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Il decadentismo; Giovanni Pascoli; Gabriele d'Annunzio, Appunti di Italiano

Appunti di quinta superiore che offrono: - una visione sul contesto storico generale sul decadentismo e le ricadute in letteratura - Giovanni Pascoli: vita, principali raccolte, poetica. Le poesie: X Agosto, Temporale, Tuono, Lampo, Assiuolo, il Fanciullino - Gabriele d'Annunzio: vita, il "vivere inimitabile", il piacere, la Pioggia del pineto, la sera fiesolana, Stabat nuda estas

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 22/11/2023

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Scarica Il decadentismo; Giovanni Pascoli; Gabriele d'Annunzio e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Decadentismo Nell’ultima fascia dell’800 e nei primi anni del 900, accanto alla cultura positivista che domina lo scenario culturale internazionale, si sviluppa anche una tendenza antipositivistica, proprio negli stessi anni. Altri artisti/pensatori elaborano una visione delle cose/della vita/dell’arte che va in senso contrario al positivismo. È una tendenza dunque antipositivistica, ma quella per eccellenza è quella del decadentismo = non è una corrente, è una sensibilità culturale che sfocia in esperienze diverse. Pascoli e D’Annunzio ne fanno parte. Non è una corrente unitaria, è una sensibilità culturale, un clima, che ha alcuni presupposti comuni, però sfocia in esperienze poetiche diverse; Pascoli per esempio sarà più vicino ai simbolisti, D’Annunzio è un esteta. Pur se fanno poesia secondo stili diversi, hanno una sensibilità decadente. Decadentismo = l’aggettivo decadente nasce con un intento denigratorio, dei critici d’arte per criticare alcuni artisti danno un’etichetta negativa, di disprezzo. I poeti in questioni erano i poeti maledetti, poeti francesi. È un gruppo di poeti della Ville Lumiere in piena Belle Epoque, Charles Baudelaire, Paul Verlaine, Arthur Rimbaud e Stephane Mallarmé. Questi poeti si ribellano, sono attivi a Parigi e sono accomunati da alcuni aspetti peculiari: ⁃ rottura polemica e piuttosto eversiva rispetto alla società borghese del loro tempo. Non solo scrivevano versi che mettono in crisi i valori della società del tempo, esaltano gli aspetti irrazionali della vita, le pulsioni, le esperienze più oscure dell’animo umano. Mostrano una distanza radicale da quella che è la tradizione borghese del loro tempo e della rispettabilità degli artisti. ⁃ Fanno una vita bohème, una vita ai margini, si rifiutano di aderire ai modelli della società borghesi e quindi preferiscono fare una vita marginale. ⁃ Spesso sono coinvolti in esperienze di alterazione psichiche: fanno uso di droghe come l’oppio, l’assenzio, questo per poter potenziare la loro ispirazione poetica. Domina la convinzione che il poeta è una sorta di veggente, che ha il potere di leggere la realtà profonda e oscura, gli aspetti più occulti della realtà. Non ci sono le leggi del determinismo sociale. Si tratta di una letteratura opposta a quella verista/positivista. Baudelaire scrive due opere importanti: ⁃ i fiori del male, ovvero una raccolta di versi scandalosi e dissacranti ⁃ Piccolo trattato autobiografico sulla sua esperienze con le droghe, che per lui hanno hanno la capacità di potenziare la sua ispirazione artistica: si chiama “Paradisi artificiali”. Sapevano di fare scandalo, il loro obiettivo era quello di rompere i vincoli, di scardinare le ipocrisie su cui si fondava la società borghese. Si oppongono alla visione del positivismo perché negano che tutto sia scientificamente conoscibile e che tutto sia razionalmente spiegabile. Dunque recuperano la dimensione irrazionale della vita umana, e alcune idee del romanticismo. La realtà non è tutta spiegabile secondo le leggi oggettive date dalla scienza, c’è tutta una parte che sfugge a queste leggi. Come viene accolta la loro opera? Dalla critica del tempo, viene accolta male. Qualche critico dell’epoca infatti usò questo termine “decadente”, doveva avere il potere dell’insulto. Invece come spesso accade, questi poeti si appropriano della definizione, trovarono che fu pertinente e si autodefinirono anch’essi decadenti. Si chiamano “Poeti maledetti” perché “maledicevano”, mettevano in crisi con toni polemici quelli che erano considerati i valori della società borghese. Rompono con l’idea dell’opera d’arte come merce, con la logica di mercato. Rivendicano il fatto di appartenere ad un elite delle arti e del talento, disprezzano la società di massa, la mediocrità del gusto comune, vogliono esprimersi liberamente anche fuori dagli schemi. Le donne sono oscure, misteriose, ossessive; amore come sesso; il disagio sociale, la malattia, ossessione=> tutte queste esperienze umane entrano nelle loro poesie, è quindi disturbante Ma non sono solo poeti maledetti a contribuire questa tendenza/sensibilità; ci sono molti pensatori come Henri Bergson. Offre un grande contributo a questo sistema di idee perché si concentra nelle sue opere sul tema del tempo. Però accade che, in piena società internazionale di massa, 25 paesi riuniti a Washington stabilissero il comune accordo del meridiano di Greenwich come meridiano 0, serviva come unitario punto di riferimento per segnalare l’inizio del giorno e poi dividere l’orario delle varie parte del mondo. Tutto forgiava sull’idea del tempo come strumento. Bergson teorizza che non sia vero il fatto che il tempo sia misurabile, come dato oggettivo universale per tutti: il tempo per gli esseri umani è essenzialmente un fenomeno psichico e interiore. Teorizza il tempo come durata. È convenzionale, ma in realtà il tempo è ciò che sentiamo noi rispetto agli eventi del mondo. Non esiste la linearità del tempo, passato e futuro coesistono nel presente, il tempo non è misurabile in maniera univoca. Questo perché ha a che fare con la durata. Altre idee fondamentali del decadentismo: - La scoperta della psiche come luogo dell’ irrazionalità umana. A questo contribuisce Freud, padre della psicoanalisi, che si muove dentro il mondo del positivismo, si dedica alla cura delle nevrosi (tema chiave di molti romanzi del 900) e veniva curata spesso con l’ipnosi. Attraverso una serie di sperimentazioni sui suoi pazienti, arriva a teorizzare una dimensione della psiche umana, l’inconscio, dimensione nella quale si annida, secondo lui, le vere e più profonde pulsioni dell’uomo. Per cercare di portare alla luce la dimensione oscura dell’inconscio fa ricorso all’interpretazione dei sogni, libere associazioni… - Un impulso alla sensibilità decadente la dà anche Einstein con la teoria della relatività, con una serie di studi che va a scardinare alcuni pilastri della scienza dell’epoca (spazio, universo..) - C’era una tendenza all’irrazionalismo, con la teoria dell’oltre uomo di Nietzsche. È un uomo capace di liberarsi dai vincoli di una razionalità opprimente e invece abbracciare “la volontà di potenza” = volontà di vivere. È capace dunque di andare oltre. Una generale rivalutazione degli aspetti irrazionali dell’esistenza: idea che la vita interiore degli uomini fosse + complessa e che non si potesse spiegare facendo riferimento ai nessi logici/ razionali. Quali sono le ricadute in letteratura? La letteratura decadentista => non c’è qualcuna che deve dare una lettura universale è univoca della realtà, anzi: c’è qualcuno che della realtà offre una percezione totalmente soggettiva. Quindi trionfa il soggettivismo (infatti sono spesso in prima persona). Ci sono quindi + punti di vista. Non credono che la letteratura debba rispondere alle stesse logiche della scienza. Concetto di amore nella letteratura: viene pienamente riconosciuto/esplorato un repertorio di aspetti dell’amore che sono nuovi. Amore come ossessione, adulterio, le relazioni multiple, la prostituzione… le donne vengono rappresentate come capaci di scatenare i sensi, protagoniste del proprio destino, che aspira ad una posizione centrale della società (pensiamo alle donne rappresentate da D’Annunzio, sono sensuali). Sono un po’ fuori dagli schemi. Ci sono degli autori che esaltano più che il racconto oggettivo della realtà, la lettura psicologica della realtà. Molti romanzi usano l’io, la narrazione in prima persona per rappresentare l’idea che => la realtà non è una. Le esperienze letterarie che possiamo ricondurre al decadentismo: ⁃ con i poeti maledetti, infatti la definizione del decadentismo nasce da uno dei versi dei poeti maledetti (“io sono l’intero alla fine della decadenza”) ⁃ Simbolismo francese, soprattutto con Baudeleire. ⁃ Estetismo (Wilde, D’Annunzio) Pag 126 Baudelaire dice che la natura non è da studiare, non sono i nessi causa-effetto che ci riveleranno l’essenza delle cose. La natura è qualcosa di sacrale, la parola “tempio” richiama qualcosa di sacro, cioè superiore all’uomo ma anche misterioso. La realtà di tutti i giorni ci suona familiare, eppure è misteriosa, quindi vivere non è altro che muoversi dentro una foresta di simboli. La Pascoli rappresenta senza dirlo mai chiaramente l’omicidio del padre, mettendo in parallelo con un’altra morte violenta: con l’uccisione di una rondine che sta tornando nel suo nido con un insetto nel becco per sfamare i rondinini. Esattamente come la rondine viene colpita e senza ragione, rimane stecchita a forma di croce, e i suoi piccoli continuano a pigolare in attesa del cibo che non arriverà mai, allo stesso tempo il padre che viene ucciso senza motivo apparente e la moglie/figli lo aspettano. Non c’è più il Dio che ti da una ragione e ti da quella morte sensata, una forma di redenzione: il male resta male e il cielo resta lontano. La vita degli uomini rimane opaca di male, non c’è luce, è una condizione universale degli uomini, caratterizzata dal male sotto un cielo immobile ed eterno (c’è un po’ di Leopardi) non ci sono segni di conforto. San Lorenzo, Io lo so perché tanto 
 di stelle per l’aria tranquilla 
 arde e cade, perché sì gran pianto 
 nel concavo cielo sfavilla.
 
 Ritornava una rondine al tetto: 5 
 l’uccisero: cadde tra spini:
 ella aveva nel becco un insetto: 
 la cena dei suoi rondinini.
 
 Ora è là come in croce, che tende 
 quel verme a quel cielo lontano; 10 
 e il suo nido è nell’ombra, che attende, 
 che pigola sempre più piano.
 
 Anche un uomo tornava al suo nido: 
 l’uccisero: disse: Perdono;
 e restò negli aperti occhi un grido 15 
 portava due bambole in dono…
 
 Ora là, nella casa romita, 
 lo aspettano, aspettano in vano: 
 egli immobile, attonito, addita 
 le bambole al cielo lontano. 20 
 
 E tu, Cielo, dall’alto dei mondi 
 sereni, infinito, immortale, 
 oh! d’un pianto di stelle lo inondi 
 quest’atomo opaco del Male! La poesia si compone di sei strofe di quattro versi ognuna. I versi sono decasillabi e novenari alternati. Pascoli sta quindi usando il verso latino dentro il componimento di lingua italiana, da un lato richiama al classico però è anche un innovazione Fa uso dell’enjambement, gran uso della punteggiatura usata per spezzare il ritmo, le frasi sono corte e sincopate, e ci sono frasi un po’ più lunghe Le parole chiave (che si ripetono): cielo, nido Molto comuni, ma si trattano di una forza simbolica incredibile, pur essendo umili e poveri tratte dalla lingua campestre ma hanno un gran significato. L’espressione del “cielo lontano” (vv. 10 e 20) è un tema chiave di tutta la poesia perché la lontananza del cielo è una metafora per dire che il destino/dei è indifferente alle vite umane, soprattutto di fronte alla violenza, gli uomini non hanno risposte da cercare nel cielo. È un’anafora, sottolineatura metaforica. Gli uomini vivono nella violenza cieca e quando ci colpisce non ci lascia spiragli di speranza. La rondine rappresentata morente è stata colpita in volo mentre porta il suo insetto nel becco per nutrire i suoi pulcini => violenza gratuita, a che serve la morte di questa rondine? Una violenza condanna a morte il nido. Quindi essendo destinati a morire, allo stesso modo i bambini che rimangono orfani del padre e lo aspetteranno invano, quindi un futuro non luminoso, di perdita, di lutto, di disastro e di rovina. Come cade la rondine? Cade a forma di croce, e quest’immagine della rondine che cade con le ali aperte e dell’uomo fa riferimento alla figura di Cristo, cristo che è morto per noi. La Croce è strumento di morte con cui cristo viene ucciso e cosi come anche la rondine cade a forma di croce => ci dice che non c’è più l’idea della redenzione, è una metafora. Il male che vivono gli uomini e del quale siamo tutti redenti grazie a Dio e Gesù, è una realtà negata da Pascoli, nega la redenzione, perchè gli uomini sono sottomessi allo stesso male. Temi chiave - Condizione umana contrassegnata dal male e senza rimedio => condizione universale. Colpisce gli animali ma anche gli uomini, quindi tutte le creature viventi. - Ogni dimensione provvidenziale consolatoria è esclusa - Simbolismo tramite le parole e le immagini, tutte fortemente simboliche. Le spine per esempio si richiamano alla corona di Gesù cristo; pianto di stelle rimanda alla notte di San lorenzo, indica cioè il pianto del cielo Figure retoriche: - Sinestesia (mette insieme sfere sensoriali diverse, vista e udito): “restò negli aperti occhi un grido” sta rappresentando la fissità dello sguardo del cadavere, quando si muore spesso si hanno gli occhi spalancati. “soffi di lampo”, soffio ha a che fare con l’udito, mentre il lampo lo vedi. - La personificazione consiste nel rivolgersi in modo diretto e attribuire azioni umane a cose astratte o inanimate. Per esempio il 10 agosto nella prima strofa. - Analogie: si instaurano rapporti analogici tra l’uomo e la rondine e tra le stelle cadenti e il pianto. Il pianto degli uomini diventa il pianto del cielo, mentre la morte della rondine rimanda a quella dell’uomo.   - Similitudine: usa la similitudine per dire che la rondine è “come in croce” (v.9) e rendere ancora più esplicito il riferimento a Cristo. Le tre poesie Temporale, tuono e lampo = appartenenti alla raccolta di Myricae. Ci permettono di osservare quello che è l’impressionismo di Pascoli. Cogliere della realtà un impressione, sensazione immediata. Ha a che fare con una certa prospettiva di sguardo. È un concetto che deriva dal simbolismo: la realtà non è più rappresentata attraverso la descrizione oggettiva delle cose, ma si tende a cogliere i nessi misteriosi. Il simbolismo si muove per analogia. Pascoli associa a certi oggetti della natura (paesaggi, figure) dei significati simbolici, quindi lavora per analogia. Invece di mettere in evidenza le relazioni più evidenti, va a cercare quelle più oscure tramite un linguaggio metaforico/allegorico. Non gli interessa la struttura logica della realtà, ma l’impressione che io ricavo (è soggettivo), quindi i sensi sono davvero importanti (effetti di luce, di colore, buio, tatto, suoni => sfera dei sensi viene evocata molto). temporale, tuono e lampo fanno un gioco dei sensi. Tuono = uditiva, lampo = visiva, temporale = tutte e due, anche se prevalentemente visiva. Proprio perché il suo linguaggio è fortemente simbolico e visione delle realtà analogico, fa uso del fonosimbolismo (=sceglie le parole non solo per l’effetto fonico che hanno, ma perché i suoni sono simboli essi stessi). Caratterizza la sua poesia, anche i suoni permettono di cogliere questi legami segreti e misteriosi delle cose. La realtà non si descrive secondo nessi logici cosi come vorrebbero i veristi, anzi, la realtà è un mistero, e per questo, lo scrittore poeta deve cogliere i legami segreti tra l’uomo e le cose. Deve addentrarsi in questa realtà. Fa uso delle figure retoriche di suono: - Onomatopea, sia in termine di parole (es. frusciare, bubbolio, sussurrare… parole con matrice onomatopeica) oppure onomatopee pure, non hanno alcun significato logico nella lingua italiana, sono versi animali o prodotti dalla natura. - Assonanze - Consonanze - Rime interne Producono sensazioni, evocano qualcos’altro => visione simbolica delle cose I testi di pascoli non sono mai particolarmente lunghi, e ciò ha a che fare con l’impressione, sono testi molto brevi. Usa molto i verbi finiti, lo stile nominale. Frasi corte, ritmo frammentato = poesia che i critici hanno battezzato come impressionismo poetico. Realtà non rappresentata in maniera figurativa oggettiva, ma ne ricaviamo un impressione Temporale, lampo, tuono: un trittico, una costruzione “a 3 quadri”. Temporale Rappresentazione di un temporale che sta per arrivare. Un bubbolio lontano… Rosseggia l’orizzonte Come affocato, a mare: Nero di pece, a monte, Stracci di nubi chiare: Tra il nero un casolare: Un’ala di gabbiano. Metrica: due strofe: la prima di un solo verso, la seconda una sestina di settenari (versi di 7 sillabe). Rime libere. La poesia si apre con un suono “bubbolio lontano”, manca il verbo, è l’impressione, come se all’improvviso noi sentissimo il poeta che vede…Bubbolio = onomatopea. È innovativo anche in questo Pascoli = uso dello spazio bianco, tipico del 900. Indica quell’attimo di sospensione che può essere paura, inquietudine, mistero che ci coglie davanti al temporale. È una sospensione emotiva, un trattenere il fiato. Rosseggia = unico verbo finito, fortemente evocativo. Indica quel lento digradare colore del cielo che diventa progressivamente rosso. È quasi intraducibile. È il rosseggiare di un temporale che si sta avvicinando. Ci sono solo immagini: “come affocato a mare”, affocato= “foco” è un arcaismo, deriva da fuoco, come se fosse infuocato. I verbi non ci sono. Fa un quadro impressionista realizzato mediante la tecnica dell’ellissi, omette il verbo ed è tutto costruito sullo stile nominale, sono tutte brevi immagini, ognuno separato dall’altra. Asindeto = ci sono virgole e basta Oggetto della poesia: è davvero il temporale che si avvicina? In questa poesia Pascoli descrive un paesaggio naturale ma, come al solito, lo fa solo in apparenza, nel senso che DIETRO la rappresentazione naturalistica si nasconde la rappresentazione di uno stato d’animo. Quindi no, proprio perché è un simbolista, usa la natura come una foresta di simboli. Il sentimento dominante qui è l’attesa, ma un’attesa di angoscia, l’attesa e il presentimento di una tragedia che sta per arrivare (il temporale). Dietro l’evento naturale di un temporale che si avvicina, in realtà sta evocando quella particolare condizione degli uomini che è più profondo di chi aspetta il temporale, è la sensazione dell’ignoto (può essere la morte, la malattia, l’abbandono…) essere vivi significa spesso essere in questa condizione, chi da lontano non sa ancora cosa succederà. Di fronte alla paura di quel che sta per accadere l’uomo è impotente, attende ma sbigottito, con un senso di pena e di paura che lo avvolge. Il temporale rappresenta il destino, l’accadere di cose impreviste, di tragedie che non possono essere evitate. Di qui il desiderio di cercare un rifugio, un riparo “Tra il nero, un casolare”: quindi in mezzo al nero che avanza, appare all’improvviso soltanto un casolare. Ma, dice il poeta, è solo un’ala di gabbiano: come dire… nel mezzo della tragedia a volte ci sembra di vedere un riparo ma poi ci rendiamo conto che è solo un’illusione. Oppure, interpretando in modo un po' diverso: quel rifugio Significato La posizione di ignoto, indeterminatezza di fronte alle leggi che regolano la vita delle creature e uomini (natura); ci sono verità che non possiamo conoscere, tranne una sola certezza: ineluttabilità della morte. Anche il richiamo a Iside e al culto dei morti, il tempo che non torna più indietro se non attraverso il gioco della memoria, e quindi l’associazione simbolica che fa Pascoli è la notte con i suoi suoni. Diventa preludio non solo del giorno e dello specchio dell’anima, ma della notte dell’umanità, cioè la morte. Vivere è preludio del morire, è minacciato costantemente dalla morte, che non ci spieghiamo del tutto. Rimangono misteriosi e lasciano domande senza risposta. Quindi consapevolezza del senso del presagio della morte, percezione del destino che accomuna tutti gli uomini. È un esempio di simbolismo pieno reso attraverso il fonosimbolismo ancora di più, tramite anche il linguaggio metaforico e allusivo. Dato il linguaggio, ci sono metafore come: “l’alba di perla”=alba che ha un colore simile a quello della perla. “nero di nubi”=nero usato non come aggettivo, bensì come sostantivo - nero di nubi laggiù. Non che il cielo è nero per via delle nubi, ma aggettivo a sostantivo perchè l’effetto finale è più forte “nebbia di latte”= una nebbia evanescente “i soffi di lampi”= anche sinestesia perché associa sfere sensoriali (uditiva con vista) Quindi: Sottolineatura del senso di angoscia rispetto all’ineluttabilità della morte. Potenzia il significato attraverso la poesia simbolista e in particolare modo del fonosimbolismo, metafore, nessi alogici… IL TUONO E nella notte nera come il nulla, A a un tratto, col fragor d'arduo dirupo B che frana, il tuono rimbombò di schianto: C rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo, B e tacque, e poi rimareggiò rinfranto, C e poi vanì. Soave allora un canto C s'udì di madre, e il moto di una culla. A Lo scenario sempre lo stesso, sono testi infatti collegati l’uno con l’altro. Immaginiamo che sia il il solito scenario di campagna, buio evocato da Pascoli che ad un tratto (effetto di irrompere qualcosa) si sente qualcosa. Poi torna al silenzio, ma poi interviene un altro suono: il canto di una madre che a sua volta sfuma in un altro suono quasi impercettibile, cioè il movimento di una culla (uno scricchiolio, suono dolce del legno che produce questo rumore). Rima nulla-culla ha un significato profondo: non solo fa un richiamo fonico, ma anche un richiamo analogico, come se volesse richiamare il concetto di nulla con il concetto di culla. Parafrasi Nulla può rimandare all’idea della morte, ma può rimandare anche al sonno, dell’inconscio. all’improvviso il tuono rimbomba e produce un suono simile a quello di una frana caduta dalle vette. Progressione di verbi serve per riconnettere il suono con la frana, quindi qualcosa di materiale con qualcosa di immateriale. Trovando poi una superficie pianeggiante, rotola. Prova attraverso le parole ad abbinare sensi diversi (suono, che non ha consistenza, con qualcosa di materiale = pietre, la frana) Il rimareggiare indica il movimento di marea che si produce dopo una tempesta, è quell’effetto dell’onda che si schianta su uno scoglio e poi torna indietro. Anche questo è un anticlimax. Poi torna il silenzio. Allitterazione in s - suono dolce - produce un effetto consolatorio che fa contrasto con l’effetto vibrante dell’allitterazione in R. Accanto a questo suono, un altro suono prosegue (ancora anticlimax). Suoni che a livello metaforico rimandano all’affetto e il nido (la madre, culla). Commento Non c’è nessuna volontà di trasmettere messaggi morali, anzi c’è un intuizione emotiva. Il tuono, un po’ come il temporale, fa riferimento al senso di smarrimento e angoscia della vita, mentre la madre dà un senso di conforto che di fronte a questo smarrimento l’uomo ha. In questa poesia Pascoli descrive l’irrompere improvviso del tuono che scuote la notte scatenandosi nella sua violenza (il testo inizia, in modo inedito, con la congiunzione “e”, lasciando in sospeso tutto ciò che viene prima). Di fronte a questo suono così brusco tutta la natura è turbata, si impaurisce, come il bimbo che piange nella culla, al buio. Tutti e 3 questi testi in qualche modo si intrecciano, il tema chiave è lo stesso: il senso di mistero e smarrimento esistenziale degli uomini mentre vivono. L’idea della culla: il nido è un macro concetto di Pascoli, ritorna spesso in tante immagini oltre che al nido di uccelli: il casolare, il focolare domestico, il bianco bianco in mezzo al buio, la culla. Questo nido può essere la tomba, cioè la casa definitiva, quel luogo che ci ospita quando noi abbiamo smesso di vivere. Il mondo degli affetti non è conforto pieno, è fragile e molto passeggero. Spesso ne parla al passato, gli affetti sono perduti per sempre e li recuperi solo se ritorni al passato. Quindi ancora una volta Pascoli mette in evidenza l’elemento del “nido”, della casa come luogo di affetto rassicurante, che offre riparo dalle tempeste della natura, cioè del mondo e della vita. La madre e la culla rappresentano questo riparo di fronte alle minacce del mondo esterno. Sono una consolazione: l’anticlimax serve a questo, in questa poesia, perché dall’angoscia iniziale si passa piano piano a una rassicurazione, a un tranquillizzarsi progressivo. E alla fine di questo percorso c’è la culla, ultima parola dell’ultimo verso. Come dire: il ritorno alla madre, alla culla, all’infanzia, alla dolcezza, rappresentano l’unico riparo davanti alla paura, all’angoscia e alla minaccia della vita di ogni giorno. Ma questo ritorno è illusorio, perché possibile solo tramite la memoria. È sicuramente un’idea pessimistica: deriva dal fatto che lui ha perso suo padre in condizioni oscure, per molti anni non sarà in grado di darsi una spiegazione a quella morte, e quindi non riusciamo a darci una spiegazione alla vita. Quindi l’idea del nido è contaminata dall’idea della perdita del nido, dell’abbandono e della solitudine. E quindi, all’idea del conforto e della speranza, è strettamente legata al lutto, la morte. E alla culla, l’idea del nulla. Si tratta di veicolare trasmettere significati profondi tra realtà tramite la dimensione sonora della lingua => modernità Non a caso questa tecnica la riprenderanno i futuristi nei primi anni del 900. Scardineranno tutto il sistema della lingua e della metrica. • Metrica: è una ballata, con un’unica strofa di endecasillabi (versi di 11 sillabe) • Rima: la poesia ha rime libere, ma è evidenziata rispetto alle altre la rima del primo e dell’ultimo verso, a sottolineare l’antitesi di significato “nulla” e “culla”, che è il fulcro tematico di tutta la poesia (vedi sotto) • Figure retoriche: 1) Anticlimax: schianto (v.3) rinfranto (v.5) canto (v.6) l’anticlimax è una progressione in “discesa”, un accostamento di termini che Ci indica una riduzione di intensità. Quindi è il contrario del climax. L’anticlimax indica una minore intensità, quindi in questo caso un passaggio dal negativo di “schianto” al positivo di “canto”, dall’agitazione alla calma, dalla tempesta alla quiete. 2) Allitterazione in “n”: verso 1 3) Allitterazione in “r”: verso 4. Questo perché suggerisce un suono vibrato che + ci avvicina al suono del tuono, che rimbomba e produce quasi un eco. 4) Paranomasìa: “nella” e “nulla” (la paronomasia è un “gioco di parole”, accostamento di parole che differiscono per una sola vocale o consonante) 5) Onomatopea: versi 3 e 4 (rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo) Onomatopea indica l’uso di parole che richiamano, nel suono, il suono corrispondente alla cosa espressa. 6) Simililitudine: “nera come il nulla”, al verso 1. Si accosta il colore nero al vuoto, all’assenza, al lutto e alla morte. 7) Sinestesia: versi 3 e 4 (“rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo”) La sinestesia avviene quando si accostano termini relativi a sfere sensoriali diverse (udito+vista, oppure vista+tatto ecc) 8) Enumerazione: per polisindeto (con tante congiunzioni, come “e tacque, e poi rimareggiò” ecc) e per asindeto (senza congiunzioni) “rimbombò, rimbalzò, rotolò” ecc. Lampo E cielo e terra si mostrò qual era: la terra ansante, livida, in sussulto; il cielo ingombro, tragico, disfatto: bianca bianca nel tacito tumulto una casa apparì sparì d’un tratto; come un occhio, che, largo, esterrefatto, s’aprì si chiuse, nella notte nera. Evoca un istante o momento in cui la campagna viene colta dal maltempo. Improvvisa illuminazione, illumina in un colpo il buio della campagna che poi per riprecipita nel buio. Sotto alla rappresentazione naturale c’è una rappresentazione di tipo metaforico. Il significato metaforico => la consapevolezza, la vita non è conoscibile del tutto, la vita è fondamentalmente misteriosa, le domande rimangono senza risposta e non c’è nemmeno speranza nella fede. Quindi questa poesia evoca quell’attimo di consapevolezza momentanea che arriva come lampo. Noi viviamo ignorando del nostro vivere, solo raramente cogliamo qualche verità. Parallelismo: il lampo e la consapevolezza, cosi come il lampo ad improvviso spezza il buio. Come il lampo illumina una porzione di terra strappandola dall’oscurità, allo stesso tempo si comporta, per Pascoli, il cuore e la mente umana. Le vede soltanto in un istante. Ogni tanto un lampo improvviso, dal nulla, cogliamo quella verità, ma per un istante, quindi resta illusoria, qualcosa di inafferrabile. Testo comincia con la “e” perché ci da il senso di qualcosa che arriva nel bel mezzo di qualcos’altro. Di colpo mentre sta scorrendo la notte, succede qualcosa che cambia lo scenario. “Il cielo e la terra si mostrano quali essi erano” è una metafora: noi di solito non percepiamo la realtà cosi com’è, viviamo in superficie, di cos’è fatto il nostro vivere lo capiamo solo fino a quando in un breve momento di illuminazione. Poi c’è una sospensione emotiva, un rigo bianco. Versi 2-3 ci fanno capire come sono la terra e il cielo: la terra è ansimante, pallida, agitata. Il cielo invece è sovraffollato di nuvole, ispira sentimenti angoscianti, non ha più la serenità che dovrebbe avere. Sono descritti con questa sequenza di aggettivi perché ha un senso, in senso crescente => climax usato per enfatizzare la tragicità di questo luogo che sta per essere travolto dalla tempesta. Sappiamo che la virgola dovrebbe essere usata dopo il verbo, lo fa apposta per enfatizzare la velocità fulminea con cui queste scene appaiono “bianca bianca” appare una casa, scompare e compare in una frazione di secondo, senza congiunzione e ci indica la rapidità. È come se dicesse che illusorio non è soltanto la consapevolezza delle cose, ma anche il conforto (anche quello dura poco) e la memoria. Dice “bianca bianca” (2 volte lo stesso aggettivo) per indicare un potenziamento: quando c’è una tempesta di arrivo, la casa appare ancora più bianca che mai. È sempre tutto allusivo. Occhio che si spalanca e si chiude nella notte nera. • Metrica: due strofe composte da un verso strofa (quello iniziale) e una sestina, cioè strofa composta da 6 versi • Rima: la poesia ha rime libere Realtà non è spiegabile con gli strumenti delle scienze esatte, ma soltanto per illuminazioni fugaci e soggettive. Non c’è + una verità assoluta, ma pinti di vista. Nasconde dei significati profondi che i poeti possono cogliere nel loro “fanciullo interiore”, di chi ha lo stupore perpetuo, interrogarsi senza cercare le formule. recensioni di spettacoli teatrali, fa cronaca di costume. Questo gli permette di entrare in quella società e di contrarre delle relazioni che per lui si riveleranno fruttuose. Il vivere inimitabile Coltiva questo “culto dell’arte per l’arte” tipico dell’estetismo; l’arte non deve fornire modelli morali, anzi è oltre la morale, poiché l’arte deve essere espressione del genio dell’artista. L’arte è un valore supremo che non può essere condizionato da nient’altro. Inoltre il culto della bellezza si esprime in d’Annunzio in ogni dettaglio della sua vita culturale, ma anche privata: si esprime in molte sue opere il piacere. L’aspirazione, ma che è anche il suo motto, è quella di fare la propria vita un’opera d’arte, il vivere inimitabile, vissuta al di sopra degli orientamenti comuni, al di sopra della massa, oltre i limiti che la società borghese si dava. Attribuisce quest’aspirazione a tutti gli artisti. Infatti se seguiamo la sua vita, è sempre stata una vita inimitabile, sul filo del rasoio: un eroe di guerra, provocatore dal punto di vista culturale e politico, un rivoluzionario. “Vivere inimitabile” = cogliere il meglio quello che la vita può offrire, infatti sarà sempre inseguito da creditori, raccoglie tantissimi debiti per tutta la vita. È proprio a Roma che farà il suo primo matrimonio, avrà però altre relazioni intense (proprio per la vita inimitabile). È vero che ebbe una vita turbolenta dal punto di vista delle relazioni, artista della seduzione, e percepisce questo aspetto come la vita che deve essere vissuta come un’opera d’arte: è parte del suo percorso artistico. Faceva esperienze “fuori dagli schemi”, non c’è morale che possa contaminare la vita dell’artista, per lui il superuomo è qualcuno che intende affermare se stesso a 360 gradi, oltre ogni limite imposto dalla morale borghese/conformismo/potere costituito. Sa andare oltre. La relazione + importante è con una donna d’arte, Eleonora Duse, una grande attrice già nota quando si incontrano, segnerà questo incontro per sempre, anche se dura circa 15 anni. Intraprende una relazione sentimentale ma anche artistica, inizia a dedicarsi infatti al teatro. Vivono insieme in una casa nobiliare, fu anche una sua finanziatrice, scriveva opere pensando a lei. Si indebitò ulteriormente. Dovrà fuggire in Francia a Parigi perché inseguito dai creditori, quindi dovette ripararsi e ritorna quando scoppia la prima guerra mondiale. Era anche temuto da Mussolini, poiché era inarrestabile ed era in grado di orientare il consenso che Mussolini non poteva manco sognarsi. Quest’ultimo copia le sue incitazioni dal balcone, la presenza fisica possente, la copia da lui. Unica opera in prosa D’Annunzio “il notturno”, è l’unica opera di prosa, procede per frammenti, sembra quasi un diario. Scrive quando, di ritorno dalla guerra, torna con la profonda ferita che lo priva dell’uso di un occhio e riduce la sua visibilità. Rientra in Italia come reduce di guerra, portava con grande fierezza questa benda piratesca, lo costrinse a grandi fastidi e sacrifici per la sua scrittura. Elabora in questo periodo il notturno, ciò è dovuto perché scritto “al buio”, ma anche per il suo tema intimista, è quasi un immersione dell’anima del poeta stesso, attraverso ricordi.. è quasi psicoanalitica. Lo scrive d’Annunzio ma con l’aiuto della figlia Renata che, di fatto, ideò il sistema ingegnoso (per quello l’opera è scritto a frammenti). È come un diario personale, con frasi brevi, su ogni pezzo di carta ritagliato. Rapporto tra d’Annunzio e la società di massa Come esteta, e come decadente, disprezza le masse, ha un altro ideale; il poeta è colui che ha capacità/talenti nettamente superiori e si stacca dalla massa, e l’arte è un’esperienza superiore, ma dall’altro lato lui la usa (la massa), è tra i primi ad aver capito che la massa può essere manipolata/sfruttata per portarla dove la vuoi tu. Da un lato si sente superiore con questo ideale, ma dall’altro ne cavalca i linguaggi, le usa suo vantaggio. Di fatto si afferma durante la prima guerra mondiale, le sue non sono vere azioni di guerra, bensì di propaganda; la Beffa di buccari serviva per dire “siamo qui non abbiamo paura” e sul vola a Vienna solo per invitare i viennesi con i volantini ad arrendersi perché la vittoria italiana era assicurata. È una vita in discesa per le condizioni di salute, era assuntore di droghe e farmaci, quindi gli ultimi della sua vita ne risentivano molto, fa spesso visite diplomatiche. Diventa sempre più appartato alla vita politica italiana, è lontano dal fascismo. Mussolini aveva idee opposte di d’Annunzio Il Piacere Tra le prime cose che scrive c’è il romanzo “il Piacere” del 1889. Titolo che rimanda alle sensazioni, dunque quanto più lontano dall’oggettività della narrativa verista = condizione di chi sperimenta di qualcosa di piacevole per sé. Ha a che fare con la sfera sensuale/erotica, sia qualcosa di culturale, cioè la piacere del vivere e del bello, bisogna fare la propria vita come un’opera d’arte. Racconta la storia di un rampollo (erede, giovane di una famiglia aristocratica decaduta - anche d’Annunzio va via da Pescara per andare a Roma). Il personaggio è un alterego dell’autore, si chiama Andrea Sperelli, educato al culto del bello, al lusso. Nel personaggio vengono riprodotti alcuni elementi della sua stessa vita e della sua visione del mondo. È fittizio e riproduce lo stesso autore. Narratore = onnisciente, terza persona, sa tutto di tutti e ci racconta l’interiorità di Sperelli, c’è un introspezione psicologica (che in Verga non c’è) tipica del romanzo russo, ma anche del romanzo novecentesco italiano con Pirandello e Svevo. Domina l’io frammentato. Il romanzo novecentesco cambia orientamento, abbiamo i grandi romanzi psicologici con al centro l’ossessione per l’io, la psicologia, si scopre il mondo interiore. Tutto questo determina un cambio di prospettiva. Gira intorno ad un anima tormentata, sono personaggi tormentati, multipli (io frammentato di Pirandello). D’annunzio coglie subito di questo aspetto e se ne appropria, infatti Andrea è un personaggio che tende a guardarsi dentro, è molto sfaccettato dal punto di vista psicologico. È un esteta, gli piace la bella vita, viene da una famiglia di nobiltà decaduta, abita a Roma, ha avuto una formazione colta. Tutto ciò che è bello gli piace, c’è il culto del bello. Ma tra tutte le cose belle c’è anche l’amore = è questo il fulcro della vicenda di Andrea Sperelli: incapacità di risolvere il conflitto tra due passioni diverse, per due donne diverse. Sono due prototipi: una è la sua amante Elena (pensiamo alla Elena di Troia, donna della fatale bellezza, nasce la guerra perché era moglie del re e viene rapita dal suo amante). È una donna affascinante e di grande bellezza e di disponibilità erotica; è sfuggente, sensualità “camaleontica”, lo lascia senza motivi apparenti e poi torna.. Capiamo attraverso un flashback che … Va a schifanoia per purificare l’anima e per questo stato di frustrazione. Li incontra un’altra donna, Maria, donna sposata, pura e casta, non si lascia corrompere, resiste, oppone la sua fedeltà, principi e alta moralità. È delicata, elegante, non è appariscente/provocatoria che invece è Elena. Rappresentano due diversi modelli di femminilità e di amore, è in conflitto tra l’amore sensuale, peccaminoso e l’amore puro, sono due diverse esigenze di quest’uomo (riferimento a Petrarca), sono due facce che si contrappongono. Alla fine Maria cede al suo corteggiamento e ha una relazione turbolenta, perché continuamente interrotta dai suoi sensi di colpa. Tutto questo culmina quando lei alla fine è nella braccia (nuda) sbaglia nome, non la chiama cosi bensì Elena, che produce la fuga di Maria. Lui torna nella sua dimora, rimane abbandonato dall’uno e dall’altra, e questo conflitto non riesce a risolverlo. La trama è abbastanza esile, non succede quasi niente, ma ha un grande significato, è un’opera caratterizzata dal fatto che ci sia una introspezione psicologica di natura erotica (Era la prima volta in Italia) + con una tecnica antiverista, una lingua aulica ed estremamente ricercata, ha il culto della parola (+ una parola è antica/inusuale meglio è), usa le parole come un’opera d’arte. Inoltre risente molto della poesia, fa scandalo, mette nero su bianco incontri erotici e grande sensualità aleggia. Malgrado la trama praticamente inesistente => ha una visione elitaria della cultura, vuole sfruttare la massa. Erano gli anni in cui la gente leggeva molto volentieri romanzi a puntate. Scrive un romanzo in cui poteva soddisfare le esigenze del pubblico borghese, che nonostante disprezzi, la sfrutta. Pag 358 Ritratto di un “giovine signore italiano del XIX secolo” - il piacere Si comporta come se stesse scrivendo poesia, aggiunge stile e raffinatezza alla sua prosa. “molte belle cose e rare miseramente sommerge” = inversioni sintattiche tipiche della comunicazione poetica. Ci sono troncamenti, le parole invece di essere completate sono troncate, è una prassi in poesia, nella prosa no, ma con lui si. Ci viene rappresentato come un rampollo proveniente da una famiglia di nobiltà decaduta, è un prototipo di giovane esteta, soprattutto suo padre l’ha allevato in questo modo. Nella descrizione del padre vediamo quello che intende lui x estetismo, come un culto di come vivere la vita. Non solo aveva il culto ella bellezza e del culto d’arte, ma sapeva anche apprezzare le cose belle della vita, i piaceri (fare l’amore, viaggiare, trascorrere il tempo in ozio), quindi di apprezzare la vita come un’opera d’arte, con tutto quello che c’è dentro. Conduce una vita voluttuaria, una vita di piaceri, la vita sapeva godersela. “Lo stesso suo matrimonio è avvenuto in condizioni tragiche quasi, aveva turbato la pace coniugale” cioè si dava alle amanti, al gioco d’azzardo, al bere. È un educazione non accademica, anzi, è viva, ha a che fare con le relazioni umane = importante per l’estetismo! Educato e giovane esteta, vediamo qui il narratore onnisciente, fa vedere anche l’altra faccia della situazione psicologica di Andrea: questo talento di fare una vita bella ecc si accompagnava anche a una progressiva riduzione della forza morale, infatti in tutti i suoi romanzi queste figure non trionfano mai, non c’è mai un lieto fine. Si va a scontrare con la realtà del suo tempo. Il conflitto di Andrea Sperelli è la forza morale, quello che serve per fare qualcosa di davvero importante non ce l’ha, non da un senso alla sua vita e sente che c’è questo vuoto in lui. “suo padre gli da una massima fondamentale: fare della tua vita come un’opera d’arte” importante perché è il motto di D’Annunzio, ma perché in realtà Andrea vive la vita come una contemplazione, non la fa. Il padre gli dice che deve mirare a possedere, non a essere posseduto = a non essere schiavo, ma sarà il schiavo di queste due donne. Culto del bello, indipendenza, libertà ricercare sempre il nuovo. Ha questo tipo di obiettivo ma non riuscirà, nell’amore si manifesta il suo grande dramma. Altri romanzi di D’Annunzio • Il fuoco = è un romanzo con ampi tratti autobiografici dentro i quali aveva raccontato la Duse sotto le spoglie di un altro personaggio, ricalcava proprio la Duse con la quale aveva una relazione. Venivano narrati aspetti piuttosto scandalosi e torbidi tra lui e la Duse. In tutti i suoi romanzi c’è l’introspezione psicologica, influssi del superomismo Nietzschiano e del romanzo russo, ciò attraverso il tema della colpa, motivo di inadeguatezza nel vivere, trame che finiscono nel dramma. • Uno dei più tragici è “l’innocente”, tutto il romanzo ruota sul dramma familiare tra il protagonista e la moglie. Lui è un giovane esteta che è ossessionato nella pienezza della vita, non esita a tradire la moglie (riferimento quindi anche alla sua vita biografica) cerca nella relazione con altre donne una pienezza che non riesce a raggiungere. Anche la moglie, quando per una volta tradisce il marito, scatta il dramma, soprattutto perché lei rimane incinta. Tullio non riesce a superare quest’incertezza, e quando sembra che arrivi il lieto fine, lui abbandona il figlio. Sono tutti finali tragici, la ricerca del bello che caratterizza questi protagonisti li conduce tutti al disastro. Nelle raccolte di D’Annunzio si nota come gli influssi filosofici e poetici si mescolino in lui per dare degli esiti straordinari. Prima raccolta poetica “Primo vere” (vedi sopra). Oltre a romanzi pubblica anche poesie; il capolavoro poetico è un progetto complesso che rimarrà incompiuto, la raccolta “le laudi del cielo del mare della terra e degli eroi”. È un progetto lungo che doveva essere, nelle sue intenzioni suddiviso in 7 libri, perché l’ispirazione doveva essere intitolato e ispirato a una delle costellazioni delle pleiadi (che sono 7) - questo anche perché ha una formazione prevalentemente classica. - Maia Non succede niente, non c’è una progressione come c’è nella pioggia nel pineto. Qui c’è soltanto una natura che viene contemplata e la sera che viene lodata. Pag 386 Stabat nuda estas Primamente intravidi il suo piè stretto (All’inizio intravidi il suo piccolo piede scivolare sugli “aghi arsi dei pini” = è un estate un po’ + mediterranea, il pino lascia cadere le sue pigne arse dal sole. scorrere su per gli aghi arsi dei pini) ove estuava l’aere con grande = verbo insolito, è un latinismo. (estuare vuol dire bruciare) aere arcaismo, l’aria bruciava tremito, quasi bianca vampa effusa. = (aria che trema, come se fosse una fiamma bianca e diffusa) ci viene l’immagine quindi di una donna, l’estate viene personificata fin dai primi versi. L’estate che fugge è proprio lei. Le cicale si tacquero. Più rochi si fecero i ruscelli. Copiosa la resina gemette giù pe’ fusti. Riconobbi il colùbro dal sentore. (colubro è un latinismo, indica la lucertola; ci sono 4 elementi naturali, servono per indicare l’estate nel suo punto + alto. Sono verbi che rimandano ad azioni umane, e rimandano alle sfere sensoriali; “le cicale tacquero”, “la resina gemette” gemere è il suono prodotto da chi piangendo si lamenta. La resina, scivolando giù lungo la corteccia geme = cioè lacrima. Il colubro viene riconosciuto dal suo odore; riconosco il colubro dal brusio, lo sento muoversi. Molto probabilmente il sentore è il rumore che la serpe produce. Va a sollecitare dunque i sensi, è una poesia sensuale) c’è un umanizzazione del luogo. Nel bosco degli ulivi la raggiunsi. (è tutto in soggettiva, c’è un io lirico che fin dall’inizio si propone sovrapponibile al poeta.) Scorsi l’ombre cerulee dei rami = azzurrine su la schiena falcata, e i capei fulvi = ha forma di falce, quindi la sua schiena è inarcata; i capelli (capei usa la versione trecentesca) rosso scuro nell’argento pallàdio trasvolare = ondeggiare senza produrre suono nell’argento (palladio, relativo cioè a pallade, una dea del pantheon greco, è l’altro nome di Athena. L’ulivo (pianta sacra alla dea pallade). Questa donna che il poeta raggiunge nel bosco dell’ulivi, la vediamo ferma con la schiena inarcata) senza suono. Più lungi nella stoppia, l’allodola balzò dal solco raso, cioè dai solchi dei campi rasati la chiamò, la chiamò per nome in cielo. Questa donna chiama l’allodola in volo Allora anch’io per nome la chiamai. Chi è questa donna che il poeta chiama? Tra i leandri la vidi che si volse. Non sappiamo il nome, ma sappiamo che si voltò verso di lui tra i Leandri, cioè gli oleandri Come in bronzea mèsse nel falasco = nome botanico dell’erba di fiume; sono lunghe e sinuose entrò, che richiudeasi strepitoso. = si addentrò tra le foglie del fiume come dentro una messe di bronzo, sono le spighe di grano di color bronzo quando sono mature. Produceva strepito, cioè rumoroso, con grande frusciare. Più lungi, verso il lido, tra la paglia (+ vicino alla spiaggia, tra le alghe del mare inciampò) marina il piede le si torse in fallo. Distesa cadde tra le sabbie e l’acque. Il ponente schiumò nei sui capegli. (le scompigliò i capelli) Immensa apparve, immensa nudità. (e li mi apparve immensa nudità, è una donna che nell’atto di cadere, scompigliata dal vento che le fa scompigliare i capelli, scopre il corpo nudo (?). qui ci svela a chi si riferisce, il titolo chiude il cielo = solo alla fine l’inganno metaforico costruito da D’Annunzio si svela. L’estate appariva nuda. Cadendo nell’acqua del mare, in immensa nudità si rivela al poeta.   “L’estate appariva nuda” titolo che viene da un’ispirazione di un’opera: “le metamorfosi” di Ovideo. In uno dei componimenti c’è “l’estate appariva nuda”. È punto di riferimento per d’Annunzio perché racconta la trasformazione di fanciulle in qualcos’altro. Nella cultura greca la metamorfosi veniva spesso usata per spiegare fenomeni atmosferici. D’annunzio trasfigura, si richiama alla suggestione dell’uomo che viene trasformato in elemento naturale, e lo fa perché è interessato alla trasformazione panica dell’uomo della natura. Tutto il libro di Alcyone è legato al tema del panismo, che viene declinato al contrario: non è l’uomo che si trasforma in un elemento naturale, ma è l’estate. Il calore, l’afa, la vegetazione secca => tutto questo viene antromorfizzato. È la natura che si fonde nell’umano. Siamo nella fase apicale dell’estate (metafore dell’amore, è nel punto più alto e caldo della stagione, ma cosi anche nella stagione, fusione d’amore, ma poi piano piano declina verso l’autunno). È un componimento che associa l’idea del trionfo, il tempo che passa inesorabile e la fragilità delle cose che si perde. Ha un richiamo erotico, ma non è una donna quella di cui sta parlando. d’Annunzio sta ricorrendo all’estate, pienezza dell’esperienza della natura e dell’amore stesso, quindi richiama a un tema molto latino = fugacità della vita, tema classico, esplorato da Petrarca, autore amato da lui. Nel momento in cui raggiungiamo la pienezza dell’essere, questa pienezza declina. Estate = rappresentazione metaforica della vita C’è il panismo, rimane fedele a questa suggestione: l’elemento umano e l’elemento naturale si fondono, fondendo aggettivi e sostantivi, aggettivi e verbi. Tutto questo è funzionale al voler fondere l’uomo e la natura. Lessico: parola curata, ricercata, è - evidente la ricerca ossessiva dell’effetto fonico. Non mancano però il riferimento alla sfera sonora, le allitterazioni. Sono versi liberi, le strofe sono un po’ + strutturate, i versi sono tutti della stessa misura ma sono sciolti da rima. Strofe da endecasillabi sciolti da rima. Ci sono arcaismi Ha a che fare con l’estetismo, perché per D’Annunzio la parola deve essere preziosa e curata, perché la parola crea il bello, strumento che forgia il bello.
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