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Il gattopardo, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

riassunto e appunti sul libro

Tipologia: Sintesi del corso

2014/2015

Caricato il 02/03/2015

kowalska93
kowalska93 🇮🇹

4.5

(25)

10 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Il gattopardo e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! IL GATTOPARDO Giuseppe Tomasi di Lampedusa Il titolo Il tema allude allo stemma araldico della famiglia sabina, che raffigura appunto questo essere mitologico. Visto il successo del romanzo, il titolo acquisì significato antonomastico diventando sinonimo di “trasformista”. Si definiscono gattopardi quelle categorie di persone che per la loro astuzia e abilità riescono a mimetizzarsi quando ci sono forti cambiamenti senza mettere a rischio la propria posizione. Frase celebre: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” questa affermazione denuncia l’abitudine consolidata a giocare il ruolo di innovatori e rivoluzionari per poter confermare gli antichi privilegi. Autore, datazione e collocazione storica del romanzo Giuseppe Tomasi di Lampedusa era un aristocratico palermitano, scrittore non professionista, colto e studioso di letterature straniere (pubblicava scritti critici sui giornali). Questo romanzo, che è quello che l’ha reso noto ai posteri, è stato scritto nel 1957. I fatti narrati si collocano tra il 1860 e il 1862, che rappresentano gli anni più significativi per la Sicilia dopo le rivolte del 1848, con l’aggiunta di spostamenti avanti nel tempo, come la morte del principe sabino nel luglio 1883 e il salto al maggio 1910 per raccontare gli eventi che hanno portano alla liquidazione del patrimonio di questa antica casata (il palazzo del principe è ormai semiabbandonato e la sua morte sugella la fine di un’epoca). CONFRONTO TRA VECCHI E GIOVANI, GATTOPARDO E VICERE’ Quando Tomasi scrive Il Gattopardo, sono passati 50 anni dalla pubblicazione de I Vecchi e giovani. In questo arco di tempo sono avvenute cose molto importanti: - quando scriveva Pirandello, c’era una certa vicinanza agli eventi narrati, era la “storia dell’altro ieri” - Tomasi scrive invece ad una notevole distanza di tempo, egli parla del Risorgimento dopo avvenimenti come la Prima Guerra Mondiale (che ha segnato in modo forte la percezione della nostra identità nazionale; per effetto, ad esempio, della leva di massa che ha coinvolto la popolazione), il Fascismo e la conseguente Resistenza (in Sicilia non c’è Resistenza perché lo sbarco delle truppe anglo-americane prende subito il controllo dell’isola). Nel Gattopardo non si parla di niente di tutto ciò! La presa garibaldina: come viene affrontata nei 3 romanzi - Tomasi diseroizza completamente la vicenda; - nei Viceré non c’è uno sguardo benevolo o rispettoso verso Garibaldi, gli Uzeda “rapacemente” trattengono il potere e considerano il ceto borghese e la politica liberale come qualcosa di irrilevante. Eppure, ad un certo punto, si racconta che in un monastero di Catania vengono alloggiati dei garibaldini, coperti dai benedettini. Anche il figlio di Garibaldi si trova nel collegio in cui studia uno degli Uzeda, che vede questi garibaldini come degli alieni, come figure mitiche, eroicizzate, che appaiono come meteore e passano sul suolo siciliano lasciando una scia di mito; - nel romanzo di Pirandello, il mito garibaldino è costruito e fissato in una specie di leggenda che in parte riversa nella realtà, eroicizzandola. STRATEGIA NARRATIVA Diversamente da Pirandello (narrazione sfaccettata in cui il narratore racconta gli eventi attraverso i punti di vista doversi dei vari personaggi), nel Gattopardo il racconto del narratore passa attraverso i pensieri e il vissuto di Sabina (focalizzazione unica). Il narratore racconta quindi attraverso la psicologia del protagonista (che qui può essere facilmente individuato, a differenza dei Vecchi e i giovani e dei Viceré in cui ci sono tanti protagonisti di epoche diverse). Il punto di vista del narratore è molto vicino a quello del personaggio; questa vicinanza si traduce spesso nell’uso dell’INDIRETTO LIBERO (il racconto del narratore non si distingue più dai pensieri del personaggio. Inoltre, abbastanza di frequente, il narratore allude al TEMPO DELLA SCRITTURA (questa è una novità, né Pirandello né de Roberto lo fanno). Questa tendenza è sicuramente dovuta al fatto che lo scarto temporale è notevole ed è solo in questi momenti che il lettore può percepire tale scarto. Esempi: - p.80: compaiono i vari personaggi e Pirandello riporta l’attenzione del lettore all’atto della scrittura, dicendo “Vorrei dirvi di più di Tancredi ma non posso”.  questo provoca una sorta di spostamento temporale dal tempo narrato al tempo della scrittura. - p.99: Tancredi, nipote di Fabrizio, progetta di sposare la bella Angelica, figlia del sindaco (borghese arricchito filo garibaldino); egli manda una lettera allo zio in cui avanza la proposta di matrimonio. Questa lettera è scritta con grande abilità e astuzia, lo zio se ne meraviglia, se ne compiace, e si stupisce della capacità del giovanotto a precorrere mentalità e costumi moderni: parla di un’ “accelerazione della storia”, e quando dice “oggi” fa riferimento al 1957, quindi al tempo della scrittura. - p.107-108: dopo l’annessione della Sicilia, si cominciano a fare opere pubbliche e viene progettate una rete fognante per Girgenti. Il sindaco dice che sarà completata entro il 1961 (Tomasi riporta l’attenzione del lettore al momento in cui il romanzo è scritto citando Freud  anacronismo). - p. 131-132: l’accordo per il matrimonio è stato stabilito. Si racconta la prima visita al palazzo del principe. Angelica è bella e vincente, disinvolta, astuta, leggiadra e ha capacità di adattarsi, come Tancredi. È nata in una famiglia ricca ma di origini basse, ha studiato in collegio a Firenze ma ha ancora molto da imparare circa la vita aristocratica. Andando al palazzo, supera egregiamente questa prova, si comporta in modo impeccabile all’interno dell’ambiente aristocratico; ha anche un colpo di genio: va vicino all’orecchio di Fabrizio e dice “Zione..”, termine con cui lo chiamava Tancredi. Questo gesto dimostra intelligenza e ammiccamento e fa ricordare a Tomasi la scena di un film (anche qui vi è uno spostamento temporale). - p.200: nel salone dei Liquori del palazzo dei Pantaleoni (in cui si svolge la festa da ballo per la consacrazione sociale della coppia da parte della nobiltà siciliana) ci sono degli affreschi mitologici; sul soffitto sono rappresentati dei greci, il narratore commenta: “Si credevano eterni, ma la bomba di Kitzburg del 1943 doveva ricordare loro il contrario” (riferimento al bombardamento angloamericano). Tutti questi esempi riportano un’interruzione del racconto in cui l’autore ci richiama a stare attenti al fatto che sia passato tento tempo, si tratta di una sorta di avvertimenti. Il Gattopardo è caratterizzato da una progressione liquida e uniforme, diversamente dal romanzo di Pirandello che è invece caratterizzato da molti personaggi, è un racconto policentrico, in cui emergono prospettive diverse e spesso in contrasto tra loro (tutto ciò ci fornisce una prospettiva aperta degli eventi). La vicenda si svolge su 2 piani: - politico: l’atteggiamento del principe è di diffidenza, distacco, incredulità e denuncia una disponibilità a mettere in atto un comportamento trasformistico con lo scopo di mantenere ciò che esiste; - privato: trattative per il matrimonio di Tancredi; il principe è più coinvolto in questa vicenda perché si lascia sedurre dall’idea di poter trasmettere la sua eredità e i suoi valori a questo nipote che è più intelligente dei suoi figli. Man mano che Angelica e Tancredi riescono a realizzare la propria unione anche dal p.d.v. sociale, nasce nella psicologia del principe un tema negativo, quello dell’amarezza, del disgusto, il pensiero della morte lo attanaglia sempre più. Ciò che il principe deve fare per consentire a Tancredi di realizzare il suo interesse è uscire di scena, passare da protagonista a testimone (e questo produce in lui una grande amarezza). Questo motivo affiora fortemente nel momento dell’apoteosi della coppia, ossia il ballo a casa di un nobile palermitano: questo evento sanziona l’accettazione di Angelica e di suo padre in questo mondo aristocratico. I due vengono invitati al ballo, e dunque accettati, “nobilitati” per la loro ricchezza e la bellezza di Angelica. Il narratore, registrando le impressioni del principe, delinea in questa festa uno scenario perfetto: arredo, luci, comportamenti e cibi sono impeccabili. Nella perfezione del comportamento di Angelica e Tancredi, il narratore rivela una certa aridità: non sbagliano un colpo, fanno esattamente ciò che va fatto e questo corrisponde ad una vocazione per il calcolo e la convenienza, la comodità (Angelica è innamorata di Tancredi ma non lo ama perché ha un ego razionale molto elevato, non vivrà mai la fase di follia e indistinzione verso la persona amata, e lo stesso vale per Tancredi). La festa è descritta (oltre metà libro) nel novembre del ’62 (parte VI) in maniera lunga e dettagliata; il principe entra in questo scenario e vive in occasioni successive un malumore a lui sconosciuto, che gli viene dal profondo e si appoggia su pretesti insulsi; questo malumore deriva dalla riuscita del progetto che egli stesso ha favorito, quello di trasmissione dell’eredità alle nuove generazioni. Questo lo porta a dover raggiungere un compromesso con un nuovo stile di vita che gli si presenta intollerabile e che, anziché salvarlo, lo porterà alla completa distruzione: non riuscirà a tenere a bada questo umore malinconico, fatto di disappunto e presagi funeraci, e si rintanerà nella biblioteca del padrone di casa. La MORTE è un disgregarsi della persona, che si realizza come una perdita progressiva di sostanza, uno scioglimento della sostanza vitale che avviene a partire dal momento in cui nasciamo, nascendo incominciamo a morire. Questo mondo è tenuto insieme dalla memoria, dal fatto che qualcuno lo ricordi. Colui che ricorda, Sabina, è in realtà Tomasi di Lampedusa, il quale attribuisce alla letteratura il ruolo di rielaborazione della memoria. Il Gattopardo: info prese da internet Il racconto inizia con la recita del rosario in una delle sontuose sale del palazzo Salina, dove il principe Fabrizio, il gattopardo (simbolo della casata), abita con la moglie Stella e i loro sette figli: è un signore distinto e affascinante, raffinato cultore di studi astronomici ma anche di pensieri più terreni e a carattere sensuale, nonché attento osservatore della progressiva e inesorabile decadenza del proprio ceto; infatti, con lo sbarco in Sicilia di Garibaldi e del suo esercito, va prendendo rapidamente piede un nuovo ceto, quello borghese, che il principe, dall'alto del proprio rango, guarda con malcelato disprezzo, in quanto prodotto deteriore dei nuovi tempi. L'intraprendente e amatissimo nipote Tancredi Falconeri non esita a cavalcare la nuova epoca in cerca del potere economico, combattendo tra le file dei garibaldini (e poi in quelle dell'esercito regolare del Re di Sardegna), cercando insieme di rassicurare il titubante zio sul fatto che il corso degli eventi si volgerà alla fine a vantaggio della loro classe; è poi legato da un sentimento, in realtà più intravisto che espresso compiutamente, per la bella e raffinata cugina Concetta, profondamente innamorata di lui. Il principe trascorre con tutta la famiglia le vacanze nella residenza estiva di Donnafugata; il nuovo sindaco del paese è Don Calogero Sedara, un parvenu, ma molto intelligente e ambizioso, che cerca subito di entrare nelle simpatie degli aristocratici Salina, mercé il fascino della figlia Angelica, cui il passionale Tancredi non tarderà a soccombere; quella Angelica, che pur non potendo uguagliare la grazia altera di Concetta, ha dalla sua parte la non comune bellezza, per non parlare dell'ingente fortuna economica (sia pur in gran parte derivante dai possedimenti perduti dai Salina e dai Falconeri), sì che Tancredi finirà per sposare lei. Arriva il momento di votare l'annessione della Sicilia al Regno di Sardegna: a quanti, dubbiosi sul da farsi, gli chiedono un parere sul voto, il principe, suo malgrado, risponde in maniera affermativa; e, alla fine, il plebiscito per il sì, pur non esente da trucchi, sarà unanime. In seguito, giunge a palazzo Salina un funzionario piemontese, il cavaliere Chevalley di Monterzuolo, incaricato di offrire al principe la carica di senatore del Regno, che egli rifiuta garbatamente dichiarandosi un esponente del vecchio regime, ad esso legato da vincoli di decenza. Il principe condurrà da ora in poi vita appartata fino al giorno in cui verrà serenamente a mancare, circondato dalle cure dei familiari, in una stanza d'albergo a Palermo durante il viaggio di ritorno da Napoli, dove si era recato per cure mediche: con uno scarto cronologico, il romanzo si sposta al 1883 per descrivere la morte del Principe; una morte attesa e invocata, vissuta come liberazione da un’esistenza priva di senso: poco prima di spirare aveva infatti riflettuto sul suo passato, sulla sua vita, e aveva concluso di averne vissuta veramente poca. L'ultimo capitolo del romanzo, ambientato nel 1910, racconta la vita di Carolina, Concetta e Caterina, le figlie superstiti di don Fabrizio, che conducono un'esistenza dedita a una devozione religiosa consuetudinaria ed estrinseca, coltivando l'illusione che il nome dei Salina sia ancora quello altisonante di un desiderato passato. Le sorelle Salina, Concetta, Caterina e Carolina, ormai vecchie e sole, assistono alla distruzione delle reliquie custodite nella loro cappella di famiglia, alle quali veniva affidato il senso della continuità con il passato: quest’atto sigla la definitiva cancellazione di un’epoca. Gran parte dell’opera è ambientata a Donnafugata, un feudo dei Salina, dove vi possiedono la residenza estiva. Di questo paese è personaggio eminente don Calogero Sedara, il sindaco, che in breve tempo aveva saputo raccogliere, grazie alla propria arguzia , un patrimonio tanto vasto da sfiorare quello del Principe, e che perciò era rappresentante di quella classe destinata a sostituire il ceto nobiliare, ad assumerne il potere economico e politico, e che appare dunque figura contrapposta, se non antitetica, a quella del principe Fabrizio. I personaggi: Don Fabrizio: è il patriarca della casata dei Salina. A quarantacinque anni la sua presenza fisica è degna di nota: senza essere grasso è «immenso e fortissimo». Tutti lo ammirano, lo rispettano, lo temono. Insieme all’attenta e lucida supervisione di quanto gli appartiene – denaro, territori e relazioni sociali – la sua logica si esprime con un’insolita inclinazione verso la matematica e con una passione per l’astronomia. Non esita a intercalare la relazione con la moglie Maria Stella con qualche «avventura galante di basso rango». • Padre Pirrone: è il sacerdote di casa Salina. Accompagna la famiglia nelle preghiere quotidiane, ricorda soprattutto a Don Fabrizio la necessità di confessarsi ed è pronto ad ascoltare e consigliare tutti i Salina. Uomo di origini umili e campagnole, cresciuto però in condizioni economiche relativamente buone, è entrato in seminario a sedici anni. Ha un carattere disponibile, paziente, ma non brillante come quello del Principe. • Tancredi Falconieri: è figlio ventenne della sorella del Principe e a lui è stato affidato alla morte dei genitori. Le sue condizioni economiche sono precarie e si trova a gestire un patrimonio male amministrato e ormai ridotto all’osso, scialacquato dal padre; supplisce però alle difficoltà con la sua prontezza e lungimiranza. Nonostante l’insolenza che Tancredi, Don Fabrizio «senza confessarlo a se stesso avrebbe preferito aver lui come primogenito», ritenendolo più simile a sé di quanto non fossero i suoi propri figli. • Don Calgero Sedàra: è il sindaco di Donnafugata, un possedimento dei Salina. È un personaggio ricco e influente sul paese da lui amministrato, dove lo si considera «intelligente come il diavolo». Si dimostra rozzo e avaro, ma, calcolatore, sa spendere nelle occasioni da lui considerate utili. È sposato con Bastiana, una donna rustica al cui fianco si rifiuta di apparire. Alle sue prime comparse nel romanzo indossa vestiti eleganti, ma solo lentamente riuscirà a servirsene per apparire nobilitato. • Angelica: Don Calogero compare ad un pranzo presso i Salina accompagnato dalla figlia Angelica. Al presentarsi della ragazza, «la prima impressione fu di abbagliata sorpresa»: con la sua statura slanciata, con il fascino dei i capelli mori e degli occhi verdi riesce a mettere in ombra alcuni piccoli difetti fisici. È una ragazza vivace, ma avendo studiato in collegio a Firenze ha acquisito un tono raffinato: è orgoglio del padre e figura capace di destare la curiosità di chiunque, avendola conosciuta da bambina, la trova straordinariamente cambiata. Il significato dell'opera L'autore compie all'interno dell'opera un processo narrativo che è sia storico che attuale. Parlando di eventi passati, Tomasi di Lampedusa parla di eventi del tempo presente, ossia di uno spirito siciliano citato più volte come gattopardesco [3]. Nel dialogo con Chevalley di Monterzuolo, inviato dal governo sabaudo, il principe di Salina spiega ampiamente il suo spirito della sicilianità; egli lo spiega con un misto di cinica realtà e rassegnazione. Spiega che i cambiamenti avvenuti nell'isola più volte nel corso della storia, hanno adattato il popolo siciliano ad altri "invasori", senza tuttavia modificare dentro l'essenza e il carattere dei siciliani stessi. Così il presunto miglioramento apportato dal nuovo Regno d'Italia, appare al principe di Salina come un ennesimo mutamento senza contenuti, poiché ciò che non muta è l'orgoglio del siciliano stesso. Egli infatti vuole esprimere l'incoerente adattamento al nuovo, ma nel contempo l'incapacità vera di modificare se stessi, e quindi l'orgoglio innato dei siciliani. In questa chiave egli legge tutte le spinte contrarie all'innovazione, le forme di resistenza mafiosa, la violenza dell'uomo, ma anche quella della natura. I Siciliani non cambieranno mai poiché le dominazioni straniere, succedutesi nei secoli, hanno bloccato la loro voglia di fare, generando solo oblio, inerzia, annientamento (il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di "fare". [....] il sonno è ciò che i Siciliani vogliono). Garibaldi è stato uno strumento dei Savoia, nuovi dominatori (da quando il vostro Garibaldi ha posto piede a Marsala, troppe cose sono state fatte senza consultarci perché adesso si possa chiedere a un membro della vecchia classe dirigente di svilupparle e portarle a compimento [...] ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio). Questi avvenimenti si sono innestati su una natura ed un clima violenti, che hanno portato ad una mancanza di vitalità e di iniziativa negli abitanti (....questo paesaggio che ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l'asprezza dannata; [....] questo clima che ci infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi; [....] questa nostra estate lunga e tetra quanto l'inverno russo e contro la quale si lotta con
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