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Il genere poetico del monologo drammatico inglese, Appunti di Letteratura Inglese

Descrizione del genere poetico del monologo drammatico inglese, con analisi dei seguenti monologhi: "My last duchess" di Robert Browning, "Ulysses" di Alfred Tennyson.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 27/05/2022

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giorgia-rossi-4 🇮🇹

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Scarica Il genere poetico del monologo drammatico inglese e più Appunti in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! LA POESIA La poesia può essere di vari tipi, assumere varie forme che si distinguono per le diverse convenzioni e regole che il poeta adotta. La poesia può avere anche scopi di vario tipo. Ciascun modo poetico può essere associato a una funzione differente. Ci sono forme poetiche considerate più adatte a mettere in versi le emozioni e i sentimenti, altre forme poetiche più efficaci per una modalità descrittiva o per narrare una storia, alcune possono essere satiriche o politiche, ma nessuna di que ste funzioni è prevalente nel testo poetico, o specifica della poesia. La poesia è un genere molto eclettico dai temi, gli argomenti, le funzioni estremamente variabili. 3 FORME DI POESIA - Sonetto - Ballata - Monologo drammatico La caratteristica principale della poesia è che tutti i suoi elementi (la scelta delle parole, il loro ordine, dove si interrompe il verso, quali suoni vengono scelti..) sono portatori di significato ed entrano in relazione gli uni con gli altri. Ha un linguaggio che ha sempre un significato ulteriore, in cui ogni aspetto, anche quello formale si apre a interpretazione e ci dice qualcosa di più delle parole che sono scritte sulla pagina. Il testo poetico è come una rete di parole sistemate in modo interconnesso e organizzato. Neanche una parola è casuale in poesia, ogni nodo della rete è essenziale per tenere insieme la trama. LEGGERE POESIA (IN GENERALE) Per il testo poetico abbiamo una serie di segnali chiari, convenzioni concordate tra autore e lettore che ci fanno capire subito che stiamo leggendo un testo poetico: la forma grafica (come sono disposte le parole sul foglio con la suddivisione in versi), il ritmo, il metro, l'assonanza, la rima...ecc. La poesia è costituita da 2 diversi livelli, espressione e contenuto. Contenuto=la semantica del testo; Espressione=strutture metriche, ritmiche, fonologiche...etc. anche uno spazio vuoto significa qualcosa in poesia. Esempi: la ripetizione può creare legami tra più versi e, quindi, tra concetti differenti; la rima può creare parallelismi o contrapposizioni, a seconda di quali parole rimano. In poesia, il significato emerge anche dal MODO in cui il testo è disposto sulla pagina. Nella letteratura inglese questo è stato reso evidente anche dal poeta Cummings, rappresentante dell'avanguardia novecentesca, che ha giocato con la disposizione delle parole e delle lettere sul foglio creando dei disegni sulla pagina. Ma non è necessario giungere a questi estremi perché il testo poetico ha sempre un senso anche per come occupa lo spazio del foglio. Quando leggiamo le poesie "tradizionali" del 1700 -1800 dobbiamo prestare attenzione al senso (contenuto), ma anche all'espressione: 1) Metro -> pattern di sillabe accentuate e non accentuate all'interno di un testo poetico, che dà al verso un ritmo distintivo, che crea una sorta di melodia al testo (es. pentametro giambico). La metrica inglese è in sillaba tonica, quindi si prendono in considerazione il numero di sillabe e gli accenti. Si usa il concetto di piede (foot). 2) Suoni (es. allitterazione, rima, ecc.) -> contribuiscono alla melodia del testo poetico. La poesia inglese per tradizione si basa molto sul ritmo e sul suono. Le rime contribuiscono a costruire la poesia, non solo dal punto di vista musicale ma soprattutto per il significato, per il senso. La parola "strofa" in inglese si traduce "stanza". 3) Struttura (come è suddiviso il testo) -> quante strofe ci sono, di quanti versi ciascuna. A seconda di come le poesie sono strutturate si riconosce un sonetto, una ballata, un'ode...ecc. 4) Sintassi (come sono costruite le frasi) -> già in Sheridan abbiamo visto quanto può essere importante costruire una frase in un modo piuttosto che in un altro. Una frase lineare è semplice dà un effetto di spontaneità, una molto complessa crea un effetto diverso. IL MONOLOGO DRAMMATICO I movimenti letterari sono delle ipotesi storiche e spesso dipendono da assunti relativi a cambiamenti storici, a volte sociali o politici, o specifici eventi della storia di un periodo. L’organizzazione della storia letteraria in periodi è un fenomeno molto recente, si è sviluppato infatti da quella tendenza di pensiero storicista che dominava nel 19°secolo. Oggi ci basiamo su categorie interpretative come "romantico", "vittoriano", “modernista” e ci dimentichiamo che queste categorie in parte sono arbitrarie e costruite a posteriori, viste sempre con la prospettiva dell’oggi. I poeti che oggi chiamiamo romantici non pensavano a se stessi come romantici e così via. L’aggettivo “vittoriano” dipende da un evento storico preciso, dal fatto che ha inizio con il lungo regno della regina Vittoria, e dallo sforzo degli scrittori del 20°secolo di definirsi in contrasto con il passato, è una forza polemica e disgiuntiva. Gli scrittori del 20°secolo volevano distinguersi dai periodi precedenti. La storia della lettera tura del 19°e del 20°secolo è uno sviluppo continuo che a volte viene oscurato dalle polemiche del modernismo. La poesia vittoriana si sviluppa nel contesto del Romanticismo. Le date di nascita degli scrittori vittoriani non sono molto distanti da quelle della 2°generazione dei romantici, i quali avevano definito che cosa significasse scrivere poesia. Browning scrisse che la poesia di Shelley gli sembrava la chiave per un nuovo mondo. Tennyson invece, quando a 14 anni scoprì che Bairon era morto sentì che il mondo era finito. Anche se la poesia del Vittorianesimo si distanzia da quella del periodo romantico, la 1°generazione di poeti vittoriani si percepiva in continuità con il Romanticismo e riteneva di scrivere all’interno della stessa tradizione letteraria. Se la 2°generazione di poeti romantici non fosse morta così giovane non avremmo un senso cosi netto di divisione tra gli scrittori romantici e vittoriani. In effetti Worthswod stava ancora scrivendo poesia negli anni ’30 e ’40 dell’800. W. è stato un poeta laureato (scriveva poesie in occasione di eventi ufficiali) fino alla sua morte (1850). Il suo successore poi è stato Tennyson. Nel 1°periodo della poesia vittoriana c’è un forte senso di continuità con il Romanticismo. Tuttavia già nella 1°poesia vittoriana possiamo raccogliere i germogli di idee che poi sarebbero sfociate in un progetto poetico distinto. I protagonisti di questo periodo sono per esempio Browning e Tennyson, entrambi hanno sviluppato un nuovo modo di fare poesia. I 2 avevano modi diversi di scrivere tra loro ma presentavano importanti punti di contatto, soprattutto riuscirono a sviluppare alcuni aspetti comuni dai quali la poesia dei secoli successivi ha tratto molta ispirazione. L’amico di Tennyson, Arthur Hallam, che si era proposto d i recensire la 1°pubblicazione di Tennyson, la raccolta “Poems”. Nel fare questa recensione finisce per scrivere un saggio vero e proprio che si chiama “Le caratteristiche della poesia moderna”. Hallam definisce la poesia del proprio tempo come la poesia della “sensazione”, basata sulle sensazioni. Dice che non è descrittiva ma è pittoresca. Il pittoresco è una combinazione di impressioni sensoriali, attraverso le quali il poeta prima sperimenta un’emozione e poi la espone ai propri lettori. Mette anche in evidenza quanto sia importante la connessione tra diverse idee e sensazioni. Mette anche in evidenza che sebbene le emozioni siano soggettive del poeta possano poi essere provate anche da chi legge. Sulla base di quello che dice Hallam si sente preponderan te l’influenza del Romanticismo. La poesia Vittoriana a un certo punto si distanzia dal Romanticismo. W. basava la propria poetica sulla semplicità delle persone poetiche e del linguaggio. Lo stile poetico vittoriano invece è barocco, dettagliato, con formulazioni alternative, pieno di ornamento, molto elaborato. John Rasking, critico MY LAST DUCHESS di Robert Browning (1842) Qui il parlante è il duca di Ferrara. L’ambientazione è l’Italia del Rinascimento. Il duca sta parlando con l’ambasciatore di una corte vicina e gli sta mostrando il proprio castello e le proprie ricchezze. Alla fine, si capisce che questo ambasciatore, messo, è venuto a negoziare la dote per la figlia di un nobiluomo, per una donna che potrebbe diventare la nuova moglie del duca di Ferrara. Il motivo per cui il duca è in cerca di moglie ci viene spiegato nel testo. È inclusa nella raccolta "Dramatic Lyrics" del 1842. È una poesia scritta in pentametri giambici. Il duca di Ferrara nell'Italia del Rinascimento del '500 che sta parlando con un messo, un ambasciatore dell'altra corte, che è venuto a negoziare la dote della figlia di un conte che potrebbe diventare la nuova moglie del duca di Ferrara. Lo spunto per questa poesia viene da dei dati storici: il duca di Ferrara era Alfonso II, la sua prima moglie Lucrezia era una giovane donna che muore nel 1561 in circostanze misteriose dopo soli 3 anni di matrimonio. Dopo la sua morte la nuova candidata al matrimonio col duca era la figlia del conte del Tirolo. Browning, ovviamente, non si attiene alla realtà storica, ne prende spunto per rielaborarlo con la fantasia. Il duca lo vediamo subito nel suo palazzo, e sta mostrando un quadro della sua ultima moglie. L'autore del quadro è fra Pandolfo, che in realtà non esiste. Il duca sottolinea che lui è l'unico che può aprire la tenda dietro la quale si cela quest'opera. Dice che l'espressività di questo quadro è meravigliosa. Improvvisamente il duca, piuttosto che del quadro, si mette a parlare della donna: al V.21 emerge una sorta di gelosia ed egoismo del duca di Ferrara. La donna non sta guardando ovunque per cercare un'attenzione romantica, ma è semplicemente gioiosa e piena di vita, interessata a molte cose introno a lei. Infatti dopo specifica il duca al messo che per lei era tutto uguale, tutto sullo stesso piano (V.25). Il "favore" non è l'"amore". Lei apprezzava il favore del duca nei suoi confronti, un buon tramonto, il regalo di un ramo di ciliegie, cavalcare un muletto per divertirsi. Tutte queste cose suscitavano la sua approvazione, la facevano arrossire, le provocavano gioia. Ringraziava le persone mettendo alla pari il regalo di uno qualunque con il dono del duca di un nome di ben 900 anni. Ecco che si capisce che il duca è un arrogante, un presuntuoso, non si sente abbastanza considerato e amato dalla duchessa. Al v.35 il duca dice che anche se lui sarebbe stato bravo a spiegare le sue necessità e i suoi timori, se lei si scusasse e si lasciasse rimproverare sarebbe comunque umiliante e lui non si umilia mai. Al V.45 dice che il duca ha dato degli ordini affinché lei fosse uccisa. Dalle parole del duca percepiamo che il messo è perplesso, che se ne vuole andare. Al V.53 il duca dice che la figlia del conte del Tirolo è il suo "object", cioè il suo obiettivo ma anche il suo oggetto. Usa è tratta le donne come oggetti. La poesia è un monologo. Anche se non abbiamo neanche una parola dell'altro interlocutore, n el testo emergono 2 diversi punti di vista: quello del parlante e quello del destinatario. Il punto di vista del destinatario emerge in modo indiretto, attraverso piccole 'spie' del testo poetico e piccoli momenti di rivelazione. Ogni tanto sembra che il Duca risponda a qualcosa che ha detto il suo interlocutore, o sembra far riferimento a suoi gesti ed espressioni (vv.12-13: "non siete il primo a chiedermi questo"; vv.53-54: "scenderemo insieme signore" --> il messo forse stava andando via da solo per irritazione). 1ºlivello del monologo interiore è, quindi, la compresenza dei punti di vista del monologante e del destinatario 'silenzioso'. 2ºlivello: siamo anche noi destinatari 'esterni' di questo monologo. Queste parole sono indirizzate anche a noi per darci un messaggio. Tuttavia, il nostro mittente non è il Duca, ma il poeta. Le parole del duca non hanno impatto solo su messo ma anche su di noi. Nella poesia sono coinvolti parlante e destinatario fittizio, mittente e lettore reali. Di conseguenza, abbiamo ben 4 diversi punti di vista: 1) il Duca: vuole impressionare il suo interlocutore, mostrargli quanto è ricco e potente per negoziare la dote. Si vanta del ritratto della sua defunta moglie, e lo tratta come un pezzo prezioso della sua collezione. Quanto rivela di sé? Sta mostrando un’opera d’arte come tutte le altre. Racconta la storia della 1°moglie perché apparentemente risponde a una domanda del messo (v.12-13), non si rende conto di quello che sta rivelando di sé. 2) il messo del Conte: non sappiamo quale sia la sua opinione, ma si intuisce che abbia delle reazioni di sorpresa. Il Duca le interpreta come riferite all’opera d’arte. Alla fine, sembra reagire in modo negativo avviandosi giù da solo. 3) il lettore: ci indigniamo nel vedere questi aspetti del Duca: - ama controllare gli altri; - arrogante, crudele e possessivo (v.53); - cerca di negoziare la dote per la nuova moglie spiegando perché ha ucciso quella precedente; - ironia: mentre cerca di apparire al suo meglio, si rivela in tutto il suo egoismo spietato (quindi non è neanche particolarmente brillante). 4) il poeta: è lui a far emergere l’ironia, a plasmare il discorso così da farci provare indignazione, a sovvertire le intenzioni del Duca, a proporre un giudizio su di lui e le sue azioni attra verso la manipolazione dell’atto linguistico. ULYSSES di Alfred Tennyson (1832) Monologo drammatico che ha come protagonista l’Ulisse dell’epica, della storia e della letteratura. Figura universalmente amata che ha un’immagine positiva. Tuttavia, il mono logo drammatico ha la capacità di mettere in discussione i personaggi che parlano. Questa poesia ci suscita dei dubbi sulla figura di Ulisse, ci mette delle perplessità. Non sapremo più bene se Ulisse è un personaggio ammirevole o se sia da criticare. Non emerge chiaramente se Ulisse sia uno spirito intrepido, avventuriero che va oltre la conoscenza oppure se sia un irresponsabile che abbandona la propria patria Itaca, e egoista e irrispettoso come marito e come padre. Tennyson scrisse questa poesia poco dopo la morte del suo caro amico, Arthur Hallam (aveva recensito il 1°libro di poesie di Tennyson) à scrivere questa poesia gli aveva dato nuova energia e stimolo. Lo considerava una sorta di alternativa eroica scrivere sconfiggendo la morte e andare oltre i limiti umani. Qui Ulisse non si sente a casa ad Itaca. Itaca per lui non è un rifugio idilliaco. Si sente a casa quando viaggia, quando ha un obiettivo, a conoscere cose nuove e fare cose grandiose. Questa poesia aveva dato a Tennyson la possibilità di andare avanti, di sentirsi più forte nella lotta più forte della vita (forse si riferiva al recente lutto che aveva subito). Il nostro eroe non è una figura secondaria chiaramente delineata come il Duca di Ferrara, ma si tratta di un protagonista della cultura occidentale. Tennyson si mette sulla scia di grandi esempi del passato come Omero e Dante. Ulisse compare sia nell’Odissea che nella Divina Commedia. Nell’11°canto dell’Odissea l’indovino Tiresia profetizza che dopo il ritorno a Itaca, Ulisse morirà di una morte serena circondata dalla prosperità e benessere. Si suppone quindi che Ulisse torni ad Itaca. L’Ulisse di Tennyson invece rifiuta questa morte serena e Itaca à lascia Itaca in mano al figlio Telemaco. Nel canto 26°dell’Inferno di Dante, nell’8°cerchio (dove sono puniti i consiglieri fraudolenti), Ulisse ha un’immagine diversa da quella dell’Odissea, che ha più influenzato Tennyson: l’Ulisse dantesco non è tornato per niente da Penelope con gioia. È rientrato solo per ripartire immediatamente e andare ad esplorare di nuovo il mondo. È quindi un eroe intellettuale che preferisce l’azione, l’avventura, la grandiosità dell’impresa eroica alle gioie e ai doveri dell’impresa eroica. Stessa cosa vale per l’Ulisse di Tennyson. La poesia può essere divisa in 3 parti diverse: 1) vv.1-32: parte dedicata alla noia, all’isolamento, al senso di fastidio. Fin dai primi versi Ulisse è piuttosto scontento di trovarsi ad Itaca. Sembra quasi che Ulisse stia parlando a se stesso, si tratterebbe quindi di un soliloquio, non di un monologo. Quindi questa poesia non è al 100% un monologo drammatico per via di questi primi 32 versi. Vv.1-5: Ulisse è decisamente annoiato. Si trova ad Itaca, rientrato da un po’ di tempo dalle sue avventure. È duro sugli aspetti della sua vita e li rifiuta, anche i più importanti. Gli aspetti che critica sono: il re, la moglie, la famiglia, le leggi, la razza à tutti i valori individuali e dello stato vengono messi in discussione. Ci sta convincendo che lui è isolato in un’isola che è un incubo, penalizzante per lui. A differenza della poesia precedente in cui ci trovavamo subito contro il Duca di Ferrara, qui ci troviamo a simpatizzare per Ulisse, che capiamo. Nello stesso tempo siamo sospettosi quando parla così con disprezzo del suo popolo e d ella sua famiglia, però lui è un affabulatore e ci fa pensare di aver ragione nel suo giudizio. Questo è un Ulisse anziano che parla alla luce della sua precedente conoscenza, esperienza e saggezza, le qualità che gli aveva riconosciuto Omero nell'Odissea. Anche qui però sembra quasi che il famoso ingannatore stia cercando di ingannarci. Sembra tutta retorica per convincere chi ascolta che si trova nel posto sbagliato. Il problema qua è anche di forma perché non essendoci un interlocutore pare che Ulisse faccia un soliloquio presentandosi come un eroe, i cui pari sono altri eroi, non i modesti e selvaggi abitanti di Itaca. Parla dell'onore che ha guadagnato in battaglia, esprime il desiderio di partire per nuove avventure. Sta a noi lettori giudicare se questo impulso di abbandonare il proprio paese e la propria gente gli rende onore o se è una fuga dalle sue responsabilità di re e di marito. Finisce qui al verso 32 la 1ªparte. 2) vv.33-43: Qui Ulisse non parla più a se stesso ma ad un pubblico, probabilmente alla gente di Itaca e ha con sé Telemaco, lo sta presentando perché Ulisse ha deciso di partire e lasciargli le redini del regno. Ci sono vari deittici, quelle parole che ci fanno capire dove e quando ci troviamo, che ci orientano nello spazio e nel tempo. Si capisce che Ulisse e davanti alla gente di Itaca, accanto al figlio, vicino al porto --> si sta prestando a partire. Lascia il figlio occuparsi di Itaca. Apparentemente presenta amorevolmente Telemaco agli abitanti dell'isola, mettendo in rilievo che è più bravo di lui a svolgere i suoi compiti. Però usa delle parole ambigue: giudizioso, lenta prudenza, capace di tenerezza, bravo a fare le cose comuni (vv.39-40). Telemaco è un ragazzo ordinario, quindi, non è forte. Lui, Ulisse, invece parte perché è straordinario, è l'eroe, qualcosa di più. Ci sono quindi dei livelli diversi di lettura. Ulisse, nel cercare di presentare bene Telemaco, distingue l'eroismo da ciò che è comune, ordinario. Loda il figlio per qualità che lui è contento di non avere, quasi ironicamente. 3) vv.44-70: si parla della necessità di andare avanti. Adesso Ulisse si rivolge ai propri marinai. Gli ultimi versi sono stati letti come un'incitazione ad andare sempre avanti. In realtà però nel discorso di Ulisse convivono degli elementi discordanti. I versi hanno un ritmo lento. I dominanti sono cupi, malinconici, suoni lugubri. Pentametro giambico ma senza Rime. I ritmi costanti del pentametro giambico, i ritmi regolari di questa forma metrica sembrano anticipare il suono delle onde del mare o il battere dei remi sull'acqua, l'equipaggio che sta viaggiando. Questo è un artificio retorico che l'affabulatore Ulisse usa perché i suoi marinai già si sentano sul mare, per convincerli a partire il prima possibile. Se questo Ulisse è ispirato a Dante, e Dante lo inserisce nell'inferno, che cosa ne dobbiamo concludere? Che forse è una figura patetica che non riesce a rassegnarsi agli anni che passano, e fugge dai propri doveri, che cerca degli ultimi momenti della gloria passata. Il testo è volutamente ambiguo. Figura di un uomo che è entrambe queste cose allo stesso tempo. A partire dall'antichità greca l'accesso alla letteratura, a quei tempi, sarebbe stato più o meno pubblico. La poesia non veniva letta, veniva recitata davanti a un pubblico dal vivo. In seguito dopo dei secoli la poesia passa sul testo. Il numero di persone che potevano anche solo leggere era limitato, erano soprattutto persone che appartenevano alla chiesa e alla corte. Con l'invenzione della stampa il bacino di utenti si è ampliato. Sempre più persone sono in grado di leggere --> audience più diversificata, più ampia, spesso include anche le donne. Leggere richiede anche tempo che fino a un secolo fa solo poche persone avevano, apparte la nobiltà. Col pubblico più ampio si sviluppano anche dei gusti diversi in letteratura. Non tutti i lettori potevano essere interessati a un patrimonio culturale del passato. Differenti strumenti, come la stampa, differenze nel pubblico sono anche legati alle differenze della funzione che la poesia acquisisce da un periodo all'altro. Per esempio, in epoca medievale la poesia aveva una funzione primariamente religiosa, venivano prodotti soprattutto inni e
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