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Governo e Politica in Italia agli Inizi del Novecento: Da Pelloux a Giolitti, Appunti di Storia

Storia Moderna d'ItaliaPolitica e Stato in ItaliaStoria economica italiana

La politica italiana agli inizi del novecento, dal tentativo di pelloux di ripristinare un ruolo limitato del governo, alla neutralità del governo nei conflitti di lavoro durante il governo di giolitti. Vengono trattati i cambiamenti di governo, le politiche economiche e sociali, e la formazione di nuove organizzazioni sindacali e bancarie. Giolitti si proponeva di rinnovare la società italiana, ma dovette affrontare le opposizioni dei gruppi liberali e socialisti.

Cosa imparerai

  • Che tentativo Pelloux fece per tornare a una interpretazione restrittiva dello Statuto?
  • Quali politiche economiche e sociali furono intraprese durante il governo di Giolitti?
  • Come si svilupparono le organizzazioni sindacali e bancarie durante questo periodo?

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 06/12/2019

Giuli183969295929
Giuli183969295929 🇮🇹

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Scarica Governo e Politica in Italia agli Inizi del Novecento: Da Pelloux a Giolitti e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! L’ETA’ GIOLITTIANA La caduta di Crispi (1896) per gli insuccessi coloniali e l’opposizione dell’estrema sinistra e di un parte della destra non attenuò la linea repressiva per risolvere le tensioni sociali. Anzi, con il ritorno di Rudinì si rinsaldò il fronte conservatore per ristabilire l’ordine minacciato dai socialisti e repubblicani . Questa linea conservatrice si esprimeva da un parte nel tentativo di tornare a una interpretazione restrittiva dello Statuto che rendesse il governo responsabile di fronte al sovrano, lasciando alle camere i solo compiti legislativi (proposta di Sonnino nell’articolo del 1897 Torniano allo Statuto) e nella tendenza a riprendere i modi crispini in maniera di ordine pubblico colpendo te ogni forma di protesta sociale. Le tensioni sociali esplosero nel 1898 la tensione esplose con l’aumento dei prezzi (provocato da un cattivo raccolto e dal blocco delle importazioni dagli Usa in seguito alla guerra di Cuba) in tutto il paese molte le manifestazioni popolari di protesta . La risposta del governo fu durissima, Rudinì si comportò come se dovesse fronteggiare un complotto rivoluzionario. Non diminuì il dazio sul grano, cosa invece da fare ma proclamò lo stadio d’assedio con massicci interventi delle forze di polizia con passaggio dei poteri alle autorità militari proclamando lo stato d’assedio. Il culmine si raggiunse a Milano l’8 e il 9 maggio 1898 quando le truppe del generale bava Beccaris sparano sulla folla provocando 100 morti e 500 feriti. Una volta riportato l’ordine, i gruppi moderati e conservatori che detenevano la maggioranza alla Camera cercarono di dare una base legislativa all’azione repressiva dei poteri pubblici. Lo scontro allora si trasferì dalle piazze alle aule parlamentari. Caduto il primo progetto di Rudinì , che si dimise nel giugno del 1989, il tentativo fu ripreso dal suo successore luigi Pelloux che presenta un pacchetto di provvedimenti restrittivi del diritto allo sciopero e delle libertà di stampa e di associazione. I gruppi di estrema sinistra (socialisti, radicali, repubblicani) risposero con l’ostruzionismo (prolungare all’infinito le discussioni, paralizzando così l’azione di maggioranza). Pelloux, incapace di venire a capo dell’ostruzionismo, e indebolito dalle opposizioni dei gruppi liberali progressisti che facevano capo a Zanardelli e Giolitti decise di sciogliere la Camera. Nel giugno del 1900 alle elezioni, l’opposizione guadagnò seggi a discapito della maggioranza. Pelloux dovette dimettersi , sale al governo Saracco, un moderato ritenuto super partes .Umberto I, sostenitore della politica repressiva, prese atto del fallimento, ma dopo un mese fu ucciso in un attentato da un anarchico, Gaetano Bresci, venuto dagli usa per vendicare le vittime di Milano. Una svolta liberale Saracco inaugurò una fase di distensione nella vita politica, favorita dal buon andamento dell’economia dall’allentamento delle tensioni sociali dall’atteggiamento del nuovo re, Vittorio Emanuele III più propenso alle forze progressiste. Il governo Saracco si dimise, in occasione di un suo comportamento incerto sullo sciopero indetto dai lavoratori genovesi nel 1901.Il re, chiamò alla guida del governo il leader della sinistra liberale Zanardelli (sinistra), che affidò il ministero degli Interni a Giovanni Giolitti. Che riguardo al dibattito parlamentare sullo sciopero, aveva formulato la teoria secondo cui lo Stato liberale non aveva nulla da temere dallo sviluppo delle organizzazioni operaie e nulla da guadagnare da una repressione delle loro attività, anzi, aveva tutto l’interesse a consentirne il libero svolgimento. RIFORME DI ZANARDELLI Ambito sociale : Estensione delle norme che limitavano il lavoro minorile e femminile nell’industria. Miglioramento della legislazione introdotta per la prima volta da Rudinì , relativa alle assicurazioni (volontarie) per la vecchiaia e a quelle (obbligatorie) per gli infortuni sul lavoro. Costituzione del Consiglio superiore del lavoro. Municipalizzazione di servizi pubblici come l’elettricità, il gas, i trasporti. Governi 1892-1893, 1903-1905 , 1906-1909 , 1911-1914 , 1920-1921 Importante Neutralità del governo in materia di conflitti di lavoro purché non degenerassero in violente manifestazioni. Conseguenze Sviluppo delle organizzazioni sindacali, costituzione delle camere del lavoro, crescita delle le organizzazioni di categoria ed anche dello sviluppo delle organizzazioni dei lavoratori agricoli,; nascita della Federterra, federazione italiana dei lavoratori della terra mirando alla socializzazione delle terre, aumento dei salari, riduzione degli orari di lavoro, istituzione di uffici di collocamento controllati dai lavoratori stessi. Lo sviluppo delle organizzazioni sindacali fu accompagnato da un aumento degli scioperi che portarono anche ad un aumento dei salari. Decollo industriale e progresso civile. Negli ultimi anni del secolo, inizia il decollo industriale italiano, preparato, negli anni precedenti dalla costruzione di una rete ferroviaria, dalla scelta protezionistica, dal riordinamento del sistema bancario. Nascono istituti di credito come la Banca Commerciale (1894) e il Credito Italiano (1895) che permisero di deviare i risparmi provati verso gli investimenti industriali (vedi Scandalo Banca Romana e nuove banche fine volume 2). Lo sviluppo industriale che riguardò il settore della siderurgia, il settore tessile (cotone), elettrico, agroalimentare (zucchero) , chimico (Pirelli) , meccanico dove si affermava l’industria automobilistica ( Fiat di Giovanni Agnelli 1899). Il decollo industriale , non ridusse il divario con i paesi più avanzati ma provocò un aumento del reddito e un miglioramento del tenore di vita degli italiani, lo sviluppo dei servizi pubblici, anche se le condizioni abitative dei lavoratori erano precarie, diffusione dell’acqua corrente nelle case e il miglioramento delle reti fognarie permisero di diminuire la mortalità da malattie infettive. Questi progressi non diminuirono l’analfabetismo che era ancora molto elevato e cresceva anche l’emigrazione, conseguenza della sovrabbondanza della popolazione rispetto alle capacità produttive dell’agricoltura, che nel sud restava arretrata (provocando un accentuarsi del divario con il Nord industrializzato).I meridionali migravano verso l’America del nord. Questo fenomeno aveva caratteri positivi: riduceva la pressione demografica, le rimesse degli emigranti (i risparmi inviati dai lavoratori all’estero per le famiglie in patria) alleviarono il disagio delle zone più depresse e risultarono di ottimo giovamento all’economia dell’intero paese. Caratteri negativi: l’emigrazione massiccia rappresento un impoverimento di forza rappresentò un impoverimento di forza lavoro e di energie intellettuali La questione meridionale Il progresso economico non si distribuì uniformemente nel paese ma soprattutto nel triangolo industriale(Milano, Torino, Genova) mentre nel sud era molto arretrata e con pochissimi progressi, l’agricoltura meridionale. L’arretratezza creava una buona parte dei mali storici della società meridionale quali l’’analfabetismo, la disgregazione sociale, l’assenza di una classe dirigente moderna, la subordinazione della piccola e media borghesia agli interessi della grande proprietà terriera, il carattere clientelare e personalistico della lotta politica. Tale carattere era accentuato dal fatto che molti giovani consideravano la conquista di un impiego pubblico, come l’unica alternativa alla disoccupazione e alla migrazione Governo Giolitti Giovanni Giolitti (1842-1928) . Nato da una famiglia di contadini di Mondovì, compiuti gli studi di diritto si impiegò nell’amministrazione statale raggiungendo i più alti gradi della dirigenza. Fu deputato di Dronero (Cuneo) ed esponente della Sinistra liberale .Ministro dell’interno nel governo Zanardelli , dopo le dimissioni di questi per salute nel 1903, diventa presidente del Consiglio rimandovi fino al marzo 1914 tranne alcune interruzioni (1905-1906, 1910-1911) . Rompendo con la tradizione crispina, Giolitti porta avanti una politica liberale dichiarando la neutralità del governo nei conflitti di lavoro , al governo spettava soltanto garantire l’ordine pubblico. Giolitti si proponeva di rinnovare dal basso la società italiana ma all’Italia, partecipano anch'essi alla qualità di elettori, ove abbiano ottenuta la naturalità per decreto reale e prestato giuramento di fedeltà al Re. L'acquisto del diritto elettorato da parte dei non italiani è regolato dalla legge 17 maggio 1906, n. 217 . Art. 2. Sono elettori: 1. Coloro, che abbiano compiuto il trentesimo anno di età o che lo compiano non più tardi del 31 maggio dell’anno, in cui ha luogo la revisione della lista; 2. coloro, che avendo compiuto il ventunesimo anno di età o compiendolo non più tardi del 31 maggio dell’anno, in cui ha luogo la revisione della lista, abbiano prestato servizio effettivo nel Regio esercito, nel corpo R. equipaggi o in altri corpi, il cui servizio sia valido agli effetti dell’obbligo militare, per un tempo non inferiore a quello pel quale sono trattenuti alle armi rispettivamente i militari del R. [regio] esercito e i militari del corpo R. equipaggi, vincolati alla ferma di un anno.Art. 3.Sono elettori, quando abbiano compiuto il ventunesimo anno di età o lo compiano non più tardi del 31 maggio dell’anno, in cui ha luogo la revisione della lista, coloro che abbiano superato l’esame di compimento del corso elementare inferiore. La legge Daneo-Credaro era stata varata all’inizio del 1911 sotto il governo Luzzatti che rendeva obbligatoria la frequenza scolastica fino a 12 anni, mentre la scuola elementare non fu più dipendente dai Comuni, bensì dallo Stato, che ne assumeva la gestione. In questo modo le scuole di molti Comuni che non potevano permettersi la manutenzione degli edifici scolastici furono migliorate, permettendo una maggiore alfabetizzazione delle masse popolari, specie quelle rurali. A questa riforma, Luzzati volle far seguire quella elettorale, che prevedeva l'estensione del suffragio a quattro milioni e mezzo di nuovi elettori; la sua proposta fu accantonata per l'opposizione dell'Estrema Sinistra, che chiedeva invece il suffragio universale. Sfumato il suo progetto, Luzzatti rassegnò le dimissioni il 29 marzo 1911. Ritorna al governo Giolitti LE DIFFICOLTA’ DELLA POLITICA RIFORMATRICE Il limite della sua politica è stato la mancanza di una maggioranza parlamentare così Giolitti per attuare la sua politica allargò le basi della maggioranza sia verso il centro Sinistra(socialisti) che verso il centro Destra (accanto ai conservatori si organizzarono gruppi cattolici e nazionalisti). Giolitti aveva offerto già nel 1903 a Filippo Turati la possibilità di entrare in governo ma egli rifiutò, pensando alle conseguenze negative che avrebbe portato la sua scelta all’interno del partito. Nel 1904 Giolitti rassicurò le autorità ecclesiastiche e i circoli cattolici e grazie al loro appoggio riuscì a vincere le lezioni politiche di quell’anno, arrestando il movimento di sinistra. Egli divenne il punto di congiunzione di spinte ed interessi diversi, mitigando i rapporti tra le forze più dinamiche e le altre. Da questo derivò il ricorso a sistemi di manipolazione di una maggioranza parlamentare tenuta in piedi alla concessione di favori a persone o clientele . Ma il “gioco” di Giolitti non riuscì : la guerra di Libia irrigidì contro di lui i socialisti riformatori ed anche i nazionalisti che avanzeranno tra il 1914-1915 ponendo fine all’età e agli ideali dello Stato Liberale. LA GUERRA DI LIBIA Svolta a partire dal 1896 attenuando la politica filotedesca Italia , pur restando fedele alla triplice alleanza, migliorando i rapporti con la Francia per cui nel 1898 con un nuovo trattato commerciale termina la guerra doganale e con l’accordo del 1902 venivano divise le zone d’influenza nell’Africa settentrionale riconoscendo all’Italia i diritti sulla Libia e alla Francia in Marocco. Ciò aveva creato tensioni nella Triplice perché la Germania non condivideva il riconoscimento delle aspirazioni francesi sul Marocco da parte dell’Italia mentre l’Italia non aveva accettato come era avvenuta l’annessione della Bosnia nel 1908 da parte dell’Austria . Nonostante il fallimento delle prime imprese coloniali, molti politici ed intellettuali italiani auspicavano per l’Italia a un progetto di grande potenza a cui potevano contribuire le energie dei lavoratori italiani che invece prendevano la strada dell’emigrazione . Mutò quindi l’atteggiamento dell’opinione pubblica nei confronti delle imprese coloniali, che cominciarono ad essere propagandate soprattutto dal nuovo movimento nazionalista (Associazione nazionalista italiana 1910) che si ispirava alla teoria dello scrittore Enrico Corradini basata sul contrasto tra nazioni capitalistiche tricche e nazioni proletarie. Questi dal suo periodico romano “L’idea nazionale” diede vita ad una campagna a favore della conquista della Libia e in questa campagna i nazionalisti trovarono come alleati i gruppi cattolico-moderati legati alla finanza vaticana e in particolare al Banco di Roma . La spinta decisiva alla guerra venne dalla seconda crisi marocchina nell’estate 1911 quando era chiaro che la Francia s’insediasse in Marocco , il governo italiano tenendosi fedele agli accordi del 1902 inviò sulle coste libiche un contingente armato di 35 mila uomini. Infatti Giolitti resosi conto che la sconfitta di Adua era stata una sconfitta diplomatica mancando accordi preventivi con Francia ed Inghilterra, aveva stretto una serie di alleanze con le potenze occidentali, perfino con la Russia. L’Italia riconoscendo i diritti francesi sul Marocco e quelli inglesi in Egitto aveva campo libero in Tripolitania e Cirenaica con disapprovazione da parte della Germania delle iniziative italiane. Settembre 1911: Giolitti con l’assenso di Francia ed Inghilterra invia l’ultimatum alla Turchia, giustificando la spedizione con il timore di un’occupazione della Libia da parte di altre potenze. Favorevoli all’impresa libica: i socialisti rivoluzionari di Arturo Labriola e i moderati di Bissolati e Bonomi (vista come uno sbocco all’emigrazione meridionale), i cattolici (vista come una crociata contro l’Islam) , i nazionalisti che esaltavano la guerra e la grandezza dell’Italia , il mondo dell’alta finanza (investimenti in Libia del Banco di Roma) .Contrari alla guerra i socialisti turatiani e i radicali. Difficoltà della guerra a causa dell’andamento delle operazioni, la guerriglia delle popolazioni libiche e l’alto costo dell’impresa con delusione per la scarsità di ricchezze e l’assorbimento di pochi lavoratori. Per terminare le operazioni militari, la guerra venne spostata in territorio turco attaccando nella primavera de 1912 l’isola di Rodi e forzando lo stretto dei Dardanelli. La Turchia fu costretta ad accettare la pace di Losanna (ottobre 1912) che riconosceva all’Italia il diritto sulla Libia e il controllo di Rodi e delle isole del Dodecaneso con cessazione della guerriglia araba che durerà fino al 1927. Dal punto di vista economico la conquista della Libia si rivelò un pessimo affare perchè non aveva le ricchezze favoleggiate e la colonizzazione delle coste non bastò ad assorbire la manodopera dei lavoratori italiani .Molte le opposizioni alle imprese coloniali dai socialisti ai repubblicani e ai radicali ma la maggioranza dell’opinione pubblica si schierò a favore dell’impresa coloniale . Il successo di tale impresa non favorì il consolidamento del governo anzi scosse gli equilibri su cui si reggeva il sistema giolittiano e rafforzò le ali estreme come i conservatori, soprattutto i nazionalisti mentre sul versante opposto emergevano le tendenze più rivoluzionarie dei socialisti indebolendo le posizioni riformiste. SOCIALISTI E CATTOLICI Primi ani ‘900 domina nel socialismo la corrente riformista di Turati come gruppo di centro, a destra il gruppo revisionista di Bissolati e Bonomi, a sinistra i rivoluzionari di Arturo Labriola che riprendono da Sorel l’idea dello sciopero in funzione rivoluzionaria. 1904: congresso di Bologna prevalenza dei socialisti rivoluzionari con sciopero generale nello stesso anno. 1908 congresso di Firenze maggioranza per i riformisti turatiani con espulsione dei sindacalisti rivoluzionari (responsabili degli scioperi bracciantili nel parmense e nel ferrarese) che formeranno nel 1912 l’Unione sindacale italiana. Appoggio della Confederazione Generale del Lavoro CGL nata nel 1906. La Sinistra del partito socialista prevalse nel congresso di Reggio Emilia del 1912 con Benito Mussolini che ottenne l’espulsione dei riformisti di destra guidati da Bissolati, Bonomi, Cabrini, accusati di aver approvato la guerra di Libia. Nacque un nuovo partito socialista ( partito socialista rifomista) mentre il partito socialista originario anche per l’azione svolta da Mussolini, divenuto direttore dell’Avanti, assunse posizioni rivoluzionarie e antiparlamentari. Cattolici: avvento di Pio X (1903-1914) , intransigenza dottrinale e rifiuto delle nuove tendenze. 1907 condanna del modernismo con l’enciclica “Pascendi”, emarginati i gruppi di opposizione cattolica guidati da Romolo Murri, Filippo Meda e Luigi Sturzo che avanzavano un programma di “democrazia cristiana”. Appoggiate le posizioni dei cattolici conservatori che intendevano collaborare con la classe dirigente contro i radicali e i socialisti. Questo orientamento detto “clerico-moderato” favorirà la partecipazione dei cattolici alle elezioni politiche. Dal 1904: appoggiati i candidati liberali o cattolici disposti a contrastare i disegni di leggi contrari alla Chiesa. Ne scaturì il PATTO GENTILONI (1913) con successo dei deputati cattolici in parlamento , i cattolici sono presenti nell’industria, nella banca, nelle cooperative, nella scuola , nella stampa) diventando una forza radicata e diffusa nella società. Il nazionalismo italiano si organizza in movimento politico Nel corso dell’ottocento l’idea di nazione aveva perso il suo significato democratico di Rousseau per legarsi ai miti del territorio, del sangue e della razza dando luogo ad un nazionalismo autoritario e di conquista .Si diffondono così le ideologie nazionaliste organizzando consensi di massa intorno all’idea della grandezza nazionale che porterà le folle ad esaltare il patriottismo ponendo le basi per i regimi reazionari del fascismo e del nazismo. In Italia i primi segni del nazionalismo si possono cogliere nelle riviste d’avanguardia e nei circoli intellettuali in cui erano mescolati temi del decadentismo, del futurismo , entusiasmo per la guerra e rivendicazioni dei ceti popolari. Nei primi anni del ‘900 gli intellettuali nazionalisti trasferirono i loro programmi dalla letteratura alla politica. L’annessione della Bosnia-Erzegovina nel 1908 da parte dell’Austria suscitò in Italia un forte movimento nazionalista . 1910 primo congresso di Firenze: fondazione dell’ANI ed esaltazione della guerra come “igiene del mondo” . Il nazionalismo, movimento di estrema destra, si rivelò un movimento reazionario con progetti antiliberali e socialisti. Il nazionalista LUIGI FEDERZONI (1878-1967) in tale congresso sollecitò il congresso italiano a riprendere con l’intervento in Libia il programma crispino di conquiste africane, mentre ENRICO CORADINI (1865-1931) insisteva sull’espansione per la grandezza della nazione. La guerra di Libia fu per I nazionalisti il presupposto dell’espansione italiana . Aldilà degli entusiasmi dei nazionalisti si nascondevano gli interessi dell’alta finanza e degli industriali che giustificavano le loro esigenze di protezionismo ricorrendo ad un’abile retorica che utilizzava il linguaggio delle avanguardie letterarie. I problemi del Mezzogiorno nell'età giolittiana Giolitti venne fortemente criticato a causa delle conseguenze della politica da lui attuata. Economisti e uomini politici come Salvemini, Sturzo, Einaudi, Albertini e Nitti lo accusarono di settentrionalismo , cioè di aver favorito lo sviluppo industriale nel Nord Italia grazie alla politica protezionistica danneggiando la produzione e le esportazioni (agrumi, olio, vini) nel Sud ancora fortemente arretrato. L’economista lucano Francesco Saverio Nitti (1868-1953) dimostrò come i capitali fossero stati trasferiti dal sud al nord con il prelievo fiscale , il sud aveva pagato i costi dell’industrializzazione e con il protezionismo il sud era diventato il mercato per lo smercio dei prodotti della pianura padana. Lo storico Gaetano Salvemini (1873-1957) considerò Giolitti come ministro della malavita, accusandolo di aver promosso una politica basata su favoritismi, clientelismi e corruzione elettorale rendendo la rappresentanza meridionale uno strumento del governo . Nel sud Giolitti si limitò a provvedimenti paternalistici che non furono sufficienti data le condizioni di arretratezza mentre sarebbe stata necessaria una politica economica diversa con interventi quali la distribuzione della grande proprietà, l'incentivo del credito agrario e l’apertura verso il commercio mediterraneo. Poiché tali interventi non furono attuati ai ceti popolari del sud rimase soltanto la via dell’emigrazione
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