Scarica La Società dei Giacobini: Origine, Ideologie e Influenza nella Rivoluzione Francese e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! CAPITOLO 25 – GIACOBINISMO La lotta politica nella Francia rivoluzionaria assunse un particolare dinamismo in virtù della formazione di gruppi e movimenti politici capaci di esprimere posizioni fortemente caratterizzate e distintive. Tra questi gruppi ebbe primo piano il club dei giacobini. Esso nacque dalla fusione del club bretone, fondato da alcuni deputati eletti agli Stati Generali, con la Società degli amici della Costituzione. Quando l'assemblea si trasferì da Versailles a Parigi, nell'ottobre 1789, il Club prese a riunirsi nel Convento dei Domenicani (detti in francese jacobins) di rue Saint-Honoré. Il Club dal 10 agosto 1792 prese il nome ufficiale di Società degli amici della libertà e dell'uguaglianza. Ebbe un rapido sviluppo, finendo per raggiungere nel 1792, 3000 società in tutto il territorio francese, con la cifra ragguardevole di 100-200.000 abitanti. La sua influenza ebbe il culmine nel periodo della Convenzione, tra settembre 1792 e luglio 1794. Questo fu anche il periodo della guerra contro l'Europa coalizzata, della patria in pericolo. Distacco dei membri più moderati → luglio 1791 con il Club dei Foglianti. I Girondini si scissero nel 1792. I giacobini si identificarono sostanzialmente col partito montagnardo e sostennero l'azione del comitato di salute pubblica e dei suoi esponenti più in vista, quali Robespierre, Saint-Just e Couthon. Tra le idee-forza del movimento – in buona parte derivate da Rousseau – erano: • unità nazionale • sovranità del popolo • centralizzazione politico-amministrativa • l'eguaglianza non solo giuridica, ma anche nella distribuzione delle ricchezze • lotta contro gli aristocratici, i capitalisti, gli accaparratori • il legame con la tradizione repubblicana classica • la necessità di formare l'uomo nuovo attraverso la propaganda e l'esempio • l'esaltazione della virtù e del bene comune contro gli egoismi individuali La mentalità giacobina non ammette l'esistenza di interessi e partiti diversi; gli avversari politici sono nemici della patria, autori di complotti ai danni del popolo, da combattere e se necessario eliminare con la violenza rivoluzionaria e col Terrore. I critici del giacobinismo, come Francois Furet, hanno insistito sulla “Magistratura d'opinione” esercitata dai loro capi mediante una sapiente tecnica di manipolazione delle assemblee e mediante l'appropriazione o l'usurpazione della volontà popolare. Alcuni, come Jabob Talmon, vi hanno visto la matrice del totalitarismo novecentesco, a causa della tensione verso un bene assoluto che induce il regime a “proclamare che esso realizza la perfezione e che l'opposizione venga condannata come vizio o perversione”. È bene distinguere però la realtà del giacobinismo dal suo mito: esso è un complesso di idee e condotte radicate in età pre-industriale e in una cultura ancora impregnata di valori classici. → culto dell'atto eroico e delle misure grandi. → l'utopia di un ordine sociale giusto e perfettamente equilibrato (una “utopia conservatrice”). Alcuni storici, come Bernard Gainot e Pierre Serna, hanno proposto la categoria del neogiacobinismo per i gruppi politici d'orientamento democratico attivi durante il Direttorio. Si ritiene che la componente più radicale – quella montagnardo-robespierrista – non sia così rappresentativa della Sinistra rivoluzionaria. Temidoro non rappresenterebbe l'inizio del definitivo declino della sinistra rivoluzionaria, ma solo la sconfitta della sua componente più estrema. La corrente neogiacobina invece si è stata capace di riorganizzarsi, mutando uno dei riferimenti ideali della sua azione politica: non più la Costituzione del 1793, ma l'accettazione di quella dell'anno III, con la conseguente ricerca di una prospettiva politica incentrata sulla democrazia rappresentativa anziché sull'idealizzazione delle democrazia diretta o “pura”. Giacobini italiani → meglio repubblicani o democratici → questione dell'indipendenza!