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il gattopardo-luchino visconti, Appunti di Storia Del Cinema

descrizione e appunti del film "il gattopardo" di Luchino Visconti inserito nel contesto storico e circostanze

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 24/04/2022

Gaia98-
Gaia98- 🇮🇹

4.1

(7)

20 documenti

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Scarica il gattopardo-luchino visconti e più Appunti in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! Autori del cinema – Lezione 10 – 6 dicembre 2018 Il 1963 è considerato l’ultimo anno del boom, è la fine di un ciclo positivo e di un ciclo negativo, dal punto di vista economico perché è l’inizio della fine del boom. Nel 1964 ci sarà un accenno di crisi economica. Dal ‘63/64 alcune grandi forme dei governi di centro sinistra (DC, PSI) non riusciranno mai a diventare realtà, scontrandosi con la situazione italiana. In particolare, dal punto di vista economico, il simbolo di questa sconfitta è la politica urbanistica, la difesa del territorio, i piani regolatori delle varie città, è una delle grandi sconfitte di questi governi. Dal punto di vista politico è una fase di grandi disillusioni, lo è dal punto di vista del cinema, l’apice di quella fase che va dagli ultimi anni ‘50 al ‘63 in cui il cinema italiano conosce il prestigio internazionale, e lo è dal punto di vista degli incassi, quello è l’anno nel quale gli incassi del cinema italiano, che erano sempre saliti, cominciano a declinare. Una delle date simbolo di questo passaggio è il film Il Gattopardo di Luchino Visconti, forse l’esempio più significativo del super spettacolo d’autore, nel senso che è progettato come tale. È un film costosissimo, che incasserà moltissimo ma non abbastanza, nel senso che non basta a salvare la più grande casa di produzione italiana, la Titanus, dal fallimento. Si è sempre detto che i costi e la lavorazione troppo sontuosa del film Il Gattopardo hanno causato il fallimento della Titanus. In realtà la Titanus fa altre due, tre operazioni rischiose, fra queste la più significativa è un kolossal che si chiama Sodoma e Gomorra in cui i costi lievitano. La Titanus si salverà grazie a investimenti nel cinema popolare. Il Gattopardo diventa una sorta di simbolo glamour più o meno alla stessa stregua di La dolce vita . È un film interessante per chiudere il nostro discorso sul cinema d’autore degli anni ‘60 perché è l’esempio più perfetto di questo tipo di cinema d’autore, in cui l’autore è quasi il divo stesso. In questo caso il regista divo è Luchino Visconti. Luchino Visconti fa uno strano percorso, è cresciuto sotto il fascismo, appartiene ad una delle più importanti famiglie nobili lombarde, è conte. Arriva al cinema abbastanza tardi, da giovane scapestrato appassionato di cavalli, di macchine, arriva in Francia e scopre una cultura molto diversa, un tipo di cinema e di letteratura, diventa assistente di Jean Renoir , diventa antifascista . Entra nel gruppo della rivista “Cinema” protetta da Vittorio Mussolini che non sapeva chi si fosse messo in casa. Realizza Ossessione (1943) un film di elaborazione collettiva di nuove istanze. I suoi film sono pochissimi. Comincia a fare cinema negli anni ’40 ma fa pochissimi film. La terra trema (1948) è un adattamento de I Malavoglia con attori non professionisti, in dialetto siciliano, girato ad Acitrezza. È un film di pieno neorealismo con il rifiuto dell’attore professionista. Poi gira Bellissima (1951) con Anna Magnani, Le notti bianche (1957) Senso (1954), un film in costume, e Rocco e i suoi fratelli (1960). La rivista “Cinema Nuovo” nasce proprio nel momento in cui Visconti, il regista simbolo del neorealismo, si distacca dal neorealismo e fa un film ambientato nel Risorgimento, in costume. Visconti fa questi film di successo, Senso e Rocco e i suoi fratelli, ma è famoso anche e soprattutto come regista teatrale, è uno dei grandi innovatori della regia teatrale nel dopoguerra, è anche un grande regista di opere liriche. Sono famose le sue messe in scena alla Scala di Milano. È noto soprattutto come regista teatrale e operistico. Un’altra cosa importante è il fatto che Visconti è il regista simbolo della critica di sinistra , nessuno degli autori importanti del neorealismo è socialista o comunista, Visconti è il vero compagno di strada del partito comunista, è un conte comunista. Queste due anime sono da tenere presenti perché in Il Gattopardo coabitano. L’altro elemento che si farà sempre più strada nel cinema di Visconti è quello di una attenzione sempre maggiore verso il passato. L’essere comunista/marxista di Visconti è in contraddizione solo parziale con il suo essere aristocratico. I comunisti accoglievano ben volentieri gli intellettuali della borghesia italiana. La cosa più complicata per lui era il fatto di essere omosessuale, perché su questo versante il partito comunista era molto meno di larghe vedute. Considerava l’omosessualità una degenerazione borghese, era il classico esempio del “vizio”. Non c’era grande apertura nell’ambito della vita privata, così come non c’era grande apertura verso le donne, non erano ancora arrivate le istanze del femminismo. Erano molto bigotti anche perché dovevano difendersi da ogni tipo di accusa di immoralità. Avendo dall’altra parte un partito ispirato dalla Chiesa cattolica, il partito comunista italiano, per conquistare la fiducia delle classi lavoratrici, doveva dimostrare di essere ancora più moralista e più integerrimo dal punto di vista dei costumi sessuali e della morale familiare di quanto non fosse la Chiesa. Visconti è omosessuale, comunista e aristocratico. Tutte queste cose c’entrano con i suoi film e con Il Gattopardo in particolare . In quel momento quindi Visconti è visto come paradossale autore neorealista che fa i film sui pescatori di Acitrezza, sugli immigrati meridionali a Milano. L’altro suo film di grande successo è Rocco e i suoi fratelli (un esempio di super spettacolo d’autore) È uno dei pochissimi film che parla dei grandi eventi italiani del boom, anche una delle grandi tragedie, cioè l’emigrazione interna, dal sud al nord. Il film parla di una famiglia lucana che si sposta a Milano. Ha le apparenze di un dramma sociale. Il film esce nello stesso anno di La dolce vita, viene presentato a Cannes lo stesso anno. La dolce vita vince la palma d’oro, L’avventura vince il secondo premi, Rocco e i suoi fratelli è quell’anno il simbolo di questo nuovo cinema italiano. Questi registi – Fellini , Antonioni , Visconti – sono anche un po’ in rivalità fra loro e rappresentano la modernità cinematografica italiana. Sono tre registi non giovani, Visconti è il più vecchi, hanno tutti cominciato durante il fascismo quindi sono registi che lavorano da vent’anni. Sono loro i registi più importanti dei primi anni ‘60. Visconti è un esponente del neorealismo che però si sta cominciando a interessare ad un altro tipo di cinema, sposta la sua attenzione sempre più dalle classi popolari alla borghesia fino all’aristocrazia, è un regista in certo modo divo non solo per il suo cinema ma anche per il suo teatro e per le opere liriche. Nei primi anni ‘60 Visconti, dopo aver girato questo romanzone familiare sull’emigrazione meridionale a Milano, annuncia di voler fare un film da Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il primo grande bestseller italiano. Quando annuncia di voler fare questo film ci sono un po’ di perplessità. Il romanzo Il Gattopardo è scritto da un nobile siciliano, è ispirato alle vicende di un suo antenato, è ambientato durante l’unità d’Italia e racconta l’arrivo dei mille di Garibaldi che sbarcano a Marsala, in Sicilia c’è ancora il Regno dei Borboni. Garibaldi è una sorta di guerrigliero rivoluzionario repubblicano che vorrebbe un’Italia unita. È un esercito di volontari. Alcuni sono patrioti, altri vogliono proprio la rivoluzione sociale. C’è un lato socialista e radicale. Poi succede che arrivano i Savoia e invece della repubblica c’è la monarchia e Garibaldi stesso in Aspromonte deve combattere sotto l’esercito piemontese. L’unità d’Italia si fa sotto i Savoia. Quando i mille sbarcano in Sicilia non sono un esercito regolare, sono volontari, patrioti, in Sicilia i mille riescono a sconfiggere i Borboni con l’aiuto dell’esercito piemontese. Questa storia viene raccontata nel romanzo attraverso gli occhi di una famiglia di nobili (di conseguenza fedeli ai Borboni) e racconta il passaggio, la decadenza del casato dei Salina e l’arrivo dei Mille, racconta i tempi che cambiano e come questi aristocratici si adattano ai tempi che cambiano . C’è il famoso motto “Bisogna che tutto cambi perché tutto rimanga com’è”. Uno dei personaggi, il nipote di Salina, dice: io mi devo mettere con i garibaldini, devo cavalcare il nuovo in modo che poi continuiamo a comandare”. Il romanzo è in parte autobiografico, racconta le cose della sua famiglia, e soprattutto prosegue fino alle soglie del fascismo. Visconti concentra invece il film nel 1860. Il problema è che questo romanzo ha una visione della storia che non è progressista, non ha nessun interesse per le classi inferiori , racconta di nobili e aristocratici. Per il marxista non è ortodosso, racconta dell’aristocrazia. La sua visione della storia non è progressista, è un romanzo che viene considerato un po’ fatalista e nichilista (“fate la rivoluzione tanto resta tutto com’è”). Questo non è quello che sostiene il partito della sinistra italiana in quel periodo. Quindi quando Visconti dice di voler fare un In realtà lo sguardo di Visconti , dal punto di vista delle soluzioni stilistiche, è meno innovativo e meno vistoso di quello di Antonioni e di Fellini . Visconti è un regista più tradizionale che anzi rivendica la continuità con l’opera lirica e con il romanzo ottocentesco. Non è un regista che inventa una nuova maniera di inquadrare, come fa Antonioni. Il Gattopardo esce nello stesso anno di 8½ e rispetto a questo sembra un film di retroguardia . 8½ dal punto di vista linguistico, della struttura narrativa e dei temi che affronta è un film totalmente contemporaneo, innovativo e totalmente in prima persona. In Visconti questi elementi non è che non ci siano ma bisogna saperli scovare, e sono secondari. Visconti non fa film in prima persona ma è indubbio che lui sia un po’ il principe Salina. Visconti non è un grande innovatore del linguaggio cinematografico però in questo film ci sono sotterraneamente degli elementi di novità, sempre su questo versante dell’aderenza fra personaggio e narratore. C’è quasi un gioco a tre: Visconti, Lampedusa e protagonista del romanzo Salina. Di volta in volta queste tre cose possono essere allineate (il punto di vista di Visconti è lo stesso del romanzo che è lo stesso di Salina) e a volte possono essere disallineate cioè il punto di vista di Visconti può non essere quello dell’autore del romanzo, in alcuni casi il punto di vista di Visconti può essere quello del personaggio del romanzo ma non quello dell’autore, cioè si può trovare più d’accordo con il personaggio che con lo scrittore. Per esempio, quando Don Fabrizio Salina compiange la fine di quel mondo e in un certo modo guarda con disprezzo la classe inferiore, Tomasi di Lampedusa non è tanto d’accordo con questo personaggio ma Visconti ancora di più perché odia la borghesia nascente, la odia per due motivi. Uno: la odia da sinistra, perché è marxista. Due: la odia anche dall’alto perché lui è aristocratico. Quindi Il Gattopardo è un film schizofrenico, essendo il film di un aristocratico marxista. Questo nel film crea dei cortocircuiti. Quindi nonostante la compostezza da romanzo Visconti è pieno di queste contraddizioni: non vuole tradire il neorealismo ma va verso un film che è un’opera lirica, è un regista marxista ma il suo punto di vista forse è ancora più aristocratico di quello di Lampedusa . Vuole fare il grande film d’autore e contemporaneamente il grande spettacolo hollywoodiano. Fa un film che è un grande film per le masse colte, per la borghesia italiana, un film che però è violentemente antiborghese, destinato al pubblico di una nuova borghesia italiana, quella del boom degli anni ‘60. Il pubblico sono i Tirtignant de Il sorpasso non sono certo i contadini che ballano il twist. Con Il Gattopardo questi momenti di contraddizione fra realismo e decadentismo, fra l’essere marxista e aristocratico, è l’ultimo momento in cui Visconti cerca di tenerli insieme perché dai film successivi il suo cinema sarà totalmente sul versante della narrazione di decadenze anche morbose, ddi film in costume: Morte a Venezia, La caduta degli dei (la decadenza di una famiglia di industriali sotto il nazismo), L’innocente, Ludwig (la storia del re pazzo di Baviera). Sono tutte figure di aristocratici e di nobili o altoborghesi del passato che vanno verso una totale decadenza. Questo diventerà il suo tema quasi unico, quasi ossessivo. In Il Gattopardo ancora c’è il tentativo di tenere insieme questo con l’appartenenza al partito comunista sostanzialmente. 0.55 Pausa Trama Il Gattopardo : Nel maggio 1860, dopo lo sbarco a Marsala di Garibaldi in Sicilia, Don Fabrizio assiste con malinconia alla fine dell’aristocrazia. Gli amministratori e i latifondisti della nuova classe sociale in ascesa approfittano della nuova situazione politica. Don Fabrizio viene rassicurato dal nipote prediletto Tancredi che, pur combattendo nelle file garibaldine, cerca di far volgere gli eventi a proprio vantaggio e cita la famosa frase: "Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi". Questa frase simboleggia la capacità di adattamento che i siciliani hanno sviluppato, sottoposti nel corso della storia all’amministrazione di molti governanti stranieri. Quando il principe con tutta la famiglia si reca nella residenza estiva di Donnafugata, trova come nuovo sindaco del paese Calogero Sedara, un borghese di umili origini, rozzo e poco istruito, che si è arricchito e ha fatto carriera in campo politico. Tancredi, che in precedenza aveva manifestato qualche simpatia per Concetta, la figlia maggiore del principe, s’innamora di Angelica, figlia di don Calogero, che infine sposerà, sicuramente anche attratto dal suo notevole patrimonio. Episodio significativo è l’arrivo a Donnafugata di un funzionario piemontese, il cavaliere Chevalley, che offre a Don Fabrizio la nomina a senatore del nuovo Regno d'Italia. Il principe rifiuta, sentendosi troppo legato al vecchio mondo siciliano. Il connubio tra la nuova borghesia e la declinante aristocrazia è un cambiamento ormai inconfutabile: Don Fabrizio ne avrà la conferma durante un grandioso ballo, durante il quale mediterà sul significato dei nuovi eventi e della sua esistenza. 00.56 – 01.58 Il Gattopardo [commento durante il film] La musica di Nino Rota cita molto l’opera ottocentesca. Il modello è l’opera lirica di Verdi soprattutto. La villa è una vera villa. C’è un’idea del senso del passato, è un film in costume ma in luoghi reali, perché quella è una vera villa alle pendici di Palermo. Il film inizia in modo abbastanza antispettacolare. Se gli americani di aspettavano Via col vento qui si recita un requiem e le cose sono un po’ diverse. C’è lo sbarco dei Mille, una descrizione ieratica. Questo è il dialogo che spiega un po’ la situazione storica. C’è il gusto del dettaglio, si sente che i luoghi sono dei set reali. Il decoupage, la regia e la messa in scena sono abbastanza classiche, anche nella costruzione delle inquadrature. Anche la battaglia è girata in set reali. C’è la scena dell’esodo, vanno via da Palermo dove c’è stata la rivolta e si rifugiano nei loro possedimenti. Arrivano tutti impolverati come fantasmi nel paesino di Donnafugata dove li accoglie il sindaco. Hanno preso la polvere durante il viaggio e sembrano veramente spettri del passato. C’è un’attenzione rievocativa molto precisa e l’uso del dettaglio, che conducono all’anti spettacolarità, il film è sontuoso ed esibisce la ricostruzione filologica, la ricchezza del lavoro di costumi e scenografie. In questo è in qualche modo un film rappresentante della modernità cinematografica perché è molto meno interessato al racconto vero e proprio, motivo per cui negli USA non funziona. Ci sono i rappresentanti di questa borghesia un po’ mafiosa. C’è il sindaco. I Salina sono dei nobili decadenti. Notate che li tiene immobili, sono come statue di cera, non sbattono nemmeno le palpebre. Sono come pietrificati. Don Fabrizio Salina ha delle figlie che detesta ma un nipote maschio adorato, Tancredi, che si innamora (o semplicemente desidera fare un matrimonio di interesse) di Angelica, la figlia di Don Calogero, che è descritto sempre con caratteri macchiettistici, un po’ goffi. Nel film c’è un ballo finale che sancisce il fidanzamento fra vecchio e nuovo, fra la figlia di Don Calogero e Tancredi, in qualche modo erede ideale di Salina. Tancredi rispetto allo zio è uno che ci sa fare e capisce i meccanismi della politica in cui deve inserirsi. C’è il contrasto fra il portamento del Principe e la goffaggine di Don Calogero in abiti eleganti. C’è la scena del plebiscito in cui si evince che tutti avevano votato per l’annessione della Sicilia al Regno d’Italia, ai Savoia. La voce di Don Ciccio Tumeo è di Lando Buzzanca. Sostanzialmente il plebiscito era stato una truffa perché c’era chi aveva votato “no” ma risultò che tutti nel paese avevano votato “sì”. C’è una scena molto bella in cui Angelica e Tancredi si rincorrono in un una sala del castello. La scena del corteggiamento avviene in queste stanze vuote. Qui c’è il famoso discorso in cui un funzionario piemontese, il Cavaliere Chevalley, arriva lì e va a offrire un posto al Senato (che non era elettivo ma di nomina regia) al Principe Salina in quanto esponente dell’aristocrazia siciliana. Però Salina nel rifiutare gli spiega che cos’è la Sicilia. C’è il famosissimo discorso. Salina dice questa frase, che è il titolo del film: “Noi fummo i gattopardi, i leoni: chi ci sostituirà saranno gli sciacalli, le iene; e tutti quanti, gattopardi, leoni, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra”. Da qui in poi sostanzialmente (mancano 52 minuti alla fine) c’è il ballo finale. Il messaggio ideologico del film non è un messaggio progressista sul futuro dell’Italia. Poi c’è questa scena leggendaria, sono famose le musiche di Nino Rota utilizzate, c’è un valzer inedito di Giuseppe Verdi. Fa uno stacco fra quelli che zappano e i nobili, è solo un accenno. Visconti non ha mai raccontato i contadini in questo film ma è come se sentisse l’esigenza di far vedere che ci sono anche loro. Questa scena è leggendaria, è girata a Palermo a Palazzo Gangi, con centinaia di comparse. C’era una specie di delirio di ricostruzione, era una specie di happening neanche più un set. Arrivano i generali, quelli che combattono contro Garibaldi in Aspromonte. A quel punto è già successo che le istanze rivoluzionarie, radicali di Garibaldi sono state già combattute dallo Stato Sabaudo. L’abito di Angelica è famosissimo, realizzato da Piero Tosi con sette strati di organza, di un rosa appena pallido. È stato esposto più volte in mostre. Poi l’hanno dovuto rifare perché sembra che questa stoffa impalpabile nei decenni si sia esfoliata. Un modello di questa scena di ballo è L’orgoglio degli Amberson di Orson Welles , film successivo a Quarto potere , ma tutte le grandi scene di ballo successive saranno debitrici a questa scena, il modello dell’inizio del Il padrino è il ballo di Il Gattopardo . Le musiche sono ancora una volta di Nino Rota e c’è Don Vito Corleone che balla. Anche all’inizio di I cancelli del cielo di Michael Cimino c’è una lunga scena di ballo evidentemente ispirata a questa. Mentre tutti ballano lui fa una meditazione sulla morte. Osserva un quadro in cui c’è una scena di peste. Nel romanzo questo viene detto, nel film non può essere detto e quindi viene alluso attraverso la contemplazione del quadro. Angelica chiede al Principe di ballare con lei, è la scena più famosa tantissime volte ripresa e citata. La borghesia è a suo modo seducente. Il padre di Angelica è un bifolco, lei invece tutt’altro. Il ballo è interminabile, si arriva all’alba. Il Gattopardo in fondo non è tanto diverso da tutti i film che finiscono con una festa all’alba ( La dolce vita , La notte ). C’è l’idea di una grande festa che conduce alla stanchezza dei partecipanti, che arriva allo sfinimento. Anche Il sorpasso tutto sommato finisce con una lunga notte e i protagonisti hanno un incidente la mattina dopo. Quando si fa giorno Salina si allontana. Dopo la scena del ballo c’è il finale vero, Visconti fa vedere tutti i dettagli, in questo è veramente anti spettacolare, queste sono tutte scene che in una versione hollywoodiana sarebbero state tagliate (saranno tagliate). C’è un senso di spossatezza, di sfinimento che è quello del Principe e che il film ci trasmette. Salina torna a piedi anziché andare con la carrozza. Il romanzo continuava con altri due capitoli sulla storia d’Italia, invece è come se nel ballo Visconti concentrasse tutti gli episodi successivi del romanzo, dal punto di vista emotivo, tutto il senso del tempo che scorre. Sentiamo delle scariche di fucile. Salina guarda una stella, invoca in un certo modo la morte. È la prima volta che fa questo discorso, finora solo alluso. Ci sono le scariche di fucile. Questo finale è molto amaro: Salina invoca la morte mentre invece gli orrendi borghesi e il rampollo dell’aristocrazia plaudono alle fucilazioni dei rivoltosi, quelli che in realtà avevano combattuto insieme ai Mille (“bell’esercito, adesso possiamo stare tranquilli”). È un finale molto cupo, molto malinconico per il Principe che si allontana a piedi (verso la morte sostanzialmente, vediamo che percorre un vicolo buio) e di grande astio nei confronti degli altri personaggi che invece continuano a resistere. Questa è l’ultima immagine. Come finisce Il Gattopardo ? Non finisce con il ballo, è vero che finisce con il ballo ma questa scena successiva non è senza importanza. Finisce con Don Fabrizio che se ne va. Dopo quasi un’ora di ballo si tende a dimenticare che c’è questa piccola coda.
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