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Il concetto di Antropocene, Appunti di Storia

storia ambientale il concetto di antropocene

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 28/05/2020

miki961996
miki961996 🇮🇹

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Scarica Il concetto di Antropocene e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! STORIA AMBITALE: STORIA DELL’ANTROPOCENE Tra i diversi temi che hanno affollato il dibattito accademico mondiale negli ultimi anni, uno dei più popolari è quello di Antropocene. il concetto di Antropocene è stato reso celebre nel 2000 da un articolo firmato dal biologo Eugene Stoermer (che aveva già usato questo termine nel corso degli anni ’80) e dal premio Nobel per la chimica Paul Crutzen. Quest’ultimo ha ulteriormente approfondito il concetto due anni dopo, in un articolo comparso sulla rivista «Nature» e dal titolo indicativo Geology of mankind-The Anthropocene. Il titolo del saggio esprime efficacemente l’idea di fondo dell’autore: negli ultimi secoli, gli uomini sono diventati il principale agente geologico; le loro azioni hanno avuto un impatto planetario tale da poter considerare concluso l’Olocene, il periodo temperato iniziato circa 11.500 anni fa, al termine dell’ultima fase glaciale. È quindi opportuno parlare dell’inizio di una nuova epoca geologica, poiché le conseguenze dell’azione umana influenzeranno il funzionamento della Terra in maniera duratura. E’ ormai possibile distinguere tra due discussioni tra loro strettamente correlate: quella sull’Antropocene inteso in senso stretto, come concetto geologico, e quella sull’Antropocene come categoria culturale. La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile di Amitav Ghosh, versione italiana del libro comparso l’anno precedente in lingua inglese. Nella prima parte del libro Ghosh riflette sui motivi per cui fenomeni ormai divenuti centrali nella vita di milioni di persone, quali gli effetti del cambiamento climatico, non hanno trovato ancora uno spazio adeguato nella letteratura contemporanea. Per Ghosh, la causa di questo fenomeno è da cercare innanzitutto nelle forme assunte dal romanzo negli ultimi secoli. Sin dalle sue origini, il romanzo borghese si è caratterizzato come realista, cercando di relegare gli eventi considerati improbabili (come quelli naturali) ai margini del racconto, ponendo al centro della trama vicende quotidiane, spesso individuali oppure inserite in avvenimenti e trasformazioni politico-sociali. Oggi che, dal punto di vista ambientale, l’improbabile sta diventando consueto, la letteratura si trova impreparata a rappresentare questi fenomeni: «inutile negare che la crisi climatica sia anche una crisi della cultura, e pertanto dell’immaginazione». La terza parte riflette sulle ragioni che hanno impedito alle principali istituzioni nazionali e internazionali di far fronte all’emergenza del cambiamento climatico. Ghosh, per evidenziare i limiti dell’attuale governance globale in materia, propone un confronto tra la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (il cosiddetto Accordo di Parigi) e un altro testo dedicato alle medesime tematiche e uscito nello stesso anno (2015): l’enciclica Laudato si’. Entrambi i documenti partono dalle preoccupazioni per i fenomeni messi in moto dal cambiamento climatico. La parte centrale de La grande cecità è quella a cui fa più rinferimento, poiché riflette sulla storia, sulle implicazioni che il cambiamento climatico e il concetto di Antropocene possono avere per le discipline storiche. A essere dibattuta è in primo luogo l’Antropocene come nuova epoca geologica. - La prima ipotesi dal punto di vista cronologico è quella di un antico Antropocene, il cui avvio è stato fissato all’incirca 8.000 anni fa. Tale fase fu caratterizzata da un processo di intensa deforestazione in seguito alla diffusione delle pratiche agricole in varie parti del globo; un fenomeno che produsse trasformazioni ecosistemiche e un rapido aumento delle emissioni di anidride carbonica. - La fine del XVIII secolo è un’altra delle possibili fasi di avvio dell’Antropocene. Se la prima periodizzazione individuava nello sviluppo delle società agricole, durante la cosiddetta rivoluzione neolitica la causa del passaggio all’Antropocene, la seconda sposta il focus sulla rivoluzione industriale inglese. (Crutzen) L’autore individuava nel 1784, anno in cui James Watt apportò le modifiche che consentirono alla macchina a vapore da lui inventata di produrre un moto circolare continuo, l’avvio di questa nuova epoca. La datazione deriva da un’interpretazione ormai consolidata della rivoluzione industriale inglese, intesa in primo luogo come rivoluzione tecnologica, e dell’uso delle fonti energetiche. Il fattore decisivo e scatenante del processo iniziato in Inghilterra tra il XVIII e l’XIX secolo fu il passaggio da un’economia organica a un’economia fondata sull’utilizzo dei combustibili fossili. (salto qualitativo e quantitativo). Ciò ha avuto una evidente implicazione ambientale con aumento di emissioni di anidride carbonica - Una terza proposta di periodizzazione è quella adottata dall’Anthropocene Working Group, che ha collocato l’inizio dell’Antropocene intorno alla metà del XX secolo, in concomitanza con l’avvio di quella che è stata definita «la Grande Accelerazione». A partire dal secondo dopoguerra. Un team di ricercatori guidato dal chimico americano Will Steffen ha elaborato i dati di 12 indicatori utili a comprendere la portata di queste trasformazioni. Nell’arco di mezzo secolo (1950-2000), la popolazione mondiale è passata da circa due miliardi e mezzo di persone a oltre sei miliardi di persone. Quella che vive in aree urbane è cresciuta da circa 730 milioni di persone a oltre 2 miliardi e 800 milioni. I veicoli motorizzati sono passati da 40 milioni a circa 700 milioni. Il consumo di fertilizzanti è passato da 14,5 a 136,2 milioni di tonnellate. Questi dati sono stati confrontati con quelli derivanti dall’analisi di altri 12 indicatori, che dovrebbero dar conto dell’evoluzione della struttura e del funzionamento del sistema Terra nello stesso arco di tempo, con l’obiettivo di osservare la presenza di trend comuni tra i due gruppi di indicatori. I risultati in questo senso lasciano pochi dubbi, e non sono rassicuranti: vasti processi di acidificazione degli oceani, eutrofizzazione delle zone costiere, abbattimento delle foreste tropicali e una perdita di biodiversità tale che quella in corso può essere considerata la sesta estinzione di massa. Infine, il parametro che è solitamente utilizzato come “termometro” dell’Antropocene: la concentrazione di anidride carbonica nell’aria. Stando ai dati disponibili, fino al 1850 essa era rimasta nell’intervallo di oscillazione dell’Olocene, compreso tra le 260 e le 285 parti per milione (ppm), per poi salire a 296 nel 1900, 311 nel 1950 e 386 nel 2010. A questi dati se ne potrebbero aggiungere altri, riguardanti interventi antropici altrettanto pervasivi e irreversibili, quali ad aumenterebbe ulteriormente, se tenessimo conto del fatto che una quota rilevante delle emissioni attribuibili ai paesi poveri è dovuta alla produzione di merci consumate esclusivamente nei paesi ricchi. Gli attuali livelli di concentrazione di anidride carbonica nell’aria non sono il frutto di una traiettoria indifferenziata del genere umano. Ci sono aree del globo in cui il livello delle emissioni è aumentato solo da alcuni decenni, mentre in altre zone questo processo è iniziato da oltre due secoli. Malm e Hornborg ritengono sostanzialmente valida una datazione che individua nella prima rivoluzione industriale l’origine dell’attuale crisi climatica. Tuttavia, rifiutano di considerare i processi avviati allora come l’inevitabile conseguenza di alcuni sviluppi tecnologici. Alcuni autori hanno suggerito di superare il concetto di Antropocene in favore di definizioni (e narrazioni) più adatte a spiegare le cause dell’attuale crisi ambientale. È il caso, ad esempio, di Jason Moore, articola questo modello attraverso il concetto di “ecologia mondo” e individua le origini dell’attuale crisi ambientale nella fase di ascesa della civiltà capitalistica. Per queste ragioni, Moore ritiene il termine Capitalocene più adatto a spiegare origine ed evoluzione degli attuali rapporti socio-ecologici. Dal punto di vista storiografico, gli approcci critici sopraindicati si discostano profondamente dalle proposte metodologiche avanzate in The Climate of History da Chakrabarty. Per quest’ultimo, non è possibile spiegare l’emergere dell’Antropocene solo attraverso una storia del capitale e della globalizzazione; una reale comprensione di questi fenomeni implica un radicale ripensamento delle discipline storiche che tenga conto anche della storia universale della specie umana. In un dibattito così articolato, il pregio del saggio di Ghosh, come ricordato, è quello di riflettere a partire dalle contraddizioni che emergono accostando le diverse narrazioni sul cambiamento climatico. Anche per Ghosh la prospettiva storica è essenziale per mostrare come l’Antropocene non sia il frutto di un percorso lineare e condiviso da parte del genere umano, bensì il risultato di molteplici processi, tra loro spesso contrastanti. Tra questi Ghosh riconosce l’importanza del capitalismo, ma ritiene vi sia un altro aspetto, più trascurato, ma egualmente importante: l’impero e l’imperialismo. Secondo Ghosh, per comprendere appieno quest’aporia della modernità messa in luce dal cambiamento climatico, è necessario abbandonare un approccio eurocentrico e rivolgere lo sguardo innanzitutto verso l’Asia. È qui che le emissioni di gas serra sono aumentate più velocemente negli ultimi decenni, in seguito alla rapida industrializzazione di intere nazioni. Sempre in Asia vive la maggior parte delle persone che rischiano di essere coinvolte per prime (o che sono già state coinvolte) dagli sconvolgimenti climatici. Soprattutto, per questioni demografiche, l’esperienza storica del continente asiatico dimostra «che gli stili di vita nati dalla modernità sono praticabili solo per una piccola minoranza della popolazione mondiale». BonaN ritiene che queste ultime considerazioni di Ghosh cioè l’esigenza di mettere in discussione e superare categorie considerate come eurocentriche (in primo luogo una visione tutta europea della modernità). In storiografia, questo orientamento si è intrecciato e parzialmente sovrapposto con alcune delle linee di ricerca più frequentate degli ultimi decenni, quelle riconducibili alla storia mondiale o globale. due tendenze. - La prima predilige un approccio fondato sull’analisi quantitativa, le periodizzazioni lunghe, lo studio di macro-fenomeni e grandi strutture. - Da tutt’altra prospettiva, alcuni studiosi hanno inteso il “globale” come un modo per superare categorie temporali e geografiche ritenute datate e per riflettere sul ruolo degli attori individuali e collettivi nel costruire categorie alternative. Questa divergenza rischia di assumere caratteri ancora più marcati nello studio delle grandi trasformazioni ambientali. Nella conclusione del primo capitolo, Ghosh afferma che il recente ritorno delle immagini nell’universo testuale del romanzo (a cui vanno collegati gli abbinamenti tra immagini e testo resi possibili dalle tecnologie digitali e le graphic novel) fa ben sperare per lo sviluppo di forme narrative ibride, più adatte a raccontare il cambiamento climatico del romanzo tradizionale. Forse anche gli storici dovranno riflettere sull’adozione di nuove – e più ibride – forme per interrogarsi sulle grandi questioni ambientali e per diffondere i risultati delle loro ricerche a una platea che non sia ristretta al proprio settore disciplinare o al solo mondo universitario. È interessante notare che tra i risultati più felici conseguiti dagli storici sul tema dell’Antropocene, sia in termini di coinvolgimento in progetti interdisciplinari, sia per capacità di contestualizzare attraverso oggetti e vicende “concrete” processi astratti come il cambiamento climatico, vi siano alcune iniziative in cui le tradizionali pubblicazioni accademiche non erano il fine, ma il corollario di video-installazioni, mostre o progetti espositivi. 1. ENERGIA E POPOLAZIONE I fisici ritengono che l’energia esista nell’Universo in quantità finita ma sotto forme differenti. Questa, sulla terra, proviene quasi tutta dal sole. Per gli scopi umani, le principali forme di energia sono il calore, la luce, il movimento e l’energia chimica il sistema energetico/organico ha prevalso fino al 1700 quando in in Inghilterra l’uso del carbone supera i limiti imposti dal modello precedente. Con i combustibili fossili il genere umano ha guadagnato l’accesso a toni di energia solare congelata, forse l’equivalente di 500 milioni di fotosintesi precedente. Il carbone è stato sfruttato come prima fonte tra il 1890 e il 1965, venendo poi soppiantato dal petrolio, che ora a sua volta sembra perdere importanza rispetto ai gas naturali. Il ritmo crescente di consumo energetico nella storia moderna che rende il nostro tempo estremamente diverso da qualunque epoca percepente nella storia dell’umanità. L’ENERGIA RICAVATA DAI COMBUSTIBILI FOSSILI E L’AMBIENTE Una società basata sui combustbili fossili ha portato allo sviluppo moderno, ma ha anche provocato numerose conseguenze ambientali: a. Efetti diretti dell’astrazione del trasporto e della combustione di carbone, petrolio e gas naturali: sono aspetti legati all’inquinamento dell’aria del suolo e delle acque. b. Effetti indiretti della disponibilità di energia in abbondanza e a basso costo: garantendo uno sviluppo + veloce. Estrarre energia fossile da crosta terrestre = attività problematica da sempre. . Estrazione di petrolio problematiche ambientali diverse ma non minore dissenso. 
 IL TRASPORTO DI CARBONE E PETROLIO Il carbone è facilmente trasportabile attraverso vagoni ferroviari e chiatte e gli incidenti per il trasporto verificatosi sono stati pochissimi e con conseguenze minime, Il petrolio è trasportato su petroliere o attraverso oledotti; gli incidenti durane il trasporto in questo caso sono stati molti e anche molto inquinanti • La Manica: due incidenti nel ’67 e ’78. 
 • Città del Capo: 1983 
 • Golfo del Messico, Mar Mediterraneo (2002 SP), golfo Persico > numero episodi 
 Peggior incidente in termini umani: delta del Niger 1998 apertura di una falla, poi esplosione e sfera di fuoco che uccise + di 1000 persone. 2 villaggi rasi al suolo. • Petroliere e oleodotti sono + economici e insieme + rischiosi del trasporto di carbone UTILIZZO DEI COMBUSTIBILI FOSSILI E INQUINAMENTO ATMOSFERICO Gli effetti della combustione del carbone furono ad esempio la fitta nebbia londinese. Il petrolio, invece, brucia in modo più pulito, ma non meno dannoso. Inoltre, i combustibili fossili, specialmente il carbonio, causano un diffuso processo di acidificazione. L'acidificazione si è rivelata uno dei problemi più facili da affrontare: occorre un po' di tempo perché gli ecosistemi ristabiliscano il proprio equilibrio dopo l'acidificazione ma in Europa Settentrionale e America del Nord già nel 2000 il recupero appare evidente La Polonia e i paesi limitrofi che usavano tantissimo carbone si cosparsero reciprocamente di piogge acide che a volte toccano l'acidità dell'aceto. Gli scandinavi scoprirono il danno causato ai propri corsi d'acqua dovuto alla combustione del carbone da parte di inglesi e tedeschi. INQUINAMENTO DEL PETROLIO: • brucia in modo più pulito del carbone, ma la sua combustione rilascia piombo, monossido di carbonio, anidride solforosa, ossidi di azoto e composti organici volatili (COV) che, insieme alla luce solare, producono smog fotochimico. mondiale: la causa è da ricercare nel fatto che sono energie difficili da accumulare e soprattutto nel campo dei trasporti i vantaggi del petrolio sono fortissimi. Effetti indiretti dell'abbondanza di energia La disponibilità di energia è centrale per definire l’Antropocene. • Mai nella storia dell’uomo vi è stata tanta disponibilità di energia a basso costo, e questo ha influenzato tutti i campi dell’agire umano, dai trasporti, all’industria, all’agricoltura, ma anche l’attività mineraria, la pesca, la progettazione urbana, il turismo -Impennata della deforestazione mondiale, iniziata nel 1960, è una delle grandi trasformazioni ambientali della storia moderna, resa possibile dal petrolio
 • Ora un contadino può da solo gestire una quantità di terreno inimmaginabile per i suoi predecessori che avevano bisogno di enormi risorse umane per lavorare nei campi. 
 POPOLAZIONE Dopo il 1945 c’è stata la più significativa esplosione demografica nella storia dell’uomo. - Per gran parte della storia dell’umanità i tassi di crescita della popolazione sono stati infinitesimali; Tra il 1945 e il 2015 invece gli abitanti del pianeta sono triplicati! 
 o Un grande picco seguì alla seconda guerra mondiale.
 o La crescita ha raggiunto l’apice intorno al 1970, attestandosi intorno al 2% annuo, poi il tasso scende, arrivando nel 2015 all’1,15% L’incremento demografico ha avuto impatti variabili sull’ambiente. La crescita demografica ha giocato un ruolo più decisivo in termini ambientali per via dei processi legati alla produzione di cibo In alcune zone, invece, l’incremento demografico ha contribuito a stabilizzare il paesaggio ( per es. sulle Ande, sulle colline del Mediterraneo, sull’Himalaya e nell’Est e Sud Est asiatico, l’alta densità della popolazione, e quindi sufficiente manodopera, ha permesso un migliore sfruttamento del suolo e la sua conservazione, per esempio con i terrazzamenti che hanno salvato dalle frane. ) Alcune volte la popolazione non c’entra affatto con i cambiamenti ambientali o La caccia alle balene
 o L’assottigliamento dello strato di ozono nella stratosfera, dovuto principalmente a prodotti chimici quali i clorofluorocarburi (CFC)
 o I disastri ambientali non hanno avuto alcun rapporto percepibile con l’aumento della pop CLIMA E DIVERSITA’ BIOLOGICA - Il clima della Terra è estremamente complesso e coinvolge relazioni impercettibili e non del tutto comprese fra il Sole, l’atmosfera, gli oceani, la litosfera (la crosta terrestre), la pedosfera (i suoli) e la biosfera terrestre (le foreste soprattutto). 
 - C’è ormai un accordo unanime tra gli scienziati sul fatto che l’uomo abbia cambiato la situazione del clima sulla Terra, in particolare alterando il ciclo del carbonio nel pianeta (Bruciando 
 combustibili fossili ed emettendo anidride carbonica (CO2) ) 
 Fattori che possono incidere sul clima: - l’uomo: alterando il ciclo del carbonio nel pianeta (bruciando combustibili fossili con passaggio del rilascio di carbonio in atmosfera da 3 mln di tonnellate/anno nel 1750 a 9500 mln di tonnellate/anno nel 2015). - Concentrazione dei gas atmosferici: presenti grazie allo strato dell'atmosfera che li tiene chiusi, i gas serra assorbono la maggior parte dell'energia termica infrarossa che proviene dal sole, ma la loro eccessiva presenza può causare innalzamento delle temperature. • - Modificazioni all'interno e sulla superficie terrestre - Irradiazione solare: influenza la quantità di radiazioni che raggiungono il pianeta - le oscillazioni dell'asse terrestre (cicli di Milankovic): si verificano nel corso di migliaia di anni e contribuiscono a determinare i periodi di glaciazione della terra - Le eruzioni vulcaniche: abbassano la temperatura I cambiamenti climatici antropogenici sono causati dal fatto che dalla Rivoluzione industriale l'uomo ha alterato la distribuzione del carbonio tra i vari strati: è stato rimosso dalla terra e rilasciato nell'atmosfera ad un ritmo molto più veloce di come sarebbe accaduto con ciclo naturale (avvenuto o attraverso deforestazione, combustione del legno, suoli ricchi di carbone lasciati esposti al sole OPPURE attraverso la combustione dei carburanti fossili); inoltre l'uomo ha anche aumentato la concentrazione di altri composti di carbonio contenenti gas serra. Aumento delle emissioni di carbonio antropogenico aumento delle concentrazioni di CO2. La concentrazione attuale di CO2 nell'aria è di 400 ppm (parti per milione) contro le 280 preindustriali. Nel corso del XX secolo il livello del mare è salito leggermente, di circa 15 cm. • Effetti del cambiamento climatico/aumento CO2: - Aumento temperatura superficie media maggiore di circa 0,8°C (fine Novecento rispetto a fine Ottocento) - Cambiamento e riscaldamento negli oceani: Innalzamento livello dei mari, Scioglimento delle banchise e dei ghiacci - Mutazione della distribuzione delle precipitazioni nelle singole aree - Eventi metereologici più frequenti ed estremi - Danneggiamento biodiversità - Facilitazione diffusione delle malattie infettive e più decessi umani legati al caldo - scioglimento dei ghiacciai con il conseguente scompenso idrico nelle zone attigue. Storia della scienza del clima - I primi tentativi per spiegare perché la Terra abbia una atmosfera abitabile sono del XIX secolo.
 o Il filosofo naturalista francese Jean-Baptiste-Joseph Fourier, negli anni 20 dell’800 ipotizzava che l’atmosfera intrappolasse una parte dell’energia solare, come un vetro che copre una serra, permettendo una temperatura gradevole al suo interno.
 - Importante fu il lavoro dello svedese Arrhenius, che nel 1896 pubblicò uno scritto in cui descriveva la relazione fra CO2 e clima.
 o Arrhenius riteneva però che l’uomo non avesse la forza per modificare il clima sulla Terra. (Naturalmente non aveva tutti gli strumenti di misurazione che abbiamo noi. ) - La grande svolta nelle scienze climatiche avvenne dopo il 1945 
 o La guerra fredda incoraggiava sempre più investimenti pubblici nelle “scienze dure” (gli scienziati americani divennero figure di primo piano nello studio del clima)
 o Charles Keeling e Roger Revelle crearono la prima stazione affidabile per il rilevamento di biossido di carbonio, collocata in cima al vulcano Mauna Loa (Hawaii) (Questa stazione metereologica fornì agli scienziati le prime misurazioni reali e attendibili delle concentrazioni di CO2 nell’atmosfera, le concentrazioni erano davvero in crescita! ) - Tra gli anni ’50 e ’70 gli scienziati poterono avvalersi dei primi satelliti per studiare la Terra e dei primi computer per sviluppare rudimentali modelli del funzionamento del clima terrestre - L’ esplorazione delle regioni polari ai tempi della guerra fredda portò all’estrazione di carote di ghiaccio che consentirono agli scienziati di esaminare le bolle d’aria in esse intrappolate vecchie di centinaia di migliaia di anni, e di ricavare così informazioni sui climi del passato. - Maggior cooperazione scientifica e sostegno da parte di istituzioni internazionali, come l’Organizzazione metereologica mondiale (OMM) e il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) - Negli anni ’70 un gran numero di eminenti scienziati aveva iniziato a prendere in considerazione l’eventualità che il cambiamento climatico antropogenico fosse possibile - Progressi scientifici proseguirono per tutti gli anni ’70, spinti da continui miglioramenti sul piano tecnico e metodologico, da dati affidabili e da reti di ricerca più sofisticate L’incontro tra scienza e politica - Gli anni ‘80 furono un decennio spartiacque: si rafforzò il consenso scientifico sul riscaldamento antropogenico e l’argomento entrò per la prima volta nell’agenda politica
 o l’assottigliamento dello strato dell’ozono e la scoperta nel 1986 di un “buco” nell’ozono sopra l’Antartico stimolò l’interesse dell’opinione pubblica e diede una forte accelerazione alle trattative politiche riguardo ai problemi climatici.
 dopo il 1945, soprattutto ai tropici, dove viveva la maggior quantità di specie
 o Di contro, nello stesso periodo le foreste temperate (per lo più nell’emisfero settentrionale) sono rimaste grosso modo invariate per estensione( passaggio della deforestazione globale dalle foreste temperate a quelle tropicali)
 o Gli avanzamenti tecnologici del dopoguerra resero molto più facile la deforestazione dei tropici (camion, strade, motoseghe)
 o Anni ’80, la deforestazione della foresta amazzonica divenne il centro dell’attenzione globale Anche gli ecosistemi insulari furono colpiti in modo grave, quanto le foreste tropicali, seppur in modi differenti
 o Le specie insulari non hanno modo di fuggire quando l’uomo le caccia, altera il loro habitat, o introduce specie esogene I mutamenti nella biodiversità acquatica - I decenni successivi al 1945 hanno visto sensazionali alterazioni degli ecosistemi di acqua dolce e marini. o Pochi fiumi sono rimasti nel loro aspetto originale
 o Gli ingegneri hanno costruito migliaia di dighe, bacini e argini di contenimento (La diga di Assuan sul Nilo ne è un esempio eclatante.)
 - Quasi tutti credevano che le risorse ittiche oceaniche possedessero una capacità di autorifornimento pressoché illimitata.
 o Invece questo si è rivelato sbagliato (negli anni ’80 e ’90 i maggiori bacini ittici del mondo mostrarono segni di difficoltà: in gran parte si ridussero, alcuni quasi scomparvero.)
 o L’industria ittica riuscì a far fronte alla domanda usando tecnologie sempre più sofisticate per dare la caccia a pesce in acque sempre più profonde e investendo nell’acquacoltura. - Stesse problematiche per la caccia alle balene, in parte proibita ma continuata per motivi “scientifici” da Giappone, Norvegia, e Islanda. - Altra parte del mare minacciata dall’attività umana sono le barriere coralline, tra gli ambienti più biologicamente diversificati del pianeta 
 o Hanno subito pesche molto più intense a scopo alimentare e per il mercato degli acquari
 o Inquinamento causato anche dalle strutture turistiche (es. Mar Rosso e Caraibi)
 o Anche la graduale acidificazione degli oceani si è rivelata particolarmente dannosa per la barriera corallina
 o Nel mondo, a partire dal 2010 circa il 70% delle barriere coralline porta segni di deterioramento. Conservazione della biodiversità - Nello stesso periodo (XX e inizio del XXI sec) in cui le specie del pianeta hanno subito pesanti attacchi, vi è stato il fiorire di un’intensa attività a favore della conservazione delle specie e degli habitat
 o Sono sorte varie associazioni di tutela, fra cui il World Wildlife Fund (WWF), nato nel 1961. o Il movimento ambientalista di massa ha imposto la salvaguardia delle specie nell’agenda pubblica
 o Anni ’70 organizzazioni come Greenpeace hanno lanciato campagne globali per la messa al bando della caccia alle baleneciò ha portato alla moratoria globale nel 1986
 o Attività diplomaticaimportanti accordi e iniziative internazionali si sono concentrati sulla conservazione della biodiversità ( Dagli anni ’70, la preoccupazione per la biodiversità ha conquistato sempre più l’attenzione della politica, sia a livello nazionale che internazionale)
 o Le riserve e i parchi nazionali sono stati i più comuni strumenti di tutela ( Verso la fine del ‘900 l’idea delle riserve è stata applicata anche agli oceani—>riserve marine, ossia aree in cui ogni tipo di pesca è messo al bando al fine di rigenerare gli ecosistemi degradati ) - La tutela della biodiversità è diventata la norma a livello globale, in reazione al numero sempre maggiore di prove che ne dimostrano il declino - Quesito etico: possiamo accontentarci di vivere in un mondo popolato da miliardi di esseri umani, mucche, polli e maiali ma pochissimi rinoceronti, tigri, orsi polari e balene? - Il XXI sec lascia presagire un’aggressione ancora più pesante sulla biodiversità a causa della crescita del benessere e l’aumento della popolazione 
 o Sarà il cambiamento climatico a influire maggiormente su tutto.
 o Gli scienziati ritengono che un aumento di soli 2 gradi di temperatura potrebbe condurre all’estinzione di un gran numero di specie, fra 1/3 e 1/5 di quelle esistenti attualmente sul pianeta. 
 

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