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Il Mandala, il suo ruolo nell'arte e differenti approcci, Tesi di laurea di Storia Dell'arte

Storia e caratteristiche di una delle forme più condivise nella storia dell'umanità, dall'antichità ai giorni nostri, scopriamo l'importanza e il valore di questa forma grafica.

Tipologia: Tesi di laurea

2021/2022

Caricato il 24/07/2023

ValentinaDiletti
ValentinaDiletti 🇮🇹

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Scarica Il Mandala, il suo ruolo nell'arte e differenti approcci e più Tesi di laurea in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI L’AQUILA Scuola di Grafica D’Arte e Tecniche dell’Incisione DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO Tesi di diploma di Tecniche dell’Incisione Il Mandala IL MANDALA Storia, caratteristiche e visioni contemporanee relatore Prof. GIANLUIGI BELLUCCI allievo DILETTI VALENTINA anno accademico 2021-2022 sessione Guardare la bellezza della natura è il primo passo per purificare la mente. Amit Ray fine di comprendere le ragioni e le necessità che hanno portato a tale rappresentazione e che rappresentano una forma di espressione loro stessi. Inoltre, nel corso dei secoli questa particolare forma è mutata grazie al contributo apportato da importanti studiosi ed artisti che hanno accresciuto il suo valore. Un importante esempio potrebbe essere quando il mandala è divenuto la base di importanti teorie evoluzioniste come nel campo psichiatrico con un’importante psichiatra Carl Gustav Jung (1875-1961), il quale partendo dal concetto di Archetipo finì per intuire il potenziale benefico del Mandala, dal suo concepimento all’atto del processo realizzativo, apportando così valore alla fase di realizzazione stessa. Alla fine dell’Ottocento, Jung inizia ad utilizzare questa particolare ed unica forma espressiva per curare alcuni disturbi della mente. Facendo tesoro di queste importanti lezioni, oggi l’Art Therapy utilizza questi disegni per aiutare a ritrovare la calma, la serenità e l’equilibrio. Allo stesso modo, possiamo riscontrare senz’altro un interessante legame tra la teoria dei colori di Vasilij Kandinskij (1866-1944) e la valenza di profondità del significato che questi acquisiscono per il mandala. Kandinskij infatti nella sua teoria dei colori stabilì un forte legame tra opera e dimensione spirituale. Analizzando la reazione dell’osservatore davanti ad un’opera d’arte, l’artista affermò che ci fossero due effetti: il primo è prettamente fisico e quindi considerato più superficiale, il secondo invece appare più profondo, tanto da essere in grado di mostrare quella che è la vera forza psichica del colore. Ogni colore quindi, secondo l’artista, esattamente come avviene nel mandala produce un particolare effetto sull’anima. Per quest’ultimo infatti, ogni colore ha una precisa direzione e quindi un preciso valore e significato, così come le forme. Ci sono anche delle associazioni di colori e forme capaci di acquisire un loro particolare significato. La geometria e il colore sono infatti, in grado di rivelare un percorso capace di portare alla guarigione. Nel tentativo di delineare la comparsa di questa benefica forma grafica nella cultura universale fino ad arrivare ai giorni nostri, prenderemo in considerazione una forma d’arte contemporanea, la Land Art. Questa pratica artistica sorge in Inghilterra e America all’interno di un particolare contesto sociale, che con la fine del secondo conflitto mondiale vedeva tensione e confusione da parte dei paesi Occidentali ed una forte contestazione giovanile fondata sul desiderio di emancipazione oltre che ad un senso di esaltazione della libertà individuale tipica della cultura Americana. La Land Art si caratterizza per interventi diretti dell’artista principalmente su territori naturali e spesso sconfinati che acquistano un particolare valore data l’effimerità dell’azione e del valore restituito a nuova vita del territorio che si sceglie di coinvolgere. Fondamentale è il concetto dell’effimero che accomuna Land Art e Mandala nel grande insegnamento del non attaccamento, così come dell’importanza del processo creativo in sé. Si tratta di concetti cari alla forma espressiva del Mandala che ritroviamo nell’approccio di molti artisti contemporanei che ragionano su questo concetto e che hanno scelto di lavorare a cavallo tra spazio naturale e spazio espositivo o di uscire completamente da questa realtà distaccandosi dal contesto museale, aspetto che aveva mosso i Land Artisti agli albori di questa corrente artistica. Questi infatti realizzavano opere non vendibili come forma di opposizione ad una borghesia capitalista e la mercificazione dell’arte. Gli artisti di cui parleremo, sono tutti incredibili personalità che, lavorando con elementi innovativi e spesso naturali creano delle composizioni visive talvolta attraverso un atteggiamento che è per ognuno estremamente personale. Il risultato è un incontro del singolo con la natura ed un incontro dell’arte con la dimensione naturale che è assoluta. AGGIUNGERE PICCOLA SPIEG. VARI ARTISTI CAPITOLO 1 Un linguaggio universale 1.1 Cosa significa mandala? E’ abbastanza comune ritrovarsi a dover spiegare che cosa sono i “Mandala”. Queste particolari forme sono da sempre legate alla cultura orientale e il valore profondamente simbolico che hanno non si rispecchia allo stesso modo nella cultura Occidentale. E’ possibile vedere dei Mandala inseriti nelle finestre e nei rosoni delle chiese e delle cattedrali risalenti al periodo del Medio Evo, ma è stato con lo studioso Carl Gustav Jung che il concetto di mandala è stato reintrodotto come simbolo fondamentale della tradizione alchemica dell’Occidente. Oggi queste forme stanno entrando nella nostra cultura ma ancora troppo comunemente vengono erroneamente considerate semplici composizioni geometriche, che nella maggior parte dei casi troviamo inscritti in dei cerchi composti dall’associazione di diverse forme, come per esempio linee, triangoli, punti e quadrati. In realtà i mandala sono molto più di semplici forme geometriche. Parliamo di antiche immagini magiche, simboliche, strumenti visivi meravigliosi per la meditazione, capaci di portare prosperità e buon auspicio. Sono inoltre veicoli per la concentrazione della mente con l’intento di accompagnare l’uomo verso l’auto- orientamento. Una volta percepito l’impulso di interezza, l’uomo l’applica a tutto quello che fa, dando una motivazione ai suoi pensieri, e permeando tutte le sue attività. La loro origine è antica e si perde “nella notte dei tempi”, legata originariamente alla cultura orientale, sono oggi utilizzate in numerose e differenti tradizioni spirituali. La definizione che ne dà il vocabolario Treccani è diagramma simbolico, caratteristico del tantrismo induista e buddista, in cui circoli e quadrati concentrici (spesso variamente decorati e integrati con altre simbolizzazioni) rappresentano l’universo e l’origine del cosmo nonché le connessioni tra le forze cosmiche e le divinitù.1 Il termine “mandala” viene inoltre tradotto con il significato di “cerchio”, ma in realtà il suo significato racchiude molto di più già partendo dalla traduzione letterale delle parti di cui si compone. Questa parola infatti deriva dalla lingua sanscrita, una lingua indoeuropea antichissima e fortemente affermata oggi in India, tanto da esserne una lingua ufficiale. Questa parola sarebbe appunto costituita da due parti: la prima “Manda” che significa “essenza” e il suo suffisso “la” che significherebbe “contenitore”. Traducendone il significato letterale sarebbe allora “Contenitore dell’essenza”. Percepiamo subito il profondo significato che si cela dietro questa parola e questa pratica, grazie alla forte suggestione data da questo concetto. La forma del cerchio viene prediletta indubbiamente per il duplice significato del termine Mandala che fa riferimento anche a “cerchio, circolarità, circonferenza”, ed è una forma che rimanda senz’altro al cosmo in quanto il mandala è una rappresentazione di quest’ultimo, in grado di richiamare motivi ancestrali ed inoltre favorire unità, totalità e la connessione tra ciò che si trova al centro e ciò che è periferico. Questa particolare forma si pone anche come rappresentazione del nostro mondo interiore. Le origini a cui è necessario risalire, sono molto antiche e vengono associate alla cultura veda, e quindi popoli arii che realizzarono la prima stesura di odi religiose composte in una forma arcaica di sanscrito, definiti appunto “Rig Veda”.2 Successivamente poi i Mandala sarebbero stati assimilati da quella dottrina dell’India venutasi a creare intorno all’ultima letteratura vedica, definita Brahmanesimo. I mandala sono presenti nella maggior parte delle religioni ed hanno il compito di ricondurre l’uomo al divino creatore: questo accade per i Greci, gli Egizi, i Navajo, i Monaci Buddhisti e Tibetani, che volevano rappresentare l’illusione della vita terrena in ogni sua componente effimera e transitoria. Come attraverso un filo conduttore, successivamente all’assimilazione del Brahmanesimo, i Mandala, vennero assimilati dai multiformi sistemi filosofico- religiosi del Buddhismo e dell’Induismo. Nonostante la sua origine si perda nella storia, viene fatta risalire all’India, paese che è arrivato a maneggiare e valorizzare senza eguali questa rappresentazione grafica. Il mandala è una vera e propria forma simbolica collettiva e possiamo dire che non esiste al mondo un’altra forma che sia condivisa tanto quanto questa. Lo scopo, al di là dei diversi ambiti che decidiamo di prendere in considerazione, è sempre quello di ristabilire benessere psico-fisico tra l’individuo e la dimensione in cui questo è inserito, ovvero il cosmo. 1.2 Forme e caratteristiche Il mandala come abbiamo anticipatamente detto, è una particolare rappresentazione composta da forme geometriche quasi sempre inscritte in un cerchio ed il cerchio nel suo significato più profondo rimanda quindi al cosmo. L’universalità del mandala si rispecchia infatti a partire dalla terra che è il mandala vivente per eccellenza in cui vige il principio del centro. Il centro sta a simboleggiare la potenzialità eterna ed è proprio nel centro che giace l’eternità, sorgente inesauribile dalla quale tutto ha origine. Nelle molteplici rappresentazioni che possiamo osservare dei mandala troviamo una serie di cerchi concentrici evocativi di un passaggio tra diverse dimensioni, il microcosmo e il macrocosmo e volti a rappresentare la conoscenza, la supremazia 1 Enciclopedia Italiana Treccani, 1929-1937 2 Dizionario sanscrito-italiano (direzione scientifica Saverio Sani) Pisa, ETS, 2009 • BIANCO: il suo elemento è l’aria, la direzione è il nord. Nel mandala rappresenta il mentale ideale, l’intuitivo. Lasciare degli spazi bianchi nel mandala è il simbolo del contatto con la mente suprema e denota un desiderio di ricevere idee superiori. • AZZURRO: rappresenta lo spirituale o il sublime. Ciò che si manifesta e che sfida tutti i limiti, in movimento verso ciò che a volte si intuisce con l’immaginazione, il sogno ad occhi aperti. Questo colore è simbolo si un’apertura spirituale. • VIOLA: nei mandala indica il lucido e il trascendente finalmente uniti in armonia. La vita che fiorisce con lo spirituale e il materiale in calda fusione tra soggetto e oggetto, l’incanto di sapere di essere, più che un “io”, un “noi”. • VERDE: nel mandala rappresenta l’elemento della terra, cioè la propria natura più aperta e nobile. Indica la crescita sana di tutto ciò che germoglia in noi, indica il naturale e l’ovvio. Indica la logica e la precisione oltre che la necessità di uno spazio personale. E’ chiaro quindi che l’uso del colore come strumento terapeutico affonda le sue radici nelle pratiche utilizzate da molte culture del passato, fin dall’antichità infatti i colori sono stati ritenuti in grado di suscitare reazioni immediate a chi li guarda. Testimonianze sulla cultura degli antichi Egizi ci riportano come il giallo venisse utilizzato per stimolare capacità intellettive della mente, il rosso invece veniva utilizzato per accrescere la forza vitale. I sumeri utilizzavano il colore per guarire i malati. Anche nell’antica Cina così come in Grecia il colore iniziò a ricoprire un ruolo fondamentale. Nella cultura cinese ad ognuno dei cinque elementi su cui si basa la loro antichissima diagnostica e medicina, corrisponde un colore. La tradizionale medicina indiana dell’ayurveda abbina i colori ai sette chakra o “ruote di energia”. Ai tibetani invece spetta il primato di aver associato il colore con la coscienza nel loro libro più antico sulla dimensione umana. Per quanto concerne la tradizione Occidentale invece, troviamo un chiaro riferimento sul potere curativo dei colori nell’opera dello scrittore latino Gaio Plinio Secondo (23-79 d.c.). Appare chiaro ed evidente che fin dall’antichità al colore è stato attribuito un grande potenziale curativo tanto da caricare ogni pigmento di un proprio codice di significato che, in particolare nel Medio Evo si sono pian piano stratificati e che nel corso del tempo attraverso vari studi hanno portato ad accrescere questa concezione, fino ad arrivare all’epoca contemporanea. I colori oggi sono ritenuti in grado di stimolare la formazione delle cellule del corpo riuscendo inoltre ad influire su nervi e organi, e, dal secolo scorso vengono usati a scopo terapeutico con il termine di Cromoterapia, termine che va ad indicare una terapia integrativa che attraverso il colore ha come scopo quello di aiutare il corpo e la psiche a ritrovare il loro naturale equilibrio. 1.4 Il Mandala nella storia E’ necessario immergersi nella storia dell’umanità per comprendere perché il mandala possa essere considerato una forma di espressione collettiva ed universale senza eguali. E proprio muovendoci lungo la linea temporale, partendo da circa 6000 anni fa fino ad arrivare ai giorni nostri avremo la possibilità di scoprire come il mandala si sia mostrato a noi entrando così a far parte di un linguaggio fondamentale e costante della cultura umana, ed acquisendo nel tempo quel valore religioso e spirituale che lo ha reso ciò che è oggi. Situata su una delle pareti interne di una delle Piramidi di Giza in Egitto si trova un’incisione riconosciuta come la prima forma di mandala di cui si abbia conoscenza. Queste piramidi sono state dedicate al dio Osiride, una figura fortemente legata alla cultura Egizia e che al tempo veniva vista come un faraone defunto e divinizzato. La forma a cui rimanda questa incisione è il Fiore della vita definito anche Fiore della Genesi. Questa particolare forma è ottenuta dalla rotazione di sei cerchi e, all’interno dei sei petali che vengono a crearsi sarebbe racchiuso il mistero della creazione avvenuto appunto in sei giorni. Proprio per questa interpretazione cristologica, il motivo ha avuto molto successo nelle rappresentazioni artistiche del Medio Evo. Il Fiore della vita è diventato un simbolo di rinascita ed è stato ripreso per la costruzione di edifici religiosi o per le decorazioni interne ed esterne, come accaduto per Santa Maria in Trastevere e San Clemente a Roma e ancora, a Firenze nella chiesa di San Miniato al Monte.4 E’ stato inoltre ripreso da diverse culture divenendo un simbolo ricorrente. Un altro interessante particolare presente in San Miniato al Monte legato alla concezione del mandala è individuabile nella decorazione pavimentale della chiesa, raffigurante uno Zodiaco Marmoreo. Oggi potrebbe sorprendere la presenza di meridiane nelle basiliche romane ma un 4 Castelfranchi Vegas Liana, L’arte medioevale in Italia e nell’occidente europeo, Editoriale Jaca Book SpA, Milano, 1993 tempo era davvero comune inserire strumenti astronomici nelle chiese medievali. Questi strumenti e la loro costante presenza erano fortemente legate alla cultura del tempo e alle medievali teorie astronomiche e astrologiche. Durante il Medio Evo, astrologia ed astronomia venivano infatti considerate discipline a metà strada tra scienza e divinazione magica. L’astronomia veniva considerata una scienza fisica in grado di descrivere i movimenti della materia ed i loro effetti per la vita sulla Terra; inoltre il movimento dei corpi celesti sanciva il passare del tempo. Decorazione Pavimentale, Chiesa di San Minato al Monte Lo zodiaco che troviamo in San Miniato al Monte, è presente in una struttura fortemente somigliante anche nel Battistero di San Giovanni Battista. Entrambe presentano lo stesso impianto iconografico e sono organizzati nella stessa composizione decorativa. Si tratta infatti di un cerchio che contiene le dodici personificazioni dello zodiaco che convergono verso la figura centrale, il sole. Entrambe hanno lo stesso profondo significato spirituale, possiamo considerarle infatti rappresentazioni, attraverso immagini simboliche, del cosmo con un valore pratico e simbolico. Queste dodici personificazioni assumono anche il valore di rappresentazione del calendario in cui i segni zodiacali diventano rappresentazioni delle stagioni e della vita dell’uomo.5 Un’altra forma di Zodiaco risalente al periodo del tardo impero romano, è una pietra incisa del peso di 60 tonnellate 5 Frugoni Chiara, La voce delle immagini. Pillole iconografiche del Medioevo, Einaudi, 2010 Tra 6000 e 3500 anni fa, sono databili una serie di incisioni rupestri risalenti al periodo Neolitico e dell’Età del Bronzo rinvenute nel nord est dell’Inghilterra. Delle numerose immagini rinvenute, più di mille hanno la forma circolare sviluppata in cerchi concentrici che rimandano alla forma del mandala. Nella cultura buddista viene tramandata da più di 2.500 anni la tradizione dei mandala di sabbia realizzati da monaci tibetani. L’usanza vuole che la realizzazione venga preceduta da una cerimonia di apertura in cui i monaci intonerebbero dei mantra. Si parte da un disegno preparatorio realizzato con gessetti, si prendono le sabbie precedentemente preparate macinando pietre bianche che vengono tinte con degli inchiostri per rimandare alle pietre preziose utilizzate nell’antichità. Secondo la tradizione, lavorano contemporaneamente quattro monaci ad ogni mandala procedendo con un accuratissimo posizionamento dei granelli di sabbia, partendo dal centro e andando verso l’esterno. I mandala realizzati secondo questo procedimento possono richiedere anche settimane di lavoro, al termine delle quali, queste incredibili rappresentazioni dell’universo vengono distrutte dagli stessi monaci che hanno così accuratamente lavorato. L’effimerità di questo tipo di atteggiamento racchiude in sé un grande messaggio, ci rende più forti davanti al concetto del non attaccamento. La loro breve vita ci insegna che nulla dura per sempre.7 Al periodo del Medio Evo risalgono diversi tipi di espressioni mandaliche che rimandano del tutto o solo in parte a quella cultura orientale. Per esempio, già risalenti al periodo del primo Medio Evo sono rintracciabili rappresentazioni del Cristo al centro e intorno a lui la disposizione dei quattro evangelisti o i loro simboli proprio nei quattro punti cardinali, si tratta di un’organizzazione cara e significativa per la cultura del mandala. Così come era possibile rintracciare rappresentazioni mandaliche del Fiore della Vita, accade lo stesso per la figura a cui è attribuito il nome Rosa. In particolare prende il nome di Rosa di Staffarda per il suo ritrovamento presso l’Abbazia di Santa Maria di Staffarda in provincia di Cuneo. La sua singolarità non fa passare inosservata la somiglianza con una geometria mandalica. La Rosa infatti si presenta geometrica e policroma costituita da diverse linee che si intrecciano e si intersecano ricordando il nodo quadruplo o Fiore dell’Apocalisse, è completata inoltre da due cerchi concentrici e una figura romboidale e cruciforme posta proprio al centro. Inoltre anche la sua particolare posizione non è casuale, tenendo in considerazione dell’orientamento verso l’asse est-ovest dell’abbazia possiamo dedurre che la posizione della Rosa è precedente al solstizio d’inverno e dell’alba. Questo dal punto di vista simbolico rappresenta ciò che viene prima del movimento del mondo e del giorno. Inoltre la rosa in s’è racchiude un significato metafisico, mistico e cosmico. La rosa sarebbe infatti la traduzione di concetti filosofico spirituali in forme geometrico-sacre dell’unione tra cielo e terra. Tra lo spirituale rappresentato dall’asse verticale, e il materiale, rappresentato dal vettore orizzontale. Rosa, Abbazia di Santa Maria Staffarda, provincia di Cuneo Successivamente emblema delle cattedrali gotiche divenne il rosone, un tipo di finestra istoriata, colorata e soprattutto di forma circolare che per una serie di ragion viene associata al mandala. Proprio come il mandala, il rosone aveva la funzione di entrare in contatto con il divino, creando un ponte che permettesse all’anima del discepolo di trascendere il mondo entrando nel cosmo trascendentale. Ciò avrebbe consentito di passare dal micro al macrocosmo divenendo parte di un Creato che si apre come un fiore. La sua forma è circolare e quindi non ha un inizio né una fine e simbolicamente rimanda all’infinitezza di Dio nella cultura cristiana, la sua struttura circolare rappresenta la forma geometrica della ciclicità infinita. Il termine “Rosone” derivato dalla sua forma rimanda ad un fiore e il suo omologo nel mandala è il fiore di loto. Per Carl G. Jung la presenza della rosa nei mandala personali è presente quando si è sulla via della guarigione e della rigenerazione. E’ importante ricordare tuttavia che i rosoni sono espressione di una geometria sacra archetipica che comprende forme e linee capaci di intersecarsi dando vita a nuovi e interessanti risultati che agiscono come benefico supporto nella ricerca del proprio centro. In quel momento storico era inoltre possibile osservare queste forme all’interno per esempio dei labirinti o nei siti etruschi. Rosone della Cattedrale di Notre-Dame, seconda metà XII sec. Risale al XV Secolo il Calendario Azteco o Piedra del Sol, che costituisce un incredibile esempio dell’arte e della scultura del tempo, che dimostra anche la grande cultura scientifica e della mitologica azteca. Il calendario si compone di otto circoli concentrici scolpiti con immagini simboliche e mitiche, inoltre la rappresentazione simbolica di cielo e terra, forza maschile e femminile, giorno e notte, rimanda all’interpretazione secondo cui, solo attraverso l’unione degli opposti si può arrivare alla totalità assoluta. Il mandala racchiude in sé, un messaggio di benessere portando equilibrio ed armonia e stabilendosi all’interno di una dimensione tra vita materiale e vita spirituale. Calendario Azteco o Piedra del Sol, XV sec. Come abbiamo visto nel primo capitolo, quando si usa il termine mandala ci riferiamo a un diagramma geometrico disposto simmetricamente intorno ad un centro, sottoforma di quadrato inscritto in un cerchio o viceversa, di un cerchio inscritto in un quadrato. Abbiamo anche visto che ogni struttura di questa particolare forma è intrisa di significati simbolici universali rispetto anche alle varie parti di cui si compone. Ciascuna è infatti carica di una precisa valenza simbolica. Nella costruzione di un mandala, il quadrato rappresenta un tempio dimora delle divinità a cui il mandala è dedicato mentre il cerchio nel suo significato universale raffigura il cosmo, la creazione e la ciclicità delle cose. Abbiamo anche visto come a partire da epoche primordiali nella storia dell’umanità, forme e disegni circolari erano presenti in natura così come nelle costruzioni architettoniche, nei disegni rupestri, nei rituali e nelle religioni di ogni epoca. Per alcune popolazioni persino le grotte erano considerate un punto d’incontro tra cielo e terra. Così, il significato simbolico e rituale associato al mandala si caratterizza come un filo conduttore che accompagna la storia dell’umanità fino ai nostri giorni. Il mandala, che in virtù della sua forma circolare come abbiamo già detto rappresenta “il cerchio eterno”, è una parola divenuta di uso comune nel Buddhismo per indicare un disegno che raffiguri simbolicamente il cosmo. In India e in Tibet i mandala rivestono da sempre una funzione importante per la vita religiosa nella misura in cui esprimono dei complessi concetti filosofici e religiosi e rappresentano degli ausili alla meditazione. Questa linea di pensiero, che attribuisce al mandala un valore superiore più profondo, raggiunge il suo apice grazie agli studi e le teorie dello psichiatra, psicoanalista, antropologo, filosofo e accademico svizzero, Carl Gustav Jung (1875-1961) una delle principali figure intellettuali del pensiero psicologico, psicoanalitico e filosofico. A lui viene riconosciuto in particolar modo, il merito di aver introdotto il mandala nella cultura Occidentale attraverso l’utilizzo terapeutico nella Psicologia Contemporanea come strumento di individuazione del Sé. Il valore benefico che Carl G. Jung intuì in queste forme, nasce dall’esperienza personale dello psichiatra che, in un periodo di profonda crisi interiore iniziò un intenso e significativo viaggio di esplorazione personale durante il quale realizzò spontaneamente dei disegni sul proprio taccuino. Si trattava di figure circolari capaci di riflettere il proprio stato d’animo in un preciso momento, in altre parole una forma di espressione spontanea dei moti inconsci. Solo successivamente, Carl G. Jung scoprì che le figure circolari che aveva realizzato spontaneamente erano in realtà dei mandala e le identificò come espressione inconscia del proprio Sé. Tali forme però, erano molto di più. Erano infatti in grado di favorire un cambiamento sul piano psicologico contribuendo a realizzare una vera trasformazione interiore. Fu proprio Carl G. Jung a s c r i v e r e : Cominciai a capire i disegni mandala [...]. Là ogni mattina schizzavo in un taccuino un piccolo disegno circolare, un mandala, che sembrava corrispondere alla mia condizione intima di quel periodo. Con l’aiuto di questi disegni potevo di giorno in giorno osservare le mie trasformazioni psichiche. [...] Quando cominciai a disegnare i mandala, comunque, vidi che tutto, tutte le strade che avevo seguito, tutti i passi intrapresi, riportavano sempre a un solo punto, cioè nel mezzo. Mi fu sempre più chiaro che il mandala è il centro.7 Quel che sostanzialmente apparve essere subito chiaro allo psichiatra è come il mandala fosse la forma ideale per rappresentare il proprio Sé nel cosmo e che la disposizione degli elementi rappresentati all’interno dei cerchi potesse mostrare e dare forma al proprio spazio interiore. Si rese conto che l’immagine organizzata attorno a un punto centrale è una struttura radicata nel profondo dell’inconscio umano, è la forza centrifuga che lo spinge alla sperimentazione del mondo esterno e la forza centripeta che lo riporta all’introspezione del mondo interno, evocando l’idea di un rituale, di un processo reiterativo che porta alla meditazione per mezzo del proprio mandala di riallineamento. Capendo la fondamentale importanza del centro, Carl G. Jung scrisse: Non si può andare al di là del centro. Il centro è la meta e tutto si dirige verso il centro. Grazie a questo sogno capii che il Sé è il principio, è l’archetipo dell’orientamento e del significato, in ciò sta la sua funzione guaritrice.8 L’archetipo è un concetto proprio della Psicologia Analitica, sviluppato da Jung, che definisce la tendenza umana a usare la stessa «forma di rappresentazione a priori» contenente un tema universale strutturante la psiche, comune a tutte le culture ma che viene rappresentato sotto varie forme simboliche. Quando parliamo di archetipo quindi, ci riferiamo ad un processo psichico fondante delle culture umane in quanto esprime modelli elementari di comportamento e di rappresentazione derivanti dall’esperienza umana che affonda le radici in tutti i tempi della storia ed è strettamente connesso al concetto di inconscio collettivo. Gli archetipi compaiono nel corso della storia dell’umanità in miti, religioni ma anche nei sogni. Formano delle categorie simboliche che strutturano culture e mentalità ed orientano il soggetto verso la sua evoluzione interiore chiamata nella psicologica Junghiana, individuazione. Per lui gli archetipi sono caratterizzati dall’unione di un simbolo a un’emozione e perciò sono “potenziali di energia psichica”. Jung tuttavia, non è stato il primo a parlare di immagini primordiali condizionate dall’immaginario e dalla rappresentazione. Altri filosofi prima di lui ne aveva affermato l’influenza sulla natura umana, ma è solo con Jung e le moderne teorie scientifiche che rimane una teoria attuale. 2.2 L’archetipo del mandala Carl Gustav Jung nel corso della sua vita scrisse quattro saggi sui Mandala dopo averli studiati per oltre vent’anni. Per poter comprendere l’interpretazione mandalica di Jung occorre riferirsi proprio ai concetti di “inconscio collettivo” e di archetipo. Jung accoglie la nozione freudiana di inconscio, ma la modifica notevolmente. Egli infatti riconosce l’esistenza di un inconscio individuale contenente materiali repressi o rimossi di origine infantile, emergenti nel sogno o nella nevrosi, ma precisa come esso costituisca solo un aspetto della struttura di fondo della psiche, la quale, oltre a contenere la coscienza e l’inconscio individuale, ospita anche “l’inconscio collettivo”. Gli archetipi, come l’inconscio collettivo, di cui costituiscono la sostanza, presentano tre caratteristiche peculiari: l’universalità, l’impersonalità e l’ereditarietà. Secondo Carl G. Jung, durante i periodi di tensione psichica le figure mandaliche possono apparire spontaneamente nei sogni per portare o indicare la possibilità di ristabilire un ordine interiore. Il simbolo del mandala quindi, oltre ad essere un’affascinante forma espressiva, esercita anche un’azione sull’autore del disegno perché in questo simbolo si nasconde un effetto magico molto antico: l’immagine ha lo scopo di tracciare appunto un magico solco intorno al centro che sta ad indicare un recinto sacro della personalità 7 Jung Gustav Carl. Erinnerungen, Träume, Gedanken, con Jaffé Aniela 1961 8Jung Gustav Carl, Gli archetipi dell’inconscio collettivo 1934-54, trad. di Elena Schanzer e Antonio Vitolo, Bollati Boringhieri, Torino 1977 più intima, un cerchio protettivo che evita la “dispersione” e tiene lontane le preoccupazioni provocate dall’esterno. Nelle filosofie orientali, il “mandala” viene infatti utilizzato come mezzo per la meditazione e tramite la sua costruzione o inserimento, l’uomo libera lo spirito e purifica l’anima entrando in comunione con tutte le forze positive presenti nel cosmo. Il mandala però, oltre ad intervenire su un ordinamento precedentemente in vigore persegue anche la finalità creativa di dare espressione e forma a qualche cosa che tuttora non esiste, qualcosa di nuovo e assolutamente unico. Nel mandala personale, il centro rappresenta l’uomo stesso che si deve purificare trasformando le forze negative che porta dentro di sé. Inoltre con il mandala vengono espulse tutte le energie negative attraverso la meditazione, la presa di coscienza e la conoscenza del proprio Sé che avviene durante il processo di costruzione del mandala stesso. In questo processo di costruzione l’uomo si individualizza, eseguendo quella ricerca interiore indispensabile perché si verifichi la catarsi, ovvero “la purificazione”. Fondamentale ricordare che la pratica del mandala persegue tre scopi: centrare, guarire, crescere. Centrare significa cogliere l’essenziale, valutare lo scopo prioritario dei valori della vita. Per guarire, si intende l’espellere i turbamenti, le forze perturbatrici, la malattia. Con crescere si intende il proiettarsi verso una nuova dimensione, verso la meta della catarsi. Si tratta quindi di una morte simbolica seguita da una rinascita ad un livello superiore. Per Carl G. Jung la peculiarità del Mandala è proprio la sua capacità di dare forma, rendendo accessibile ai nostri sensi e il nostro intelletto, ad uno spazio che sarebbe altrimenti astratto mantenendo viva in noi la vibrazione di tale struttura. Guardando un Mandala riusciamo a ricevere e percepire la sua energia, il nostro inconscio infatti, riceve la sua struttura concentrica non come un disegno ma come la rappresentazione archetipica delle energie in cui è immerso il suo Sé. La rappresentazione della sua Totalità. Jung spiegò il mandala come simbolo della totalità umana o come auto rappresentazione di un processo psichico centripeto definito “individuazione”. Il simbolo mandalico quadripartito sorge spontaneamente in sogni e fantasie, perlopiù come un tentativo di autoguarigione in situazioni di disorientamento. Il mandala inoltre, rappresenta uno schema ordinatore che in una certa misura si sovrappone al caos psichico. L’insieme che si sta scomponendo viene così tenuto unito per mezzo del cerchio che aiuta e protegge, ponendo contemporaneamente l’uomo in un contesto impersonale. La realizzazione di un mandala in linea con le forme simmetriche e armoniche che lo caratterizzano e che rimandano ad un nucleo centrale, favorisce inoltre un’azione di riequilibrio e di centratura producendo un effetto psicologico di stabilizzazione e orientando l’individuo verso il proprio centro e la propria auto- coscienza. L’uomo nel creare il proprio spazio sacro focalizza le proprie energie favorendo un percorso di esplorazione di sé stessi, di guarigione e di crescita personale. Si tratta di una mappa simbolica in grado di dialogare direttamente con il nostro inconscio, questo stato di consapevolezza costituisce un importante scoperta che ci consegna uno strumento di “orientamento psichico” molto potente. 9 Anche gli sciamani, nel passato, utilizzavano il mandala come cura. La cerimonia, che delle volte richiedeva anche dei giorni, prevedeva che lo sciamano tracciasse un cerchio nella sabbia e con l’aiuto di alcuni assistenti, venivano tracciati simboli e figure utilizzando argille di diverso colore. Il momento più importante della cerimonia era quando il malato veniva condotto nel centro del cerchio. Lo sciamano prelevava un pugno di sabbia dal cerchio e lo strofinava sul capo del paziente seduto, specialmente nella zona interessata dal male, accompagnando il rituale con canzoni e formule magiche, per attirare l’attenzione degli spiriti benigni. Al termine del rito, il paziente distruggeva il mandala con il suo corpo; il male veniva allontanato e in molti casi la malattia era immediatamente debellata. Con tale cerimonia, nello sciamano si verificava una forte concentrazione psichica che andava alimentando la suggestione del rito, tale concentrazione raggiungeva anche il malato, il cui male passava al mandala. Con la distruzione del mandala, si raggiungeva il culmine dell’evento di trasferimento dall’uomo alla figura, che consisteva nell’annullamento del mandala. Il sé situato al centro dello spazio mandalico assume il valore di archetipo per Jung, concettualmente ereditato nel tempo dagli uomini che ci hanno preceduti. L’archetipo diviene “simbolo unificatore” che riunisce ed 9Jung Gustav Carl, L’uomo e i suoi simboli (Man and HIs Symbols, 1964, con Joseph L. Henderson, Marie-Louise von Franz, Aniela Jaffé, e Jolande Jacobi), a cura di John Freeman, trad. di Roberto Tettucci, Roma: Casini, 1967 per i bambini e per gli adolescenti così come per gli adulti. Se è vero che l’arte da gioia e con la gioia cadono le difese, possiamo affermare che la creatività coincide con l’essere vivi.13 Nel momento in cui le nostre sensazioni si traducono nell’oggetto artistico avviene un processo di auto comprensione più profonda e riuscire a raffigurare immagini, sentimenti ed emozioni esprimendoli simbolicamente in una forma visiva concreta permette di poterli osservare come qualcosa di staccato da sé. Ecco allora che anche nelle immagini più cariche di sofferenza e di angoscia si crea uno spazio di comprensione ed elaborazione che può essere di aiuto all’individuo nella ricerca di nuove modalità di interazione tra il proprio mondo interno e il mondo relazionale esterno. Quella dell’arteterapia è una tecnica che viene svolta in laboratori appositi che svolgono un setting terapeutico. L’intervento si svolge attraverso un percorso in cui il paziente è il protagonista ed esprime contenuti personali come ricordi, sensazioni ma anche sogni e desideri attraverso la pittura, il disegno o la modellazione. Ciò avviene in un luogo protetto, dove l’arteterapeuta prepara i materiali e l’ambiente così da creare un clima rilassato e tranquillo, che possa mettere il paziente a proprio agio. Fondamentale, in questo intervento che può essere di gruppo o individuale è la relazione con l’arteterapeuta che crea il giusto contesto che permetta al paziente di potersi fidare, iniziando il percorso espressivo senza giudizi o aspettative improprie sul lavoro artistico che si viene realizzando. L’obiettivo di tale percorso è risvegliare l’interesse del paziente per la produzione artistica e per il concetto di “bello”. Con il termine bello si intende il meglio che il paziente è in grado di fare attraverso le sue capacità per raggiungere un’armonia delle forme, espressione di un equilibrio sia interno sia esterno oltre che di un’adeguata accettazione della realtà senza cadere nei malintesi dell’estetismo; l’opera infatti, non deve essere fatta secondo criteri estetici o tecnici, la sua bellezza per l’appunto dipenderà dalla sua veridicità. L’opera creata dal paziente, diviene “oggetto transizionale” nel quale ci si rispecchia ed identifica diventando un mezzo di guarigione, una catarsi, nel tentativo di esorcizzare il male e la paura, delle volte diventandone complici: una forma di auto terapia. L’opera prodotta non subisce interpretazioni, in quanto si estrapola il significato di tale rappresentazione attraverso il colloquio in modo tale che il paziente possa ricercare il messaggio della propria creazione. Obiettivo dell’arteterapia non è solo quello di trattare eventuali patologie ma anche di accompagnare l’individuo in un processo di trasformazione, evoluzione e crescita personale. 2.4 I benefici del mandala Nonostante la pratica del mandala conservi in sé una svariata quantità di usi possiamo senz’altro affermare che la sua principale qualità sia quella di apportare beneficio a chi li realizza ma anche a chi più comunemente si trova semplicemente ad osservare una di queste affascinanti forme. Non a caso il mandala è stato, ed è tutt’ora utilizzato, come una forma di meditazione. Possiamo sostenere infatti, che proprio per il suo design e quindi per la sua particolare forma, il mandala abbia delle proprietà benefiche curative e spirituali. Cosa succede allora se il mandala viene utilizzato nell’Arteterapia? Come abbiamo precedentemente trattato, si tratta quest’ultima, di una psicoterapia che utilizza proprio le arti plastiche per recuperare o migliorare la salute mentale nonché il benessere socio-emotivo delle singole persone, e in relazione agli altri. Se l’arte infatti, utilizzata in campo terapeutico, viene vista come forma di comunicazione in grado di rafforzare oltre che facilitare l’espressione di sentimenti che altrimenti sarebbero difficili da verbalizzare, il mandala ci offre la possibilità di stabilire una connessione spirituale senza eguali, esprimendo così noi stessi in modo assolutamente creativo. Tale aspetto costituisce un fattore di vitale importanza non solo per la nostra quotidianità, ma anche direttamente per la nostra condizione umana. L’arte può aiutarci a sviluppare abilità che possono essere utilizzate per mitigare determinati 13 Tosatti Bianca, Arte e psichiatria. Uno sguardo sottile, (in collaborazione con Giorgio Bedoni), Mazzotta, Milano, 2000 processi emotivi ed in quest’ottica il mandala ci avvicinerà senz’altro alla presa di coscienza di noi stessi e della nostra esistenza. Se l’arte dal canto suo è in grado di ridurre livelli di stress ed ansia grazie alla creatività che offre un’esperienza piacevole tanto da arricchire l’individuo al mandala riconosciamo il potere di apportare maggiore relax. La creatività infatti, che è alla base dell’espressione artistica trova nel colore una modalità di espressione, capace di liberare e calmare la mente. Se l’arte favorisce immaginazione e creatività migliorando nelle persone proprio la capacità di creazione attraverso la propria concentrazione, possiamo senz’altro ritenere il mandala in questo senso, la forma più pura di espressione artistica in quanto maggiore sarà l’esperienza con i mandala, maggiori saranno le possibilità di combinazioni e contrasti riuscendo a sviluppare così esponenzialmente la nostra creatività. Se l’arte è in grado di migliorare la nostra concentrazione aspetto fondamentale per poter essere efficienti e produttivi, indirizzando la nostra attenzione ed aumentando la memoria, il mandala ci permette di raggiungere e stabilire una profonda e duratura connessione tra il corpo, la mente e lo spirito. I colori infatti, oltre a rilassare mente e corpo hanno un effetto importante sul nostro umore. In tal senso, la psicologia afferma proprio come la scelta e l’uso di un determinato colore vada ad influenzare proprio la nostra concentrazione, l’umore appunto e l’equilibrio del nostro sistema nervoso.14 14 Luzzatto P. C., “Arte terapia. Una guida al lavoro simbolico per l’espressione e l’elaborazione del mondo interno” Ed. Cittadella. 2008 Biografia. Un punto di svolta nella produzione artistica, che inoltre avvalora la tematica affrontata in questa tesi, si ha senz’altro grazie al lavoro dell’artista Vasilij Kandinskij, che si distaccherà dalla rappresentazione figurativa, ragionando sull’aspetto spirituale dell’arte attraverso una pura espressione della propria interiorità, conferendo valore e significato all’uso del colore e della forma. Comprendere quali che siano le ragioni che hanno portato Kandinskij a maturare ed acquisire una consapevolezza tale da permettergli di liberarsi dalle “catene” del figurativo esprimendo ciò che era dentro di lui e quindi espressione della sua interiorità è necessario proprio al fine di poter capire e quindi poter apprezzare quelli che sono stati i suoi scritti e la sua produzione pittorica che da un certo momento potremmo definire totalmente non figurativa. Per comprendere ciò è allora necessario conoscere quella che è stata la sua vita, i suoi interessi, le esperienze che lo hanno per così dire “folgorato”, gli incontri fondamentali che ha avuto e la cultura all’interno della quale era inserito. Vasilij Kandinskij in giovane età segue delle lezioni di musica con grande interesse e passione, imparando a suonare il pianoforte e il violoncello e questa sarà senz’altro una delle esperienze che maggiormente lo colpiranno, accompagnando poi parte della sua ricerca. Da sempre era profondamente attratto dalla pittura, nonostante conseguì la laurea in giurisprudenza nel 1892. Egli rimase folgorato da una mostra di Impressionisti nel 1895 che determinò in qualche modo quelle che saranno poi le sue scelte future. Si tratta di un pittore che viene definito “fuori tempo”. Dal 1896 Kandinskij si trasferisce a Monaco di Baviera, un centro molto vivace di pittura secessionista, proprio per studiare pittura. Sarà qui che, dall’incontro nel 1911 con Franz Marc, darà vita a Der Blaue Raiter, tradotto in italiano “Il Cavaliere Azzurro”. Importante tenere a mente quelle che sono due date cruciali, nella vita di Kandinskij, poiché segnano un passaggio decisivo nella sua poetica. La prima data è sicuramente il 1910, quando Vasilij Kandinskij realizza il suo primo acquerello chiamato “Primo acquerello astratto”. musicale l’azzurro somiglia a un flauto, il blu a un violoncello, quando diventa molto scuro al suono meraviglioso del contrabbasso”. Molto interessante è notare oltre al riferimento costante dell’emotività, il ritorno della musica e degli strumenti musicali. E così procede per tutti gli altri colori. Per esempio il rosso: “Il rosso caldo, chiaro, saturno, assomiglia un po’ al giallo medio e da sensazione di forza, energia, tensione, determinazione, gioia, trionfo etc. Da un punto d vista musicale ricorda il suono delle fanfare con la tuba, forte, ostinato, assordante. Il rosso medio, come il cinabro ha la stabilità di un sentimento profondo, è come una passione che arde senza scosse, una forza sicura di sé che non è facile soffocare. Ma si può spegnere nel blu come un ferro infuocato nell’acqua. Questo rosso di solito non sopporta niente di freddo, mescolato con colori freddi perde sonorità e significato. O meglio, questo raffreddamento violento, tragico, fa nascere un colore sporco che i pittori di oggi evitano, e disprezzano. E fanno male, perché lo sporco nella sua forma materiale come immagine e cosa materiale possiede al pari di ogni altra cosa, un suono interiore.” Attraverso queste pagine di pura poesia ed emozione, Kandinskij costruisce la sua teoria, fino ad inserire i colori dentro le forme geometriche, realizzando anche schemi in cui, con un atteggiamento più tecnico prende in considerazione anche le forze centripete e centrifughe costruendo così questa sua teoria della pittura astratta. Vasilij Kandinskij come chiaramente viene espresso all’interno di queste righe estratte da “Lo Spirituale nell’arte” cerca di spiegare a sè stesso e gli altri cosa ha in mente. Consapevole del periodo culturale che stava vivendo e delle necessità della pittura scrive: “Siamo all’inizio di un percorso che porterà la pittura con le sue sole forze a diventare un’arte astratta ed a realizzare finalmente una composizione puramente pittorica”. Il termine composizione, è una parola che diventerà abbastanza fondamentale per lui, che mutua dalla musica, e che si esprime nel colore e nella forma. Ad interessare l’artista è l’aspetto emotivo del colore, ed è un qualcosa di chiaro e diretto che ci arriva dalle parole che lui stesso utilizza proprio per parlare dei colori. Un chiaro esempio della concezione con la quale Kandinskij inizia a valutare l’espressione artistica e anche l’uso specifico del colore viene chiaramente espressa in una delle opere da lui realizzate del 1913 intitolata “Composizione” nella quale la sua teoria prende piede creando una straordinaria astrazione. E’ interessante allora analizzare come un’artista considerato “fuori dal suo tempo” abbia dato valore, attraverso una sua necessità di espressione e attraverso l’autenticità che lo ha contraddistinto, a delle caratteristiche come il colore e la forma, in linea in qualche modo con il pensiero applicato alla Psicologia Analitica di Carl Gustav Jung e in relazione inoltre al Mandala, come affrontato nel Secondo Capitolo. Ad un certo punto, sia sul campo artistico che sul campo analitico, si inizia a riconoscere il valore benefico e significativo dell’espressione interiore legata all’ambito artistico e quindi più semplicemente: forma e colore. Kandinskij parte dalla musica legandola alla pittura, mentre Jung parte da una sua personale esperienza arrivando poi arrivare a costruire la sua teoria detta “Piscologia Analitica”. Ciò che accomuna queste due personalità e, la ricerca e gli studi che entrambi attuano, è un grande bisogno di esprimersi, liberando il proprio Io, ed entrambi riconosco nel colore e nella forma un valore psicologico, capace di esprimere. Tali, forma e colore, nella Storia dell’Arte fino ai primi del 1900 erano state utilizzate come mezzo per costruire un soggetto e trasmettere quindi un determinato significato, mentre ora sono utilizzate senza vincoli come puro bisogno di espressione rappresentando la propria interiorità. Secondo Vasilij Kandinskij infatti, le emozioni possono essere espresse proprio attraverso raffigurazioni di linee curve, dritte o spezzate e quindi la raffigurazione astratta varierà a seconda della situazione di negatività o positività a cui ci stiamo riferendo. Ognuna di queste linee inoltre è in grado di esprimere e quindi suscitare una sensazione di freddezza e piattezza in quanto può venire associata all’immobilità, alla stabilità ed al sonno. La linea verticale può produrre una sensazione di calore e viene associata all’altezza. La linea obliqua è instabile e dinamica, mentre la curva può determinare un effetto di calma e tranquillità. Vasilij Kandinskij inoltre ragiona anche su le tre forme geometriche più conosciute, e anche questo tipo di riflessione, si avvicina in qualche modo a quella che è l’importanza della forma per il Mandala. L’artista allora, riconosce alla forma del quadrato, stabilità e associa questa figura al colore rosso. Il triangolo, in quanto deriva da una linea spezzata e viene caratterizzato dall’angolo acuto, viene riconosciuto come forma di maggior tensione e dinamismo, collegato al colore giallo. Riferendosi al cerchio invece, forma che ci ricorda il Mandala, l’artista associa il colore azzurro. Inoltre, ritiene quest’ultima pacata e priva di tensione, poiché più di ogni altra tende alla quiete. Proprio prendendo in considerazione il colore azzurro, Kandinskij gli attribuisce un vero e proprio valore benefico, carico di spiritualità e che evoca l’infinito. Il rosso era in grado di evocare forza e passione. Il giallo invece è stato associato all’eccitazione e al dinamismo. Capiamo bene allora che se parlando di Kandinskij possiamo parlare di “psicologia del colore”, è proprio perché lui credeva fortemente che ogni colore producesse un particolare effetto sull’anima. Nel tuo testo “Lo Spirituale nell’Arte” Vasilij Kandinskij scrive proprio riguardo a questo ”Il colore è un mezzo di esercitare sull’anima un’influenza diretta, il colore è un tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce, l’anima lo strumento dalle mille corde. L’artista è la mano che suona, toccando un tasto o l’altro per far vibrare l’anima”. Potremmo dire allora che Vasilij Kandinskij che il suo approccio, ci insegna in qualche modo ad ascoltare il colore così come la forma, ponendoci in un’ottica totalmente nuova, che ci mette in relazione non solo con l’arte ma anche proprio con noi stessi. E come lui stesso scrive nel suo saggio di estetica, all’interno del quale raccoglie le tracce delle sue lezioni tenute nel 1922 alla Bauhaus, che si intitola ”Punto, linea, Superficie” all’interno del quale, proprio riferendosi alla chiave di lettura da lui offerta, Vasilij Kandinskij scrive: “ è la possibilità di entrare nell’opera, diventare attivi in essa e vivere il suo pulsare con tutti i sensi”. Un nuovo modo di pensare e vivere l’arte che coinvolga tutti i nostri sensi, nel profondo. CAPITOLO 4 Contemporaneità: un nuovo atteggiamento – pag. 4.1 Nils-Udo: una natura ricomposta
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