliedrica (prima è poeta, scrittore, attore e musicista). Realizza, nella sua fase iniziale, diversi cortometraggi ma il suo rapporto con il cinema cambia grazie al successo di Suicide Club (2002). Il film viene girato in sole due settimane e prende spunto dal tema del suicidio giovanile. Alcuni anni dopo ne scrive anche una sorta di prequel dove si concentra maggiormente sul tema della disgregazione del nucleo famigliare. La sua inclinazione verso il surreale lo spinge a spostarsi verso il genere horror, soprattutto nella versione erotico-grottesca. Nascono così Strange Circus e Exte: Hair Extensions. Il suo film più ambizioso è senza dubbio Love Exposure (2008) dove gioca sul registro dell’eccentrico. 10.2 Donne sull’orlo di...: Hiroki Ryuichi Si tratta di un regista che gira anche diversi film mainstream ma due sono i film che hanno contribuito a dargli una credibilità autoriale: Tokyo Trash baby (2000) dove mette a confronto due generazioni femminili e Vibrator (2003) che si colloca a metà fra un film di viaggio e un film da camera, poiché ambientato per buona parte dentro l’abitacolo di un camion. Tsui Hark --> il suo esordio è contrassegnato dal cinema d’arti marziali fantascientifico, cosa innovativa per quegli anni, originale anche per aver un narratore in terno non onnisciente e quindi limitato nel suo racconto. Con Dangerous Encounter (1980) entra effettivamente a far parte della New Wave con un film più in linea con quelli dei colleghi: Hong Kong contemporanea, questione sociale, gioventù disorientata, sentimenti antiamericani. I primi film del regista non hanno successo e si ritrova poi costretto a entrare nelle produzioni mainstream. --> si chiude così la stagione della prima New Wave ma avviene anche un notevole salto di qualità nel resto della produzione cinematografica. In questo periodo si nota anche una crescente affermazione del noir in tutte le sue forme. 13.6 Ghost Story Il cinema fantastico e le ghost stories, con tutte le loro sfumature, hanno sempre avuto un ruolo notevole nel cinema di Hong Kong. Negli anni Cinquanta ci si ispirava ai racconti tradizionali in cui la figura principale era spesso una donna che torna dall’aldilà per trovare l’amore mai raggiunto in vita. Uno dei film più famosi degli anni Ottanta, anche se non giunge fino all’Occidente, è Encounter of the Spooky Kind, un film in cui si fondono horror, kung fu e commedia. 13.7 Il ritorno delle arti marziali + 13.8 Tsui Hark è stato il protagonista anche del ritorno delle arti marziali sul grande schermo. Nel film Zu si nota in uno spiccato nazionalismo che lo spinge all’osservazione della tradizione e della mitologia, adattandole però sempre alla contemporaneità e usando nuovi effetti speciali. Una decina di anni dopo il genere delle arti marziali diventa ancora più rilevante grazie ai film che Tsui Hark realizza come produttore es. The Swordsman di cui vengono creati anche due sequel. Il regista dirigerà poi un’altra serie di film dello stesso genere, anche questi dal grande successo e incassi, soprattutto grazie alle spettacolari scene di combattimento. La carriera di Tsui Hark (con la Film Workshop) si dirama anche attraverso il genere della commedia, soprattutto quella in costume dove troviamo molti rimandi al cinema classico cinese. 13.9 La seconda New Wave I registi della seconda ondata non differiscono di molto da quelli della prima, semplicemente si collocano in un contesto storico e politico un po’ diverso, seppure passino soltanto alcuni anni: Hong Kong nel 1997 rientra a far ufficialmente parte della Cina--> maggiore riflessione sulla condizione contradditoria dell’identità della città, rinascita del cinema d’autore. Wong Kar-wai --> è sempre stato molto apprezzato dalla critica ma meno dal grande pubblico, fama internazionale. È considerato uno dei registi più importanti al mondo. Anch’egli ha un forte legame con il cinema di genere, soprattutto il noir e il melodramma, percettibili fin dalle sue prime pellicole. Nei suoi film sono quasi sempre presenti storie d’amore (in particolar modo giovanili) e vengono spesso usate canzoni pop in modo insistente, quasi come se si fosse davanti a un video musicale. La letteratura è uno dei punti più importanti del cinema di Wong Kar-wai --> utilizza spesso dei monologhi interiori in voice over che ricordano molto la scrittura di un romanzo: ci si perde in pensieri, ricordi, nostalgie ecc. in una costante compenetrazione fra passato e presente. Il regista utilizza moltissimo anche la ring composition per far tornare i personaggi negli stessi luoghi o situazioni. Lo stile è molto vario: piani sequenza con macchina a mano o steadycam, inquadrature fisse e grandangolari, effetti ottici realizzati in post-produzione (azioni che si svolgono in parti diverse dell’inquadratura procedono a velocità diversa). Il tema dominante del suo cinema è senza dubbi il tempo in tutte le sue sfaccettature e a seguire le storie d’amore e la città di Hong Kong. Stanley Kwan --> anche lui elegge il melodramma come genere di riferimento, non ha avuto lo stesso successo internazionale di Wong Kar-wai ma in Cina è stato molto apprezzato dalla critica. Il regista tende a porre al centro dell’attenzione le figure femminili ma mantenendosi sempre a distanza nel raccontare le storie d’amore (straniamento, freddezza). 13.10 Dopo il 1997 Vi è un periodo in cui la produzione cinematografica continua a calare. Prima del 1997 i film di Hong Kong in Cina erano considerati film stranieri e per questo venivano poco proiettati; si inizia ora a sperare che il cinema cinese e quello hongkonghese possano iniziare a collaborare --> ci sono però problemi con la censura di tipo politico e con la differenza del gusto cinematografico in questi due paesi --> iniziano a nascere doppie versioni per uno stesso film, in modo che questi si adattino ai vari mercati. Il genere di maggior successo è la commedia e vi è una breve rinascita del cinema di arti marziali. La trilogia più nota di questo periodo è Infernal Affairs (I, II, III) dove si fondono cinema di genere e cinema d’autore. Fruit Chan --> regista del passaggio da Hong Kong a Cina popolare --> realizza una trilogia con uno spiccato sguardo documentaristico che scende per le strade per raccontare le vicissitudini dei giovani in relazione agli eventi del 1997. Il carattere documentaristico, però, non va mai a discapito delle emozioni. Johnnie To --> la svolta nella sua carriera avviene quando nel 1996 fonda la Milkyway Image, una casa di produzione che in un certo senso continua il lavoro portato avanti dalla Film Workshop. Produce in questo periodo una serie di film che segnano lo sviluppo del cinema noir ma che non hanno grandissimi risultati commerciali (si producono allora delle commedie dagli incassi assicurati). Pang Ho-cheung --> si concentra soprattutto sulla black comedy e realizza scene dallo spiccato formalismo di grande impatto visivo. Dà vita a un quadro abbastanza amaro della vita della Hong Kong odierna, denunciano la spregiudicatezza imprenditoriale, la misoginia, l’angoscia sociale e la mancanza di ideali. Le sue produzioni sono spesso indipendenti e quindi i budget molto ridotti. CAPITOLO 16 – Senza respiro: il cinema di Wong Kar-wai Nel cinema di questo regista è molto presente la strutturazione dello spazio come oppressione --> es. Epilogo di Days of Being Wild : lo spazio assume una dimensione claustrofobica a grazie all’utilizzo del piano sequenza, della macchina dal basso e dell'obbiettivo scelto --> il soffitto sembra gravare sulla testa del protagonista, impedendogli quasi la posizione eretta --> siamo all’inizio del film, quindi non sappiamo ancora nulla del personaggio, si può però evincere una delle caratteristiche principali di tutti i personaggi di Wong Kar-wai: sono tutti prigionieri dei propri sentimenti e contraddizioni amorose. La stessa condizione di oppressione da parte dello spoazio può essere vista in un primo piano di Ashes of Time in cui il soggetto è costretto a chinarsi per stare all’interno dell’inquadratura. Wong sceglie spezio spazi angusti come scale, vicoli, corridoi e cabine telefoniche. In quest’ultima, ad esempio, avviene il primo bacio fra i protagonisti di As Tears Go By, come a voler mostrare un amore che toglie il respiro. Tutto questo è ancora più evidente in In The Mood For Love in cui Wong rappresenta il “vicolo cieco” in cui i personaggi si trovano nel loro rapporto (non possono e non vogliono cedere all’adulterio) con spazi stretti e claustrofobici in cui i personaggi sono costretti a vivere i loro sentimenti. Sempre per quanto riguarda gli spazi angusti, possiamo notare anche la nicchia dove è collocato il telefono in 2046 e che crea una sorta di mascherino intradiegetico che ristringe ulteriormente lo spazio. In altri casi, come in Happy Together, lo spazio viene ristretto attraverso l’utilizzo di tendaggi che coprono buona parte del soggetto già inserito in un vano. Lo spazio, in Wong Kar-wai, può essere inteso anche come prigione; infatti, molto spesso i personaggi vengono inquadrati dietro a inferiate o sbarre per sottolinearne la condizione di cattività --> es. In The Mood For Love quando i due amanti, nell’abbraccio finale vengono ripresi dietro a delle inferiate le cui ombre si proiettano sui loro corpi. Un altro elemento profilmico molto utilizzato è lo specchio, usato sia per moltiplicare le immagini, sia per restringerle e inserirle in unità ancora più anguste --> es. In The Mood For Love la protagonista, quando non si decide a partire con l’amate viene ripresa in primo piano ma alle sue spalle uno specchio sdoppia la sua figura, come a volerla costringere all’interno di un bivio creato da lei stessa. Insieme agli specchi, altri oggetti prediletti sono vetri, vetrine (in molti casi offuscate dalla pioggia o dal vapore), tende trasparenti o comunque tutto ciò cui si può vedere attraverso, spesso in modo opaco e confuso. Raramente vi è una visione che inquadra con nettezza ciò che sta avvenendo, tutto è lasciato in mano all’indeterminatezza e alla complessità dei sentimenti. Per quanto riguarda l’aspetto filmico, possiamo notare l’utilizzo di piani molto ravvicinati durante le conversazioni, in particolar modo piani a due in cui viene ripreso uno dei due personaggi di spalle --> a volte capita che, essendo il piano molto ravvicinato, il volto di colui che sta parlando non riesce a stare tutto dentro all’inquadratura e viene bruscamente tagliato. La decisa riduzione dello spazio filmico può estendersi anche al campo contro campo dove oggetti profilmici ostruiscono la visuale. Spesso i personaggi si trovano decentrati all’interno delle inquadrature perché schiacciati da altri elementi. Anche l’utilizzo della luce viene impiegato per restringere lo spazio filmico (luci intermittenti, neon saturati, ombre insistenti) --> idea di instabilità e oppressione. CAPITOLO 17 – Il cinema taiwanese dagli anni Ottanta ad oggi 17.1 - Il Nuovo Cinema Taiwanese L’avvento della New Wave taiwanese, a differenza di quella di Hong Kong, non si inserisce in un contesto produttivo in declino ma in cauta espansione: vengono girati più film, gli spettatori aumentano e ci si approccia a nuovi generi. Tutto questo è dovuto al processo di democratizzazione del paese e alla riorganizzazione degli studios. Viene attuata da due giovani promettenti scrittori una campagna di assunzione di giovani cineasti, chiamata xinren zhengce, per la realizzazione di film a basso budget ma con un a notevole robustezza narrativa. Due sono i film che danno il via alla Nuova onda, grazie al lucido profilo programmatico: 1. In Our Time (1982) --> attraverso 4 episodi si propone di narrare l’evoluzione dei rapporti umani e dei rapporti fra i due sessi, attraverso i modelli sociali del paese. Vengono scelti attori non professionisti e gli episodi non per forza hanno nuclei narrativi chiari, sono immagini quotidiane. 2. The Sandwich Man (1983) --> compie un passo avanti nel delineare i caratteri del Nuovo Cinema. Si basa su scritti di un illustre scrittore taiwanese. Condanna della società capitalista, continui rimandi al rapporto tra passato e presente. Altri film molto noti sono That Day e Growing Up. Questi quattro titoli rappresentano l’avanguardia del cinema taiwanese, caratterizzata da una forte unità tematica. Fino al 1987, anno di crisi del Nuovo cinema, vengono prodotti film essenzialmente di quattro tipi: ▫ Bildungsroman: pensati come pretesto per riflettere sulle lacerazioni identitarie dovute alla situazione storico-politica di Taiwan. ▫ Drammi al femminile: per sottolineare il cambiamento dei costumi familiari. ▫ Urban movies: per rappresentare gli stili di vita delle nuove generazioni e l’illusione di ricchezza che le permane es. Taipei Story di Edward Yang ▫ Adattamenti di romanzi nativisti, ritenuti testi chiave per monitorare i cambiamenti all’interno delle comunità indigene.
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