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Il cinquecento - Storia moderna - da Il mondo moderno, Prove d'esame di Storia

Riassunto del XVI secolo per sostenere l'esame di Storia moderna.

Tipologia: Prove d'esame

2014/2015

Caricato il 01/08/2015

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Scarica Il cinquecento - Storia moderna - da Il mondo moderno e più Prove d'esame in PDF di Storia solo su Docsity! IL CINQUECENTO L’EUROPA ALLA FINE DEL QUATTROCENTO E LE ESPLORAZIONI GEOGRAFICHE LA CRISI ITALIANA E I LIMITI DEL RINASCIMENTO La caduta di Costantinopoli aveva avuto in Italia come riflesso la formazione di una lega di prìncipi sotto la regia di Lorenzo il Magnifico. Essa poggiava sull’equilibrio di cinque Stati regionali: ducato di Milano, repubblica di Venezia, la signoria medicea di Firenze, lo Stato pontificio e il Regno di Napoli. Nel 1492 Lorenzo de’Medici morì e Carlo VIII decise di sconvolgere l’equilibrio della penisola valicando le Alpi con il suo esercito per conquistare il Regno di Napoli di Ferdinando d’Aragona, con l’aiuto di Ludovico il Moro. Dopo che i francesi giunsero a Firenze, scoppiò una rivolta antimedicea che ripristinò la repubblica con Savonarola, che però fu bruciato vivo nel 1498 mentre a Firenze subentrava un regime oligarchico filo - francese. Mentre i francesi si avvicinavano al Regno di Napoli, Ferdinando d’Aragona scappava a Messina e si costituì anche una coalizione antifrancese tra Milano, Venezia e l’immorale papa Alessandro VI. Carlo VIII non poté far altro che ordinare di ritirata. Gli anni a cavallo tra il XV e il XVI secolo furono segnati da una serie di fratture e novità: nel 1492 Colombo scopre l’America, nel 1509 viene abbattuta la potenza veneziana, nel 1517 Martin Lutero iniziava una protesta religiosa che toglierà alla Chiesa metà Europa, nel 1527 l’imperatore Carlo V mandava i lanzichenecchi a devastare Roma. Per questo motivo nascono in questo periodo alcune delle opere più significative come l’Elogio della Follia di Erasmo da Rotterdam, che consisteva in una geniale e sarcastica dissacrazione del presente e delle sue conoscenze scientifiche, come pure delle sue convinzioni morali e sociali. Dunque, l’aprirsi dell’età moderna avviene attraverso grandi cambiamenti. I REGNI DI PORTOGALLO, SPAGNA, FRANCIA E INGHILTERRA Con la RECONQUISTA, cioè la lotta contro i musulmani durata dall’801 al 1492 (quando cadde il regno musulmano di Granada), si crearono tre regni principali: Portogallo, Castiglia e Aragona. Il Portogallo riuscì a mantenere una propria indipendenza dalla potenza castigliana, ed è da qui che partiranno le grandi esplorazioni oceaniche. Il Regno di Castiglia e il Regno di Aragona trovarono una stabilità ma non l’unità con il matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona. La crescita della Castiglia è dovuta proprio alla scoperta dell’America, che divenne il suo monopolio. In Francia, invece, la coscienza nazionale nacque con la Guerra dei Cent’anni (1337 – 1453) combattuta contro l’Inghilterra, che ne uscì sconfitta. Lo stato francese poteva contare su un solido apparato burocratico, su un clero asservito alla dinastia e su un’ottima cavalleria. Ma la vera fonte di ricchezza era il potere che la Francia esercitava sulla Chiesa nazionale, definita gallicana; dunque i re francesi godevano di un rilevante potere economico. L’Inghilterra dopo essere uscita sconfitta dalla Guerra dei Cent’anni si dedicò allo sviluppo marittimo. Nel frattempo però si verificò una crisi dinastica che provocò una guerra interna tra due famiglie, durata dal 1455 al 1485: fu denominata Guerra delle Due rose per il distintivo delle due famiglie (una rosa rossa per i Lancaster e una bianca per gli York). Il conflitto terminò con un compromesso: Enrico VII Tudor saliva al trono sposato ad una York. Enrico VII pose le basi necessarie per instaurare un regime assolutista. Con lo sviluppo della flotta mercantile si verificò il fenomeno delle ENCLOSURES, cioè l’erosione delle proprietà comuni, dove i contadini potevano godere degli antichi diritti collettivi di cacciare, pescare, pascolare, far legna, procurarsi il fieno. L’IMPERO GERMANICO L’Impero si presentava come un mosaico di stati, di feudi laici o ecclesiastici, di città libere; non c’era una dinastia imperiale e da ciò derivava la debolezza del potere centrale. Eppure l’Impero sopravvisse sino all’età napoleonica: nato con Carlo Magno, l’Impero rappresentava l’idea di Europa al quale si ricorreva nei momenti difficili. La loro forza consisteva soprattutto nella gestione delle miniere e nella vendita dei metalli. Questa era la Germania quando salì al trono Massimiliano I d’Asburgo: i suoi maggiori successi provennero dal campo diplomatico, dalle alleanze matrimoniali che gli fu possibile concludere con le principali monarchie del tempo. L’IMPERO OTTOMANO I turchi erano soprattutto guerrieri. Fu grazie a un poderoso cannone che nel 1453 Maometto II riuscì a demolire le mura di Costantinopoli. Nel Mediterraneo il confronto si ebbe con i veneziani, che persero gran parte dei loro possedimenti greci e albanesi. La loro struttura politica era semplice: il sultano era l’unico uomo libero, tutti gli altri erano sudditi; nel governo era assistito da un consiglio di ministri chiamato diwan e presieduto da un gran visir. La struttura sociale era organizzata secondo un modello feudale. L’EPOPEA DELLE SCOPERTE: DAI VICHINGHI AI PORTOGHESI Nell’860 i vichinghi raggiunsero l’Islanda, nel 982 Erik il Rosso stabilì un primo insediamento nella Groenlandia. Attorno al Mille un figlio di Erik, Leif, toccò le coste dell’America: era il Canada. Ma i vichinghi non stabilirono rapporti permanenti con il Vecchio Continente perché esso offriva ciò che loro già possedevano e non trovarono oro e spezie. L’Europa, invece, era povera e voleva ben altro. Per questo cominciarono le prime esplorazioni, dirigendosi soprattutto in India, dove spezie e oro erano abbondanti. Dopo la Peste nera del ‘400 però l’Europa tenderà ad individuare nelle Indie l’immagine di un mondo minore. E i primi a muoversi furono i portoghesi: si calcola che attorno al 1510 i loro cartografi avessero delineato il profilo di 27000 km di coste africane e di 21000 di asiatiche, alla fine del ‘400 Bartolomeo Diaz doppiava il Capo di Buona Speranza e agli inizi del ‘500 Vasco da Gama giunse a Calicut, in India. L’AVVENTURA DI COLOMBO Colombo era un insicuro; come amministratore e governatore nelle terre da lui scoperte si rivelò un diastro. Ero un marinaio vero. Nacque a Genova nel 1451; nel 1484 Colombo propose al re del Portogallo l’impresa di raggiungere le Indie, ma ottenne un rifiuto. Ritentò con Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona e la regina decise di accettare la scommessa. Partito da Palos il 3 agosto 1492, si fermò un mese alle Canarie per modificare il timone della Santa Maria (la Pinta e la Nina erano caravelle di portata inferiore). Il 12 ottobre giunse a San Salvador, nelle Bahamas. Ripartì per l’Europa nel gennaio del 1493 dopo aver toccato Cuba e Haiti. A leggere i diari di Colombo troviamo gli spagnoli alle prese con la fame: quelle isole erano ricche asserragliato in Castel Sant'Angelo, fu costretto alla pace con l'imperatore. Il papa Clemente VII, nell'intento di consolidare proprio potere indebolito dopo il sacco di Roma, ottenne però dall'imperatore la restaurazione della propria famiglia, i Medici, a Firenze, dove si era costituita una repubblica (1527-1530); riuscì poi a consolidare ulteriormente il proprio dominio impadronendosi di Perugia e di Ancona. Il 5 agosto 1529 venne stipulata la pace di Cambrai, con la quale la Francia rinunciava alle mire sull'Italia mentre la Spagna vedeva riconosciuto il possesso di Napoli e Milano. Lo scenario internazionale mutò di colpo nel 1556, quando Carlo V abdicò dopo aver diviso i suoi possedimenti fra il figlio Filippo II e il fratello Ferdinando I. All’operato di Filippo, alle corone di Castiglia e di Aragona, delle colonie americane, dei domini italiani, della Franca Contea e dei Paesi Bassi, si deve ricondurre la definitiva stabilizzazione della situazione italiana. Nel 1559 Filippo II pose fine al conflitto con la Francia con la pace di Cateau – Cambresis. La pace chiuse un sessantennio di guerre continue e sancì quella fine della libertà italiana avviata dalla spedizione di Carlo VIII nel 1494. LA COSTRUZIONE DELL’IMPERO DI CARLO V La Spagna dei Re Cattolici era un’unione di regni diversi che facevano capo ai due sovrani Ferdinando e Isabella. Se i sovrani regnavano congiuntamente, è vero però che ciascun regno mantenne la propria fisionomia politica, i propri ordinamenti e i suoi istituti di rappresentanza che i Re Cattolici si impegnarono sempre a rispettare. Dopo la morte dei due sovrani (1504 Isabella e 1516 Ferdinando) e dopo che la loro figlia Giovanna venne rinchiusa fino alla morte per squilibri mentali e suo marito Filippo il Bello morì, i regni iberici andarono a loro figlio Carlo. La seconda eredità pervenuta a Carlo V era legata al titolo di imperatore del “Sacro Romano Impero della nazione tedesca” di cui si era fregiato suo nonno Massimiliano I d’Asburgo. Carlo era nato a Gand il 24 febbraio 1500. La sua formazione fu certamente orientata dalla cultura intrisa degli ideali cavallereschi che esercitarono una forte attrazione sul giovane principe. Il 14 marzo 1516 a Bruxelles Carlo venne proclamato re di Castiglia e d’Aragona con la madre. Nell’attesa del nuovo sovrano la reggenza nei territori spagnoli fu esercitata dall’arcivescovo di Toledo Francisco de Cisneros, che svolse un ruolo determinate nel mantenere uniti nella fedeltà a Carlo i ceti dirigenti castigliani. Fin dall’inizio si evidenziarono due gruppi contrapposti: da un lato il partito filofrancese che cercava di mantenere buoni rapporti con la Francia e di assicurarsi la neutralità dell’Inghilterra; dall’altro lato operava il partito spagnolo, preoccupato dello spazio che Carlo accordava ai borgognoni e timoroso dell’insofferenza che manifestava la nobiltà castigliana. Carlo fu in grado di costruire di sé una buona immagine, presentandosi come un principe tedesco in grado di tutelare gli interessi dell’impero contro la Francia e il papato. Nel 1519 a Francoforte Carlo viene eletto Imperatore del Sacro Romano Impero. Carlo sviluppa in quello stesso anno una politica di alleanze matrimoniali: il fratello Ferdinando sposerà Anna, sorella del re Luigi d’Ungheria mentre quest’ultimo sposerà Maria, sorella dell’imperatore. Il 27 gennaio 1521 l’imperatore presiede per la prima volta a Worms la Dieta, dove Lutero presenta le proprie tesi. L’imperatore vuole difendere l’unità religiosa e il 26 maggio dello stesso anno con l’editto di Worms condanna Lutero dal punto di vista dottrinario e civile. Carlo V manifesta una concezione del potere fortemente permeata da un autentico senso di religiosità. Egli è convinto di essere stato prescelto da Dio per mantenere l’unità religiosa. Questa visione messianica dell’impero venne presentata e venne percepita come una vera renovatio imperii. Essa trovava in Spagna un ambiente favorevole grazie anche alla diffusione dell’universalismo propugnato da Erasmo da Rotterdam. L’influenza erasmiana fu determinante sulla formazione del giovane Carlo. Il consenso alle idee dell’universalismo politico non era però generale. Nella stessa Spagna molti nutrivano il timore che la prospettiva imperiale distogliesse il sovrano dalla cura degli affari interni. Alla partenza di Carlo nel maggio 1520 per la Germania, dove sarebbe stato nominato imperatore, in molte città della Castiglia ci furono delle rivolte per un anno intero (la rivolta delle comunidades). Nello stesso periodo nelle città di Valencia e Maiorca ci fu una seconda rivolta, la germanias. Entrambe furono realizzate in senso antinobiliare. Le continue assenze dell’imperatore dalla Spagna aveva messo in evidenza la difficoltà di un esercizio del potere che necessitava di una continua legittimazione. L’ORGANIZZAZIONE DEI TERRITORI DELL’IMPERO La titolarità del potere risultò concentrata nelle mani di un solo sovrano. Carlo V decise quindi di delegare le sue funzioni ad un viceré o a un governatore, come tradizione. In America non era così ovviamente, poiché non c’era una tradizione politica e amministrativa di tipo europeo, soprattutto per la caduta massiccia della popolazione. In Castiglia e nei Paesi Bassi questo tipo di governo era sconsigliato, per cui Carlo V adottò una nuova formula: la reggenza. Nei primi decenni del Cinquecento, l’espansione ottomana nell’Europa orientale e nel Mediterraneo raggiunse l’apice. L’episodio più rilevante fu l’assedio di Vienna nel 1529; il suo fallimento rassicurò l’intera Europa ormai da tempo in preda al pericolo turco. A contrastare la penetrazione turca in Ungheria intervenne Ferdinando. Nel 1532 l’esercito di Solimano compì anche una serie di scorribande in Austria e nel 1541 riuscì a conquistare Buda, la capitale ungherese. Nel 1535 l’imperatore guidò una vittoriosa spedizione per la riconquista di Tunisi. Nel 1541 inoltre fallì una nuova spedizione di Carlo V, con l’obiettivo di un attacco diretto ad Algeri. Fino alla battaglia di Lepanto nel 1571 restò arduo contrastare la presenta ottomana nel Mediterraneo. L’impero turco aveva ottenuto obiettivi strategici nello scenario mediterraneo. Solimano potenziò l forza navale aumentando il numero di arsenali, realizzò una ramificata rete spionistica. La potenza militare ottomana raggiunse livelli superiori a quelli europei Oltre che alla buona dotazione di artiglieria, l’efficacia offensiva dell’impero ottomano era dovuta all’eccellenza di alcuni settori delle forze armate. La cavalleria era composta dai Sipahi, che ricevevano dei feudi nelle terre conquistate. I giannizzeri costituivano la rinomata fanteria scelta ottomana. Inoltre veniva garantita la tolleranza religiosa alle popolazioni che non erano di fede musulmana, in cambio del pagamento di un tributo. Dopo l’elezione Carlo V dovette affrontare la diffusione del luteranesimo. Dovendo badare ad un impero con una visione universale, in cui c’erano entità politiche e culturali diverse, era necessaria una certa omogeneità religiosa. Carlo V si comportò in maniera alternata nei confronti del luteranesimo, tra fasi di dura repressione della fede protestante e tentativi di mediazione e di accordo. Nel 152 su sollecitazione del papa promulgò una editto persecutorio per arrestare la diffusione dei luterani in Borgogna, e nel 1521, con maggiore realismo politico, in seguito alla bolla Decet Romanum Pontificem, veniva scomunicato Lutero. In realtà prevalse la prudenza politica, in quanto molti principi tedeschi avevano condiviso la fede di Lutero, tra cui Federico il Saggio, e Carlo V aveva bisogno del loro appoggio. Lutero durante la Dieta di Worms rifiutò di ritrattare le sue tesi e fu bandito dall’impero. La risposta da dare all’espandersi della Riforma restava per Carlo V la convocazione di un concilio; da parte pontificia si era andata consolidando una linea di difesa degli interessi politici dello Stato della Chiesa. L’urgenza di restaurare l’unità cristiana fu accresciuta dal pericolo rappresentato dagli ottomani. Nel 1530 la linea adottata da Carlo V tornò ad essere dura e intimò ai protestanti una sottomissione, invano, poiché questi formarono la Lega di Smalcalda. Nel 1541 tuttavia Carlo V propose un nuovo dialogo tra cattolici e protestanti a Ratisbona. In questa direzione aveva giovato il Consilium de emendanda ecclesia del cardinale Contarini. Lo stato dei rapporti tra le due parti precipitò e si passò alle armi, nel 1547 a Muhlberg, dove i cattolici vinsero. Nel 1555 infine con la pace di Augusta si riconosceva la legittimità della fede protestante all’interno dell’impero, nei territori in cui i principi già la professavano. In virtù del principio della cuius regio eius religio i sudditi di fede diversa avrebbero dovuto emigrare. Il Concilio era iniziato a Trento il 13 dicembre 1545, ma il suo svolgimento durò fino al 1563, quando si giunse alla riforma romana. UMANESIMO E RINASCIMENTO UNA RIVOLUZIONE VOLTA AL PASSATO Rivoluzione è un termine dal duplice significato: nel mondo antico esso significava il giro completo compiuto da un corpo in movimento intorno a un altro corpo. Oggi il significato è mutato e indica la rottura di un vecchio ordine sociale o politico o culturale. Anche il Rinascimento può essere definito come una rivoluzione, una rivoluzione culturale tra il 1350 e il 1500, che mutò radicalmente la cultura e la società europea. Fu Giorgio Vasari a utilizzare per primo il termine Rinascita. Più tardi il termine fu esteso anche alla cultura letteraria e poi a tutto il periodo storico. Il Rinascimento determinò una profonda rottura con il Medioevo, anche se tale rivoluzione si ispirava a un mondo ancora più lontano: quella dell’antichità. L’ARTE DELLA STAMPA E LA DIFFUSIONE DEL SAPERE Nel 1438 Gutenberg inventò i caratteri mobili che permettevano la tecnica tipografica della fusione a ripetizione. L’arte della stampa si diffuse con grande rapidità in Europa: l’Italia fu il primo paese europeo in cui gli stampatori tedeschi portarono la nuova invenzione. Nel 1472 fu stampata a Foligno la prima edizione della Divina Commedia di Dante. Il libro stampato rivoluzionò la trasmissione del sapere e cambiò una volta per tutte l’atteggiamento della cultura europea. Nell’ambito educativo i libri a stampa contribuirono enormemente alla divulgazione del sapere, in medicina, nel diritto, in architettura, nelle scienze. Il libro aveva assunto il ruolo di divulgatore della cultura europea, prima ancora che gli autori e gli studiosi avessero avuto il tempo di dominarne il potere e l’influenza. UMANISTI, POLITICI E STORICI L’Umanesimo fu l’importante movimento intellettuale che diede poi vita al Rinascimento. Gli umanisti cercarono di recuperare la civiltà classica, per offrire un modello ideale di vita basato sull’autonomia dell’individuo e sulla partecipazione alla vita politica. Il termine Umanesimo derivò dall’espressione studia humanitatis, usata da Leonardo Bruni per indicare lo studio dell’uomo in una prospettiva antropocentrica. Alcuni storici hanno parlato dell’Umanesimo come di un “programma politico per le classi dirigenti”, i cui valori erano l’espressione dei gruppi sociali dominanti. Infatti, si ricordano personalità come Nicolò Machiavelli e Lorenzo Valla. Quest’ultimo nella sua opera Della falsa donazione di Costantino, dimostrò la falsità del documento comprovante la donazione di Costantino, che legittimava il potere temporale dei papi. contadina, Dovizia, una donna povera che ebbe però un suo piccolo ruolo nelle città, nelle campagne, come altre donne, come pittrice, ricamatrice, musicista e cantante. Altri esempi sono Maddalena Scrovegni a Padova, o Vittoria Colonna, Gaspara Stampa e Veronica Franco (poetesse), semplici cortigiane veneziane. Un ruolo che era legato a quello di sposa e madre, ma che non escludeva certo il mondo del lavoro: le donne lavoravano anche nelle botteghe, e le mogli e le vedove ebbero accesso anche alla vita pubblica. LA RIFORMA PROTESTANTE E LA CONTRORIFORMA LA CRISI DELLA CHIESA IN EUROPA Già dall’inizio del Cinquecento la Chiesa era in crisi per varie cause: il clero e i papi si occupavano dei propri interessi personali e cercavano di aumentare sempre più le proprie ricchezze. Molti fedeli e monaci si lamentavano di questo comportamento. Girolamo Savonarola, un frate domenicano, predicava a Firenze contro la corruzione della Chiesa. All’inizio venne ascoltato dal popolo, ma in seguito fu scomunicato dal papa Alessandro VI e fu bruciato sul rogo come eretico; all’interno della Chiesa nasceva l’idea che il Concilio, cioè l’assemblea dei vescovi, fosse più importante del papa; il papa aveva perso importanza a causa della nascita degli Stati nazionali. In tutti gli Stati dell’Europa, la Chiesa possedeva grandi ricchezze e pretendeva che le fossero donate anche grandi quantità di denaro. Per questo motivo gli Stati vedevano nella Chiesa un ostacolo al loro potere. Nel 1515 papa Leone X, per pagare la costruzione della basilica di San Pietro a Roma, decise di vendere le indulgenze in tutta la Germania. L’ indulgenza è il perdono dei peccati, perciò chi riceveva l’indulgenza era sicuro, dopo la morte, di andare in paradiso. I predicatori facevano credere al popolo che non servivano la fede e le buone opere, bastava pagare per ottenere il perdono. Molti fedeli si ribellarono a questa vendita e tra essi c’era il monaco Martin Lutero. L’AZIONE DI MARTIN LUTERO IN GERMANIA Martin Lutero era un monaco agostiniano che aveva conosciuto la vita sfarzosa della Corte romana nel 1510 e si era ben presto reso conto della necessità di un profondo rinnovamento della vita religiosa: la Bibbia doveva essere l’unico testo di riferimento della vita cristiana e l’uomo poteva trovare la sua salvezza solo attraverso la fede in Cristo. Ne derivano due corollari estremamente rivoluzionari: la salvezza dell’uomo non era legata alla gerarchia sacerdotale; i veri sacramenti erano quelli istituiti direttamente da Cristo (battesimo, penitenza ed eucarestia). In quegli stessi anni era ripresa in Germania la vendita delle indulgenze. Tale dottrina era in netto contrasto con il pensiero di Lutero: per Lutero la salvezza poteva venire solo dalla fede; non erano le opere buone a creare un buon cristiano, ma solo un buon cristiano poteva fare opere buone. Così scrisse le 95 tesi sulla Disputa pubblica sulla virtù delle indulgenze e il 31 ottobre 1517 ne affisse il testo sulle porte della chiesa di Wittenberg. Inviate a Roma le tesi furono condannate m si chiese inizialmente solo la ritrattazione di Lutero. Non ottenendo alcun risultato, Leone X condannò le proposizioni di Lutero con la bolla Exsurge Domine ammonendolo a desistere. PRINCIPI E IMPERO La risposta di Lutero fu affidata a tre scritti che furono considerati i manifesti della Riforma: Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca; Della libertà di un cristiano; Della cattività babilonese della Chiesa. Egli trovò l’appoggio di due grandi correnti culturali: l’umanesimo e il nazionalismo. Quasi tutti gli umanisti tedeschi si schierarono con Lutero. Con un gesto profondamente simbolico, di grande effetto, Lutero bruciò sulla piazza di Wittenberg il 10 dicembre 1520, i testi del diritto canonico e la copia della bolla pontificia. Leone X rispose pochi giorni dopo scomunicando Lutero e i suoi seguaci. Era iniziata la Riforma. Riducendo dai precedenti tre a due sacramenti Lutero aveva negato il sacerdozio e ridotto l’importanza della messa alla sola Cena del Signore, affermando che in essa Dio era presente come pane e vino perché era presente in ogni cosa e in quel momento accettava di rivelarsi (teoria della consustanziazione). Il giovane imperatore Carlo V ascoltò Lutero e le sue tesi alla dieta di Worms, aperta nel gennaio 1521. Pochi giorni dopo Carlo V lo metteva al bando dell’Impero. Era già troppo tardi: lo scontro fra Lutero e la Chiesa di Roma era diventato uno scontro politico tra l’imperatore e i principi tedeschi. DALLA GERMANIA ALLA SVIZZERA Negli stessi anni predicava a Zurigo Zwingli, un grande ammiratore di Erasmo. Anche egli credeva nell’autorità delle Sacre Scritture, unica fonte della fede: superando Lutero, riduceva il culto e quindi la messa a una semplice lettura del Vangelo, seguita dalla predica e dalla cena del Signore, considerata soltanto una commemorazione. Nel 1529 Lutero si incontrò con Zwingli per decidere una politica comune in difesa della Riforma, ma non fu possibile raggiungere un’intesa sull’eucarestia. Il fallito accordo incoraggiò Carlo V alla convocazione di un concilio generale. Così il 20 giugno 1530 si aprì la dieta di Augusta. Al posto di Lutero parlò Melantone, che presentò la confessione di Wittenberg, Zwingli quella di Zurigo, Basilea e Berna, Butzer quella di Strasburgo. Carlo V ordinò l’applicazione della giurisdizione vescovile in tutto l’Impero. Zwingli rimase isolato e cadde combattendo nel 1531 mentre era in guerra contro i cantoni cattolici (battaglia di Kappel). La Svizzera rimase divisa fra cantoni cattolici e cantoni protestanti, così come la Germania restava divisa tra principi cattolici e principi luterani. CALVINO Giovanni Calvino sosteneva che i riformati si richiamavano semplicemente al Vangelo dal quale la Chiesa romana si era lei stessa allontanata. Solo la rivelazione contenuta nella Bibbia assicurava ai fedeli la conoscenza di Dio e solo la fede poteva portare alla salvezza, che non poteva che essere dono della grazia di Dio, estesa solo a un certo numero di eletti. La visione dell’uomo e della storia di Calvino era più pessimista di quella di Lutero, con il quale ben presto egli era entrato in contrasto. La salvezza dell’uomo poteva venire solo nel libero dono di Dio (predestinazione) mentre il battesimo e l’eucarestia furono ridotti a semplici funzioni simboliche. Il prescelto da Dio doveva quindi impegnare ogni sua forza nella vita civile e nell’organizzazione religiosa. Da Ginevra il calvinismo si diffuse lentamente in altri paesi: in Francia, dove i suoi seguaci furono chiamati ugonotti; nei Paesi Bassi; in Inghilterra, con il nome di puritanesimo. In campo politico Calvino collegò strettamente la religione e la politica: egli sostenne che laddove il principe non riconosceva la libertà religiosa e i precetti del Vangelo, era possibile la resistenza e la ribellione allo stesso sovrano. LA RIFORMA IN INGHILTERRA E IN EUROPA Anche in Inghilterra si era diffuse le opere e le idee di Erasmo e lo stesso sovrano Enrico VIII si considerava suo discepolo. Alcuni anni dopo il 1521 a seguito del rifiuto di Clemente VII di annullare il suo matrimonio con Caterina d’Aragona, il re entrò in conflitto con Roma. Enrico VIII fece dichiarare nullo il matrimonio e sposò Anna Bolena nel 1533 attirandosi la scomunica del papa. Il re allora negò l’autorità del papa con un atto del Parlamento che faceva del sovrano il capo della Chiesa anglicana. Soppresse gli ordini religiosi incorporandone i beni alla corona facendosi aiutare da Cranmer e Cromwell. Questi avrebbero voluto aderire alla chiesa luterana, ma Enrico VIII fece approvare una professione di fede più vicina al calvinismo. La Chiesa anglicana si affermò solo con il regno di Elisabetta I che divenne la paladina dei calvinisti olandesi. Nell’Europa settentrionale la Riforma si affermò per volontà dei diversi sovrani: Federico I di Danimarca favorì la predicazione luterana e il suo successore, Cristiano III, proclamò il luteranesimo unica religione di stato e pochi anni prima aveva introdotto la Riforma in Norvegia. In Svezia la Riforma fu introdotta dal nuovo sovrano, Gustavo Vasa. LA RIFORMA IN SPAGNA ED ITALIA In Spagna e in Italia il dibattito intorno ai temi della Riforma mantenne un carattere strettamente religioso, difendendosi soprattutto in circoli culturali ristretti. Molto diffusi nella penisola iberica erano gli scritti di Erasmo. Tale spirito aveva portato il clero spagnolo a impegnarsi nel tentativo di una riforma più vasta da estendere anche alla Chiesa di Roma e il pensiero di Erasmo conobbe in Spagna un successo come in nessun altro paese europeo. Solo dopo il 1537 iniziò la repressione degli erasmiani in Spagna. In Italia il centro più importante dei seguaci di Erasmo si creò a Napoli, per opera dello spagnolo Juan de Valdés che era essenzialmente un mistico che conosceva le opere di Lutero senza approvarle e credeva nella dottrina della salvezza mediante la fede. Un altro centro importante del pensiero riformatore fu Ferrara, dove la moglie di Ercole II d’Este, Renata di Francia, aveva creato un circolo culturale sensibile alle influenze protestanti. Qui ella accolse alcuni studiosi in fuga dalla Francia come lo stesso Calvino. Dopo il 1550 l’Inquisizione iniziò la repressione dei dissidenti. LA RISPOSTA CATTOLICA E LA NASCITA DI NUOVI ORDINI RELIGIOSI I tentativi di riforma in Italia e a Roma furono accompagnati anche da una forte reazione cattolica. Il 12 luglio 1542 il pontefice creava una congregazione di sei cardinali, tra i quali Carafa, per creare e punire gli eretici. A Roma, Napoli, Milano e Venezia vennero bruciati dall’Inquisizione molti libri ritenuti eretici e in seguito nel 1559 venne pubblicato l’Indice dei libri proibiti, voluto da Paolo IV. Nel frattempo vennero fondati nuovi ordini: i barnabiti a Milano, i somaschi a Venezia, gli spedalieri di San Giovanni di Dio (Fatebenefratelli), nella seconda metà del ‘500 apparvero i ministri degli infermi di Camillo de Lellis, i chierici regolari minori e gli scolopi. Al di sopra di questi ordini si innalzò quello più celebre del rinnovamento cattolico: quello dei gesuiti, fondato da Ignazio di Loyola, nel 1534 a Parigi e riconosciuto da Paolo III nel 1540 con il nome di compagnia di Gesù. Il gesuita fu per molti il tipo dell’ecclesiastico puro, ascetico, colto, devotissimo al papa attaccato al suo ordine. Questi si spinsero anche in India, Cina e Giappone e rispettarono le tradizioni e la cultura locale, tanto da adottarne la lingua. Nel campo teologico i gesuiti ebbero personaggi di notevole importanza come il cardinale Roberto Bellarmino, Tommaso Sanchez e Luigi Molina, che riuscirono a tutelare la libertà umana e i meriti delle buone opere per ottenere la grazia. IL CONCILIO DI TRENTO FRA DISCIPLINAMENTO E RINNOVAMENTO Il concilio di Trento, convocato da Paolo III, si aprì il 13 dicembre 1545. A presiedere il concilio erano stati scelti tre uomini d grande prestigio, tutti cardinali: il futuro papa Giulio III, Ercole Gonzaga e il futuro pontefice ma per poco tempo Marcello III. Il concilio si svolse in tre distinti periodi: il primo durò tre anni, il secondo e il terzo due. Nel primo periodo, pur tentando ancora una volta un dialogo divenuto impossibile con i luterani, i padri del concilio assunsero una posizione di difesa intransigente sul piano dottrinale. Qui si scontravano Carlo V alla ricerca di dialogo e Paolo III che voleva riaffermare l’ortodossia. Dopo quella che fu considerata la più lunga e travagliata delle sessioni conciliari, fu approvata la posizione che recuperava il valore delle opere buone. Dopo la vittoria di Carlo V a Muhlberg nel 1547 crebbe il dissidio latente fra il partito imperiale e quello pontificio. Le riunioni di Bologna non raggiunsero conclusioni importanti e dietro insistenza dell’imperatore sul nuovo pontefice Giulio III, i padri tornarono a Trento. Il concilio aveva preso posizione su un altro tema delicato: l’eucarestia, riaffermando la dottrina della transustanziazione, cioè la trasformazione del pane e del vino durante la messa nel corpo e nel sangue di Cristo. Sul piano del rinnovamento della Chiesa il concilio dovette occuparsi del delicato tema della riforma disciplinare del clero. usanze. Ma già nel 1500 queste garanzie erano state in gran parte ritirate e l’alternativa che si presentava alla popolazione moresca era tra la conversione forzata. Nei decenni seguenti le vessazioni contro la popolazione moresca continuarono per mezzo di leggi che proibivano l’uso della lingua e dei loro costumi. Ciò portò alla ribellione che scoppiò nel 1568 e che si caratterizzò come una rivolta rurale, che andò spegnendosi nel corso del 1570. Il problema dei moriscos era tuttavia diventato una vera ossessione per il governo spagnolo: il sovrano e il consiglio di stato decretarono nel 1609 la cacciata dei moriscos. L’altra minoranza perseguita con durezza nella Spagna degli Asburgo fu quella degli ebrei: i programmi di conversione forzata avevano condotto alla formazione di un gruppo sociale chiamato conversos o marranos. LA SUCCESSIONE PORTOGHESE Oltre agli insediamenti africani il Portogallo controllava il Brasile, dove si svilupparono le piantagioni di canna da zucchero. Sul piano della politica interna il re Giovanni II aveva consolidato l’autorità della monarchia. La dinastia degli Aviz aveva sempre cercato di stringere saldi rapporti con la monarchia castigliana attraverso dei matrimoni: nel 1552 Giovanni, fratello di Maria, aveva sposato Giovanna sorella di Filippo II; da quest’ultima era nato Sebastiano, futuro re di Portogallo. Quest’ultimo era venuto alla luce postumo nel 1554: il giovane re apparve dominato dall’idea di condurre una crociata sul suolo africano contro gli infedeli. Nel luglio 1578 Sebastiano sbarcò con un esercito sulla costa nordafricana, ma la sua condotta avventata portò alla sconfitta di Alcazarquivir. Gli successe lo zio Enrico che data l’età morì poco dopo La divisione tra i candidati portoghesi favorì Filippo II: nel giugno 1580 l’esercito spagnolo entrò a Lisbona. Da quel momento e fino al 1640 il Portogallo sarebbe stato unito alla Spagna. I CONFLITTI TRA SPAGNA E INGHILTERRA La monarchia cattolica di Filippo II fu certamente per tutta la seconda metà del Cinquecento la maggior potenza politica europea. Più complessi furono i rapporti con l’Inghilterra. Dopo la riforma voluta da Enrico VIII era salita al trono la cattolica Maria Tudor, che si sposò con Filippo II. Col l’ascesa al trono di Elisabetta I i rapporti cambiarono radicalmente. La regina inviò sussidi e aiuti di ogni tipo ai protestanti francesi. I piani di scontro si moltiplicarono e il conflitto fu portato anche sulle rotte marittime. La regina autorizzò la guerra: l’attacco fu portato persino sulle coste della stessa penisola iberica. La difficile congiuntura meteorologica e la scarsa capacità dei due comandanti spagnoli di coordinarsi condussero la flotta spagnola ad uno scontro con quella inglese dalla quale uscì sconfitta. Fallito il confronto anche sul mare, anche l’operazione condotta da Alessandro Farnese fu vanificata. IL DECLINO DELLA SPAGNA Fin dagli ultimi decenni del regno di Filippo II circolavano nel paese numerosi testi che denunciavano questa situazione e suggerivano proposte e rimedi per la restaurazione della potenza iberica. Questo progressivo distacco si accentuò durante il regno di Filippo III poiché diminuì il ruolo dei consigli ed emerse il ruolo decisivo del valido, cioè il favorito del re. Con l’emergere del valido il precedente equilibrio fra sovrano e apparato statale si era profondamente alterato. Con l’inizio del regno di Filippo III tanto il valido, il duca di Lerma, che l’intero apparato di governo compresero le difficoltà che attraversava la Spagna e si impegnarono in una politica volta a dare un’immagine meno aggressiva della monarchia. Madrid firmò la pace con Londra nel 1604 e stipulò una tregua di dodici anni con le province olandesi nel 1609. La situazione economica dei regni spagnoli aveva imboccato una fase di evidente recessione. L’agricoltura risentì pesantemente della minore disponibilità di manodopera e soffrì variazioni climatiche. Anche il sistema produttivo registrò cadute molto pesanti. In particolare l’industria manifatturiera. Gli effetti di questa destrutturazione dell’economia spagnola si avvertirono con ritardo poiché l’arrivo dei metalli preziosi americani continuava ad alimentare il meccanismo degli scambi. L’economia spagnola veniva fortemente sollecitata dall’aumento della domanda globale delle merci che si registrava in tutta l’Europa e che richiedeva adeguati mezzi di pagamento. I queste condizioni bastava un ritardo nell’arrivo dei metalli preziosi provenienti dalle Americhe o un minor afflusso di risorse fiscali a produrre un deficit di cassa nell’amministrazione finanziaria. Si susseguirono a più riprese dalla metà del Cinquecento a tutto il Seicento bancarotte che non produssero una rottura dei rapporti tra finanza pubblica e finanza privata. INGHILTERRA E PAESI BASSI L’INGHILTERRA DI ENRICO VIII È noto che Enrico VIII aveva due grandi passioni, la teologia e le donne; provò a controbattere la decisione pontificia e disse che Caterina era stata moglie di suo fratello, sicché egli si sentiva in colpa. Niente da fare. Enrico pensò che se una commissione di giuristi avesse dimostrato la nullità del matrimonio con Caterina il papa avrebbe ceduto; c’era lì l’ambasciatore veneziano Falier, che riferì al Consiglio dei Dieci quanto voluto da Enrico VIII, ma il Consiglio fece proprie le ragioni del papa. Deluso, Enrico VIII nel 1534 proclamò il distacco della Chiesa anglicana dall’obbedienza a Roma, fece condannare il gran cancelliere Tommaso Moro che si opponeva; poi incamerò tutti i beni del clero dopo aver sposato Anna Bolena, che però fu poi decapitata il 19 maggio 1536 e rimpiazzata da Jane Seymour, che morì di parto, così sposò Anna di Cleves, ripudiata e sostituita da Cathrine Howard, a sua volta giustiziata e rimpiazzata da Catherine Parr, che gli sopravvisse solo perché lui morì prima. Accanto alle personali motivazioni del sovrano un ruolo decisivo fu rappresentato dal desiderio di impossessarsi della proprietà ecclesiastica. Suo padre, Enrico VII Tutor grazie all’indebolimento della nobiltà feudale aveva promosso una politica favorevole alla borghesia mercantile. Incentivando ulteriormente questa linea di sviluppo, la monarchia stessa organizzò le compagnie commerciali dei merchant adventurers concedendo loro privilegi e monopoli nelle nuove terre. Nel 1500 il nuovo proprietario (non più quello delle enclosures) era di solito animato da intenti speculativi, cacciava i contadini dai campi e trasformava le coltivazioni cerealicole in pascoli per ovini, la cui lana rendeva di più. Enrico VIII era succeduto al padre nel 1509; in seguito alla polemica con il pontefice il nuovo sovrano fece votare l’Atto di supremazia nel 1534 con cui si poneva a capo della Chiesa britannica e otteneva la disponibilità di buona parte della proprietà ecclesiastica. ELISABETTA I: SVILUPPO ECONOMICO E CONSOLIDAMENTO DELLA POTENZA INGLESE A Enrico VIII successe Edoardo VI; siccome era minorenne fu insediato un consiglio di reggenza il quale accentuò gli elementi della riforma più vicini al luteranesimo e al calvinismo. Edoardo però ebbe vita breve e così la progressiva penetrazione del protestantesimo in Inghilterra subì una battuta d’arresto in seguito alla restaurazione del cattolicesimo attuata dalla sorellastra, la regina Maria Tudor,che cercò di imporre con la forza una restaurazione integrale del cattolicesimo, e questo le valse la taccia di “Maria la Sanguinaria” (Bloody Mary). Il trono passò a un’altra sorellastra, Elisabetta I. Merito di Elisabetta I fu di portare alla massima espressione le potenzialità insite nel paese. Con essa assistiamo ad una nuova affermazione dell’anglicanesimo. Questo perché Elisabetta mirava soprattutto ad assicurarsi il titolo di capo della Chiesa, rafforzare il proprio prestigio e realizzare una politica assolutistica. Un anno dopo il contrasto con la Spagna di Filippo II, lo scontro con Madrid portò al disastro dell’Invincibile Armata nel Canale della Manica e al trionfo della piccola Britannia contro gli spagnoli. Sull’onda del successo delle imprese dei suoi corsari, Elisabetta diede impulso all’espansione commerciale e coloniale del paese; a partire dalla fine della guerra di Cipro navi inglesi cominciarono a comparire nel Mediterraneo; la loro ascesa fu irresistibile perché pagavano le merci in contanti anziché praticare il tradizionale baratto e fornivano prodotti di più bassa qualità ma di minor costo. Riuscì in tal modo a insediarsi persino nei porti spagnoli. Lo stesso Portogallo una volta recuperata la propria indipendenza dalla Spagna diventerà una sorta di protettorato inglese. In conclusione, sotto la dinastia dei Tudor l’Inghilterra nel suo complesso conobbe un periodo di crescita economica e geografica e di intensificazione dei rapporti commerciali e diplomatici internazionali. Durante il regno di Elisabetta era iniziata inoltre la pratica dell’esproprio delle terre degli irlandesi, cattolici, per ridistribuirle a coloni inglesi e scozzesi, protestanti, pratica che aveva provocato numerose rivolte. La più grave fu quella guidata da O’Neil e O’Connel contro la quale la regina fu costretta a inviare un vero e proprio esercito. Elisabetta si sentì sempre profondamente inglese e sinceramente legata al suo popolo. SOCIETA’ E CULTURA: L’ETA’ DI SHAKESPEARE Il regno di Elisabetta fu caratterizzato da un notevole sviluppo culturale e civile. L’architettura e il disegno furono influenzati dalla cultura rinascimentale italiana, come del resto la poesia e la letteratura. Fu il teatro tuttavia a raccogliere i maggiori consensi presso l’aristocrazia e la borghesia del paese con le opere di Marlowe e soprattutto Shakespeare, le cui opere ebbero una grandissima influenza sulla lingua e la letteratura inglese. Shakespeare seppe trasformare il teatro del tempo in un vasto affresco, in cui magistralmente venivano rievocati i drammi antichi ma anche quelli della storia inglese. Egli seppe evidenziare i caratteri individuali, le passioni, i sentimenti, le condizioni nelle quali vivevano i grandi e i piccoli del suo tempo, così come seppe ugualmente cogliere tanti aspetti della vita italiana del Cinquecento. Nelle sue pagine è facile trovare gli uomini e le donne del tempo, i loro modi di agire, le loro consuetudini di condotta e di comportamento. I PAESI BASSI: LE ORIGINI DI UNA NUOVA NAZIONE I Paesi Bassi erano un insieme di città, contee e vescovati dotati di grande autonomia politica e amministrativa. Agli inizi del Cinquecento, questi territori rappresentavano un’area straordinariamente popolosa. Tuttavia lo sviluppo dell’agricoltura era stato frenato dal fatto che una parte di queste terre era posta al di sotto del livello del mare. La contea dell’Olanda era ricoperta di laghi e stagni. Lo sviluppo manifatturiero e commerciale di quest’area si giovò dell’espansione economica cinquecentesca che attraversò l’Europa, investendo le regioni toccate da un lato dal mar del Nord e dall’altro dal mar Baltico. A questa funzione di commercializzazione si dedicarono proprio i mercanti dei Paesi Bassi settentrionali. Essi furono in grado di organizzare una rete di scambi a largo raggio, a costi di trasporto assai modesti, grazie anche allo sviluppo dell’industria cantieristica. Alla fine del 500 da questi cantieri fu varato un nuovo modello di nave, il fluit, un’imbarcazione leggera d’alto bordo. Il sistema politico dei Paesi Bassi aveva il suo riferimento in un antico patto del 1536 che legava i territori al loro principe. Il governo di questi territori non stava nel potere centrale ma nelle strutture di autogoverno periferico. Ognuna di esse aveva la sua assemblea provinciale che amministrava il territorio ed eleggeva i deputati da inviare all’assemblea degli Stati Generali. Nel corso degli anni i Paesi Bassi avevano largamente contribuito al finanziamento delle guerre dell’imperatore. La banca rotta spagnola del 1557 fu la prima causa del complesso processo che portò alla rivolta. Il secondo elemento deve essere individuato nella diffusione della Riforma. La penetrazione delle idee riformate fu assai rapida. Un ulteriore motivo fu la congiuntura economica: Anversa era la capitale economica del paese, dove era stata creata una Borsa nella cui orbita all’inizio gravitava anche Londra; ma poi dovette affrontare la concorrenza delle manifatture inglesi. Alla decadenza progressiva di questa città fece da contrappeso l’ascesa di Amsterdam. In pochi decenni si svilupparono l’industria della seta, la raffinazione dello zucchero, l’editoria, la capacità di organizzare una gestione della produzione che valorizzava le piccole città e soprattutto le manifatture rurali. disponibili; un secondo elemento era la precarietà dei raccolti; il terzo fattore era il livello dei prezzi dei beni alimentari. L’andamento della popolazione inoltre era influenzato da fattori esterni, in particolar modo dai cicli epidemici che avevano acquisito ormai un carattere endemico; le persone erano esposte a malattie per le quali la scienza medica del tempo non era in grado di offrire soluzioni efficaci. A spiegare l’evoluzione di lungo periodo concorreva anche l’alta mortalità infantile. LE ATTIVITA’ AGRICOLE La distribuzione della proprietà della terra era fortemente diseguale. La proprietà contadina, si ridusse progressivamente a favore delle grandi aziende appartenenti ala nobiltà. Ancora, la terra era gravata da numerose imposte e obblighi dovuti tanto al signore feudale che allo Stato e alla Chiesa stessa. Le condizioni di vita delle famiglie contadine erano infatti al limite della sussistenza. A rendere meno precaria la condizione della vita contadina era la possibilità di sfruttare le terre comuni che ciascuna comunità possedeva. Il crescente aumento della popolazione nel corso del 500 sollecitò la domanda dei beni alimentari in particolare dei cereali. I sistemi agrari erano organizzati in modo piuttosto rigido. Nelle pratiche agricole gli animali non venivano utilizzati in modo razionale. La fertilità della terra era limitata dall’insufficienza dei concimi animali e dalla difficoltà di arature profonde. Gli stessi strumenti del lavoro agricolo erano piuttosto semplici. Nel complesso l’ampliamento delle superfici coltivabili si rivelò incapace di far fronte alle esigenze alimentari dei paesi maggiormente interessati dalla crescita demografica. Naturalmente il quadro dei consumi alimentari variava in funzione della fascia dei redditi. Altri fattori che contribuivano a variare gli usi e i consumi alimentari erano legati ai contesti geografici e climatici. Nelle aree urbane non mancavano animali allevati nei cortili, nelle campagne il maiale era molto diffuso, mentre nella montagna si coltivavano i cereali. Il minor consumo di proteine poteva essere compensato da olio, burro, formaggi e legumi. Lungo le aree costiere l’integratore proteico era il pesce. Il problema della conservazione del pesce veniva affrontato per mezzo della salatura e dell’affumicamento. Tutte le economie agrarie dei diversi paesi europei hanno conosciuto crisi che hanno generato sconvolgimenti negli assetti demografici ed economici. LE ATTIVITA’ INDUSTRIALI Le attività industriali sono tutte quelle attività rivolte alla trasformazione delle materie prime semilavorate in prodotti finiti, cioè in merci che vengono offerte sul mercato. Esistono almeno tre diversi modelli di organizzazione della produzione industriale. Il primo di questi modelli è l’industria domestica. Essa riguarda tutte le attività di trasformazione svolte dai singoli componenti di una famiglia per la produzione di prodotti non agricoli. Questa produzione non era rivolta al mercato ma alle esigenze domestiche. L’unita produttiva è di norma costituita da colui che ha necessità di quel bene; domanda e offerta, produttore e consumatore sono dunque riuniti nella stessa persona. Questo modello assai semplice di organizzazione industriale era molto diffuso. La persistenza di questo modello nel tempo è dovuta per un verso ad un problema di costi. Per un altro verso, occorre considerare che nell’età moderna coloro che necessitavano di prodotti di questo tipo vivevano per la maggior parte in villaggi e comunità distanti dai mercati cittadini. Il secondo modello di organizzazione della produzione industriale era quello artigianale, la produzione cioè di prodotti manufatti realizzata all’interno di una bottega. La produzione è rivolta direttamente al mercato. L’unità produttiva si svolge in una bottega laboratorio e fa capo all’artigiano, ma può essere comporta da più lavoratori. Una caratteristica molto importante del sistema di produzione artigianale era la presenza delle corporazioni, strutture associative che raggruppavano artigiani che svolgevano lo stesso mestiere. All’origine non tutti i mestieri erano organizzati in corporazioni e non tutti i lavoratori erano iscritti a queste strutture. Nei primi secoli dell’età moderna, l’organizzazione delle arti e dei mestieri assunse nelle aree urbane sempre più il controllo del mercato del lavoro e si trasformò infatti in una oligarchia mercantile. Nel modello di produzione artigianale convivevano all’origine tre distinte funzioni (lavoratore, imprenditore, mercante) ma nell’età moderna si assiste a una loro progressiva separazione. Quando la separazione di queste tre funzioni si è ormai consolidata tende a svilupparsi una variante del modello artigianale, cioè l’industria a domicilio. Il mercante imprenditore decentra in laboratori domestici alcune fasi del ciclo produttivo; egli distribuisce attraverso i suoi emissari la materia prima e la ritira già tessuta, facendo ritornare il prodotto nelle botteghe per le ultime fasi di rifinitura. Un terzo modello di organizzazione della produzione è la grande industria accentrata, con un’organizzazione del lavoro svolta da grandi masse di dipendenti, con apporti di capitali elevatissimi e una strumentazione tecnica piuttosto elaborata. I cantieri navali rappresentano un buon esempio di industria accentrata, come sfruttamento delle risorse minerarie, alcune manifatture tessili. LE ATTIVITA’ COMMERCIALI La parte della produzione agricola che viene commercializzata circola sui mercati delle città più vicine alle aree di produzione, disegnando una rete degli scambi su base prevalentemente regionale o provinciale. Le singole aree regionali, in relazione alle caratteristiche ambientali potevano essere carenti di determinati prodotti. È proprio questa ineguale allocazione delle colture che alimenta la necessità degli scambi e spinge gli operatori economici ad incrementare i rapporti commerciali. Accanto ai cereali, che certamente erano il prodotto che con più frequenza riempiva le stive delle navi, le merci che costituivano oggetto del commercio a lunga distanza erano quelle ad alto valore intrinseco: le spezie e il sale. La gran parte di queste merci circolava lungo le vie del mare. Le ragioni dell’affermazione del commercio marittimo. Le navi potevano trasportare in un solo viaggio quantità notevoli di merci a costi limitati. L’espansione del commercio marittimo consolidò la fortuna delle città che si affacciavano sui mari. Le vie di terra sono in ogni caso obbligatorie quando le merci, sbarcate nelle città costiere, devono raggiungere l’interno. Qui, una funzione essenziale nel processo di distribuzione dei prodotti veniva assolta dalle fiere di merci che si svolgevano con periodicità variabile in diverse aree regionali. Questo sviluppo commerciale viene animato da una rete di operatori economici di rango e importanza diversificati. Vi sono i mercanti imprenditori che attendono alla produzione industriale che in parte viene venduta direttamente sui mercati cittadini; una parte di questa produzione però viene smerciata fuori dell’area regionale e prende le vie del commercio internazionale. L’Europa registra l’affermazione di una vera e propria elite mercantile. La figura del mercante internazionale racchiude infatti almeno due diverse funzioni. La prima è quella egata al commercio; la seconda è quella finanziaria. Per questo motivo la sua figura è stata definita come quella di un mercante – banchiere. L’aumento della domanda interna ed internazionale fu continuo per tutto il 500, sollecitando pertanto l’offerta produttiva e l’incremento dei traffici commerciali. Un limite allo sviluppo delle transazioni era costituito dalla necessità di chiudere lo scambio attraverso il pagamento del prezzo in moneta. Alla penuria della moneta come valido mezzo di pagamento sopperirono i flussi di oro e di argento che dalle colonie del nuovo mondo si riversarono in Spagna. In queste condizioni le singole monete nazionali subirono una perdita di valore abbastanza accentuata. Questa rivoluzione dei prezzi rilevata è stata a lungo messa in relazione con l’arrivo dei metalli preziosi americani, ma è probabilmente da attribuirsi soprattutto all’aumento demografico. L’aumento della massa monetaria non risolveva comunque tutti i problemi del fabbisogno finanziario e commerciale. Tuttavia, il più delle volte il denaro non viaggiava affatto o si muoveva da città molto vicine ai luoghi di pagamento. Tutto ciò si reggeva su elaborati meccanismi contabili e nuove tecniche finanziarie. La padronanza di queste tecniche finanziarie assicurò un’efficienza ed una rapidità degli affari.
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