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Il gattopardo: riassunto e personaggi, Temi di Italiano

Riassunto, temi e analisi personaggi

Tipologia: Temi

2021/2022

Caricato il 18/02/2022

irisinthegarden
irisinthegarden 🇮🇹

4.9

(13)

17 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Il gattopardo: riassunto e personaggi e più Temi in PDF di Italiano solo su Docsity! Il “Gattopardo”, trama Don Fabrizio Gerbèra, principe di Salina e proprietario terriero di una tenuta vicino Palermo, è un nobile siciliano che vive con la moglie Principessa Maria Stella e i loro sette figli. Il racconto inizia con la recita del rosario in una delle sontuose sale del Palazzo Salina e con il ricordo del ritrovamento del cadavere di un soldato nel giardino dello stesso palazzo. Don Fabrizio è un signore colto, affascinante e molto rispettato da tutti gli abitanti dei suoi territori. Egli è il classico rappresentante del ceto aristocratico (discende da una famiglia nobile siciliana di origini tedesche) e saluta con scetticismo e malcelato disprezzo l’arrivo delle truppe di Garibaldi, che consegneranno il potere ai Savoia e che segnano la fine di un’epoca, la rapida ascesa della classe borghese (disprezzata dagli aristocratici, in quanto prodotto deteriore dei nuovi tempi). Egli non reputa, però, la classe aristocratica in declino: la nobiltà non può essere scalfita dai cambiamenti, ma rimarrà invariata per una sorta di superiorità che la caratterizza. Don Fabrizio è, comunque, consapevole che la classe della nobiltà a cui appartiene è ormai in decadenza e non è contento della realtà sociale che lo circonda. La fine dell’aristocrazia, di fatto, si verifica in seguito al disinteresse e all’incapacità di una classe dominante vecchia che ormai non è in grado di reagire, lottare e rinnovarsi il che segna la propria morte. Don Fabrizio stesso si adatta per mancanza di spirito combattivo. Egli preferisce la morte a un cambiamento così radicale, che subisce passivamente. Suo nipote, Tancredi Falconeri, esponente di una gioventù più dinamica e cinica, decide di arruolarsi tra le file dell’esercito sabaudo (Garibaldi), non per sentimenti patriottici, ma per mantenere i privilegi della nobiltà feudale. Quando lo zio esprime delle riserve in merito (nonostante le quali gli dà dei soldi per poter entrare nell’esercito), Tancredi risponde con la celebre frase: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.” Questo motto, emblema del trasformismo politico e appunto dell’abitudine gattopardesca della classe politica, spiega da subito che, di fronte al cambiamento epocale che sta per avvenire, Tancredi incarna l’abilità della vecchia classe dirigente nel conservare i propri privilegi, sfruttando le nuove opportunità della modernità. Egli comprende, infatti, che l’unico modo per la sua classe sociale di rimanere “a galla”, è quello di partecipare alla rivoluzione. Tancredi è legato da un sentimento per Concetta, la figlia del principe (sua cugina), innamorata a sua volta di lui. Nonostante ciò, la donna che sposerà è Angelica, figlia di Don Calogero Sedara, un mezzadro (si occupava delle terre altrui) rapidamente arricchitosi e aveva poi fatto carriera politica, fino a diventare sindaco di Donnafugata, residenza estiva dei Salina. È qui che nel mese di agosto nasce tra i due giovani una passione amorosa. Questo legame, pur fondato su un vero sentimento, è anche funzionale alla conservazione del potere dei Salina: Tancredi (che non dispone di grandi beni personali) troverà nelle ricchezze della famiglia Sedara uno strumento per coltivare le proprie ambizioni politiche. Nell’ottobre del 1860 Don Fabrizio riceve una lettera in cui il nipote esprime il suo amore per la bella Angelica e lo prega di chiedere a suo nome la sua mano. Don Fabrizio, assecondando i desideri del nipote, chiede per lui in sposa Angelica: il discorso di Don Calogero Sedara, aprendosi con un iniziale elogio della potenza dell’amore, passa a considerazioni economiche circa la dote della figlia (fornisce alla figlia nel contratto matrimoniale tutto quello che possiede). Anche se il principe non è contento che Tancredi sposi una borghese appartenente a una classe sociale inferiore, non si oppone a questo matrimonio, perché comprende il cambiamento dei tempi. Il cavaliere piemontese Aimone de Chevalley, segretario della prefettura, esponente del parlamento sabaudo, offrirà a Don Fabrizio la nomina regia a senatore (e quindi l’ingresso nella “nuova” Italia unita), ma il principe rinuncia (in quanto è fedele ai suoi ideali, che reputa corretti), indicando Don Calogero al proprio posto. Da questo incontro hanno origine le sue riflessioni sul “desiderio di immobilità voluttuosa” che caratterizzerebbe l’animo siciliano e che, nel caso del protagonista, lo fa tendere, con piacere e dolore, al passato e alla morte. Nel libro troviamo una dualità nel pensiero del principe riguardo ai siciliani: in una parte del libro descrive i siciliani e il loro modo di pensare come se anche lui provasse gli stessi sentimenti ma allo stesso tempo parla di loro dall’esterno. Li critica per il loro “disinteresse” nella vita politica: “I siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti: la loro vanità è più forte della loro miseria”. La descrizione dei siciliani è anche una critica dell’autore, che vede queste caratteristiche ancora nel periodo storico in cui scrive l’opera. Nonostante tutto, a quanti, dubbiosi sul da farsi, gli chiedono un parere, il principe invita a votare per l’annessione. La vicenda si sposta per seguire il ritorno a casa di padre Pirrone, in occasione dei quindici anni della morte del padre. Il sacerdote aiuta la sorella Sarina e la famiglia di lei: la nipote di padre Pirrone era infatti rimasta incinta, e la famiglia del padre del bimbo non era disposta a scendere a patti per tutelare l'onore della ragazza. L'intervento del sacerdote verifica come un accordo si potesse facilmente raggiungere con la cessione in dote di un'ambita porzione di terreni. Il principe condurrà da ora in poi una vita appartata. Disinteressato a tutto, il principe aspetta soltanto la morte. Nel luglio 1883, durante un fastoso ballo in onore di Angelica e Tancredi, egli, disilluso, confida solo alle stelle il suo pessimismo e gli oscuri presagi di morte. Per Don Fabrizio l'unica distrazione della serata è costituita da una mazurka ballata con Angelica, raggiante di una felicità da cui l'anziano patriarca sembra essere escluso. Don Fabrizio morirà in una camera d’albergo di ritorno da un viaggio napoletano lo stesso anno, con al suo fianco le persone amate e Tancredi (che reputava più affine a lui dello stesso figlio), ora deputato. Per il principe, la morte ha le fattezze di una bellissima donna, giovane e velata, vagheggiata da sempre; chiamata “Venere”, dea della bellezza, per sottolinearne la bellezza. Vede la morte come un qualcosa di liberatorio (se è la sua). Nel film il ballo è allegoria della sua morte: balla con una donna, cioè la morte. Con uno stacco temporale di molti anni, l’ultima scena è ambientata nel 1910: le figlie di Don Fabrizio (Concetta, Caterina e Carolina, tutte rimaste nubili) sono intente a pulire la cappella di famiglia, buttando tutti i cimeli tenuti da Don Fabrizio come fossero tesori o reliquie, ma ora viste come senza valore e simbolo del potere ormai vuoto dei Salina e dell’aristocrazia in generale. Ora è più importante, infatti, la classe borghese: pur non essendo ancora una repubblica, in Italia è arrivata la rivoluzione industriale, che ha indebolito ulteriormente la nobiltà feudale. Dopo una visita del cardinale, tutto verrà gettato tra i rifiuti. Subisce la stessa sorte anche l’alano Bendicò imbalsamato, cane e amico fedele di Don Fabrizio, ultimo segno della decadenza dell’antica casata. L’autore stesso affermerà in una lettera come il cane è il simbolo stesso della classe nobiliare incarnata da Don Fabrizio e che è la possibile chiave interpretativa dell’intero romanzo. Il romanzo si chiude con l’arrivo in automobile di Angelica, pronta a organizzare i festeggiamenti per il cinquantesimo anniversario della spedizione dei Mille. Il libro finisce con la perdita del potere della famiglia dei Salina e la morte del Gattopardo, che rappresenta il declino definitivo del ceto nobile. Il Gattopardo, analisi Giuseppe Tomasi di Lampedusa scrive il Gattopardo dal 1954 al 1956. La vicenda del Gattopardo è ambientata in Sicilia in un periodo che va da maggio 1860 al 1910. In particolare, inizia all'indomani dello sbarco dei Mille (Garibaldi, esercito sabaudo) a Marsala ed è ambientata negli anni dell’unificazione d’Italia e, quindi, del collasso del regno dei Borboni; finisce nel 1910, il cinquantesimo anniversario dello sbarco. Il romanzo si suddivide in otto parti. In tutte le vicende raccontate nelle otto parti, l’anno 1860 rimane l’anno principale perché le prime quattro parti avvengono durante il 1860. La quinta si svolge nel 1861 e la sesta nel 1862. La settima è ambientata nel 1883 e, infine, l’ottava nel 1910. La scelta del contesto storico dell’opera è molto importante, perché evidenzia la rottura inevitabile con la tradizione del passato. Le vicende si svolgono in un arco di tempo molto lungo (50 anni). Il “Gattopardo” può essere definito un romanzo storico per la rilevanza data alle vicende storiche sottolineate al suo interno. Inoltre, il romanzo ha caratteristiche autobiografiche: il romanzo tratta il periodo storico del rinascimento, che visse il bisnonno dell’autore, nel romanzo il gattopardo. Il romanzo si apre a Palermo ma la maggior parte degli avvenimenti sarà a Donnafugata. Qui, il palazzo del protagonista è immenso; costituito dall'insieme di più "fabbricati di stile differenti, armoniosamente uniti però intorno a tre cortili e terminanti in un ampio giardino tutto cintato", comprende innumerevole stanze e saloni, di cui solo una piccola parte viene utilizzata. Le stanze inutilizzate riportano i ricordi sugli avi. Il titolo dell'opera è lo stemma della casata nobiliare dei Salina, cioè la famiglia protagonista. Il gattopardo è un animale simile alla lonza che in Dante rappresenta la lussuria o l'inganno per il suo pelo maculato e mimetico. Da questo si può capire il significato dell'aggettivo “gattopardesco”, spesso utilizzato nella sfera politica, che indica qualcuno che riesce ad adattarsi alla situazione mascherando i propri intenti e arrivando al suo obiettivo. 1. Don Fabrizio Salina Egli è un signore distinto e affascinante, raffinato cultore di studi astronomici ma anche di pensieri più terreni (come l’amore e la morte). Viene descritto nel romanzo come un uomo dai capelli biondi e dalla pelle bianca, alto e molto forte. Oltre all’aspetto esteriore anche il suo carattere è influenzato assolutamente dalle proprie origini, avendo “un temperamento autoritario e una certa rigidità morale”. Nonostante le sue particolarità è anche un uomo di cuore tenero con le persone e gli oggetti a cui tiene. Il Gattopardo è anche diverso dalla famiglia a cui appartiene: ha differenti passioni. Ama la matematica e inoltre è appassionatissimo dell’astronomia. Si sente più intelligente, più colto e superiore a tutti, perciò non trova interesse
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