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Il Fascismo: Mussolini, Appunti di Storia

L'ascesa del Fascismo in Italia, partendo dalle origini del movimento e analizzando il contesto storico e politico dell'epoca. Si parla del biennio rosso, delle tensioni sociali e delle difficoltà economiche che portarono alla crisi dello Stato liberale e alla nascita di nuove formazioni politiche. Si analizza il ruolo del movimento fascista e delle camicie nere nella violenza contro operai, contadini e politici di sinistra, fino all'avvento della dittatura.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 21/09/2023

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MaturSchemi 🇮🇹

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(9)

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Scarica Il Fascismo: Mussolini e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! IL FASCISMO I tre sistemi totalitari sono: • Nazismo (il Fuhrer)= Hitler vuole salire al potere in modo assolutamente legittimo attraverso libere elezioni e non sarà così per Mussolini e per questo Hitler salì al potere dopo Mussolini • Fascismo (il Duce)= Mussolini sale al potere con la forza • Stalinismo (il Padre della patria)= Stalin sale al potere alla morte di Lenin Gli elementi di convergenza li troviamo nell’attuazione di questi sistemi, come sono saliti al potere. All’inizio il Fascismo era un movimento rivoluzionario di destra e non un partito. Anzi in realtà oggi gli storici individuano il Fascismo come quella che è stata chiamata la terza via: una via è quella della sinistra rappresentata dal comunismo, una via è quella della destra rappresentata dal nazionalsocialismo e infine la terza via è il Fascismo perché la storia stessa di Mussolini è una storia del passaggio dalla sinistra alla destra. Mussolini era un socialista convinto e addirittura il direttore del giornale che rappresenta il partito socialista, ma ad un certo punto della sua vita egli non solo uscirà lui ma addirittura viene espulso dal partito. Da lì poi fonderà i Fasci di combattimento e poi il Partito nazionale fascista. Il primo motivo per il quale Mussolini ritiene che il movimento fascista debba prendere il potere è perché si ritiene essere l’unica forza in grado di rimettere ordine al Paese. Nel 1922 sale al potere, resisterà durante tutto il fascismo la monarchia. Casa Savoia non ha avuto la forza di arrestare l’ascesa di Mussolini anzi l’ha avvantaggiata. DOPO-GUERRA Alla fine della guerra l'Italia è agitata da forti tensioni sociali, che coinvolgono soprattutto le masse operaie e contadine; queste rivendicano una maggiore rappresentanza parlamentare, la ridistribuzione delle terre e il miglioramento delle condizioni lavorative e dei salari. Anche l’Italia vive il «biennio rosso» che è caratterizzato da scioperi e violenti scontri che spingono parte dei socialisti a prospettare soluzioni rivoluzionarie, mentre l'opinione pubblica è preoccupata dal pericolo bolscevico. Appariva evidente il bisogno di una svolta, di un nuovo sviluppo politico-sociale che portasse l’Italia dal liberalismo ottocentesco alla democrazia. Insieme alle proteste sociali si affrontò una crisi economica, dovuta alla difficile riconversione industriale e all'inflazione, a cui si aggiungono la debolezza del mercato interno e il debito pubblico. Di fronte alla crescita delle proteste dei lavoratori, risultò evidente che nella classe dirigente del nostro Paese era ancora ben viva la tendenza all'autoritarismo, residuo dell'Italia crispina. Si voleva affrontare e risolvere sempre con la forza i problemi. I governi liberali furono messi in difficoltà anche dall’esito delle trattative di pace, che riconobbe solo parzialmente le richieste italiane. L’insoddisfazione per la Pace di Parigi si saldò con la pulsione autoritaria mettendo in agitazione la parte più conservatrice dell’opinione pubblica. Sturzo fonda il Partito popolare, il cui programma solidarista prevede una distribuzione di terre ai contadini, una riforma del fisco e una nuova legislazione sociale. Aveva optato a favore della piena partecipazione dei cattolici alla vita politica del Paese. Vi era l’esigenza di difendere il cristianesimo dalla secolarizzazione (visione più privata della religione). Le elezioni del 1919 segnano il trionfo dei partiti di massa, con la vittoria di popolari e socialisti. I socialisti era divisi in riformisti e massimalisti (rivoluzionari) e le divisione interne limitavano l’incisività dell’azione politica socialista. CROLLO DELLO STATO LIBERALE Le istituzioni liberali sono in difficoltà e viene richiamato Giolitti, padre del liberalismo in Italia, che doveva rendere più stabile il governo. Giolitti risolve la questione di Fiume (Trattato di Rapallo) e inoltre deve fronteggiare l'occupazione delle fabbriche, iniziato dalla Fiom (Federazione italiana operai metallurgici): gli operai chiedono un aumento dei salari e la creazione di consigli di fabbrica sul modello dei soviet. Egli va incontro ad una pacificazione, limitandosi a mantenere l’ordine pubblico e lasciò che lavoratori e padroni raggiungessero un accordo. Il successo non garantì certo la tranquillità e la stabilità: buona parte della classe lavoratrice giudicava del tutto insufficienti i risultati ottenuti con l’occupazione delle fabbriche, mentre la borghesia temeva il pericolo incombente della rivoluzione. Il tutto era aggravato dalla crisi economica. Nacquero due nuove formazioni politiche. Il Partito comunista d’Italia sorse a Livorno dopo una scissione interna con il movimento socialista. Tra i fondatori troviamo Gramsci e Togliatti. I comunisti abbracciarono la linea dettata da Lenin. A Milano, Mussolini (ex socialista rivoluzionario, ex interventista, fondatore del quotidiano Il Popolo d’Italia) fonda i Fasci italiani di combattimento, un movimento politico e non sono un partito perché Mussolini vuole dare l’idea di essere un movimento perché dà l’idea di cambiamento invece partito sembra qualcosa di statico che non porta molto avanti la situazione. il suo primo programma mescolava elementi in conflitto tra loro, infatti si trattava più di una lista di urgenze. Il movimento cerca il consenso della piccola borghesia contro il pericolo bolscevico. Durante il «biennio rosso», le «camicie nere» fasciste (lo squadrismo) compiono atti di violenza contro operai, contadini e politici di sinistra, spesso con l'appoggio dell'esercito, degli industriali e dei grandi proprietari terrieri. Buona parte del mondo politico, anche lo stesso Giolitti e dell'opinione pubblica crede infatti che la violenza sia utile per arginare le proteste operaie, ma ciò permette al fascismo di raccogliere nuovi consensi e prepara la strada all'avvento della dittatura. IL FASCISMO Privo di una maggioranza stabile, Giolitti intraprese la strategia del blocco nazionale, cioè l’alleanza dei liberali con i nazionalisti e i fascisti. Il movimento fascista fu legittimato dalla classe dirigente liberale: tuttavia, esso non rinunciò alle azioni extraparlamentari né tantomeno all’uso della violenza. Alle elezioni i cattolici si rafforzarono, mentre i socialisti si confermarono il primo partito del Paese; i liberali non trovarono invece l’ampia maggioranza in cui avevano sperato. Grazie all’alleanza con i liberali, 35 deputati fascisti fecero il loro ingressi in parlamento. Il leader fascista colse l’occasione per riorganizzare i Fasci, che nel 1921 furono trasformati nel Partito nazionale fascista (Pnf). Egli rinunciò al repubblicanesimo, dichiarandosi favorevole alla monarchia e ai Savoia, e rinunciò al laicismo, appoggiando in parlamento le posizioni del Vaticano e della Chiesa. Quindi il partito aveva una doppia vita, un doppio binario: da un lato l’atteggiamento rivoluzionario e squadrista, e dall’altro l’azione politica parlamentare. Dopo pochi mesi di governo Bonomi, subentra il giolittiano Facta: le violenze fasciste si intensificano e, in occasione di uno sciopero pacifico delle sinistre, i fascisti assaltano la sede dell'«Avanti!» e della Camera del lavoro, distruggendo perfino i municipi controllati dai socialisti. Di fronte alla prospettiva di una vasta alleanza tra socialisti e cattolici, il Partito socialista si scinde, lasciando così campo libero a Mussolini. Il 27 ottobre 1922 ci fu la marcia su Roma delle squadre fasciste provenienti da tutta l’Italia. Era di fatto l’annuncio di un colpo di Stato. Pennacchi la definisce una scampagnata perché non trovano opposizione, è rappresentativa. Mussolini vuole passare al potere e ha bisogno di un’azione che diventi emblematica (inoltre Mussolini rimase a Milano, pronto a passare al confine svizzero qualora gli eventi avessero preso una piega sfavorevole). La marcia è resa possibile dalla debolezza dei liberali ma anche dalla litigiosità all’interno del parlamento stesso. Facta (presidente del consiglio) chiese al re di decretare lo stato d’assedio e di mandare l’esercito a disperdere i fascisti. Il re si rifiutò di firmare lo stadio d’assedio e anzi offrì a Mussolini la presidenza del Consiglio. Il capo del fascismo conquistò il potere dunque con il minimo sforzo: lo ricevette dalle mani del sovrano, rispettando lo Statuto Albertino che prevedeva che il re desse l’incarico a qualcuno di formare il governo. La prima fase del governo Mussolini è chiamata fase legalitaria, vuole dare una parvenza di legalità al fascismo, non perché è nel rispetto totale delle leggi. Cerca di indebolire ulteriormente il parlamento, è una fase verso l’instaurazione di un potere personale e autoritario. Come tutti i regimi totalitari, interviene sulla manipolazione pubblica, sulla stampa, sulla scuola. Fu avviata, perciò, una trasformazione delle istituzioni in senso autoritario che avveniva dall'interno dello stesso apparato amministrativo dello Stato, senza che esso fosse violato. Mussolini intendeva in tal modo «normalizzare» la vita del Paese legalizzando l'azione fascista. Il Consiglio dei Ministri fu sostituito dal Gran consiglio del fascismo, che assunse compiti spettanti tanto al governo quanto al parlamento. Fu varata la riforma della scuola che fu elaborata dal filosofo Giovanni Gentile. A lui fu affidata la riorganizzazione della scuola. Si contrappone a lui Benedetto Croce anche lui filosofo, entrambi neoidealisti: Croce però è antifascista. Croce comunque non venne mai né imprigionato, né esiliato, né contrastato da Mussolini fisicamente perché era una personalità talmente influente che sarebbe stato troppo scandaloso soprattutto all’estero, avrebbe avuto una forte una resistenza. La cultura quindi era fortemente condizionata. Mussolini voleva fare una rivoluzione antropologica (vuole cambiare l’uomo), era l’anticamera dell’esperimento totalitario degli anni Trenta. Per occupare lo spazio politico e istituzionale desiderato, Mussolini aveva bisogno di una nuova legge elettorale, che costringesse all’angolo le opposizioni. La nuova legge elettorale prese il nome di Legge Acerbo che prevedeva un semplice espediente: il partito che avesse ottenuto il maggior numero di voti, avrebbe avuto i due terzi dei seggi parlamentari. Si costituì un blocco composto da fascisti, nazionalisti e liberali: il cosiddetto «listone». L'alleanza elettorale prese il 64,9% dei consensi, e conquistarono di conseguenza 374 seggi. La campagna elettorale e le votazioni si svolsero però in un clima di intimidazioni, minacce e violenze squadristiche. Frequenti furono i brogli e si registrarono episodi di corruzione finanziaria. Tali illegalità furono portate allo scoperto dal leader socialista Giacomo Matteotti, che le denunciò alla Camera con un durissimo discorso di opposizione al fascismo, contestando la validità delle elezioni. Qualche giorno dopo il suo intervento in aula, il deputato socialista fu per ritorsione rapito e ucciso a Roma da una banda di sicari (Amerigo Dumini). Non fu mai provato che Mussolini fosse a conoscenza di quanto avveniva o, addirittura, che lui stesso avesse ordinato l'eliminazione di Matteotti, ma l'ondata d'indignazione che attraversò allora il Paese mise in serie difficoltà il capo del governo.
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