Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

IL LINGUAGGIO DELL'ARTE ROMA TONIO HOLSCHER, Sintesi del corso di Filosofia

Riassunto completo del libro, capitoli. Per esame di estetica

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 16/02/2018

daria-de-pascale-1
daria-de-pascale-1 🇮🇹

4.5

(7)

2 documenti

1 / 35

Toggle sidebar
Discount

In offerta

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica IL LINGUAGGIO DELL'ARTE ROMA TONIO HOLSCHER e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia solo su Docsity! ESTETICA: LIBRIO TONIO HOLSCHER- IL LINGUAGGIO DELL’ARTE ROMANA Introduzione: Nel libro Il Linguaggio dell’arte Romana, di Tonio Holscher, professore all’università di Heidelberg in Germania, l’autore offre una lettura del classicismo dell’arte romana, seguendo ed interpretando i percorsi che hanno condotto alla cristallizzazione dei modelli greci durante l’epoca imperiale. Il libro è attraversato dalla domanda “è l’arte romana originale?”. Nella Roma all’apice dello splendore, l’arte diventa veicolo privilegiato per esprimere messaggi, non solo estetici, ma messaggi politici, morali ed ideologici. Messaggi che vengono espressi attraverso forme specifiche, mutuate dall’arte greca, che comunicano altrettanti valori specifici squisitamente romani. Queste forme diventano standard, simboli costantemente ripetibili e riconoscibili da ogni abitante dell’impero. Nel libro troviamo diverse tavole, che mettono a confronto opere d’arte romana e originali greci: in particolare raffigurazioni di battaglie, riti religiosi come le processioni, nelle quali la componente simbolica si fa più evidente ed emerge più chiaramente la tipizzazione delle forme. Le opere d’arte non vengono più considerate solamente dal punto di vista della produzione, come espressione dell’artista e del committente, ma vengono considerate anche dal punto di vista della comunicazione, poichè erano appunto veicolo privilegiato della vita sociale nel suo complesso. Capitolo Primo: L’arte greca suscita facilmente l’impressione di una immediata e rilievo storico (specialmente di età flavia e traianea) e alcuni settori dell’architettura. Ad esempio alcune classi di opere come la scultura ideale e il rilievo mitologico non vennero mai esaminate in maniera concreta, se non ignorate. La difficoltà di parlare del rapporto tra arte romana e i suoi modelli greci è dovuta anche dai differenti usi del concetto di classicismo. In senso ristretto indica la ripresa del modello delle epoche “classiche” dell’arte greca, quindi V e IV secolo a.C. con un’attenzione particolare per i decenni della piena classicità di Fidia e Policleto. In senso più ampio, il concetto di classicismo comprende tutta l’arte greca nella sua totalità, dal tardo arcaico alla fine dell’ellenismo. Nel primo caso abbiamo un senso ristretto , nel secondo caso, classicismo inteso senza restrizioni di stili appartenenti a epoche diverse dell’arte greca. Capitolo Secondo: Si può dire che ogni periodo della storia romana abbia ripreso quella fase dell’arte greca che di volta in volta si avvicinava di più ai propri ideali stilistici. Ad esempio in età Augustea, il tipo principale del ritratto di Augusto(figura 2), testimonia il ricorso all’ordinato linguaggio formale “classico” del V secolo a.C. in particolare a quello di Policleto(figura 1). In età flavia invece, il ritratto di Vespasiano(figura 6), si ricollega alle movimentate forme barocche dell’ellenismo. L’idea che sta alla base è quella di un’arte romana che si evolve oscillando tra fasi classicistiche e fasi barocche, dove in questo caso “Classicismo” e “Barocco” sono intesi come stili dell’epoca. In ogni fase della storia romana si è fatto ricorso alle epoche stilistiche più diverse, dal tardo arcaismo fino al tardo-ellenistico. Ad esempio il tipo fisico policleteo (figura 9), pienamente classico, quindi metà del V secolo a.C. circa, è stato normativo sia all’inizio dell’età imperiale per l’Idolino di Firenze(figura 7), sia un secolo dopo, in età flavia, per una statua di un giovane, oggi in Vaticano(figura 8). In età augustea, come in età flavia, si è fatto ricorso a tradizioni tipologiche sia classiche che ellenistiche. Si può dire quindi, che i periodi romani, non possono essere distinti in base alla selezione di schemi di rappresentazione e tipi di figure determinati che appartengono ad un preciso periodo greco. I periodi romani, sono segnati dallo stile delle rispettive epoche, sono segnati dall’esecuzione artigianale delle rispettive epoche. Ad esempio l’Idolino di Firenze ha la conformazione scarna e asciutta tipica della prima età imperiale, mentre le forme del giovane del Vaticano sono quelle molli e grassocce dell’età flavia. Questo pluralismo nella scelta dei modelli era tale, primo gruppo invece è più inteso come patrimonio culturale, fruibile collettivamente, che genera un linguaggio figurativo differenziato. Concludendo: l’arte romana non ha regolato la scelta dei suoi modelli in base allo stile o al gusto, ma ha regolato la scelta dei suoi modelli in base ai contenuti e ai temi. Ha di volta in volta ripreso, prototipi diversi dell’arte greca da periodi diversi, in funzione degli ambiti tematici. Capitolo Terzo: Le rappresentazioni romane di battaglie rientrano quasi per intero nella tradizione dell’arte ellenistica. Ad esempio: nel mosaico di Alessandro da Pompei(figura 27), è un’ottima copia di un importante dipinto dell’epoca immediatamente successiva alla morte di Alessandro Magno. Nella composizione globale di questo quadro, risulta determinante la nuova concezione spaziale del primo ellenismo. Solitamente le rappresentazioni di battaglie in età classica, risolvevano lo svolgersi di eventi in monomachie: ciascun personaggio era posto in relazione esclusivamente con il suo diretto avversario e i vari gruppi di combattenti non erano legati da nessun rapporto effettivo tra di loro. Ogni gruppo era organizzato sé. Nel dipinto invece abbiamo un intreccio di azioni di personaggi posto all’interno di un ampio spazio continuo: ad esempio Alessandro e i macedoni che attaccano da sinistra e si scontrano con il centro dell’armata persiana, e dei cavalieri con le lance i spalla aggirano i nemici. La conseguenza è che le figure vengono così riunite in grandi masse, fondendosi così in un unico movimento collettivo, e il singolo viene compreso all’interno di più ampio intreccio di azioni. Ciò potrebbe dimostrare che questo è un sintomo dell’epoca che iscriveva l’individuo in una rete collettiva di azioni. Uno degli aspetti più pronunciati del quadro è il grande numero di destini particolari che vi sono contenuti: un nobile persiano che si interpone all’ultimo minuto sulla via di Alessandro che avanza impetuoso, un altro che con estrema fatica tiene pronto per la fuga del Re un cavallo imbizzarrito, tre persiani caduti uno dei quali è sotto gli zoccoli dei cavalli, mentre sugli altri due incombe l’enorme ruota chiodata. Solitamente nelle scene di battaglia classiche, vincitori e vinti venivano legati in un medesimo contesto di fato e azione, mentre nella tradizione ellenistica si predilige un isolamento delle sorti individuali (come nel mosaico): questo perché era necessario che il ruolo del singolo all’interno di una totalità superiore assurgesse a soggetto figurativo. Un ruolo fondamentale è quello del pathos, che viene espresso: nel braccio alzato del persiano trafitto tra i fisionomia barbara che il braccio separa dal corpo nella visione laterale. Un altro esempio è il monumento di Emilio Paolo a Delfi(figura 36;37): nel fregio alla sommità del pilastro non sono raffigurati gli avversari da soli, ma romani e greci in lotta fra di loro a Pidna, in una composizione più tosto tradizionale , ma il generale vittorioso non vi compare. Non può essere Emilio Paolo il cavaliere sul lato anteriore che in forte contrato prospettico cavalca verso il fondo, per due motivi: perché la veduta di spalle è infelice per un personaggio principale e perché l’avversario ha uno scudo di foggia romana e quindi il cavaliere sarà per forza un greco. Emilio Paolo a cavallo, si erge invece con la statua di bronzo al di sopra degli anonimi episodi di lotta del fregio, ciò significa che non solo i nemici sconfitti, ma anche le truppe romane costituivano sia letteralmente che in senso metaforico la base della gloria del condottiero. La concezione che sta alla base di queste immagini di battaglia ha una controparte letteraria nella storiografia drammatizzante (tragica) dell’ellenismo. Gli storici di questo indirizzo si proponevano di far rivivere la storia in prima persona ai lettori: porre gli eventi davanti agli occhi in maniera viva e credibile. I principali rappresentanti di tale storiografia sono Duride di Samo e Filarco. Già per Aristotele il mezzo principale per suscitare pathos erano “fatti mortali o luttuosi”, come le uccisioni a scena aperta, sofferenze intense , ferimenti ecc. Duride e Filarco descrissero a forti tinte queste scene in particolare Duride le raccontava in ogni dettaglio. Mentre Filarco portò a effetti drammatici e di grande orza psicagogica la narrazione della morte di Cleomene e dei suoi compagni, che si uccisero tra di loro o commisero suicidio. Il pathos viene rafforzato se nel caso della sconfitta i perdenti trovavano la morte per mano dei loro stessi compagni: anche in questo la storiografia tragica e il Mosaico corrispondono. Aristotele per destare terrore e compassione, consiglia particolarmente la morte violenta ad opera di familiari o amici, o anche il suicidio. Il suicidio di chi è inseguito e l’uccisione reciproca di familiari e amici fu uno dei momenti culminanti della storiografia tragica, proprio per questo il Gruppo Ludovisi è un esempio per l’intensità, e il dolore. Come una tragedia ha pochi eroi in primo piano così anche la storiografia tragica si concentra su singole personalità ad esempio la rappresentazione di Agatocle da parte di Duride, o ad esempio nel Mosaico di Alessandro l’ondeggiare delle masse dei combattenti culmina nella contrapposizione dei due re. Aristotele e gli storici volgono lo sguardo specialmente ai sofferenti e ai soccombenti. La storiografia tragica allo stesso tempo si pathos era possibile soprattutto nella descrizione di episodi notturni ricchi di suggestione esercitata dalla calma e dallo strepitio dei mezzi più efficaci della storiografia tragica. In un Rilievo di Palestrina(figura 39) e poco dopo il fregio di Mantova(figura 38), riprendevano l’addensamento e la distribuzione in profondità delle figure tipiche delle scene di battaglie ellenistiche. L’ideologia romana ha in questi casi portato ad accentuare maggiormente la superiorità dei vincitori, che cavalcano in una fascia più alta sorpassando i nemici giacenti per terra. Soprattutto , nel fregio di Mantova, vi è il motivo patetico del barbaro che trascina fuori dal tumulto il suo giovane compagno morto, ed è in piena sintonia con le caratteristiche della storiografia tragica. Anche qui l’esitazione della propria vittoria non esclude l’attenzione verso il destino dell’avversario. C’è anche il caso della totale separazione del vincitore dagli sconfitti, come era già stata concepita in alcuni monumenti ellenistici: ad esempio sulla Gemma Augustea(figura 40) il modo in cui è raffigurato il sovrano, il quale sul trono sovrasta trionfalmente la fascia dei sottomessi, è ancora più forte che sul pilastro di Emilio Paolo(figura 36). La misera afflizione degli avversari non fa che accrescere la grandezza dell’imperatore. Fa senz’altro parte della tradizione ellenistica il fregio di battaglia trainato reimpiegato sull’Arco di Costantino(figura 42), e anche qui la concezione romana ha indotto a rendere assoluta la superiorità del vincitore: dove Traiano spinge i suoi nemici in massa davanti a sé, ma nessun comandate avversario compare a fare da controparte. Anche qui vengono inseriti i forti motivi di pathos: teste mozzate, il famoso morto sotto le zampe del cavallo al galoppo (figura 43). La Colonna Traiana non comprende solo numerose immagini di battaglia costruite alla maniera ellenistica, ma anche altre scene di efficacia “tragica”, come i dati di una città assediata che scelgono di suicidarsi in massa con il veleno, altri giacciono inanimati al suolo, e altri cercano di fuggire(figura 44). L’obiettivo era quello da un lato di accrescere la gloria del vincitore mediante il pathos della lotta e le sofferenze degli sconfitti, dall’altro il linguaggio delle forme ellenistiche permetteva di esprimere gli sforzi per la vittoria. A partire da Alessandro Magno, nell’ellenismo era un dato di fatto che le grandi imprese, soprattutto battaglie e conquiste, fossero legate a grandi fatiche, e la ripresa di tali forme a Roma coincideva con il concetto di labor. Durante l’ellenismo , e soprattutto in età imperiale, i comandanti e i sovrani si distaccarono sempre più dal tumulto e dalle fatiche della battaglia, mentre i compiti dell’esercito rimanevano sempre fortemente influenzati da questa oratorio è nel contempo stile politico , e le parole sono un riflesso dell’anima. Quindi il classicismo era segno di una scelta politica in quanto era atto a esprimere l’ordinamento dello stato romano. Policleto venne preso a modello dell’arte ufficiale, come figura-guida per una struttura formale razionale e classicistica. Ad esempio il tipo principale del ritratto di Augusto (figura 2), si collega al Doriforo di Policleto(figura 1), nelle fattezze del viso che sono nettamente definite, senza indicazioni di età, e nelle ciocche falciformi armoniosamente composte dei capelli. La composizione dei personaggi sull’Ar Pacis mostra notevoli affinità con i feti classici, ad esempio nello stratificarsi delle figure. Anche le singole persone dell’Ara Pacis si avvicinano molto a tipi classici ad esempio i togati, con questo atteggiamento insieme naturale e solenne delle figure del Partenone(figura 13;15). Queste forme non appaiono secondo un aspetto classico puro, ma sono frammiste a componenti più recenti, ma non si può mettere in dubbio il rapporto con la gravità classica. Nella concezione romana, lo stile di Fidia incarnava la maiestatis\ regalità, pondus\solennità,actoritas\maestà, concetti molto vicini alla gravitas e sancita di Policleto, ed entrambi questi gruppi soddisfano l’esigenza ciceroniana di dignitas\decoro. Con il classicismo, Augusto prendeva pubblicamente le distanze da Antonio, a cui rimproverava le sue tendenza “asiane” , si trattava di una presa di posizione di intelletto contro emotività. Augusto cercava di ripristinare la dignitas, come ad esempio nel Foro, provvide che l’unica foggia di vestiario consentita fosse la toga. Lo stile generale di Augusto girava attorno a determinati tempi quali il Senato, gli ordini sacerdotali più importanti e soprattutto la propria persona. Le forme greche classiche dovevano rappresentare la dignitas e l’auctoritas , idee-guida inserite nel sistema di valori romano, ma è evidente come le rappresentazioni della dignitas dei cerimoniali di stato, conseguirono poi una larga autonomia rispetto all’aiuto della grecità classica con cui si erano sviluppate in un primo tempo. Ad esempio sull’Arco di Traiano a Benevento(figura 53), i personaggi sono posti a tutto tondo su uno sfondo neutro, come su un palcoscenico, e appaiono addensati fortemente e distribuiti in profondità, , e tutto ciò non suggerisce collegamenti con il fregio del Partenone. Capitolo Sei: Il motivo della battaglia e quello della solenne cerimonia statale, mostran Capitolo Settimo: In età tardo ellenistica e romana le forme stilistiche dei vari periodi dell’arte greca venivano riprese soprattutto perché in tal Doriforo figura9), come adatto sia agli esercizi della guerra , sia a quelli ginnici e lo pone accanto a quelli di altri giovani combattenti atleti. La fama di Policleto si basa proprio sulla rappresentazione di eroi e atti giovanili. Di Callimaco veniva ammirata la finezza e la grazia , l’elegantia , la sua opera più famose è “le Danzatrici spartane”. Di Lisippo e Prassitele, Quintiliano lodava il realismo: Lisippo noto per i suoi ritratti, la grandissima fedeltà al vero, soprattutto nell’effige di Alesandro Magno, che rappresenta il carattere virile e leonino. Il modello lisippeo della testa valeva come espressione di forza dinamica ed emotiva. I suoi corpi però veniva ritenuti snelli e asciutti, e metteva in risalto la loro altezza. Prassitele invece veniva lato per la sensualità morbida , seducente, e per l’espressione animata dei suoi volti. Tali qualità risaltano soprattutto in figure di aspetto giovanile e sensuale. Furono queste qualità a raccomandare poi l’impiego del tipo “prassitelico” dell’Apollo Liceo(figura67) e Dioniso- Bacco(figura69). Le forme stilistiche dell’età arcaica erano intese come segni di una tradizione veneranda, quelle invece dell’età ellenistica erano espressioni di pathos dinamico, e faticosa tensione. La caratterizzazione specifica delle qualità stilistiche individuali dei diversi maestri rendeva impossibile una loro comparazione. Capitolo Ottavo: Il tardo ellenismo portò ad un mutamento sostanziale nell’attitudine stilistica, intensificando forme di stile ellenistiche e riprendendo contemporaneamente le tradizioni classiche. Ne derivò una possibilità di stile decisamente più estesa di prima. In una bottega greca sono nate le composizioni dei crateri neolitici a rilievi del tipo Pisa(figura82). Dioniso e la sua compagnia derivavano da tipi tardo- ellenistici, mentre le danzatrici vengono da un girotondo tardo-classico con ninfe, di cui una è stata alla fine sostituita con una Menade di un noto ciclo della fine del V secolo a.C.(figura83). Per la danza di donne in estasi erano le forme mosse del tardo V e IV secolo, per la sfrenatezza dei satiri era il realismo ellenistico a fornire tipi-base migliori. Gli artisti greci portarono presto a Roma questa attitudine formale, la città si andava allora sviluppando in un centro d’arte ellenistico. A partire dall’apertura alle forme stilistiche greche recenti, all’inizio del II secolo a.C., le immagini di culto nei templi di Roma venivano foggiate largamente sulla scorta dello stile greco classico, mentre le statue-ritratto prediligevano le forme stilistiche dell’ellenismo: uno sguardo d’insieme mostra che coloro che
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved