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Il fu Mattia Pascal Riassunto, Dispense di Letteratura

Il fu Mattia Pascal Riassunto completo

Tipologia: Dispense

2017/2018

Caricato il 16/11/2018

Ludovico_Maria_Durante
Ludovico_Maria_Durante 🇮🇹

4.4

(252)

54 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Il fu Mattia Pascal Riassunto e più Dispense in PDF di Letteratura solo su Docsity! TRAMA Il romanzo Il fu Mattia Pascal è una delle opere di Luigi Pirandello più conosciute e amate dal pubblico, ed una delle più rilevanti dell'intera produzione dello scrittore siciliano. Scritto nel 1903, sovvenzionato dalla rivista Nuova Antologia, sulle cui pagine venne pubblicato a puntate l’anno successivo, il romanzo, come ci anticipa già il titolo stesso, ruota interamente attorno al tema, fondamentale in Pirandello, dell'identità individuale: quella di Mattia Pascal e del suo alter ego, Adriano Meis. Il romanzo, scritto in prima persona, è infatti il racconto da parte del protagonista della propria vita e delle vicende che l'hanno portato ad essere il "fu" di se stesso. Dopo la morte del padre, che aveva fatto fortuna al gioco, la madre di Mattia, il protagonista, il quale ha pure un fratello di nome Roberto, sceglie di dare in gestione l’eredità del marito a Batta Malagna, amministratore poco onesto che deruba giorno per giorno la famiglia Pascal. I due giovani eredi, dal canto loro, sono troppo impegnati a divertirsi per occuparsi della gestione del patrimonio familiare. Mattia, inoltre, mette incinta la nipote del Malagna, e viene da questi obbligato a sposarla per rimediare all’offesa provocata. Impoverito dalla mala gestione dell'eredità paterna, il protagonista deve impiegarsi come bibliotecario e vivere con la moglie a casa della suocera, donna arcigna e che lo disistima profondamente. Non passa molto tempo che la vita matrimoniale diventa insopportabile e, dopo la perdita di entrambe le figlie che amplifica la frustrazione dei coniugi, Mattia decide di partire in direzione Montecarlo, per tentare di arricchirsi al gioco. Le sue speranze vengono esaudite: il protagonista vince una somma considerevole alla roulette. Si rimette così in viaggio verso il paese natio, tronfio della vittoria e deciso a riscattarsi. Durante il viaggio in treno, però, accade l’imprevedibile: Mattia legge sul giornale la cronaca di un suicidio avvenuto a Miragno, e scopre con enorme stupore di essere stato identificato nel cadavere dello sventurato , già in stato di putrefazione e quindi poco riconoscibile. Dopo un primo momento di totale smarrimento, Mattia decide di cogliere l’occasione per fuggire da quella vita poco entusiasmante che lo attende a casa. Abbandonata l'identità di Mattia Pascal, cui si associa l'idea di fallimento esistenziale, il protagonista adotta il nuovo nome di Adriano Meis, convincendosi che liberarsi dalla figura sociale di Mattia (il nome, la famiglia, la vita usuale di tutti i giorni) sia il primo passo di una nuova vita. Dopo un periodo trascorso a vagare tra Italia e Germania, Adriano si stabilizza a Roma, dove prende in affitto una stanza dal signor Paleari. Qui però il protagonista si scontra coi limiti intrinseci di un’esistenza al di fuori delle convenzioni sociali: non possedendo documenti né un’identità riconosciuta, non può denunciare un torto che gli viene fatto - nello specifico, un furto - e, cosa ben più grave, non può sposare la figlia del padrone di casa, Adriana, di cui è nel frattempo s'è innamorato. Frustrato dalla sua condizione, decide di rinunciare anche all'identità di Adriano Meis, di cui inscena il suicidio (a pensarci bene, un altro atto di mistificazione e di mascheramento da parte del protagonista), e di riprendere la vecchia identità, facendo "risorgere" - per così dire - Mattia Pascal. Tornato a Miragno, Mattia trova però una situazione ben diversa da quella che aveva lasciato: sua moglie ha sposato un amico di vecchia data, Pomino: inoltre, i due hanno pure avuto una figlia. Mattia è dunque escluso anche da ciò che inizialmente, con l'episodio fortunato della roulette, aveva provato a fuggire e che ora vorrebbe recuperare in extremis. L'ordine sociale (rappresentato dalla famiglia e dal matrimonio, oltre che dal nome e dal cognome che ci identifica di fronte agli altri) isola definitivamente Mattia, che può solo riprendere il suo precedente impiego di bibliotecario, ritirandosi in una vita condannata al senso di estraneità dal mondo, la cui unica distrazione è la visita saltuaria alla propria tomba. Con un puntuale tocco umoristico - assai coerente del resto con la poetica pirandelliana della maschera e la sua costante riflessione sul "doppio" che alberga nelle vite di tutti noi, come dimostrerà anche Uno, nessuno e centomila - a Mattia, che ha provato ad evadere dalle convenzioni sociali per assumere una nuova identità più felice, non resta che la constatazione, assai provvisoria e precaria, di essere nient'altro che il "fu Mattia Pascal". Sono tutti temi che costellano il romanzo, e che si concentrano, oltre che nelle due Premesse del romanzo, anche quando Anselmo Paleari esplicita a Mattia-Adriano (degente a letto, e provvisoriamente privato della vista dopo un'operazione all'occhio strabico...) la propria "lanterninosofia". E le basi "filosofiche" della concezione del mondo pirandelliana non si riflettono solo nelle vicende del romanzo, ma anche nelle scelte stilistiche e strutturali che lo contraddistinguono: Mattia è narratore in prima persona delle proprie vicende, e spesso il suo punto di vista sugli eventi è soggettivo e parziale, tanto da farci seriamente dubitare della sua attendibilità. E lo stile di questa autoanalisi, comune a molte altre opere dell'autore siciliano, mescola abilmente elementi teatrali e una sintassi vicina all'oralità, per restituire l'immagine della frantumanzione dell'identità contemporanea. COMMENTO Progettato nel 1903 e pubblicato l’anno successivo sulla “Nuova Antologia”,Il fu Mattia Pascal parte da un episodio umoristico (“un caso [...] strano e diverso”) che ben illustra la poetica pirandelliana: un uomo - tale Mattia Pascal - è creduto morto da amici, familiari e compaesani e sfrutta questo equivoco per cominciare una nuova vita, sotto le mentite spoglie di Adriano Meis. Lo sgretolamento dell’identità individuale, centrale nella riflessione pirandelliana sia nei romanzi che nelle opere teatrali , è dunque il tema che attraversa tutta la narrazione, e che viene calato nel genere del “romanzo di formazione”, quasi per rovesciarlo dall’interno. Lo stesso Mattia, che ci racconta in prima persona la sua paradossale vicenda, si proclama da subito un narratore alquanto inattendibile, dato che dice che ci racconterà solo ciò che egli reputa “necessario”. La vicenda di Mattia, infatti, mette in discussione ogni possibile certezza (e molti dei modelli ereditati dalla tradizione letteraria): le due Premesse al romanzo, di stampo filosofico, sostengono (in forme ironiche, sino all’esclamazione del protagonista: “Maledetto sia Copernico!”) che il relativismo dell’epoca moderna ha lasciato l’uomo contemporaneo ormai privo di ogni caposaldo, e certo della sua nullità all’interno del cosmo. Anche alcuni luoghi del romanzo (come quella nella biblioteca Boccamazza, dove Mattia stende le proprie memorie e che può riportarci alla memoria quella di don Ferrante de I Promessi Sposi o de Il nome della Rosa di Umberto Eco) “smontano”, con le risorse dell’umorismo pirandelliano qui incarnate da Anselmo Paleari, le poche sicurezze rimaste al protagonista (e al lettore del Mattia Pascal): il caos regna sovrano anche nel luogo del sapere e della conoscenza. La prima parte: Il romanzo consta di 3 parti, che corrispondono a 3 diversi modelli di romanzo. La storia comincia dalla fine della vicenda vissuta: ormai estraneo alla vita, già “fu Mattia”, il protagonista racconta in prima persona la propria storia. La struttura è ciclica: nei primi due capitoli, costituiti da due Premesse teoriche, e negli ultimi due, in cui si narra la trasformazione del protagonista nel “fu Mattia”, il personaggio principale è già, per l’appunto, “fu Mattia”. Nei primi due capitoli Mattia Pascal, il protagonista, vive in uno stato di non-vita, in una condizione di acronia, di immobilità e di totale estraneazione rispetto all’esistenza, in un tempo fermo e in uno spazio morto (quello di una biblioteca che nessuno frequenta e a cui egli dovrebbe accudire). Qui il modulo narrativo è quello dell’antiromanzo, che esclude qualsiasi possibilità di svolgimento. La seconda parte: è un secondo romanzo nel romanzo. Il protagonista è il giovane Pascal. Qui il modello di romanzo è quello idillico-familiare: il luogo è campestre, vicino al paese di Miragno, lontano dalla moderna civiltà industriale. Tuttavia, questa vi penetra attraverso la figura dell’amministratore-ladro Batta Malagna che pone in crisi il precedente equilibrio idillico, depauperando pian piano il patrimonio familiare di Mattia e della madre. Per vendicarsi di lui, Mattia seduce Romilda da cui il vecchio amministratore vorrebbe un figlio. La beffa erotica, che il protagonista vorrebbe tendere all’amministratore, si complica per il fatto che Mattia ingravida anche la moglie di Batta Malagna, Oliva. A questo punto il beffatore finisce beffato: mentre Malagna riconosce come proprio il figlio di Oliva, Mattia deve accettare come moglie Romilda, che invece puntava a farsi sposare dal ricco amministratore. L’inferno della nuova vita coniugale, la difficoltà economica in cui cade la nuova famiglia di Mattia, le disgrazie (muoiono la madre di Mattia e le due gemelle avute da Romilda) inducono Mattia a pensare al suicidio. Per una risoluzione improvvisa, il protagonista decide di recarsi a Montecarlo e di giocare alla roulette. Vinta un’ingente somma al gioco, decide di tornare al suo paese ma, durante il viaggio di ritorno in treno, apprende dal giornale di essere stato riconosciuto dalla moglie e dalla suocera in un cadavere in stato di putrefazione trovato nella gora di un mulino di Miragno. Così, decide di approfittare di tale accadimento, si fa passare per morto e si entusiasma all’idea di poter cambiare identità e di poter iniziare una nuova vita libera dai vincoli e dagli oneri caratterizzanti la precedente. La terza parte: a questo punto inizia la terza parte del romanzo e il terzo romanzo nel romanzo. Questa volta il modello è quello del romanzo di formazione. Protagonista del terzo romanzo è l’incarnazione di Pascal, il quale assume il nome di Adriano Meis, cercando di costruirsi un nuovo io e di vivere in completa libertà, senza più obblighi di sorta. Dopo aver soggiornato per qualche tempo a Milano e, dunque, aver fatto l’esperienza della modernità in una metropoli industriale, Adriano Meis si reca a Roma, trova sistemazione nella pensione di Anselmo Paleari e s’innamora della figlia di quest’ultimo, Adriana, che il cognato Papiano insidia. Ma i timori che venga scoperta la sua vera identità e l’impossibilità di avere uno stato civile che renda possibile il matrimonio con Adriana lo angosciano incessantemente. Per non farsi riconoscere, si fa operare all’occhio strabico. E, tuttavia, per non essere scoperto, deve rinunciare a denunciare un furto che, durante una seduta spiritica, subisce ad opera di Papiano. Dopo aver capito di non poter sposare, in alcun modo, Adriana, per allontanarla da sé, inizia a corteggiare la fidanzata di un pittore spagnolo ed è, da questi, sfidato a duello. Privo d’identità, non riesce però a trovare i padrini necessari per battersi. Così, estenuato da tante difficoltà, decide di fingere il suicidio nel Tevere e quindi di andare incontro alla sua seconda morte. Lo slancio verso la riconquista di un’originaria purezza e autenticità falliscono: la vita deve comunque darsi una forma e la fatica che bisogna affrontare per crearne una nuova e sostenerne i condizionamenti e i compromessi è spesso così grande che costringe a rientrare precipitosamente nella vecchia. La vecchia vita, pur con i suoi originari limiti e le sue falsità, impedendoci di essere altro da noi, allontanando il rischio della disgregazione, rende possibile l’esistenza, inchiodandoci ad una realtà sì fittizia ma inalienabile. ROMANZO DI FORMAZIONE - Si può dunque definire Il fu Mattia Pascal non un romanzo di formazione bensì un antiromanzo di formazione, in cui la formazione, appunto, del protagonista, nel corso della vicenda, fallisce. Finto il suicidio nel Tevere, si rientra nel primo romanzo, quello di cui è protagonista il “fu Mattia”. Fuggito da Roma, egli torna a Miragno, dove trova Romilda sposata all’amico Pomino e, peraltro, con una figlia avuta da costui. Rinuncia allora a vendicarsi contro di lei e ad avvalersi della legge (sarebbe lui il legittimo marito della donna). Decide invece di restare a Miragno “come fuori della vita”, trascorrendo il resto dei suoi giorni tra la biblioteca di Santa Maria Liberale, godendo della compagnia del solo don Eligio Pellegrinotto, e la casa della zia Scolastica, rimasta sola dopo la morte della sorella e madre di Mattia. Ormai Mattia è diventato un personaggio, una maschera nuda: non vive più, si guarda e guarda gli altri vivere. A don Eligio, che trova il significato della storia nella necessità di una accettazione dello stato civile, il “fu Mattia” obietta di non essere assolutamente rientrato nella “legge”, nel sistema delle convenzioni sociali, né di avere la pur minima intenzione di rientrarvi. Insomma, Mattia ha capito che la vera identità non esiste, né questa, d’altra parte, può essere conferita da uno “stato civile”, che semmai riduce l’uomo a maschera, a forma. In definitiva, non resta altro che porsi al di fuori della vita, in una condizione di estraneità e di distacco da ogni meccanismo sociale. Pascal tronca qualsiasi rapporto vitale con la “normale” esistenza. Ne deriva una duplice conseguenza: da un lato il protagonista, collocandosi fuori dal flusso dell’esistenza, non può più affidarsi alle sensazioni naturali e si pone in un atteggiamento di studio, di distanziamento umoristico, di riflessione astratta; dall’altro il romanziere, prendendo atto della fine del personaggio come eroe e come persona, tende irresistibilmente a trasformarlo in una figura di tale ricerca e dunque in un’astrazione personificata. D’altronde, se il significato non è più nelle cose, il soggetto non può più vivere all’unisono con esse. Il fu Mattia Pascal è il romanzo allegorico della fine dell’identità e della morte della persona. TEMATICHE PRINCIPALI - I temi principali del romanzo sono i seguenti: - la famiglia, sentita come nido o come prigione. È un nido la famiglia originaria, fondata sul rapporto di tenerezza fra Pascal e la madre e sentita come idillio minacciato dall’avidità dell’amministratore; è una prigione il rapporto coniugale con Romilda e quello con la suocera, la terribile vedova Pescatore. In questo secondo caso, sembra possibile solo l’evasione. Si riflette in ciò un elemento autobiografico: l’idealizzazione della madre è costante in Pirandello e si accompagna, invece, all’esperienza infelice del matrimonio; - il gioco d’azzardo e lo spiritismo. Pirandello rappresenta minuziosamente il casinò di Montecarlo, nei pressi di Nizza, dove Mattia vince alla roulette divenendo improvvisamente ricco. La descrizione del luogo ha del reportage giornalistico e doveva servire a stimolare la curiosità del lettore borghese nei confronti di un posto favoloso e “proibito”. Per di più esso affascina Pirandello perché l’importanza del caso e il potere della sorte contribuiscono a rafforzare la sua teoria della relatività della condizione umana, sottolineando i limiti della volontà e della ragione. Inoltre, non si può non parlare dell’interesse di Pirandello per lo spiritismo, molto diffuso fra Ottocento e Novecento: la crisi del razionalismo positivista induceva infatti a occuparsi dei fenomeni non spiegabili scientificamente; - l’inettitudine. Il protagonista non fa tesoro dell’esperienza accumulata nella prima parte della sua vita, prendendo le distanze dal sistema che ha provocato il suo fallimento: è in cerca di un’altra possibilità per realizzarsi, ma sempre all’interno dello stesso sistema e mantenendone invariate le condizioni. Mattia è l’emblema dell’uomo moderno: è un inetto, un velleitario che pretende di dare una svolta alla propria vita occupandosi solo di curare i mutamenti esteriori e tralasciando di lavorare, invece, sulla propria interiorità. Ma la vera libertà non dimora lungo tale via. Il fatto che Mattia fugga dalla realtà e dalla possibilità di una reale evoluzione interiore fa sì che l’evasione tanto anelata da Mattia sia impossibile ed è inevitabile che egli si trasformi in un antieroe, reso inadatto alla vita pratica dalla sua stessa tendenza allo sdoppiamento, dalla sua propensione a vedersi vivere e, in sostanza, dalla sua estraneità nei confronti della vita e di se stesso; - lo specchio, il doppio, la crisi d’identità. Mattia Pascal ha un rapporto difficile non solo con la propria interiorità ma anche con il proprio corpo: ha difficoltà a identificarsi con se stesso. Spia di questo malessere è l’occhio strabico, che guarda sempre altrove. La crisi d’identità dipende anche dalla sua duplicità, rappresentata dalla sua predisposizione a sdoppiarsi e dalla sua inclinazione a porsi davanti allo specchio. Un particolare curioso è la ripetizione, per due volte, di alcune situazioni: Mattia Pascal seduce prima Romilda, poi Oliva; muore due volte; per due volte si dà una nuova personalità, prima come Adriano Meis , poi come “fu” Mattia Pascal. E ancora: si sostituisce spesso ad un “alter ego”, a un “doppio” di sé: per esempio si sostituisce a Pomino nell’amore di Romilda e poi è questo stesso amico a sostituirsi a lui come marito; infine, Mattia tende sempre a ripetere la stessa situazione collocandosi come terzo all’interno di un rapporto di coppia: si inserisce tra Malagna e Romilda, e anche fra la ragazza e Pomino, innamorato di lei; poi fra Adriana e Papiano; infine tra il pittore spagnolo e la fidanzata e, di nuovo, tra Romilda e Pomino. Tutto ciò concorre a considerare il nostro romanzo come una successione di specchi, successione peraltro connaturata alla riflessione umoristica; - la modernità, la città, il progresso, le macchine. Nel capitolo IX Adriano Meis è a Milano e, frastornato dai rumori, dai tram elettrici (introdotti da poco) e dalla vista della folla, riflette sulle conseguenze del progresso tecnico, negando che la felicità sia favorita dallo sviluppo scientifico e che le macchine possano realmente servire a migliorare la condizione dell’uomo. Nel capitolo successivo si sposta da Milano a Roma. La capitale viene
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