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Il globo terrestre e la sua evoluzione - edizione blu - seconda edizione, Sintesi del corso di Geografia

Riassunto dei capitoli: 1, 2, 3, 4, 5

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 07/12/2021

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giada-bartolini-1 🇮🇹

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Scarica Il globo terrestre e la sua evoluzione - edizione blu - seconda edizione e più Sintesi del corso in PDF di Geografia solo su Docsity! IL GLOBO TERRESTRE E LA SUA EVOLUZIONE CAPITOLO 1 L'UNIVERSO E IL SISTEMA SOLARE L'osservazione del cielo notturno L'universo appare formato da numeri sterminati di corpi, alcuni luminosi come le stelle, altri opachi come la Terra e la Luna, dispersi in uno spazio che si estende in ogni direzione. » L'unità astronomica (1,496 x 10411) Si usa entro i limiti del Sistema solare, formula che corrisponde alla distanza media tra il Sole e la Terra. > L’anno luce (9,461 x 1115) Si usa per esprimere distanze sensibilmente più grandi, la formula corrisponde alla distanza percorsa dalla luce in un anno > Parsec (parallasse secondo, pc) Spostamento apparente di una stella rispetto ad un fondo di stelle lontanissime quando viene osservata da due punti separati da una certa distanza. Una stella dista un parsec se langolo tra la Terra e il sole (con la stella al vertice) misura 1” di grado, esso corrisponde a 3,26 a.l. Se potessimo seguire per 24 ore il percorso delle stelle, vedremmo che quelle attorno alla stella polare compiono una rotazione completa attorno ad essa, in senso antiorario. Se osserviamo i corpi più distanti dalla stella polare notiamo che il loro percorso è analogo a quello del Sole: sorgono ad Est e tramontano ad Ovest. Se ci trovassimo nell'emisfero meridionale della Terra avremmo l'impressione che le stelle ruotino in senso orario, attorno ad un punto che viene detto Polo sud celeste. In realtà è la Terra che ruota in senso contrario a quello della Sfera celeste, girando su se stessa attorno ad un asse ideale che passa per i poli terrestri e si prolunga nello spazio in direzione dei poli nord e sud celesti. 1.1 Punti di riferimento sulla sfera celeste > Pagina 4, figura 3 Per determinare la posizione di un astro rispetto alla Terra occorre fissare alcuni punti di riferimento: O | policelesti nord e sud: i due punti in cui l’asse terrestre prolungato nello spazio incontra la sfera celeste. O LoZenit:il punto in cui la verticale innalzata sopra la testa dell'osservatore posto in qualsiasi punto della Terra incontra la Sfera celeste. O Il Nadir: punto che si trova in direzione opposta allo Zenit O L'orizzonte celeste: è la circonferenza che si ottiene tagliando la Sfera celeste in due con un piano perpendicolare alla linea dello Zenit. L'orizzonte celeste divide quindi la Sfera celeste in emisfero superiore (visibile all’osservatore) e emisfero inferiore (invisibile all'osservatore). I poli celesti, lo Zenit e il Nadir si trovano tutti su una medesima circonferenza massima chiamata meridiano celeste del luogo di osservazione. L'orizzonte celeste coincide con una circonferenza chiamata Equatore celeste che rappresenta la massima circonferenza di rotazione delle stelle della Sfera celeste attorno all'asse del mondo. Quando l’orizzonte celeste non coincide con l’Equatore celeste, l'intersezione individua due punti: o Est o Ovest Punti che segnano rispettivamente sull’orizzonte la posizione da cui sembra sorgere e tramontare un qualsiasi astro che percorra l’Equatore celeste. L'orizzonte è tagliato in altri due punti noti lungo il meridiano del luogo: O Nord o Sud Si trovano dalla parte del polo celeste con lo stesso nome (nord e sud) Questi 4 punti (nord, sud, est, ovest) sono chiamati punti cardinali. 1.2 Le coordinate celesti e le altazimutali >» Pagina5 La posizione celeste assoluta degli astri sulla Sfera celeste può essere individuata tramite alle coordinate celesti o relativamente all’osservatore tramite le coordinate altazimutali. Si usano 2 sistemi di riferimenti diversi: > Figura 4A ® Il sistema che si avvale delle coordinate celesti utilizza come riferimenti l’Equatore celeste e il meridiano celeste che passa per un punto particolare chiamato il punto Y (gamma). In questa maniera la posizione dell’astro viene identificata in maniera assoluta indipendentemente della località in cui si trova l'osservatore. Le coordinate celesti sono: O La declinazione: è la distanza angolare tra l’astro considerato e l'Equatore celeste O L'ascensione retta: cioè la distanza angolare dell’astro dal meridiano celeste che passa per il punto gamma. > Figura 4B ® Il sistema di che si avvale delle coordinate altazimutali stabilisce la posizione di una stella rispetto all’osservatore. Questa posizione può essere definita determinando: O L'altezza: è la distanza angolare tra l'orizzonte celeste e la stella O L'azimut: è la distanza angolare tra il sud dell'orizzonte celeste e la perpendicolare che segue la linea dell'altezza, procedendo in senso orario. 1.3 Le costellazioni e lo Zodiaco Fin dall'antichità le stelle sono state associate in gruppi, detti costellazioni, per rendere più facile la loro individuazione nel cielo. Le figure attribuite alle costellazioni non hanno alcun significato reale, l'immagine che si crea è solo un effetto della prospettiva. Le stelle sembrano mantenere le loro posizioni reciproche mentre si muovono, il loro movimento è per noi impercettibile a causa dalla grande distanza che ci separa da esse. > Figura 14 La stella adulta in fase di stabilità emette energia derivata dalla “combustione nucleare” dell'idrogeno, quando esso e quasi tutto consumato e si accumula elio nel nucleo le reazioni rallentano, la forza di gravità non è più la stessa e il nucleo si contrae su se stesso. Durante la contrazione aumenta la temperatura e avvengono nuove reazioni che trasformano l’elio in carbonio, si libera inoltre più energia di prima. A causa dell’alta temperatura la superficie della stella si dilata e allontanandosi dal centro si raffredda finchè la forza di gravità ferma l'espansione e si crea un nuovo equilibrio. La stella è così entrata nella fase di gigante rossa. Quando l’elio è esaurito, l'evoluzione stellare dipende dalla massa iniziale della stella: 1. Nane bianche> stelle con massa iniziale di poco inferiore al Sole, al termine della loro vita collassano e si trasformano in sfere caldissime e dense, delle dimensioni della Terra, destinate a raffreddarsi lentamente 2. Nebulose planetarie> se la massa iniziale è uguale o poco superiore a quella solare, le stelle prima di diventare nane bianche possono espellere gli strati più esterni dando origine a delle nebi sferiche di gas (NP), oppure possono esplodere in una fase definita nova> in questo la stella diventa luminosissima e si spegne nel giro di anno, ridotta in nana bianca. 3. Supernova> se la massa iniziale è di 10 volte maggiore a quella solare collassando esplode violentemente> gran parte di essa si disintegra ed è lanciata nello spazio. | materiali dispersi sono costituiti da gas e polveri fini, soprattutto idrogeno ed elio. Dopo l'esplosione il materiale che non è distaccato assume densità elevatissima> la stella si trasforma in una stella di neutroni, dal diametro di soli 20-30 km. 4. Buchi neri> se la massa iniziale è di alcune decine maggiore a quella solare, dopo la fase di supernova possono continuare a collassare generando buchi neri. >» Figura 15A Il rapporto tra la luminosità delle stelle e la loro temperatura superficiale (dalla quale dipende il loro colore) può essere rappresentato con il diagramma H-R, nel quale le stelle in fase adulta si raccolgono in gran parte in una fascia chiamata sequenza pi ale, mentre altre si raggruppano in settori diversi del diagramma. Sulla sequenza sono disposte in ordine regolare, da quelle blu, più calde e con massa maggiore, fino a quelle rosse, più fredde e di massa minore. Il Sole si trova in una posizione intermedia come una stella gialla. Le supergiganti sono stelle giganti rosse fuori dalla sequenza con stessa temperatura di quelle lungo essa ma più luminose. Le nane bianche esteriori alla sequenza hanno lo stesso colore di quelle che rientrano nella linea ma sono meno luminose e quindi più piccole. Il diagramma H-R permette anche di costruire e prevedere la “storia” di una stella. 2.5 I buchi neri Alla fine della vita di una stella la cui massa iniziale è maggiore del sole di decine di volte, dopo la fase di supernova, il collasso dei materiali causato dalla forza di gravità è inarrestabile e si forma un corpo sempre più piccolo, un “oggetto” denso e freddo con un campo gravitazionale fortissimo. Esso è in grado di attirare dentro di sé e far scomparire qualsiasi oggetto o particella entri nel suo campo d'azione, neanche la luce può uscirne. 3. Le galassie Tutte le stelle e le nebulose visibili dalla Terra fanno parte di un grande insieme di corpi celesti, tra i quali il Sole e il suo corteo di pianeti, circondato da vaste distese di spazio vuoto. A questo sistema è stato dato il nome di Galassia, una di esse è la Via Lattea, una fascia di aspetto luminoso e impalpabile formata da innumerevoli stelle. Lo spazio vuoto intorno alla Galassia presenta delle macchie bianche di varie forme e dimensioni, grandi agglomerati di stelle che gli astronomi chiamano galassie, ognuna con un nome proprio (Andromeda, Grande Nube di Magellano, Vortice). La nostra galassia ha la forma di un disco con un nucleo allungato da cui partono lunghi bracci a spirale, il suo diametro è di 100000 a.l. circa e comprende oltre 100 miliardi di stelle. Tutte le stelle dei bracci ruotano intorno al centro della Galassia, anche il Sole (con il sistema solare) compie questa rotazione, impiegandoci 225 milioni di anni per fare un giro completo. Una galassia comprende anche numerosi ammassi stellari, gran parte di essi si trova al di fuori del disco centrale e forma una specie di nuvola sferica, chiamata alone galattico. Le galassie si differenziano per forma e dimensione, la prima dipende dai movimenti interni alla galassia per cui possiamo distinguere 4 tipi di galassie: galassie a spirale galassie a spirale barrata, come quella in cui ci troviamo galassie ellittiche galassie irregolari ooo 0 3.1 La distribuzione delle galassie nello spazio Le galassie tendono a riunirsi in ammassi di galassie, essi sono a loro volta riuniti in gruppi: superammassi, circondati da immensi spazi vuoti. Dal più importante dei progetti di mappatura è emerso che la distribuzione nello spazio di ammassi e superammassi di galassie non è uniforme. Visto su scala globale l'Universo sembra avere perciò una struttura a bolle. 1.2 Radiogalassie, quàsar e pulsar Nell’universo sono presenti numerose radiosorgenti, cioè “oggetti” che emettono onde radio. Alcune di esse corrispondo a supernovae, altre hanno emissioni potenti classificate come radiogalassie. O Pulsar: sono radiosorgenti da cui provengono segnali a intervalli di tempo regolari, queste emissioni provengono da stelle di neutroni (stelle con piccole dimensioni ma densità elevata). Le stelle di neutroni ruotano su se stesse a forte velocità, condizionando il loro campo magnetico. In queste condizioni la stella si comporta come un generatore di energia elettrica che alimenta due fasci di radiazioni lungo l’asse del campo magnetico. Esso forma un angolo con l’asse di rotazione perciò il moto di rotazione fa ruotare il fascio di radiazioni proiettato nello spazio e i corpi celesti che vengono colpiti dalla rotazione vengono “illuminati” una volta per rotazione, con estrema regolarità. O Quasar: Nello spazio sono presenti oggetti straordinari che emettono segnali, alcuni al di là delle galassie più lontane scoperte. Quei segnali sono emissioni radio di grandissima intensità provenienti da corpi d’apparenza stellare (quasar). L'intensità dei segnali che arrivano a noi indicano che un quasar è mille miliardi di volte più luminoso del Sole. 4. Origine ed evoluzione dell'Universo * Cosmologia: scienza che studia l'origine e l'evoluzione dell'Universo. Si basa su dati e ipotesi scientifiche ma non permette la piena applicazione del metodo scientifico. La teoria che oggi sembra spiegare meglio le osservazioni e i dati dell'Universo si basa sulla legge di Hubble. 4.1 La legge di Hubble L'Universo che vediamo noi è un immagine in cui quanto più un oggetto è lontano, tanto è più vecchio l'aspetto che ne osserviamo, poiché le radiazioni che ce lo rivelano viaggiano a velocità finita. Una galassi che si trovi a 5 miliardi di anni-luce ci appare dov'era e com'era 5 miliardi di anni fa, oggi la sua posi il suo aspetto sono sicuramente diversi. * Legge di Hubble: nel 1929 E.P. Hubble compì una scoperta> lo scienziato dedusse che le galassie si stanno allontanando alla velocità di migliaia di km/s. Inoltre secondo le sue teorie le galassie si stanno allontanando con velocità tanto più alta quanto più sono lontane. I lontanissimi quasar si starebbero allontanando ad una velocità di oltre il 90% della velocità della luce. L'Universo è quindi in espansione, avviene un progressivo dilatarsi dello spazio. 4.2 Il big bang e la radiazione cosmica di fondo La teoria dell’espansione dell'Universo fu proposta da G. Gamow verso la metà del XX secolo quando descrisse l'universo in continua evoluzione, a partire da uno stato primordiale caldo e denso, attraverso un iniziale big bang, un “grande scoppio”. Negli anni 80 del XX secolo viene elaborata una teoria nota come modello dell’universo inflazionario: > Figura 23 O Nell'istante zero (circa 13,8 miliardi di anni fa), l'Universo era concentrato in un volume più piccolo di un atomo, con una altissima densità e temperatura. In un determinato istante questo atomo cosmico si è squarciato con un’esplosione immane (big bang) . Non c’era uno spazio esterno in cui potesse dilatarsi un'esplosione, ma lo spazio si generò insieme all'espansione. O Subito dopola nascita l'Universo sarebbe passato attraverso una fase in cui si sarebbe verificata una violentissima espansione che avrebbe fatto aumentare di volume dell’Universo di miliardi e miliardi di volte (inflazione) mentre la temperatura sarebbe scesa rapidamente. O Dopola fase d'inflazione, la “sfera di fuoco” prese ad espandersi con un ritmo più lenti. L'energia cominciò prima a condensarsi in particelle elementari (quark ed elettroni), poi in particelle maggiori (protoni, neutroni) finchè si formarono i primi nuclei atomici (idrogeno e litio ed elio). Quando la temperatura scese gli elettroni furono catturati dai nuclei formando un gas neutro, formato da idrogeno e in piccola parte elio. O Daquesto momento la luce potè viaggiare liberamente. Radiazione di fondo> radiazione emessa dalla sfera di fuoco ad alta temperatura che si irradia in tutto l'Universo, rilevabile con i radioscopi, viene interpretata come l'eco del big bang. Il satellite COBE, lanciato in orbita nel 1989 ha tracciato una mappa della radiazione di fondo dell'intera Sfera celeste, che ci fornisce informazioni sull’Universo quando era 1000 volte più piccolo e più caldo di oggi> non esistevano stelle e galassie, protoni ed elettroni si uniscono per creare atomi neutri d’idrogeno. Dopo il primo miliardo di anni l'Universo raggiunge la temperatura di una qualsiasi stella e la materia è fatta d’idrogeno, elio, elettroni, protoni e fotoni. Adesso iniziano a comparire oggetti e processi noti. Nelle regione di gas è più denso, la gravità fa condensare l'idrogeno in gigantesche masse in cui all’interno avvengono l’ esplosioni dei quasar. | quasar diventano poi più rari e si fanno sempre più numerose le galassie, nei nuclei delle stelle e nell’esplosioni delle supernovae si formano elementi chimici più pesanti, sottoforma di ceneri, che si mescolano alle polveri e ai gas generando nuove popolazioni di stelle tra cui il Sole (5 miliardi di anni fa). 4.3 Possibili evoluzioni future Fisici e cosmologi sono arrivati a concludere che la materia “individuabile” (stelle e materia interstellare, compresa la massa dei buchi neri) è solo una modesta percentuale di quella che forma l'Universo, in Il Sole ha un raggio di 700'000 Km, circa 110 volte quello della terra. La trasformazione dell'idrogeno in elio nel nucleo è in atto da almeno 5 miliardi di anni e ne sono necessari ancora altrettanti prima che esso si esaurisca. Possiamo suddividere la struttura del sole in una serie di involucri concentrici (senza limiti precisi in quanto gassosi) Dall’interno all’esterno distinguiamo: Il nucleo La zona radiativa La zona convettiva La fotosfera> superficie del Sole ooo o L'atmosfera è distinta in due strati O La cromosfera O Lacorona In dettaglio * Nelnucleo le temperature sono elevatissime> la materia è un gas di elettroni liberi e nuclei atomici che quando collidono provocano fusioni nucleari, con liberazione di energia termica * Nellazonaradiativa l'energia prodotta nel nucleo viene assorbita dagli atomi di gas, ma non si verificano reazioni nucleari e l'energia viene riemessa verso gli strati superiori. * Nella zonaconvettiva flussi di materia calda salgono dalla zona radiativa ma perdendo energia si raffreddano e tornano a sprofondare ® La superficie della fotosfera ha una struttura a granuli costituiti da masse di gas. ®* Lacromosfera è un involucro trasparente di gas incandescenti che avvolge la fotosfera. ®* Lacoronaè un involucro di gas ionizzati (cioè gas i cui atomi possiedono una carica elettrica). 6.2 L'attività solare Gli aspetti vistosi dell'attività esterna del sole: * Traigranuli della fotosfera si possono vedere le macchie solari> aree meno calde e scure in contrasto con la fotosfera. Le macchie sono unite in gruppi e hanno una vita all'incirca di una settimana. * Ibrillamenti sono violente emissioni di energia alle quali si associano potenti scariche elettriche e un intenso flusso di particelle atomiche. Si generano nella fotosfera * Nellacromosfera si innalzano le protuberanze, lingue luminose di gas. ® Ilvento solare consiste in un flusso di elettroni, protoni e nuclei di elio o di altri materiali leggeri che viaggiano ad una velocità elevata. 6.3 Le leggi che regolano il moto dei pianeti A causa della forza d'attrazione gravitazionale i pianeti si muovono attorno al sole percorrendo orbite in forma di ellissi con una velocità variabile, che dipende dalla loro posizione sull’orbita. Nei primi anni del XVII secolo l’astronomo Johannes Kepler descrisse il moto dei pianeti mediante 3 leggi: 1. La prima legge afferma che “i pianeti si muovono su orbite ellittiche aventi il Sole in uno dei fuochi”. Durante il moto di rivoluzione il pianeta si trova a distanze diverse dal sole: O Distanza minima> perielio O Distanza massima> afelio 2. La seconda legge afferma che “il segmento che congiunge un pianeta con il Sole percorre aree uguali in tempi uguali”. Il segmento che congiunge il Sole con un pianeta è chiamato raggio vettore> mentre il pianeta si muove sull’orbita il raggio “spazza” nello stesso intervallo di tempo superfici con area uguale. Aree uguali corrispondono a tratti dell'orbita diversi> più corti quando si trova in un punto dell'orbita lontano dal Sole e viceversa. Perché questi tratti diversi dell'orbita siano percorsi nello stesso intervallo di tempo> il pianeta deve muoversi più lentamente quando è distante dal Sole e viceversa. 3. La terza legge dice che: “i quadrati dei tempi impiegati dai pianeti a compiere le loro orbite sono proporzionali ai cubi dei semiassi maggiori delle orbite”. La legge mette in relazione il tempo impiegato dal pianeta a percorrere l'orbita intorno al Sole con la sua distanza da esso. Maggiore distanza dal Sole significa un periodo di rivoluzione più lungo e minore velocità media. Keplero non individuò però le forze che muovono i pianeti secondo queste leggi, fu Newton ad intuire che esista una forza attrattiva presente sia sulla Terra che tra i corpi celesti. N. capì che c'è una forza che bilancia la forza centrifuga dovuta al moto di rivoluzione. Egli descrisse le caratteristiche della forza attrattiva formulando: f.a.> forza di attrazione * Lalegge della gravitazione universale: due corpi si attirano in modo direttamente proporzionale alle loro masse (+ massa = + f.a.) e inversamente proporzionale alla loro distanza elevata al quadrato (+ distanza tra due corpi = - f.a.) La stessa forza agisce sia sulla Terra, sia sul Sole, ma la grande differenza di massa fa si che ne vediamo gli effetti solo sui corpi di massa minore. L'attrazione impedisce al pianeta di muoversi in linea retta e di perdersi nello spazio, lo costringe a “curvare” continuamente la propria orbita verso il Sole in un gioco d’equilibrio tra l'attrazione gravitazionale e il moto di rivoluzione, il cui risultato è l'orbita ellittica. Oltre che dal Sole i pianeti sono attratti anche dagli altri pianeti e dalle stelle ma debolmente perché entrambi i primi sono di piccola massa e i secondi molto distanti. 7.21 pianeti terrestri I quattro pianeti più vicini al Sole, Mercurio, Venere, Terra e Marte, sono detti pianeti “piccoli” o “terrestri” (le caratteristiche principali sono al capitolo 1 paragrafo 5). A causa della vicinanza del Sole e delle piccole dimensioni riescono a trattenere solo le molecole dei gas più pesanti e le loro atmosfere sono frazioni piccolissime delle loro masse totali. Questi pianeti si differenziano tra loro per massa, grandezza e distanza di ciascuna delle loro orbite dal Sole> da quest’ultima dipende la quantità d'energia quindi sua temperatura superficiale. | pianeti terrestri sono tutti visibili dalla Terra. Descrizione dettagliata dei pianeti terresti * Mercuri il pianeta più piccolo del Sistema Solare, ha un raggio equatoriale di 2440 km. Il suo periodo di rivoluzione è di 88 giorni e quello di rotazione di 59 giorni, ciò fa sì che il giorno e la notte durino 3 mesi ciascuno> questo sommato alla vicinanza dal Sole e la sottile atmosfera crea una forte escursione termica. Mercurio ha svariati crateri d'impatto causati da meteoriti in quanto non possiede un'atmosfera in grado di rallentarli. All'interno del pianeta abbiamo un nucleo costituito da materiali ad alta densità (metalli), avvolto da un mantello di minor spessore di materiali a minor densità (rocciosi). In base alla conformazione degli altri pianeti, con un mantello di spessore superiore al nucleo, si suppone che Mercurio abbia subito un violenti impatti con un grande meteorite che ha frantumato parte del mantello. ®* Venere: èsimile alla Terra per dimensioni e densità, ma è molto più caldo in superficie sia per la vicinanza al Sole sia per l'atmosfera composta per lo più da anidride carbonica. L'anidride carbonica è in grado di trattenere il calore emesso dalla superficie del pianeta (fenomeno chiamato effetto serra). L'atmosfera è molto densa, nella parte alta comprende un grosso spessore di nubi opache, trascinate da forti venti, la superficie planetaria è rocciosa e presenta rilievi, crateri d'impatto e vulcani. ® Terra: la Terra è il pianeta di maggiori dimensioni fra quelli piccoli, ha un raggio equatoriali di 6378 km. Compie il moto di rotazione in 24 ore e quello di rivoluzione in 365 giorni. Analogamente agli altri pianeti terrestri ha una struttura a gusci concentrici. * Marte:Cisono diverse analogie con la Terra, Marte ha un raggio equatoriale all'incirca la metà di quello terrestre. Rispetto alla Terra più o meno lo stesso tempo nel moto di rotazione, il moto di rivoluzione dura il doppio del nostro e quindi ha le stagioni più lunghe. Ai poli sono visibili due calotte di ghiaccio che si allargano e si restringono durante l’anno. L'atmosfera è piuttosto rarefatta, è quindi in grado limitatamente di trattenere calore possedendo un'elevata escursione termica. La superficie ha subito numerosi processi: bombardamento meteoritico, movimenti della crosta, erosione (da acqua, vento e ghiaccio). 7.3 Pianeti giovani Sono detti anche giganti, occupano la zona più esterna del Sistema solare e sono separati dai pianeti terrestri da una fascia di asteroidi. (Le caratteristiche principali sono al capitolo 1 paragrafo 5). Le atmosfere, soprattutto su Giove e Saturno sono agitate da giganteschi movimenti convettivi che trascinano verso l'alto grandi nubi, visibili come fasce di nubi chiare e scure. Hanno numerosi satelliti e anelli di polveri e ghiacci. Giove: Ha un raggio equatoriali circa 11 volte quello terrestre e la massa 320 della nostra. Il moto di rivoluzione dura all'incirca 12 anni terrestri e quello di rotazione 10 ore scarse. La sua composizione (85% idrogeno, 15% elio) è simile a quella del Sole, per la grande grande distanza da esso la temperatura media della superficie è di -153 °C. L'atmosfera è ricca di nubi che, a causa del veloce moto di rotazione, prendono la forma di fasce lungo l’equatore. La sua superficie è un oceano d’idrogeno liquido. In grande profondità c'è un nucleo di rocce e materiali pesanti. Attorno a Giove ruotano oltre 30 satelliti: i 4 più grandi sono lo, Europa, Ganimede, Callisto> detti anche satelliti galileiani perché fu lui ad osservarli. Europa, per la sua composizione e la grande presenza di oceani simili a quelli terrestri sembra un buon candidato per aver ospitato o ospitare forme di vita. Saturno: Ha un raggio equatoriali di 60 268 km e compie una rotazione in 10 ore, il moto di rivoluzione invece in 30 anni terrestri. Come Giove, è formato da un involucro di gas che avvolge uno strato d’idrogeno liquido e sulla superficie mostra nubi disposte a bande. Presenta un sistema di anelli formati da frammenti di ghiaccio e polvere. Saturno ha almeno 45 satelliti, tra cui Titano, che presenta in superficie fiumi e pianure fangose ma invece dell’acqua presenta metano liquido e possiede un'atmosfera simile a quella della Terra in stato primordiale. Urano: Anche Urano, come Saturno, ha degli anelli di polveri e ghiaccio che lo circondano. A differenza di altri pianeti che hanno spesso l’asse di rotazione perpendicolare al piano dell'orbita, Urano ha invece l’asse di rotazione parallelo al piano dell'orbita, quindi volge al Sole alternativamente un polo e l’altro. Impiega circa 84 anni terrestri a compiere il moto di rivoluzione, perciò nelle zone polari il giorno e la notte si alternano ogni 42 anni. Ha un raggio equatoriale di 25 5559 km. Un’atmosfera d'idrogeno, elio e metano con temperature molto basse (-200 gradi centigradi). Sotto l'atmosfera si estende un oceano formato dalle stesse sostanze dell'atmosfera. Nettuno: Il pianeta compie una rotazione in circa 16 ore e un moto di rivoluzione in 165 anni terrestri, il raggio equatoriale è vicino a quello di Urano, ma ha temperatura superficiale inferiore * le coordinate geografiche: hanno come sistema di riferimento il reticolato geografico e sono o longitudine: angolo che esprime la distanza di un punto dal meridiano di riferimento o latitudine: angolo che esprime la distanza di un punto dall’ Equatore 2.11 meridiani Tagliamo in due la Terra con un piano che passi per il suo asse di rotazione, dall’intersezione tra esso e la superficie terrestre otteniamo un meridiano, che possiamo considerare una circonferenza. | meridiano geografici sono le due semicirconferenze comprese tra un polo terrestre e l'altro. La semicirconferenza opposta del meridiano (geografico) viene chiamata antimeridiano. Nonostante i piani paralleli all'asse di rotazione possano essere infiniti, generalmente si considerano 180 piani, perciò 360 meridiani geografici, alla distanza angolare tra uno e l’altro di 1°. Il meridiano di riferimento è quello di Greenwich (Londra). 2.2 | paralleli Tagliamo invece il globo terrestre con un piano perpendicolare all'asse di rotazione, dall’intersezione tra esso e la superficie terrestre otteniamo un parallelo, ancora una circonferenza. A seconda della distanza del piano d’intersezione dal centro della Terra, la circonferenza individuata sarà più o meno grande e tutte le circonferenze saranno parallele tra loro. Il parallelo che passa per il centro della Terra ha la circonferenza più lunga e viene chiamato Equatore. Il piano che passa per l’Equatore divide la Terra in due emisferi: O Emisfero boreale: parte settentrionale, dove abbiamo il Polo nord O Emisfero australe: parte meridionale, dove abbiamo il Polo sud | piani perpendicolari all'asse di rotazione possono essere infiniti come il numero di paralleli ma si prendono in considerazione solo 180 circonferenze con distanza angolare di 1° l'uno dall'altro. 2.3 La longitudine e la latitudine La longitudine di un qualsiasi punto P è data dall'angolo compreso tra il piano che contiene il meridiano passante per P e il piano che contiene il meridiano preso come riferimento> possono essere utilizzati anche meridiani nazionali come riferimento (figura 8 pag. 50). La longitudine viene misurata in gradi e frazioni di grado nonché primi e secondi (10° 20' 30”), bisogna inoltra specificare se il punto considerato si trova ad Est o ad Ovest del meridiano iniziale. Tutti i punti che si trovano su di un meridiano hanno la stessa longitudine, quelli del meridiano di riferimento hanno longitudine 0°. Il valore massimo può essere 180°, longitudine dell’antimeridiano corrispondente al meridiano iniziale. La latitudine del punto P è data dall'angolo (al centro della Terra) corrispondente all'arco di meridiano compreso tra l’Equatore e il parallelo passante per P (figura 9, pag. 51). Si misura in gradi e frazioni di grado, essa può essere Nord o Sud, a seconda che il punto si trovi nell'emisfero boreale o quello australe. Tutti punti che passano per un parallelo hanno la stessa latitudine, l’Equatore ha latitudine 0°, il valore massimo è di 90°, ai poli. A causa dello schiacciamento polare della Terra, la lunghezza dell'arco corrispondente a 1° di latitudine va crescendo leggermente dall’Equatore ai poli. L'arco corrispondente a longitudine 1° ha grande variabilità: all’Equatore è di circa 111,3 km mentre ai poli è zero. 3. Le raffigurazioni della superficie terrestre La carte geografiche sono raffigurazioni in piano dell'intera superficie terrestre o di una parte, per trasferire una superficie sferica su un piano bisogna deformarla> perciò esse sono rappresentazioni approssimate. Le carte geografiche sono: ® Rappresentazioni ridotte: la riduzione è espressa dalla scala della carta geografica. O Scala: rapporto tra le misure delle lunghezze effettuate sulla carta e le misure delle lunghezze corrispondenti sul terreno. ® Rappresentazioni simboliche: gli oggetti che caratterizzano il territorio vengono indicati mediante segni convenzionali (simboli), riportati nella legenda della carta. Oltre che per la scala, le carte geografiche si distinguono per il loro contenuto, cioè i tipi di informazioni che presentano. Esistono moltissimi tipi di carte tra cui ricordiamo: O Carte tematiche: mettono in risalto l'aspetto fisico, biologico, antropico, o economico del territorio. O Carte deiclimi Carte della vegetazione O Carte geologiche: in cui sono indiate diversi tipi di rocce, la loro età, i giacimenti minerari ecc... o | sistemi che consentono di rappresentare in piano il reticolato geografico sono detti proiezioni geografiche che si distinguono in proiezioni pure, proiezioni modificate e proiezioni convenzionali. 3.1 Requisiti e peculiarità delle carte geografiche Perché una rappresentazione della superficie terrestre possa considerarsi esatta deve presentare contemporaneamente tre “requisiti”: ® Equidistanza: deve restare costante il rapporto tra le lunghezze sulla carta e quelle reali che esse rappresentano. Se 2 km nel reale= 2 cm sulla carta> 20 km=20 cm ® Equivalenza: deve essere costante il rapporto tra le aree sulla carta e quelle reali, vengono rispettate quantitativamente le proporzioni tra le due aree. * Isogonia: l'angolo formato da due linee qualsiasi sulla carta deve essere uguale all'angolo compreso tra le due linee corrispondenti sulla superficie terrestre. Le rappresentazioni della superficie terrestre che posseggono questi requisiti si dicono rispettivamente equidistanti, equivalenti e isogone (o conformi). I globi (spesso chiamato erroneamente mappamondi) per la loro superficie curva si ritengono le uniche rappresentazioni che posseggono tutti e 3 i requisiti ma purtroppo sono poveri di dettagli a causa della loro dimensione contenuta. Le carte geografiche invece, essendo approssimate, rispettano al massimo uno di tali requisiti e nemmeno in modo completo, soltanto le carte geografiche che rappresentano zone molto piccolo possono ritenersi quasi esatte in quanto la porzione sferica che viene raffigurata su carta è talmente piccola da poter essere considerata piana. 3.2 Le proiezioni geografiche Le proiezioni geografiche sono tecniche che permettono di rappresentare in piano il reticolato geografico, e quindi la superficie terrestre. Si dividono in 3 tipologie: proiezioni pure, proiezioni modificate e proiezioni convenzionali. È necessario scegliere il tipo di proiezione in funzione dello scopo che vogliamo raggiungere e seconda della posizione geografica e delle dimensioni del territorio che vogliamo rappresentare. ® Proiezioni pure: il reticolato geografico viene riportato geometricamente su di una superficie ausiliaria. Queste proiezioni possono essere di due tipi: prospettiche e di sviluppo. O Proie prospettiche: si immagina di proiettare il reticolato geografico direttamente su un piano tangente alla sfera terrestre. Il piano può essere tangente ad un punto qualsiasi della superficie terrestre. Il punto di vista è il punto dal quale partono le rette immaginarie che proiettano la superficie sferica sul piano di proiezione. Il punto di vista si trova sempre dalla parte opposta al piano di proiezione e può avere diverse posizioni (figura 12°, pag.53) O Proiezionidi sviluppo: il reticolato è proiettato su una superficie ausiliaria costituita da un cilindro o da un cono (proiezioni cilindriche o coniche) Le proiezioni pure possono essere ritoccate per ridurre le deformazioni introdotte nel passaggio dalla “sfera terrestre” al piano o alla superficie ausiliaria: si ottengono così le: ® Proiezioni modificate. Tra queste tipo di proiezioni, la più nota è la: O Proiezione conforme di Mercatore: essa deriva da una proiezione cilindrica pura al quale sono state applicate modifiche per ridurre lo schiacciamento delle zone polari. Meridiani e paralleli sono rappresentati come fasci di rette tra loro parallele che si incrociano ortogonalmente (formando angoli tutti di 90°), il ritocco consiste nel dilatare le distanze tra i paralleli via via che ci si allontana dall’Equatore mentre i meridiani sono tutti equidistanti tra loro. Questa proiezione è isogona, equidistante solo all’Equatore ma non equivalente. Essa è molto utilizzata nelle carte nautiche. ® Proiezioni convenzionali: si costruisce il reticolato geografico ricorrendo alle relazioni matematiche che legano tra loro i vari punti della superficie terrestre. A seconda dello scopo per cui la carta dev'essere usata, è possibile costruirla in modo che sia rispettato almeno uno dei requisiti prima esplicati (equidistanza, equivalenza ed isogonia). Le proiezioni più diffuse sono: * Proiezione di Gauss: si suppone di proiettare la superficie terrestre su un cilindro tangente ad essa lungo un meridiano geografico (e l'antimeridiano corrispondente). Si ottiene una carta nella quale il meridiano di tangenza e l'Equatore sono due linee rette perpendicolare, mentre gli altri meridiani e paralleli sono linee curve simmetriche al meridiano e all'Equatore. Si tratta di una rappresentazione isogona della superficie terreste. * Proiezione di Mollweide: rappresentazione pseudocilindrica> rappresentazione della superficie terrestre su di un ellisse avente l'asse maggiore (Equatore) doppio dell'asse minore (meridiano di Greenwich). * Proiezione interrotta di Goode-Philip: consente una rappresentazione dell'intero globo, è discontinua ma mantiene l'equivalenza e riduce le deformazioni delle figure. 3.3 Le dimensioni degli oggetti e l'andamento del rilievo nelle carte geografiche Le carte geografiche sono tutte rappresentazioni ridotte di zone più o meno vaste della superficie terrestre. La riduzione della rappresentazione è espressa dalla scala della carta geografica. ® Scala: rapportotra le lunghezze riprodotte sulla carta e le corrispondenti lunghezze misurate sulla superficie della Terra. Il rapporto avviene tra lunghezze e non tra aree per cui possiamo parlare di scala lineare. Il rapporto esistente tra le aree sulla carta e quelle sul terreno è uguale al quadrato della scala lineare. La scala della carta viene sempre espressa sotto forma di frazione, il numeratore della frazione è sempre 1, il denominatore esprime il numero di volte che le distanze reali sono ridotte sulla carta. Denominatore piccolo+ scala grande+ carta più dettagliata. Carte a grande scala> denominatore minore di 150 000. Oltre alla scala numerica (frazione), sulle carte è riportata spesso anche la scala grafica, cioè un segmento suddiviso in tratti che fornisce la corrispondenza tra le lunghezze su carta e quelle reali (proiettate su un piano). 4.1 L'alternarsi del dì e della notte A causa della grande distanza del Sole dal nostro pianeta, i raggi solari giungono sulla superficie terrestre quasi paralleli tra loro. Il moto di rotazione fa sì che tutti i punti della Terra siano caratterizzati dall’alternarsi del dì e della notte. | periodi di luce e di buio sono separati da intervalli nei quali il cielo è parzialmente illuminato, anche se il sole non è ancora (o non è più) visibile. Si tratta di crepuscoli che impropriamente chiamiamo sera. Il passaggio dal dì alla notte è graduale a causa dell'atmosfera, avviene il O Fenomeno della rifrazione: l'atmosfera modifica il percorso rettilineo della luce e i raggi solari arrivano nella zona oscura, dove si percepisce un po’ di chiarore. 4.2 La forza centrifuga L'intensità della forza centrifuga dipende dalla velocità lineare di rotazione ed è massimo all’Equatore e nulla ai poli. Essendo tale forza sempre perpendicolare all'asse terrestre, si oppone alla forza gravitazionale all’Equatore mentre alle altre latitudini si oppone solo la sua componente perpendicolare alla superficie. 4.3 La forza di Coriolis A causa della rotazione terrestre, un corpo che si muove liberamente sulla Terra viene deviato dalla direzione iniziale e sembra compiere una traiettoria curva. Questo accade perché il corpo tende a conservare la propria velocità lineare di rotazione inziale mentre le zone da esso attraversate hanno una velocità lineare di rotazione diversa, decrescente verso i poli. (figura 23, pagina 62)> supponiamo che una mongolfiera vada dall'Equatore fino verso il Polo nord. Via via che si sposta, essa passa sopra a punti della superficie terrestre che hanno velocità minore. Sulla mongolfiera non agisce nessuna forza reale, a deviarne il moto è la Terra che si sposta nel frattempo sotto la mongolfiera> questa forza apparente è chiamata forza di Coriolis. 4.4 Prove ulteriori del moto di rotazione terrestre Una prova della rotazione terrestre intorno al proprio asse si può desumere dall’apparente spostamento dei corpi celesti da Est verso Ovest nel corso delle 24 ore. Un'altra prova deriva dall’analogia con gli altri pianeti, in quanto tutti ruotano su se stessi non abbiamo motivo per ritenere che la Terra sia priva di questo moto. Altre prove si desumono da esperimenti di fisica: un oggetto lasciato cadere da un punto elevato (come una torre) devia dalla verticale del punto di partenza e giunge al suolo spostato verso Est. 4.5 La misura del giorno ® Giorno solare: il tempo impiegato dal Sole a tornare quotidianamente alla stessa altezza nel cielo. Esso ha una durata maggiore rispetto al giorno sidereo in quanto mentre durante il moto di rotazione sta svolgendo anche il moto di rivoluzione, per poter rivedere il Sole nella stessa direzione, dopo una rotazione completa, occorre che ruoti di un certo angolo (pari a quello compiuto con il moto di rivoluzione). ® Giorno sidereo: il tempo di rotazione della Terra intorno al proprio asse ma riferito a un’altra stella. Esso rappresenta la durata effettiva della rotazione terrestre, rispetto ad una stella che (data l'enorme distanza) ci invia un fascio di raggi praticamente paralleli tra loro 4.6 | fusi orari e la linea del cambiamento di data L'ora di ciascuna località si chiama ora locale, detta anche ora vera, ed è valida per tutti i luoghi situati sullo stesso meridiano e solo per essi. Nel sistema dei fusi orari ci sono 24 zone della superficie terrestre all’interno delle quali si assume per che l’ora sia la stessa. Ogni fuso orario copre 15° di longitudine, tra un fuso e l'altro c'è differenza di un’ora. Come ora si assume quella che corrisponde al meridiano centrale del fuso, tale ora viene chiamata ora civile. Le linee che separano i fusi orari non hanno un andamento rettilineo (che segue i meridiani) ma seguono il più possibile i confini tra gli Stati, per dare uniformità oraria ad esso, nonostante cioè 15° di latitudine non bastano a Stati enormi come Stati Uniti e Russia, dove compaiono rispettivamente 9 e 11 zone. Poiché la Terra ruota da Ovest verso Est, se andiamo verso Est dobbiamo spostare l'orologio di un'ora avanti, al contrario verso Ovest dobbiamo spostarle di un'ora indietro. Ci sono poi diversi Paesi i quali adottano l'ora legale (o ora estiva) che prevede vengano spostate le lancette in avanti di un'ora rispetto a quella del fuso. Il tredicesimo fuso orario (quello che segue la linea dell'antimeridiano di Greenwich) è diviso in due parti aventi la stessa ora ma di due giorni diversi. Nella parte che si trova ad Est (verso l'America) è il giorno precedente rispetto a quello in cui ci si trova nella parte Ovest (verso l'Asia e l'Australia). L'antimeridiano di Greenwich è il meridiano geografico lungo il quale passa la linea del cambiamento di data. 5. Il moto di rivoluzione terrestre e le stagioni Per tutti i pianeti del Sistema solare si è potuta osservare l’esistenza di un complesso movimento attorno al Sole, che è regolato dalle leggi di Keplero. La durata del moto di rivoluzione della Terra definisce la lunghezza dell’anno. Un importante conseguenza del moto di rivoluzione è la diversa durata del dì e della notte durante il corso dell’anno e nei vari luoghi della Terra, alla quale è connessa l’esistenza delle stagioni. 5.1 Il moto di rivoluzione La Terra si muove lungo un'orbita che ha la forma di ellisse, della quale il Sole occupa uno dei due fuochi. Se si immagina di guardare dal Polo nord celeste il piano che contiene l'orbita terrestre, il moto di rivoluzione avviene in senso antiorario. A causa della forma ellittica dell'orbita, la distanza tra la Terra e il Sole varia nel corso dell’anno. In perielio (il punto dell'orbita più vicino al Sole) la distanza tra la Terra e il Sole è minore rispetto alla distanza Sole - afelio (il punto più lontano dal Sole). Rispetto alla retta perpendicolare al piano dell'orbita, l'asse terrestre è inclinato di 23° 27’. Rispetto al piano dell'orbita l'asse forma un angolo che rimane costante durante tutto il moto di rivoluzione. (figura 29, pagina 66) 5.2 La diversa durata del dì e della notte durante l’anno Nel nostro emisfero in inverno il Sole sorge più tardi e tramonta prima che in estate, mentre nell'emisfero australe avviene il contrario. Soltanto all'equatore il periodo di luce e quello di oscurità durano sempre 12 ore ciascuno. La durata massima del dì nell'emisfero boreale si ha il 21 giugno, mentre la durata minima il 22 dicembre, nell'emisfero australe invece avviene il contrario. Ci sono due giorni all'anno durante i quali il dì e la notte hanno la stessa durata: il 21 marzo (equinozio di primavera) e 23 settembre (equinozio d'autunno). Gli equinozi corrispondono alle due sole posizioni della Terra, sulla propria orbita, nelle quali il circolo d'illuminazione passa esattamente per i poli (figura 30 pagina 67). A causa della forma sferica della Terra i raggi solari giungono sempre più inclinati all'aumentare della latitudine. Il solstizio d'estate e d'inverno sono i punti intermedi tra gli equinozi, in tali posizioni il circolo d'illuminazione è tangente a due paralleli particolari denominati Circolo polare artico (66 ° a nord dell'Equatore) e circolo polare antartico (66° a sud dell'Equatore). * Solstizio d'estate: quando la Terra si trova in questo punto dell'orbita il Polo nord è rivolto verso il Sole, l'illuminazione e il calore sono maggiori nell'emisfero boreale, dove il dì è più lungo della notte, al contrario nell'emisfero australe. A Nord del circolo polare artico il dì dura 24 ore, al contrario a Sud e nella calotta antartica è sempre notte. ® Solstizio d'inverno: il Polo sud è rivolto verso il Sole. L'illuminazione e il riscaldamento sono maggiori in tutto l'emisfero australe, mentre nel nostro emisfero la notte è più lunga del dì. Il dì dura 24 ore nelle regioni antartiche, il contrario in quelle artiche. 5.3 Le stagioni Estendendo l'osservazione a tutto il tempo che la Terra impiega per compiere una rivoluzione completa intorno al Sole, possiamo dire che: O periodi dell’anno in cui il di dura più della notte sono più caldi O periodi dell’anno in cui la notte dura più del dì sono più freddi O Quandoildìe la notte hanno più o meno la stessa durata si registrano temperature intermedie Questo succedersi di periodi viene indicato come succedersi di stagioni. | due emisferi terrestri sono riscaldati alternativamente in misura maggiore o minore durante l’anno a seconda che ciascun emisfero sia rivolto verso il Sole o al contrario. Quando nell’emisfero boreale è estate nell’australe è inverno e viceversa. Non ha invece incidenza, sulle stagioni, la distanza della Terra dal Sole (figura 32, pagina 68). 5.4 Le zone astronomiche A causa della diversa inclinazione dei raggi solari rispetto al piano dell’orizzonte, possiamo dividere la superficie terrestre in 5 grandi aree chiamate zone astronomiche. Nel corso dell'anno queste zone vengono riscaldate dal Sole in maniera sensibilmente diversa. (figura 33, pagina 69) Da nord a sud: O Calotta polare artica O Zonatemperata boreale O Zonaintertropicale (o zona torrida) O Zona temperata australe O Calotta polare antartica ® Nelle calotte polari i raggi solari giungono sempre molto inclinati, in un periodo dell’anno essi non colpiscono affatto la superficie terrestre anche per giorni (6 mesi ai poli), durante l’anno si alternano un gran dì e una grande notte. * Nelle zone temperate (boreale ed australe) i raggi del sole arrivano sempre più o meno obliqui e le durate del dì possono essere molto differenti. ® Nellazonaintertropicale i raggi solari sono perpendicolari alla superficie terrestre due volte l'anno e la differenza di durata tra il dì e la notte (sempre nulla all'Equatore) non è mai molto forte. 5.5 La misura dell’anno Anche per il moto di rivoluzione distinguiamo in anno sidereo e anno solare, che hanno due durate diverse: * Annosidereo: effettivo periodo di rivoluzione della Terra attorno al Sole. Esso corrisponde all'intervallo di tempo che passa tra due ritorni consecutivi del Sole nella stessa posizione rispetto alle stelle (365 giorni, 6 ore, 9 minuti e 10 secondi) ®* L’annosolare (o anno tropico): è il tempo che intercorre tra due passaggi successivi del Sole allo Zenit dello stesso tropico, cioè tra due solstizi o equinozi con lo stesso nome. A causa della precessione luni-solare (di cui parleremo) gli equinozi e i solstizi si verificano ogni anno 20 minuti prima che la Terra abbia completato il suo moto di rivoluzione> fenomeno chiamato precessione degli equinozi, per questo l’anno solare dura meno di quello sidereo (365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi) Sull’origine del campo magnetico gli studiosi affermano che si sia creato grazie alle correnti elettriche che percorrono il nucleo esterno della Terra. Esso si estende per migliaia di kilometri e ha una forma a goccia dovuta al vento solare, che comprime le linee di forza del campo a ridosso della Terra sul lato più vicino al Sole. Le particelle del vento solare penetrano in corrispondenza dei poli magnetici, vengono intrappolate concentrandosi soprattutto in due zone chiamate fasce di Van Allen. Il campo magnetico della Terra è quindi importante perché fa da scudo al vento solare e a radiazioni nocive per gli esseri umani. Quando si verificano raffiche particolarmente violente di vento solare, l'energia emessa dagli atomi e dalle molecole che subiscono forti collisioni si evidenzia sottoforma di luminescenze nel cielo: le aurore polari. 7.5 La determinazione della longitudine Per stabilire il valore della longitudine di un luogo serve la determinazione dell'ora locale, non di quella sull'orologio ma quella ricavabile dalla posizione del Sole nel suo moto apparente intorno alla Terra. Nelle 24 ore il Sole raggiunge il suo culmine giornaliero via via su tutti i 360 meridiani del globo. Dunque si muove in ora di 15°, quindi per spostarsi da un meridiano al successivo (di 1°), impiega 4 minuti. Conoscendo l'ora locale di un ipotetico punto A e quella di Greenwich è possibile calcolare la longitudine> supponendo che nel punto A sono le 14 e 12 minuti e nello stesso momento a Greenwich le 12> la differenza tra le due ore locali è quella di 132 minuti> in questo lasso di tempo il Sole passa su 132:4= 33 meridiani di grado> la longitudine di A è di 33°. Se l’ora locale di un punto è maggiore di quella di Greenwich significa si trova ad Est rispetto a quest’ultimo, al contrario se l'ora è minore, trovandosi quindi ad Ovest. 7.6 La determinazione della latitudine Il metodo utilizzato più di frequente per determinare la latitudine di un luogo consiste nel misurare l’altezza di una stella sul piano dell'orizzonte. ® Nell’emisfero boreale, di solito, si considera la Stella polare, che si trova quasi in verticale sopra il Polo nord. (guarda bene figura 49, pagina 78) L'angolo che i raggi formano con il piano dell'orizzonte (a) è uguale alla latitudine del luogo (a’), infatti a e a' sono complementari di B e p'. * Nell’emisfero australe la determinazione è analoga. Si fa però riferimento alla Croce del Sud, tenendo in considerazione che dista 30° dal Polo sud. La determinazione della latitudine si può effettuare anche misurando l’altezza del Sole a mezzodì. (figura 50, pagina 79) Questa procedura è però valida soltanto nei giorni degli equinozi, negli altri va tenuto conto della declinazione solare> poiché il Sole è posto allo Zenit su un parallelo a Nord o a Sud dell'Equatore bisogna tenere conto dell'angolo che formano i suoi raggi con il piano equatoriale, questo va aggiunto (in primavera-estate) e sottratto (in autunno-inverno) al complemento a 90° dell'altezza del Sole sull’orizzonte. 7.7 | sistemi di posizionamento satellitari Il sistema più moderno e accurato per conoscere la posizione di un punto sulla superficie terrestre è il GPS (Global Positioning System), realizzato dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d'America. Esso è stato progettato per conoscere in ogni momento ed ogni luogo la posizione di oggetti anche in movimento. Il GPS si basa su una “costellazione” di oltre 30 satelliti artificiali che orbitano intorno alla Terra e che consentono di “triangolare” la posizione di un determinato punto, come si fa con le stelle. Per determinare la posizione esatta di un punto sulla Terra occorrono 4 satelliti, ma anche 3 sono sufficienti se si conosce la quota. La distanza dei satelliti si ottiene conoscendo il tempo impiegato dal radiosegnale emesso da ciascun satellite per arrivare fino alla Terra. Per questa ragione il tempo deve essere misurato con esattezza assoluta sia dal satellite (dotato di un orologio atomico precisissimo), sial dal ricevitore. Anche l'Unione Europea sta realizzando un suo sistema satellitare: nel 2016 è entrato in servizio con 18 satelliti il Sistema di posizionamento Galileo, che a realizzazione completa disporrà di 30 satelliti. Il sistema avrà un ruolo strategico per i suoi usi, sia civili che militari, permettendo all'Europa di essere autonoma dal GPS statunitense. 8. LaLuna 8.1 Caratteristiche e origine della Luna La Luna, pur avendo dimensioni minore e non essendo adatta alla vita, presenta analogie con la Terra. Essa è il solo satellite naturale che il nostro pianeta possiede, il corpo celeste che meglio conosciamo e l’unico su cui abbiamo messo piede. La Luna è un corpo quasi sferico, ha un raggio medio di circa 1738 km, poco più di % di quello terrestre e la sua massa è circa 1/81 di quella della Terra. Essa non brilla di luce propria ma riflette quella che proviene dal Sole. Sulla Luna mancano sia l'atmosfera, sia l'acqua; infatti la gravità è appena 1/6 di quella terrestre e non è sufficiente a trattenere gas, che si sono dispersi nello spazio. A causa dell’assenza di atmosfera, sulla Luna non si verificano i crepuscoli e la temperatura del terreno presenta una grande escursione (110° C nei periodi d'illuminazione, -150°C nei periodi di oscurità). Il paesaggio lunare è caratterizzato da vari tipi di strutture e da peculiari forme di rilievo: * cosidetti mari sono macchie scure che si estendono per aree molto ampie, causati dall'impatto con grandi meteoriti ai primordi dell’evoluzione della Luna. Il fondo dei mari è quasi piatto, ricopro da detriti chiamati regolite. * crateri possono avere diverse dimensioni> da decine di kilometri a qualche centimetro. La maggior parte sono stati causati da meteoriti, soltanto alcuni sono dovuti a fenomeni vulcanici ora terminati, attivi nella primi momenti della vita del satellite * Leterre alte, ancora più estese dei mari, costituiscono il 70% della faccia rivolta verso la Terra e quasi tutta la faccia opposta. Sono regioni di colore chiaro, ricche di crateri, con superficie increspata e rilievi che possono superare i 9000 metri. Ci sono diverse ipotesi sull'origine della Luna: * Secondoleipotesi della fissione, la Luna si sarebbe originata per il distacco dalla Terra primordiale, che si trovava allo stato fuso e in rapida rotazione. * Secondoleipotesi della cattura, la Luna sarebbe un corpo autonomo proveniente da un’altra parte del Sistema solare, in un certo momento sarebbe giunta vicino alla Terra e attirata dal suo campo gravitazionale, costretta a muoversi in un’ orbita chiusa. * Secondoleipotesi dell’accrescimento la Luna si sarebbe formata, dopo la Terra, dalla riunione di materiali diversi (frammenti di corpi celesti, particelle, polveri) che erano già in orbita attorno al nostro pianeta. * Le ipotesi dell'impatto gigante collegano la nascita della Luna ad una violentissima collisione tra la Terra ancora in formazione ed uno o più corpi di grandi dimensioni, la cui orbita incrociava la terrestre. Quest'ultima ipotesi è quella ritenuta più probabile attualmente. 8.2 La conquista umana della Luna Le tappe principali di questa impresa consistono in alcuni atterraggi automatici (senza equipaggio) compiuti dall’ex Unione Sovietica e dagli USA, e in diversi sbarchi con equipaggio compiuti solo dagli USA. O 1959> ilLunik 3 (URSS) passa dietro la Luna e trasmette le prime immagini della “faccia nascosta” O 1966>ilLunik 9 (URSS) esegue il primo atterraggio senza equipaggio O 1969>i primi due astronauti, N. Armstrong ed E.E Aldrin della missione Apollo 11 (USA) mettono piede per la prima volta sulla Luna O 1971>Apollo 15 depone sulla Luna il primo autoveicolo pilotato da un uomo O 1972> Altra missione Apollo a cui partecipa un geologo, H. Schmitt, che esegue numerose indagini. Alla conclusione delle missioni Apollo sono stati prelevati circa 382 kg di campioni di polvere e rocce lunari, eseguiti 34 esperimenti in orbita e altrettanti sulla Luna, centinaia di migliaia di immagini e lasciate una sessantina di apparecchiature scientifiche, rimaste a lungo in funzione. Grazie a ciò abbiamo potuto studiare la composizione delle rocce lunari e di sviluppare le ricerche sulla genesi del sistema Terra-Luna. 8.3 I moti della Luna e la misura del mese La Luna è dotata di vari movimenti, che si verificano simultaneamente. O Il moto di rotazione intorno all’asse lunare avviene come quello terrestre, da Ovest ad Est, in senso antiorario (se osservato dal Polo nord celeste) O Il moto di rivoluzione avviene in senso antiorario (se osservato dal Polo nord celeste) lungo un orbita ellittica di cui la Terra occupa uno dei fuochi, in accordo con le leggi di Keplero. Durante il moto di rivoluzione distinguiamo in punto più vicino alla Terra, detto perigeo e quello più lontano detto apogeo, la distanza media è di 384 000 km. La durata del moto di rivoluzione misurata utilizzando come riferimento una stella della Sfera celeste, è di 27 giorni, 7 ore, 43 minuti e 12 secondi e viene chiamata mese sidereo. La durata dei due moti è la stessa, motivo per cui la Luna rivolge alla terra sempre la stessa “faccia”. | piani d’orbita di Luna-Terra-Sole si intersecano su una linea detta linea dei nodi, quindi sono allineati solamente lungo questa linea. Mentre si muove attorno alla Terra, la Luna si sposta anche attorno al Sole, insieme al nostro pianeta, con un movimento di translazione che avviene con la stessa velocità angolare con cui la Terra compie il suo moto di rivoluzione. Il periodo necessario perché si ripeta lo stesso allineamento fra Terra-Sole-Luna si chiama mese sinodico e dura 29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 3 secondi. La diversa durata del mese sidereo rispetto a quello sinodico è dovuto ad un fatto> quando la Luna ha terminato di compiere il suo moto di rivoluzione, la Terra si è spostata nel frattempo di 27° lunga la sua orbita attorno al Sole, per cui la Luna dovrà procedere per un tratto supplementare della propria orbita. Quello adottato nei nostri calendari è il mese sinodico, approssimato a 30 giorni. 8.4 Le fasi lunari Le fasi lunari dipendono dall'angolo tra la direzione dei raggi solari e la congiungente Terra-Luna. Il fatto che l'angolo sia variabile è responsabile anche del sorgere e tramontare della Luna in momenti diversi del giorno, a seconda della fase in cui essa si trova. Posizioni relative della Luna, della Terra e del Sole durante una rivoluzione sinodica: (figura 59, pagina 85) ® Fasediluna nuova (o novilunio): quando la Luna si trova in congiunzione, ossia dalla stessa parte del Sole (rispetto alla Terra), l'emisfero rivolto verso di noi non è colpito dai raggi solari quindi oscuro. ® Fasediluna piena (o plenilunio): quando la Luna si trova in opposizione, cioè dalla parte opposta del Sole (rispetto alla Terra) la metà illuminata è quella rivolta verso di noi. Le posizioni di queste due fasi elencate vengono anche dette sizigie. * Fasediprimo quarto e ultimo quarto: posizioni che vengono chiamate quadrature, esse si verificano quando la Luna, la Terra e il Sole occupano i vertici di un triangolo rettangolo ideale, con dell'atmosfera. La composizione dell'atmosfera è cambiata nel tempo: in quella primordiale era assente l'ossigeno e vi abbondavano i gas leggeri, soprattutto idrogeno ed elio. 1.3 La struttura a strati dell'atmosfera Nell’atmosfera si possono distinguere varie parti sovrapposte (sfere) ognuna con caratteristiche particolari, separate da limitate zone di transizione (pause) poste a quota variabili con la latitudine e le stagioni. Partendo dal basso: La troposfera: è la parte più bassa e più densa dell'atmosfera. Ha uno spessore di circa 10-12 km, regno delle perturbazioni meteorologiche e della vita. In essa abbiamo % della massa gassosa e quasi tutto il vapore acqueo dell'atmosfera. L'aria della troposfera viene riscaldata e raffreddata dalla superficie terrestre, quindi la temperatura diminuisce con l'altezza, circa 0,6 °C ogni 100 metri> valore del gradiente termico verticale della troposfera. AI livello del mare la temperatura si aggira attorno ai 25 °C nelle zone equatoriali e -10 °C nelle zone polari, ma essendo la troposfera più spessa nelle zone equatoriali> è qui che raggiungiamo al suo limite d'altezza le temperature minori (-70°C> zone equatoriali, -45°C> zone polari). Nella tropopausa mutando appunto il gradiente termico verticale raggiungiamo le temperature più basse. Nella troposfera avvengono movimenti orizzontali e verticali di masse d’aria, causa della formazione e dissolvenza delle nubi e delle precipitazioni Nella stratosfera: qui i componenti gassosi rimangono in proporzioni costanti ma sempre più rarefatti. Il vapore acqueo e il pulviscolo diminuiscono con la quota e non si hanno quindi nuvole con precipitazioni. La temperatura mantiene i livelli della tropopausa fino ai 20 km di quota, poi il gradiente termico verticale aumenta di 1-3 °C per kilometro, aumento dovuto alla grande presenza di ozono. L'ozonosfera intercetta gran parte delle radiazioni solari ultraviolette e quindi assorbe energia, dai 30 km si inizia ad alzare la temperatura fino a raggiungere, a 50-60 km, 0-17°C. In corrispondenza alla massima temperatura troviamo la stratopausa. La mesosfera è caratterizzata da una grande rarefazione degli elementi gassosi, con un aumento di quelli leggeri a scapito di quelli pesanti. Qui la temperatura tende di nuovo a diminuire con l'altezza e raggiunge i 70-90°C agli 80km. Nella termosfera le proporzioni dei vari componenti gassosi sono cambiate e la densità aumenta con l'altezza. Qui abbiamo un aumento della temperatura con l'altezza, per cui a 120 km è già risalita a 0°C, a 150 km alcune centinaia di gradi fino alla termopausa, dove supererebbe il migliaio di gradi. Questa temperatura è detta temperatura cinetica> calcolata in base all'energia cinetica per cui si misura la velocità delle particelle dei gas che compongono l’aria. All'altezza di 50-70 km abbiamo moltissime particelle dotate di cariche elettriche (ioni) prodotte da radiazioni X ed ultraviolette solari e dai raggi cosmici. Il fenomeno interessa soprattutto la termosfera che perciò viene chiamata anche ionosfera> ed è qui che si formano le aurore polari. L’esosfera: è la parte più esterna dell'atmosfera, dove la temperatura aumenta con l'altezza fino a raggiungere i 2000 °C (temp. Cinetica). Perciò le particelle dei gas che costituiscono l’esosfera hanno velocità enormi. La regione dove le particelle gassose sono fuori dal campo di gravitazione del nostro pianeta e non partecipano più alla gravitazione terrestre, è detta frangia dell'atmosfera e sembra estendersi fino ai 2000- 2500 km. 2. Il bilancio termico del Sistema Terra Quasi la metà della radiazione solare in arrivo sulla Terra viene riflessa verso lo spazio e in parte assorbita dall'atmosfera; la restante metà raggiunge il globo che a sua volta la riemette trasformandola in calore e riscaldando l'atmosfera dal basso. 2.1 La radiazione solare Il Sole emette continuamente una radiazione intensi a che viene inviata nello spazio, la Terra riceve soltanto una modesta porzione, pari a quasi mezzo miliardesimo del totale. L'energia solare ci giunge sottoforma di radiazioni, ossia di onde elettromagnetiche, relativamente piccole che in meterologia vengono dette onde corte. La Terra riceve energia dal Sole, la assorbe e la converte in calore, emettendo energia sottoforma di onde lunghe. Il divario tra la radiazione solare che entra e quella terrestre che esce viene chiamato bilancio termico, o meglio, bilancio radiativo del nostro pianeta. L'energia che giunge dal Sole come radiazione ad onde corte viene in parte riflettuta nello spazio (31%) a opera delle nubi, il pulviscolo e il vapore acqueo, in parte assorbita dall'atmosfera (18%) soprattutto da gas degli strati più alti (ionosfera) e in parte raggiunge infine la superficie del pianeta (51%)> quest’ultima costituisce la radiazione globale. Va tolto un 4% dovuto alla riflessione media di oceani, ghiacciai, rocce, vegetazione, che riduce la radiazione effettiva al 47%. La radiazione effettiva assorbita viene riemessa dalla Terra sottoforma di onde lunghe che danno il maggior contributo al riscaldamento dell'atmosfera: una parte esce verso lo spazio mentre una viene trattenuta dall'atmosfera. La radiazione in uscita, composta sia dalle radiazioni a onde corte riflesse dall'atmosfera (31%) sia dalle radiazioni a onde lunghe emesse della Terra (69%) eguaglia la radiazione in entrata. 2.2 L'effetto serra Il sistema Terra dispone solo del 65% della radiazione solare incidente; la quantità assorbita dallo strato terrestre più superficiale è molto maggiore di quella assorbita dall'atmosfera. Quindi gran parte del calore atmosferico deriva indirettamente dalla superficie terrestre, la quale riscalda l’acqua dal di sotto. L'atmosfera si comporta come i vetri di una serra: O Lascia passare senza perdite sensibili le radiazioni luminose solari (a onde corte) O Intercetta le radiazioni termiche terrestri (a onde lunghe) Così può mantenersi calda> Tale comportamento è detto effetto serra: fenomeno naturale molto importante in quanto permette alla superficie terrestre di mantenere una temperatura adatta allo sviluppo e la sopravvivenza degli esseri viventi. Il vapore acqueo i così detti “gas serra” che comprendono anidride carbonica, metano, protossido di azoto, ed altri gas prodotti dall'uomo fanno si che la temperatura sia attualmente di circa 35°C, superiore a quella che si avrebbe in loro assenza. Nonostante ciò si verifica un equilibrio termico: prendendo in considerazione lunghi intervalli di tempo, la temperatura media dell’aria non va continuamente aumentando, questo perché il sistema Terra-atmosfera restituisce allo spazio la stessa quantità di energia che riceve dal Sole. 3. La temperatura dell’aria L'aria dei livelli inferiori dell'atmosfera è più calda di quella sovrastante perché riceve calore principalmente dalla superficie del globo terraqueo, ma anche perché è più densa, più ricca in vapore acqueo e pulviscolo e quindi più idonea ad assorbire la radiazione terrestre rispetto all'aria dei livelli più alti, che è più rarefatta, più secca e più dura. 3.1 Fattori che influenzano la temperatura dell’a La temperatura dell’aria oltre che dall’altitudine, dipende anche da altri fattori: ® L’inclinazione dei raggi solari rispetto alla perpendicolare al piano dell'orizzonte fa variare la radiazione solare che arriva sulla superficie terrestre. Quanto più i raggi giungono inclinati, tanto è più grande la superficie che possono riscaldare. Più i raggi sono inclinati e più è lungo il tragitto che devono compiere entro l'atmosfera e quindi maggiore è la quantità di energia assorbita da essa che perciò non giunge alla superficie terrestre. | fattori che determinano l’inclinazione dei raggi solari sono di tipo astronomico (la stagione e l'ora del giorno) e geografico (la latitudine, la pendenza del terreno e l'esposizione dei versanti). * Latemperatura dell'aria è influenzata anche dalla distribuzione delle terre emerse e dei mari a causa del loro diverso comportamento termico. Le rocce hanno un basso calore specifico, la radiazione sola fa fatica a penetrare e il calore si propaga all’interno per conduzione. Le acque dei laghi e dei mari hanno in media un calore circa 2,5 più alto di quello delle rocce, ed essendo trasparenti i raggi solari vi entrano più in profondità. Il rimescolamento prodotto dai venti, dalle onde e dalle correnti distribuisce il calore in una massa molto grande, assorbe e cede il calore più lentamente rispetto alle rocce. Il mare inoltre può indurre aumenti o diminuzioni della temperatura nelle zone costiere a causa delle correnti fredde o calde che svolgono. * La copertura vegetale: le piante assorbono molto calore che utilizzano per le loro funzioni vitali ed emettono molto vapore acqueo, intercetta una parte della radiazione responsabile del riscaldamento dell’aria. Per questo spesso nelle aree ricche di vegetazione le variazioni di temperatura risultano attenuate. 3.2 Temperatura media ed escursione termica Facendo la media delle temperature registrate ad intervalli regolari di tempo durante la giornata, in un determinato lungo otteniamo la temperatura media giornaliera. Dai valori medi giornalieri si può passare a quelli mensili ed annui. La temperatura comincia ad aumentare subito dopo il sorgere del Sole e continua a crescere per tutto il tempo in cui l'energia solare prevale su quella perduta per emissione terrestre, fino a raggiungere il valore più alto qualche ora dopo il passaggio del Sole sul meridiano del luogo; poi la temperatura cala e continua per tutto il tempo in cui la radiazione terrestre supera quella solare, fino a raggiungere il valore più basso quando sta per risorgere il Sole. L'escursione termica giornaliera, cioè la differenza tra la temperatura massima e minima registrata nelle 24 ore in un dato luogo, è legata alle altre condizioni meteorologiche. Normalmente l'escursione giornaliera: O Tendea diminuire con il crescere della latitudine (i valori più alti si hanno ai tropici e i più bassi alle calotte polari) O È maggiore d'estate che d'inverno O È netta nelle regioni continentali, smorzata in quelle marittime O È più elevata al livello del mare che ad alte quote L'andamento della temperatura dell’aria durante l'anno analogamente a quanto accade nell’andamento termico giornaliero, le temperature più alte e quelle più basse si registrano con un ritardo di un mese circa rispetto ai corrispondenti massimi e minimi della radiazione solare in arrivo. L'escursione termica annua, cioè la differenza di temperatura media del mese più caldo e quella del mese più freddo, è minima all’Equatore (2-4°C) e va aumentando verso i poli, a causa del divario tra la quantità di radiazione solare ricevuta in estate rispetto che in inverno. A parità di latitudine essa: O È maggiore nell'interno dei continenti che in prossimità degli oceani 5.1 Caratteristiche, misura e variazioni della pressione atmosferica L'esperimento di Torricelli, avvenuto nel 1643, dimostra che: * Togliendo il dito dall'imboccatura per effetto della gravità, il mercurio, tende a uscir dal tubo ed andare nella bacinella. Nello stesso tempo il peso dell'aria preme sulla superficie del mercurio nella bacinella e lo fa risalire nel tubo, nel quale in alto si è formato un vuoto con pressione nulla. Il mercurio si ferma ad un'altezza di circa 760 mm sopra la superficie della bacinella. Si dimostra così che al livello del mare, alla latitudine 45° e 0°C la pressione atmosferica è come quella riportata nella figura. Per cui la pressione atmosferica può essere espressa in millimetri di mercurio (mmHg). Il valore di 760 mmHg rappresenta la pressione normale o la pressione di 1 atmosfera (1 atm). In Meteorologia l’unità di pressione più usata è il millibar (mb)> 760 mmHg equivale a 1013 mb. Nel sistema internazionale viene utilizzato il pascal (Pa), unità molto piccola, 1/100 del millibar, il cui multiplo> l’ettopascal corrisponde ad un millibar. Il peso dell’aria non è costante ma varia da luogo a luogo e da momento e momento. | fattori principali che determinano i valori della pressione atmosferica sono 3: 1) La pressione diminuisce con l’altitudine: la colonna d’aria che grava su un luogo di alta montagna ha un'altezza minore rispetto a quella su un luogo al livello del mare, per cui ha un peso inferiore per unità di superficie. 2) La pressione diminuisce al crescere della temperatura dell’aria. Quando si riscalda una massa d’aria si espande, diviene meno densa e si sposta verso l'alto, quindi in suo peso per unità di superficie diminuisce. Quando si raffredda invece diventa più densa, più pesante e tende a portarsi quindi verso il basso 3) La pressione diminuisce al crescere dell’umidità dell’aria. La pressione esercitata su una superficie da una massa d’aria umida è minore di quella esercitata da una massa d’aria secca. Questo perché l’aria umida ha particelle di vapore acqueo che pesano meno di quelle dei gas che compongono l’aria secca (azoto, ossigeno, ecc.) La pressione atmosferica si misura con i barometri. Oltre al barometro a mercurio (Torricelli) ne esistono altri tipi, il più diffuso è il barometro aneroide (che significa “senza liquido”) *figura 21, pagina 111. Esso è costituito da un recipiente di metallo> la pressione dell’aria esercitata sulle pareti esterne del recipiente non è controbilanciata da una pressione che agisca all’interno del recipiente, dato che l’aria all’interno non c'è. Collegata al recipiente c'è una lancetta che si muove su una scala graduata, più la pressione è alta e più la lancetta si sposta. Gli altimetri tradizionali funzionano come i barometri, in base alla pressione rilevata indicano la quota corrispondente. Lo studio della distribuzione della pressione atmosferica sulla superficie terrestre si esegue segnando sulle carte geografiche le isobare> linee che uniscono i punti di ugual pressione ridotta al livello del mare, alla temperatura di 0°C e alla gravità normale. 5.2 Le differenze di pressione e i venti Le isobare delimitano zone dove la pressione è più alta da altre dove la pressione è più bassa: le prime vengono dette aree anticicloniche o anticicloni e sono quelle nelle quali l’aria, relativamente più densa e più pesante, tende a spostarsi verso il basso. Le seconde sono dette aree cicloniche o cicloni e sono quelle in cui l’aria, meno densa, si sposta verso il basso. I concetti di alta e bassa pressione sono relativi: O Un’areaè anticiclonica quando la sua pressione è maggiore di quelle circostanti O Un’areaè ciclonica se la sua pressione è minore di quelle circostanti I movimenti d’aria che avvengono parallelamente alla superficie terrestre, dalle zone anticicloniche verso le zone cicloniche, sono i venti. La loro velocità è espressa in m/s o in km/h o in “nodi” (miglia marina all'ora) e viene misurata con gli amemometri. 5.3 Le brezze e i monsoni Alcuni venti possono spirare alternativamente in verso opposto, a causa delle inversioni tra le zone di bassa e di alta pressione. Tali movimenti d'aria sono chiamati venti periodici che si verificano: O Su piccola scala> come le brezze, che hanno un ritmo diurno e notturno © Su grande scala> i monsoni, che hanno ritmo stagionale Una causa dei venti periodici è il diverso riscaldamento delle terre e dei mari: Lungo le coste> durante il dì le rocce si riscaldano più rapidamente dell’acqua e a loro volto riscaldano maggiormente gli strati d’aria sovrastanti. Sulla terraferma quindi si stabilisce una bassa pressione, sul mare invece la pressione è più alta, questa differenza di pressione mette in movimento l’aria verso la terra (brezza di mare). Di notte le rocce si raffreddano più velocemente; gli strati d’aria sulla terra diventano più freddi di quelli sull'acqua e quindi la pressione più alta si stabilisce sulla terraferma. In questo caso l’aria si muove della terra verso il mare (brezza di terra). Su vasta scala il meccanismo dei venti periodici è analogo, nel caso appunto dei monsoni i cambiamenti di temperatura sono stagionali, anziché giornalieri, a determinare le differenze di pressione atmosferica che mettono in moto i venti. ® Monsoneinvernale: in inverno, l'aria presente sull'oceano si raffredda più lentamente di quella che si trova sulla terre emerse, per cui la pressione è più alta sui continenti che sull'oceano e i venti spirano dalla terra verso il mare, è il monsone invernale, secco soffia dal continente verso il mare. ® Monsoneestivo: in estate l'aria sul continente si riscalda e si forma un'area di bassa pressione; dall'oceano, dove la pressione è più bassa si muove aria ricca di umidità che porta piogge sulle terre emerse. È il monsone estivo, molto umido, che soffia dal mare verso il continente. 5.4 L'azione geomorfologica del vento Considerando l'umidità dell’aria, il principale agente atmosferico dell’erosione del rilievo terrestre è il vento. Il denudamento eolico dei rilievi è chiamato deflazione, processo in cui il vento sposta frammenti di rocce o per trascinamento/ rotolamento (nel caso dei frammenti più grandi) o per sospensione nell'aria (nel caso di particelle più fini). Il vento però non è da solo in grado di svolgere una marcata azione erosiva, questa si compie a causa degli urti, ad alta velocità, delle particelle che l’aria trascina nei suoi movimenti, quindi tale azione eolica abrasiva è chiamata corrasione. Il vento ha la capacità di agire indipendentemente dalla forza di gravità. Il vento, a causa del trasporto eolico, è anche responsabile della creazione di forme di accumulo chiamate depositi eolici> formate da sabbie e polveri che possono costituire ampie distese sabbiose o piccoli rilievi che si spostano con il tempo (le dune). L'azione del vento è più marcata nelle aree povere di vegetazione, nelle zone poco piovose e soprattutto nei deserti, dove venti forti possono soffiare per giorni e giorni. 5.5 La circolazione generale dell'atmosfera Mentre su scala locale i venti soffiano spesso in modo irregolare e discontinuo, su scala globale si possono individuare alcune fasce, in cui essi spirano secondo direzioni prevalenti: sono i venti costanti. Come tutti i venti anche quelli costanti spirano dalle zone di alta pressione verso quelle di bassa pressione e sono soggetti alla forza di Coriolis: dovrebbero spirare in direzione dei mediani ma vengono deviati verso la loro destra nell'emisfero boreale, verso sinistra nell'emisfero australe. Nella bassa troposfera esistono, per ciascun emisfero, 3 sistemi di venti che prendono origine da zone di differente pressione: (figura 27, pagina 114) 1) In prossimità dell'Equatore: l’aria riscaldata sale, originando una fascia di basse pressioni equatoriali. L'aria risalita si sposta verso i poli e poi, raffreddatasi, scende ad una latitudine di 30° creando due fasce di alte pressioni subtropicali. Si formano così due celle convettive, una per emisfero, dette celle di Hadley. | venti che muovono dalle alte pressioni subtropicali alle basse pressioni equatoriali sono detti alisei. Essi provengono da Nord-Est nel boreale e da Sud-Est nell’australe. 2) Dalle fasce di alta pressione subtropicale l’aria prende due strade diverse: O Inparteritorna verso le zone di bassa pressione situate a cavallo dell'Equatore, chiudendo così le celle di Hadley O Inparteessa si dirige verso le basse pressioni subpolari, situate a 60° Nord e Sud di latitudine, alimentando altre due celle convettive, dette celle di Ferrel. | venti diretti dalle alte pressioni subtropicali verso le basse pressioni subpolari prendono il nome di venti occidentali. 3) In corrispondenza dei poli l’aria si raffredda e scende, dando origine alle alte pressioni polari. Si muove poi tornando verso le latitudini medie costituendo le celle polari. I venti che vanno dalle alte pressioni polari alle basse pressioni subpolari vengono chiamati venti polari. Man mano che si sale di quota gli effetti dell'attrito con il globo terracqueo si fanno sempre meno e sopra i 3000 e 5000 metri i venti spirano con maggiore regolarità. Nell’alta troposfera un sistema di correnti occidentali è presente in entrambi gli emisferi, in cui si individuano 4 flussi d'aria: * Correntia getto. Essi si muovono nello stesso verso della rotazione terrestre, cioè da Ovest verso Est. Si tratta di correnti larghe alcune centinaia di kilometri e spessi qualche kilometro, che si spostano a velocità diverse rispetto alle masse d'aria circostanti. In ogni emisfero esistono: O Lacorrentea getto subtropicale, localizzata in una fascia compresa tra i 25° e i 35° di latitudine. O Correntia getto del fronte polare, latitudini prossime ai 60° 6. L’umidità dell’aria e le precipitazioni Il vapore acqueo è per molti aspetti uno dei componenti più importanti dell'atmosfera. Esso proviene principalmente dalla continua evaporazione del mare (e dei laghi, dei corsi d’acqua e del suolo umido), e in misura nettamente minore dalla traspirazione delle piante. Il vapore acqueo così prodotto si trasforma in nubi e nebbie, precipita in forma liquida (pioggia) o solida (neve, grandine) e torna sulla superficie terrestre, da dove il ciclo d'acqua riprende. 6.1 L'umidità assoluta e l'umidità relativa La carta delle isoiete annue mostra come la piovosità dipenda da numerosi fattori geografici e meteorologici. Esse si riferiscono non solo alle piogge ma anche alle nevi e alla grandine, espresse come equivalente in acqua. Nello studio delle precipitazioni occorre tenere conto della loro ripartizione mensile e stagionale, cioè del regime pluviometrico. 7. Le perturbazioni atmosferiche Il tempo (atmosferico) è il complesso delle condizioni fisiche che caratterizzano l'atmosfera in un dato momento e in un determinato luogo. Le condizioni del tempo sono regolate da quei “centri d'azione atmosferica” che sono le aree di alta pressione e le aree di bassa pressione, cioè gli anticicloni e i cicloni. Esistono però anche cicloni e anticicloni temporanei che permangono solo alcuni giorni o addirittura cambiano la loro strutta di ora in ora. 7.1 Le perturbazioni atmosferiche Gli anticicloni determinano condizioni di bel tempo. Infatti a causa dell'alta pressione, l’aria (più densa) si muove verso il basso e verso l'esterno, e abbassandosi si riscalda; quindi la sua umidità relativa diminuisce e non si formano nubi. Nei cicloni l’aria si dall'esterno verso il centro, risale e si raffredda; si formano così nubi e precipitazioni. Perciò i cicloni temporanei sono chiamati perturbazioni atmosferiche. Esse si distinguono in: Cicloni extratropicali (o delle medie latitudini): sono perturbazioni di grande estensione (fino a 3000 km di diametro) che si verificano alle medie latitudini, tra i tropici e i circoli polari (ad esempio, in Italia). Si muovono da Ovest verso Est, spinti dai venti occidentali. La formazione di un ciclone extratropicale è dovuta all'incontro, a bassa quota, di due masse d’ari; O Unafredda e secca, proveniente dalle zone polari O Unacalda e umida, proveniente dalle zone tropicali Quando vengono a contatto le due masse d'aria non si mescolano, ma restano separate da sottili zone di discontinuità chiamate superfici frontali o fronti, di cui ne esistono due tipi: O Fronti freddi, quando l’aria fredda avanza al di sotto della calda O Fronti caldi, quando l’aria calda si sposta sopra a quella fredda Cicloni tropicali (o delle basse latitudini): sono perturbazioni atmosferiche che interessano le regioni situate in due fasce comprese tra i 5° e i 30° di latitudine sia a Nord che a Sud dell'Equatore. Ognuno di essi consiste in un'area di bassa pressione pronunciata, meno ampia di quella dei cicloni extratropicali (diametro compreso tra i 100 e i 1000 km). Si tratta di perturbazioni intense che possono durare anche due o tre settimane, esse si formano sul mare, dove l'evaporazione è massima. Mossa dagli alisei dei due emisferi, che soffiano in direzioni opposte, l’aria molto calda e umida sale rapidamente ruotando; in questo modo si accentua la bassa pressione, si verificano forti venti e si formano nubi e precipitazioni torrenziali. Nel centro del vortice (detto occhio del ciclone), perduta gran parte dell'umidità, l’aria diventa più pesante, riscaldandosi; qui la condensazione del vapore si interrompe e non si hanno né nubi né precipitazioni. | cicloni tropicali si spostano dalla zona di formazione, da Est ad Ovest. Nel loro percorso sono deviati dalla rotazione terrestre verso Nord-Ovest nel nostro emisfero, verso Sud- Ovest nell'emisfero australe. I tornado (o trombe d’aria): più violenti ma molto meno estesi dei cicloni tropicali, si generano da una nube temporalesca e hanno l'aspetto di lunghi e stretti vortici, che dalla nube raggiunge il terreno (o il mare). Nel tornado l’aria si muove a spirale in senso antiorario nel nostro emisfero (in senso orario nell'australe) dal basso verso l'alto, attorno ad un asse verticale o inclinato di pochi gradi. Il “risucchio” è fortissimo e solleva dal terreno tutto ciò che incontra, si stima che i venti superino spesso i 500 km/h. 7.2 Le previsioni del tempo Per seguire lo sviluppo e l'estensione delle perturbazioni l'Organizzazione Meteorologica Mondiale si avvale di migliaia di stazioni meteorologiche che misurano di continuo la temperatura, la pressione, l’umidità, le precipitazioni, i venti. Oltre ai dati provenienti dalle stazioni di misura sulla terra e sul mare, i meteorologi usano anche le immagini fornite dai satelliti metereologici in orbita intorno al globo. Queste immagini permettono di individuare rapidamente le perturbazioni atmosferiche e di seguirne gli spostamenti e l'evoluzione, essi registrano anche le variazioni di temperatura dell’aria, la distribuzione del vapore acqueo e la velocità dei venti. Tutte le informazioni raccolte dai meteorologi vengono elaborate da potenti computer e rappresentate graficamente su particolari tipi di carte: ® lecartesinottiche: sono carte tematiche che danno la visione, simultaneamente, dei vari fenomeni e dei diversi dati metereologici come gli anticicloni e i cicloni, i fronti, le isobare o la direzione dei venti. Proprio tramite queste carte, in genere semplificate, vengono visualizzate le previsioni del tempo che noi ascoltiamo alla radio o alla televisione. Queste previsioni sono però sicure al 90-95% sulle 24 ore, attendibili al 60-70% su tre giorni e poi perdono validità rapidamente. 8. La degradazione meteorica delle rocce Insieme ai processi alimentati dal calore interno della Terra (che sono responsabili del sollevamento delle catene montuose e dell'evoluzione degli oceani) gli agenti atmosferici sono corresponsabili del modellamento del paesaggio terrestre. L'attacco dei materiali rocciosi da parte degli agenti atmosferici, come il calore, il gelo e disgelo, l'umidità dell’aria, costituisce la degradazione meteorica. La degradazione delle rocce produce materiali detritici, estremamente importanti per la formazione del suolo e quindi per lo sviluppo della vegetazione. Quando le superfici esposte alla degradazione sono orizzontali, o poco inclinate, i prodotti della degradazione meteorica rimangono sul posto e, in un tempo di decine, centinaia o migliaia d'anni, finiscono per coprire le “rocce madri” sottostanti con un mantello detritico, detto regolite. Se però, le superfici rocciose sono inclinate, la gravità e gli altri agenti esogeni (come il vento e le acque correnti) tendono ad allontanare i prodotti della degradazione formando così nuove superfici all'opera degli agenti atmosferici. Quando la pendenza delle superfici esposte è forte, i materiali che se ne disgregano precipitano e si accumulano al piede dei versanti dei rilievi, formando depositi di detriti> detti coni di detrito e falde di detrito, con inclinazione varia. Laddove il distacco e la discesa interessano grandi masse rocciose sottostanti, si hanno le frane, favorite da degradazione meteorica ma sono relativa anche alla natura delle rocce, la loro giacitura e la quantità di acqua che vi si infiltra. Tra i processi di degradazione si distinguono: O processi di degradazione fisica, che provocano la disgregazione delle rocce ma non ne modificano la composizione chimica O I processi di degradazione chimica, che consistono nell’alterazione o nella dissoluzione delle rocce Questi processi si svolgono congiuntamente, quelli fisici prevalgono nelle regioni aride o fredde, mentre quelle chimici nelle regioni umide e calde. 8.1 Degradazione fisica I tipi principali di degradazione sono due: 1- Dove è marcata l'escursione termica giornaliera si verifica il termoclastismo. Come tutti i corpi anche le rocce si dilatano quando si scaldano e si contraggono quando si raffreddano. Con il tempo, le continue dilatazioni e contrazioni causano l’indebolimento della roccia, la fessurazione e il distacco di frammenti. Il termoclastismo si verifica nelle regione calde e con forte escursione termica tra dì e notte. 2- L'effetto dell’alternanza tra gelo e disgelo provoca il crioclastismo: quando congela, l’acqua presente nelle fratture delle rocce aumenta di volume ed esercita una forza capace di allargare le fessure e spezzare le rocce. Il crioclastismo è caratteristico delle regioni fredde alle alte latitudini e delle zone di alta montagna. 8.2 Degradazione chimica La degradazione chimica delle rocce consiste in reazioni chimiche che si verificano tra i minerali delle rocce e l’aria o l'acqua meteorica. Le principali sono: 1- L’ossidazione: alcune rocce sono coperte di una “patina” rossastra dovuta alla reazione chimica tra il ferro di certi minerali e l'ossigeno, che porta alla formazione di composti diversi da quelli di partenza 2- Alcuni minerali si trasformano in altri inglobando nei propri reticoli cristallini delle molecole d’acqua. L'anidride ad esempio, a contatto con l'acqua si trasforma in gesso secondo una reazione chimica chiamata idratazione. 3- Il fenomeno più frequente è quello dell’idrolisi, che consiste nella reazione tra ioni H'e OH” dell’acqua e i minerali silicatici (composti da silicio e ossigeno insieme ad altri elementi) 4-. L'acqua può portare in soluzione diversi minerali: è il processo di dissoluzione. Da sola riesce a sciogliere il gesso e il salgemma (sale da cucina), quando reagisce con l'anidride carbonica essa diventa acida e può sciogliere i calcari, dando luogo al carsismo. Il risultato è visibile in superficie, dove si formano solcature e depressioni come le doline (forme carsiche epigee) e all'interno della roccia, laddove l'acqua penetra attraverso fessure produce diverse cavità chiamate rocce (forme carsiche ipogee) 9. Il clima e le sue va Clima e tempo anche se usati spesso indifferentemente, in realtà sono due concetti diversi, benchè collegati 9.1 Gli elementi e i fattori del clima Il tempo è l'insieme delle condizioni fisiche dell'atmosfera in un determinato luogo e in un determinato momento. Il clima è invece la serie delle varietà quotidiane del tempo (atmosferico) che si susseguono abitualmente in un dato luogo durante l’anno. La scienza che se occupa è la climatologia. Gli elementi del clima e del tempo sono gli stessi: O La temperatura O La pressione e i venti O L'umidità e le precipitazioni Sono gli stessi anche i fattori che concorrono a determinare le diversità del tempo nei singoli luoghi della Terra: A partire dalla rivoluzione industriale le concentrazioni di gas serra e i cambiamenti climatici sono strettamente legati. Le perforazioni condotte in Antartide mostrano non solo che negli ultimi 650 000 anni la concentrazione di anidride carbonica nell'aria è variata in proporzione con le variazioni di temperatura, ma anche che negli ultimi due secoli essa è salita ben al di sopra del limite di variabilità naturale. Le variazioni climatiche sono provocate anche da diverse cause naturali come ad esempio le grandi eruzioni vulcaniche> esse immettendo nella stratosfera grandi quantità di polveri e prodotti acidi, sono capaci di riflettere la radiazione solare e quindi raffreddare la sottostante troposfera. 9.7 Il riscaldamento globale Nonostante i notevoli progressi della Climatologia compiuti in questi anni, il problema del riscaldamento globale è ancora lontano dall'essere risolto, a causa della enorme complessità del sistema climatico e dell’insufficienza dei dati disponibili. Vi sono alcune considerazioni condivise da una decisa maggioranza della comunità scientifica internazionale: O La temperatura media dell'atmosfera terrestre è attualmente in aumento O La concentrazione dei gas serra nell'atmosfera è in crescita O Vièuna correlazione tra l'aumento della temperatura e l'incremento della concentrazione di gas serra nell'atmosfera O La concentrazione di gas serra nell'atmosfera è almeno in parte dovuta ad emissioni antropiche Effetti del riscaldamento globale: Molti ghiacciai mostrano una recente riduzione del proprio volume Mediamente gli oceani stanno diventando più caldi ed acidi La differenza di temperatura media fra il dì e la notte si sta attenuando Alcune specie animali stanno spostando il loro habitat verso i poli Diverse specie vegetali fioriscono giorni o addirittura settimane prima rispetto al passato oo 09 Se la fusione di masse glaciali continentali procederà ancora in maniera molto consistente c'è rischio che si realizzi un innalzamento del livello marino, con conseguenze devastanti nell’aree costiere. Le azioni degli uomini rischiano di creare danni irreversibili non tanto per la geosfera, quanto per la specie umana. Il rischio di un forte riscaldamento atmosferico globale impone di adottare il principio di precauzione, quindi di contenimento delle attività potenzialmente dannose. CAPITOLO 4 L'AMBIENTE MARINO 1. L'acqua, una componente fondamentale del sistema Terra L'insieme delle acque che costituiscono l’idrosfera marina (o oceano globale) caratterizza il nostro pianeta distinguendolo da altri corpi del Sistema solare, nei quali manca una così importante e diffusa “copertura d’acqua”. Lo studio di tutto ciò che chiamiamo “marino” o “oceanico” è il compito fondamentale dell’Oceanografia, una scienza che necessita del contributo di: Geografia fisica, Geologia, Biologia, Fisica e Chimica. 1.1 Le acque sulla Terra L'acqua di oceani e ma si trova raccolta nei mari e negli oceani, ed è salata. icopre circa il 71% della superficie terrestre, la maggior parte di essa (96% circa) L'acqua dolce (3% dell’acqua totale) si trova soprattutto nei ghiacciai e nei ghiacci polari, l'1% si trova come acqua sotterranea. Laghi e fiumi contengono solo lo 0,01% d’acqua totale, mentre il vapore acqueo presente nell'atmosfera rappresenta lo 0,001%. La biosfera invece occupa lo 0,0001% dell’acqua presente in totale sulla Terra. 1.2 Il ciclo dell’acqua L'acqua sul nostro pianeta è presente in tutti e 3 gli stati fisici della materia, immagazzinata nei serbatoi idrici naturali: O Allostato liquido si trova nel mare, nei fiumi, nei laghi, nelle falde idriche sotterranee O Allostato solido è nei ghiacciai e nei ghiacci polari O Allostato aeriforme (vapore acqueo) si trova soprattutto nell'atmosfera Tra questi serbatoi si verificano scambi continui, causati dall’evaporazione, dalla condensazione e dalle conseguenti precipitazioni, nonché della formazione e dalla fusione di nevi e ghiacci. L'insieme di questi scambi è detto ciclo dell’acqua o ciclo idrologico in cui sono coinvolte tutte le geosfere: l'idrosfera, l'atmosfera, la litosfera e la biosfera. L'energia solare riscalda il nostro pianeta e permette che si verifichino il cambiamento di stato dell'acqua, che costituiscono appunto i processi di spostamento tra i vari serbatoi naturali. | Sali minerali contenuti nell’acqua però si separano da essa al momento dell’'evaporazione. Il ciclo dell’acqua si articola in diverse fasi: * Evaporazione degli oceani e dei mari: il calore del Sole provoca l’evaporazione di una parte dell’acqua superficiale degli oceani e dei mari. Si formano così grandi quantità di vapore acqueo che entrano nell’atmosfera e vengono trasportate dai venti. * Precipitazioni meteoriche: raffreddandosi il vapore acqueo condensa in minuscole gocce che formano le nuvole, dalle quali l’acqua torna in basso sotto forma di precipitazione (pioggia, neve, grandine). La maggior parte dell’acqua delle precipitazioni cade sull'oceano globale (409 000 km l’anno). Sulle terre emerse cadono circa 108 000 km? d’acqua (di cui 46 000 km? provengono dall’evaporazione dell'oceano globale). * Evapotraspirazione: una parte dell’acqua che cade sulle terre emerse passa direttamente all'atmosfera: O 0 evaporando O o perché viene assorbita dalle radici delle piante ed è successivamente rilasciata dalle foglie sottoforma di vapore, con un processo chiamato traspirazione * Deflusso superficiale: una parte dell’acqua che cade sulle terre emerse scorre in superficie, insieme a quella derivata dalla fusione dei ghiacciai e della neve, si raccoglie nei corsi d'acqua e torna nell'oceano globale * Deflusso sotterraneo: una porzione d’acqua caduta sulle terre emerse va a costituire le riserve sotterranee d'acqua: le falde idriche. Anche quest'acqua torna prima o poi in superficie incanalandosi in fiumi che scorrono fino al mare. D. superficiale e d. sotterraneo portano in mare ogni anno circa 46 000 km? di acqua. 1.3 Gli oceani e i mari Nel parlare comune i termini “oceano” e “mare” vengono utilizzati come sinonimi ma occorre fare una distinzione tra di essi. Le acque salate sono raccolte in tre grandi bacini principali, gli oceani: O Oceano pacifico: superficie planetaria di oltre 180 milioni di km?, con profondità media di 4049 m O Oceano atlantico: estensione di 106 milioni di km?, con profondità media di 3314 m O Oceano indiano: si estende per 75 milioni di km? e profondità media di 3900 m circa Gli oceani si prolungano in bacini secondari molto più piccoli, i mari. Il maggiore dei mari è il Mar Glaciale Artico, fa parte dell'Atlantico occupandone poco più del 13%. Tutti gli alti mari hanno estensioni minori e hanno profondità inferiore a quelle degli oceani. | mari possono essere suddivisi in due tipologie principali: ® mari mediterranei: sono quasi del tutto circondati da terre emerse. Tra questi: il Mediterraneo; l'Artico; l’Americano (o dei Caraibi) tra l'America Centrale e l'arco delle Antille; l’Australasiatico, tra la Cina, l'arcipelago indonesiano e le Filippine. Il Mar Rosso e il Golfo Persico comunicano con l'Oceano indiano come mediterranei. ® mari adiacenti (o marginali): sono situati al margine degli oceani e un po' isolati. Tra questi: il Mare d'Irlanda, il Mare del Nord e il Golfo di San Lorenzo, che fanno parte dell'Atlantico; il Mar Cinese Orientale, il Mar Giapponese, il Mare di Okhotsk e il Mare di Bering, al margine del Pacifico; il Mare Arabico e il Golfo del Bengala, al margine dell'Oceano indiano. 2. Caratteristiche dei fondali marini É possibile definire alcuni caratteri comuni dei fondali marini, riscontrabili nei tre grandi oceani e in parte nei loro mari dipendenti. | fondali marini hanno profondità comprese tra i 2000 e i 6000 m sotto il livello del mare, con una profondità media che si aggira intorno ai 3800 m; questi valori valgoni soprattutto per gli oceani. 2.1 Morfologia dei fondali marini Partendo dalla riva e procedendo verso l'alto mare, non si passa subito alle grandi profondità. * Attorno alle terre emerse vi é una piattaforma continentale a debole pendenza e con poca profondità (fino a -200 m). La sua estensione é maggiore nelle aree continentali piatte rispetto a quelle montuose che si accostano sul mare. Occupa il 7% di tutti i fondali marini, geologicamente la piattaforma fa parte del continente vicino. e Dal margine della piattaforme si estende una zona più ripida chiamata scarapata continentale (profondità media di 2000 m ). Al bordo inferiore della scarpata é presente il rialzo continentale che segna il passaggio al dominio oceanico vero e proprio. La piattaforma, la scarpata e il rialzo costituiscono insieme il margine continentale. ® Oltre il margine continentale si estendono le piane abissali (profondità media di 6000 m) , che occupano circa l'83% della superficie sottomarina. ® Le dorsali oceaniche sono lunghe fasce montuose sottomarine che si elevano mediamente di 2-3000m dalle piane abissali. La loro sommità é solcata da profonde fessure dal quale fuoriesce del magma, proveniente dal mantello; il magma si raffredda a contatto con l'acqua e produce nuovo fondo oceanico. Le dorsali sono circa al centro dei bacini oceanici e si sviluppano per tutta la loro lunghezza ma mancano nei bacini minori, ossia dei mari. e La parte rimanente dei fondali (poco più dell1%) é occupata dalle fosse, o abissi, che comprendono depressioni oltre i 6000 m. Nelle fosse il fondo oceanico sprofonda nel mantello, dove viene fuso, esse si trovano vicino ai margini continentali dell'oceano. I grandi bacini hanno le stesse caratteristiche geofisiche, diverse da quelle dei mari. Questi ultimi si trovano di frequente nella piattaforma continentale e spesso si insinuano entro le terre emerse. 2.2 Depositi sedimentari e distese di minerali utili I sedimenti sono materiali inorganici e organici destinati con il tempo a formare le rocce, depositi che si formano per processi di varia natura e con ritmi diversi. Alcune valli sottomarine a forma di canyon, che L'acqua marina a salinità media è più densa dell’acqua dolce, per questo in mare si nuota più agevolmente che in un lago. La penetrazione della luce solare nelle acque marine dipende: O Dallalatitudine e dalla stagione O Dall’ora del giorno (raggi del Sole che giungono verticali o obliqui) O Dalla trasparenza dell’acqua, che a sua volta dipende dalla salinità e della presenza di minuscoli organismi vegetali ed animali. Il colore del mare dipende: O Dalle caratteristiche proprie dell'acqua che diffonde la luce solare Dalle condizioni del tempo atmosferico O Dall’eventuale presenza di abbondante fitoplancton, di sedimenti trasportati dai fiumi o di sostanze inquinanti o Le diverse componenti della luce solare vengono assorbite in modo differente dall'acqua marina: le componenti rosse vengono assorbite già nei livelli più superficiali, mentre quelle verdi-blu riescono a penetrare a maggiore profondità e vengono diffuse nell'acqua, cioè riflesse in tutte le direzioni. Per questo motivo il mare ci appare prevalentemente blu. 3.3 L’ecosistema marino L’enorme massa degli esseri viventi nelle acque marine costituisce una “comunità” di organismi interdipendenti e in stretti rapporti con il loro intorno fisico. L'insieme di queste due componenti (biotica e abiotica) forma un immenso ecosistema, il maggiore dell'intera biosfera. L'ecosistema marino comprende diversi ecosistemi minori, di ampiezza e natura varia, tutti più o meno correlati fra loro. Fanno parte di questo ecosistema, a partire dal fondo: O Il “benthos”: insieme di organismi che vivono a contatto con il fondale Il “necton”: esseri dotati di movimento proprio, come pesci o organismi nuotatori o Il “plancton”: organismi piccoli e microscopici, animali e vegetali, che vivono presso la superficie o in acque molto profonde o In mari che non siano stati alterati da azioni umane si stabilisce naturalmente un equilibrio tra questi grandi gruppi: gli esseri più voraci sono presenti in numero minore mentre quelli più soggetti a distruzione si moltiplicano continuamente. Sul mantenimento di questo equilibrio si basano le possibilità di utilizzo del mare per l'alimentazione umana. 4. L'inquinamento delle acque marine Gli esseri umani hanno sempre considerato il mare come uno “scarico naturale” ma per millenni ciò non ha comportato danni molto gravi. 150 anni fa le emissioni di sostanze contenute nelle acque residuali urbane, insieme ai materiali di scarto industriale come i residui della combustione di carbone, cascami della lavorazione di fibre tessili naturali, pochi elementi metallici, non avevano conseguenze estremamente dannose per l’ambiente marino. La situazione è profondamente cambiata. Nel XX secolo la popolazione si è più che triplicata, quindi gli scarichi organici di produzione umana sono notevolmente accresciuti. Le industrie si sono estese e hanno ampliato la gamma dei loro prodotti. * Le acque degli scarichi industriali inquinano le zone marine nelle quali riversano residui dei loro prodotti che contengono elementi metallici molto tossici come: mercurio, cadmio, nichel, zinco, cromo, arsenico. ®* Le acqueutilizzate in agricoltura si caricano di molte sostanze nocive con a causa della fertilizzazione minerale con fosfati e nitrati e per il massiccio utilizzo di insetticidi e pesticidi. Tutte queste sostanze contaminano sia le acque continentali, sia quelle marine, producendo effetti dannosi sulla flora e sulla fauna, con gravi pericoli per l’uomo; effetti che si fanno sentire non solo nelle zone di scarico ma anche a distanze notevoli. Uno degli esempi più drammatici di inquinamento marino possiamo individuarlo nel Mar Mediterraneo, la zona più inquinata è quella nordoccidentale, sulla quale gravita un maggior numero di città densamente popolate e industrializzate. 4.1 L'inquinamento organico Se nelle acque che si riversano in mare ci sono detersivi non biodegradabili, le acque costiere si trasformano in un ambiente favorevole alla sopravvivenza dei batteri fecali e dei numerosi germi patogeni che frequentemente li accompagnano. Si parla in questo caso di inquinamento organico. La presenza di microorganismi patogeni è dannosa per la salute dell’uomo quando si mangiano prodotti della pesca che sono contaminati da tali germi. Ciò spesso comporta la salmonellosi nelle zone costiere. L'inquinamento fecale può essere tanto notevole da porre seri problemi igenico-sanitari anche per l'uomo. 4.2 L'inquinamento chimico Geograficamente più esteso e più preoccupante è l'inquinamento chimico dei mari e oceani. Insetticidi e pesticidi, trasportati dalle acque fluviali o diffusi attraverso l'atmosfera, si aggiungono ai detergenti e producono effetti nocivi su uccelli e altri organismi marini, dagli invertebrati ai pesci. In molte zone costiere (delta ed estuari) sono già stati notati i disastri provocati da tali inquinanti. 4.3 L'inquinamento da petrolio Can il vasto e intenso sfruttamento degli idrocarburi la civiltà industriale ha introdotto un'altra forma d'inquinamento del mare, un tempo inesistente: l'inquinamento da petrolio, che si è accresciuto fino ad assumere proporzioni gigantesche. Petrolio ed idrocarburi vengono versati frequentemente in mare dalle numerose raffinerie. Le navi petroliere riversano le loro acque di scarico e quando subiscono incidenti disperdono enormi quantità di petrolio greggio. Le componenti volatili del greggio evaporano in poco tempo, mentre altre sostanze contenute nel petrolio vengono trasportate dalle correnti marine a grandi distanze. Sono queste sostanze a provocare i maggiori danni all’ecosistema marino, persino gli uccelli in cerca di pesce muoiono avvelenati dagli inquinanti tossici. La quantità complessiva di idrocarburi scaricati in mare è di una ventina di milioni di tonnellate all'anno, di cui 600 000 tonnellate solo nel Mediterraneo. 4.4 L'inquinamento da plastica Negli ultimi anni enormi quantità di oggetti di plastica sono finiti in mare, riversati da terra alle navi. Nell’Oceano Pacifico si sono accumulate tonnellate di rifiuti galleggianti, soprattutto di plastica, raggruppate in enormi “vortici di spazzatura”, rifiuti che formano delle vere e proprie isole galleggianti. Questo fenomeno mette in pericolo la fauna marina, soprattutto per la presenza di frammenti di plastica inferiori ai 5 mm, detti “microplastiche” che spesso vengono ingerite da animali del mare. Ripulire il mare con navi e reti richiede tempi troppo lunghi per cui è stato creato il sistema “The Ocean Cleanup” che consiste in un tubo di polietilene lungo 1-2 km che galleggia sulle onde intercettando e concentrando i rifiuti. 4.5 Altri tipi d'inquinamento delle acque Lo scarico di acque utilizzate nei sistemi di riscaldamento e raffreddamento degli impianti industriali può causare alterazioni fisico-chimiche all'ambiente marino e agli organismi non abituati agli sbalzi termici. Ne sono responsabili soprattutto le centrali termo-elettriche e le centrali nucleari. Abbiamo anche l'inquinamento da sostanze radioattive, dovuto alle esplosioni atomiche, agli scarichi e alle perdite incontrollate delle centrali elettronucleari, alle scorie degli impianti che trattano materiali radioattivi, ai sommergibili e alle navi a propulsione nucleare, alle applicazioni dei radioisotopi (ospedali, industrie, ecc..). L'inquinamento acustico dell'ambiente marino prodotto dalla sempre più numerosa presenza dell’uomo, sta allontanando da molte zone gli organismi acusticamente più sensibili ed essi rischiano di non adattarsi alla ricerca di località più tranquille. L'inquinamento quindi, anche quando si verifica in mari interni si può estendere gradualmente agli interi oceani, si spostano gli organismi che vivono nel mare, e così anche gli agenti inquinanti si possono estendere molto lontano dal loro luogo d'origine. 5. movimenti del mare e i loro effetti sulle coste L'idrosfera marina è soggetta a numerosi movimenti la cui ampiezza è in genere molto modesta in rapporto alle dimensioni dei bacini che la contengono e le cui velocità sono piccole a confronto con la rotazione terrestre. Questi sono però importanti per il modellamento delle coste, per i loro riflessi sulla navigazione, sulla pesca e sulle opere marittime in generale. Fra i movimenti del mare ricordiamo i principali: O Leonde, che hanno comportamenti irregolari O Le maree, che consistono in oscillazioni periodiche dell'intera massa marina O Lecorrenti, che fanno capo alla grande circolazione oceanica globale e in genere sono costanti 5.1 Le onde marine Il moto ondoso è dovuto principalmente allo spirare del vento. Il vento produce sulla superficie del mare delle increspature che, dapprima leggere, vanno aumentando di dimensione man mano che l’aria in movimento esercita su di esse un'azione di pressione e di attrito, fino a che diventano delle vere e proprie onde forzate. È possibile anche osservare il mare agitato anche in zone prive di vento, a causa della propagazione del moto ondoso a distanze anche notevoli dal luogo d'origine. Il movimento non si interrompe bruscamente con il cessare del vento ma si attenua lentamente. In questi casi si parla di onde libere. In un'onda è possibile distinguere vari elementi: O Lacrestae il ventre (o cavo): la parte più rilevata e più depressa rispetto alla superficie orizzontale O L'altezza: la distanza secondo la verticale tra la cresta e il ventre O La lunghezza: la distanza orizzontale tra due creste o due ventri successivi Molto importanti sono anche i seguenti parametri: O La velocità di propagazione: lo spazio percorso nell'unità di tempo della cresta, di solito espressa in km/h O Il periodo: l'intervallo di tempo compreso fra due passaggi consecutivi di una cresta per lo stesso punto fisso O La direzione dell'orizzonte dalla quale l'ombra sembra provenire I parametri possono essere misurati mediante l'impiego di strumenti chiamati ondametri. L'altezza viene valutata sulla base di dati visivi per cui venne formulata la scala di Beaufort. In questa scala la velocità di un ma tendono a formare dei circuiti chiusi non sono nei singoli oceani ma anche nei due emisferi. Nell'emisfero boreale la circolazione si svolge in senso orario, in quello australe in senso antiorario. ® È importante anche l’azione dei venti, siano essi costanti (alisei, venti occidentali) o periodici (monsoni). Infatti i venti possono accelerare le correnti in superficie, rallentarle o addirittura invertire il loro corso. * Anche la morfologia dei bacini è rilevante; le correnti vengono deviate o modificate a seconda del loro orientamento rispetto alla costa e alle diverse condizioni del fondo marino. Le correnti influenzano il clima e la pesca, e tendono a spostare le fasce climatiche verso Nord o verso Sud, in particolare nelle zone costiere lungo le quali scorrono: in genere le correnti calde apportano notevole umidità, causano abbondanti precipitazioni, mentre quelle fredde, inibendo l’evaporazione, favoriscono l’aridità del clima. Le acque delle correnti fredde sono più ricche in Sali nutritivi per cui rendono più favorevole alla pesca il mare. Le correnti interessano anche i mari, con una circolazione superficiale e una profonda ma in maniera ridotta rispetto agli oceani. Nel Mar Mediterraneo, a causa dell’evaporazione più forte, le acque sono più salate e quindi più dense, di quelle dell'Oceano Atlantico. Per questo motivo attraverso lo Stretto di Gibilterra si origina una corrente di superficie di acqua meno densa che dall’Atlantico penetra nel Mediterraneo, mentre al di sotto una corrente di acqua più densa scorre in senso opposto. 5.4 L'azione morfologica del mare sulle coste Il mare, con i suoi movimenti, svolge una triplice azione - erosione, trasporto e deposizione - che si esercita lungo i litorali, cioè nelle zone di contatto fra le parti emerse e quelle sommerse del globo terrestre. Quest'opera modellatrice può portare o all’arretramento della linea di costa, quando prevalgono i suoi effetti distruttivi, o all'avanzamento della terraferma quando i processi costruttivi sono preponderanti. L’abrasione marina (attività erosiva del mare) è causata soprattutto dalle onde e solo in minima parte dalle maree e dalle correnti. Essa è particolarmente efficace lungo le coste con acque poco profonde, dove le onde, per l'attrito con il fondo, danno origine ai frangenti di spiaggia. Il mare opera anche come agente di trasporto e di deposizione. Le coste possono essere classificate in due categorie: le coste basse, che degradano verso il mare con debole inclinazione. Tra di esse riconosciamo le spiagge, i lidi, le lagune, gli stagni costieri, i delta dei fiumi; e coste alte, che possono ergersi dal livello del mare anche per parecchie centinaia di metri. Tra di esse si distinguono le coste unite (con andamento rettilineo) e coste frastagliate (con promontori ed insenature). ®* Lecostebasse derivano dal deposito di detriti trasportati dalle onde. Quando l'energia delle onde diminuisce, i materiali che esse trasportano vengono abbandonati e si accumulano. La deposizione si verificano soprattutto in zone con acque poco profonde, dove le onde abbandonano ciottoli e soprattutto sabbie, formando le spiagge. (figura 27, pagina 166) Talvolta i materiali vengono deposti ad una certa distanza dalla riva per cui i detriti si accumulano e formano un cordone litorale sottomarino, il quale, con il tempo, può ergere dall'acqua> creando un lido. | lidi si formano all'ingresso di senature o baie e delimitano specchi d'acqua chiamati lagune. Le lagune comunica con il mare attraverso piccoli varchi nel lido, varchi che poco a poco si restringono formando stagni costieri. Con il passare del tempo, se non intervengono variazione del livello del mare o della regione costiera, si ha un completo colmamento di detriti. E così la terraferma guadagna spazio. Anche sulle coste basse avviene l’abrasione marina, le onde rimaneggiano di continuo i detriti rocciosi frantumandoli e levigandoli. * Le costealte sono rappresentate dalle falesie, dai fiordi di origine glaciale (e dalle loro corrispondenti fluviali, le rias) e dalle coste tettoniche. A parte le falesie, di solito unite, le coste alte sono frastagliate perché il mare ha sommerso aree precedentemente modellate da ghiacciai o da fiumi. O Le falesie sono coste molto ripide che si formano per abrasione marina su una costa alta e rocciosa. Il mare erode la base della falesia scavando un solco, chiamato solco di battente, che a lungo andare fa crollare intere porzioni di scogliera. | materiali derivanti dalla demolizione della parete si accumulano ai suoi piedi e con il tempo si forma una piattaforma di abrasione marina, poco inclinata verso il mare e in buona parte sommersa. Ingrandendosi la piattaforma l’arretramento della falesia cessa. O fiordi, tipici della Norvegia, sono insenature lunghe e strette che penetrano profondamente nella terraferma (anche per più di 200 km) racchiuse da pareti ripide. Si tratta di antiche valli scavate dai ghiacciai durante le glaciazioni, sommerse dal mare dopo la fusione dei ghiacci O Le costetettoniche si trovano in zone caratterizzate da strutture a pieghe o a faglie. Sono spesso costituite da lunghi canali, paralleli alla linea di costa, che separano miriadi di isolette strette ed allungate. CAPITOLO 5 I GHIACCIAI E LE ACQUE CONTINENTALI 1. L'idrosfera continentale Oltre alle acque presenti in oceani e mari, la Terra possiede anche una buona quantità di acque sottoforma di ghiaccio, marino e continentale e sottoforma di neve: è la criosfera (dal greco kryos, freddo). E a questa si aggiunge l’acqua dei fiumi, dei laghi e quella sotterranea, cioè il complesso delle cosiddette acque continentali. L’idrosfera continentale è costituita di acque dolci, indispensabile per la nostra sopravvivenza. Sorgenti, corsi d'acqua, laghi e ghiacciai forniscono, sia ai vegetali, sia agli animali, quella quantità d'acqua che è indispensabile per il loro ciclo vitale. L'uomo utilizza l’acqua potabile ma soprattutto acqua destinata all'agricoltura e alle industrie. Cosicchè attualmente la quantità complessiva di acqua utilizzata ogni anno si aggira intorno ai 6000 kmî, e si assiste ad un incremento medio progressivo che è valutabile intorno al 4-5% l’anno. Fiumi e laghi hanno condizionato il sorgere di centri abitati e di industrie, i corsi d'acqua forniscono energia preziosa per le attività umane. Nelle acque continentali vivono in gran quantità microrganismi capaci di decomporre i rifiuti degli animali e dell'uomo. 2. Le nevi permanenti, il ghiaccio e i ghiacciai Nei luoghi delle terre emerse dove le precipitazioni avvengono soprattutto in forma solida, si formano spesso campi di neve, e questi, stratificandosi, si trasformano gradualmente in manti di ghiaccio. Dalla neve si passa al ghiaccio mediante una serie di modificazioni successive. | fiocchi di neve, che sono leggerissimi perché ai piccoli cristalli ghiacciati si accompagna una grande quantità di aria, vengono compressi e si rimpiccioliscono. Se sono coperti da altra neve, essi fondono e si cristallizzano assumendo forma granulare. Dallo studio di nevato, si passa al vero e proprio ghiaccio della parte più profonda di un ghiacciaio per appiattimento dei granuli e per cementazione da parte dell’acqua di fusione delle nevi superficiali, che penetra negli interstizi, ne schiaccia l'aria e ricongela. Si tratta di un lento processo, che avviene in decine di anni nei rilievi montuosi delle zone temperate e o in tempi ancor più lunghi nelle regioni polari, dove è scarsa o assente l’acqua di fusione. Nelle zone polari anche l’acqua dei mari congela, ma più lentamente rispetto all'acqua dolce in quanto ha un punto di congelamento di temperatura inferiore (-2/-3°C). L'acqua superficiale raggiunge questa temperatura quando l’aria sovrastante si mantiene per un certo tempo intorno ai 5-10°C sotto lo zero. Si forma così la banchisa, una sorta di crosta ghiacciata di estensione variabile a seconda della stagione e dell’anno; essa ha di regola uno spessore di 2-4 m, spesso si frantuma ed è più continua ed estesa durante la lunga “notte polare”. 2.1 Il limite delle nevi permanenti Neve e ghiaccio si conservano come tali al di sopra del limite delle nevi permanenti; cioè si conservano laddove - per effetto dell’altitudine, la latitudine, scarsa esposizione al Sole, venti e fattori minori - non tutta la neve caduta giunge a fusione durante le stagioni calde, cosicchè una parte di essa può accumularsi e permanere di anno in anno. Questo limite raggiunge le quote massime in corrispondenza delle zone tropicali e non di quelle equatoriali, ciò avviene perché nelle zone prossime ai tropici, interessate da alte pressioni permanenti, sono assai scarse le precipitazioni, che abbondano invece in prossimità dell'Equatore. All'aumentare dell’altitudine il limite delle nevi permanenti si abbassa molto più rapidamente nell'emisfero australe, tanto che al Circolo polare antartico esso coincide con il livello del mare; tale quota invece non viene mai raggiunta nell'emisfero boreale (osservare bene il grafico 4 a pagina 181). In Antartide le precipitazioni avvengono soltanto in forma solida, mentre nell’Artide, d'estate si registrano per brevi periodi temperature superiori a 0°C e quindi si possono verificare anche precipitazioni liquide. A volte gli accumuli nevosi non riescono a conservarsi, e quindi a trasformarsi in ghiaccio, neanche al di sopra del limite delle nevi, perché giacciono su pendii ripidi. Se lo spessore della coltre di neve supera un certo spessore o se un rapido aumento della temperatura provoca una parziale fusione (nelle Alpi accade soprattutto in primavera), si formano le valanghe, che precipitano a valle. 2.2 Le caratteristiche generali e le diversità dei ghiacciai Un ghiacciaio è una grande massa di ghiaccio derivante dalla neve, che occupa una superficie a varia inclinazione e si muove sotto la spinta del proprio peso. Ogni ghiacciaio è costituito da due parti principali con funzioni distinte: ® Lazonadialimentazione: è la parte più alta, ossia la zona di accumulo della neve che si trasforma in ghiaccio e rifornisce l’intero apparato glaciale. Essa ha spesso una forma a ferro di cavallo verso le quote minori ® Lazonadiablazione: è tutta la parte che scende sotto il limite delle nevi permanenti. In questa zona prevale la fusione e quindi la perdita di ghiaccio. Alla fine del ghiacciaio, verso valle, c'è una parete di fusione, la fronte, dalla quale può uscire un torrente glaciale. Non di rado alla fronte di un ghiacciaio l’acqua di fusione forma uno specchio lacustre. Accanto a queste caratteristiche comuni, i ghiacciai comunque presentano caratteri fisici e aspetti che li differenziano. In base alle proprietà fisiche, i ghiacciai possono essere distinti in varie categorie con comportamenti differenti: O ghiacciai polari (detti anche freddi), come la Calotta dell’Antartide, dove l’intera massa di ghiaccio conserva temperature sotto gli 0°C per tutto l’anno e la fusione dovuta alla radiazione solare è quasi inesistente; in essi si perde ghiaccio soltanto per distacco di blocchi che terminano in mare O ghiacciai temperati (detti anche caldi), come quelli delle Alpi, nei quali durante l'estate la temperatura superficiale sale sopra lo zero; in essi si alternano fasi di fusione e di ricristalizzazione, con perdite di ghiaccio e abbondante circolazione d'acqua O ghiacciai intermedi (o subpolari), come quelli dell'isola di Baffin (Canada settentrionale) nei quali la fusione è limitata e giunge non oltre una certa profondità Muovendosi, il ghiaccio, oltre ad erodere il fondo e i fianchi rocciosi delle valli, ingloba tutti i materiali detritici, trasportandoli a valle. | materiali trasportati a valle dal ghiaccio si accumulano ai fianchi, sul fondo e alla fronte del ghiacciaio e formano dei grandi ammassi detti morene deposte. A seconda della loro posizione, è possibile distinguere: Morene frontali, che si depositano nella parte terminale del ghiacciaio Morene laterali, connesse all’abbondante caduta di detriti Morene mediane dovute alla confluenza di due o pi Morene di fondo, che si trovano tra il fondo del ghiacciaio e il letto roccioso lingue glaciali (ee Mei) I ghiacciai depongono grandi quantità di detriti, soprattutto quando si ritirano, com'è accaduto al termine di ogni età glaciale. In queste circostanze possono venirsi a formare degli anfiteatri morenici , serie di colline disposte ad arco, costituite in varie fasi da grandi lingue glaciali. 3. Le acque sotterranee e le sorgenti | processi che regolano in maniera più diretta l’esistenza delle risorse idriche maggiormente utilizzate dagli esseri umani sono: O La penetrazione e la circolazione delle acque nel sottosuolo O Il ritorno di queste acque in superficie O Loscorrimento delle acque superficiali La consistenza di tali risorse è connessa con l'entità delle precipitazioni meteoriche e con le perdite per evapotraspirazione, ossia con le condizioni climatiche dei vari luoghi 3.1 Le falde idriche L’infiltrazione, ovvero la penetrazione delle acque nel suolo e nelle rocce, dipende da diversi fattori ‘a delle rocce dipende dal loro grado di fratturazione e dalla loro porosità. Quest'ultima proprietà è connessa, a sua volta alla maggiore o minore presenza di interstizi tra i granuli che compongono la roccia. Se le rocce sono permeabili, le acque possono scendere nel sottosuolo. Le permeabi Salvo alcune eccezioni con nel caso di grotte con laghetti o torrenti, nel sottosuolo non vi sono laghi o fiumi d’acqua, ma “sistemi idrici” che accolgono acqua negli interstizi fra i loro granuli o micro fessure. Un corpo roccioso permeabile da farsi attraversare da acque ma capace di trattenerne una quantità utile per alimentare sorgenti e pozzi è detto acquifero. Se in superficie affiorano gli stati permeabili di un acquifero, l’acqua si muove verso il basso finche non incontra un corpo roccioso impermeabile, detto acquicludo, che ne ostacola e impedisce il movimento. L'acqua quindi andrà gradualmente ad accumularsi formando una falda idrica. ® La falda idrica è denominata falda freatica quando non è delimitata superiormente da rocce impermeabili. La superficie freatica è quindi libera di oscillare, a seconda della quantità di acqua che riceve, e può giungere a contatto con il terreno. Le falde freatiche abbondano sotto il greto dei fiumi (falde di subalveo) e dalle pianure alluvionali composte da diverse rocce, non cementate. Esse contribuiscono a rifornire d'acqua la vegetazione a radice e vengono sfruttate con pozzi pochi profondi. * Seleacquesuperficiali penetrando si raccolgono in un acquifero compreso tra due acquicludi, si forma una falda imprigionata (o artesiana). Gli strati impermeabili al di sopra dell’acquifero impediscono all'acqua di arrivare alla falda; quest'ultima viene alimentata dalle acque che cadono nell’area di affioramento della roccia permeabile che costituisce l’acquifero. (osserva bene figura 17 pagina 190) Le falde imprigionate possono essere sfruttate con pozzi che forano lo strato impermeabile superiore. L'acqua all’interno del pozzo raggiunge lo stesso livello della zona di alimentazione; in questi pozzi, detti artesiani, l’acqua quindi fluisce spontaneamente. Se lo sfruttamento impoverisce la falda e ne abbassa la superficie, essi cessano di emettere acqua spontaneamente e debbono essere pompati. 3.2 Le sorgenti Il più delle volte le acque che si sono infiltrate nel sottosuolo riemergono, dando luogo alle manifestazioni superficiali che chiamiamo sorgenti. Le acque sorgive sboccano in superficie spontaneamente ed hanno caratteristiche e utilizzabilità diverse, a seconda della natura e della condizione delle rocce attraversate: Normali acque potabili, se il contenuto in sali oscilla fra 10 e 50 gr per litro; Acque minerali, fredde, ma con contenuto in Sali più elevato Acque termali, con temperatura variabile tra i 20 e 100°C o più Acque termominerali, calde e molto ricche in Sali ooo 0 L'elevata temperatura delle sorgenti calde può derivare da più cause: O Le acque sono scese in grande profondità e si sono riscaldate per effetto del calore interno della Terra (gradiente geografico) O Dall’esistenza di una massa magmatica non ancora del tutto raffreddata, poco più in giù della falda O Possibili reazioni chimiche, in profondità, che sviluppano calore I Sali delle acque mineralizzate derivano dal passaggio di esse attraverso rocce ricche di sostanze solubili (composti carbonici, gessosi, sulfurei) L'Italia è ricca di sorgenti minerali e sorgenti termominerali; le loro acque vengono impiegate come acque potabili e acque termali (usate contro reumatismi, artriti). Ci sono anche acque minerali povere di Sali che vengono chiamate oligominerali, utili per sciogliere i calcoli nell’apparato urinario. L'origine delle sorgenti può essere collegata a condizioni geologiche e topografiche diverse, i casi più comuni sono: O Sorgenti di deflusso: la falda idrica giace in rocce sabbiose (permeabili) su un substrato argilloso (o comunque impermeabile) inclinato verso la sorgente O Sorgentedi sbarramento: una falda uguale alla precedente può venire sbarrata da una faglia, cioè una frattura delle rocce che rialza il substrato argilloso costringendo l’acqua a sgorgare in superficie O Sorgente di trabocco: formazione rocciosa piegata e fessurata, con la concavità verso l'alto; giace su un substrato impermeabile O Sorgente carsica: le acque si infiltrano in rocce calcaree, raggiungono un reticolo di gallerie e cunicoli, dove scorrono fino al punto di emergenza. La sorgente carsica è l’unico caso di sorgente in cui l’acqua scorre velocemente, le altre hanno movimenti molto lenti, di metri o decine di metri l’anno. La quantità di acqua che sgorga nelle sorgenti, cioè la portata, si misura in litri (0 m?) al secondo e varia moltissimo da caso a caso. Le più grandi, parecchie delle quali di origine carsica, hanno portate anche di 20- 30 mî/s. 4. | corsi d’acqua Una parte considerevole delle acque di precipitazione meteorica che cadono sulle terre emerse ritorna al mare attraverso i fiumi. Un fiume è un corso d'acqua perenne, alimentato dalle sorgenti, dalle piogge e dell'eventuale fusione di nevi e di ghiacci. Il termine “perenne” significa che possiamo definire fiumi quei corsi dove l’acqua scorre tutto l’anno; quelli che durante le stagioni non piovose si prosciugano (del tutto o quasi) vengono definiti “intermittenti” e prendono il nome di torrenti. Il percorso di un fiume spesso inizia da una sorgente, in genere situata in una zona montuosa, e termina in mare, con la foce. Ma non tutti i fiumi confluiscono in mare, alcuni sfociano in altri fiumi, di cui sono affluenti; altri sboccano in laghi, di cui sono detti immissari. L’alveo è il letto, modellato dalla corrente, in cui scorre il fiume. 4.1 Caratteristiche dei temi flu La porzione di terra emersa che contribuisce con le sue acque ad alimentare un fiume, un torrente (o ruscello), ne costituisce il bacino idrografico, o bacino imbrifero. (figura 21 a pagina 193) Il bacino idrografico è delimitato dalla linea spartiacque che lo separa dai bacini adiacenti e racchiude al suo interno un sistema fluviale, o reticolo idrografico, formato dal corso d'acqua principale e da tutti i suoi affluenti. Il sistema idrografico prende avvio dalle precipitazioni che cadono all’interno del bacino imbrifero; esse alimentano i corsi d'acqua o direttamente con il ruscellamento superficiale (acque dilavanti) o indirettamente tramite la sorgente e la fusione di nevi e ghiacci. In alcuni casi può accadere che un fiume non venga alimentato solo dalle acque che cadono sul bacino idrografico, ma anche da quelle sotterranee presenti in bacini contigui. In questi casi, oltre al bacino idrografico, si deve distinguere il bacino idrogeologico, che rispetto al primo può avere ampiezza minore o maggiore. La lunghezza di un corso d’acqua dipende dai caratteri orografici e geologici della zona in cui esso scorre; i fiumi più lunghi si trovano sui grandi continenti. La pendenza di un corso d’acqua è il rapporto tra il dislivello esistente tra sorgente e foce e la lunghezza del suo percorso; i valori di pendenza variano notevolmente da un fiume all’altro. Anche nell’ambito di uno stesso fiume la pendenza assume diversi valori, tanto che è uso comune dividere un fiume in tre parti: O Il corso superiore, cioè il tratto che va dalla sorgente allo sbocco nella pianura, con pendenza mediamente elevata O Il corso medio, che si sviluppa nella pianura, con pendenza poco accentuata O Il corso inferiore, cioè il tratto vicino alla foce, con pendenza molto bassa È possibile calcolare una pendenza media di tutto il fiume, ma con precisione il valore viene calcolato su singoli tratti. La velocità, come la pendenza, varia sia da un corso d’acqua all’altro, sia lungo uno stesso corso d’acqua; essa dipende fondamentalmente dalla pendenza dell'alveo. La velocità è però legata ad altri fattori come: la profondità dell’acqua e la rugosità del letto; quest’ultima è strettamente collegata alla natura delle rocce. La velocità comunque non è uniforme nemmeno in ambito di una stessa sezione trasversale; è maggiore al centro e nella parte più alta, inferiore sul fondo e i lati a causa dell'attrito con l'alveo. La portata di un fiume esprime (in m°/s) il volume dell’acqua che passa, nell'unità di tempo, attraverso una sezione trasversale del fiume. Essa dipende da diversi fattori, tra cui quello delle condizioni climatiche è il più rilevante. Per uno stesso corso d’acqua si può distinguere la portata media, portata minima (detta L’origine dei laghi può essere di natura geologica, geomorfologica o anche umana. Sulla base delle loro caratteristiche si possono individuare diversi laghi: ® Ilaghidi escavazione glaciale comprendono i laghi di circo e i laghi vallivi. | laghi di circo occupano le alte e tondeggianti conche scavate dai ghiacciai lungo l'era glaciale; tra questi abbiamo i laghi alpini. I laghi glaciali vallivi sono dovuti all'escavazione di un tratto terminale di valle ad opera di una lingua glaciale che poi si è ritirata. Una conca lacustre il cui fondo è più basso del livello del mare si chiamo criptodepressione. ® Ilaghicraterici occupano i crateri di vulcani spenti; il materiale detritico eittato che occupa il fondo della depressione viene, con il tempo, alterato dalle acque che lo trasformano in materiale argilloso e impermeabile. ® Ilaghidi cavità tettonica sono dovuti ad acque raccoltesi in depressioni causate da abbassamenti di porzioni di crosta terrestre, o di singole parti di formazioni rocciose, per movimenti tettonici: fosse bordate da faglie, pieghe degli strati rocciosi con la concavità verso l'alto, sprofondamenti. ® laghi carsici occupano depressioni prodotte dall'azione chimica delle acque meteoriche sulle rocce calcaree; depressioni di cui il fondo è reso impermeabile dalla terra rossa. Esempi: lago di Doberdò, lago di Matese ® Ilaghicostieri si formano per accumulo, in mare, di cordoni litoranei di sabbia che in sabbia che in alcuni casi sbarrano le acque provenienti dalla terra emersa. Nella maggior parte dei casi i cordoni sabbiosi isolano un’insenatura marina; ne nasce una laguna che comunica con il mare attraverso una o più aperture del cordone e che si può trasformare in uno specchio lacustre o in uno stagno. Esempi: lago di Lesina, lago di Varano ® Ilaghirelitti sono masse d’acqua, in origine marina, rimaste isolate da movimenti della crosta terrestre o da abbassamento del livello del mare; essi in genere sono salati. Esempi: Caspio, lago d'Aral ® Ilaghidi sbarramento si originano per ostruzione di un tratto di valle: a monte della parte ostruita si raccolgono le acque fluviali. La valle può essere sbarrata da una frana, materiale morenico o da una colata di lava. Esempi: lago di Scanno * Laghidisbarramento artificiale, formatasi per la costruzione di dighe lunghe anche centinaia di metri, destinati a fornire energia elettrica o utilizzati per l'irrigazione. Nella prima metà del XX secolo quasi tutti i grandi fiumi europei sono stati sbarrati, anche più volte, cosicchè i laghi artificiali sono oggi innumerevoli. (sul libro sono riportati i maggiori laghi naturali del mondo e dell’Italia). 5.2 Caratteristiche idrologiche dei laghi L'alimentazione di un lago può derivare da un fiume, che prende il nome di immissario, o dalle acque piovane che, scorrendo sui versanti giungono al lago. Ma ogni lago può avere anche un emissario, che asporta l’acqua in eccesso e che lo collega al mare. In Italia il lago Maggiore, di Como e d'Iseo hanno rispettivamente, come immissario principale e come emissario, il Ticino, l’Adda e l'Oglio; il lago di Garda ha come immissario il fiume Sarca e come emissario il fiume Mincio; il lago di Bolsena ha solo l’emissario, il fiume Marta. Il bilancio idrico di un lago dipende da diversi fattori: presenza o assenza di collegamenti fluviali, drenaggio e raccolta delle acque piovane, perdite nel sottosuolo, evaporazione. Alcune proprietà delle acque lacustri: O Latrasparenza delle acque dei laghi è inferiore a quella del mare, perché le acque che si immettono in un lago disperdono una buona quantità di detriti O II colore delle acque dei laghi cambia da caso a caso e da momento a momento, dipende da diversi fattori tra cui quello del tempo atmosferico. Forel ha istituito una scala cromatica di 11 gradi di tonalità, scala poi estesa e modificata fino a 24 gradi O La temperatura delle acque dei laghi dipende dalla latitudine, dall’altitudine, dalla profondità del lago, dai caratteri climatici locali, dalla temperatura delle acque e dall'eventuale immissario. Un lago abbastanza grande attenua la rigidità invernale e il calore estivo nel territorio circostante. O La salinità dipende dalla genesi del lago. Nel caso di laghi con acque originariamente marine e soggette a forte evaporazione, la salinità è più alta di quella del mare; la stessa cosa si presenta quando un lago riceve, dalle acque immesse, forti quantità di Sali disciolti dalle rocce circostanti. La dinamica dei laghi è l’insieme di tutti i movimenti delle loro acque. Caratteristiche di essi sono le sesse, oscillazioni dell'intera superficie acquea dovuta a variazioni, da un luogo all’altro, della pressione atmosferica e spesso al continuo soffiare del vento lungo una stessa direzione. 5.3 Ambienti non durevoli e vulnerabili Il destino di un lago è quello di venire, prima o poi, colmato dai sedimenti; sul fondo di un lago si depongono strati di fanghi, chiari d'estate e scuri d'inverno. Lo studio dei pollini e dei resti vegetali contenuti nei sedimenti dei laghi permette di individuare l'evoluzione climatica e forestale del passato. Oltre alla vita degli animali e dei vegetali, è importante conoscere e preservare la vita del plancton, che è legata alla depurazione delle acque di alimentazione lacustre e che condiziona la possibilità di vita dei pesci. A causa dell’inquinamento, l'estinzione degli organismi lacustri può avvenire prima che i laghi vengano colmati. Esistono anche conche d'acqua più piccole e meno profonde: * Paludiestagni: sono sottili distese di acque basse, di modesta profondità. Possono rappresentare lo stato di vecchiaia di un lago quasi prosciugato, oppure originate dall’espansione di acque fluviali fuori dagli argini, o dalla raccolta di acque piovane su terreni impermeabili, e anche dall’emergere di una falda idrica. Paludi e stagni possono essere permanenti o meno, hanno fitta vegetazione. ® Le maremme sono estese piane acquitrinose che si trovano in mare. Sono ricche di vegetazione, e il ritrovo stagionale di uccelli migratori. 6. L'inquinamento delle acque continentali Le prime tracce d'inquinamento sono ormai visibili nei ghiacciai e sulle coltri nevose: le sostanze tossiche sospese nell'atmosfera cadono anche sulle aree innevate. L'inquinamento delle acque dolci dipende dalla quantità di sostanze nocive o tossiche che vi vengono immesse. Le sostanze inquinanti possono provocare l'esaurimento dell'ossigeno nell'acqua, causando la morte dei batteri aerobi, che mantengono l’acqua depurata. A questi si sostituiscono i batteri anaerobi, che contribuiscono alla putrefazione dell’acqua. 6.1 L'inquinamento delle acque superficiali Le principali fonti di inquinamento dei fiumi e dei laghi sono: O Leacqueresiduali urbane, che nelle metropoli raggiungono valori altissimi d'inquinamento O Leacque di scarico delle industrie, che portano con loro residui sia inerti, sia tossici O Le acque utilizzate dall’agricoltura, cariche di rifiuti di origine animale, insetticidi, pesticidi ecc.. Le acque dolci così si accumulano di centinaia di sostanze chimiche; con l’aiuto dei batteri, le acque non più pulite possono rigenerarsi solo se vengono inquinate entro certi limiti, limiti che oggi, in molte zone del mondo, sono stati ampliamente superati. Molto diffuso, soprattutto nei laghi, è il fenomeno dell’eutrofizzazione, che si manifesta per un eccesso di nutrienti la cui provenienza è dagli scarichi organici delle abitazioni dai detersivi. L'aumento di nutrienti stimola la crescita di alghe e batteri aerobi che: O Insuperficie formano un tappeto che ostruisce gli scambi di azoto, anidride carbonica e ossigeno con l'atmosfera sovrastante, oltre a impedire la penetrazione della luce O Lealghe sul fondo diventano cibo per altri batteri e altre alghe Così mano a mano l’ossigeno si riduce, e diventa insufficiente per la respirazione del pesci. Ai batteri aerobi si sostituiscono quelli anaerobi, che contribuiscono alla scomparsa di ogni forma di vita. La scomparsa della vita in tratti fluviali o in laghi, spesso è legata agli scarichi di acque di lavorazione calde, a temperature che non permettono la sopravvivenza degli organismi. Tra i casi più pericolosi d'inquinamento c’è anche la crescente presenza di metalli pesanti come piombo, selenio, cadmio, mercurio. Per le acque continentali si deve segnalare l'inquinamento da idrocarburi: nei grandi laghi con servizio di trasporto su nave, spesso un velo di nafta limita l’evaporazione, fa diminuire l'ossigenazione e distrugge le forme viventi. Altra fonte d'inquinamento consiste nell'uso di Quando un fiume sfocia in un lago, la massa d’acqua lacustre trattiene una buona percentuale di sostanze dannose provenienti dal fiume; per poter disporre della loro acqua per uso umano bisogna provvedere alla sistemazione di depuratori e attendere che la massa liquida venga totalmente ricambiata; quest’ultimo processo può avvenire anche nell'arco di uno e due secoli. 6.2 L'inquinamento delle falde acquifere Le falde idriche, sia freatiche che artesiane, costituiscono una fonte preziosa d’acqua potabile. L'inquinamento più veloce avviene nelle aree carsiche, dove l’acqua penetra meno lentamente nel sottosuolo. L'acqua delle falde acquifere si muove molto lentamente, e perché torni all’originaria purezza occorre attendere anni. Le fonti d'inquinamento delle falde acquifere sono tante: ®* Spessol’inquinamento è prodotto dalle fosse settiche, o pozzi neri, che contribuiscono a immettere nelle falde idriche potabili sostanze medicinali, colle, vernici, composti tossici ® |prodotti solidi vengono bruciati e accumulati in discariche, coperti di terra; l'acqua piovana assorbe dall’ammasso di rifiuti una grande quantità di sostanze inquinanti e la trasporta verso il basso, fino alla falda idrica * Ipesticidie fertilizzanti utilizzati per l'agricoltura giungono a contaminare le nostre risorse idriche sotterranee * Gliidrocarburi possono uscire dalle cisterne interrate nelle quali vengono conservati, inquinando le falde acquifere ®* Lacontaminazione da scorie radioattive, prodotte da centrali nucleari: in piccola parte la radioattività viene assunta dalle acque di scarico, che devono venire rapidamente diluite; la massa di scorie pericolosa deve quindi essere riposta in un luogo sicuro, dove per decine di migliaia di anni non venga a contatto con l'umanità, né con le falde idriche
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