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Il filosofo e il mago - Eugenio Garin, Sintesi del corso di Storia e filosofia

Riassunto del capitolo 'Il filosofo e il mago' nel libro 'L'uomo del Rinascimento' di Eugenio Garin

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Il filosofo e il mago - Eugenio Garin e più Sintesi del corso in PDF di Storia e filosofia solo su Docsity! L'uomo del Rinascimento Eugenio Garin Il filosofo e il mago Come sappiamo il Rinascimento è un momento del rinnovamento della vita culturale. Si risorge infatti dalle ceneri del medioevo per riprendere il controllo dell'esistenza dell'uomo. Secondo Jacques Le Goff, un grande storico francese, sarebbe errato definire gli intellettuali del Medioevo come <filosofi>, perché i filosofi fino a quel momento conosciuti erano stati quelli del mondo antico. Il filosofo che prende ita nel Rinascimento è un nuovo tipo di filosofo: svincolato dai rapporti con la scuola, privo di ortodossie, insofferente per il giogo dei potenti e, quasi sempre, ribelle all'ordine della società. Molto spesso infatti questi personaggi sono attivi nella vita pubblica del paese, si interessano di politica e morale, trattano dell'uomo. Nel 1621 venne pubblicato ad Oxford un libro particolarmente singolare: The Anatomy of Melancholy, opera di un certo Democritus Junior. Sotto questo nome si nascondeva Robert Burton, nato nel 1577, divenne nel 1626 il bibliotecario del Christ Church College. Con questo volume Burton consegnò all'Inghilterra riflessioni filosofico-scientifiche sull'uomo di circa due secoli. L'autore cita di continuo nel libro la sua maggiore fonte d'ispirazione: Marsilio Ficino; nato sotto Saturno, rappresenta il nuovo filosofo, egli è infatti medico, mago e astrologo. Egli aveva nella sua accademia una rappresentazione dello stesso Democrito che, per eccesso di saggezza, sembra essere diventato folle e ride delle disgrazie dell'uomo. In questo libro Burton cercava di sottolineare, nonostante fosse un luogo comune da tempo, due tratti del filosofo: il filosofo civile, rispettato e consultato nelle città, e il filosofo naturale, che vuole conoscere le cose per operare su di esse; proprio questo faranno il medico, il mago e l'astrologo. Secondo Leon Battista Alberti, Democrito operò sugli animali non potendolo fare con gli uomini, egli desiderava scoprire dove prendeva vita il peggiore dei mali degli uomini: l'iracundia. La rabbia è l'unica in grado di sconvolgere la mente e distruggere ogni forma di razionalità, lo stesso del resto cercò di fare Socrate, maestro di moralità. Proprio il Ficino si sarebbe detto un uomo nel quale confluivano entrambi i pensatori, chi con la medicina del corpo e chi con la medicina dell'anima. Un esempio del mutamento che si stava affermando nel Rinascimento lo rintracciamo nel quadro I 'Tre filosofi' di Giorgione. Il dipinto rappresenta infatti tre soggetti di cui uno, molto più giovane degli altri, si trova seduto a terra con degli strumenti per la misurazione e intento ad osservare una buia caverna di fronte ai loro occhi, forse la spelonca di Platone. La meravigliosa peculiarità del quadro è che esso conserva ancora la troia della stesura, riuscendo perciò a descrivere i vari passaggi della trasformazione dei filosofi. Secondo un'attenta radiografia, i tre soggetti si sono rivelati in realtà i Magi che, attraverso l'uso dei loro strumenti, stanno calcolando l'arrivo della stella, con conseguente nascita di Cristo, e quindi che indica la strada. Perciò, nella stesura finale, gli astrologi sono divenuti dei filosofi che indagano sulla natura, si può percepire il lieve passaggio che c'è quindi stato, l'affermazione di un termine nuovo per indicare qualcosa che prima non lo aveva. Nel 1554 Giovanni Herold presenta la nuova edizione completa delle opere del Petrarca, la sua prima preoccupazione è quella che gli spetti però il titolo di filosofo. Senza ombra di dubbio Petrarca fu un precursore nel Trecento di tutto quello che poi sarebbe stato, non a caso il suo dialogo 'De sui ipsius et multorum ignorantia', scritto nel 1361 e pubblicato postumo dopo la sua morte, parla di come nelle scuole del tempo l'insegnamento della filosofia fosse già fuorviante. Il poeta difendeva la filosofia come ricerca del vero, e negava invece quella filosofia che si spacciava per tale, che consisteva in realtà nella lettura e commento del commento già realizzato del libro di Aristotele. Petrarca non si scaglia contro il grande maestro, ma cerca di indurre chi legge ad aprire gli occhi, facendogli notare che di filosofi ce ne furono anche molti altri; questi sono in dialogo tra loro, un dialogo che non possiamo assolutamente ignorare o interromepre. Bisognava quindi abbandonare le filosofie cristiane, arabe o ebraiche, perché legate ad una religione, la vera filosofia è indagine dell'uomo, del suo agire sul mondo e del suo destino. La filosofia del poeta risiede nella riscoperta degli antichi scritti, grazie a lui abbiamo ad oggi opere di Cicerone, ma anche di molti altri filosofi latini e greci anche. A lui dobbiamo l'avviamento di una disputa fra discipline, fra arti e fra vita attiva e vita contemplativa, del resto anch'egli fu l'esempio tangibile di queste opposizioni. Uno dei punti principali della discussione del Rinascimento fu quanto il valore che gli studi umanistici ha inciso sul movimento e se dovessero essere chiamati filosofi anche gli stessi umanisti; il campo di battaglia selezionato per giudicare i due temi furono le scuole universitarie. Scegliere come luogo di disputa gli istituti medievali non fu una saggia scelta, in primis era loro a vacillare e a percepire dall'interno uno sgretolamento dell'egemonia, si contestavano i loro metodi, la dittatura di Aristotele e il latino scolastico e anche la stessa distinzione tra le varie discipline e arti non reggeva più. Nel 1509 a Parigi, l'editore Josse Bade pubblica la 'Dialettica' di Lorenzo Valla, morto già da oltre cinquant'anni. In questo libro viene confutato infatti non solo Aristotele, ma anche Boezio, Porfirio e i filosofi moderni, mettendo in discussione il metodo e tutte le categorie del sapere scientifico. Pochi anni prima, lo stesso editore, aveva pubblicato in faccia alla Sorbona, la più autorevole università medievale del tempo, un manoscritto ritrovato da Erasmo dello stesso autore, che egli ammirava profondamente. Valla però era pericoloso, perché la collazione del testo latino con il testo greco del libro sacro, metteva in discussione la parola di Dio; il grammatico diveniva teologo ponendo il problema della lingua. Erasmo aveva ben capito che la grammatica era una disciplina importante perché si occupa di cose piccole, ma senza delle quali non ci sarebbero quelle grandi, 'agita questioni da poco, ma che hanno conseguenze molto serie'. Senza aver famigliarità con una lingua, senza conoscerla e senza contestualizzarlo in un periodo storico-culturale, non si è in grado di affrontare un testo. Non a caso Erasmo, nel 1516, pubblicò il 'Nuovo Testamento' in greco e latino, compiendo un atto rivoluzionario nel campo filologico della 'filosofia cristiana'. Va ricordato che entrambi sono avversi alla scolastica , profondamente segnati dai classici ed interlocutori di pontefici e sovrano, incarnano il nuovo filosofo che stava nascendo in Europa. In questo periodo abbiamo detto che nasce il filosofo e lo scienziato perché all'effettivo erano figure assenti in quel momento, allo stesso tempo però si distacca dalla filosofia lo scienza che, nell'antichità, non aveva neanche una definizione propria per essere indicata. I due ruoli vengono quindi a separarsi, tornando pur sempre nell'antichità con un mutamento radicale non solo non solo degli autori, ma anche delle autorità, portando effetti rivoluzionari sulle discipline; i confini del sapere e del fare vengono affievoliti, ora non si occupano di conoscenza solo i teorici, bensì gli studiosi di vari compi del sapere. Quando nel '400 divenne disponibile la 'Geografia' di Tolomeo, come prima preoccupazione si ebbe quella di renderla in latino, allargando così la cerchia di quanti potessero leggerla, e ad occuparsi della cura dell'edizione furono degli 'scienziati'. Questa fu la dimostrazione che ora gli esperti si occupano di vari campi, e non si soffermano più nello studio di una singola disciplina, ma riflettono le proprie esperienze e, oltre a teorizzare, le mettono in pratica; un esempio fu Marsilio Ficino. Marsilio Ficino (1433-1499) fu un dotto del Rinascimento, figlio del medico di Cosimo il Vecchio, anch'egli seguì in parte le orme del padre. All'età di diciannove anni, nel 1452, entrò nella cerchia dei neoplatonici della Villa Careggi, nello stesso anno Piero della Francesca compone la 'Flagellazione di Cristo', secondo molti interpreti della storia dell'arte il ragazzo giovane che nella composizione si trova a discutere con le altre due figure si tratterebbe di Marsilio in persona intento all'iniziazione dei neoplatonici; nello stesso anno egli entra infatti nelle grazie di Cosimo. Negli anni sessanta del '400 sappiamo che traduce un'intera biblioteca platonica e neoplatonica, che per altro commentò anche. Pochi anni dopo si dilettò a tradurre anche gli ermetici, teologi antichissimi che devono il loro nome alla figura mitica di <Ermete Trismegisto>, filosofo egiziano contemporaneo, o addirittura precedente, a Mosè. Nel 1471 il Ficino pubblicò per primo in latino il 'Corpus Hermeticum' attribuito allo stesso Ermete, indicando Platone e Plotino come i più tardi rappresentanti della sapienza antica contenuta nel libro. In questo modo Marsilio suscitò grandissimo interesse, l'ermetismo confluì in molte discipline, ma
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