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Il mio credo pedagogico di John Dewey - RIASSUNTO E APPUNTI, Sbobinature di Storia dell'Educazione

Biografia di John Dewey e spiegazione de "Il mio credo pedagogico"

Tipologia: Sbobinature

2021/2022
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Scarica Il mio credo pedagogico di John Dewey - RIASSUNTO E APPUNTI e più Sbobinature in PDF di Storia dell'Educazione solo su Docsity! PARTE ZERO – INTRODUZIONE E NOTA BIBLIOGRAFICA L’AUTORE E IL CONTESTO POLITICO E SOCIALE LIBRO: IL MIO CREDO PEDAGOGICO – JOHN DEWEY (non è necessario solo leggere il libro, ma è fondamentale anche leggere introduzione e nota bibliografica per domanda d’esame su collocazione autore nel contesto politico e sociale americano). Dewey è un autore che vive a cavallo tra la seconda metà dell’800 e la prima metà del 900. Vive una vita particolarmente lunga; è un americano che nasce e vive in una famiglia borghese, che quindi ha la possibilità di accedere alla cultura e al benessere complessivo. Vive nell’epoca interessata dalla rivoluzione industriale: l’America si avvale del contributo della scienza che permette l’industrializzazione, che favorirà la condizione di progresso scientifico e tecnico. È come se nei secoli precedenti, l’avanzamento aveva condizioni di più forte lentezza, ma con le macchine inizia un processo di modernizzazione della società che ha i caratteri della velocità e frenetica. La realtà resta problematica e non è più gestibile con strumenti e strategia preindustriale: i problemi da risolvere con la macchina non sono più gestiti attraverso dei rituali, ma attraverso delle procedure tecniche che bisogna conoscere. Quindi con l’introduzione della rivoluzione scientifica, è stato fatto anche un passaggio importante dell’educazione, che ora si pone il problema della conoscenza (che fino a quel momento era destinata solo all’élite, ma adesso anche alla massa che ha a che fare con le macchine). Con questo cambiamento di sono accompagnati due fenomeni importanti: la massa ha iniziato a spostarsi da contesti rurali e limitrofi, alle città (ma anche da un paese all’altro, tipo dall’Italia all’America) per lavorare come operai. Questo spostamento è antropologico ed etnico, e quelle differenze che prima non avrebbero potuto coesistere in uno stesso spazio fisico, si trovano ora a convivere (uomini e donne, padrone e servo, diversi gruppi etnici etc.). Attraverso l’urbanizzazione, inoltre, iniziano ad essere costruiti contesti domestici in relazione alla fabbrica, ma convivendo in un contesto di sostanziale differenza, c’era il rischio dell’acuirsi di conflitti e tensioni tra gruppi diversi (etnici, di genere, ecc.). C’era quindi il problema di gestire la convivenza di classi sociali (borghese e operaio) e diverse culture. Inoltre, un secondo problema (oltre quelle di educare alla logica della scienza) è anche quello di educare alla logica della conoscenza (saperi scientifici e tecnici) e alla coscienza che abbia un carattere democratico, quindi educare alla democrazia (saperi umanistici). LE PRINCIPALI INFLUENZE CHE HANNO SEGNATO IL PENSIERO DI DEWEY: Egli subisce e recepisce importanti influenze culturali. È un autore molto complesso in quanto completo: attinge a diverse discipline nella sua formazione. Con Darwin e il suo evoluzionismo, potrà riflettere sul fatto che l’uomo è uno delle specie che abitano la Terra in condizione con il resto dell’ambiente, che evolve, proprio come l’uomo (evoluzionismo). L’adattamento a cui l’uomo dà vita è un adattamento attivo: non è solo condizionato dall’ambiente ma interagisce con esso producendo cultura ed evolvendosi. In ambito filosofico (possiamo considerarlo in primis, un educatore filosofico) egli è influenzato dal pensiero di Kant, quindi dall’idea illuministica: la conoscenza debba essere totale, di tutta la realtà in tutti i suoi punti di vista. Per Kant l’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità, in assenza di conoscenza, dall’oscurità. Per Dewey questa visione della conoscenza non è fine a sé stessa, ma nella visione dell’illuminismo doveva essere utilizzata a favore della giustizia sociale (per ambire alla società democratica). In ambito filosofico ha una visione razionalistica che però è anche una ragione critica (che quindi assume anche il carattere della dialettica dell’educazione). Ancora, Dewey guarda alla conoscenza, sia che il singolo deve maturare, cioè che ragionamento fare al fine di educarlo, ma anche che tipo di scienza si deve maturare. Quindi svilupperà una teoria logica dell’educazione (teoria di tipo tipicamente scientifico, che deve illuminare l’azione del soggetto in educazione, dell’educazione e della scienza). Dewey, inoltre, si ispira alla corrente del pragmatismo (Charles Pears), filosofo che pubblicherà un saggio “Come render chiare la nostre idee”, dove cercherà di capire come pensare in modo valido. Quindi egli dice che la conoscenza (che per Dewey è sia del soggetto da educare che della scienza) parte sempre da un dubbio che si sviluppa nella realtà i cui il soggetto si trova, che sottoposto al vaglio critico della ragione, deve essere risolto grazie a un ragionamento logico (né folkloristico né religioso), che mi permette quindi di arrivare a una spiegazione del dubbio che ci si era posto. Questa spiegazione ha carattere di credenza (quindi un credo, intesa come convinzione, non inteso come credo religioso, perché altrimenti contrasterebbe con l’idea scientifica e laica che Dewey vuole dare alla spiegazione dei dubbi). Continuando ad usare questa credenza, essa si consolida, quindi diventa più forte, fino a diventare un vero e proprio abito di comportamento. Poi Pears dice che questa credenza resta tale finché il rapporto con la realtà presenta un nuovo problema, che però mette in dubbio la credenza precedente; a quel punto la scienza deve rimettersi in moto ripartendo dal dubbio per rimettere in asse il processo della conoscenza. Quindi la scienza non è mai finita, ma deve avere caratteri di complessità e dinamicità, quindi in quanto tale è interrotta. Così deve ragionare sia il soggetto in educazione, che l’educatore e la scienza. Ulteriore influenza in Dewey sarà la psicologia, attraverso il contributo di Stanley Hall che ha avuto il merito di guardare la psicologia occupandosi alla psicologia dell’adolescenza, che quindi continua dopo l’infanzia. Il problema del sociale sarà un altro aspetto che segnerà il pensiero di Dewey: la democrazia, che segnerà sia il mondo americano interno, fortemente proiettato sull’individuale, ma anche le relazioni con altri paesi. Il problema sarà quindi il peso del sociale nella conoscenza e coscienza individuale. Dewey costruisce una scuola laboratorio, per osservare il modo in cui avviene l’educazione e per sperimentare il suo modello pedagogico. Esso avrà proprio dei caratteri laboratoriali, quindi metterà al centro il fare. In questo senso Franco Cambi dirà che Dewey è il principale esponente del pragmatismo filosofico in ambito pedagogico (che quindi è interessato all’esperienza concreta della realtà che è interessata a risolvere problemi del reale in maniera concreta) ma anche il principale esponente dell’attivismo pedagogico, corrente che presenta almeno tre aspetti: - Dewey è puerocentrico, cioè che mette al centro il bambino e i suoi bisogni, con un’operazione prettamente attivista, oppositamente alla cultura che fino a quel momento metteva al centro l’insegnante. Ora è messo in evidenza il bambino a partire dai suoi bisogni, ma anche dalla sua attività; quindi, costruisce attivamente la sua conoscenza (quindi non condizionato da una conoscenza innata, e nemmeno unicamente dal contesto in cui si trova). In questo contesto, quindi, il bambino ha potenzialità; ed è compito dell’insegnante sviluppare questo carattere. - L’attivismo dà precedenza al fare concreto, che precede il pensare. Questo significa che l’educatore e l’insegnante devono mettere a punto un ambiente educativo “learning by doing” con caratteri attivi, perché essi consentono la crescita più alta del pensiero, visto che dal fare si può sviluppare anche il pensare attraverso un’esperienza concreta, ma anche - «la scuola deve rappresentare l’attuale, il presente, coerente con la vita». (è però un ambiente in cui si può apprendere in modo semplificato). ARTICOLO 3, LA MATERIA DELL’EDUCAZIONE IO CREDO CHE… - «la vita sociale del fanciullo (materia dell’educazione) è il fondamento della concentrazione, o della correlazione, di tutta la sua educazione o sviluppo. La vita sociale conferisce la unità inconsapevole e lo sfondo di tutti i suoi sforzi e di tutte le sue realizzazioni. La materia del programma scolastico deve differenziarsi gradualmente dall’inconsapevole unità originaria della vita sociale». cioè dal fatto che nella realtà il problema si presenta nella sua aggregazione, che sta alla capacità del soggetto di risolvere i problemi della sua vita a livello sociale, e quindi il programma scolastico deve via via fare un lavoro affinché il bambino si renda conto di come questa unità inconsapevole veda dei bisogni di conoscenza, anche specifici, per poter essere risolta. IO CREDO CHE… - «noi violiamo la natura del fanciullo e rendiamo difficili i migliori risultati morali introducendo il fanciullo troppo bruscamente a una quantità di studi speciali, come il leggere, lo scrivere, la geografia, ed altri, senza rapporto con questa vita sociale». Cioè presentiamo le materie in sé senza che queste siano riportate nell’autenticità dei problemi reali che incontra. IO CREDO CHE… - «l’educazione dev’essere concepita come una ricostruzione continua dell’esperienza; che il processo e il fine dell’educazione sono una sola e identica cosa». Cioè il fatto che noi ricostruiamo ad un livello più alto la nostra esperienza. ARTICOLO 4, LA NATURA DEL METODO (CON QUALE METODO SI DEVE EDUCARE?) IO CREDO CHE… - «la questione del metodo sia riducibile, infine, alla questione dell’ordine dello sviluppo delle facoltà e degli interessi del fanciullo. La legge per la presentazione e per la trattazione della materia è la legge implicita nella natura del fanciullo medesimo. È per questo che io credo che le proposizioni seguenti siano d’importanza suprema per determinare con quale spirito si deve effettuare l’educazione». Siccome il bambino è capace a uno sviluppo prima motorio poi sensoriale, affettivo e cognitivo, il fare deve precedere la teoria (learning by doing). IO CREDO CHE… - «il lato attivo precede quello passivo nello sviluppo della natura del fanciullo; che l’espressione viene prima dell’impressione consapevole; che lo sviluppo muscolare precede quello sensoriale; che i movimenti precedono le sensazioni consapevoli. Io credo che la coscienza (la psiche) sia essenzialmente motrice o impulsiva (il bambino sviluppa pensiero FACENDO); che gli stati coscienti tendano a proiettarsi in azione». IO CREDO CHE… - «l’aver trascurato questo principio sia la causa di gran parte dello spreco di tempo e di energia nel lavoro scolastico (che lavora prima sul pensiero). Il fanciullo è spinto a un atteggiamento passivo, ricettivo o assorbente. Le condizioni sono tali che non gli è consentito di seguire la legge della sua natura; di qui i contrasti e lo sperpero». IO CREDO CHE… - «essi annunciano lo stadio nel quale il fanciullo sta per entrare». (annunciano a che punto è arrivato e dove possiamo arrivare). IO CREDO CHE… - «a questi interessi non si deve indulgere né li si devono reprimere» (perché reprimere un interesse significa sostituire l’adulto al fanciullo, ma è sbagliato anche indulgere, se con essa intendiamo l’accettare ogni volta ciò che chiede il bambino, non avendo più una personale proposta educativa. L’indulgenza fa aumentare il capriccio, che trasforma quindi ogni richiesta in qualcosa di non così importante per il bambino stesso, essendo appunto solo un capriccio). ARTICOLO 5, LA SCUOLA E IL PROGRESSO SOCIALE (IL LORO RAPPORTO) IO CREDO CHE… - «l’educazione è il metodo fondamentale del progresso e dell’azione sociale». (il motore principale del progresso per Dewey non è l’investimento economico su determinate azioni, ma dall’educazione). IO CREDO CHE… - «tutte le riforme che poggiano semplicemente sull’emanazione di leggi o sulla minaccia di certe penalità, o su mutamenti di dispositivi meccanici e esterni sono transitorie e futili». (quando una società afferma che per garantire il progresso bisogna seguire delle leggi o essere controllati, ciò non ha un valore educativo ma fa parte di meccanismi esterni e futili).
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