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Il giornalismo culturale - Zanchini, Sintesi del corso di Giornalismo

Dettagliato riassunto de 'Il giornalismo culturale' di Zanchini

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 21/05/2021

giuliamicchia
giuliamicchia 🇮🇹

4.5

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Scarica Il giornalismo culturale - Zanchini e più Sintesi del corso in PDF di Giornalismo solo su Docsity! Il giornalismo culturale 1. Nascita e primi passi ‘400 
 Dopo secoli di diffusione di cultura tramite manoscritti, nel ‘400 principia un’effettiva circolazione di prodotti culturali, grazie alla stampa di Gutenberg, che consente la diffusione di libri sacri, ma anche romanzi cavallereschi e leggende. ‘500
 Nel corso del ‘500 si diffondono le ‘Cinquecentine’: libri per ricchi e colti, che trattavano temi d’arte, storia o classici, favorendo il propagarsi di una ‘cultura di elite’. ‘600 Nel primo ‘600 in Europa nascono i primi periodici di natura varia (informazioni, attualità, cronaca, opzione e illustrazioni), funzionali alla borghesia commerciale. Nello stesso periodo nascono embrioni di informazione culturale e filosofa, che incontrano però oggettivi limiti di diffusione per motivi sociali (limitata capacità di leggere e scrivere e disponibilità di tempo libero) e di censura. La diffusione dell’informazione culturale e delle riviste, veicoli migliori per la diffusione di idee, compie percorsi simili nei vari Stati europei ma con alcune differenze per quanto riguarda la penetrazione e l’influenza sulla società: la libertà di stampa e la relativa diffusione corrisponde al tipo di regime politico, che attua diversi tipi di censura sulla cultura. 
 Progressivamente le discussioni acquistano una dimensione pubblica, di interesse collettivo e di contrapposizione tra la borghesia in ascesa e i vincoli dell’assolutismo. ‘700 Solo con le innumerevoli innovazioni della rivoluzione industriale, nel tardo ‘700, la stampa viene sfruttata come mezzo di educazione per la borghesia nascente, e con essa cresce l’informazione e la cultura. A far fiorire tale bisogno è l’Illuminismo e la sua ‘Encyclopedie’ di Diderot e D’Alambert che si prefissarono il compito di scrivere la storia del mondo, comprensibile da tutti (uso di immagini). 
 Il sapere enciclopedico viene diffuso ovunque e in pochi decenni i lettori aumentano: si propaga un giornalismo culturale, ‘giornalismo industriale’, con gazzette divulgative e semplificate, per far arrivare i contenuti a tutti in modo semplice e diretto (‘Daily Courant’, ‘The Spectator’, ‘Journal des Savants’). ‘800 Soprattutto nel secondo 800 le riviste diventano un sistema di divulgazione culturale per le famiglie e per la donna, elemento di punta della nascente famiglia borghese: i giornali vengono definiti ‘locomotive sociali’ attraverso i quali la borghesia si impadronisce della cultura. Negli anni ’50, grazie all’abolizione della tassa sulla pubblicità, il bollo per i giornali e la tassa sulla carta, aumenta esponenzialmente il numero dei giornali, portando al decollo di una stampa di massa. Sono gli Usa a determinare il passaggio al giornalismo moderno, più influenzato dal business. 
 Nel 1833 il ‘New York Sun’ inaugura la stagione dei penny press, stampa economica e popolare (passaggio dagli abbonamenti alla vendita in strada) che genera un forte miglioramento della distribuzione: nasce il pubblico di massa, muove i primi passi il giornalismo professionale e il cosiddetto ‘yellow journalism’, con foto scioccanti e scandali, la cui diffusione viene agevolata dalla linotype (macchina per la composizione automatica che permette la stampa di 50 mila copie orarie e porta alla trasformazione del giornale in un prodotto di massa). Il giornale subisce miglioramenti tecnici: vengono introdotte fotografie, caricature, fumetti e supplementi, segnando l’inizio dell’epoca dei grandi magnati della stampa. L’affermarsi dei mezzi di comunicazione di massa portano una profonda mutazione della gerarchia delle forme culturali e del significato del termine ‘cultura’, che diventa fruibile da tutti. !1 Il giornalismo culturale In Italia solo dopo l’Unità (1861) si verifica un breve momento di proliferazione dei quotidiani, frenato da scarse vendita, a causa poca istruzione degli italiani, e alla forte dipendenza delle sovvenzioni politiche e bancarie, che provocano un ritardo nello sviluppo del giornalismo di consumo, di intrattenimento e di massa. 
 Solo a partire dal ‘900, grazie alla crescente attenzione dei lettori e l’uso di nuovi macchinari, inizia una larga diffusione dell’informazione culturale: nascono ‘Corriere della Sera’, ‘La Stampa’, ‘Avanti!’, ‘Secolo’, ‘Tribuna’, ‘Gazzetta del Popolo’ e ‘L’Osservatore Romano’. 
 Dagli anni ’30 inizia un periodo di modernizzazione per la stampa italiana: aumento di fotografie, corrispondenze dall’estero, periodici femminili, riviste per ragazzi e fumetti, che precederà gli inserti settimanali per categorie particolari e le pagine legate al tempo libero diffusi con l’avvento della società del benessere. 2. Il Novecento e il primato italiano La Terza Pagina L’Italia gioca un ruolo importante nella storia del giornalismo culturale, grazie alla nascita della Terza pagina (1901) che porta conseguenze rilevanti per la storia del giornalismo italiano e internazionale. Il 10 dicembre 1901 la Terza pagina de ‘Il Giornale d’Italia’ di Bergamini viene dedicata interamente all’evento della prima dello spettacolo teatrale ‘Francesca da Rimini’ di D’Annunzio. 
 Nasce la Terza Pagina, uno spazio fisso dedicato alla cultura (critica letteraria, novelle, reportage, cronache di viaggio e notizie culturali), che prima occupava talvolta l’articolo di risvolto nella sesta colonna di I o II pagina o le colonne di apertura della III pagina. 
 Dopo un inizio incerto, nel 1927 la Terza pagina si stabilizza su diversi giornali con una struttura precisa, sviluppata dal ‘Corriere della Sera’. Struttura classica: - Elzeviro, cuore e simbolo della Terza, di argomento vario e raffinato, esercizio letterario di riscrittura romanzata della realtà mediante il quale l’intellettuale poteva evadere dal quotidiano, rifugiandosi nella dimensione del disimpegno; - Taglio di centro, spesso un reportage o un racconto di viaggio; - Spalla: temi di cultura varia, informazione culturale, polemica e curiosità storiche o scientifiche; - Taglietto: spigolatura della realtà culturale minore; - Riempitivo, con rubriche e resoconti di spettacoli ed eventi. Per la prima metà del ‘900 la Terza pagina apporta prestigio al giornale, mai nel secondo dopoguerra si inizia a discutere sulla sua funzione: l’abbassamento culturale del dopoguerra ridusse i letterati ad un atteggiamento di condanna di ermetismo, accusati di autarchia intellettuale e disimpegno. Il dibattito sulla Terza nasce dalla contrapposizione tra giornalisti e letterati: in Italia la Terza e l’elzeviro erano spazio per confronto, discussioni e provocazioni, ma anche segno di arretratezza culturale, infatti nei mondi culturalmente più sviluppati gli scrittori non avevano bisogno di appoggiarsi ai giornali. Passaggi: ’Il Giorno’, ‘La Repubblica’ e il mielismo E’ difficile costruire una cronologia precisa della storia del giornalismo italiano. • 1901: nascita della Terza pagina; • 1956: nascita de ‘Il Giorno’, considerato una seconda rivoluzione in quanto introduce importanti novità grafiche (foto a colori, fumetti, supplementi) ed elimina la cultura della Terza e la cultura viene spostata e inserita in un inserto in rotocalco ampio e variegato, viene inserito un supplemento settimanale, Giorno Libri, che tocca anche le 8 pagine. • 1976: nascita de ‘La Repubblica’, che da subito non inserisce la Terza Pagina, riservando alla cultura due pagine centrali del giornale; !2 Il giornalismo culturale Nasce la cultura convergente: lo stesso prodotto culturale si estende su più piattaforme e cambia a seconda del mezzo che lo comunica, che genera una struttura produttiva di oligopolio. 
 La vita culturale dei lettori è una commistione di elementi alti e bassi, per cui i mezzi di comunicazione non devono scegliere una direzione, ma assembrare tutto; non conta più la classe, ma sesso, età, indebolendo gerarchia e classismo culturale (linea di trasmissione non più unidirezionale). Quel che accade in Italia Già a inizio ‘900 in Italia si diffonde un’accenno di cultura massiva, con l’espandersi del consumo di musica lirica, periodici femminili, gialli di Mondadori, scambio tra cultura d’élite e cultura subalterna. 
 Solo negli anni ’60 si verifica una vera esplosione della cultura di massa, questo ritardo è dovuto a:
 - Tradizione culturale e politica;
 - Cultura alto-umanistica (Croce e Gentile) che diffonde generale disinteresse verso prodotti di massa;
 - Cultura cattolica e comunista, che non accettano e condannano le logiche dell’industrialismo; Oggi la cultura di massa è ampiamente diffusa, ma il dibattito è ancora vivo. Il mercato 
 I mass media sono anche un prodotto da vendere sul mercato. Esistono due tradizioni di mercato: - La tradizione anglosassone è stata lo specchio di un sistema di valori più mercantile, commerciale, pragmatico e quindi la stampa ha dovuto rispondere soprattutto a criteri economici; - La tradizione continentale, in cui il valore della resa commerciale è stato importante ma spesso ha ceduto il passo ad altre funzioni (ruolo politico, pressione economica, opinione e cultura), tali per cui la stampa è stata spesso sussidiata dallo Stato. In entrambe le tradizioni i media sono considerati uno strumento indispensabile per la formazione dell’opinione pubblica, consapevole del proprio potere politico, economico e religioso. L’industria dell’intrattenimento L‘industria dell’intrattenimento’, definita con connotazione ancora più negativa rispetto alla criticata 'industria culturale’ della Scuola di Francoforte, per indicare la dimensione sempre più di evasione che ha preso l’occupazione del tempo non lavorativo: a partire dagli anni ’30 l’industria dell’attività del tempo libero è una componente economicamente fondamentale, è fonte di occupazione. L’industria dell’intrattenimento si divide in: - Industrie creative: cinema, audiovisivi, fotografia, musica, videogiochi; - Industrie dello spettacolo: lirica, musica classica, musica leggera, teatro, circo; - Industria del design e della cultura materiale: made in Itali, prodotti agroindustriali e gastronomici; La struttura del mercato editoriale 
 Negli ultimi decenni è verificata una crescente concentrazione, una forte tendenza all’oligopolio e alla formazione di conglomerate editoriali che possiedono tanti e differenti media (poche grandi compagnie possiedono case di produzione e distribuzione cinematografica, case editrici, tv, giornali, etichette discografiche) per cui spesso chi trasmette e chi ha i contenuti coincidono. 
 I sette maggiori gruppi multimediali al mondo assorbono l’80% dei guadagni dell’industria dell’intrattenimento e buona parte dell’industria editoriale: sono aziende multinazionali produttrici e distributrici di entertainment che creano, promuovono e distribuiscono prodotti su diverse piattaforme. Questo sistema di cross media ownership comporta dei rischi: - se il proprietario di un giornale è anche comproprietario di una casa di produzione cinematografica/ editrice, è probabile che le pagine culturali del giornale ospitino libri/eventi di quel gruppo; !5 Il giornalismo culturale - Tendenza all’omologazione culturale: se si punta a ciò che interessa il pubblico e non a ciò che è di pubblico interesse, aumenta la frivolezza, l’intrattenimento leggero. La pubblicità e il marketing La pubblicità si trova nelle pagine culturali sin dall’inizio della stampa. 
 Negli Usa degli anni ’30 la pubblicità è fonte di quasi tutte le entrate delle radio e del 75-80% delle entrate dei quotidiani, per cui le inserzioni hanno priorità nel disegno della pagina: i grandi giornali cominciano ad investire nelle sezioni Arts&Entertainment/Arts&Leisure, che trovano l’apoteosi nell’inserto del weekend (anche nel mondo anglosassone). A partire dagli anni ’80 si assiste a: - segmentazione del mercato; 
 - targettizzazione dei lettori; 
 - crescita della foliazione, frutto della presenza pubblicitaria. Per quanto riguarda i contenuti si assiste alla crescita delle features (vivacizzazione del linguaggio giornalistico per renderlo atto a sostenere il confronto del linguaggio giornalistico televisivo e la sua forza d’impatto), a scapito delle hard news. Dagli anni ’60 nel Regno Unito le features diventano manna per i pubblicitari che impongono molte pagine di style, resorts, viaggi, motori; le edizioni domenicali contengono più pagine in più rispetto a quelle feriali e si inizia a sezionalizzare e appaiono i primi supplementi. Negli anni ’90 le edizioni del sabato ingrassano e vendono di più che negli altri giorni: questa sezionalizzazione e l’ampliamento di questi anni investe soprattutto in broadsheet papers e tabloid.
 Il quotidiano ha più convenienza ad utilizzare la strategia della biforcazione: - Inserti ibridi: cultura popolare, ma anche alta; - Inserti specializzati: nicchie precise e importanti, ma poco lette. Aumentare il contenuto editoriale che piace alla maggioranza dei lettori, attraendo pubblicità, può portare anche a un aumento della foliazione e alla possibilità che trovino spazio notizie o argomenti in precedenza esclusi, senza comportare una scarsa qualità. Un altro fattore decisivo legato alla pubblicità è il marketing. 
 In America e Inghilterra si sono svolte raffinate ricerche sulla leadership (target dei lettori), che risulta fondamentale per la diffusione e per fornire un prodotto onnicomprensivo che accontenti tutti. Con l’avvento della Rete però si è verificato un arretramento negli investimenti pubblicitari, specie nella carta stampata, ma con un forte aumento della pubblicità online. In Italia la pubblicità è sempre stata importante nei quotidiani: i giornali vivono per il 47% con la pubblicità, il resto con le vendite, ma il campo di investimenti pubblicitari è indietro rispetto agli altri paesi europei, dove lo spazio dedicato alla pubblicità è tra il 20-30%. I quotidiani hanno sempre preferito non inserire pubblicità nelle pagine culturali per rispetto, ma la forte pressione del mercato negli ultimi decenni ha fatto si che i giornali si adeguassero alle richieste dell’ufficio marketing: la cultura si avvicina allo showbusiness e alla cultura popolare con interviste, preview e pubblicità che hanno ridotto lo spazio delle recensioni. 4. Il panorama internazionale: modelli e differenze Esistono 3 modelli di giornalismo: - Liberale: Gran Bretagna e Nord America; - Democratico- corporativo: Europa continentale - Pluralista-polarizzato: Europa meridionale (sovrapposizione mass media e politica, presenza statale) Negli ultimi anni tali modelli sono stati modificati dalla crisi economica e dalla rivoluzione informatica. !6 Il giornalismo culturale Le pagine culturali estere I giornali britannici sono un esempio del forte effetto dei cambiamenti e del peso del mercato. I quality papers (5 quotidiani nazionali: Guardian, Times, Telegraph, The Independent, Financial Times) hanno visto grandi cambiamenti, con la crescita delle features (specchio della società del consumi). 
 Alla fine degli anni ’80 questo settore esce dal giornale broadsheet, si traferisce in fascicoli separati, per passare al formato tabloid: macchine pubblicitarie di natura ibrida (convivenza di temi alti-bassi). La stampa americana è caratterizzata da 4 quotidiani nazionali: - New York Times: il solo ad avere pagine culturali paragonabili a quelle europee, rivolto ad un pubblico colto e benestante che chiede cultura, offre un approccio antropologico (con sguardo distaccato, analitico, cerca la spiegazione e comprensione, non la mera descrizione o celebrazione), affidandosi ad ottimi giornalisti dedica molto spazio alla cultura. - Wall Street Journal: pone l’attenzione sull’economia, dedicando poco spazio alla cultura; - USA Today: totalmente dedicato allo showbusiness; - The Christian Science Monitor: giornale antico e di alta tradizione, dal 2009 pubblica solo online, tranne che nel fine settimana. Alcune grandi città americane hanno ottimi giornali locali con buone pagine e inserti culturali: Boston Globe, Washington Post, Chicago Tribune, Los Angeles Times, San Francisco Chronicle. La stampa statunitense presenta alcuni problemi: - One-newspaper-cities: sono molte le città in cui si legge un solo quotidiano, garantendo un’offerta limitata, un’assenza di concorrenza e un prodotto mainstream che mira al pubblico medio; - Confino di cultura e spettacoli negli inserti del fine settimana: progressiva riduzione dell’informazione culturale quotidiana, che si limita alle locandine sugli eventi e alle pagine tv. Recentemente il New York Times e i migliori giornali britannici hanno aumentato la cronaca culturale (art news reporting) con notizie sul mondo dell’arte, diverse da recensioni o features, che entrano tra le pagine di hard news e si spostano progressivamente verso il corpo principale del giornale. La stampa francese è molto forte a livello vocale, ma di rado vi è un’offerta culturale degna di nota: - Le Monde: quotidiano progressista, rigoroso, sobrio, che affronta temi e riflessioni culturali, offre uno sguardo sul mondo culturale simile a quello del New York Times; - Libération: schierato a sinistra, nato sull’onda del ’68, offre una sezione (la Culture) dedicata sta cultura e spettacoli e un inserto (Livres) con pagine di buon livello di recensioni; - Le Figaro: conservatore, nel fascicolo ‘Figaro et Vous’ assorbe cultura, spettacoli, programmi radio e tv, mentre in ‘Figaro Littéraire’ del giovedì pubblica recensioni, inchieste e dibattiti. La stampa spagnola è caratterizzata dalla presenza di due quotidiani principali: El Pais e El Mundo, entrambi in formato tabloid, che riservano notevole spazio alla cultura (teatro, cinema, arti visuali, musica, libri). I quotidiani spagnoli, come quelli francesi, nello spazio culturale quotidiano parlano di cosa vedere, ascoltare e poco da leggere, mentre risulta quasi assente lo sguardo culturale sull’attualità, l’uso dei libri, anniversari e dibattiti. La stampa tedesca risulta la più sensibile nei confronti della cultura. - Frankfurter Allgemeine Zeitung: giornale severo di 64 pagine che lascia poco spazio alla fotografia; - Feuilletton: giornale di una decina di pagine, di cui la metà dedicate alla cultura, pagine alte che fanno pensare a riviste letterarie o inserti specifici, con recensioni di libri, spettacoli e attualità; - Suddeutsche Zeitung: nel fascicolo ‘Feuilletton’ contiene pagine dense, varie dedicate alla Literatur; - Die Welt, Frankfurter Rundschau e Neue Zurcher Zeitung mostrano pagine culturali apprezzabili.
 Paesi dell’Europa dell’Est: caratterizzati da un’arretrata offerta culturale. Brasile e Argentina: giornali che offrono una buona informazione culturale. India: giornali più deboli, orientati allo showbusiness. Israele: giornali in lingua inglese e in lingua araba con discrete pagine culturali. !7 Il giornalismo culturale In Europa i periodici sono molto fragili, con alcune isolate eccezioni: - Germania (Spiegel, Die Zeit): i numeri più venduti sono quelli con copertina a tema socioculturale; - Francia (Nouvel observateur, Express, Paris Match); - Inghilterra (Economist, Spectator, New Statesman): i settimanali generalisti di maggiore qualità o vendono molto poco o hanno poco spazio dedicate alla cultura. Italia In Italia la stampa periodica ha conosciuto una maggiore ibridazione a causa dell’enorme successo delle riviste su showbiz e televisione. Il secondo dopoguerra è l’epoca d’oro dei settimanali di attualità, con inchieste e reportage, accanto a rotocalchi scandalistici e fotoromanzi, e di proliferazione della stampa femminile, che rimane forte sino all’affermarsi della televisione. Sui due maggiori settimanali d’attualità, ‘Panorama’ e ‘L’Espresso’, la convivenza alto-basso risale agli anni ’60, in cui le riviste hanno una grafica provocatoria, enormi fotografie, grandi firme e temi popolari che garantiscono una diffusione maggiore rispetto ad approfondimenti, racconti e corrispondenze. Negli anni ’80 nascono riviste in cui convivono showbusiness, celebrities e gossip: ricche di pubblicità, fotografie e interviste, che le rendono sfogliatili da tutti ed in cui trovano spazio recensioni concise e rubriche di intellettuali (Io donna, Magazine, Syle, D, Il, Vaniy Fair). 
 Si diffondono anche ottime riviste di cultura, che presentano focalizzazioni diverse, la cui ristretta circolazione ne ha spesso causato la migrazione verso la Rete (Lo straniero, Aut Aut, Il Mulino). La radio Mezzo tradizionalmente generoso con la cultura, ha percorsi visibilmente diversi in Europa e Usa: - Usa: la radio si afferma a partire dagli anni ’20, su basi private e trova finanziamenti soprattutto nella pubblicità; - Europa: gestita dallo Stato sino agli anni ’60 (ricordiamo la BBC in Gran Bretagna), la radio è uno strumento centralissimo che durante i regimi totalitari rappresenta propaganda e mobilitazione. 
 Inizialmente dominata da programmi piuttosto elitari, dal secondo dopoguerra cambia linguaggio e contenuti, aprendosi alla società, al pluralismo e alla consapevolezza della complessità del pubblico: nascono le radio libere e le radio commerciali, che mettono in campo una miriade di voci del paese reale e istanze giovanili che costringeranno le radio pubbliche ad aggiornare i linguaggi e il rapporto con il pubblico.
 Dagli anni ’70 la televisione sottrae ascolti alla radio, che mostra tuttavia una capacità di resistenza non indifferente, sia in quanto luogo delle scoperte musicali, che per i costi inferiori e la maggiore libertà rispetto alla tirannia di audience e pubblicità. Rivoluzione informatica. La radio ha tratto nuova linfa dall’ibridazione con i nuovi media: il podcast ha permesso di ascoltare la radio sul pc e scaricare su dispositivi portatili le registrazioni dei programmi (tra le più scaricate le trasmissioni culturali), rompendo il meccanismo dell’ascolto in simultanea. 
 Nonostante diverse trasmissioni radiofoniche vadano in onda anche in televisione, la radio ha perso nel tempo il privilegio musicale e relazionale, non rappresentando più il luogo della sincronia emozionale e della condivisione di voci e argomenti, ora rappresentato dai social network. 
 I social network, insieme a sms e mail, hanno reso molto più interattivo il rapporto tra radio e ascoltatori: il fruitore è ora anche generatore di contenuti, grazie a un processo decisionale più condiviso. !10 Il giornalismo culturale • Notiziari: con struttura e agenda simili agli altri mass media, hanno meno libertà e audacia.
 La presenza e il tipo di cultura al loro interno dipende da 3 fattori: 
 1. Lunghezza dei notiziari: secondo scaletta, gerarchia e priorità (C-S all’ultimo posto). 
 Necessitano di concisione (durata tra 5-20 minuti), per questo sono selettivi e non lasciano spazio ad approfondimenti, ad eccezione dei notiziari che si occupano solo di informazioni culturali (Foglio volante, Giornale del terzo), altrimenti limitate a pezzi di chiusura o finalizzate a dare uno sguardo culturale su argomenti di attualità rivolte ad un pubblico generalista
 2. Ampiezza della redazione culturale;
 3. Ascoltatore-tipo. • Programmi: se ne occupano programmisti-registi (formazione più specializzata e orientamento meno giornalistico), collaboratori esterni e assistenti. I programmi sono spazi in cui la presenza di cultura è cospicua, non solo nelle radio pubbliche, ma anche nelle private nazionali. L’offerta culturale sulle radio, soprattutto quelle pubbliche, è ricchissima: l’ascolto è più alto durante i notiziari, in cui la presenza di cultura può essere un messaggio, trasmissione di significati e valori (l’informazione culturale può raggiungere un bacino più vasto). La televisione La televisione, in quanto media più diffuso e pervasivo con enormi potenzialità informative e formative, rappresenta il simbolo della società dei consumi e della cultura di massa, malgrado la costanze erosione dovuta alla Rete, che ha tuttavia modificato il modo di guardare la televisione attraverso nuove piattaforme, sino ad aumentarne il consumo. Negli anni e ancora oggi la tv esprime un enorme potenzialità formativa e informativa: nei paesi con bassa alfabetizzazione è strumento di diffusione di contenuti, è vettore di cultura. 
 Cultura in televisione. 
 Negli anni e ancora oggi la tv esprime un enorme potenzialità formativa e informativa: nei paesi con bassa alfabetizzazione è strumento di diffusione di contenuti, è vettore di cultura. La storia stessa della tv nasce come mezzo pedagogico, ma poi l’offerta commerciale assume sempre più peso. La radicata linea di pensiero che la definisce ‘cattiva maestra’ semplificatrice che rende passivi i fruitori, si legittima con la dimostrata relazione tra consumo di tv e calo dell’impegno civico, ampliato dall’affermarsi delle televisioni private, locali e commerciali, che hanno ridotto le funzioni di servizio pubblico a favore dell’intrattenimento. Eco parla del passaggio da paleo-televisione (con un pubblico da educare) a neo-televisione (con un’audience da conquistare). Storia della televisione
 La televisione si inizia a diffondere negli anni ’40, negli Stati Uniti e successivamente in Europa, subendo un percorso simile a quello della radio (oligopolio privato): da subito si afferma la tv commerciale, caratterizzata da concorrenza, pubblicità, lotta per l’audience, inseguimento dei desideri del pubblico e offerta al ribasso. La domanda di spazi pubblicitari e la corsa al reclutamento dei divi popolari ha spinto il servizio pubblico a dover competere su un mercato in cui eccellenza e complessità raccolgono pochi numeri. 
 Dagli anni ’90 si moltiplicano le piattaforme (satellite, digitale, payTV TV via Internet), si moltiplicano i canali e cresce esponenzialmente l’offerta, agevolata anche dalla catch-up tv, che consente la fruizione non lineare della televisione grazie alla visione di programmi in differita (in momenti diversi dalla messa in onda), attraverso siti come YouTube, applicazioni e console da gioco.
 La tv, come gli altri media, diventa sempre più interattiva con lo streaming, web tv e smart tv, fino a giungere a un ‘mytime’ che sorpassa il prime time. !11 Il giornalismo culturale La segmentazione del pubblico può essere descritta distinguendo 3 fasce di telespettatori: - Tradizionale: guarda molta tv generalista; - Attiva: sceglie i programmi e il modo in cui vederli; - Giovane: cerca l’audiovisivo su altri mezzi e interagisce con diversi strumenti di comunicazione; La crescente separazione tra offerta generalistica e tematica ha portato a un calo dei contenuti, ritenuti sempre meno interessanti e informativi dei canali generalisti (che restano i più visti). L’Italia ha il primato del servizio pubblico più forte, la RAI, che dedica il 65% dell’offerta televisiva ai generi di servizio pubblico, tra i quali promozione culturale, spettacolo, valorizzazione delle regionalità.
 La cultura in tv sta nel tipo di palinsesto, di programmi, di fattura, tecnica e grammatica televisiva (‘cultura del mezzo’ e ‘cultura nel mezzo’), per cui la qualità della tv dipende dalla struttura del canale e non dalle ore dedicate ai temi tradizionalmente considerati cultura in senso stretto (spesso in Italia i peggiori programmi culturali sono quelli che parlano esplicitamente di cultura, perché altezzosi). Controverso il rapporto tra la tv e i libri: qualcuno ritiene che siano due linguaggi incompatibili, infatti raramente, in Italia, intellettuali di valore si sono prestati al mezzo televisivo, favorendo lo sfruttamento da parte delle case editrici della tendenza televisiva alla creazione di personaggi. Accanto alle grandi opere letterarie e artistiche (‘cultura patrimoniale’), nel genere cultura sono compresi anche balletti, concerti, documentari, film, cortometraggi, lirica, prosa, rubriche scolastiche, scienze e ambiente, storia, letteratura, arte e tele-didattica. L’incontro tra la cultura e la televisione dà un risultato duplice: - Televisione che rappresenta: veicolo di espressioni artistiche prodotte altrove e per altri fini; - Televisione che fa cultura: propone un’esperienza culturale, sfruttando la specificità del mezzo e puntando sulla contaminazione tra linguaggi diversi. In Francia nel 1994 il 10% della programmazione delle reti pubbliche era dedicata alle trasmissioni culturali, ma dal 2000, a causa dell’abolizione della pubblicità sui canali in chiaro della tv pubblica e l’aumento dell’offerta in digitale, si verifica un forte restringimento dell’offerta. Sebbene le trasmissioni culturali fossero in seconda serata, si è cercato di ‘umanizzare’ la cultura invitando gli intellettuali ad usare un linguaggio accessibile a tutti. In Germania sono le reti regionali a presentare una vocazione culturale ed educativa, mentre le reti pubbliche si concentrano maggiormente sulla produzione, commissione e sostengo di cinema e musica (famosi i concerti della domenica mattina). La Gran Bretagna, tramite la BBC, immagine stessa del servizio pubblico, offre una programmazione specificatamente culturale, con riprese di eventi e documentari. In Italia la programmazione televisiva subisce la stessa suddivisione della radio: l’offerta si divide tra giornalismo culturale in senso stretto e programmi di attualità culturale, con notizie culturali che difficilmente entrano in edizioni maggiori. Internet La Rete, protagonista di molti dei cambiamenti del giornalismo culturale degli ultimi anni, rappresenta il ‘mezzo tecnologico fondante della società dell’informazione’ (Castellis), ‘non nuovo medium, ma nuova ecologia comunicativa, ecosistema comunicativo in grado di contenere vari media’ (Sorrentino). Internet (policentrico, partecipato e libero) si pone anche come fonte di produzione cultura e giornalistica, differente da quella unidirezionale dei media classici: rompe il tradizionale rapporto mezzo-fruitore, avviando una Terza Fase (terza rivoluzione dopo quella della scrittura e della stampa). Con internet entra in crisi la contrapposizione tra cultura alta e cultura di massa (libro e tv). !12
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