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Fascismo e Il Biennio Rosso in Italia: La Nascita del Totalitarismo (1919-1922), Guide, Progetti e Ricerche di Storia

La nascita del fascismo in Italia dopo la prima guerra mondiale e il periodo noto come il Biennio Rosso. Il documento illustra come il movimento ultranazionalista di Benito Mussolini riuscì a conquistare il potere, portando all'abolizione delle libertà civili e all'instaurazione di un vero e proprio totalitarismo. Il testo mette in evidenza la situazione di instabilità in Italia e in Europa centrale, caratterizzata dal pericolo di involuzione/rivoluzione nazionalista e militarista, e dalla crescente tensione tra le classi sociali. Vengono descritte le lotte operaie e le iniziative di Gabriele D'Annunzio, che contribuirono a creare un clima di scontro e di violenza. Il testo conclude con la marcia su Roma e l'ascesa di Mussolini al potere.

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2021/2022

Caricato il 02/03/2022

AngelaDurante13
AngelaDurante13 🇮🇹

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Scarica Fascismo e Il Biennio Rosso in Italia: La Nascita del Totalitarismo (1919-1922) e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Storia solo su Docsity! IL FASCISMO L’IMMEDIATO DOPOGUERRA IN ITALIA E IL <<BIENNIO ROSSO>> 1919- 1920: in Europa, all’indomani della Grande Guerra, soprattutto nei parsi sconfitti, come la Germania, o fragili e insoddisfatti come l’Italia, si formarono movimenti ultranazionalisti. Questi movimenti avevano spesso riferimenti ideologici confusi e contraddittori. Da un lato si presentavano come <<rivoluzionari>>, dall’altro si dichiaravano conservatori e tradizionalisti. L’ostilità nei confronti del socialismo e del comunismo guadagnò a questi movimenti le simpatie delle elité economiche e sociali. Nel 1922 l’Italia divenne il primo paese dove un movimento di questi tipo, il fascismo di Benito Mussolini, riuscì a conquistare il potere. Negli anni successivi l’esempio italiano fu seguito in Germania, Portogallo, Ungheria e in molti altri paesi europei o extraeuropei, come il Giappone. Si trattava di regimi autoritari, che sostenevano la subordinazione degli interessi e delle libertà individuali rispetto a quelli dello stato. Di conseguenza nei regimi fascisti vennero abolite le libertà di associazione, di stampa, e in generale la possibilità di manifestare liberamente il proprio pensiero, e lo Stato, controllato dal partito al potere, tese a forme di vero e proprio totalitarismo. A differenza della Germania, l’Italia era tra i paesi vincitori, ma la guerra aveva creato più problemi di quanti non ne avesse risolti e l’insoddisfazione e l’inquietudine erano diffuse. Parte delle rivendicazioni territoriali italiane erano state considerate lesive del diritto di autodeterminazione delle nazionalità proclamato dal presidente americano Wilson nei <<quattordici punti>> e quindi respinte. Nel corso delle trattative di pace, l’Italia aveva, infatti, dovuto rinunciare sia alla Dalmazia sia a Fiume. L’esercito veniva smobilitato e sorgeva il problema degli ex combattenti, che avevano difficoltà a reinserirsi nella vita civile ed erano sensibili alla propaganda nazionalista della <<vittoria mutilata>>, espressione creata dal poeta Gabriele D’Annunzio che voleva mettere in luce l’inutilità dei tanti sacrifici patiti dagli italiani durante la Grande Guerra. Il paese era dunque in miseria, ma nel contempo erano cresciute le aspettative di un rinnovamento sociale e politico. Durante la guerra, alle classi popolari erano state fatte grandi promesse che ora nessuno poteva, o voleva, più mantenere. L’esempio della Russia accendeva speranze rivoluzionarie. La grande instabilità che accomunava l’Italia ai paesi sconfitti dell’Europa centrale e alla Russia aveva almeno 4 diversi aspetti: 1. Necessità di cambiamento politico in senso democratico 2. Esigenza di rinnovamento sociale 3. Bisogno di riorganizzazione del sistema produttivo stravolto durante la guerra 4. Pericolo di una involuzione\rivoluzione in senso nazionalista e militarista In Italia, delle lotte operaie, agivano anzitutto le CAMERE DEL LAVORO: si trattava di strutture sindacali unitarie, ma anche di luoghi d’incontro e di cooperazione fra operai non necessariamente iscritti al sindacato, nate per promuovere la difesa degli interessi dei lavoratori. Le Camere del lavoro erano dirette dal grande sindacato unitario, la confederazione generale del lavoro (CGL), che dopo la guerra aveva moltiplicato per sette i propri iscritti, e dal partito Socialista. Esistevano anche un’organizzazione sindacale cattolica, la confederazione italiana dei lavoratori (CIL) e una anarco- sindacalista e nazionalista, l’unione italiana del lavoro (UIL), molto più piccola ma combattiva, che durante la guerra era stata interventista. Nell’immediato dopoguerra sindacati e camere del lavoro di trovarono alla testa di un’imponente ondata di scioperi spontanei. Fu il cosiddetto <<biennio rosso>>, che fece temere alle classi dirigenti che anche in Italia potesse ripetersi l’esperienza rivoluzionaria russa. Gli operai del settore metallurgico furono i più attivi. In Lombardia alcuni sindacalisti decisero l’occupazione delle fabbriche. Le iniziative degli operai spesso partivano da consigli di fabbrica: tali consigli miravano al controllo e alla congestione delle fabbriche stesse, cioè alla gestione del lavoro. L’occupazione delle fabbriche si concluse di fatto con un insuccesso e testimoniò la mancata volontà o l’incapacità dei socialisti di dare uno sbrocco rivoluzionario alla protesta; ma, nello stesso tempo, alimentò ulteriormente le paure degli imprenditori di un sommovimento sociale. I socialisti, dominati dalla corrente massimalista, erano in attesa della rivoluzione. Divisioni nel partito socialista italiano: -Massimalisti: maggioranza del partito: 1. volontà di raggiungere obiettivi massimi anticapitalistici; 2. accettano metodi rivoluzionari -Riformisti: Novecento che sopprimono in ogni campo della vita civile la libertà dell’individuo. Un’altra componente culturale del fascismo era quella bellica e antiparlamentare. Malgrado la tragicità della Grande Guerra appena terminata, i fascisti non credevano nelle virtù della pace e anzi continuavano a esaltare la guerra, considerata una buona misura di <<igiene dei popoli>>. La pace duratura fra le nazioni era a loro giudizio impossibile e per di più negativa. I fascisti non credevano al diritto delle maggioranze di governare le minoranze. IL <<BIENNIO NERO>> E L’AVVENTO DEL FASCISMO FINO AL DELITTO MATTEOTTI: il 1921 e il 1922 (<<biennio rosso>>) furono costellati di violenti atti intimidatori delle squadre fasciste, composte in genere di giovani e di giovanissimi in camicia nera, che bruciavano le sedi socialiste e comuniste e prelevavano gli avversari, trascinandoli in strada con la forza e bastonandoli. Di fronte alla crescita del movimento fascista il vecchio statista (Giolitti) ritenne di poter trovare in esso un argine all’illegalità che proveniva da sinistra e di poter controllare la violenza delle sue squadre d’azione favorendone l’entrata in Parlamento in occasione delle elezioni politiche del Maggio del 1921. Così gli offrì si fascisti la possibilità di entrare a far parte nel <<blocco nazionale>>, cioè un’alleanza che comprendeva nazionalisti e liberali. Ma l’esito elettorale fu avverso, perché cattolici e socialisti mantennero le loro posizioni e i liberali non ottennero la maggioranza sperata, mentre fra le loro file 35 fascisti, fra cui Mussolini, entravano in Parlamento. Ad aggravare la situazione intervenne, sempre nell’ottobre 1922, un’ulteriore scissione a sinistra con la nascita del partito socialista unitario, guidato da Giacomo Matteotti, favorevole a una collaborazione con le forze liberali in funzione antifascista. Ma era ormai troppo tardi. La violenza fascista era giunta a livelli così insopportabili che tutte le forze politiche si auguravano che il partito di Mussolini fosse coinvolto nel governo. L’Italia poteva considerarsi da un paio d’anni in stato di vera e propria guerra civile. Giolitti si dichiarò disponibile a presiedere un governo che avrebbe incluso Mussolini e alcuni altri ministri fascisti. Dello stesso avviso era il Re; Mussolini però rifiutò l’offerta di entrare in posizione subordinata in un governo di coalizione e organizzò quel misto fra una grande manifestazione e un colpo di Stato, ossia <<marcia su Roma>> e che avvenne il 26 e il 27 ottobre 1922: diverse colonne di camicie nere, circa 50.000 uomini, si diressero verso Roma per occupare la città e mettere il governo di fronte alla necessità di dimettersi, costringendo così il Re a porre Mussolini a capo di un esecutivo fascista. L’impresa fu organizzata e guidata da 4 personalità del partito che furono chiamate i <<quadriumviri>>: Michele Bianchi, Cesare De Vecchi, Italo Balbo e Emilio De Bono. Le camicie nere occuparono le stazioni ferroviarie e le strade che portano a Roma. In diverse città si impadronirono delle centrali elettriche, telegrafiche e telefoniche. Vittorio Emanuele, convinto ormai che il fascismo rappresentasse il male minore, preferì cedere: non firmò il decreto di stato d’assedio e chiamò Mussolini a dirigere il nuovo governo. A Milano Mussolini ricevette la notizia che il Re si piegava alle sue condizioni: in realtà il fascismo si era impadronito dello stato durante i tre anni precedenti, e la marcia su Roma non fu altro che il momento culminante della sua conquista del potere. Il governo di Mussolini non risultò molto diverso da quelli che lo avevano preceduto. Le camicie nere sfilarono alla presenza del Re e del nuovo capo del governo. Nel complesso, il primo governo di Mussolini non sembrava violare le regole del costituzionalismo, e i borghesi e i liberali trassero un sospiro di sollievo. In molti erano convinti che il governo fascista rappresentasse soltanto un episodio transitorio. Tuttavia, Mussolini volle dare un segnale di novità, offendendo gravemente il Parlamento con il <<discorso del Bivacco>> tenuto alla camera dei deputati il 16 novembre 1922, nel corso del quale egli definì la camera un’<<aula sorda e grigia>>, una cosa inutile. Due scelte seguirono in breve tempo: nel dicembre 1922 venne istituito il GRAN CONSIGLIO DEL FASCISMO, che doveva preparare i principali provvedimenti legislativi e aveva compiti di vigilanza e di epurazione della pubblica amministrazione. Le squadre in camicia nera non furono semplicemente sciolte, inquadrate nella MILIZIA VOLONTARIA PER LA SICUREZZA NAZIONALE: la malizia fascista diventava così un corpo militare di parte ufficialmente riconosciuto. Malgrado queste due gravi lesioni, la forma liberale dello stato sopravvisse ancora per qualche tempo. Nel novembre 1923 fu varata una NUOVA LEGGE ELETTORALE MAGGIORITARIA: essa prevedeva che la lista che avesse ottenuto la maggioranza, relativa ai voti, arrivando almeno al 25% avrebbe occupato in parlamento i due terzi dei seggi, grazie a un forte premio di maggioranza. Alle elezioni indette nell’aprile del 1924, il fascismo si presentò con un <<listone>> unitario che includeva tutti coloro a cui il nuovo governo, che era stato capace di restaurare l’ordine pubblico, ispirava fiducia. La campagna elettorale fu turbata da gravi atti di intimidazione e di violenza da parte dei fascisti contro gli oppositori. Il <<listone>> vinse le elezioni raccogliendo nel complesso il 65% dei suffragi. Da quel momento il partito fascista e Mussolini ebbero il controllo totale del parlamento. Un gravissimo fatto di sangue venne a turbare il clima politico: il deputato socialista riformista Giacomo Matteotti denunciò in parlamento le violenze fasciste. In 10 giugno fu sequestrato, rapito per la strada in pieno giorno e lo portarono via su un’auto, dove venne poi assassinato. Da quel momento tutto divenne più difficile. Le opposizioni abbandonarono la camera dei deputati. La loro assenza dal parlamento fu chiamata <<AVENTINO>>. Lo scopo di questa secessione era di indurre il Re a ripristinare la legalità, costringendo Mussolini alle dimissioni. Mussolini però non si dimise. Il 3 gennaio 1925 Mussolini si assunse in prima persona la responsabilità polita e morale del delitto, coprendo gli esecutori materiali, che non furono perseguiti penalmente. Seguì un’ondata di arresti fra i membri dei partiti di opposizione. Il fascismo si avviava a costruire un vero e proprio REGIME. LA COSTRUZIONE DELLO STATO TOTALITARIO: nei quattro anni seguenti fu costituito il REGIME <<TOTALITARIO>>, che voleva contrapporsi ai suoi due grandi avversari: la democrazia e il socialismo. Furono emanate le cosiddette <<LEGGI FASCISTISSIME>>, emanate fra il 1925 e il 1928, e cancellarono l’idea liberale di equilibrio e di controllo reciproco fra i poteri dello stato, modificando di fatto lo Statuto Albertino. Il potere esecutivo veniva nettamente innalzato al di sopra degli altri: Mussolini, ora chiamato DUCE, con una legge del dicembre 1925 rafforzò i propri poteri diventando <<capo del governo>> e non più presidente del consiglio. Vennero soppresse le autonomie locali: al posto del sindaco fu istituito un podestà, affiancato da un consiglio comunale. La libertà di stampa, di associazione, di insegnamento, vennero soppresse a partire dal novembre 1926. Furono autorizzati solo i giornali rigidamente controllati dal regime e vennero disciolti tutti i partiti. La Malizia divenne una polizia parallela, a cui venne affiancato un apposito servizio segreto, l’organizzazione per la vigilanza e la repressione dell’antifascismo. Il tribunale speciale per la difesa dello stato, funzionò come un tribunale militare competente. Gli oppositori furono incarcerati, confinati o costretti all’esilio; i fuoriusciti si riunirono soprattutto a Parigi, dove furono controllati da agenti segreti fascisti. In alcuni casi furono assassinati. Fu questo il destino dei fratelli Rosselli, fondatori del movimento democratico socialista GIUSTIZIA E LIBERTA’. Fu emanata una nuova legge elettorale varata nel 1928. Il parlamento non venne più democraticamente eletto, bensì nominato con elezioni <<plebiscitarie>>. Non si poté più scegliere fra liste o candidati contrapposti,
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