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Il Cinquecento, i Carracci e Caravaggio, Appunti di Storia dell'Arte Moderna

Appunti sugli artisti più importanti del 500' italiano

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 15/07/2020

fla.vv
fla.vv 🇮🇹

4.2

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Scarica Il Cinquecento, i Carracci e Caravaggio e più Appunti in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! STORIA DELL'ARTE MODERNA 18/03 I CARRACCI E CARAVAGGIO Da ricordare i caratteri della controriforma (austerità, semplicità, chiarezza). Concilio di Trento (seconda metà del 500'). Il decreto sulle immagini sacre è del 1563. L'arte della Maniera non è adatta alla diffusione del messaggio religioso, per via della sua complessità. Un altro elemento che manca alla Maniera è l'intensità emotiva, il coinvolgimento. I vescovi devono supervisionare il lavoro degli artisti. A Bologna, il vescovo (cardinale Gabriele Paleotti) nel 1582 scrive un libro, un contributo, intitolato "Discorso sulle immagini sacre e profane". Il cardinale era in stretti rapporto con artisti e scienziati bolognesi, ed oltre a essere vescovo era anche un teologo e un letterato. Paleotti ricalca ciò che avevano detto i teologi nel decreto del 1563, ciò che le nuove immagini sacre devono trasmettere pietà, modestia, santità e devozione. Queste indicazioni coinvologno pittori, ecclesiastici e analfabeti. Sempre nel 1582, tre cugini (Ludovico , Agostino e Annibale Carracci) fondano l'Accademia degli Incamminati. Si tratta di un'accademia simile a quelle odierne. Non si tratta di una bottega, bensì una vera e propria scuola dove la materia principale era la pittura (imparare a disegnare, dipingere affreschi, murali), ma allo stesso tempo si studiava la prospettiva. All'interno dell'accademia si disegnava "dal vero", c'era un approccio diretto e autentico con il vero. I pittori della Maniera invece studiavano sui testi figurativi, guardando ai grandi del passato. All'accademia, oltre allo studio dal vero, si affiancava lo studio dei grandi del Rinascimento (non si basavano solo su di loro). Gli artisti più amati dai tre cugini sono i veneti cioè Tiziano (colore), Tintoretto e Veronese (composizione scena, atmosfera, colore) e anche i toscani come Raffaello (grazia, equilibrio) e Michelangelo (studio della figura umana) ma anche Correggio (sensualità figure). Uno dei punti chiave della ricerca dei Carracci e degli artisti di questi anni è la volontà di coinvolgere, attrarre lo spettatore e comunicare direttamente col pubblico. I racconti sacri devono diventare immagini universali. I Carracci avevano una profonda religiosità religiosa ed erano molto attenti alle indicazioni di Paleotti. Il caposcuola, guida del gruppo era Ludovico, che rimarrà sempre a Bologna e che dedicherà la sua vita all'Accademia e ai suoi studenti (Domenichini, Francesco Albani, ...). Questi ultimi, a Roma, realizzeranno imprese decorative che diverranno dei modelli. Ludovico sarà molto importante anche per il Guercino. ANNUNCIAZIONE (Ludovico Carracci) del 1584 Si trovava nell'oratorio di San Giorgio in Poggiale (Bologna). Soggetto classico, Maria inginocchiata davanti al leggio davanti al quale si inginocchia Stanza di Maria, luogo semplice, spoglio, cestino da lavoro, letto e finestra da cui entra una colomba (Spirito Santo). Umanità molto semplice. Questo quadro doveva essere collocato dove si faceva catechismo, per questo i personaggi sembrano così giovani. Molto naturali gli effetti gli effetti di luce. I colori sono naturali, giocati sulle terre (lontani da quelli cangianti e irreali di Michelangelo e della produzione di Rosso e Pontormo). Altro elemento interessante è il luogo in cui avviene l'incontro: Ludovico accentua la vicinanza tra lo spettatore e la scena con un elemento già presente nei suoi dipinti, cioè Bologna oltre la finestra (contestualizzazione dell'avvenimento sacro). PALA BARGELLINI (Ludovico Carracci) del 1588 La Vergine, nella parte destra della tela, abbraccia il Bambino, piega la testa e ooserva lo spettatore. Gli angioletti sopra di lei stanno per incoronarla. Accanto ai Santi, sotto la Vergine si trova Santa Chiara con il volto della committente (posizione tipica in preghiera e di profilo). Accanto a lei c'è Maddalena con in manto l'attributo del vasetto di unguenti, e sta indicando il fedele che osserva. Anche San Domenico, all'estrema sinistra, osserva lo spettatore. La Vergine ha un atteggiamento poco formale, tiene stretto il bambino (atteggiamento per i sentimenti). Colori naturali che richiamano quelli di Tiziano. Varie fonti di Luce nonostante il tramonto sullo sfondo. Quest'opera prende a modello un'opera cardine della produzione di Tiziano, cioè la "Pala Pesaro": -entrambi sono quadri che fanno riferimento al committente; -Vergine sostata dal centro; -angioletti al di sopra della composizione; -architettura "tagliata"; -attenzione per i sentimenti, per la naturalità degli atteggiamenti; Ludovico accentua la partecipazione dello spettatore con personaggi che guardano verso di noi e Bologna sullo sfondo. SACRA FAMIGLIA CON SAN FRANCESCO E DONATORI (Ludovico Carracci) del 1591 Pala d'altare che si trovava nella Chiesa dei Cappuccini a Cento. Opera importante per il Guercino (realizzata nel suo anno di nascita). L'opera è citata da Carlo Cesare Malvasia, biografo degli artisti bolognesi di questa epoca. Nel 1678 pubblica la "Felsina Pittrice", una raccolta di vite degli artisti bolognesi tra cui anche Ludovico e Guercino. E' una delle fonti principali per la conoscenza del Guercino. Malvasia parla di questo quadro, dicendo che Guercino la considerava la sua "cara zinna" (letteralmente "mammella") ovvero il quadro da cui ha ottenuto la "linfa artistica". Quest'opera gli insegna quegli elementi che si impongono poi nella sua produzione. Collocazione della Vergine frontale e sopraelevata. Questa guarda San Francesco che sta indicando i committenti, marito e moglie (i coniugi Piombini), nell'angolo inferiore destro del quadro. Di fronte a San Francesco, l'uomo anziano è San Giuseppe che guarda come rapito la Madonna. Dietro di lui, degli angeli dialogano tra loro. Tutti questi sguardi calcano la volontà di comunicazione. Figure imponenti ma con atteggiamenti informali. Chiarosculi tipici di Ludovico. Luce molto simile a quella di Caravaggio, ma non sappiamo con certezza se i due artisti mai si incontrarono. Atmosfera che richiama quella veneta, ma rielaborata in chiave naturalistica. Altro protagonista di quest'epoca è Annibale Carracci, che ha avuto un percorso diverso. Aveva 5 anni circa in meno di Ludovico, era cresciuto a Bologna. Annibale va a Parma per studiare i grandi artisti del rinascimento, si confronta col cugino ma ha un atteggiamento più curioso, più sperimentalista. Influenzato dalle pitture del nord (stampe nordiche). I Carracci furono tra i primi a diffonndere generi già conosciuti altrove, come quello dei paesaggi e della scena di genere. Il teorico del gruppo, colui che si dedica di più allo studio e all'incisione è Agostino. IL MAGIAFAGIOLI (Annibale Carracci) del 1583 Dipinto che rappresenta il pasto di un contadino. Tavola su cui si possono riconoscere pietanze umili (brocca con vino, zuppa di fagioli, porri, funghi, pane). La finestra sulla destra ha un vetro rotto. L'abbigliamento indica uno stato sociale basso. L'uomo stringe il pane e osserva lo spettatore con sospetto. Sembra una scena presa dal vero, senza la volontà di distorcere la realtà o di comicizzare il soggetto (a differenza per esempio di Passerotti e delle sue immagini grottesche). Volontà di documentare un momento, così come avviene per: LA BOTTEGA DEL MACELLAIO (Annibare Carracci) del 1585 Quadro molto grande, detta una pala d'altare laica. Celebrazione, documentazione del lavoro. I personaggi nella macelleria stanno svolgendo il loro lavoro, fanno tutti cose diverse. Sull'estrema sinistra, una figura strana ede eccentrica potrebbe essere un soldato. Sullo sfondo c'è una cliente anziana e in alto a destra un foglietto su cui sono annotati i prezzi della carne. Non si sa la collocazione originale di questo quadro, si è ipotizzato che il dipinto fosse stato realizzato per su committenza di un'importante famiglia di macellai bolognesi, i Canobi. Si pensa anche che il quadro fosse destinato alla sede della compagnia dei macellai. Nel 1627 l'opera si trovava nella collezione Gonzaga a Mantova. Annibale mantiene i caratteri della pittura del cugino (colori naturali e terrosi, rappresentazione di scene quotidiane). Annibale realizza il primo quadro di paesaggio moderno: FUGA IN EGITTO (Annibale Carracci) del 1603-1604 Non si tratta di una veduta, di un paesaggio riconoscibile, bensì di un paesaggio costruito a tavolino. Al centro si trova la sacra Famiglia, che non ha la centralità vista in altre versioni, bensì è un qualcosa in più. Annibale realizza il paesaggio e la città fortificata facendo un collage di elementi naturalistici (fiume, montagna, bosco, colline..). Questo quadro battezza la fortuna del genere "paesaggio ideale". A Roma, Annibale lavora anche per la famiglia del Papa, la famiglia Aldobrandini. Nel 1594, Annibale si trasferisce a Roma, dove questi insieme ad Agostino accetta l'invito del cardinale Odoardo Farnese. Quest'ultimo, cardinale tirannico, commissiona ad Annibale la decorazione della volta della Galleria di Palazzo Farnese a Roma (oggi ospita l'ambasciata francese). La volta rappresenta uno dei modelli più impoertanti per la Roma barocca. Annibale affronta questa impresa insieme ad Agostino, col quale però poi litiga. La Galleria doveva ospitare la collezione di statue della famiglia Farnese, una tra le più grandi collezioniste. La volta aveva come tema l'Amore, che vince sopra ogni cosa e che in questo caso riprende le storie degli amori degli Dei. Queste vengono prese dalle "Metamorfosi" di Ovidio, tempo molto in voga tra gli artisti Scena definibile "di genere". Una zingara ferma un gentiluomo per proporgli una lettura della mano, ma è solo una scusa per sfilargli dal dito un anello. L'atteggiamento della donna è seducente, vuole attirare la sua attenzione. L'uomo ricambia lo sguardo senza accorgersi di quello che succede. L'immagine è troppo piccola per far notare il disegno dell'anello, ma le indagini diagnostiche lo hanno svelato. Forse in origine si vedeva un brillo di luce. Racconto di un inganno, come quello dei Bari. Anche questo è un quadro in chiaro. I personaggi sono vestiti come conteporanei. Rapporto immediato che suscita coinvolgimento. Una radiografia mostra la figura di una Madonna in preghiera, il che significa che si tratta di una tela già parzialmente usata. Tela reciclata. La Madonna è anch'essa opera di Caravaggio. Possiamo dire che la Madonna è opera dello stesso pittore poichè Caravaggio è uno dei pochi pittori che utilizza le incisioni, anzi è praticamente il solo. Gli stessi pittori che imitano Caravaggio non le utilizzano. L'aureola della Vergine coincide con l'incisione sulla spalla del gentiluomo. CANESTRO DI FRUTTA (1599) Commissionata dal cardinale del Monte per essere data in dono al carinale Borromeo. Natura morta senza altre figure, il realismo è stupefacente e piacque moltissimo al cardinale. Il canstro sporge in avanti, in una posizione un po' precaria che si ritrova anche in altre composizioni. Si tratta di annotazioni che probabilmente piacevano a Caravaggio, forse per il desiderio di far "uscire" dal quadro gli oggetti. Nella nature morte, indicate come "vanitas", sono presenti simboli di morte come teschi o clessidre, in questo caso Caravaggio inserisce una mela bacata. E' da tenere conto che in generale la frutta non trattata è spesso imperfetta, quindi non si può dire con certezza che sia un simbolo. Idea compositiva nuova, moderna (foglie sulla destra non bilanciate). SANTA MARGHERITA (1599) di Annibale Carracci Quando quest'opera fu scoperta, Caravaggio resta affascinato da quest'opera, la osservò a lungo dicendo "mi rallegro di vedere al mio tempo un altro pittore". Dichiara la sua ammirazione per Annibale, che come lui è un naturalista, un artista che guarda al vero. La rappresentazione della natura in cui è immersa la Santa, rappresentata come una fanciulla dell'epoca, con abiti anch'essi del tempo, è un paesaggio della campagna romana. Guarda verso lo spettatore, appoggiata ad un'ara antica, ed indica il cielo col dito. Definizione di BAROCCO: le possibili orginidi di questa parola hanno a che fare con un certo tipo di sillogismo (o ragionamento) capzioso, fantasioso, oppure dal termine francese "baroque" o dal termine castilliano "barueco". Entrambi questi termini stranieri indicano una perla di forma irregolare. In entrambi i casi c'è una nota negativa. Gli studiosi, riguardo alle date d'inizio di questo periodo, non sono tutti d'accordo. Si parla di Barocco già con Bernini. Altri dicono che il Barocco inizi con l'anno giubilare, nel 1600 (ovvero quando Annibale sta finendo la volta di Galleria Farnese e quando Caravaggio sta relizzando la Vocazione di San Matteo). Vedi Matteo Contarelli, che aveva lasciato delle disposizioni per la decorazione della sua Cappella. Aveva pensato ad un artista lombardo, Muziano(?) che però non si prenderà questo incarico, che passerà a Caravaggio. Egli promette di finire i due quadri entr un anno circa (Vocazione di San Matteo e Martirio di San Matteo). Questi ultimi sono quadri di grandi dimensioni, molti più impegnativi delle opere realizzate in precedenza. La commissione ha a che fare sicuramente col nome del commitente, amministratore della curia romana (sceglie un personaggio che inizialmente era un esattore delle tasse). VOCAZIONE DI SAN MATTEO (1599-1600) di Caravaggio Cristo entra insieme a San PIetro nell'ufficio della gabella(?) per chiamare al suo fianco Matteo. Gesù fa lo stesso gesto con la mano del Padre nella Cappella SIstina. Matteo, in mezzo al gruppo, è il personaggio barbuto col cappello nero che indica se stesso con fare interrogativo. Verso di lui si riversa la luce proveniente dalla parta alle spalle dei due Santi. Questi due portano la luce di Dio. Intorno al tavolo Caravaggio aggiunge due giovani vestiti con abiti coerenti alla moda del tempo che guardano verso Cristo, mentre affianco a Matteo c'è un uomo anziano con gli occhiali che a sua volta che osserva il giovane seduto che mette in ordine le monete. Il gruppo di sinistra è vestito come uomini del tempo di Caravaggio, mentre Cristo e San Pietro indossano abiti tradizionali antichi. In ordine di tempo, questa è una delle prime opere in cui si trovano molte incisioni. Gli studi dicono che forse Caravaggio aveva iniziato prima il Martirio di San Matteo. Quest'ultima era stata radiografata, scoprendo un'altra composizione che però rappresentava sempre il Martirio. Era stato inizialmente realizzato diversamento, con un numero maggiore di figure e più piccole di quelle finali. Sulla sfondo era stata abbozzata una struttura architettonica. Per qualche ragione, l'artista abbandona questa prima idea, passa all'esecuzione della Vocazione e poi ritorna al Martirio. Forse le figure erano troppo piccole e lo sfondo ampio e urato erano troppo distante dalle sue abitudini. Caravaggio decide di rappresentare il momento precedente al quale il carnefice uccide Matteo. Quest'ultimo stava celebrando la messa, ma il re di Etiopia manda un sicario per farlo uccidere. Matteo è riverso a terra, il carnefice affera il suo braccio, ed è seminudo perchè faceva parte del gruppo di fedeli in attesa di essere battezzato. C'è un angelo in alto sulla nuvola, che sta allungando la palma del martirio. Tutt'intorno le figure (vestite in abiti contemporanei) osservano sconvolti la scena e tendono ad allontanarsi dal centro della scena. Un ragazzo sulla destra sta gridando e fugge di corsa. Quest'immagine avrà molta fortuna. Le espressioni dei personaggi trasmettono la drammaticità del momento. Sullo sfondo, Caravaggio realizza un suo autoritratto che osserva la scena con disgusto. Questa composizione sembra quasi richiamare un episodio di violenza dell'epoca, una delle tante a cui l'artista aveva probabilmente partecipato. SAN MATTEO E L'ANGELO (prima versione per la Cappella Contarelli, distrutta) A Caravaggio viene chiesto di rappresentare una pala per l'altare, sempre con San Matteo. Per primo, Caravaggio relizza un quadro con San Matteo, nell'atto di scrivere il Vangelo, con l'angelo che lo aiuta fisicamente nell'opera. Secondo le fonti, quest'opera non piace, viene rifiutata e poi acquistata per la collezione Giustitiani. Caravaggio realizza dunque una seconda opera, con una composizione nettamente diversa. La Cappella Contarelli è il primo incarico importante che Caravaggio riceve grazie al suo protettore, il cardinale Del Monte. Le spoglie che la cappella accoglie sono quelle dell'italianizzato Matteo Contarelli, che aveva lasciato disposizioni molto precise per la decorazione della sua tomba. Le opere che la adornano rappresentano episodi della vita di San Matteo. Federico Zuccari (pittore esponente del tardo-manierismo romano, famoso e anzino all'epoca di Caravaggio) quando la Cappella Contarelli viene aperta, vi si reca e vede le opere di Caravaggio. Federico rimane stupito per la vivacità e interesse del pubblico di fronte alle opere. "Io qui (davanti al Martirio e alla Vocazione) non vedo altro che Giorgione". Giorgione era considerato al tempo un pittore naturalista, che dipingeva il vero. Nonostante non ci fossero paesaggi nelle due opere, Zuccari capisce che il punto di riferimento di Caravaggio è Giogione (dunque non si è inventato nulla di nuovo, ha solo rielaborato la pittura veneziana). Per l'altare della cappella, era stata commissionata una statua ad un artista fiammingo, ma questa non piacque così gli eredi di Contarelli decisero di coinvolgere Caravaggio. Questi realizza inizialmente un dipinto "San Matteo e l'Angelo", rifiutata anche questa. Secondo le fonti, questo quadro era indecoroso, poichè il Santo era rappresentato come un uomo del popolo, rozzo, analfabeta (l'Angelo lo guida nella scrittura), ha le gambe e i piedi nudi. Secondo altre ipotesi, quest'opera era solo una prova. Il dipinto non è arrivato fino ai nostri giorni poichè se ne persero le tracce durante la seconda guerra mondiale. La seconda versione ora si trova sull'altare. San Matteo è più vestito (ma ha ancora i piedi nudi), si appoggia ad uno sgabello inclinato su un gradino e ascolta un angelo che dall'alto gli trasmette il Vangelo. Non c'è contatto fisico questa volta, l'immagine risulta più formale e decorosa. Grazie a questa commissione, Caravaggio diventa molto famoso nella capitale e riceve subito dopo un altro incarico prestigioso dal tesoriere del papa Clemente VIII Aldombrandini (Tiberio Cerasi). Per la Cappella Cerasi (Roma, Santa Maria del Popolo), il tesoriere coinvolge Annibale Carracci ("Assunzione della Vergine", 1601) e Caravaggio ("Crocifissione di San Pietro" e "Conversione di San Paolo"). Caravaggio, nel contratto con il committente, specifica che le due opere comissinate erano realizzate su legno di cipresso (reggeva meglio l'umidità). Caravaggio realizza delle prove anche per queste opere. Abbiamo ancora la prima "Conversione di San Pietro", conservata nella collezione privata Odescalchi. Qui si tende a pensare che non si tratti di un rifiuto, ma della consapevolezza di un problema sorto durante i lavori. Non abbiamo più invece la prova per la Crocifissione. Queste erano opere pernsate per essere viste da lontano. L'architetto Maderno doveva ristrutturare la cappella, che inizialemente era più larga e di forma circolare, dunque Caravaggio realizza le prime versioni tenendo in mente la forma dell'edificio. A causa forse di una incompresione tra i due, Caravaggio dovette ricominciare da capo. Le due verioni della Conversione, per stile e impostazione, sono completamente diverse: La prima versione sembra quasi un'opera fiamminga per la grande attenzione data ai dettagli (vestiti, vegetazione, paesaggio). Ci sono più personaggi rispetto alla seconda versione, dove ci sono solo Paolo, il cavallo e un servitore, che tra l'altro sembrano sfondare la tela e approssimarsi allo spettatore. Questo effetto è reso anche dalla luce, dal chiaroscuro. La seconda versione è più sintetica, più semplice, tiene meglio conto le indicazioni della Chiesa. Forte realismo per la resa del cavallo (che facilmente si scambia per il protagonista, come disse Longhi). San Paolo, a terra, sta accettando Dio (rappresentato dalla luce che investe l'uomo). L'"Assunta" di Annibale per l'epoca era un'opera straordinaria e innovativo, sia per la ricchezza dei colori veneti sia per il forte dinamismo (influenza di Tiziano (Assunta) e di Raffaello(Trasfigurazione). Tommaso Montanari scrive che al confronto con questa, le altre pale d'altare risultano pallide e spaiate, e scrive anche che a Rubens la Vergine sembrava in procinto di scattare fuori dalla tela, troppo molto bassa e che comprime le figure. La luce è più fredda di quella di Tiziano, il viso della Vergine è così disegnato da sembrare di porcellana. I volti e i gesti degli apostoli sono studiati con cura. Montanari sottilinea un altro fatto già notato da Bellori, ovvero che i quadri di Caravaggio sono dipinti immobili, fermi, quadri senza storia. CROCIFISSIONE DI SAN PIETRO (1603-1604) di Caravaggio Il Santo si fa crocifiggere a testa in giù per rispetto di Cristo, forte realismo nel volte di Pietro (quelli degli aguzzini non si vedono bene). I tre uomini stanno lentamente alzando la croce. Montanari li definisce "ingranaggi muti". La natura morta in basso alla composizione è di straordinaria qualità. L'opera più apprezzata dalla critica di Caravaggio è la "Deposizione" del 1602-1604. Opera realizzata per la famiglia Vittrice (probabilmente per il sepolcro di Gerolamo Vittrice). I tempi di lavorazione si allungano probabilmente a causa delle abitudini di Caravaggio. La chiuse in cui doveva essere collocata era la Chiesa Nuova o Santa Maria in Vallicella, al centro di Roma. In questo periodo, Caravaggio ha molti problemi con la legge, viene coinvolto in risse e nel maggio del 1606 si macchia dell'omicidio di Ranuccio Tomassoni. San Giovanni e Nicodemo (che guarda lo spettatore) reggono il corpo di Cristo, alle loro spalle la Maddalena e la Vergine piangono. Sullo sfondo Maria di Cleofa alza le braccia e si dispera. La lastra tombale sul fondo sembra sfondare la tela. Torna il partiolare del braccio abbandonato. Forte realismo della raffigurazione (+ritorno dello studio della statuaria classica). A Roma si trovavano collezioni private importanti che sicuramente tutti avevano modo di studiare. GIUDITTA E OLOFERNE del 1602 di Caravaggio Considerato un "quadro di azione" da Montanari, per quanto drammatico. Gli elementi di quest'opera, il suo realismo, fanno pensare che Caravaggio avesse osservato dal vero un episodio del genere. L'eroina biblica Giuditta, per liberare il suo popolo, finge di sedurre il generale assiro Oloferne, lo fa ubriacare e lo decapita mentre dorme. Giuditta è molto elegante e bella, accanto a lei si trova una serva che regge un sacco dove probabilmente verrà trasportata la testa dell'uomo. Cura nella resa delle espressioni. Il volto di Giuditta è quello di Fillide Melandroni (prostituta amica di Caravaggio). Anche il volto di Lena Tognetti viene spesso usato. L'inserimento del drappeggio richiama Venezia. Il committente è Ottavio Costa, un banchiere genovese residente a Roma, estimatore di Caravaggio che gli commissiona anche altri dipinti. L'esperienza di Caravaggio si intreccia a quella di Peter Paul Rubens, che negli stessi anni si trovava a Roma. Ruben nasce a Siegen (località tedesca) nel 1577, un po' più giovane di Caravaggio, ma i suoi genitori erano di Anversa. A Ruben viene permesso di diventare un pittore e gli viene consigliato di fare un viaggio in Italia, che l'artista intraprende nel 1600. La prima tappa è Venezia, dove rimane affascinato dalle opere di Tiziano (colori, luce, pennellata sprezzante). Nel 1601 o 1602 arriva a Roma per studiare, col permesso di Vincenzo Gonzaga. A Roma fa molti disegni (tra cui quello della Battaglia di Anghiari). Probabilmente ha conosciuto Annibale Carracci e Caravaggio, rispetto al quale aveva un carattere molto più mite e pacifico. Viene descritto come un gentiluomo, un intellettuale. In "Autoritratto" si rappresenta come un intellettuale (veste scura, cappello largo, collana...), come un cavaliere. A Rubens viene chiesto di realizzare una pala d'altare per la Chiesa Nuova dai padri oratoriani. Richiesta interessante dato che è proposta ad un artista straniero. Il contratto prevedeva la presentazione di una bozza ai Padri. Nella Pala dovevano essere rappresentati sei Santi. "Madonna della Vallicella adorata dai santi Gregorio, Domitilla, Mauro, Papiano, Nereo e Achilleo". L'opera è molto grande, alta 4 metri e larga 2,5, realizzata in un'anno e mezzo. Quest'opera fa capire quanto Rubens abbia studiato l'arte italiana. L'abito di Domitilla è descritto con una cura tipicamente fiamminga. Al centro, San Gregorio è imponente e fa un gesto simile all'Aristotele di Raffaello. Anche il santo guerriero a sinistra è una figura tratta dalla tradizione rinascimentale. Questa grande opera venne rifiutata, non perchè non fosse bella, ma per una questione di luci. Una volta collocata nella navata, risultava molto scura e poco visibile. Rubens, in una lettera, descrive quest'opera come la migliore che egli abbia mai eseguito, se non fosse per la "sciagurata luce". I Padri gli permettono di realizzare un'altro quadro, ovvero "Angeli in adorazione della
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