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IL GATTOPARDO; appunti, Appunti di Letteratura

Appunti, analisi e riassunto del Gattopardo per l'esame di Letteratura Moderna e Contemporanea

Tipologia: Appunti

2019/2020
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Caricato il 14/07/2020

Sciarom
Sciarom 🇮🇹

4.4

(23)

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica IL GATTOPARDO; appunti e più Appunti in PDF di Letteratura solo su Docsity! IL GATTOPARDO Il gattopardo è l'unico romanzo completo che abbiamo di Tomasi di Lampedusa, pubblicato postumo, benché lo scrittore ci tenesse tantissimo alla pubblicazione del romanzo (nelle carte testamentarie lo stesso GTL chiede ai propri familiari di trovare il modo di far pubblicare il romanzo). Egli non seppe mai del grandissimo successo che ebbe il romanzo, successo confermato anche dalla trasposizione cinematografato. Viene pubblicato nel 1958, un anno dopo la morte dall'autore. In seguito al grande successo del romanzo, furono trovate tra gli appunti dell'autore, oltre anche ad un altro romanzo rimasto a metà, anche delle lezioni di letteratura straniera e dei racconti. Tutte queste opere furono pubblicate postume. GTL si prepara per tutta la vita alla stesura del romanzo, la moglie lasciò una dichiarazione secondo cui l'autore da anni aveva l'idea di scrivere un romanzo incentrato sulla figura del nonno, un aristocratico siciliano al tempo dello sbarco di Garibaldi in Sicilia. Lo scrive, tuttavia, soltanto negli ultimi anni di vita (55-56), poi lo ricopia (abbiamo una copia manoscritta ed una copia dattiloscritta da uno degli allievi, Francesco Orlando) Le due case editrici a cui si rivolge (Mondadori ed Einaudi) rifiutano il romanzo, che verrà poi accettato dalla Feltrinelli, in particolare da Bassani, appunto dopo la morte dell'autore. Quello di Einaudi è un rifiuto con particolari motivazioni che derivano da una personalità intellettuale molto importante in quell'epoca, cioè da Elio Vittorini, direttore della collana dei gettoni di Einaudi. Vittorini rifiuta la pubblicazione non esplicitamente, ma in una lettera pubblicata fa comprendere a GTL che il suo romanzo ha delle caratteristiche non in linea con il progetto di rinnovamento culturale e letterario di Einaudi. Scrive Vittorini: "Come modi, tono, linguaggio e impostazione narrativa sembra un romanzo ottocentesco, il suo, comunque, è..." In pratica Vittorini dice a GTL che il romanzo è un libro anacronistico, attardato, che sembra ottocentesco. Oltre a ciò, fa altre critiche "Non mi sembra equilibrato", "non riesce nel suo intento nel diventare un racconto un epoca ed insieme il racconto della decadenza di quell'epoca". Tuttavia, la critica più importante è la prima, si inserisce, infatti, nel filone, ormai superato per Vittorini, del romanzo storico di fine 800. Vittorini parla anche di una certa prolissità, mentre il resto sembra schematico ed affrettato. Quindi, tanto dal punto di vista estetico e stilistico, tanto di quello tematico, il romanzo non è adeguato ai tempi. Bassani, al contrario, deciderà di pubblicare il romanzo, colpito dalla qualità stilistica del romanzo. Questa prolissità di cui parla Vittorini, viene definita da Bassani come un afflato lirico dell'opera. Lo stile particolare dell'opera ha, infatti, contribuito al suo successo. È vero che nel romanzo ci sono ampie digressioni della vita quotidiana del signorotto siciliano, ma hanno lo scopo di far entrare il lettore nella vita dell'aristocrazia siciliana del '800 e di respirarne l'atmosfera. L'ARGOMENTO. Superficialmente, la storia del romanzo è simile a quella dei Vicerè. È, infatti, la storia di una famiglia aristocratica siciliana nel momento del risorgimento (in particolare del Capo casata, Don Fabrizio di Salina) sia nel pre che nel post unità. È la storia della decadenza di quella società, dell'ascesa di nuove classi politiche, e del disfacimento delle illusioni e delle speranze che il risorgimento stava portando. Questo romanzo viene, infatti, accomunato spessissimo ai vicerè e ai "I vecchi e i giovani" di Pirandello in quanto romanzi antistorici (Spinazzola). Tre romanzi che raccontano il fallimento del risorgimento in Sicilia. Romanzi antistorici, che raccontano di come la grande storia influenzi la vita privata delle persone ma che hanno lo scopo di denunciare il fallimento della storia. Non mostrano la storia come un continuo progresso, ma di raccontare come la storia possa "fare un passo avanti e due indietro" (peggioramento delle condizioni di vita). Il nuovo mondo non è migliore rispetto a quello precedente. Altro tema è quello del mancato ricambio della classe dirigente. Il re ha cambiato nome, la monarchia è costituzionale, ma sostanzialmente le persone al potere sono sempre le stesse. Nel gattopardo, tuttavia, si parla anche dell'ascesa, però, dei nuovi ricchi. Questo mancato rinnovamento della classe dirigente è speculare a quello che stava avvenendo ai tempi della stesura del gattopardo, in quanto l'italia passava da una monarchia parlamentare ad una repubblica. Il fatto che il romanzo sia stato scritto in questo momento e che racconti di un momento storico di passaggio che delude le speranze di molti, è fortemente legato al contesto in cui GTL scrive. CARATTESRISTICHE DEL ROMANZO. Giuseppe Tomasi principe di Lampedusa. L'autore del romanzo è un nobile, un aristocratico, che si dedica al classico otium letterario in quanto non ha incombenze lavorative. Tiene delle lezioni private ad alcuni dei più promettenti giovani del tempo e si dedica in particolare alla letteratura straniera. È interessante notare una differenza di prospettiva rispetto ai vicerè. Sostanzialmente i due romanzi trattano dello stesso argomento. Lo stesso GTL era consapevole di questo, per questo si premura di sottolineare la differenza tra la propria prospettiva e quella di DR. Nell'edizione Feltrinelli, troviamo un'introduzione di un altro degli allievi di GTL (Gioacchino Lanza Tomasi, adottato poi da GTL in quanto privo di figli). In questa introduzione Gioacchino ci riporta alcune lettere testamentarie di Giuseppe in cui lo stesso autore dice "mostra un nobile siciliano in un momento di crisi...senza nessun astio...nei vicerè". L'atteggiamento di GTL è assolutamente contrario a quello di DR che ha una scrittura fortemente negativa dei propri personaggi, che sono portatori di disvalori e descritti come veri e propri mostri. GTL, invece, si avvicina a questa materia con compartecipazione, senza astio né acredine, privo della rabbia tipica di DR. In tutto il libro il mondo della nobiltà viene descritto sotto una duplice luce, da una parte ne viene messo in evidenza la decadenza fisica, economica e di prestigio. Se la decadenza fisica è causata dai numerosi matrimoni interni alla famiglia, quella economica e di prestigio è dovuta all'esistenza dei latifondi, che ad un certo punto iniziarono a non fruttare più all'aristocrazia i denari necessari, o perché non davano più frutti o perché gli stessi aristocratici venivano depredati dai propri amministratori (di questo il principe di Salina è ben consapevole ma non riesce a invertire questa direzione in quanto non è capace di amministrare poiché aveva basato la sua vita sul proprio potere aristocratico, sul diritto di nascita). Questo abbandono delle terre ha fatto sì che il patrimonio della nobiltà venisse meno. Parallelamente si sono arricchite quelle persone più oculate che hanno saputo ben amministrare le proprie terre. I nuovi borghesi possono ricordarci tanti mastri don Gesualdi, tante persone che, venute dal nulla, sono riuscite a guadagnare una fortuna. Don Fabrizio si rende conto di non saper amministrare i propri feudi, e guarda con ammirazione homo novus, Don Calogero Sedara, borghese in ascesa, che non fa altro che occuparsi delle sue buon costume, ai propri riti, alla propria memoria storica, alle proprie tradizioni. È tutto un lusso esteriore che rassicura i nobili che ormai stanno andando incontro all'inevitabile decaduta. In un primo momento, quando DF vede Don Calogero con il frac ha un momento di sconforto. Subito dopo, tuttavia, il suo sconforto va via quando inizia a notare tutti i difetti del frac portato dal sindaco. "Il suo sconforto...stivaletti abbottonati". Questo stile, che vuole dare delle coordinate ben precise, era tanto criticato da Vittorini. Il Frac di DC è significativo perché, da una parte è vero che apparentemente si può constatare che DC sia vestito meglio del principe, ma dall'altro è anche vero che l'abito, che è tagliato male, confezionato con pochi soldi a causa dell'avarizia di Don Calogero, che non è stato ben abbinato alle scarpe, dimostra che questi nuovi ricchi mancheranno sempre di qualcosa, cioè della raffinatezza. Benché il romanzo sia prevalentemente incentrato sulle riflessioni del principe, non possiamo dire che questo sia privo di trama. Don Calogero Sedara ha una figlia, mandata a Firenze in un collegio femminile. Tornata in Sicilia, molto bella, molto ricca, attira immediatamente le attenzioni di Tancredi. Tancredi è un fervente garibaldino e non fa altro che parlare delle proprie avventure tra i mille con Garibaldi. Successivamente vedremo come cambierà divisa avvicinandosi all'esercito ufficiale dello stato sabaudo e rinnegherà i suoi ideali garibaldini quando Garibaldi verrà visto come una figura negativa. Ovviamente Tancredi è un personaggio molto trasformista, diventerà, come Consalvo, deputato. Tancredi è, durante il libro, in età per prendere moglie ed è molto vicino alla cugina Concetta, figlia di Don Fabrizio. Il matrimonio tra i due sembra quasi naturale, ma Fabrizio sa bene che questo matrimonio è impossibile in questo momento storico preciso in quanto Tancredi è squattrinato. Sicuramente i soldi che servono a Tancredi per continuare la propria scalata politica non gli possono arrivare da Concetta in quanto il patrimonio del padre verrà diviso tra ben 7 figli e, chiaramente, dato che la maggior parte andrà al primogenito, ne resterà ben poco. Angelica, invece, figlia di DC, è proprio la ragazza adatta a Tancredi, ricca, bella e sensuale, Concetta, dal canto suo, molto innamorata di Tancredi, non si arrenderà mai e non sposerà nessuno (Le cose dovevano andare in quel modo o è meglio che non vadano affatto). Concetta, in questo, è molto simile a DF. La differenza tra Fabrizio e Tancredi è che Fabrizio è un animo contemplativo, fa quel minimo che basta per guadagnarsi il quieto vivere, Tancredi invece è attivo. Il matrimonio tra Tancredi e Angelica è quasi naturale in quanto, Tancredi può rimpinguare il proprio patrimonio, mentre Angelica può assumere un titolo nobiliare. Angelica, però, ha origini molto umili, la madre è analfabeta, il nonno, invece, era un contadino talmente sporco da essere chiamato "Peppemerda". L'idea che Tancredi si sposi con la nipote di "Peppemerda" disgusta incredibilmente Don Fabrizio che, ancora una volta, nota il decadimento della classe nobiliare che, per mantenere il potere è costretta a mischiarsi con gente di questa risma. CAPITOLO V. È l'unico capitolo non ambientamento in un ambiente sociale dell'aristocrazia, bensì in una campagna, ciò ci permette di fare un paragone tra la vita campagnola e quindi dei ceti meno abbienti e quella aristocratica. Il capitolo è incentrato sulla figura di padre Pirrone, cioè un padre gesuita che dopo la confisca delle terre del clero è riuscito comunque a mantenere il suo status di padre di famiglia grazie all'intercessione di Don Fabrizio che lo ha dovuto chiedere ai garibaldini. Nel capitolo viene raccontata la visita in un paesino ove si ritrova ad assistere ad una situazione simile a quella di Angelica e Tancredi. La figlia di una sorella di Padre Pirrone (Angelina->Ciulina), infatti, è stata sedotta e messa incinta da un cugino del padre che si è voluto vendicare per il fatto che il padre di Padre Pirrone non lasciò nulla dell'eredità al proprio fratello, padre di questo cugino. Padre Pirrone riesce a risolvere la situazione, l'oggetto della contesa era un semplice mandorleto. Pertanto, Padre Pirrone fa sì che la giovane abbia in dote metà del mandorleto e, in cambio, il giovane la sposerà per preservarne l'onore. Vengono organizzate delle immediate e semplici nozze. Ciò ha un duplice significato. Questo ci permette di fare delle analogie. Anche il matrimonio di Tancredi e Angelica parte da una semplice infatuazione giovanile ma si trasforma, poi, in un matrimonio di interesse. Da una parte abbiamo quindi un'analogia di intenti, ogni azione non è determinata da sentimenti veri ma dall’utilitarismo, dall'altra la differenza di approccio per cui in un contesto popolare la situazione si risolve velocemente, mentre in quello aristocratico tutto è molto più complesso. Questo dà anche modo a Padre Pirrone di riflettere riguardo alla natura stessa dell'aristocrazia. CAPITOLO IV Possiamo considerarlo il fulcro di tutto il romanzo. Qui abbiamo il discorso tra il principe di Salina e il piemontese Chevalley dove il secondo chiede al principe di far parte del Senato regio per volere del re. Dopo lo sbarco a Teano di Garibaldi, l'annessione del regno delle due Sicilie viene attuata a seguito di un plebiscito (con brogli elettorali, tutta la popolazione di Donna Fugata vota apparentemente sì a questo plebiscito, tuttavia Don Ciccio Tumeo, amico di DF, gli confessa che lui aveva votato no, ma questo voto non venne contato dalle autorità. Questo ci fa intuire i brogli del plebiscito.) Questa nuova monarchia non è più assoluta, bensì parlamentare. Il parlamento è composto da due camera, senatori (nominati dal re) e deputati (eletti dal popolo). I senatori sono prevalentemente delle personalità importanti e già conosciute. Il re e il governo individua DF come senatore sia per l'importanza scientifica/astronomica del nobile, sia per la sua posizione di rilievo nell'aristocrazia siciliana. Alla proposta della poltrona da senatore, DF, innanzitutto pone una domanda all'interlocutore, chiedendogli se questa nomina di senatore sia solo un titolo onorifico oppure effettivamente comporti di doveri in senato. Quando Chavalley risponde che, sì, i senatori hanno dei doveri precisi e assolvono un ruolo attivo nella politica, DF risponde che non vuole diventare senatore per due diversi motivi. Intanto poiché aristocratico, non sente propria la rivoluzione avvenuta, ma ha giurato fedeltà ai Savoia solo perché le circostanze erano cambiate, poi perché non sente di poter davvero aiutare la Sicilia Chevalley, a sua volta, risponde che, proprio in virtù della grave condizione in cui versa la Sicilia, DF deve approcciarsi al mondo della politica proprio per cambiare i fatti. A questo punto si incastona nel racconto il più importante discorso dell'intera opera, in cui descrive il carattere dei siciliani che secondo lui è lo stesso da sempre, e per questo la Sicilia non cambierà mai. [Pag 177-78:"Abbia pazienza Chevalley... Nel corso del romanzo si fa spesso riferimento all'ozio, all'indolenza, alla pigrizia dei siciliani. Il "fare" ai siciliani non piace, in quanto, poiché sono sempre stati conquistati, non hanno potuto mai attivamente fare, ma sono sempre stati passivi osservatori del proprio destino. I caratteri dei Siciliani sono dovuti sia alla propria storia di terra conquistata, sia al clima stesso dell'isola. Ritroviamo un determinismo antropologico nello studio dell'ozio dei Siciliani, che ritroviamo anche in Sciascia (sicilitudine). Per DF il carattere dei siciliani dovuto alle circostanze storiche che ha vissuto l'isola. Sempre secondo DF è proprio il clima e il paesaggio a rendere i siciliani proprio così [Pag 179:"Ho detto i siciliani, mi sono sbagliato...l'asprezza dannata...e poi l'acqua che non c'è...Insularità d'animo"] Nel romanzo si farà spesso riferimento al sole siciliano, un sole violento, che prosciuga tutte le forze, che rende faticoso ogni minimo movimento, che regna sulla Sicilia. Tutte le dominazioni esterne hanno poi sfruttato la Sicilia. Anche l'unità d'Italia mira a sfruttare le terre del sud per ampliare e migliorare l'industrializzazione del nord creando la questione mediterranea. Il carattere de siciliani, tuttavia, è anche caratterizzato da un certo orgoglio che li porta a non voler mai cambiare la propria posizione. Credono sempre di essere perfetti. [Pag 183: "I siciliani, non vorranno mai..della storia universale?"] In Sicilia i mali sono storici, geografici, climatici e sono anche antropologici. La storia della Sicilia ha portato i siciliani a diventare così come sono e a non volere nessuna novità. Il dramma di don Fabrizio è riuscire a comprendere troppo bene la propria popolazione, benché in essa non si identifica. Questa doppiezza di DF si manifesta in uno degli ultimi capitoli, il capitolo del ballo in cui il principe si rende conto di appartenere in un momento storico difficile, a cavallo tra due mondi, cioè tra il mondo della nobiltà, da cui prende il meglio, e tra il mondo nuovo, che sta
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