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Il cinema. Percorsi storici e questioni teoriche, Sintesi del corso di Storia Del Cinema

Riassunto dettagliato del libro Il Cinema. Percorsi storici e questioni teoriche

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 10/09/2021

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Scarica Il cinema. Percorsi storici e questioni teoriche e più Sintesi del corso in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! IL CINEMA PERCORSI STORICI E QUESTIONI TEORICHE Carluccio — Malavasi — Villa PARTE PRIMA PERCORSI STORICI 1. Dal cinematografo al cinema Se la nascita del cinema viene comunemente fatta risalire alla prima proiezione pubblica a pagamento del Cinématographe Lumière, il 28 dicembre 1895 al Salon Indien del Grand Café di Parigi, in realtà l’avvenimento — seppur decisivo — va riportato a un contesto più ampio. La storica presentazione del dispositivo di ripresa dei fratelli Lumière acquista senso solo a seguito e parallelamente a una serie di altrettanti invenzioni e brevetti messi a punto da diversi pionieri attivi in vari paesi d’Europa. L’avvento del cinematografo deve quindi essere inteso come un fenomeno internazionale e come esperienza molteplice, invenzione non riferibile a un contesto univoco e ad una singola personalità. Quanto piuttosto a una variegata geografia e a una pluralità di sperimentazioni. Cinematografo = sintesi che giunge al culmine di acquisizioni diversi riguardanti la realizzazione di visioni e immagini riprodotte tecnologicamente, la cui storia, attraverso secoli di tentativi ed esperienze di proiezioni e spettacoli luminosi, si confonde con quelle della camera oscura, del teatro d’ombre, della lanterna magica... una storia secolare che conosce un'accelerazione decisiva nell’ultimo scorcio dell'Ottocento. Lo sfruttamento commerciale del cinematografo > e quindi la diffusione organizzata di proiezioni collettive (accompagnate per diversi anni da musica dal vivo insieme a commenti da parte di imbonitori), segue e supera una serie di esperienze precedenti di visioni individuali (es. kinetoscopio) e avviene dapprima in fiere ambulanti e soltanto successivamente in sale deputate (negli States, dal 1905 ca, nickelodeons). Il cinematografo delle origini è profondamente legato ad altri spettacoli di intrattenimento e inserito in un contesto plurivoco, in dialogo con più antiche e diffuse forme di spettacolo popolare, come i café concert, lo spettacolo di magia, numeri da circo, il vaudeville... La storiografia del cinema tende ad individuare una distinzione piuttosto netta tra la rappresentazione delle primissime fasi del cinema e quella successiva, a partire in particolare dalla metà degli anni Dieci del secolo scorso. MODI DI RAPPRESENTAZIONE (Noél Burch 1991) 1895 1915 Modo di Rappresentazione Primitivo MRP + cinematografia dell’attrazione - 1895-1908 sistema delle attrazioni mostrative - 1908-1915 sistema dell’integrazione narrativa 11915- in poi Modo di Rappresentazione Istituzionale MRI — cinema narrativo classico Per il primo cinema a contare sono gli effetti di mostrazione, di attrazione, di esibizione delle potenzialità del filmabile e del dispositivo stesso, come accade fin dalle prime sensazionali produzioni di fine Ottocento. - The Kiss, 1896, Edison: in primo piano ravvicinato di un bacio che, agli occhi degli spettatori, risultò osceno per il primo piano troppo ravvicinato. L’oscenità risiede proprio nell’ingrandimento e dunque nelle stesse modalità di rappresentazione del cinema, che raddoppiano l’audacia dell’atto rappresentato con l’audacia dell’occhio del cinema. - Grandma’s Reading Glass, 1901, Smith: viene sfruttato l’artificio di una lente d’ingrandimento per esaltare le potenzialità dell’occhio del cinema e i suoi effetti mostrativi - The Big Swallow, 1901, Williamson: si lavora sulla dimensione conturbante e disturbante legata alla nuova presenza del cinema nel quotidiano > un gentiluomo, disturbato dalle riprese di un operatore, decide di ingoiarlo insieme alla macchina da presa. Se le attrazioni e il forte effetto suscitato dal semplice “mostrare” caratterizzano la cinematografia delle origini e il cinema dell’inizio del Novecento, tuttavia questi elementi non impediscono la progressiva definizione di generi ben determinati: l’inseguimento, la gag comica, la fantascienza di Méliès che si accompagnano al racconto di fatti, storie... anche prima che si possa parlare di una logica di narrazione vera e propria. Il sistema dell’integrazione narrativa definisce una fase intermedia prima dell’assetto classico che il cinema conoscerà pienamente nella seconda metà degli anni Dieci. È qui che questa nuova spinta narrativa giunge a rendere necessario, da un lato, un sistema che regoli i raccordi tra le inquadrature e, dall’altro, una macchina da presa sempre più mobile, in grado di assumere su di sé diverse funzioni. Una delle questioni più importanti della storiografia del cinema delle origini riguarda il passaggio dai sistemi di cui sopra a quello “istituzionale” > determinanti nel delineare il passaggio risultano essere il cinema statunitense e la filmografia di David W. Griffith insieme allo sviluppo di forme e modi di produzione/rappresentazione nuovi che interessano il cinema europeo e italiano degli anni Dieci, tra cui l’avvento del lungometraggio come nuovo standard produttivo, prima in Europa e poi negli States, a partire dal 1910. T. A. Edison Depositario di oltre mille brevetti, inventore del fonografo (1877) e della lampada elettrica a incandescenza (1880), incarnazione assoluta dell’american dream, simbolo della nozione di progresso e innovazione degli States a fine Ottocento, personaggio pubblico, Thomas Alva Edison ha legato indissolubilmente il suo nome anche al cinema. Dopo l’invenzione del kinetoscopio, passa al cinema su pellicola — 35mm con 4 perforazioni a lato di ciascun fotogramma. Singolo spettatore alla volta. Lumière e Méliès Entrambi realizzano film e vedute a vocazione fortemente spettacolare, all’interno del sistema mostrativo del primo cinema. Le vedute dei fratelli Lumière, proprietari di un’industria di prodotti fotografici a Lione che avevano commercializzato il cinematographe pongono gli spettatori dell’epoca di fronte allo spettacolo del quotidiano, della vita nel suo scorrere. La sortie de l’usine Lumière 1895, L’arrivée d’un train à la Ciotat 1895. Méliès lavora più direttamente sullo spettacolo e la spettacolarizzazione, essendo un mago di professione. Nel 1897 costruisce uno studio di posa a Montreuil e fonda la società di produzione Star Film. Con Le voyage dans la frequentare nel 1915 quando, spiantato e in cerca di un lavoro, viene reclutato sul set di Nascita di una nazione come comparsa e addetto ai cavalli. Nonostante la volontà di rimanere accanto a Griffith, Stroheim non entrerà mai a far parte del ristretto entourage del regista. Ciononostante, assorbe dal maestro l’attenzione al dettaglio emblematico e il ricorso al primo piano, la caratterizzazione dei personaggi femminili, la predisposizione epica e il gusto e la capacità di costruire narrazioni a cui il montaggio conferisce un ritmo e una cadenza talvolta musicali. Se si esclude Greed (Rapacità, 1923) i film sopravvissuti sono per lo più ambientati nell’alta società europea, teatro che il regista ritiene ideali per i suoi personaggi corrotti, abitatori di vicende intrise di spirito decadente e ironia crudele. Il realismo di Stroheim, che passa anche attraverso un uso sapiente della costruzione del quadro e della profondità di campo in funzione deformante e pienamente costrittiva, opera, per Bazin, una “rivoluzione del concreto”. Il cinema muto degli anni "10 è caratterizzato anche da un tipo particolare di racconto, il serial, che per una breve stagione ha riscosso successo sia negli Stati Uniti sia in Europa. Si tratta di film strutturati a episodi, sempre di genere melodrammatico o avventuroso. Dato il grande interesse di pubblico, la produzione si intensifica nel corso di tutto il decennio, arrivando a costruire trame sempre più rocambolesche e sofisticate, rinunciando a fare di ogni episodio un racconto sostanzialmente chiuso in sé stesso >> è così perfezionata la soluzione del cliffranger. È necessario sottolineare come le varie cinematografie nazionali, le diverse strategie espressive messe a punto nel corso degli anni attraverso differenti approcci e differenti movimenti, mode, correnti hanno portato il cinema muto a raggiungere ricchezza e sofisticatezza. Tra le molte opere che esemplificano questa pienezza e idealmente chiudono la stagione del cinema muto ci si sofferma su La passione di Giovanna d’Arco, 1928, C.T. Dreyer: partendo da una vicenda nota e in larga parte giocata sulla comunicazione verbale, Dreyer, pur rimanendo fedele alle carte processuali, limita il dialogo fra la ragazza e i giudici agli scambi essenziali, e costruisce un’opera che acquista significato esclusivamente grazie alla messa in scena. Sintetizzando radicalmente, spoglia il film di qualsiasi possibile orpello scenografico. Non è un film storico, né un film in cui il pubblico è messo di fronte alle psicologie dei personaggi che appaiono in tutta la loro evidenza: Giovanna come santa, i giudici come deformati da una sensibilità espressionista che scorre sottotraccia. Il film si presenta come un poema visivo che parte dal dato reale ma che finisce per innestarvi un percorso di sorprendente consapevolezza del mezzo. 2. Percorsi dell’avanguardia Un «brontolio sotterraneo» - come lo definisce Kandinskij — agita il sistema delle arti nell'Europa dei primi anni del ‘900 scatenando un’intemperie che ribalta i propositi dalla cultura tradizionale e mette in discussione luoghi e rituali dell’orizzonte artistico, con il fine di ridefinire coordinate teoriche, intenti espressivi e modalità operative di ogni manifestazione estetica. Desiderio di liberazione delle arti dalle istanze realistiche, descrittive e narrative fin lì imperanti; un’emancipazione dall’obbligo di produrre senso che opta per una rappresentazione non lineare, non unitaria e tantomeno compiuta. In questo clima, nella cultura artistica del periodo, percorsa da una crisi della figuratività che già imperversa sul versante pittorico, la decisiva affermazione della tecnica fotocinematografica contribuisce al generale abbandono di un orientamento rappresentativo di matrice realistica e mimetica, profilando all’opposto una funzione rivoluzionaria da riservare all’arte >> tentativo di rifondazione del linguaggio espressivo. In linea generale, per pervenire all’obiettivo della rottura con l’esistente artistico e culturale, le avanguardie si misurano principalmente su due fronti: - Operano sul linguaggio, considerandolo materia prima dell’espressione e contenuto stesso dell’opera - In seno alle avanguardie europee matura una profonda consapevolezza circa l’insufficienza che contraddistingue il ricorso a singoli mezzi di espressione e a specifiche tecniche artistiche > l’opera d’arte moderna è un insieme di tecniche, progetti comuni di vari campi artistici che estende ed esalta il concetto wagneriano di Gesamtkunstwerk, che pare calzare perfettamente È proprio l’intersezione del fenomeno delle avanguardie storiche europee con il cinema a costruire uno degli aspetti artistici più avvincenti del primo ventennio del Novecento. Nello spaccato del primo dopoguerra, uno dei contesti nazionali in cui è più presente la sperimentazione avanguardistica è certamente la FRANCIA — dopo la spinta di inizio secolo, il paese vive un rallentamento in seguito all’esplosione del conflitto mondiale: Pathé e Gaumont concentrano i loro sforzi sulla distribuzione e sull’esercizio. - Impressionismo. Impianto narrativo votato all’illusione di realtà, tra opere che possono essere considerate d’avanguardia e progetti invece più tradizionali. Una nuova generazione di registi (Germaine Dulac, Abel Gance, Marcel L’Herbier, Louis Delluc) cerca di esplorare l’orizzonte del cinema senza volerlo smantellare, mirando a recuperare le possibilità ancora inespresse. - Dadaismo. Film simbolo degli anni Venti è Entr’acte (René Clair, 1924), sorta di compendio avanguardistico infarcito di gag comiche grottesche, situazioni assurde, sconnesse e irriconducibili a una trama ordinaria. - Surrealismo. Contributo cruciale alla corrente è data dall’esordiente Luis Bunuel (Un chien andalou, 1929 con l’apporto di Dali) che lavora sul montaggio come espediente per creare nessi visivo-simbolici aperti all’interpretazione > accostamento nuvola/luna e rasoio/occhio — una delle sequenze più indelebili della storia del cinema. Menzione a parte va dedicata alla breve esperienza cinematografica del pittore cubista Fernand Léger, autore del corto Ballet mécanique (1924). Il film, privo di trama, è introdotto da un omaggio al personaggio di Charlot ed è costituito da una sorta di balletto di oggetti inanimati e animati, che ragiona sulla dimensione ritmica della rappresentazione cinematografica. In GERMANIA, nel 1917, suiniziativa dei più importanti istituti finanziari del paese, nasce la UFA, la più grande casa di produzione e distribuzione tedesca, che, strutturata sui principi dell’integrazione verticale nordamericana, realizza l'impresa di unificare una pluralità di piccole case produttive in un ente unitario. Durante la repubblica di Weimar e fino all’avvento del nazismo la produzione cinematografica tedesca è seconda solo a quella statunitense per dimensioni, innovazioni tecniche e importanza dei film girati per la storia del cinema. Due i tratti distintivi: - La riaffermazione di una dimensione artigianale del fenomeno cinematografico e della creazione artistica più in generale - Il ricorso all’astrazione anti-figurativa come nuovo fondamento dello statuto di produzione simbolica e ritmico-dinamica del cinema. Nello scenario nazionale uno dei massimi esponenti artistici è Viking Eggeling, artista svedese che ebbe rapporti con varie avanguardie storiche > opera più nota: Diagonal Symphonie (1924), esperimento grafico in cui le immagini astratte sono concepite come l’equivalente di una composizione musicale. Al suo fianco va annoverata la parallela ricerca di Hans Richter: sperimenta ‘una musica visiva basata sulle esigenze di articolare lo spazio figurativo in un movimento in grado di “fuoriuscire” dai limiti del quadro tradizionale (serie Rytmus, iniziata nel 1921). Walter Ruttmann e Oskar Fischinger sono gli altri due nomi più rilevanti del panorama del campionario artistico tedesco. La parabola cinematografica del primo è segnata dalla realizzazione del ciclo Opus (1919-25), in cui l’artista cerca di commettere visualità, movimento, astrazione sfruttando modelli musicali; dall’altra parte, la medesima parabola si sporge anche verso la scelta del documentarismo sinfonico, che utilizza immagini reali ma impiegandole come elementi di una sinfonia visiva in cui l’aspetto documentaristico si annulla nel ritmo del montaggio di strutture visivo- dinamiche complesse, progetto che raggiunge il punto apicale con Die Sinfonie der GrofistadtI, 1927). AI di là delle esperienze assimilabili al panorama delle avanguardie astratte, tre sono le principali correnti cinematografiche che si affermano nel contesto della Germania prehitleriana: 1. Espressionismo. Indirizzo cinematografico che, sviluppatosi a partire dai presupposti che fondano gli omonimi movimenti in campo figurativo e teatrale, si configura come una svolta pianificata dall’industria cinematografica tedesca più che come una vera e propria avanguardia esterna al sistema produttivo: con la vena espressionista si assiste a uno dei primi tentativi di coniugare all’interno di un medium tecnologico stilemi tipicamente artistici e contaminazioni provenienti dalla cultura popolare. Caratteristiche: insistite deformazioni scenografiche, focalizzazione su un immaginario irreale e onirico, uso ricorrente di prospettive alterate, ricorso a illuminazioni fortemente contrastate, definizione di atmosfere inquietanti e allucinatorie. >>> Il gabinetto del Dottor Caligari, Robert Wiene, 1920 sintesi esemplare; Nosferatu il vampiro, Friedrich W. Murnau, 1922 2. Nuova oggettività (Neue Sachlichkeit). Movimento artistico nato in DE alla fine della prima guerra mondiale che coinvolse principalmente la pittura. Presto declinata in ambito cinematografico, ove si suole definirla anche “nuovo realismo”, la Nuova oggettività lavora nella direzione di fare del dramma individuale una sineddoche della più universale condizione umana, viziata da un’apatica e rassegnata disillusione. Spaccato di una vita monotona e grigia che emerge in film come La strada (Karl Grune, 1923), La via senza gioia (Georg W. Pabst, 1925). Tuttavia, il film che raggiunge il punto più alto di questo versante è probabilmente Uomini di domenica (collettivo Filmstudio, 1929): reportage sperimentale che rende conto di una gita domenicale nei boschi fuori città. 3. Kammerspielfilm. Genere cinematografico di impianto fortemente psicologizzante, nato a inizio anni Venti sull’esempio del teatro di Max Reinhardt. Intrecci drammatici, pochi attori, scenografie scarne e spesso allestite in interni. >>> L'ultima risata, Murnau, 1924. scena e racconto e trovano una sintesi perfetta nel film che è considerato il suo capolavoro e il punto di partenza del cinema hollywoodiano classico, almeno dal punto di vista narrativo, linguistico e formale: Nascita di una nazione, una rievocazione della grande ferita ancora aperta della guerra civile americana attraverso le vicende di due famiglie amiche. Conla pellicola sembra imporsi definitivamente un modello spettacolare, narrativo ed espressivo che si organizza attraverso una vera e propria sintassi composta da norme, espedienti e trovate che permettono allo spettatore di immergersi nel racconto, guidato da un’istanza narrante onnisciente che organizza sapientemente la vicenda conducendola il più delle volte verso un lieto fine che non invalida la complessità dei temi affrontati. Nel 1919 Griffith fonda, con Charlie Chpalin, Douglas Fairbanks e Mary Pickford, la United Artists Corporation, che rappresenta un tentativo inedito di controllo della fase produttiva da parte dei responsabili della fase creativa del film. La volontà dei quattro fondatori è innalzare la qualità artistica dei film e combattere una battaglia per il riconoscimento di registi e divi come autori dei film a cui lavorano. Scopo della UA è sostenere la libera produzione e distribuzione dei film dei propri associati, ma il modello da essa incarnato rimarrà sempre marginale, rappresentando un caso isolato che non amriverà ad intaccare, di fatto, il consolidamento dello studio system. Negli anni immediatamente successivi la Prima guerra mondiale l'egemonia di Hollywood si rafforza considerevolmente. Gli anni Venti sono caratterizzati da una ormai piena consapevolezza espressiva da un lato e da un consolidamento delle strutture produttive dall’altro. In questo periodo si assiste a un vertiginoso aumento del pubblico, dei capitali investiti e del numero di sale. Di queste, le grandi sale di prima visione (movie palaces) sono concepite come moderni templi, cattedrali deputate ad accogliere spettacoli ambiziosi. È ormai chiaro che il cinema è e sarà l’arte del Novecento. Ed è in America che si dimostra capace di fornire miti, modelli sociali e comportamentali, veicolare ideologie e attraverso le sue star divenire un vero e proprio oggetto di culto se non, talvolta, di fanatismo. La definizione apparentemente contraddittoria della macchina hollywoodiana, quella di fabbrica dei sogni, spiega perfettamente ciò che Hollywood diviene a partire dagli anni Venti: un complesso industriale solido, compartimentato e votato al profitto, un potente strumento politico e propagandistico capace di generare una produzione culturale che, al di là dell’american way of life, ha diffuso forme narrative, tecniche linguistiche, schemi iconografici che hanno permeato la cultura del Novecento, raggiungendo un equilibrio, una coerenza e una riconoscibilità che ne fanno un riferimento in qualche modo “classico”. La complessità di questo universo industriale, artistico, retorico, linguistico e narrativo è di solito sintetizzata ricorrendo alla nozione di “sistema”; il cinema hollywoodiano classico sarebbe il frutto dell’interazione di una serie di strategie che si addensano i in più “sistemi” che finiscono per dare forma a un apparato dinamico, articolato e multiforme, per quanto estremamente riconoscibile. Il primo e più importante sistema è il cosiddetto [ANZIBISNSZONI. Le ‘majors, che basano gran parte del loro potere sull’integrazione verticale (produzione, distribuzione, esercizio), aumentano negli anni i mezzi e crescono di numero, passando da tre negli anni Venti > le Big Three: Paramount, MGM, First National; a cinque negli anni Trenta > le Big Five: MGM, Paramount, 20th Century Fox, Warner Bros. e RKO. Tutte queste majors possiedono teatri di posa e stipulano contratti, spesso esclusivi, con il personale chiamato a lavorarvi, dai tecnici alle star; oltre a ciò, sono dotate di strutture per la distribuzione nazionale ed estera e di un gran numero di sale cinematografiche. Nonostante fosse stata la Famous Players-Lasky a dettare una linea poi fatta propria dalle altre case, la supremazia della società, ribattezzata poi Paramount è destinata a terminare di fronte al progressivo sviluppo della MGM, the Tiffany of film studios, nata dalla fusione, nel 1924, della Metro Pictures Corporation di M. Leow con la Goldwyn Company e guidata da due producers di talento come Louis B. Mayer e Irving Thalberg. In quanto paradigma emblematico e maggiormente rappresentativo del sistema di produzione classico, la MGM è caso esemplare per comprendere il funzionamento dello studio system. È proprio in contemporanea all’ascesa della MGM, infatti, che tale modello si perfeziona e si fa maggiormente dinamico, passando da una serie di pratiche note con il nome di central producer system, al modello del producer-unit system, ovvero da una supervisione affidata a un central producer a una divisione in più unità specializzate. Accanto alle majors troviamo le minors, società con capitali ridotti e spesso incapaci di controllare i tre tasselli della concentrazione verticale. La Fox e la Warner Bros. negli anni Venti fanno parte delle Little Five insieme alla Universal, Producers Distributing Corporation e al Film Booking Office. Universal, Columbia e UA sono invece le Little Three negli anni che vanno dall’introduzione del sonoro alla seconda guerra mondiale. Per quanto non possiedano una rete di proprie sale cinematografiche, esse possono essere capaci di alcuni notevoli sforzi produttivi. Quote minori del mercato appartengono alle Poverty Row, come la Monogram o la Republic, le cui realizzazioni sono quasi esclusivamente produzioni a basso costo. All’opposto, vi sono poi [NGIPENASATI che puntano su un numero limitato di opere costose e di grande richiamo come David O. Selznick, ex producer per la RKO e la MGM e tycoon ambizioso. È per sua iniziativa che viene realizzato una dei più grandiosi monumenti cinematografici del primo Novecento, l’opera che forse oggi è simbolo di quell’epoca, della potenza e della ricchezza espressiva ed economica del cinema classico, Via col vento, 1939. Per quanto riguarda il processi di lavorazione, dunque, il film è davvero il risultato di una catena di montaggio, di un lavoro del tutto plurale, condotto sotto la supervisione di un produttore dalla forte personalità che omogeneizza tutti gli apporti, intervenendo a diversi livelli, a partire dalla sceneggiatura fino al montaggio finale. Via col vento, come Casablanca (1942, Micheal Curtiz) sono quindi squisitamente e totalmente frutto dello studio system, e testimoniano l’alto grado di professionalità raggiunto da questo cinema. Non solo, film come quello di Curtiz (anche in questo caso il ruolo del produttore Hal Wallis è di sicuro più rilevante di quello del regista) danno prova della straordinaria capacità di distillare, attraverso questo tipo di processo creativo, un immaginario dalle molteplici fonti e provenienze. Se il primo è prodotto senza badare a spese, Casablanca è invece realizzato in un momento di grandi ristrettezze economiche, dovute all’entrata in guerra degli USA. * Definizione di stile: Ciascuna opera è caratterizzata da un’impronta che denota la casa di produzione che l’ha generata. Questo aspetto è detto studio look, o house style. * Il sistema dei generi: lo spettatore ha una serie di aspettative che il film deve soddisfare. Lo spettatore inoltre sceglie il film soprattutto in base al nome e al volto sulle locandine. Per lo studio ogni genere è una categoria in cui lavorano spesso le stesse persone, che vi si specializzano. Non vuol dire che ogni divo sia per forza specializzato in un nico genere, o che i registi possano fare solo film di un unico genere. * Il sistema divistico: L’identità del divo acquista un significato autonomo. Il pubblico si aspetta un certo personaggio quando sa che quel film prevede un divo piuttosto che un altro. Conosce le star e il processo aumenta quando si diffondono le riviste specializzate che si dedicano a rubriche, foto, curiosità e interviste sui divi. Gli spettatori possono così conoscere tutto dei loro idoli. Hollywood fa del divo un oggetto di marketing. * Il Codice di produzione: Una serie di scandali sulle vite private dei divi allarma il pubblico (soprattutto quello religioso). Per prevenire la creazione di una censura federale, i più importanti studios istituiscono una serie di misure che regolamentino il contenuto morale dei film. Iniziativa che comincia nel 1922 e viene formalizzata nel 1934 in un Codice di produzione. * Passaggio dal muto al sonoro: non crea sconvolgimenti come in altri paesi (ad esempio nell’Unione sovietica), anzi, il passaggio tra i silent films ai talkies avviene in continuità e stabilità. Naturalmente questo causa una modificazione di generi: l’introduzione del sonoro porta alla nascita di alcuni generi, alla revisione di altri. Ad esempio c’è una dequalificazione del western nel corso degli anni Trenta. Il genere più rappresentativo del passaggio al sonoro è il musical. Il primo lungometraggio con dialoghi e brani musicati è // cantante di jazz. Il film musical più rilevante invece è Singin’ in the Rain. Spesso i musical del tempo sfociano nel fantastico, nella dimensione onirica, lo sfarzo delle scenografie e costumi, numeri di danza, ecc. » EontmitgiSystieti: si diffondono molti espedienti con lo scopo di ottenere un effetto di realtà, che permettono l’ingresso dello spettatore nel mondo della finzione. Queto sistema è noto come continuity system e afferma il principio della narrazione come prima finalità in un film. Il montaggio è il luogo dove si creano queste illusioni, dunque, secondo Bazin il découpage classico deve fondarsi su tre caratteristiche: motivazione, chiarezza, drammatizzazione. Tra un’inquadratura e un’altra deve esserci fluidità, scioltezza. Il film deve dare idea di realtà così che lo spettatore si scordi il mondo che gli sta intorno e si immerga. Spesso il narratore utilizza un double plot (due linee narrative, quella primaria è quella che definisce il genere del film, anche se talvolta non ce n’è una primaria). Nonostante questi principi chiari e omogenei, ci sono comunque, sia nel cinema d’autore che in film medi, modelli complessi dal punto di vista stilistico. * Norma e scarto: Il cinema stabilisce una norma che non è un modello formale rigido, ma è flessibile. Rispetto alle aspettative del pubblico, c'è uno scarto (da quelle che sono le opzioni ricorrenti) che funziona come forma di sorpresa, stimolazione, talvolta shock visivo. In molti casi, lo scarto supera la norma. Il motivo è che Hollywood è costituita da un melting pot geografico e culturale, composto da americani ma anche immigrati europei che portano influenze diverse (come l’espressionismo in Germania che influenza i film horror o noir). Nel dopoguerra crisi degli studios a causa delle leggi antitrust — sentenza Paramount, 1948. Avendo l’accesso a sale più grandi, anche gli studios minori cominciano a produrre film ad alto budget e nel frattempo la produzione indipendente moltiplica. La crisi del modello hollywoodiano classico avviene per diverse ragioni ma quella fondamentale è la concorrenza della televisione. Molte case di produzione cominciano a collaborare con questa. Le realizzazioni dei film aumentano, e si Da un punto di vista estetico i cambiamenti del cinema riguardano l’improvvisazione, il rifiuto della spettacolarità, il predominio della regia sulla sceneggiatura, il predominio dell’inquadratura sul montaggio, l’ambiguità interpretativa. Sarà definito un “cinema problematico”, “del dubbio”, rispetto al cinema classico che mostrava il procedere degli eventi attraverso l’azione dei personaggi e il movimento — il nuovo modo rende invece confusionario capire qual è il vero e il faso, sin dalla scelta dei temi, o da tecniche come il décadrages (vuoto al centro dell’immagine) e falsi raccordi. TI nuovo cinema internazionale. Si intendono le esperienze cinematografiche dalla fine degli anni ?50 ai primi anni ’70, nate in diversi contesti geografici ma con una linea comune. La similarità avviene sutre livelli: Intenti. Tutti rompono con il cinema del passato e lo superano, nei contenuti e nelle forme Modalità operative. Generale rinnovamento dei mezzi di produzione che rifiuta lo studio system e promuove produzioni dal basso, indipendenti. È un cinema libero, ma povero, sovraffollato di film dal basso a basso costo in bianco e nero, ambienti naturali e piccole troupe. Esiti. Unire il realismo documentale e finzione — lo scopo è rivelare la realtà anziché riprodurla. . Nouvelle Vague. I film di questo movimento (il termine inizia a comparire nel dibattito francese a fine anni ’50) cercano di tradurre l’inquietudine giovanile del tempo. Il movimento è collettivo, anche se non unitario, comprende una cerchia di critici cinematografici, altre personalità con esperienza nel mondo letterario e una giovane generazioni di registi contro il cinéma de papa (cinema industriale e tradizionale). Promuovono la politique des auteurs = una visione secondo la quale un film non coincide con la sceneggiatura, la scenografia, gli attori ma esclusivamente con la sensibilità di chi l’ha girato. Spiccano due personalità: - Truffaut vuole rinnovare e arricchire il cinema commerciale. Gioca con il cinema del passato. - Godard è più provocatorio. Nei suoi film notiamo l’alternanza dei piani-sequenza e brevi inquadrature, infrange le regole tradizionali con sguardi in macchina e falsi raccordi. Free Cinema e Kitchen Sink. Nel contesto inglese si introducono questi due movimenti, spesso sovrapposti. - Il Free Cinema riguarda soprattutto cortometraggi e documentari girati fra il 1956 e il 1959. La tematica sociale è rivolta a un pubblico popolare. I soggetti privilegiati sono la società di tutti i giorni e la vita delle classi lavoratrici. - Il Kitchen Sink riguarda invece i lungometraggi girati successivamente, che vogliono esplorare la difficoltà della quotidianità delle classi lavoratrici. I due movimenti si concentrano più sull’innovazione ideologica e tematica che sulla sperimentazione (piano stilistico). Hanno vita breve, perché i registi inglesi si interessano poi a ritrarre la swinging London e la subcultura (moda e musica rock). Junger Deutscher Film. Movimento nato nel 1962 quando 26 cineasti sottoscrivono un Manifesto che dichiara la nascita di un cinema socialmente impegnato e libero dalla produzione commerciale. Le tematiche predilette sono l’emarginazione, lo smarrimento generazionale, la mancata integrazione sociale. Le personalità maggiori sono: - Fassbinder, dirige 39 lungometraggi in 15 anni. Cinema segnato da una forte teatralità. Personaggi allo sbando (tormentati ritratti femminili) e le relazioni umane viste come brutali rapporti fra vittima e carnefice. - Werner Herzog regista più visionario. Ambienti remoti, incontaminati, con una natura ostile ma affascinante. I personaggi non sono convenzionali. - Wim Wenders amante del rock e della cultura statunitense. Ricerca la quotidianità che imprigiona i suoi personaggi, soffermandosi sulla non significanza della vita e sull’incomunicabilità. 4. Tarkovskij è la figura più significativa del cinema moderno dell’URSS. Adotta tematiche introspettive e antimilitariste. 5. In Polonia i temi dei registi sono le conseguenze della guerra, la lacerazione dell’individuo e il suo senso di smarrimento. Il regista Roman Polanski si affermerà a livello internazionale. 6. Le tematiche della Nova Vilna cecoslovacca e ungherese sono la soggettività dell’individuo e le contraddizioni storico-sociali. New American Cinema. Se sulla costa occidentale le politiche produttive delle majors cominciano a stagnare, anche a causa dell’invasione domestica dei televisori, al capo opposto del paese, sulla East Cost, una generazione di cineasti si anima nei bassifondi di New York, frequentando club e cercando ‘una continuità (contro)culturale tra la letteratura beat e l’universo sommerso del cinema underground. Portavoce del Movimento è Jonas Mekas > emigrato dalla Lituania in guerra, è influenzato dalla Nouvelle Vague, diventa un cineasta e dirige una rivista dove si dà visibilità alle opere di registi e alla distribuzione indipendente. È impensabile ridurre il NAC a un’unica matrice teorica o a un esclusivo modus operandi: i registi che in un modo o nell’altro vi si riconoscono producono e dirigono opere assai diverse, tanto che un approccio al movimento non può che riferirsi alla concezione di cinema promossa dalle singole personalità coinvolte. GLI INDICI STILISTICI DELLA MODERNITA” La modernità cinematografica si sviluppa come un insieme di fenomeni diversi, un pluristilismo in cui le esperienze delle nuove cinematografie internazionali (Nouvelle Vague, Nova ViIna ecc) s fondono con il cinema d’autore e il cinema di genere. La modernità instaura un rapporto con la tradizione superando le convenzioni e sperimentando nuovi linguaggi, tutto ciò in rapporto ai cambiamenti generazionali e alle attese del pubblico. Sempre più importante è l’azione cinematografica nell’istante in cui avviene l’azione reale. Talvolta la rappresentazione è mediata da allucinazione, fantasticheria, inrealtà. Da una parte ci sono realistici piani sequenza, che rispettano la temporalità concreta, dall’altra ci sono stacchi, frammentazione del montaggio. Questi nuovi stili hanno uno sguardo modemo nel rappresentare nuovi oggetti: la “pazienza nel guardare” dello spettatore si accorda con l’inazione dei personaggi moderni che cercano un loro posto nel mondo, e lo sguardo moderno si riferisce anche all’indecifrabilità del reale, alla complessità del mondo che porta a una continua esplorazione di luoghi. Pluristilismo della modernità = convergenza di forze diverse: 1. Esperienze delle cinematografie internazionali + 2. Poetiche del cinema d’autore + 3. Cinema di genere L’anti spettacolarità: Roberto Rossellini e il neorealismo L’esperienza del Neorealismo si dà a vedere come uninsieme di opere e vicende cinematografiche molteplici, e non come un movimento coerente e omogeneo. Rossellini incarna uno dei casi più stimolanti. Se ci riferiamo ai suoi film di tema bellico o resistenziale, realizzati sul finire del secondo conflitto mondiale, ci troviamo di fronte a una trilogia: Roma città aperta, 1945 — Paisà, 1946 — Germania anno zero, 1948. Spinta comune ai tre film: l’urgenza del racconto della Storia. Nella trilogia si distingue un realismo improntato sull’«immagine-fatto» nel quale lo sguardo morale verso ciò che accade di fronte alla cinepresa permette la scoperta del mondo nel momento stesso in cui i fatti vengono raccontati. L’insistenza sull’uomo, sui piccoli fatti del quotidiano, talvolta slegati l’uno dall’altro, offre anche il disegno della grande pagina storica di cui sono risultato. L’anti spettacolarità del cinema di Rossellini si evidenzia sia sul versante narrativo sia sul versante dello stile, attraverso un linguaggio essenziale che apre a significati ulteriori senza indugiare sulla drammaticità dei fatti mostrati. Riproduzione di una realtà autentica e non mediata. L’improvvisazione: cinéma-verité e cinema diretto Il cinema documentario, tra gli anni ’50 e ’60, si diversifica in esperienze di differente origine e con differenti esiti, soprattutto in Usa, Canada e Francia. Il cinéma-verité si sviluppa in Francia — Jean Rouch ne è il principale esponente. I suoi documentari sono inizialmente corti e mediometraggi sulle popolazioni africane. Film simbolo del movimento > Cronaca di un'estate, 1060: girato per le strade di Parigi. Documentario/reportage in cui le persone vengono intervistate su temi generali dell’esistenza. Basato sull’autenticità e improvvisazione dei partecipanti. Macchina a mano e riprese en plein air. Negli Stati Uniti e in Canada si sviluppa invece il cinema diretto — i due esponenti, Perrault e Brault usano la cinecamera 16 mm con magnetofono portatile, che rende possibile una vicinanza diretta coni soggetti della rappresentazione. Il dispositivo a nudo: Jean-Luc Godard Godard è considerato il regista più radicale e sperimentatore, che per primo rivoluziona il rapporto tra regia e tecnologia e dà il via ad una riflessione sul dispositivo. Sperimenterà con il video, con il colore, i formati, ecc. Già dal suo primo lungometraggio, film manifesto della Nouvelle Vague, Fino all’ultimo respiro, 1965 > vediamo in evidenza i meccanismi del montaggio. Inoltre vengono reintrodotte pratiche del cinema muto, ma con una nuova potenzialità (ad esempio gli sguardi in macchina, soprattutto della protagonista Jean). Il dispositivo è incorporato nel film e nell'ambiente, come se la macchina da presa fosse data per scontata. Nei primi film avviene soprattutto in luoghi interni, poi anche nel paesaggio naturale. Pier Paolo Pasolini Esordisce nel cinema italiano a inizio anni 60, quand’era già scrittore e poeta affermato. Trasferisce l’interesse per le borgate romane e il sottoproletariato dalla letteratura al cinema. Esordisce con Accattone, 1961, primo episodio della trilogia della borgata, seguito da Mamma Roma, 1962 e da La Ricotta, 1963 — nel cinema di borgata rappresenta varie periferie romane alcune delle caratteristiche principali che lo definiscono in quanto film (trame facilmente serializzabili e creazione di mondi complessi; prevalenza del fantasy; ampio uso di effetti speciali) dipendono in larga parte dal tipo di progetto industriale di cui esso diventa il perno: in concreto, il cosiddetto franchise, e cioè la reiterazione e riformulazione degli elementi salienti di un film in altri media, dai videogiochi ai fumetti, all’animazione, attraverso pratiche diverse, senza contare, naturalmente, la logica del sequel, caratteristica del cinema postmoderno. >>> termine usato dopo la seconda guerra mondiale per indicare un prodotto che si impone sul mercato. Solitamente hanno temi e narrazioni precisi e risultati economici eccellenti. Accanto alle produzioni indipendenti e al cinema d’autore della New Hollywood, a partire dagli anni Settanta, si sviluppano queste nuove forme di cinema popolare di largo consumo. Secondo alcuni critici un prototipo contemporaneo di blockbuster è // Padrino, Coppola, 1972 con star riconosciute, ripreso da unromanzo di successo, con utilizzo di temi gangster: tutto concorre al successo. Il prototipo è invece Lo Squalo, 1975 di Spielberg, perché frutto delle strategie produttive e distributive. Anche questo è tratto da un romanzo, dunque poté sfruttare una campagna pubblicitaria televisiva. I blockbusters adottano trame facilmente serializzabili, creazione di mondi complessi, prevalenza di genere fantascientifico o fantasy, e effetti speciali. Uniscono plots poco elaborate con allusioni complesse, ad esempio il riferimento alle dinamiche familiari in E.T L’extra-terrestre, Spielberg, 1982. DALLO STUDIO SYSTEM ALLE INDUSTRIE DELL’INTRATTENIMENTO. La principale trasformazione a cui va incontro l’industria del cinema — prima in Usa e poi in Eu — nella seconda metà degli anni ’70 potrebbe essere sinteticamente descritta come una progressiva conversione della propria “vocazione”: cessa di operare come industria del film, e il film smette di essere il suo prodotto primario. Anziché realizzare singoli film, l’industria passa all’intrattenimento filmato, un business piuttosto diverso che abbraccia la produzione e la distribuzione dell’intrattenimento in una varietà di mercati. D’ora in poi la progettazione sarà segnata, sempre di più, da logiche industriali che fanno leva su due strategie principali: - Costruzione di sinergie sempre più forti con gli altri settori dell’industria - Valorizzazione dei mercati non-theatrical, quei mercati secondari alternativi allo sfruttamento commerciale del film nelle sale: quello televisivo, e a partire dai primi anni ’80 quello dell’home video Il trend che si afferma è quello di un’alleanza sempre più marcata tra singoli ambiti dell’industria dell’intrattenimento all’interno di pochi, grandi colossi > tutto nel segno di un°integrazione orizzontale all’interno di ampie divisioni dedicate a intrattenimento e comunicazione. Home Video. Come era accaduto negli anni ’50 per la televisione, anche l’home video viene inizialmente ostacolato dall’industria del cinema, che vede nei primi esempi di videoregistratori a cassetta una tecnologia parassitaria, destinata a compromettere i guadagni dalla normale circuitazione di un film. Ma già dopo pochi anni la situazione cambia e si rivela essere un alleato straordinario in grado di moltiplicare gli incassi di un film dopo il passaggio in sala. AI 2005 i profitti dell’home video a livello mondiale risultano essere 3 volte superiori a quelli del teathrical. Il postmodernismo cinematografico. Il momento simbolico del cinema postmoderno è l’uscita nelle sale di Star Wars di George Lucas (1977) perché unisce le due tendenze stilistiche principali del tempo: la prima il riutilizzo — come citazione/omaggio — di elementi del passato della storia del cinema, la seconda l’aumento del piacere fisico della visione dato da maggiori stimoli visivi e sonori (ad esempio effetti speciali). Anche il film Star Wars è un blockbuster. Il postmodemismo cinematografico può essere visto e analizzato come un sistema stilistico (aggregato di elementi a vari livelli) che ridefinisce la forma e la funzione del cinema e dei film, imponendosi come la principale tendenza del cinema internazionale degli anni ’80 e ?90. Naturalmente, non tutto il cinema di questi due decenni ricade nel territorio dell’estetica postmodernista. Ma, per l’appunto, lo stile postmoderno è ciò che più direttamente e intimamente connota la produzione cinematografica del periodo: esso è, in sintesi, i/ nuovo e il contemporaneo = uno stile organico alla condizione della società occidentale del tempo e dotato di un coefficiente di novità tale da marcare una differenza nel continuum della storia del cinema. Prima di analizzare in dettaglio le principali caratteristiche dell’estetica del cinema postmoderno, può essere utile fare una distinzione operativa: - Film postmodernisti _ postmodernismo forte - Film della postmodernità _ postmodernismo debole Film postmodernisti Opere e poetiche d’autore (Woody Allen, Brian de Palma, Ridley Scott, Quentin Tarantino, fratelli Coen) che più direttamente e con maggior coerenza artistica e consapevolezza, si fanno interpreti di un rinnovamento formale ed estetico dipendente da un’interpretazione del nuovo clima sociale e culturale. È a partire dal lavoro di questi autori che si formalizzano una serie di strategie di racconto, ripresa e montaggio, di logiche comunicative ed espressive, di modelli di rilettura della tradizione dei generi e delle forme che, come un universo diffuso di possibilità, finiscono per infiltrarsi in moltissimo cinema dell’epoca. Es. Pulp Fiction, 1994 Sul piano della messa in scena, invece, la ricerca stilistica di autori come Brian de Palma e Scorsese, caratterizzata, tra l’altro, da un marcato virtuosismo dei movimenti di macchina, esonda rapidamente nel cinema mainstream, contribuendo a formalizzare alcuni dei codici espressivi comuni al cinema dell’epoca (e trasversali ai generi e ai modi di produzione), come la tendenza a un montaggio sempre più rapido e a una variazione costante e spesso gratuita delle angolazioni di ripresa e dei punti di vista. Il cinema postmoderno dialoga con due tradizioni principali: il cinema classico hollywoodiano e il cinema moderno europeo (italiano e francese). Spesso il dialogo è inteso come omaggio, quindi in odo nostalgico e rispettoso da cinefili o storici del cinema. Può essere anche inteso come omaggio misto a parodia, o citazione stessa (come quella di Tarantino che cita il cinema orientale ed exploitation italiano ed americano). I modelli del passato sono quindi attualizzati, riscritti, rinnovati tra rispetto e rifiuto, tra serietà cinefila e ironia. C’è quindi una postmodernità influenzata sul modello spettacolare del cinema classico (primato della narrazione, divismo, appagamento emotivo) e una più “modernista” influenzata dal cinema d’autore europeo (ricerca formale, manipolazione intellettuale dello spettatore). La novità sta nel modo in cui queste due tradizioni interagiscono, che è sorprendente e talvolta contraddittorio. >>> es. Velluto blu di David Lynch (1986) riprende elementi del cinema classico utilizzati però per rivelare le contraddizioni, le zone d’ombra nascoste della continuità hollywoodiana. Il sistema classico viene deformato, l’ordine del reale viene scardinato e viene sottolineata la dimensione misteriosa e onirica. I riferimenti storici si appannano (il film sembra contemporaneamente ambientato negli anni 50 e negli anni 80) e la relazione causale tra gli eventi del plot e subplots, fino a produrre quell’atmosfera caratteristica dei film di Lynch che non è né realtà né sogno, ma dreamlike. Tre caratteristiche principali del funzionamento del testo postmoderno: 1. Spostamento del fuoco dell’attenzione dal contenuto della comunicazione all’atto del comunicare, da un vedere “diverso” alla consapevolezza di “volersi vedere” 2. Un’azione percettiva che mescola una lettura “presente” (seguire ciò che dice/mostra il film) e un’azione memoriale (riconoscere il già detto): l’intertestualità è un meccanismo di continua esplorazione del passato nel presente 3. La spiccata dimensione metalinguistica e intertestuale dei film postmoderni implica un accesso e una partecipazione al testo molto variabili, direttamente dipendenti dalle competenze dello spettatore Da metalinguaggio e intertestualità derivano fenomeni produttivi come la moltiplicazione di pratiche come il sequel, il remake, la parodia. Nasce un’estetica della ripetizione dove c’è il riferimento esplicito a uno o più antecedenti. Nascono anche opere di genere “metafilm” ovvero che raccontano la lavorazione di un film. La comunicazione metalinguistica mette in rilievo non quello che si intende mostrare ma piuttosto il fatto in sé del mostrare. Diverse strategie sottolineano questa comunicazione, ad esempio dare del tu allo spettatore. Nella narrazione ci sono rallentamenti, digressioni. La narrazione mischia una narrazione debole (personaggi e ambienti enigmatici e opachi, azioni e eventi incomplete o provvisorie) e antinarrazione (sospensione, stasi, il tempo si dilata, gli eventi procedono a rilento e la riflessione prende il sopravvento contro l’azione). I narratori postmoderni non sono più onniscienti, spesso sono anche confusi, inaffidabili nel loro compito di riordinare la storia e distinguere la realtà. La narrazione non è compromessa, perché mira comunque a soddisfare il piacere e lo spettatore non si identifica più con il personaggio, ma con lo schermo, il cinema stesso, in quanto luogo di finzione. Un esempio è il film Pu/p Fiction, in cui l'andamento è spezzato e fasi di azione (forti) si alternano a fasi di stasi (deboli). La narrazione del cinema postmoderno funziona in un regime di sovradrammaturgia, dominano le tendenze della sovrasensazione (ad esempio il gusto per lo splatter o l’eccesso di violenza) e della sovraimmagine (artifici visivi, effetti speciali). >>> la forma prende il sopravvento sul contenuto. Parallelamente si sviluppano tendenze classiciste di ritorno all’ordine, alla continuità. Si parla però di una contimuità intensificata, in cui le azioni di un personaggio principale (eroe) si svolgono in un mondo chiaro e coerente. Ne sono un esempio i film di George Lucas e Steven Spielberg, in cui torna la tradizione della grande avventura, il piacere dell’intrattenimento dato dalla spettacolarità e dal coinvolgimento emotivo dello spettatore. La differenza sta nel nuovo rapporto tra cinema e realtà: linguaggio nuovo è aperto e deformato, più fragile per quanto riguarda i criteri di spazio e tempo. Il cinema contemporaneo sembra essere in grado di elaborare un discorso che testimonia questo aggiornamento tecnologico e esprimere un pensiero legato a questa società digitale. # Accanto a un cinema digitale, si sviluppa un movimento parallelo e opposto, analogico. Esso si caratterizza per la volontà di riaffermare un legame denso, problematico e necessario tra il cinema e la realtà vissuta, presente; un cinema che cerca di aderire ai corpi della realtà, di storicizzarli e archiviarli, testimoniando della concretezza fenomenologica del reale. Il contemporaneo, inaugurato dallo shock storico delle Torri Gemelle sembra aver lasciato ai media in eredità un “problema” che il postmodernismo aveva in qualche modo risolto nell’autoreferenzialità: quello di riguadagnare all’immagine non soltanto il potere di documentare e testimoniare la realtà, ma anche di renderla presente e sensibile per mezzo dell’immagine. >> da qui l’esperienza del movimento danese Dogma95, che mira una ricerca della realtà fra stule documentario e sgrammaticature amatoriali. >> Nasce il CCC, Contemporary Contemplative Cinema, lontano dai modelli classici si concentra nell’incontro tra lo sguardo e la realtà. Figura emblematica è quella di Gus Van Sant, influenzato dal regista ungherese Béla Tarr nella tetralogia della morte — Gerry, Elephant, Last Days, Paranoid Park. In Gerry la rappresentazione vuole cogliere intensivamente lo scorrere del tempo e i corpi in movimento. I due Gerry protagonisti camminano, corrono, si dividono, si ritrovano. L’altro corpo presente è quello della natura (vento, sabbia, nuvole). Il film è un’avventura del corpo in movimento nel tempo e nello spazio. Il regista vuole così ristabilire una relazione attiva tra realtà e rappresentazione. PARTE SECONDA QUESTIONI TEORICHE AUTORE Il concetto di autore non è ben definito: è una nozione che ha una storia, uno sviluppo lungo e contrastato. Dobbiamo anzitutto differenziare il cinema europeo da quello americano. Il primo ha privilegiato spesso una relazione diretta con il pubblico, il secondo predilige una dimensione intellettuale completamente integrata nel ciclo produttivo. Come ruolo professionale: Con la progressiva istituzionalizzazione del cinema c’è anche il progressivo definire nel cinema ruoli professionali specifici. Il cinema comincia ad avere un prodotto, il film, che funziona come oggetto autonomo artistico. A questo corrisponde un’intenzione d’autore. L’autore è un soggetto non facilmente individuabile a causa del processo di differenziazione dei ruoli professionali della produzione cinematografica. Oltre le diatribe tra sceneggiatori e registi, durante gli anni Dieci a essere chiamati autori spesso sono stati anche scenografi, attori, case di produzione. Un esponente della prima avanguardia francese, Louis Delluc introduce il termine cinéaste (cineasta) a indicare chiunque sia coinvolto nell’attività cinematografica, compresi critici e teorici. Solo dagli anni 30, quando autore e regista si legano, il termine assume questa valenza. Come ruolo estetico: In questo senso l’autore è il soggetto responsabile dell’intenzione d’autore, di una volontà autoriale che ha generato l’opera. L'ascesa del regista è parallela al diffondersi di una nozione di autore inteso come artista, artefice, unico responsabile del valore estetico del film. In Francia si sviluppa nei primi anni Venti la prima avanguardia. Secondo gli esponenti se era necessaria una rivoluzione estetica, i suoi promotori dovevano essere i responsabili ultimi della creazione artistica (quindi gli autori). Abel Gance è considerato l’autore di La decima sinfonia, opera fondativa della prima avanguardia. Fu il primo film d’autore della cinematografia francese. Il primo film d’autore francese fu in realtà americano (/ prevaricatori, di Cecil B. DeMille). Come regista: La definizione a livello internazionale di autore come figura professionale del regista è debitrice della prima avanguardia francese. Percorsi analoghi avvengono anche nel cinema tedesco e sovietico. Già a metà degli anni Venti l’identificazione tra autore e regista sembra diffusa. Le discussioni si concentrano piuttosto sul ruolo che l’autore deve avere: sociale, politico, estetico. Secondo /a politique des auteurs, così definita da Truffaut in un saggio del 1955, l’identificazione non è più biunivoca: l’autore non può essere che regista, ma non tutti i registi sono autori. Secondo i critici di questa politica, il soggetto del film è la sua messa in scena. Inoltre l’opera di un autore si collega ad un insieme più grande di testi e rispetto a quest’insieme va giudicato. Come brand: La caratteristica del periodo postmoderno è la disintegrazione dell’autore, che viene “assorbito” all’interno del prodotto culturale. Il cinema d’autore postmoderno (come, ad esempio, quello di Tarantino o Wes Anderson) ha come questione fondamentale costruire sé stessi all’interno del film. La preoccupazione dei registi è costruire sé stessi come autori e come “marchi di fabbrica”. Nel nuovo assetto dei media audiovisivi anche figure non tradizionalmente autoriali possono assumere il ruolo di autore: si diffonde la produzione cooperativa, e riscritture. Riguardo al ruolo del regista, prendiamo come esempio Kill Bill Vol. 1 e Vol. 2 di Tarantino. Il regista lavora sulla costruzione di sé stesso all’interno del film. Se qualcuno lo rappresenta nel film, questo è Bill: ha il ruolo di colui che ha organizzato tutto e colui a cui tutto ritorna. Dunque l’interesse dello spettatore si sposta dal racconto narrato in sé al modo in cui la vicenda è narrata. Inoltre lo spettatore ha anche una serie di aspettative, date anche dal nome del regista, o dal genere. Il regista è consapevole che troverà concorrenza con prodotti analoghi ai suoi; dunque, ritiene necessario lo sfruttamento di un marchio. Già questo presuppone aspettative nei confronti del film. La presenza di un carattere fisso, di un elemento che etichetti il prodotto rientra nella logica del brand: a garantire sicurezza allo spettatore è il fatto che si faccia leva su una marca nota (un regista noto). GENERE Barry K. Grant definisce i film di genere come lungometraggi commerciali che, attraverso la ripetizione e la variazione, raccontano storie note con personaggi noti in situazioni note. I generi permettono di produrre in economia, raccontando “sempre la stessa storia” con variazioni. Risparmiano così su materiali narrativi e talvolta su set e costumi. Anche i divi sono specializzati in un certo numero di generi, stabilendo un rapporto privilegiato con un determinato pubblico (ad esempio il bellico per gli uomini, il melodramma per le donne). Il cinema ha ereditato i generi dal teatro e dalla letteratura. Dato che un film di genere è “un film che abbiamo già visto”, il genere è legato a fenomeni come il remake e il sequel. La ripetizione: Ci sono elementi ricorrenti, ovvero un musical ha numeri di canto e ballo, un hotror eventi spaventosi. Alcuni generi sono caratterizzati dalla collocazione spazio-temporale: un fantasy narra una storia collocata in un Medioevo fantastico. Altri si definiscono in base alla narrazione (la commedia romantica narra una storia d’amore a lietofine) all’ambientazione sociale (i gangster movies narrano le vicende di malviventi in un contesto criminale di una grande città) o allo stile (il noir è caratterizzato dal racconto a flashback e l’illuminazione contrastata). La variazione: I film dello stesso genere subiscono delle variazioni e delle trasformazioni. Ad esempio 1 film di fantascienza degli anni 50 e 60 sono film di serie B per un pubblico senza pretese, con effetti speciali economici, dove mostri o alieni distruggono le metropoli. A fine anni 60 il film 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick è a metà tra kolossal e cinema sperimentale, il genere diventa di serie A.I film di un genere possono essere classificati in base a un’infanzia, un’età adulta e una decadenza, ma non necessariamente in ordine cronologico. Oltre a trasformarsi, i generi si ibridano tra di loro: un esempio è la parodia, dove un film comico mette in ridicolo i codici di un film serio. La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock sembra un giallo. Racconta dell’indagine di un fotografo, costretto in casa dalla gamba rotta, che spiando i vicini per ingannare il tempo scopre che uno di loro ha ucciso la moglie. Con l’aiuto della sua ragazza farà giustizia. La seconda linea narrativa è la storia d’amore tra i due, contrastata dalla differenza di classe: il fotoreporter giramondo non vuole sposare una donna talmente elegante e raffinata. La prima linea narrativa finisce con l’arresto del criminale, la seconda finisce come una tipica commedia romantica: la donna invece dei soliti vestiti eleganti si mette un paio di jeans (sembra essersi arresa allo stile di vita di lui) ma quando lui si addormenta, sfoglia una rivista di moda (finale in cui i giochi si riaprono). Il WESTERN: cinema americano per eccellenza Nasce in America dalla precedente tradizione di storie e leggende sulla conquista delle terre selvagge dell’Ovest (presenti sia nella letteratura che nelle ballate folk). Nasce nel periodo muto. Il primo western può essere considerato The great train robbery, di Edwin S. Porter, che narra la rapina a un treno da parte di un gruppo di banditi, affine ai film che narrano la malavita delle grandi città. Il western diventa un genere solo negli anni Dieci, con film come / pionieri di James Cruze. Con l’arrivo del sonoro il western subisce un’involuzione. Negli anni 30 si presenta come un genere di serie B (il cui principale sottogenere è il western musicale). Negli anni 40 invece diventa un genere di prima grandezza, soprattutto grazie a Ombre rosse di John Ford.7 Fino agli anni 70 rimane un genere portante del cinema hollywoodiano, sviluppa temi e situazioni drammatiche (rapina, vendetta, duello) personaggi tipo (sceriffo, cow-boy, indiano, prostituta) e convenzioni stilistiche (panoramica del paesaggio immenso, musica dei tamburi che indica l'attacco indiano). Un film western narra una vicenda ambientata nella parte occidentale del Nord America. È stato definito il genere americano per eccellenza, perché narra il mito di fondazione della nazione. Negli anni 40 e 50 però iniziano a diffondersi film pro-indiani, che narrano il lato oscuro e brutale della conquista imperialista e lo sterminio di un popolo. Gli eroi diventano tristi, stanchi e fallibili. Il periodo classico vede western con personaggi al di sopra del nostro livello di azione mentre in quello della New hollywood la capacità di azione è simile alla nostra, è più realistica. Alcuni temi e personaggi propri del western sfociano in altri generi, come quello di avventura. Dagli anni 80 in poi il genere western cessa di esistere, anche se ci sono dei casi isolati (Django Unchained di Tarantino). - Quantoal suono la presenza di un codice è ancora più evidente per il fatto che, anche in questo caso, è una scrittura della luce a incidere su pellicola positiva la colonna sonora. Quest’ultima si presenta sotto forma di una colonna ottica ad area variabile derivata dall’impressione di segnali luminosi su un lato della pellicola. L’ontologia dell’immagine cinematografica non può essere indagata senza essere posta in relazione conle caratteristiche specifiche del dispositivo tecnico da cui deriva. Il riferimento va prima di tutto alla cinepresa o macchina da presa — all’origine di un simile dispositivo c’è la camera oscura. La macchina da presa dei Lumière > oggetto fondato sull’impiego di una pellicola 35 mme azionabile manualmente con una manovella che, ogni due giri, provoca lo scorrimento di 16 fotogrammi al secondo (contro i 24 odierni). Il cinematographe è un vero e proprio sistema tecnologico integrato che anticipa i più moderni dispositivi di ripresa in cui, parimenti, prendono avvio dal medesimo congegno, anche se in maniera immediata, le fasi di acquisizione, elaborazione e restituzione delle immagini: qualsiasi camcorder può immediatamente riprodurre quello che ha girato. L’avvento del sonoro tornerà a limitare la mobilità degli apparati di ripresa con profonde ricadute sul piano dello stile e dell’estetica filmica: per neutralizzare il ronzio, facilmente captabile dai primi microfoni — non ancora direzionali — la cinepresa viene posizionata all’interno di vani insonorizzati che, pur dotati di ruote, impediscono di fatto le carrellate, senza contare che tutto ciò costringe gli attori a muoversi innaturalmente e a recitare scandendo ogni sillaba. Con l’esplosione del secondo conflitto mondiale le necessità belliche richiederanno un nuovo tipo di macchina da presa speciale > si diffonde dal 1936 la Anni della Arriflex, una macchina leggera, fatta a posta per le riprese a mano e per l’impiego in esterni. L’irruzione del postmoderno imporrà, quindi, la ricerca di un’îimmersività che troverà espressione in quel “bagno di sensazioni” in cui molto cinema contemporaneo si prefigge di calare lo spettatore ricorrendo a una serie di innovazioni tecnologiche contraddistinte, oltre che sul piano sonoro dall’avvento del sistema Dolby — inaugurato nel 1977 da Guerre stellari — dall’uso di nuovi sistemi di ripresa - Steadycam: emblema della tecnologia che, a partire dagli anni ’80, si è sviluppata attorno al corpo. Strumento che consente di correggere le oscillazioni della tradizionale “macchina a mano” dando vita a movimenti impersonali e fluidi > Shining, Kubrick, 1980. - Virtual camera: sistema funzionale a simulare i movimenti di macchina all’interno di ambienti costruiti al computer > Avatar, Cameron, 2009. - Sistema 3D: tecnica impiegata dal cinema degli anni Cinquanta — periodo durante il quale il grande schermo deve rispondere alla concorrenza proveniente dalla televisione approntando ‘una serie di escamotages atti a valorizzarne la visione “in grande”. Dopo un revival negli anni Settanta e Ottanta, le indagini tecniche proseguirono negli anni ’90 con il sistema Imax 3D e quindi, conil nuovo millennio, con l’introduzione di apparati di ripresa digitali impiegati nella direzione di una naturalezza della rappresentazione opposta alla logica dell’effetto speciale. POPOLARE Cabiria, Pastrone, 1914 — Nascita di una nazione, Griffith, 1915 Concepiti entrambi come grandi dispositivi spettacolari dal sapore vagamente epico, a distinguere i due film da una prospettiva assolutamente macroscopica c’è soprattutto il ritmo. Griffith utilizza il cinema per dare forma alla concezione del mondo in un paese in ascesa, dinamico, multietnico, capitalista. I quattro grandi nomi della nascente Hollywood che fonderanno assieme la United Artists, erano nati in angoli remoti dell’impero e venivano da famiglie e situazioni economiche problematiche. Chaplin: famiglia di saltimbanchi. Mary Pickford era nata a Toronto. Douglas Fairbanks veniva da Denver. Griffith proveniva dal profondo Kentucky e aveva abbandonato gli studi giovanissimo per mantenere la famiglia dopo la morte del padre. Giovanni Pastrone, come molti dei suoi colleghi, aveva ricevuto un'istruzione regolare, come si conveniva a una famiglia borghese dell’epoca. Diplomatosi al conservatorio si trasferi a Torino per prendere parte all’orchestra del Teatro Regio e da lì poi passò al cinema. Sono sufficienti questi pochi cenni biografici per comprendere le ragioni che spinsero Pastrone a chiedere a D'Annunzio una legittimazione culturale per un film che — per essere un “capolavoro” — necessitava dell’imprimatur di “opera d’arte” al fine di accreditarsi presso l’audience nazionale, tanto quella borghese quanto quella popolare. SPETTATORE Il modello di spettatore affermato nel processo di istituzionalizzazione del cinema (con la creazione delle sale) è quello di uno spettatore mesmerizzato, che si immerge nei mondi fittizi che i film costruiscono. Il cinema è visto a volte come strumento di persuasione e manipolazione, con spettatori passivi in balia dei film, soprattutto bambini, donne, o immigrati. I Payne Fund Studies raccolgono un volume sugli effetti deleteri del consumo di cinema nei bambini e negli adolescenti, in generale dei mezzi di comunicazione. Nei successivi anni si sviluppano due linee di ricerca sulle audience: le ricerche empiriche sul pubblico (ampiezza, composizioni, frequenza, abitudini di consumo) e quelle di carattere teorico che molti classificheranno come speculative, dove il sondaggio punta a guidare investimenti e scelte delle majors (anni 40). Dagli anni 60 ci sarà un “ritorno del rimosso”: il superamento della censura (che comprometteva le ricerche sulla spettatorialità) e la rilevanza della psicoanalisi con cui si esamina l’esperienza dello spettatore. La storiografia individua due nuclei sul dibattito dell’esperienza di visione: gli studi sull’apparato (condizioni di produzione e fruizione) e gli studi sul dispositivo (strategie di coinvolgimento dello spettatore). Entrambe danno l’immagine di uno spettatore modellato dalle condizioni della visione, indotto a identificarsi coni mondi che i film rappresentano. Le teorie del dispositivo sono nostalgiche del tipo di cinema in cui l’esperienza visiva era intensa e coinvolgente: ora non lo è più a causa della trasformazione degli spazi di fruizione e la crisi dei testi. SERIALITÀ Per serialità intendiamo da un lato la forma produttiva di tipo fordista, quindi legata alla produzione identica di ogni pezzo grazie alla catena di montaggio, dall’altro alla capacità di scomporre una materia narrativa in diversi nuclei tematici riproponendo situazioni e personaggi ma inserendo man mano novità per rinnovare l’attenzione del pubblico. In ambito prima cinematografico e poi televisivo, nasce per ragioni economiche, per poi rendersi conto che serializzare i racconti mantiene vivo l’interesse degli spettatori, curiosi di sapere cosa succederà dopo, affezionati ai personaggi. A metà 800 la serialità si afferma in letteratura con la stagione del feuilleton (ospita romanzi a puntate). Negli anni Dieci del 900 nascono opere con struttura episodica, che si interrompevano proprio in momento di tensione, e riproponevano stessi ambienti, personaggi, situazioni. Questo permette di limitare alcuni costi (riciclo set, uso stessi attori) ma anche di inserire novità e invenzioni (episodi speciali, omaggi). In televisione: Comincia a partire dagli anni 80 con la serie Hil/ Street giorno e notte, narrazione “multistrand”, quindi multilineare, che affronta più vicende contemporaneamente. Inizialmente il concetto di serie era quello di episodi autoconclusivi uniti solo da personaggi fissi. Il nuovo modello invece coincide con la sospensione della narrazione e la flessibilità dei personaggi tipica delle soap opera. Negli anni Duemila il concetto di serie è ibrido: alcune questioni si risolvono nel singolo episodio (anthology plot: storia centrale con autonomia), altre invece si prolungano per più episodi o per tutta la stagione (running plot) che sfruttano il potenziale drammatico e il coinvolgimento spettatoriale. AI cinema: Il cinema è influenzato da alcune modalità del racconto televisivo. La serialità cinematografica degli anni 80 consisteva in un gruppo di film in cui gli episodi erano indipendenti ma cerano dei rimandi e solitamente restava fisso il personaggio principale (Rambo, Rocky). C’è un rapporto tra un film e l’altro della serie, ma non sono uno la continuazione dell’altro: sono piuttosto ‘una nuova storia, e possono essere visti in ordine non cronologico. A metà degli anni 80 si diffondono due tipi di serialità: uno in cui ogni episodio è una risoluzione parziale del precedente, concludendosi in modo aperto rimanda all’episodio successivo (Ritorno al futuro) e uno in cui la narrazione è “un unico film” distribuito in due puntate concatenate, cronologicamente ordinate (Ki// Bilf). A_ queste formule aggiungiamo l’insieme di riuso dei nuclei: sequels, remakes, spin-offs, crossovers, reebot. Un caso particolare è quello di Star Wars di Lucas: saga di fantascienza iniziata nel 1977. Composta da una trilogia a cui ha fatto seguito una seconda serie di tre film (posti come prequel) e a cui seguirà un’altra trilogia e uno spin-off. Sequel: storie con personaggi già noti al pubblico ma con vicende cronologicamente successive a quelle già narrate. (Z/ Padrino) Remake: l’originale viene utilizzato come materia prima della narrazione, ma adattato a un nuovo contesto culturale e a nuovi spettatori, che sono sedotti da trame soltanto apparentemente attuali. (King Kong) Spin-off: l’utilizzo di un personaggio secondario di una serie come protagonista di un nuovo prodotto. (Angel: spin off di Buffy l'ammazzavampiri) Crossover: sovrapposizione di due personaggi che appartengono a prodotti diversi (Alien vs. Predator) Reebot: Il pubblico attirato da altre forme di entertainment (videogiochi, web, 3D) perde interesse dai prodotti inizialmente di buon successo, così questi vengono adattati alla nuova audience riscrivendo eventi già raccontati in altre sequenze di racconti (fumetti, film, serie) come Basman Begins di Nolan che riscrive il personaggio di Batman ignorando la saga precedente di Tim Burton. Un altro caso è quello di film ispirati a serie TV e serie TV ispirate a film. Nel primo caso il piacere dello spettatore è di ritrovare qualcosa di già noto, dandogli un episodio nuovo, spesso un prequel. (7 Nasce la politica degli autori con l’articolo di Truffaut “Ali Baba e la politica degli autori”. La politique applica la categoria di autore su terreni inediti, dove si vedeva inizialmente soltanto mercato, industria (come nel cinema hollywoodiano). Anche artisti europei sono al centro del dibattito, tra questi Becker (Truffaut prende le difese di un suo film minore). Espone le caratteristiche della politique: 1. Il volontarismo dell’amore: si basa sulla visione ripetuta del film e l’intimità con il film. Il film va amato, e per farlo occorre seguire una procedura: bisogna guardarlo più volte, a distanza ravvicinata allo schermo, e poi discuterlo a fine proiezione. Non bisogna provare piacere per alcuni film, ma farseli piacere. 2. Il dovere di seguire l’opera nel suo farsi: l’oggetto da amare non è il solo film, il solo apprezzamento estetico, ma anche tutto il lavoro che c’è dietro. Inoltre occorre considerare il corpus delle opere, e non il singolo film, quindi occorre considerare l’autore stesso. 3. Il concetto di messa in scena: il contenuto del film non ha un valore assoluto. La messa in scena è un linguaggio comune, una lingua in grado di superare le differenze specifiche tra culture, uno strumento espressivo universale. Nella cultura digitale nascono blogger e critici del web. La conseguenza è una commistione di tipologie discorsive, e una disarticolazione della dispositio tradizionale, nascono modelli nuovi e le scelte lessicali sono basse e colloquiali. Su siti come Amazon e MYMovies ci sono recensioni di utenti comuni e critici non professionisti ma anche di expertise tradizionali. Questo processo consiste in una deistituzionalizzazione della critica, tanto che alcuni scettici la credono scomparsa, mentre per altri il lato positivo è che il web ha generato l’avvicinamento di tanti utenti al discorso critico. SONORO Anche se il film è percepito come un medium visivo, il 50% dell’esperienza cinematografica è uditiva. È più evidente per lo spettatore moderno, grazie al Dolby System e al THX, ma lo è anche per uno spettatore del 1905 che è accolto in una sala chiassosa, che ascolta le parole di un imbonitore e la musica di orchestre o pianisti di sala. La componente sonora è stata sempre più coinvolta poi dalle modificazioni tecnologiche. Il sonoro si è subito imposto come una componente fondamentale della politica del blockbuster e la personalità dei sound designers si è fatta sempre più importante. Inizialmente con il cinema muto, si pensava che il primato del film fosse visivo. Si ha poi un cambio di prospettiva quando si diffonde la concezione di esperienza filmica come audioviewing. Nel cinema moderno ogni battuta di dialogo è manipolata o registrata successivamente, ci sono microfoni più sensibili ecc. Il suono abita uno spazio che è quello dell’immagine, pur interferendo con essa. Il suono contribuisce inoltre a guidare lo spettatore in un’esplorazione visiva dell’immagine in qui uomo e voce sono al centro e i rumori e la musica hanno una funzione narrativa. Oltre all’ascolto visualizzato, ossia i suoni in, sincronizzati a una sorgente sonora che l’inquadratura sta mostrando in contemporanea, il vero regno del suono è fuori campo. Il fuori campo diviene attivo grazie al suono, rende lo spettatore consapevole dei limiti del suo sguardo e nasce in lui il desiderio di superarli, soprattutto quando il suono è off (fuori quadro) e sta per far apparire la sorgente nella prossima inquadratura. I suoni over invece provengono da una sorgente esclusa dal campo visivo dello spettatore: parliamo quindi della voce di un narratore (ad esempio la voce maschile nitida in Jules et Jim di Truffaut, oppure in Rapina a mano armata di Kubrick dove la voce orienta lo spettatore in una serie di flashback e sequenze parallele) oppure della musica. Le inquadrature sonore (definite talvolta suoni on) sono illusioni: il suono non può letteralmente essere inquadrato. L’inquadratura sonora è risultato di montaggio con l’immagine che porta ad associarla o meno a un oggetto. La riflessione si sposterà su un ruolo di suono e immagine in cui le due componenti si condizionano reciprocamente. Eppure il suono filmico eccede l’immagine, è inafferrabile, sfugge, e spesso la voce filmica ha un potere misterioso e ipnotico. TEORIA Il cinema si presenta dalla sua nascita accompagnato da molti brevi interventi occasionali: questi testimoniano da un lato il suo immediato radicamento, dall’altro l’esigenza di dare un senso socialmente condiviso a questo nuovo oggetto di esperienza. Può trattarsi di interventi che affrontano interessi pratici, oppure testimonianze dei primi spettatori, soprattutto di giornalisti e scrittori. Dagli anni Venti in poi nascono interventi di giornalisti, organizzatori culturali, scrittori e registi nella riflessione sul cinema. Questo perché nasce la forma del lungometraggio, viene accolto in sale attrezzate per la proiezione e quindi acquisisce maggiore visibilità sociale. Inoltre viene riqualificata la figura ottocentesca dello studioso o del letterato nel nuovo ruolo di “intellettuale”. Soprattutto Futurismo e Surrealismo incideranno sulla teoria del cinema. Le riflessioni di questo tempo sono considerate moderniste, perché esaltano la capacità del cinema di riformulare il reale attraverso le moderne tecnologie della percezione. Le forme del discorso sono quelle di articoli su quotidiani o riviste, alcuni volumi in riviste specializzate, i temi possono essere riassunti in tre linee principali: 1. La prima ondata di studi è caratterizzata dall’annettere il cinema nel campo estetico, legittimandolo quindi come forma d’arte. Alcuni sostengono che sia in grado di conciliare arti plastiche con musica, altri che il cinema è una forma d’arte a sé, con caratteristiche proprie, un’esperienza inedita. Un primo gruppo di studiosi si concentra sul fatto che il cinema esternalizza e rende oggettivi movimenti interni e soggettivi della coscienza e del pensiero. Un secondo gruppo invece compie studi “rivelazionisti” e pensa che assistere all’esperienza filmica è assistere a un’esteriorizzazione epifanica di aspetti segreti e invisibili del mondo reale. In entrambi i casi il cinema coinvolge i sensi, l’intelletto, le emozioni dello spettatore, è visto come un dispositivo artificiale che regola rapporti tra soggetto e oggetto. 2. la seconda ondata di studi si concentra sul fattore estetico: il cinema ha un linguaggio dotato di regole, norme, grammatiche specifiche. Per la scuola dei formalisti russi il film assume la piatta realtà fotografica delle immagini e la manipola con procedimenti artificiali di carattere tecnico stilistico. Si oppone alla teoria rivelazionista perché non è il reale che si rivela attraverso l’inquadratura, ma il linguaggio cinematografico che esprime il reale attraverso il montaggio. 3. la terza ondata di studi si distacca sia dalla preoccupazione estetica che da quella linguistica, ma si concentra sul ruolo del cinema nella società, il suo statuto sociale e di mezzo di comunicazione. Secondo Walter Benjamin il cinema va distinto tra dispositivo tecnologico e medium. Per medium intende condizioni storiche, culturali, tecnologiche che determinano l’esperienza percettiva dei soggetti sociali. Il secondo dopoguerra è caratterizzato da due fenomeni principali: il cinema che riflette su sé stesso e sulle proprie capacità di riproduzione del reale e sul tipo di piacere che suscita, e la riflessione sul cinema che si istituzionalizza all’interno di università e centri di ricerca. 1. Nel primo caso il gruppo di teorici e critici è quello del Cahiers du cinéma. Il fondatore, Bazin, esalta il rapporto privilegiato del cinema con il reale rispetto alle altre arti. 2. Nel secondo caso nasce la filmologia, tentativo di inserire il cinema tra gli oggetti di studio accademici. La filmologia coinvolge psicologi, psicoanalisti, sociologi, antropologi. La riflessione sul cinema si definisce nel dialogo con una rete di nuove discipline o di discipline rinnovate: semiotica, sociologia, psicoanalisi, filosofia politica. Ad esempio sul versante della critica ideologica l’influsso principale proviene dalla revisione di Marx. Il cinema è visto come macchina di produzione e riproduzione di ideologie, per i contenuti che veicola e per la sua natura di prodotto della tecnologia capitalista. A questi studi si aggiungono i Feminist Studies (ad esempio gli studi della Mulvey). Riguardo al dibattito anglosassone negli anni 80 si sviluppano gli studi culturali che si dedicano particolarmente al ruolo della cultura pop, dei media e del cinema. La figura di spettatore risente delle determinazioni culturali, c'è un nuovo interesse per lo spettatore in quanto soggetto sociale e per la sua esperienza. Negli anni 90 del 900 si conferma la natura istituzionale della ricerca, evidenziata dallo spostamento dei Film Studies dalla teoria alla filosofia del film, e ritorna un interesse per l’approccio estetico del cinema. Inoltre il cinema “sparisce” come istituzione determinata e riconoscibile con i nuovi devices digitali (film visti non solo al cinema, anche in tv, a casa). La conseguenza è l’individualità dell’oggetto film e la relazione che lo spettatore ha con esso. I tre punti principali del dibattito contemporaneo sono: 1. La definizione del cinema, i criteri che lo definiscono nell’universo dei media contemporanei. Da un lato il cinema nelle nuove culture digitali è visto come un segno positivo perché il cinema ha trasmesso molte delle sue componenti, dall’altro si pensa che il digitale trasformi l’esperienza dello spettatore. 2. La relazione tra cinema e corpo: importante è la riflessione di Deleuze. Il cinema classico pone al centro le relazioni cronologiche e causali tra le immagini, la percezione legata all’azione si manifesta nel movimento. Il cinema moderno va oltre questo modello e il nesso tra percezione e azione è rotto, si parla di passati, presenti, futuri molteplici. Deleuze afferma che il film va considerato in quanto corpo, è un oggetto/soggetto in grado di rappresentare sé stesso e svolgere un’esperienza percettiva. Anche lo spettatore è un corpo che svolge un’esperienza percettiva e la esprime a sua volta. Dunque nella visione di un film sono coinvolti due soggetti attivi. 3. La teoria del cinema, la sua storia. Dalla fine degli anni 70 cominciano a essere compilate antologie di teoria e critica del cinema. Dagli anni 90 nasce una riflessione sulla teoria del cinema. I testi più recenti abbandonano la ricostruzione storica del dibattito e privilegiano una ricostruzione archeologica e una valutazione delle teorie del passato. CINEFILIA La cinefilia è amore per il cinema, per la storia del cinema e il mito del cinema. La conoscenza della storia del cinema distingue il cinefilo dal semplice simpatizzante, e presuppone una competenza. Il mito del cinema inteso come il cinema come mezzo espressivo unico, un’arte del tutto originale.
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