Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

I dialoghi con L.: un'esplorazione del conflitto tra Pavese e la divinità, Appunti di Letteratura Italiana

Un'analisi dettagliata dei dialoghi tra pavese e le divinità, esplorando il conflitto tra l'uomo e il divino. Come pavese vede gli uomini come un ostacolo al divino, come gli uomini danno nomi alle cose e come questo sottrae agli dèi l'immortalità, e come pavese vuole rendere il divino responsabile dell'uomo. Anche una riflessione sul ruolo degli uomini nella storia e sulla loro relazione con la divinità.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 15/02/2024

martina-impagnatiello
martina-impagnatiello 🇮🇹

5

(2)

14 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica I dialoghi con L.: un'esplorazione del conflitto tra Pavese e la divinità e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! IL MISTERO In questo dialogo c’è un ribaltamento di prospettiva tra gli uomini e gli dèi, ovvero qui il poeta lascia la palla agli dèi. Il dialogo si intitola Il mistero perché è come se alla fine di tutto il dialogo racchiudesse il mistero più grande ossia la richiesta di senso. I dialoghi con L. sono un itinerario del combattimento tra Pavese e Pavese, tra il Pavese dell’inizio dei dialoghi e il Pavese della fine. Abbiamo sempre detto poi che i dialoghi sono fatti sempre di posizioni che sono in confronto e opposizione tra di loro. In ogni caso il dialogo approda ad un esito e molto spesso l’esito è terribile quindi c’è bisogno di smorzare questo esito. Ad esempio, Leopardi nel dialogo di T. Tasso e del suo genio familiare smorza l’esito dicendo: nel liquore generoso mentre qui Pavese qui usa un espediente retorico che è quello del metalinguaggio dicendo: alla fine è soltanto un racconto. In questo dialogo Pavese lancia ai piedi del divino l’uomo, come se l’uomo debba essere d’intralcio al divino ma cosa significa? Vuol dire che Pavese in quanto uomo pretende qualcosa da chi ci ha messo dentro le cose, lui infatti pretende le cose e pretendere significa proprio attesa all’ennesima potenza. L’uomo ha proprio gli strumenti per poter pretendere ed essendo la creatura prediletta del creato e di Dio dobbiamo essere all’altezza di questo ruolo. Quindi abbiamo diritto a pretendere e domandare sempre. All’inizio del dialogo Pavese rompe i parametri del mito classico perché non abbiamo degli dèi indifferenti agli uomini. Tutta la riscrittura di Pavese, infatti, è volta a questa missione cioè costringere una realtà, una natura che è indifferente a non essere più tale. Perché sceglie proprio il mito classico? Perché all’interno del mito classico è esplicato il problema di Pavese ossia un problema che Pavese ha con l’altro al di fuori di sé e se Pavese pare negarsi o pare indifferente questo è un problema. Quando un uomo intraprende una lotta se questa porta ad un cambiamento forma una piccola crisi e la crisi è la dimensione dell’uomo. In questo dialogo siamo difronte ad una crisi che in greco significa dislivello ma anche giudizio. Però qui ad essere in crisi non è l’uomo ma sono gli dèi ovvero Dioniso e Demetra che sono le divinità dei culti misterici, culti che inglobavano un gran numero di persone e favorivano un rapporto più diretto tra l’uomo e la divinità. Uno dei primi aspetti importanti del dialogo è il coinvolgimento degli dèi nei fatti degli uomini perché di solito accade il contrario. Anzi inizialmente le divinità sembrano essere addirittura disturbati dalla vita degli uomini stessi perché inizialmente infatti noi leggiamo: noi sappiamo le cose e loro le fanno… quindi cosa crea disturbo agli dèi? La differenza che passa tra tempo e storia ovvero gli dèi possiedono il tempo ma gli uomini fanno la storia e questo dà molto fastidio alla divinità perché effettivamente il tempo che loro possiedono se non c’è storia è un tempo inutile perché soltanto la storia può dare un significato. Quindi il dialogo inizia con l’affermare la storicità dell’uomo cioè il suo essere nel tempo Altra cosa importante è quando nel dialogo si dice che gli uomini sono mortali e lo sono proprio perché stanno nel tempo. Ora perché sono stati scelti proprio queste divinità? Perché questi due sono l’anello di congiunzione più prossimo tra la divinità e gli uomini perché hanno donato il pane e il vino quindi elementi che hanno permesso agli uomini di cibarsi e soprattutto perché emerge da questo che gli uomini sono fatti di bisogno di cibarsi mentre gli dèi no - Poi si dice: ci chiamano con le loro vocette… Questo è un elemento di fastidio perché le vocette sono voci fastidiose Puindi pavese vede gli uomini come se fossero dei bambini che quando vogliono qualcosa e quindi gli adulti li devono accontentare. - Poi dice: ci danno dei nomi… ovvero il fatto che gli uomini danno dei nomi alle divinità li dà dei connotati, infatti, il nome è un connotato del tempo quindi il fatto che l’uomo dia un nome alle cose significa sottrarre il tempo a loro quindi quella cosa non è più eterna, illimitata, non è destinata all’immortalità quindi se l’uomo agisce dando dei nomi sottrae agli dèi l’immortalità. Però mentre qui è Pavese che dice che sono gli uomini a dare dei nomi alle cose in realtà nella tradizione giudaico-cristiana è dio che quando crea il mondo dà il nome alle cose quindi abbiamo una sorta di discrepanza tra il mito classico e la tradizione giudaico-cristiana. Pavese fa parlare di noi agli dei perché questi sembrano essere stanchi di essere quello che sono cioè dei, infatti ad un certo punto leggiamo se non ci fossero i giorni che faremmo se gli uomini non avessero inventato questi noi non avremmo senso qui rifacciamo anche al Dialogo della natura e di un islandese quando la natura dice agli uomini pensavi che il mondo fosse stato fatto per voi ecco vediamo quindi come sia Pavese e Leopardi voglio scardinare il fatto che la natura la divinità se ne freghino degli uomini. Demetra ammette a questo punto che prima che ci fossero gli uomini si stava solo e anche male che non ci permette di essere tranquilli. I dialoganti man mano che andiamo avanti assumono una posizione sempre più contrastiva da una Parte Demetra mostra invidia per gli uomini cioè per il fatto che sono mortali, agiscono e operano nella storia arrivando a dare un senso anche alla realtà. Però Demetra ha paura che l’uomo si sforzi di cercare qualcosa al di fuori di sé. che soddisfi la sua esistenza finisca poi di non aver più bisogno degli dei. Questo ci ricorda il paradosso del più forte, forte che si prende cura dei deboli, questo nel fare questo non deve renderlo forte altrimenti finisce per non avere più bisogno questo paradosso ricorda uno dei miglior film di Massimo Troisi che si chiama Le vie del signore sono infinite. Quindi la nostra condizione di mancanza finisce di essere strumento di bisogno per l’altro. Pavese dice che anche il divino è bisogno ora non sappiamo se sia realmente così ciò che sappiamo è che Pavese ha l’esigenza del ridurre il rapporto con il divino al livello del rapporto con l’umano cioè il rapporto tra me e il divino deve essere uguale al rapporto tra me e un altro uomo. Pavese dà a poco a poco alla divinità i connotati degli uomini. I Dialoghi sono un itinerario conoscitivo che approda ad una verità cioè che affinché l’uomo si accosti al divino è necessario che il divino si accosti all’uomo ovvero che questo rapporto abbia delle caratteristiche tipiche dell’esperienza umana quest’ansia appartiene anche a Leopardi. Noi, infatti, bisogno di sperimentare che ciò che può soddisfare la nostra domanda abbia a che fare con esperienze che fanno parte della nostra vita. Ci vuole un anticipo d’esperienza, per esempio, come un bambino che parte con i genitori ma non fa domande cioè questo è l’anticipo dell’esperienza poi la domanda diventa più stringente. Per dar credito a questo anticipo è necessario che il tutto si giochi sul terreno dell’umano cioè Pavese riduce il divino all’umano perché intuisce che è l’unica dinamica che può convincere irraggiungibile altrimenti il divino resterà sempre qualcosa di irraggiungibile. BIANCA GARUFI … E IL ROMANZO A QUATTRO UMANI: in pavese la realtà non ha nessuna consistenza fino a quando non si traduce nel sangue; quindi, le conoscenze della verità arriva con il sangue. Dionisio, infatti, dice che gli uomini fanno sempre finire le loro cose con il sangue e il momento in cui questo sangue viene versato è proprio nel momento della morte e tutto rimanda al mito anche di Icario utilizza questo mito per parlare anche del vino che è un mezzo dell’ebbrezza in cui gli uomini perdono momentaneamente il rapporto con la realtà mentre il sangue è il momento in cui l’uomo viene a conoscenza della verità. Dionisio non comprende il perché gli uomini versano il loro sangue così come si versa il vino. Per lui vino e sangue sono la stessa cosa e perché lo versano a fiumi? proprio per perdere il contatto con la realtà ma in realtà è proprio il contrario cioè loro versano il sangue per mantenere il loro rapporto con la realtà. Pavese questo riferimento al sangue e al vino non sappiamo se derivi tra una tradizione evangelica o cristologica quello che possiamo dire è che il senso di questi due termini cioè il rapporto tra vino e sangue rimanda al dolore e al sacrificio. DEMETRA qui è mossa dalla volontà di aiutare gli umani, l’aiuto sta o nel rendere immortali gli uomini ma dare un senso alla loro morte che lei chiama vita beata. Leggendo questo comprendiamo che c’è qualcosa di più perché quando Dionisio si oppone lei dice sta a sentire verrà un giorno in cui ci penseranno da soli cioè Demetra vuole occuparsi di loro altrimenti resterebbe solo l’acqua, la terra lei sembra presa nel dare qualcosa agli uomini prima che questi trovino un’altra strada da soli proprio per tenere gli uomini agli dei. Il rischio che gli uomini trovino una strada da soli è grosso ma anche concreto perché nel paganesimo il rapporto tra divino e umano è un rapporto che prevede una distanza, distanza che l’uomo si impegna ad accorciare quindi io posso trovare anche una strada questo fa paura a lei. Quindi la soluzione prospettata da Demetra è quella di un dolce inganno. C’è qualcosa che va oltre proprio per la presenza del termine RACCONTO qui Pavese ritorna da dove era partito perché racconto è mito prendendo un antico dizionario si dice che il mito è un racconto mancante di storia ed è questo che vuole fare Demetra sottrarre la storia agli uomini ma se l’uomo non è più azione non crea più storia, infatti, la crisi è l’unica speranza che l’uomo ha per conservare la sua natura. Ma Dionisio crede che questo gioco non possa reggere dice infatti non sperare che si stagni il sangue. L’uomo misteriosamente non cede all’appiattimento del suo desiderio e della sua domanda cioè l’uomo avrà sempre l’impulso al possesso quindi l’inganno è dare agli uomini la fantasia dell’eternità e intanto sottrarre loro la storia. Qui c’è un sottofondo ironico di Demetra rivelatore però della posizione di Pavese perché così facendo gli uomini si disinteressano delle terra.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved