Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

IL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA; testo a fronte incluso., Appunti di Filosofia Teoretica

Il manifesto del partito comunista: genesi, edizioni, la lega dei comunisti, il prologo, borghesi e proletari, elogio alla borghesia, la contraddizione dell'epoca borghese, sottoproletariato e contadini, lo stato nazionale e il mercato globale, le leggi economiche come leggi naturali, il capitalismo non è la fine della storia, la costituzione del proletariato in classe, il concetto di classe, la conquista della Democrazia, Interventi dispotici e "dittatura". Parti del testo trattate riportate.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 19/06/2022

DanielaCeban
DanielaCeban 🇮🇹

5

(2)

5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica IL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA; testo a fronte incluso. e più Appunti in PDF di Filosofia Teoretica solo su Docsity! Marx, Il Manifesto. 21-22° lezione. 17 e 22 dicembre 2021 IL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA, 1848. GENESI E FILOLOGIA: Pubblicato in tedesco con caratteri gotici per la prima volta nel febbraio del 1848 a Londra; stampato nell’officina di Bourgart in due versioni: una di sole 23 pagine e l’altra di 30; tuttavia il contenuto è lo stesso. Non esiste un documento archivistico o manoscritto del manifesto ma solo due brevi abbozzi di M. (100-1). La stampa del manifesto era di propaganda interna all’organizzazione che l’aveva commissionata a Marx ed Engels cioè dalla Lega dei comunisti. Nel prologo si legge che il manifesto venne pubblicato in diverse lingue tuttavia la vicenda delle traduzioni si rivelò molto lenta: la prima tradizione italiana a cura di Leonida Vissolati esponente del socialismo uscì soltanto nel 1889. Nella prefazione del 1890 dell’edizione tedesca (pag 107-110) Engles tracciò con molta precisione la storia della fortuna della diffusione del manifesto: certamente circolava molto durante il corso delle rivoluzioni ma subito dopo la fine ingloriosa del processo rivoluzionario europeo venne sostanzialmente dimenticato almeno fino al 1864, quando venne fondata la Prima internazionale, e infine a diventare l’opera fondamentale del comunismo europeo solo dopo la morte di Marx. Engles in questa prefazione all’edizione tedesca del 90 scrive così: “Il manifesto ha avuto le sue proprie vicende, salutato entusiasticamente come dimostrano le traduzioni etc al momento delle pubblicazioni dall’avanguardia del socialismo scientifico, allora poco numerosa; venne presto ricacciato indietro dalla reazione che iniziò con la sconfitta degli operai parigini del giugno 1848 e infine venne messo al bando ai sensi della legge dalla condanna dei comunisti di colonia del novembre 52. Con la scomparsa dalla pubblica scena del movimento operaio che data dalla rivoluzione di febbraio anche il manifesto passo nello sfondo e venne dimenticato.” LA LEGA DEI COMUNISTI. Nel febbraio del 1847, uno dei capi della Lega dei Giusti, Joseph Moll fece visita a Marx a Bruxelles per chiedere la sua adesione alla Lega. La lega dei Giusti (Bund der Gerechten) era stata fondata nel 1836 a Parigi, guidata da Wilhelm Weitling. La richiesta di Moll non era solo una questione di facciata ma significava che la lega cominciava a cambiare la sua natura ideologica e riconoscersi nella teoria del materialismo storico elaborata da Marx. Dal 46, a ridosso della stesura del manifesto, la sede della lega era stata trasferita da Parigi a Londra. Tra il febbraio e marzo 1847, Marx aderì alla Lega dei Giusti. La lega tenne il suo primo congresso il 1 gennaio del 47 a Londra al quale Marx non partecipò. Invece il congresso si rivelò favorevole alle posizioni di Marx ed Engles soprattutto perché cambiò nome in La Lega dei Comunisti; Il primo partito comunista della storia europea. Il mutamento del nome da giusti a comunisti introdusse nuovi statuti cioè un nuovo programma e base ideologica che erano interamente ispirati dalle tesi di Marx. Art.1 afferma: “Scopo della lega dei comunisti è il rovesciamento della borghesia, il regno del proletariato, la soppressione dell’antica società borghese fondata sugli antagonismi di classi e l’instaurazione di una nuova società senza classe e proprietà privata.” Nono solo mutava ma veniva completamente rovesciata l’ispirazione fondamentale di questo movimento che si era fino ad allora riconosciuta nella fratellanza “Tutti gli uomini sono fratelli”, questo motto della lega con la trasformazione con il celebre motto “ proletari di tutti i paesi unitevi!”. L’idea di fratellanza è quanto più lontano da Marx perché nella sua visione il conflitto precede la fratellanza, l’unificazione dell’umanità, che è il principio del comunismo, non è mai un presupposto ma solo un risultato, come l’esito di una lotta, l’uomo conquista la fratellanza e non è il punto di partenza dell’azione politica. Marx diventa un militante politico, si impegnò nella Lega dei Comunisti con molte iniziative tra cui l’istituzione di un circolo di studi dei lavoratori tedeschi di Bruxelles per cui tenne molte conferenze tra cui Lavoro, salariato e capitale, la prima esposizione sistematica delle teorie che saranno alla base del Capitale. Dicembre 1847: 2° congresso a Londra della Lega dei Comunisti nel quale viene conferito a Marx ed Engles il compito di scriverne il manifesto, il programma della Lega. Engles nel 1885 scrisse un’introduzione alla 3° edizione tedesca di Rivelazioni sul processo contro i comunisti a Colonia: 1 Marx, Il Manifesto. 21-22° lezione. 17 e 22 dicembre 2021 Per la storia della lega dei Comunisti(pag. 55-70). Questo scritto fu il risultato di una collaborazione difficile tra Marx ed Engles in quanto Marx era a Bruxelles e Engles a Parigi e si videro solo per pochi giorni e, come risulta dai due abbozzi, la stesura era principalmente di Marx. Il titolo tuttavia è opera di Engles come è attestato dalla lettera che Engles scrisse a Marx il 23/4 novembre 1847. Engles ricordava bene il manifesto di Babeuf, la congiura degli eguali 1796; il manifesto di Victor Considerant del 1847 ispirato al socialismo utopistico di Fourier. Marx per la stesura di questo libro, si appoggiò a tutto il materiale che via via la Lega gli inviò ma soprattutto i suoi scritti precedenti; in particolare per i primi 2/3 capitoli la Miseria della filosofia, l’Ideologia tedesca, e Principi del Comunismo di Engles. IL PROLOGO. Uno spettro si aggira per l’Europa, lo spettro del comunismo. Lo spettro è un luogo classico della letteratura tra cui Shakespeare in Amleto e Macbeth. Nel libro di Florence del 1842, il comunismo viene definito spettro oscuro e minaccioso; nella voce comunismo che si legge un lessico politico pubblicato in Germania nel 1846 si legge che il comunismo è uno spettro minaccioso. Enciclica di Pio 9° del 9 novembre 1846 Qui pluribus, sulla condanna degli errori moderni dove lo spettro del comunismo è indicato come nuovo nemico della religione cattolica. La stessa espressione spettro era stata usata nel Risorgimento, rivista liberale, 1848 dal Conte di Cavour: “Non solo l’idea di repubblica e democrazia ma lo spettro del comunismo tiene tanti animi sospetti e dubbiosi.” Insomma l’immagine del comunismo come spettro non è certamente di Marx ed Engles tuttavia la metafora dello spettro viene ribaltata nel corso del prologo: lo spettro è una fiaba, un racconto. Di fronte a questa fandonia, il manifesto intende fare chiarezza in modo aperto la loro visione del mondo. Il compito del manifesto è dunque quello di esporre la visione comunista. Il primo passaggio del prologo è la descrizione sintetica del sistema della potenze mondiali cioè del quadro della reazione che è uscito dal Congresso di Vienna: Tutte le potenze della vecchia Europa, il papa e lo zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi, si sono alleati in una santa caccia spietata contro questo spettro. Subito Marx ci da l’immagine di un fronte della pura conservazione che unisce tutte le sfumature della politica europea, da Pio 9° alla Russia, dal cancelliere austriaco all’imperialismo costituzionale francese; di fronte al quale il comunismo rappresenta una potenza che è riconosciuta dal nemico. Il contrasto tra due potenze che si contrastano, non lo spettro ma il conflitto tra due campi rispetto ai quali ogni partecipante deve scendere. Il manifesto è suddiviso in 4 parti. BORGHESI E PROLETARI. Il manifesto è suddiviso in 4 parti e nel primo capitolo, intitolato Borghesi e Proletari, si legge il più grande elogio della borghesia come unica classe della storia autenticamente rivoluzionaria. Il senso della storia viene indicato come conflitto: La storia di ogni società sinora esistita è storia di lotta di classi. La storia è storia di lotte tra le classi, nella storia dunque vi sono innanzitutto le classi che sono portatrici di una visione, di una forma sociale che è in aperto contrasto con le altre classi: questo conflitto è in generale sempre tra oppressori e oppressi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressori e oppressi sono sempre stati in contrasto fra di loro, hanno sostenuto una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese: una lotta che finì sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in lotta. La storia è contrapposizione e che ci sia questa dialettica è una necessità inderogabile finché non c’è comunismo che abolisce le classi. A questo punto Marx aggiunge che questa antitesi/lotta tra le classi può essere aperta/manifesta/visibile o nascosta/ invisibile/latente però c’è sempre. Ci sono intere periodi della storia in cui il combattimento non si vede, in cui sembra che ci sia pace ma in realtà c’è. Se il conflitto è una necessità inderogabile tuttavia il risultato storico è aperto a due esiti differenti e opposti: da una parte una trasformazione, una rivoluzione e dall’altra una catastrofe, il naufragio comune di tutte le classi in lotta. Tutta la storia come conflitto nella teoria di M. è pervenuta al suo punto estremo e si identifica con l’epoca della borghesia. Nelle prime epoche della storia troviamo quasi dappertutto una completa divisione della società in varie caste, una multiforme gradazione delle posizioni sociali. Nell'antica Roma abbiamo patrizi, cavalieri, plebei, schiavi; nel medioevo signori feudali, vassalli, maestri d'arte, garzoni, servi della gleba, e per di più in quasi ciascuna di queste classi altre speciali gradazioni. La moderna società borghese, sorta dalla rovina della società feudale, non ha eliminato i contrasti fra le classi. Essa ha soltanto posto nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta in luogo delle antiche. La nostra epoca, l'epoca della borghesia, si distingue tuttavia perché ha semplificato i contrasti fra le classi. La società 2 Marx, Il Manifesto. 21-22° lezione. 17 e 22 dicembre 2021 Una contraddizione oggettiva nel senso hegeliano: più cresce la produzione più cresce il proletariato. Per questo, come M. si esprime il tratto essenziale della borghesia è la polarizzazione cioè la semplificazione della lotta di classe. LA COSTITUZIONE DEL PROLETARIATO IN CLASSE: LA FUNZIONE DELLA COSCIENZA. La figura del proletariato come figura rivoluzionaria nel Manifesto è indicata nella formula di costituzione del proletariato in classe. Proletariato e classe sono dunque due cose diverse: la classe non è l’esistenza del proletariato, non è soggetto per il fatto stesso di essere proletario, per il fatto di lavorare nella fabbrica e di essere sfruttato etc. Tuttavia la classe non è esattamente un soggetto politico, un partito come il marxismo lo concepirà dopo la morte di Marx dapprima nell’esperienza della Seconda Internazionale, in particolare la socialdemocrazia tedesca, e poi dopo la rivoluzione d’ottobre. Dalla Miseria, il capitalismo produce miseria in modo proporzionale in cui produce ricchezza cioè la ricchezza non diventa ricchezza sociale. L’aumenta di ricchezza di una nazione non è ricchezza della società civile di quella nazione, la ricchezza rimane ricchezza di pochi. Ora questa miseria si cristallizza nella classe lavoratrice cioè nella classe che produce quella ricchezza che poi gli viene espropriata quindi in termini di mera esistenza il proletariato è la miseria sociale cristianizzata tuttavia la miseria non è automaticamente coscienza di miseria. La coscienza è un processo storico, non una figura dell’esistenza, che passa per diverse fasi e questo passaggio è fondamentale per la costituzione del proletariato in classe, come soggetto rivoluzionario. Ergo è a coscienza che indica la classe e il proletariato. L’INFANZIA DEL PROLETARIATO. Nella Miseria abbiamo letto che la 1° fase è la semplice rivolta, il sovversivismo, quando il proletario lotta in modo istintivo, come reagisce un corpo ferito, contro il borghese che lo sfrutta. La 2° a fase è l’utopismo cioè quando il proletariato acquista una teoria nella forma di un sistema cioè, la coscienza si presenta nella forma di una scienza che disegna il mito di una società naturale, razionale, di eguali etc. e poi cerca di realizzarlo astrattamente nella realtà. La costituzione della classe è il superamento innanzitutto di questa fase d’infanzia, di questa segnata dal sovversivismo e utopismo; non una scienza, una dottrina, una teoria ma la coscienza della sua essenza, in fondo il marxismo è illuminazione di ciò che effettivamente è e che può guidare tutta la società. Nel Manifesto questa scansione della vita del proletariato è ulteriormente approfondito: la lotta del proletariato contro la borghesia inizia con l’esistenza. L’esistenza dell’operaio in quanto produttore di merci ma all’inizio la lotta è istintiva, individuale, è come la reazione di un corpo ferito: Da principio singoli operai, poi gli operai di una fabbrica, poi gli operai di una branca di lavoro in un dato luogo lottano contro il singolo borghese che li sfrutta direttamente. (Pag. 15) In un secondo momento: l’operaio si ribella contro la macchina che in maniera diretta lo asservisce cioè combatte contro la stessa operazione del lavoro -che si compone della forza lavoro, dell’oggetto del lavoro e del mezzo di produzione- ergo questa lotta è oggettivamente reazionaria cioè mira a restaurare la situazione pre-borghese. Essi non dirigono i loro attacchi soltanto contro i rapporti borghesi di produzione, ma contro gli stessi strumenti di produzione; distruggono le merci straniere che fan loro concorrenza, fracassano le macchine, danno fuoco alle fabbriche, cercano di riconquistarsi la tramontata posizione del lavoratore medievale. IL CONCETTO DI CLASSE NEL MANIFESTO. In questo periodo il carattere della lotta operaia è la disperazione, non è classe, non sente l’unità e sul piano ideologico non può far altro che provare nostalgia per i tempi passati in quanto non riesce a comprendere il carattere rivoluzionario dell’epoca della borghesia. La prima unificazione del proletariato in classe è proprio opera della borghesia, della grande industria: il progresso tecnico genera la grande fabbrica, unisce i proletari, forma la classe e la disciplina attraverso il lavoro. Tuttavia questa opera unitaria è transitoria. Classe, nel Manifesto significa dunque unità, il proletariato diventa classe quando si unifica e lo fa attraverso la coscienza. 1°: IL PROLETARIATO DEVE ELEVARSI A CLASSE NAZIONALE. Gli obbiettivi della lotta proletaria sono 3: Lo scopo immediato dei comunisti è lo stesso di tutti gli altri proletari: formazione del proletariato in classe, abbattimento del dominio della borghesia, conquista del potere politico da parte del proletariato. (pag 23) 5 Marx, Il Manifesto. 21-22° lezione. 17 e 22 dicembre 2021 Una volta unitosi in classe, il proletariato deve prendere in mano il potere politico e governare il mondo: questa funzione politica riguarda in primis riguarda il rapporto del soggetto proletario con la nazione e in aggiunta il rapporto tra proletariato e la forma democratica del potere politico. 1. Soggetto rivoluzionario-nazione(pag 29): Μarx afferma che gli operai non hanno patria, è una classe mondiale ma per prima cosa gli operai devono elevarsi a classe nazionale, il proletariato deve costituire sé stesso e perciò il proletariato è esso stesso ancora nazionale. Inoltre, si è rimproverato ai comunisti ch'essi vorrebbero abolire la patria, la nazionalità. Gli operai non hanno patria. Non si può togliere loro quello che non hanno. Poiché la prima cosa che il proletario deve fare è di conquistarsi il dominio politico, di elevarsi a classe nazionale, di costituire se stesso in nazione, è anch'esso ancora nazionale, seppure non certo nel senso della borghesia. Le separazioni e gli antagonismi nazionali dei popoli vanno scomparendo sempre più già con lo sviluppo della borghesia, con la libertà di commercio, col mercato mondiale, con l'uniformità della produzione industriale e delle corrispondenti condizioni d'esistenza. Il dominio del proletariato li farà scomparire ancor di più. Una delle prime condizioni della sua emancipazione è l'azione unita, per lo meno dei paesi civili.Lo sfruttamento di una nazione da parte di un'altra viene abolito nella stessa misura che viene abolito lo sfruttamento di un individuo da parte di un altro. Con l'antagonismo delle classi all'interno delle nazioni scompare la posizione di reciproca ostilità fra le nazioni. Sul piano di principio i lavoratori, gli operai non hanno patria ergo non gli si può togliere ciò che non hanno. Il proletariato è per sua essenza una potenza globale però in linea di fatto, in quanto per prima cosa devono conquistare il potere politico, deve elevarsi a classe nazionale ergo il proletariato è anch’esso ancora nazionale. Il proletariato, figlio della borghesia, ha la stessa ambiguità della borghesia. Il comunismo prosegue l’opera della borghesia oltre la dimensione economica fino alla scomparsa della posizione di reciproca rivalità delle nazioni. L’ostilità tra le nazioni, la guerra scompare quando cessa all’interno delle nazioni l’antagonismo delle classi. Il conflitto tra classi all’interno delle nazioni e le nazioni stesse vi è una forte relazione in quanto una è riflesso dell’altra. Il problema è di non poter estendere la globalizzazione alla dimensione politica, di non poter governare i processi economici che con la realizzazione di un mercato mondiale, ha innescato. 2°: LA CONQUISTA DELLA DEMOCRAZIA. Ora Marx ed Engles affermano che il primo passo è la conquista della democrazia (pag 31): Abbiamo già visto sopra che il primo passo sulla strada della rivoluzione operaia consiste nel fatto che il proletariato s'eleva a classe dominante, cioè nella conquista(ottenere combattendo) della democrazia. Il proletariato adoprerà il suo dominio politico per strappare a poco a poco alla borghesia tutto il capitale, per accentrare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, cioè del proletariato organizzato come classe dominante, e per moltiplicare al più presto possibile la massa delle forze produttive. Naturalmente, ciò può avvenire, in un primo momento, solo mediante interventi despotici nel diritto di proprietà e nei rapporti borghesi di produzione, cioè per mezzo di misure che appaiono insufficienti e poco consistenti dal punto di vista dell'economia; ma che nel corso del movimento si spingono al di là dei propri limiti e sono inevitabili come mezzi per rivoluzionare l'intero sistema di produzione. Queste misure saranno naturalmente differenti a seconda dei differenti paesi. Il proletariato deve diventare nazionale e ciò significa conquistare la democrazia cioè guidare lo stato strappandolo alla borghesia. Il proletariato usa il potere politico per l’accentramento degli strumenti di produzione, la moltiplicazione delle forze produttive quindi lo stato proletario accelera la forza del progresso ed effettua dispotici interventi sulla proprietà. Queste misure che sono poco consistenti dal punto di vista dell’economia in quanto violano le leggi dell’economia; tuttavia sono necessarie per la trasformazione della forma sociale. Le misure dispotiche sono differenti a seconda del grado di sviluppo dei singoli paesi. INTERVENTI DISPOTICI E “DITTATURA”. Quasi ovunque la strategia dei comunisti è quella dell’alleanza della borghesia progressiva; nel Manifesto il problema del proletariato non è ancora la rivoluzione ma il compimento delle rivoluzioni borghesi in Europa. Non si parla di dittatura ma di interventi dispotici. La formula della dittatura del proletariato verrà adoperata da Marx, dopo la sconfitta delle rivoluzioni del 48, soprattutto in 3 testi: 1. “Le lotte di classe in Francia.” In questo libro Marx discute l’impossibilità di poter contrapporre alla borghesia il proletariato, della trasformazione dello stato nel quadro borghese e dunque il consequenziale abbattimento della classe operaia. 6 Marx, Il Manifesto. 21-22° lezione. 17 e 22 dicembre 2021 2. Lettera a J. Weydemeyer, 5 marzo 1852: Per quanto mi riguarda, non a me compete il merito di aver scoperto l’esistenza delle classi nella società moderna e la loro lotta reciproca. Molto tempo prima di me, storiografi borghesi hanno descritto lo sviluppo storico di questa lotta delle classi ed economisti borghesi la loro anatomia economica. Ciò che io ho fatto di nuovo è stato: 1. dimostrare che l’esistenza delle classi è legata puramente a determinate fasi storiche di sviluppo della produzione; 2. che la lotta delle classi conduce necessariamente alla dittatura del proletariato; 3. che questa dittatura medesima non costituisce se non il passaggio all’abolizione di tutte le classi e a una società senza classi. La dittatura del proletariato costituisce un passaggio necessario all’abolizione di tutte le classi cioè al comunismo; dunque la lotta proletaria assume sotto la forma di interventi dispotici carattere transitorio. 3. La critica del programma di Gotha: “[…]tra la società capitalistica e la società comunista vi è il periodo di trasformazione rivoluzionario di una nell’altra; a esso corrisponde anche un periodo politico transitorio il cui stato non può essere altro che la dittatura rivoluzionaria del proletariato.” LA TRANSITORIETÀ DELLA RIVOLUZIONE PROLETARIA. Tuttavia se la filosofia di Marx fosse una filosofia della storia in senso rigoroso, il problema della transitorietà della dittatura non si porrebbe poiché in una filosofia della storia strettamente intesa vi è evoluzione lineare tra le forme sociali, non c’è bisogno di una dittatura ma la forma borghese passa per le contraddizioni interne nella sua forma successiva. Tuttavia c’è bisogno di una dittatura poiché lasciata a se stessa, senza la virtù machiavelliana, senza la forza di una azione politica; questo sviluppo della forma borghese va verso la rovina dell’umanità cioè lasciata a sé stessa nella sua spontaneità, la storia va verso la catastrofe, non verso il comunismo. Marx dunque si rende conto che la storia deve essere forzata, che è necessaria la politica. In questa prospettiva la dittatura ferma il corso della storia verso un esito di tipo nichilistico. Nondimeno rimane un’antinomia non risolta nel pensiero di Marx che peserà molto nella storia del comunismo: M. sostiene che lo stato borghese è un comitato di affari della borghesia dunque bisogna abbatterlo ma nel 48/9 dice che dove non è stato realizzato lo stato nazionale, il proletariato deve unirsi alla borghesia progressista per adoperare la costruzione dello stato nazionale. Ma na volta che il proletariato collabora con la borghesia per la costruzione della democrazia, di quest’ultima che ne è? Su questo Marx non risponde cioè non dà una teoria dello stato che riesce a tenere il passo con la modernità e il prezzo lo pagherà il movimento comunista soprattutto quando il comunismo internazionale si troverà di fronte i fascismi e il nazional socialismo in Germania. È la stessa cosa il governo di Roosevelt in America o il governo di Hitler? La risposta del Comiter fu sì; questo fu un errore clamoroso dovuto ad alcune insicurezze nell’opera di Marx che alla fine venne sciolto soltanto dopo l’aggressione tedesca oltre i confini dell’Unione Sovietica e nacque la categoria dell’anti-fascismo. Dunque per il comunismo degli anni 40 c’è una differenza tra un potere che è una dittatura e un potere che è democrazia e quindi Stalin si allea con Roosevelt e Churchill, America e Inghilterra contro altre potenza capitalistiche. 7
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved