Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Il colloquio nel servizio sociale, Dispense di Metodi E Tecniche Del Servizio Sociale

C è un passaggio sostanziale del lavoro del AS con funzioni che vanno dal controllo alla promozione della persona. L'AS è un attività professionale dai contorni variabili, nel C le "buone prassi"

Tipologia: Dispense

2017/2018

Caricato il 04/07/2018

marycav
marycav 🇮🇹

4.5

(2)

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Il colloquio nel servizio sociale e più Dispense in PDF di Metodi E Tecniche Del Servizio Sociale solo su Docsity! Allegri, Palmieri, Zucca "Il colloquio nel SS" Il C è un passaggio sostanziale del lavoro del AS con funzioni che vanno dal controllo alla promozione della persona. L'AS è un attività professionale dai contorni variabili, nel C le "buone prassi": la relazione corretta con l'altro, l'organizzazione, l'analisi e l'interpretazione dei dati, rappresentano i vari livelli in cui opera: il rapporto con il singolo, l'azione sul territorio, la rappresentazione dell'organizzazione del servizio. Il rapporto con il singolo più che mai complesso spazia dalla relazione intima, empatica fino ai CONFINI PRECISI tecnico-professionali ed il rispetto della privacy. Ciò spiega la difficoltà di tenere un continuo nel C un bilanciamento tra la personalizzazione (e relazione di fiducia) e l'impersonalizzazione che regola la giusta distanza. I rigorosi riferimenti scientifici che sintetizzano in modo critico le problematiche dell'utenza, alcune mappe di orientamento teorico-metodologiche, lo studio della casistica, vengono in aiuto a questa difficoltà. CAPITOLO 1 (Il C come strumento) 1.1 Come in altre professioni d'aiuto (in psicologia, in medicina etc.) il C è una conversazione con uno scopo preciso accettato dai partecipanti. Proprio questo "scopo comune" differenzia il C da una comune conversazione. Ne emerge quindi il contesto, la "cornice" dove: 1) l'AS delimita il campo di interazione 2)l'ut costruisce la fiducia attraverso il riconoscimento basato sulla qualità dell'interazione. La regia del C: tempi, modalità e obiettivi resta all'AS, siamo di fronte quindi ad un rapporto impari. La base del C è caratterizzato dalle STORIE dell'ut, ma non solo il contenuto anche il contenitore (l'ambiente, la spazio fisico, il clima relazionale...) svolge una parte importante. Resta da gestire in oltre il fattore emotivo che può causare interruzioni o deformazioni del C. L'AS in quanto professionista e dipendente pubblico non può non sottrarsi a interazioni a volte di difficile gestione, o emotivamente difficili da gestire. L'AS non può a differenza dell'ut farsi travolgere dalle emozioni perdendo di vista lo scopo prefissato. Gli autori paragonano il C ad una rappresentazione teatrale con un inizio, uno svolgimento, una fine, con gli attori (con i propri ruoli), e lo spazio scenico; la regia deve rimanere sempre all'AS. Gli attori-ut portano molto o poco materiale, risposte o dubbi e l'AS spetta il compito di organizzare informazioni e raccoglienerne altre dalle reti dell'ut. Si possono individuare 3 "prospettive di applicazione": il C psicologico che ha come obiettivo dinamiche personali e interpersonali della soggettività degli individui il C psico-sociale con dinamiche intersoggettive contestualizzate delle credenze e degli atteggiamenti il C sociale dove gli scopi e le modalità di approccio sono inerenti a eventi oggettivati (o ritenuti tali): dati, certezze, cose, verità. L'intervista ed il C sono entrambi centrate sullo scambio verbale tra due persone, la differenza si coglie su come sono strutturate. Nell'IN l'op ha lo scopo di raccogliere informazioni, mentre il C è maggiormente incentrato sulla relazione, vi è si la necessità di raccogliere informazioni, ma la relazione è considerata informativa allo stesso modo. L'IN prevede un questionario scritto, una traccia, con domande aperte e chiuse che la guida, ma l'interazione tra ut e op può essere superflua. 1.1.1. Il C non può esistere senza alcuni principi fondamentali del SS. EMPATIA restare con l'ut mantenendo la giusta distanza, riconoscere la soggettività senza esserne travolti. Percepire le emozioni, i sentimenti dell'altro riconoscendo la sua unicità. INTERESSAMENTO un accettazione incondizionata dell'altro come persona (e degli aspetti meno accettabili) AUTONOMIA e RECIPROCITÀ per evitare in un rapporto asimmetrico uno stato di regressione o dipendenza dell'ut. AUTENTICITÀ la qualità più importante, composta dalla sincerità. FIDUCIA che va costruita tramite l'autenticità, la disponibilità all'ascolto. RISPETTO che porta a considerare ogni ut unico e irripetibile. NON DIRETTIVITÀ intesa come valorizzazione dello spazio e del ruolo dell'ut AUTOVALUTATIVITÀ la capacità di riconoscere i propri pregiudizi e di sospenderli se dannosi per la relazione. 1.1.2.Tecnica, capacità ed atteggiamenti non possono essere acquisiti solo con corsi di specializzazione, ma serve uno "stato adulto della mente" che corrisponde a una maturità, una consapevolezza di sé, del proprio mondo interno, dei propri limiti, dei conflitti non risolti per evitare di proiettare all'altro i propri pensieri ed emozioni, e per riuscire a tollerare la sofferenza dell'ut senza farsi travolgere. Occorre abbandonare un immagine di sé ONNIPOTENTE che fonda la propria professionalità sulla convinzione che fare qualcosa continuamente possa risolvere tutti i problemi dell'utenza. Nel processo di aiuto occorre sospendere il pensiero sul registro del fare dove, secondo la logica"a problema rispondo", non si opera in modo riflessivo. L'ascolto e un aspetto fondamentale ed ATTIVO del processo, coglie gli aspetti verbali e non verbali della comunicazione, i fatti e le emozioni. L'AS deve individuare gli argomenti centrali nel discorso, divenendo responsabile della conduzione del C e della conversazione. Allo stesso modo deve avere la capacità di formulare i propri pensieri e sentimenti utilizzando un linguaggio adatto (chiaro e comprensibile) all'ut che può essere a sua volta appartenente a differenti estrazioni culturali e sociali. 1.2 Le coordinate del C. Le coordinate principali del C ruotano attorno l'uso dello SPAZIO e del TEMPO. L'impiego di queste coordinate può spaziare da un uso personale ad uno strettamente burocratico fino all'imitazione di altre professioni che godono di più notorietà o prestigio (come quella dello psicologo). Lo spazio: la gestione dello spazio è una variabile che influenza fortemente l'intervento dell'AS. Ecco alcuni es. A) la chiusura della porta segna l'inizio del C, spazi promiscui, poco insonorizzati costituiscono segnali d fragilità del dialogo. B) La scrivania, la sua posizione è un segnale inequivocabile. Rappresenta una posizione di potere in alcuni casi può essere una difesa per l'AS, in altri una barriera capace di inibire la conversazione. C) l'uso del telefono o del telefonino, seppur largamente accettato, rappresenta un l'interruzione del flusso durante il colloquio (come tenerlo acceso al cinema) va comunque utilizzato in modo discreto. Il tempo medio per un C oscilla attorno i 60', nei quali sono compresi l'accoglienza (o la presentazione) iniziale, i saluti finali e la parte centrale (almeno metà del tempo) nella quale si opera sul focus. Gli autori evidenziano che spesso l'ut a fine C, nei momenti del saluto, consegni all'AS "come una bomba" una comunicazione importante che meriterebbe di iniziare un secondo colloquio. È necessario fissare un nuovo appuntamento, evitando di riprendere o squalificare l'ut. 1.2.3 Il C domiciliare presenta rispetto al colloquio in struttura diverse 2.4 Durante il C è preferibile utilizzare domande aperte, le domande chiuse propongono solo due risposte o restringono il ventaglio delle risposte possibili. Necessario assicurarsi che l'ut abbia compreso le informazioni trasmesse e affrontare i suoi vissuti emotivi. Durante il C si pongono domande non soltanto per ricevere informazioni dirette, ma anche per facilitare l'ut a narrare e ricostruire la propria biografia fornendogli una traccia. Bisogna tenere in considerazione anche l'intonazione della voce di chi pone le domande, può in qualche modo influenzare le risposte. Non si deve sovraccaricare di domante l'ut, per non confonderlo o bloccarlo, ma nemmeno lasciare all'ut il peso della conversazione, se le domande dovessero essere scarse. Rimane la gestione del silenzio, utile sarebbe per l'AS non riempirlo forzatamente, ma ricostruire con l'ut il suo significato (impotenza, riflessione, paura, etc.) 3 CAPITOLO (Il C come oggetto) è opportuno non sottovalutare il peso delle parole (senza arrivare all'interpretazionismo psicologico selvaggio), l'uso delle metafore, i modi di dire (nei vari ambiti culturali), lo "stile" personale dell'utente. Il LINGUAGGIO è un importante registro che ci consente di attraversare le esperienze anche molto dolorose della nostra esistenza. Le persone hanno bisogno delle proprie parole (che sono delle proprie rappresentazioni mentali), per capire che cosa succede loro e per sostenere i cambiamenti difficili e a volte impercettibili. A volte capita, per esempio, che una donna non riesca a separarsi dal proprio partner, inducendo l'AS a pensare all'impossibilità di continuare. Un'analisi più attenta potrebbe invece rivelare il cambiamento nella rappresentazione del problema. L'ascolto è quindi paragonabile al lavoro di osservazione, è un continuo e lungo lavoro di traduzione delle parole-gesti che costituisce l'essenza del colloquio. Il TESTO, la trascrizione del C, non segue un percorso narrativo lineare ed omogeneo, i testo del colloquio utilizza spesso la contaminazione del linguaggio postmoderna nella forma (con l'utilizzo di supporti differenti), ma anche nel contenuto inserendo testi di colloqui conoscitivi, interventi concreti, fratture inattese, cambiamenti più o meno auspicati. Ecco alcune chiavi di lettura. 1) analisi delle coerenze del discorso: sul piano dei contenuti (cosa comunico?) e della relazione (in che modo) 2) valutazione degli spazi della parola: quali spazio occupano distintamente i singoli interlocutori (AS compreso)? 3) attenzione verso il codice linguistico selezionato (in modo più o meno intenzionale). attenti a utilizzare un codice vicino alle scelte linguistiche del nostro interlocutore. 4) analisi delle forme di comunicazione (analisi logica e grammaticale) 5) individuazioni di costanti o varianti tematiche 6)modificazioni del tessuto dialogico (come il "copione della scena teatrale" si modifichi nel tempo, come cambiano le battute, come cambiano i ruoli. 7) analisi delle interazioni tra parole e azioni: esiste un continum "dico quello che faccio" o viceversa disconfermo quanto detto (predico bene e razzolo male). 3.2 Nella conduzione del C assume particolare importanza la comunicazione non verbale (CNV), non significa che essa abbia un ruolo centrale o esclusivo, nelle dinamiche del colloquio, ma spesso aggiunge una visione alternativa in quanto è meno controllabile di quella verbale. Anche il professionista deve avere una certa consapevolezza del proprio corpo ed essere in grado di leggere la propria CNV. Alcune funzioni della CNV 1) può facilitare l'inizio della relazione 2) trasmettere informazioni sulla prima idea che ci facciamo dell'altro (simpatia \ antipatia) 3) trasmettere informazioni sull'immagine che ognuno ha di sé stesso 4) comunica contenuti che rinforzano o smentiscono quanto detto verbalmente 5) regola il flusso della conversazione 6) utilizza gesti convenzionali e condivisi per trasmettere informazioni Nella CNV si può inserire anche l'utilizzo dello spazio dell'ufficio, e in che modo occupiamo lo spazio sia con oggetti (quadri , sedie, tavoli) sia con il mostro corpo come con la POSTURA ad esempio. La POSTURA è la presentazione di sé (seppur fortemente correlata alla cultura di provenienza). Tuttavia è meno controllabile di altri segnali non verbali come le espressioni del viso o il tono della voce. Un altro aspetto della CNV è la prossemica cioè la gestione dello spazio sociale. Tale modalità varia al cambiare del grado di intimità della relazione in atto, della cultura di appartenenza, delle circostanze, dell'età, del ceto sociale. 3.3 IL SILENZIO può creare difficoltà in particolar modo all'AS inesperto. Spesso si tende a coprirlo con domande o affermazioni. Il S può essere uno spazio dove l'ut riformula il proprio pensiero, oppure esprimere difficoltà nel proseguire il C. L'ut può aver necessità di piangere, fermarsi per controllare le emozioni, riordinare idee e concetti. L'ut può rimanere in S anche perché parli l'op fornendogli una risposta. Attraverso il S è possibile osservare meglio la CNV: la mimica facciale, lo sguardo possono offrire informazioni utili, non è sempre opportuno colmare o interrompere il S. Diviene importante interrogarsi sui significati del S, a volte può essere vissuto dall'ut come frustrante o minaccioso, Heap individua 6 tipi di S .1 S della transizione: es nella creazione dell'identità di un gruppo (l'op deve creare un clima non minaccioso e stimolare l'iterazione). .2 S come reazione a nuove conoscenze: es di informazioni traumatiche (l'op non deve rompere il silenzio) .3 S come isolamento: es nella scarsa interazione (il S va interpretato) .4 S come passività: (il S va commentato, si rinforza poi l'ut) .5 S come aggressività passiva (commentando il S l'AS deve accettare le critiche a suo carico) .6 S come strumento terapeutico (utilizzato dall'AS come tecnica per il cambiamento) 3.4 L'analisi della domanda. Si provi a immaginare la scena dal punto di vista dell'ut. Per capire come ci si sente gli autori pongono come parametro la prima volta che ognuno di noi si è trovato per la prima volta difronte ad una persona che rivestiva panni istituzionali (un funzionario, un medico, un insegnante); cosa abbiamo provato? Cosa abbiamo cercato? Così è il primo colloquio con l'ut. Giungendo ad un servizio (sociale o sanitario) ognuno di noi porta con sé le proprie rappresentazioni, i pregiudizi. In relazione a ciò si pone la questione del' “l'analisi della domanda”: cosa mi porta come ut a rivolgermi all'AS? Perché ora? Come ho già affrontato il problema? Con chi e come? Cosa chiederò alll'AS? Caso: Marta si rivolge ai SS per fratello con problemi psichiatrici (con poca consapevolezza di malattia) che ha perso il lavoro ed è depresso. La madre noN riconosce le difficoltà del figlio, la sorella ha scarsa fiducia nelle istituzioni visto i scarsi risultati ottenuti. Il problema non è tanto la manipolazione dell'ut del problema consapevole o inconsapevole (quando invece di cercare di portare le proprie esigenze cerca di prendere ciò che può ottenere dall'AS), l'op è abituato a questa tipologia di approccio, quanto il disorientamento nel quale l'ut arriva al SS. Tale disorientamento viene proiettato direttamente sul servizio con paura: cosa mi succederà?, in quanti mani finirò?, quanta burocrazia dovrò subire? Etc. Queste proiezioni a volte trovano effettivo riscontro nelle istituzioni (inerzie, burocrazia, rigidità...) a volte le difficoltà riguardano i problemi dell'ut. Il PROCESSO DI IDENTIFICAZIONE DELLA DOMANDA serve proprio a questo: a chiarire queste dimensioni, nelle quali il problema riguarda non solo l'ut, ma anche l'AS. Da parte dell'AS è necessario quindi una SOSPENSIONE LOGICA dello schema “a domanda rispondo” o “a richiesta erogo” il servizio. Qui la sospensione equivale ad un riflettere ed interrogarsi sulla domanda per non farsi sospendere dalle parole dell'ut o dalle proprie emozioni. Ma su cosa è opportuno riflettere? .7 Su come la persona parla di sé e delle proprie difficoltà .8 Su che cosa pensa sarebbe utile fare, su cosa si è già fatto .9 Su chi o cosa è stato coinvolto per la soluzione dei problemi .10 Sul perché proprio adesso l'ut si è rivolto ai SS .11 Che cosa pensa che il SS possa fare per lui e quale idea ha dei SS .12 Se è stato spontaneo l'accesso o se stato indotto da qualcuno o qualcosa. L'AS deve quindi capire bene prima di intervenire, e nel caso non sia opportuno posticipare i primi interventi l'AS dovrà porre attenzione alla reazione dell'ut nei confronti degli interventi proposti (accettazione, rifiuto, riformulazione...), tale reazione servirà anch'essa nell'analisi della domanda. 3.4.1 Se l'utente non esprime domande. È evidente che in alcuni casi non è l'utente ad esprimere la domanda, in alcuni casi (in quelli coatti ad es) la eviterebbero. In questi casi è compito dell'AS entrare nelle vite dell'ut. La domanda può essere formulata da un familiare o dal Servizio stesso, e questo aspetto porterà alcuni ut a produrre ostilità o rabbia nei confronti dell'AS all'inizio della relazione. L'AS quando “non gradito” dovrà gestire la frustrazione del mancato riconoscimento del ruolo o del proprio operato. Come un “genitore cattivo” che richiama i propri figli l'AS deve evitare manipolazioni illusorie cercando di persuadere l'ut della “bontà” dell'intervento a suo favore. L'AS, nel mandato istituzionale dovrà capire “se”,“come”, e “quando” intervenire valutando l'aspetto oppositivo. IN SINTESI La “materia viva” del C è lo scambio di parole tra gli attori, parole che vanno considerate nella dimensione di SIGNIFICATO (cosa si vuole dire) e SIGNIFICANTE (come lo si dice). Gli Aspetti importanti della C sono: il TESTO (la trascrizione), la COMUNICAZIONE NON VERBALE e il SILENZIO, tre elementi soggetti alle VARIABILI SOGGETTIVE E SIMBOLICHE. Ultimo elemento chiave è l'ANALISI DELLA DOMANDA, e l'assunzione per la decifrazione di un ASSETTO MENTALE, caratterizzato dalla sospensione logica del classico schema “a domanda rispondo”, che non significa una chiusura, ma una riflessione: un'apertura di uno
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved