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IL MIO CREDO PEDAGOGICO - JOHN DEWEY, Dispense di Pedagogia

IL MIO CREDO PEDAGOGICO - JOHN DEWEY

Tipologia: Dispense

2019/2020

Caricato il 21/03/2020

angela-de-stefano
angela-de-stefano 🇮🇹

4.5

(223)

85 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica IL MIO CREDO PEDAGOGICO - JOHN DEWEY e più Dispense in PDF di Pedagogia solo su Docsity! 1 IL MIO CREDO PEDAGOGICO - JOHN DEWEY INTRODUZIONE LA CONCEZIONE PEDAGOGICA DI JOHN DEWEY Dewey si occupa del rapporto tra scienza, filosofia e pedagogia. Scienza e tecnica vengono accusate di essere le fonti dei mali contemporanei della guerra e Dewey combatte contro il loro tentativo di "catturare" l’educazione. Per Dewey la realtà ha carattere dinamico e pratico, altrettanto deve esserlo la conoscenza. L'osservazione necessaria alla conoscenza cancella la separazione tra conoscere e fare e li rende intimamente connessi. I prodotti della conoscenza sono strumenti per azioni future e la validità dei concetti è determinata dalla validità delle loro applicazioni. Questa è la teoria dello strumentalismo, che si fonda sulla dottrina del giudizio. Il soggetto del giudizio è quella parte di ambiente su cui, deve verificarsi la reazione. Tale cambiamento implica una trasformazione anche per il soggetto che compie l'atto di trasformazione. Dewey coniuga questo strumentalismo al realismo pragmatistico arrivando a formulare il concetto di educazione attiva, ovvero la conoscenza come costruzione e ricostruzione del mondo oggettivo. Queste sono le fondamenta della scuola laboratorio da lui fondata presso l'università di Chicago nel 1896. La scuola deve fondare la personalità attraverso la partecipazione a occupazioni manuali eseguite in un clima di collaborazione. L’apprendimento non avviene attraverso la trasmissione di pensieri elaborati dall'insegnante per l'alunno, ma attraverso l'autonoma sperimentazione, l'interazione con l’oggetto, quindi si tratta di autoapprendimento, l'insegnante guida l'alunno ad essere l’educatore di se stesso. Le conoscenze rimangono ipotesi finché non sono state sottoposte a verifica. Le conoscenze e idee diventano fattori integranti dell'azione e la scuola deve essere il luogo in cui viene costruito il sapere e in cui ne viene mostrata la su validità sociale/umana. L'intima connessione tra conoscere e fare va a modificare la concezione scolastica elementare, spingendo verso la collaborazione degli alunni e alunni-insegnanti, verso la presa di contatto con l'ambiente, verso il lavoro multiforme e l’autogoverno scolastico. Ma trasforma anche la concezione della scuola secondarla. Dewey si auspica il superamento della divisione tra studi professionali e studi umanistici, tra corsi tecnici e classici. Anche qui va conservato il metodo dell'indagine attraverso la discussione e la ricerca personale e di gruppo, nel nesso tra cultura e vita, inoltre si devono abolire dagli studi sia la routine meccanica, sia il professionalismo, e per questo diventa necessaria la fusione tra scuole di cultura generale e quelle strettamente professionalizzanti per inseguire l’ideale di un umanesimo del lavoro. Per abolire l'educazione alla distinzione in classi con suole per dirigenti/parassiti e operai/sottoposti. Per tutti deve esserci un unico sviluppo della conoscenza attraverso l’interazione con l’ambiente e l'apprendimento verso tale manipolazione e verso le conseguenze che ne derivano. Il fattore interazione fa sì che l’educazione diventi un processo essenzialmente sociale. L’educazione dell’uomo deriva dalla partecipazione dell’individuo alla coscienza sociale della specie e alla situazione attuale per poterla trasformane. Per questo l’educazione deve offrire il senso di appartenenza al gruppo sociale, trasmettere conoscenze passate in funzione del miglioramento e della ricostruzione. Il corretto processo di conoscenza, per Dewey, dovrebbe evidenziare sia l'aspetto individuale, psicologico, inteso come conoscenza e dominio delle proprie capacità e quello sociale, sociologico come azione progressiva derivata dal pieno sviluppo del singolo individuo. Alla base dell'individuo agente di progresso sta la conoscenza della società, per questo la scuola deve essere una riproduzione semplificata della vita reale associata e l'alunno deve approcciarsi ad essa per imparare a trasformarla, non solo attraverso attività quali lettura e scrittura, ma anche quelle più concrete in cui si manifesta la vita di comunità. L’industrializzazione ha allontanato la famiglia dalla vita domestica e la scuola deve sostituirsi a quest’ultima nel trasmettere il patrimonio della cultura manuale agli alunni. Il lavoro manuale nella scuola 2 non serve per far partecipare gli alunni alla fatica produttiva della comunità, ma a far apprendere i modi di esistenza della comunità stessa, quindi ha significato prettamente intellettuale. Il fare serve al conoscere, a sviluppare in forma integrale la personalità dell’alunno e non a farne un tecnico già inquadrato nel sistema. Quindi Dewey vuole combattere contro la creazione di nuclei dirigenti privilegiati, per offrire a ciascuno la possibilità di creare il proprio destino sgretolando ogni rigida barriera di classe. L’io ha per Dewey un carattere fortemente sociale. Lo spirito individuale è una funzione della vita sociale, prodotto dello sforzo e del pensiero dell’umanità. Attraverso i rapporti sociali l'io acquista una mente. L’individuo e la coscienza sono strumenti di riorganizzazione dell'esperienza, del mondo e della società. La scuola, operando in un ambiente selezionato, ha il compito di ponte tra la famiglia d'origine e la vita sociale e deve utilizzare l’interesse come molla per lo sviluppo. Essere interessati significa essere assorbiti, trascinati da qualche oggetto, prevede un'assimilazione di sé al mondo e del mondo a sé, quindi l’interesse è strumento di apprendimento. É sulla base dell'unità con l'ambiente sociale che nasce la distinzione individuale, che permette alla società di svilupparsi. Società e individuo sono due facce della stessa realtà, ma si condizionano senza sovrapporsi e quindi l'educazione deve essere allo stesso tempo sociale e individuale. Il principio di interazione ci conduce all’ideale di un'educazione e una società democratiche. Esso è congiunto all’idea di continuità. Un'esperienza è feconda quando calandosi profondamente nel presente (inteso anche come frutto del passato) ne modifica lo sviluppo futuro. Questo è il principio di continuità dell'esperienza. Ogni esperienza ne deve schiudere altre e l’educazione scolastica deve partire quindi dalla piena comprensione dell’esperienza presente e non inseguendo presunti interessi futuri. Per Dewey l'intelligenza, la ragione, il pensiero, I'io sono il prodotto di una deviazione delle attività vitali abituali dovuta agli ostacoli che arrestano suo movimento in avanti e lo deviano verso interno. Ma Dewey non spiega come avviene questa trasformazione da attività spinta attraverso canali intra organici a interiorità e io. Se assumessimo per vero questo pensiero, come potrebbe sorgere il pensiero di cambiare Il corso dell'attività, opporsi alla direzione degli avvenimenti politico sociali? Se la coscienza è il riflesso delle istituzioni sociali come può diventare agente della loro riorganizzazione? Questa posizione sulla non autonomia della mente portò ad un opposizione al pensiero di Dewey quando egli si pronunciò favorevole all'entrata in guerra degli USA nella prima guerra mondiale. Infatti seguendo il suo pensiero ogni sviluppo è giustificato e ogni realtà è pregevole purché persegua i suoi fini e questo porta ad una crisi del pragmatismo di fronte alla complessa crisi nella realtà sociale. Nel 1934 Dewey teorizza l’dea di Dio come rappresentativa dell’unificazione del valori ideali. Come fede nella giustizia e nella verità. L'idea di Dio non ha valenza dogmatica sull'esistenza effettiva di una divinità, ma propone l’unione tra reale e ideale e dota lo sviluppo della realtà di una finalità ideale. La conseguenza di questo nuovo pensiero è la necessità di distinzione, ma non separazione, nel processo educativo, dei mezzi dal fine: le tendenze e capacità degli alunni sono le possibilità, mentre il fine dell'educazione è quello umano e sociale di originare uomini liberi che contribuiscono con il loro lavoro alla liberazione e all’arricchimento della vita degli altri; quindi un'educazione alla democrazia in senso psicologico e sociologico. Il piano educativo deve essere individuale e non rigido, ma indicare la direzione. Scienza e tecnologia degli alunni devono essere al servizio di un’educazione alla democrazia e può essere strumento per realizzare una società basata su tali principi, liberando l'uomo da numerose attività pesanti e lasciandolo libero di dedicarsi alla cultura. Ma non deve portare al fine dell'asservimento alla produzione e alla quantità. É l’educazione che deve portare ad una corretta visione e impiego della scienza ponendo l'accento sulla qualità e sull'individualità. Dewey identifica nella filosofia lo strumento per individuare i fini e i valori per umanizzare la scienza. Quest'ultima, in sé, non è né buona né cattiva, né morale né immorale, essa fornisce strumenti, è la filosofia che deve valutarne gli scopi e indagare la potenzialità delle scoperte per indirizzare il futuro, porre delle finalità, stabilire un programma di valori. L'educazione a sua volta si lega alla filosofia 5 ARTICOLO II - COS'È LA SCUOLA La scuola è prima di tutto un’istituzione sociale ed individuale al tempo stesso, che porta al pieno sviluppo dell'individuo e alle sue capacità di collaborazione. L’educazione invece è un processo di vita, non una preparazione al futuro. La scuola ripropone un ambiente semplificato, ma simile rispetto a quello esterno ed il contatto con esso da parte dello studente deve avvenire gradualmente, riprendendo la vita domestica e le attività familiari già note al fanciullo di modo che possa apprenderne il significato e approfondirne i valori morali e sociali, per poi estenderli da questo primo nucleo di comunità alla società intera, allargando il proprio concetto di collaborazione. Quindi la scuola non è solo fonte di informazioni ma insegna a vivere la vita di comunità; non è solo preparazione verso un futuro remoto, ma partecipazione presente. C’è quindi una critica profonda verso l'educazione presente, che separa la scuola dalla vita e isola lo studente dai compagni e dalla famiglia. L'educazione alla moralità, significa formare una persona che utilizza il proprio pensiero e la propria capacità per migliorare la vita collettiva, quindi socialità e moralità coincidono. L'insegnante non deve inculcare le proprie idee, ma assistere l'alunno durante l'apprendimento, deve quindi incoraggiare il ragazzo nelle sue attitudini e porlo di fronte ad uno specchio della realtà esterna in continua modificazione, scegliendo il materiale adatto da proporgli, sia in relazione al suo mondo interno e al suo sviluppo che in relazione al mondo esterno. Il tutto senza forzature, ma controllando che lo studente persegua gli scopi morali, senza soggiacere al proprio impulso. In tale contesto le votazioni e gli esami diventano solo strumenti utili ad identificare le predisposizioni e i punti di debolezza per cui occorre un maggiore aiuto. ARTICOLO III - LA MATERIA DELL'EDUCAZIONE La vita sociale del fanciullo è il fondamento della sua educazione. Le materie scolastiche devono differenziarsi gradualmente dall'unità originaria della vita sociale per evitare una troppo brusca e massiccia introduzione di studi specializzati. Il leggere, lo scrivere, le scienze ecc. devono nascere dalla partecipazione a una vita sociale scolastica ed extrascolastica, a progetti, a studi dell'ambiente; per eseguire i quali sarà lo stesso ragazzo a sentire la necessità di quegli studi. La natura, la scienza che spiega i processi e i materiali da cui deriva la vita sociale; la letteratura (che è interpretazione dell'esperienza sociale) e la storia (che presenta aspetti dello sviluppo sociale) sono tutte materie importanti, ma non devono costituire il nucleo dell'educazione, il cui fondamento sono le esperienze quotidiane, le potenzialità della persona, che devono emergere attraverso le attività costitutive della civiltà, quindi anche al cucire, al cucinare, all’attività manuale, lo studio deve dipendere dalla vita. Tutte le discipline devono portare alla consapevolezza della partecipazione alla vita sociale e non essere informazioni individuali senza scopo. Le materie non devono essere introdotte nel tempo stabilendo le fasce di età appropriate e le classi, ma attraverso lo sviluppo di nuove attitudini verso l’esperienza e di nuovi interessi nell'esperienza. ARTICOLO IV - LA NATURA DEL METODO Occorre adeguare l'ordine dello sviluppo delle facoltà, ai bisogni e agli interessi del fanciullo. È lo sviluppo naturale di queste componenti che segna la via all'insegnate. Considerato che la parte corporea si sviluppa prima della consapevolezza la coscienza, dice Dewey, è essenzialmente motrice, impulsiva, quindi il lavoro scolastico deve partire dall'azione per assecondare la natura dell’uomo ed essere quindi più efficace. Non si può insegnare a pensare prescindendo dall'azione, perché questo porta il fanciullo di fronte ad astrazioni che non è in grado di comprendere e lo si sottopone a pressioni esterne. Nei fanciulli predomina la fantasia, l'immaginazione, quindi egli si crea di ogni nuova cosa delle immagini che lo portano nel tempo alla riflessione logica. Quindi il fanciullo mette ordine nel suo mondo interiore e reale attraverso la riproduzione drammatica di azioni, persone, oggetti con cui viene in contatto e raggiunge un equilibrio interno. Quindi l’immaginazione è la forma prima con cui si manifesta la riflessione ed occorre aiutare il bambino a formarsi un mondo di immagini per educarlo a pensare, partendo dall’osservazione dell'esperienza viva del fanciullo 6 e dei suoi interessi per adattare e modificare l’ambiente circostante in relazione ad essi. Reprimere l'interesse significa smorzare la curiosità e mortificare l’iniziativa, l'autoespressione, il desiderio di apprendere, d'altro canto, indulgere sull’interesse significa essere superficiali e incoraggiare il capriccio e impulso immediato. Perché l’interesse non è il punto d'arrivo dell’istruzione, ma il punto di partenza. L’interesse, educazione come processo dl vita, ragazzi attivi, educazione morale, materie di studio intrinseche, sono le esigenze fondamentali dell'educazione primaria. Nel tentativo di soddisfare l’interesse il fanciullo incontra ostacoli che lo portano ad un conflitto tra impulso ed idea e ciò crea la tensione che costituisce l'emozione. L'emozione nasce per destare la sufficiente energia per affrontare le difficoltà e situazioni nuove, per destare impulso. Se il soggetto compie azioni di routine, in cui non è interessato e impegnato, non ha spinte ad agire; in caso di difficoltà non compare l'emozione genuina ma un artificioso sentimentalismo, un'attivazione artificiale. ARTICOLO V - LA SCUOLA E IL PROGRESSO SOCIALE L'educazione è la base del progresso sociale e di una migliore convivenza, essa sviluppa l'individualità e il bisogno della vita associata, quindi sviluppa contemporaneamente personalità sociali e un’atmosfera sociale. Ideali individuali e istituzionali teoricamente si conciliano. Attraverso l’educazione la società formula scopi organizza mezzi e risorse per riorganizzarsi e perfezionarsi. Se la società desidera provvedere al proprio benessere deve innanzitutto aver cura dell’educazione. L'educazione deve essere unione perfetta di arte e scienza, perché l’educare stesso è un’arte che richiede maturità ed empatia, capacità di osservazione e intuizione e va coniugata a tutte le conoscenze scientifiche possibili (psicologiche biologiche sociologiche). L’insegnante ha quindi un compito sociale ed è profeta di Dio e annunciatore del suo regno. Sembra che Dewey voglia porre al culmine dello sviluppo educativo una finalità religiosa come coronamento di quella sociale e individuale. Ma la religiosità di Dewey è avversa alla trascendenza e si rifà ad uno spirito assoluto che si rivela nelle istituzioni sociali, in un unione tra divino e umano, nel significato ideale del mondo e della vita, nella ricreazione dell'armonia e collaborazione tra simili. L'uomo con la sua moralità sociale sente di assolvere un compito che ha valore universale, si sente cosi strumento di un più grande disegno, si sente necessario per l’ordine delle cose. Questa comunione universale, questa devozione, costituiscono per Dewey la religione. È un sentimento di totalità. L'insegnante ha quindi funzione religiosa in quanto tramite di questo sentimento.
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