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Il mondo contemporaneo. Sabbatucci-Vidotto, Sintesi del corso di Storia Contemporanea

Riassunto del testo Il mondo contemporaneo. Sabbatucci-Vidotto dal capitolo 1 al capitolo 26

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 10/06/2020

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Scarica Il mondo contemporaneo. Sabbatucci-Vidotto e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! Il mondo contemporaneo-Sabbatucci,Vidotto C1. Borghesia e classe operaia 1.1 I caratteri della borghesia Le rivoluzioni del 48-49 erano finite malamente poiché nessun esperimento democratico resse all’onda restauratrice. I vecchi sovrani furono riabilitati ovunque fuorchè in Francia dove l’istituto monarchico si presentava sotto un’altra forma. In questo clima di conservatorismo si nota però un mutamento della società in cui i protagonisti furono in primo luogo i ceti borghesi seguiti dalle classi proletarie. Tra 1850 e 1870 la borghesia europea crebbe e si affermò sempre di più presentandosi come portatrice e depositaria degli elementi di novità e trasformazione. I protagonisti di questa stagione furono i borghesi i quali si componevano da diverse fg e posizioni sociali. Essi avevano una propria cultura e un proprio stile di vita riconducibili a un modello unitario riconoscibile esteriormente. Una delle tante convinzioni della borghesia è quella di considerare la povertà come difetto morale nonché frutto di colpe ataviche. 1.2 La cultura del positivismo Il borghese europeo tipico della seconda metà dell’1800 si caratterizza da un’illimitata certezza nel progresso generale dell’umanità basandosi sullo sviluppo economico e sulle conquiste scientifiche. Tra 1850 e 1870 nel campo delle scienze naturali vi furono importanti progressi teorici sui quali si fondò una nuova corrente intellettuale quale il positivismo che fu prima di tutto un indirizzo filosofico che considerava la conoscenza scientifica come l’unica valida ed applicabile ad ogni campo dell’attività umana. Il pensatore francese Auguste Comte (1798-1857) fondò la moderna sociologia; in seguito Herbert Spencer ne elaborò un’interpretazione in chiave evoluzionistica fondata sulla convinzione che mondo sociale e biologico obbedissero a leggi analoghe. Il più noto rappresentante del nuovo spirito positivo fu Darwin (1809-1882) che ipotizzò che la natura è soggetta a un incessante processo evolutivo guidato da un meccanismo di selezione naturale. 1.3 Lo sviluppo dell’economia All’ascesa della borghesia corrispose tra 1840 e 1870 un periodo di forte espansione economica, industriale ed agricola in cui tutti hanno potuto giovare del forte sviluppo delle ferrovie. Questo nuovo sviluppo si basa su diversi fattori di cui alcuni già presenti in Gran Bretagna. Sul piano produttiva siamo nell’età del ferro/ghisa /carbone e qui la protagonista principale è la macchina a vapore. Tra 1850 e 1870 la potenza in cavalli vapore delle macchine crebbe di 3 volte in Gran Bretagna, di 5 nella Francia del Secondo Impero e 10 nella Germania in via di unificazione. In questa fase giocò un ruolo decisivo lo sviluppo delle organizzazioni finanziarie in cui da un lato si moltiplicarono le società per azioni mentre dall’altro le banche ebbero un ruolo decisivo nel promuovere lo sviluppo incanalando il capitale. 1.5 Dalle Campagne alle città A metà dell’1800 la maggior parte della popolazione attiva era data dai lavoratori della terra anche se con notevoli differenze tra stati e regioni. L’unico caso isolato è rappresentato dalla Gran Bretagna la cui popolazione si compone principalmente da lavoratori salariati. Caso limite è rappresentato dalla Russia con 20mil di servi della gleba che furono liberati solo nel 1861. Negli stati tedeschi e nell’impero asburgico, diverse leggi emanate tra 1815 e 1850 avevano man mano abolito le ultime riforme di lavoro servile andando a privatizzare la terra. I beneficiari di tali trasformazioni furono molteplici: a sud e a ovest della Germania la scomparsa del regime feudale lasciò il posto alla piccola e media proprietà; in buona parte dell’ Europa orientale, la privatizzazione della terra andò a vantaggio dei grandi proprietari terrieri ecc. i progressi dell’agricoltura europea degli anni50-60 del 1800 non modificarono la vita delle masse contadine poiché quest’ultime versavano in condizioni di notevole disagio. L’unica nota positiva sta nel fatto che sviluppo industriale e rivoluzione dei trasporti offrivano ai lavoratori la possibilità di allontanarsi dal luogo di origine. Questa fase va sotto il nome di urbanesimo. Da qui si ebbe un notevole sviluppo urbano che portò ad affrontare i gravi problemi igienici e sanitari derivanti dal sovrappopolamento e che favoriva la diffusione di malattie infettive come colera e tifo. 1.7 La nascita del movimento operaio e la Prima Internazionale Con la nascita della grande industria, il proletariato di fabbrica divenne sempre più consistente: i salari industriali erano leggermente più alti di quelli del settore agricolo e crebbero negli anni senza però elevarsi sopra il livello di sussistenza, tranne nel caso dei lavoratori specializzati. Il movimento operaio britannico, l’unico con struttura organizzativa solida, si era concentrato sul rafforzamento delle Trade Unions il cui sviluppo fu coronato nel 1868 con la costruzione del Trade Unions Congress che rappresentò il nucleo basilare del movimento operaio in Gran Bretagna. La situazione non era così rosea per il movimento operaio francese, decimato dalle sconfitte del 48-51: i pochi nuclei organizzati su base locale erano influenzati principalmente dalle teorie di Proudhon, iniziatore di una sorta di cooperativismo anarchico. Invece in Germania, esisteva un movimento socialista già prima del 48 e a fine degli anni 50 trovò il suo leader in Ferdinand Lassalle le cui teorie si basavano sullo sfruttamento capitalistico simile a quello marxista credendo però nella possibilità per i lavoratori di conquistare lo stato borghese per trasformarlo dall’interno mediante il suffragio universale. Lassalle svolse in Prussia un’intensa attività politica arrivando a fondare nel 1863 un’Associazione generale dei lavoratori tedeschi e che fu il primo importante esempio di partito operaio organizzato su scala nazionale. Le crescenti contrapposizioni tra proletariato e borghesia portarono alla nascita di un’organizzazione internazionale di coordinamento del movimento operaio e che prese il nome di Associazione internazionale dei Lavoratori, a cui prese parte la maggior parte dei rappresentanti delle varie organizzazioni operaie e che si tenne a Londra nel settembre 1864. Tra i vari partecipanti ci fu Marx che assunse il compito di redigere lo statuto provvisorio inserendo nel documento alcuni punti che andavano a qualificare l’Associazione in senso classista nonostante l’opposizione dell’italia da parte dell’emissario di Mazzini. Da allora i mazziniani non ebbero più posto nell’internazionale. L’avvento dell’Associazione internazionale dei lavoratori/Prima Internazionale fu un evento importantissimo nella storia del movimento operaio ma a conti fatti non ebbe molta capacità nel rappresentare realmente le organizzazioni operaio dei singoli paesi. Fino alla fine del 1860 il dibattito ai vertici dell’internazionale vide la contrapposizione tra socialisti veri e propri (sostenitori della socializzazione mediante i mezzi di produzione) vs proudhoniani (fautori di un sistema fondato sulle cooperative e sulle autonomie locali. Durante i primi congressi le tesi dei proudhoniani furono ripetutamente sconfitte fino a che non arrivò Michail Bakunin (1841-1876), massimo teorico dell’anarchismo. Secondo Bakunin, l’ostacolo principale che impediva all’uomo il conseguimento della libertà era dato dall’esistenza dello Stato che era lo strumento utilizzato dalle classi dominanti per mantenere la popolazione in condizioni di inferiorità economica ed intellettuale. Così, abbattuto il potere statale, il sistema di sfruttamento economico basato sulla proprietà privata sarebbe inevitabilmente caduto e il comunismo si sarebbe instaurato spontaneamente. Il contrasto tra marxisti e bakuniniani iniziato ad inizio degli anni ’70 mise in crisi le fragili strutture dell’Internazionale che fu sciolta nel 1876. Ciononostante gli anarchici conservarono un importante seguito in molti paesi europei poiché il bakuninismo si adattava meglio del marxismo. C 2. La seconda rivoluzione industriale 2.1 Crisi e protezionismo Tra il 1870 e 1914 l’economia capitalistica subì diverse trasformazioni che oggi possiamo racchiudere sotto il nome di “seconda rivoluzione industriale” che iniziò con un’improvvisa crisi di sovrapproduzione nel 1873 che si sentì per i successivi 20 anni la cui caratteristica è la caduta dei prezzi. Quest’ultima è stata in realtà un prodotto del processo che ha portato alla riduzione dei costi di produzione. Il settore europeo che ha subito maggiormente la caduta dei prezzi è quello agricolo in seguito all’arrivo dei prodotti derivanti dall’america. Tra il 79 e l’80 i prezzi calarono bruscamente rovinando piccole e medie aziende agricole. Conseguenza immediata della crisi fu l’emigrazione vs aree industriali e vs l’america, brasile e argentina. In questo clima muta anche la provenienza geografica degli emigrati: fino al 1880 si trattava di inglesi, irlandesi, tedeschi e scandinavi mentre ora si tratta di persone originarie dei paesi latini e slavi. Per ovviare alla crisi, i governi europei imboccarono la strada del protezionismo per tutelare, tra le altre cose, le produzioni industriali dai rischi di concorrenza estera. A ruota tutti intrapresero questa strada: Germani 1879, Russia 1881-1882, Italia 1887 e Francia 1892. Solo la Gran Bretagna non vi prese parte e ne restò doppiamente danneggiata in quanto si vide ridurre gli sbocchi di mercato mentre assistette allo sviluppo delle industrie nei paesi concorrenti protette da barriere doganali. Per aggirare le crescenti difficoltà non si limitarono solo all’abbandono del liberismo ma nacquero anche grandi consociazioni per il controllo finanziario chiamati cartelli o pools. 2.2 Acciaio, chimica ed elettricità Se cotone, ferro, carbone e macchina a vapore sono stati alla base della prima rivoluzione industriale, nella seconda si affermarono acciaio, chimica, motore a scoppio ed elettricità. Le nuove tecniche di produzione come il metodo Bessemer e il forno Martin-Siemens, consentirono la produzione di grandi quantità di acciaio stati con propri governi e propri parlamenti e in alcuni casi con un proprio esercito come in Baviera. La grande politica era di competenza del governo centrale con un cancelliere al cospetto dell’imperatore, il potere legislativo era esercitato dal parlamento che era diviso in due Camere di cui una elettiva quale il Reichstag e un Consiglio federale, il Bundesrat. Una vivace dialettica politica caratterizzò la Germania con la nascita di nuovi e forti movimenti politici di massa. Al partito conservatore degli Junker e al Partito nazional- liberale della borghesia industriale e commerciale si aggiunse nel 1871 il partito cattolico del Centro mentre nel 1875, dall’accordo tra corrente marxista e quella ispirata da Lassalle nacque il Partito socialdemocratico tedesco (Spd). Ad inizio degli anni ’70 Bismarck iniziò una politica duramente anticattolica, il Kulturkampf, emanando misure volte ad affermare la laicità dello stato. Lo scenario inaugurato da Bismarck stimolò la compattezza dei cattolici tedeschi che, sotto la guida di Ludwig Windthorst raddoppiarono in poco tempo la loro rappresentanza parlamentare e quindi Bismarck fu costretto ad attenuare le misure anticattoliche varando una nuova legislazione ecclesiastica molto più moderata. L’abbandono del Kulturkampf fu necessario, tra le altre cose, per fronteggiare la minaccia derivante dall’ascesa della socialdemocrazia. Già nel 1878, traendo il pretesto da due attentati falliti contro l’imperatore, il governo varò diverse leggi eccezionali rivolte al movimento socialdemocratico ponendo forti limiti alla libertà di stampa e di riunione costringendo la socialdemocrazia ad una condizione di semiclandestinità. Tra 1883 e 1889 il Parlamento approvò importanti leggi per tutelare le classi lavoratrici istituendo assicurazioni obbligatorie per infortuni, malattia, vecchiaia ecc facendo gravare il tutto su stato, imprenditori e lavoratori. Però questa operazione attuata da Bismarck andò incontro ad un insuccesso politico analogo a quello subito nella lotta vs i cattolici poiché tale legislazione sociale non impedì la nascita a fine anni ’80 di un movimento sindacale guidato dai socialdemocratici. L’affermazione socialdemocratica sancì il fallimento della politica di Bismarck nei confronti del movimento operaio e contribuì a provocare nel 1890 l’allontanamento dello stesso Bismarck. Nel ventennio in cui fu al potere, egli mise su un sistema di alleanze che aveva come scopo quello di impedire alla francia l’uscita dal suo isolamento politico-diplomatico e così si alleò con Austria-Ungheria, Russia e Italia forte del fatto che la Gran Bretagna non si sarebbe mai avvicinata alla Francia. Fulcro iniziale del sistema bismarckiano fu il patto dei 3 imperatori del 1873 tra Germania, Austria-Ungheria e Russia, il quale era un patto difensivo basato sulla solidarietà tra le 3 potenze al fine di tutelare gli equilibri conservatori all’ interno dei singoli stati. L’unico punto debole era la vecchia rivalità tra Austria e Russia nella penisola balcanica in cui le popolazioni slave erano in perenne ribellione vs il dominio ottomano. Tra 1875 e 1876 il governo turco represse nel sangue diverse rivolte scoppiate in Bosnia, in Erzegovina e in Bulgaria: nella primavera ’77 la Russia, protettrice dei popoli slavi, dichiarò guerra alla Turchia ottomana sconfiggendola ed ottenendo l’egemonia russa nei Balcani. Ciò allarmò Austria-Ungheria e Gran Bretagna che minacciarono di intervenire contro la Russia. In tale occasione Bismarck fece da mediatore: nell’estate ’78 fu convocato a Berlino un congresso delle potenze europee in cui ci si accordò per limitare di molti i vantaggi ottenuti dalla Russia ridisegnando gli equilibri della penisola balcanica. La Bulgaria ottenne l’indipendenza entro confini più stretti, Bosnia ed Erzegovina furono dichiarate autonome ma affidate temporaneamente all’austria, la Gran Bretagna ottenne l’isola di Cipro mentre la Francia ebbe mano libera per un’eventuale espansione in Tunisia. Così Bismarck andava a creare le premesse per un contrasto con l’Italia. Scongiurati i pericoli, Bismarck ricucì l’alleanza nl 1881 rinnovando il patto dei 3 imperatori. Un anno dopo si arrivò alla Triplice Alleanza in cui venne inserita anche l’italia come alleata. 3.5 La Repubblica in Francia Dopo vari traumi e sconfitte, nel luglio ’72 l’Assemblea nazionale decise di introdurre il servizio militare obbligatorio mentre nel settembre ’73 fu ultimato il pagamento delle indennità di guerra verso i tedeschi. Alla fine degli anni ’70 la francia aveva recuperato parte del suo prestigio internazionale, aveva un forte esercito ed era sulla strada delle conquiste coloniali. Meno stabile fu il processo di stabilizzazione politica poiché lo stesso governo repubblicano era in forse poiché i membri dell’assemblea nazionale, incaricata di redigere la nuova costituzione erano in maggioranza favorevoli alla restaurazione della monarchia. La costituzione della Terza Repubblica nel 1875 prevedeva che il potere legislativo fosse esercitato da una camera eletta a suffragio universale maschile e da un senato composto da membri in parte vitalizi e in parte elettivi. Elemento di stabilità era dato dalla fg del Presidente della Repubblica che era il capo esecutivo che veniva eletto dalle Camere riunite ed aveva ampi poteri. Così la carta costituzionale fungeva da compromesso fra una soluzione di tipo presidenziale ed una parlamentare. La scena politica fu dominata dai repubblicani moderati, ovvero i cosiddetti opportunisti la cui forza stava nel solido legame con l’elettorato medio di cui seppero interpretare la generica aspirazione al progresso ma anche le tendenze conservatrici in materia di rapporti sociali. Da qui nacquero le critiche dei repubblicani capeggiati da Georges Clemenceau. Fu comunque sotto la guida dei governi repubblicano-moderati che la Francia potè consolidare le sue istituzioni democratiche superando man mano le fratture provocate dalla Comune del ’71. Nel 1880 fu approvata un’amnistia per i comunardi incarcerati o deportati permettendo al movimento operaio francese di ricostruire le sue file. Nel 1884 il senato divenne completamente elettivo e nello stesso anno furono approvate 3 leggi quali: quella che garantiva libertà di associazione sindacale, quella che ampliava le autonomie locali e quella che introduceva il divorzio. L’azione dei repubblicani fu incisiva soprattutto per l’affermazione della laicità dello stato soprattutto a scuola. Con delle leggi approvate tra ’80 e ’85 l’istruzione elementare fu resa obbligatoria e gratuita nonché posta sotto il controllo statale mentre università e istituti superiori gestiti dal clero furono privati del diritto di rilasciare titoli legali di studio. L’indebolimento dei poteri del presidente della repubblica favorì una prassi di governo sempre più incentrata sul parlamento portando a conseguenze negative e instabilità a livello esecutivo. Altro male storico della Terza repubblica fu la corruzione diffusa nelle alte sfere del potere e che affondava le sue radici tra mondo politico e ambienti della speculazione finanziaria. Il disagio crebbe alla fine degni anni ’80 quando un generale di fama repubblicano quale Georges Boulanger che si mise a capo di un vasto ed eterogeneo movimento a favore di una riforma delle istituzioni in senso autoritario e antiparlamentare. La sua avventura durò poco, infatti nel 1889 fu accusato di aver preso parte a un complotto vs la repubblica e quindi fuggì all’estero dove si uccise poco dopo. 3.6 Il liberalismo in Gran Bretagna A metà del 1800 la Gran Bretagna era tra le più progredite delle grandi potenze europee: produceva i 2/3 del carbone e la metà del ferro di tutto il mondo; aveva la rete ferroviaria più sviluppata ed era il centro commerciale/finanziario a cui facevano capo tutti i continenti. Infine aveva le istituzioni politiche tra le più libere d’Europa. Il ventennio ’46-’66 fu caratterizzato dalla presenza quasi ininterrotta dei liberali al governo, segno di un ulteriore consolidamento del sistema parlamentare, ovvero di quel sistema nato in Gran Bretagna che subordinava la vita di un governo alla fiducia del parlamento. Alla Corona spettava un compito prettamente simbolico. Il sistema parlamentare non era sinonimo di democrazia, infatti molti poteri spettavano alla Camera alta, ovvero la camera dei Lord alla quale si accedeva per diritto ereditario o per nomina regia. La stessa Camera elettiva, quale la Camera dei Comuni, si rifaceva ad un numero ristretto di popolazione. Nel 1865 il leader dei liberali William Gladstone, interprete della borghesia industriale, presentò un progetto di legge che prevedeva una limitata estensione del diritto di voto. La proposta però, provocò nel 1866 la caduta del governo liberale e il ritorno al potere dei conservatori. Furono proprio quest’ultimi, sotto la spinta di un nuovo leader quale Benjamin Disraeli ad assumere l’iniziativa di una riforma elettorale più avanzata di quella proposta da Gladstone. La nuova legge, la Reform Act, fu varata nel 1867 ed aumentava quasi di 1 milione il corpo elettorale ammettendo al voto i lavoratori urbani a reddito più elevato. Fino alla fine degli anni ’70gladstone e Disraeli si alternarono al governo distinguendosi per stile politico e per la diversa impostazione della politica estera. Dal 1880 i liberali tornarono a dominare la scena politica promuovendo nel 1884 una nuova riforma elettorale che allargava ulteriormente il diritto di voto estendendolo alla maggioranza dei lavoratori agricoli. Però in questa fase il governo liberale si dovette dedicare alla “questione irlandese”; in questo popolo convivevano fedeltà al cattolicesimo e tendenze indipendentiste di tipo nazionalista, fattori che mettevano in discussione l’appartenenza al regno unito. Inoltre, alla fine degli anni ’70 l’Irlanda vide aggravarsi le sue già disagiate condizioni economiche per via della grave crisi che aveva colpito l’agricoltura europea. Alla pressione del movimento indipendentista che si esprimeva con le lotte parlamentari e con atti terroristici, Gladstone rispose presentando in parlamento un progetto che prevedeva concessioni di ampie autonomie all’Irlanda e che prese il nome di Home Rule. Ciò provocò una forte opposizione nel partito liberale e la secessione degli esponenti unionisti, ovvero coloro contrari all’autonomia dell’Irlanda che erano guidati da Joseph Chamberlain, leader di sinistra. La presenza degli unionisti consentì ai conservatori di affermarsi nelle elezioni del 1886 mantenendo a lungo il potere cercando di mantenere il tentativo di Disraeli di coniugare politica imperialistica con un po' di riformismo sociale. 3.7 La Russia tra arretratezza e modernizzazione Nel 1855 salì al potere Alessandro 2 che iniziò il suo regno concedendo l’amnistia ai detenuti politici e varando riforme che avevano lo scopo di introdurre elementi di modernizzazione nella burocrazia, nella scuola, nel sistema giudiziario e nell’esercito. La riforma che però supera tutte è quella inerente l’abolizione della servitù della gleba. Grazie a vari decreti imperiali emanati nel febbraio 1861, i servi acquisirono libertà personale e la parità giuridica potendo anche riscattare le terre che coltivavano divenendo piccoli proprietari. Però, l’assegnazione delle terre non fu uniforme e ben presto si diffuse nelle campagne un clima di malcontento che portarono a vere e proprie ribellioni represse con l’esercito. Dopo il 1861 il clima politico divenne pesante e ciò portò alla frattura tra potere statale e borghesia colta tant’è che Alessandro fu ucciso da un attentatore anarchico nel 1881. C.4 Due nuove potenze: stati uniti e Giappone 4.1 Gli Stati Uniti a metà del 1800 A metà del 1800 gli USA erano in continua crescita anche a livello demografico, grassi all’ininterrotto flusso migratorio proveniente dall’Europa. La produzione agricola e l’industria avevano importanti ritmi di crescita ma nonostante questo vi erano profonde fratture interne poichè vi erano 3 diverse società nelle diverse zone del paese con il proprio sistema economico, i propri valori e le proprie tradizioni culturali. C’erano gli Stati del Nord-Est, sede delle prime colonie britanniche nonché nucleo originario dell’Unione: era la zona più progredita con i maggiori centri urbani e maggiormente influenzata dai valori del capitalismo imprenditoriale in cui dominavano i gruppi industriali, commerciali e bancari. Seguivano gli Stati del Sud con una società agricola profondamente tradizionalista che si basava sulle grandi piantagioni di cotone, di tabacco e di canna da zucchero; la manodopera era svolta dagli schiavi neri che erano più numerosi dei grandi proprietari che nonostante questo dominavano la vita politica e sociale. Infine c’era la società dei liberi agricoltori e allevatori di bestiame che popolavano gli stati dell’ ovest. Quest’ultima tipologia di società era in rapida evoluzione. Le differenze tra nord e sud erano profonde e quando vs gli anni ’40-’50 lo sviluppo industriale si allargò a nuovi settori mentre diminuiva l’importanza della produzione cotoniera importante per il Sud. Così si intensificarono le relazioni fra Nord-Est industriale e Ovest agricolo mentre si ampliava lo scontro sulla schiavitù. Alla divisione della società si aggiunsero i contrasti tra forze politiche. All’inizio degli anni ’50 i partiti tradizionali, quali democratici e Whigs(liberali), erano in crisi: i primi si identificavano sempre più con la causa dei grandi proprietari schiavisti mentre dai secondi nacque nel 1854 una nuova formazione politica quale il Partito repubblicano di schieramento antischiavista e che accolse nella sua politica le rivendicazioni della borghesia del Nord. Il nuovo partito ebbe sempre più consensi finchè alle elezioni del 1860 portò alla presidenza un tipico uomo dell’ Ovest quale Abraham Lincoln. Quest’ultimo, nonostante fosse un convinto avversario della schiavitù, non era un abolizionista radicale tant’è che nella sua campagna elettorale aveva negato qualsiasi intenzione di abolire la schiavitù. 4.2 La guerra civile americana Tra dicembre ’60 e febbraio ’61, i timori vs la politica di Lincoln spinsero 10 Stati del Sud a staccarsi dall’unione costituendo una Confederazione indipendente, cosa che non avrebbe suscitato la reazione del potere federale, indi non vi era alternativa alla guerra civile tra Unione e Confederazione, la quale ebbe inizio nell’aprile 1861. I confederati contavano sulla qualità delle loro forze armata ma speravano anche nell’intervento della Gran Bretagna che era la principale importatrice del cotone del Sud osteggiando i programmi protezionisti dei repubblicani. Invece gli Stati del Nord speravano nella schiacciante superiorità numerica e sul maggiore potenziale economico. Ad inizio guerra, diversi fattori tra cui la presenza del generale Robert Lee al comando delle forze sudiste, diede ai confederati una netta prevalenza ma, quando fu notto che gli Stati del Sud avrebbero contato solo sulle loro forze, il fattore numerico assieme a quello economico furono decisivi. La guerra si concluse nell’aprile 1865 con la resa dei confederati al generale Ulysses Grant, comandante delle forze del Nord. Pochi giorni dopo, Lincoln fu vittima di un attentato per mano di un fanatico sudista. Per vincere la guerra, il Nord dovette andare oltre i programmi iniziali di Lincoln: nel 1862 fu approvata una legge che assegnava gratuitamente quote di terre del demanio statale ai cittadini che ne avessero fatto richiesta; dal 1/1/1863 fu decretata la liberazione degli schiavi in tutti gli stati del Sud al fine di consentirne l’arruolamento nell’esercito dell’Unione. Però, la rivoluzione sociale attuata nel mezzo della guerra di secessione, era in realtà una farsa poiché a guerra conclusa, la legge del ’62 sulla distribuzione delle terre libere fu revocata poco dopo; gli schiavi acquisirono libertà ma le loro condizioni economiche non migliorarono; i pregiudizi raziali non furono cancellati. Negli anni successivi alla guerra il Sud fu sottoposto a un regime di occupazione militare cosa che causò una reazione di rigetto che si espresse in forma di lotta clandestina con la creazione paramilitare e razzista del Ku Klux Klan e che terminò con la riscossa del Partito democratico negli Stati del Sud. Il ritorno alla normalità nel sud si ebbe solo a fine degli anni ’70 col ritorno all’indiscussa dei bianchi e a un regime di segregazione razziale che si protrasse per buona parte del 1900. 4.3 Gli Stati Uniti potenza mondiale All’indomani della guerra di secessione e della ricostruzione postbellica, riprese con un nuovo slancio la colonizzazione dei territori dell’ovest favorita dallo sviluppo della rete ferroviaria che nel 1869 arrivò alle coste della california mentre vs il 1890 la conquista del West era compita arrivando all’estensione attuale. Vittime della corsa all’Ovest furono le tribù dei pellerossa che cercarono invano di resistere alla conquista 5.4 La conquista dell’Asia A differenza dell’Africa, l’Asia era stata penetrata da tempo e il rilancio verso questa zona venne dall’apertura del Canale di Suez nel novembre 1869 e che metteva in comunicazione il Mediterraneo col Mar Rosso abbreviando i collegamenti tra Europa e Asia. Per molto tempo l’India fu amministrata dalla compagnia delle Indie Orientali che agiva per conto del governo britannico. 100 anni di dominazione britannica distrussero l’industria cotoniera locale a causa dell’importazione di tessuti dal Regno Unito. Il potere statale era ancora formalmente rappresentato dall’antico potere Moghul. I colonizzatori britannici si erano appoggiati sulle gerarchie sociali preesistenti per assicurare il mantenimento dell’ordine e la riscossione delle imposte. I tentativi di avviare un processo di modernizzazione mediante la diffusione della cultura occidentale a svantaggio delle pratiche della tradizione induista provocarono reazioni di stampo tradizionalistico-religioso. Tra le più importanti troviamo la rivolta dei Sepoys che fu scatenata nel 1857 da un ammutinamento dei reparti indigeni dell’esercito. Questa rivolta portò il governo britannico a riorganizzare la propria presenza in India, difatti nel 1858 la Compagnia delle Indie fu soppressa e il paese andò direttamente sotto la Corona. Esercito e burocrazia vennero ristrutturati. Per completare il percorso, nel 1876 la regina Vittoria fu proclamata imperatrice delle Indie. Vs il 1850 i francesi, spinti dalla concorrenza con la GB, avanzarono in Indocina in cui la popolazione di religione buddista era suddivisa in una serie di regni indipendenti di cui i più importanti erano quello dell’Annam (attuale Vietnam), quello del Siam (attuale Thailandia) e quello della Cambogia. Inizialmente la Francia si limitò solo a costruire qualche stazione commerciale accanto alle numerose missioni cattoliche da tempo presenti e furono proprio le persecuzioni vs i missionari a dare alla Francia il pretesto per un intervento militare: nel 1862 venne occupata la Cocincina e l’anno dopo fu imposto il protettorato della Cambogia. La seconda fase dell’espansione francese in questo territorio si aprì vs gli anni ’80 , quando in seguito ad una guerra vs la Cina (1883-1885), la Francia estese il suo protettorato a tutto l’Annam. Nel frattempo la GB per non restare con le mani in mano, tra 1885 e 1887 occupò il Regno di Birmania. Quindi la Francia rispose nel 1893 occupando e controllando il Laos. GB e Francia si accordarono solo sul Siam mantenendolo indipendente come Stato-cuscinetto. Nel frattempo l’Impero russo si espandeva vs la Siberia-Estremo Oriente e vs l’Asia centrale. La Russia cercò anche di consolidare le proprie posizioni strategiche vs Cina e Pacifico: nel 1860 impose alla Cina la cessione di 2 distretti quali Ussuri e Amur avviando la costruzione di Vladivostok sul Mar dell’Est/Mare del Giappone. Però il governo zarista credeva che fosse necessario rinunciare all’Alaska il cui controllo era troppo costoso e per questo fu venduta agli USA nel 1867. 5.5 Gli europei in Cina Dall’inizio del 1800 l’impero cinese era inaccessibile ai viaggiatori e ai commercianti occidentali e agli stranieri era concesso operare solo nel porto di Canton, nella Cina meridionale. Ciò mascherava una profonda debolezza poiché la Cine si era chiusa in se stessa perdendo così il suo primato scientifico e tecnologico di cui aveva goduto fino al 1700. Ciò fu un grande problema, lo dimostra il fatto che al primo traumatico scontro con l’Occidente, la Cina entrò in seria crisi. Occasione dello scontro fu il contrasto scoppiato a fine degli anni ’30 tra il governo imperiali e la GB per via del commercio dell’Oppio. Infatti la droga prodotta in India, veniva esportata clandestinamente in Cina dove il consumo era comunque proibito. Nacquero così le tensioni tra GB e Cina e quando nel 1839 un funzionario cinese fece sequestrare il carico di tutte le navi straniere nel porto di Canton, il governo della GB intervenne militarmente. La guerra durò circa 2 anni e vinse la GB che conquistò tutti gli accessi agli estuari dei grandi fiumi e dei porti cinesi. Con il trattato di Nanchino del 1842, la Cina dovette cedere alla GB Hong Kong. Da ciò, la Cina tra 1850-1860 dovette affrontare contemporaneamente la grave crisi interna e un nuovo scontro con la GB seguita dalla Francia. Il conflitto, chiamato impropriamente seconda guerra dell’oppio, iniziò nel 1856 in seguito all’attacco a una nave britannica nel porto di Canton e si concluse nel 1860 con una nuova capitolazione della Cina che si dovette aprire totalmente. C.6 Governare l’Italia unita 6.1 Demografia, economia e società Al momento dell’unità, in Italia c’erano 22ml d persone, escludendo Veneto e Lazio e la percentuale di analfabeti era del 75% ed erano principalmente donne. Vs il 1870 l’Itala era uno dei paesi europei col maggior numero di città anche se la maggior parte della popolazione viveva nelle campagne e nei piccoli centri rurali la cui base era l’agricoltura che occupava il 70% della popolazione attiva seguita da industria e artigianato al 18% e settore terziario al 12%. il principale prodotto di esportazione era la seta grezza e i prodotti delle colture specializzate. Quella italiana era un’agricoltura tendenzialmente povera ad eccezione di quella praticata nella pianura padana in cui si erano sviluppate numerose aziende agricole moderne i cui confluivano agricoltura e allevamento con criteri capitalistici ed impiegando manodopera salariata. nell’Italia centrale dominava la mezzadria: la terra era divisa in poderi ed ognuno di essi produceva quanto era necessario per il mantenimento della famiglia che ci viveva e per il pagamento del canone in natura che era pari alla metà del prodotto da dare al padrone. Invece, in molte zone del meridione le coltivazioni si basavano sul latifondo. Tutto ciò si rifletteva nel basso livello di vita della popolazione rurale poiché i contadini vivevano ai limiti della sussistenza fisica e, soprattutto al sud vivevano ammucchiati in abitazioni piccole e malsane che spesso condividevano con gli animali. Alla gran parte della classe dirigente erano pressoché sconosciute le condizioni di vita del sud tant’è che ad esempio, Cavour non si era mai spinto a sud di Firenze. Il divario tra nord e sud anticipava la presenza di un problema nazionale che in seguito avrebbe preso il nome di “questione meridionale”. 6.2 La classe politica e i primi provvedimenti legislativi il governo dell’Italia post unificazione non era semplice, soprattutto dopo la morte di Cavour nel giugno 1861 poiché la classe dirigente moderata non aveva più una guida. Il gruppo dirigente che governò il paese per 15 anni non era molto diverso da quello piemontese del 1849: il nucleo centrale era costituito dai moderati piemontesi, cioè la vecchia maggioranza della camera subalpina a cui si unirono gruppi moderati lombardi, emiliani, toscani ed alcune personalità del Mezzogiorno. Nei primi Parlamenti di questa fase, la maggioranza si collocava a dx. in realtà, più che una forza di dx, era il gruppo del centro moderato poiché la vera dx si era autoesclusa poiché non riconosceva la legittimità del nuovo stato. Anche i mazziniani si rifiutarono di partecipare. Sui banchi dell’opposizione in Parlamento, vi erano numerosi esponenti della vecchia sinistra piemontese assieme ad alcuni patrioti mazziniani e garibaldini che avevano deciso di inserirsi nelle istituzioni monarchiche per cambiarle e formavano la sx. Quest’ultima, rispetto alla dx, poggiava su una base sociale più ampia con gruppi borghesi delle città. Nei primi anni dopo l’Unità, la sx portò avanti le rivendicazioni democratiche risorgimentali. Dx e sx erano in ogni caso espressione di una classe dirigente molto stretta difatti, ad esempio, la legger elettorale piemontese estesa a tutto il regno, concedeva il diritto d voto solo ai cittadini maschi che avessero compito 25 anni, che sapessero leggere/scrivere e che pagassero almeno 40 lire di imposte annue. Grazie al sistema del collegio uninominale, bastavano poche centinaia/decine di voti per eleggere un deputato e così la politica assumeva un carattere oligarchico e personalistico. Il modello di stato seguito era quello accentrato molto vicino a quello napoleonico: l’accentramento era anche l’inevitabile risultato dell’unificazione ottenuta attraverso l’annessione delle varie province del Regno di Sardegna e la conseguente adesione al suo impianto istituzionale/legislativo. Tra giugno 1859 e gennaio 1860, grazie ai poteri straordinari conferiti al governo dallo stato di guerra con l’Austria, erano state varate senza controllo diverse leggi sui settori chiave della vita del paese come: la legge Casati sull’istruzione e la legge Rattazzi sull’ordinamento comunale e provinciale. 6.3 Le rivolte contro l’unità e il brigantaggio tra i motivi che portarono a scegliere l’accentramento accantonando ogni progetto di decentramento amministrativo, il principale derivava dai problemi sorti nel Mezzogiorno in cui il malessere delle masse contadine si sommò alla diffusa ostilità vs il nuovo ordine politico in concomitanza con pesante fiscalità e leva militare obbligatoria. Già nell’ultima fase dell’impresa garibaldina erano scoppiate, soprattutto in Campania delle rivolte contadine che si trasformarono in una generale insorgenza che venne incoraggiata da parte del clero e che fu finanziata dalla corte borbonica in esilio a Roma. dall’estate del 1861 si erano formate bande di irregolari costituite da contadini insorti e ex militari borbonici: assalivano piccoli centri che occupavano per giorni per poi ritirarsi sulle montagne e attaccare altrove. Nel 1863 il parlamento approvò una legge che istituiva, nelle province dichiarate in stato di brigantaggio, un vero e proprio regime di guerra e così il fenomeno fu sconfitto dopo qualche anno tant’è che nel 1865 le bande più importanti erano state isolate e distrutte. Le scelte politiche ed economiche della dx accentuarono il divario fra nord e sud. 6.4 L’economia e la politica fiscale Parallelamente all’unificazione amministrativa e legislativa, i governi di dc dovevano occuparsi anche dell’unificazione economica: i diversi sistemi monetari vennero uniformati a quello del Piemonte adottando come moneta unica la lira italiana mentre la legislazione doganale liberista vigente nel Regno sardo, fu estesa a tutta l’Italia andando a penalizzare il mezzogiorno. Nei primi anni post Unità, il settore agricolo ebbe un forte incremento di produttività di cui si avvantaggiarono le colture specializzate del mezzogiorno e la produzione di seta greggia mentre il settore industriale fu penalizzato per via della concorrenza internazionale favorita dalla politica liberista. Ovviamente gli effetti negativi di tale politica colpirono soprattutto i nuclei del Mezzogiorno. In questo clima, la pressione fiscale era altissima poiché i costi dell’unificazione gravavano sul popolo e tutto peggiorò dopo il 1866, in seguito alle spese sostenute per la guerra vs l’Austria (terza guerra di indipendenza). nell’estate del 1868 fu introdotta una tassa sulla macinazione dei cereali quale la tassa sul macinato che gravava sul pane, alimento popolare per eccellenza e che ovviamente colpì duramente le classi più povere. Così, ad inizio 1869 vi furono le prime agitazioni sociali su scala nazionale e che furono represse duramente. 6.5 La conquista del Veneto e la presa di Roma Obiettivo comune di dx e sx dopo l’unificazione, fu l’annessione di Veneto e Roma: se il leader di dx erano per i tempi lunghi e le vie diplomatiche, quelli di sx erano per la guerra popolare. In realtà, le acquisizioni di Veneto (1866) e Lazio (1870) furono condizionate dal mutare degli equilibri europei e sul dinamismo della Prussia. Il problema maggiore derivava dalla questione di Roma, proclamata formalmente capitale del nuovo stato nel marzo 1861 nonostante fosse la sede di un pontificato ostile all’unità e difesa dalle truppe francesi. In questa situazione di stallo, appare possibile una ripresa della mobilitazione patriottica democratica guidata da Garibaldi: ci furono 2 tentativi quali nel 1862 e nel 1867 ma si rivelarono male organizzati. Nel 1862 Garibaldi raccolse in sicilia qualche migliaio di volontari, varcò lo stretto di messina ma fu fermato/ferito sull’Aspromonte dalle truppe regie. Nel 1864 fu trovato un accordo con la Francia, ovvero la Convenzione di settembre in base alla quale l’italia si impegnava a garantire il rispetto dei confini dello stato della chiesa ottenendo in cambio il ritiro delle truppe francesi dal Lazio. A garanzia di ciò, la capitale fu trasferita da Torino a Firenze, decisione che causò violenti disordini. Nel 1867 iniziò una nuova iniziativa garibaldina che doveva poggiare su un’insurrezione preparata dai patrioti romani e che sarebbe stata giustificata come atto di volontà popolare evitando così l’intervento francese. Napoleone 3 inviò di contro, un corpo di spedizione nel Lazio mentre l’insurrezione romana falliva per la presenza della polizia e per la scarsa partecipazione popolare. Il 3/11/1867 le truppe francesi sbarcate a Civitavecchia si scontrarono a Mentana vs garibaldini che furono sconfitti. L’anno prima, nel 1866 l’Italia si era assicurata il possesso del Veneto accettando la proposta di alleanza militare con la Prussia da parte di Bismarck che, nel frattempo, si preparava ad affrontare la guerra con l’Impero asburgico. La partecipazione dell’italia fu decisiva poiché impegnò parte dell’esercito austriaco agevolando la rivolta prussiana. Ne seguì la pace di Vienna nell’ottobre 1866 in cui l’Italia, mediante la mediazione della Francia, ottenne i territori del Friuli fino a Udine. Si concluse così l’ultima guerra di indipendenza. Anche la presa di Roma dipese dai successi militari della Prussia, sconfiggendo così la Francia. Nel settembre 1870, dopo la battaglia di Sedan, il governo italiano che si considerava svincolato dalla Francia, mandò un corpo di spedizione nel Lazio cercando anche un accordo col pontefice Pio 9 che respinse ogni proposta. Il 20/9/1870 le truppe italiane, dopo aver aperto una breccia nelle mura presso Porta Pia e dopo un breve combattimento, entrarono in città accolti dal popolo. La data del 20/9/1870 è importante non solo per l’Italia unita che otteneva la sua capitale ma anche per la Chiesa cattolica poiché così si poneva fine al potere temporale dei papi. Nell’estate 1871 la capitale fu trasferita dal Firenze a Roma; nel frattempo era stata approvata la legge detta delle Guarentgie, ovvero delle garanzie con cui il Regno si impegnava a garantire al pontefice le condizioni per il libero svolgimento dei sui compiti spirituali, sulla base del progetto cavouriano. Tutto ciò non placò le ostilità di Pio 9 nei confronti del regno poiché invitò i cittadini ad astenersi dalla vita politica, cosa che nel 1874 si trasformò in un esplicito divieto quale il non expedit che causerà un conflitto risolto solo con i Patti Lateranensi. 6.6 Il governo di Sinistra Nel 1876 il governo passò dalla Dx alla Sx e ciò fu dovuto alle divisioni interne alla Dx:nel marzo 1876 il governo Minghetti, messo in minoranza, presentò le dimissioni. Pochi giorni dopo il re chiamò per la formazione del nuovo governo Agostino Depretis, leader della Sx all’opposizione. Si aprì così una nuova fase della storia politica italiana. Negli anni prima di allora, la Sx parlamentare aveva attenuato la sua originaria connotazione radical-democratica accogliendo componenti moderate e conservatrici. Depretis, protagonista indiscusso di questa fase, fu a capo del governo per circa 10 anni: riuscì abilmente ad unire le spinte progressiste e le tendenze conservatrici della nuova maggiorana. I punti del programma erano pochi ma fondamentali tant’è che iniziarono subito a mettere tutto in pratica mediante riforme. La prima fu quella dell’istruzione elementare, quale la legge Coppino del 1877 che prolungava la frequenza scolastica a 9 anni inasprendo i provvedimenti vs i genitori. Seguì l’ampliamento del suffragio con una nuova legge elettorale nel 1882 che introduceva come prerequisito l’istruzione, concedendo il voto a chi avesse compiuto 21 anni e che avesse superato l’esame finale del corso elementare obbligatorio. Fu mantenuto il requisito del censo Durante l’800 vi fu una fase definita “nazionalizzazione delle masse” durante la quale si cercò di dare attuazione pratica al principio secondo cui l’istruzione non era elitaria facendo nascere l’idea di scuola aperta a tutti in modo da usare l’istruzione come strumento pacifico di promozione sociale. 7.4 Partiti di massa, sindacati e riforme sociali In questo clima, tutti i gruppi sociali furono costretti a sperimentare nuove tecniche per conquistare e mantenere il consenso popolare; si affermò il modello del partito di massa ovvero quello dei socialdemocratici tedeschi. Altro segno legato alla lotta politica e sociale è dato dalla crescita delle organizzazioni sindacali sulla base del diritto all’esistenza contro i pregiudizi della dottrina liberista. I più importanti sindacati furono quelli di ispirazione socialista come la Commissione centrale dei sindacati liberi tedeschi del 1890, la francese Confederazione generale del lavoro (Cgt) del 1895 e la Confederazione generale del lavoro (Cgl) nata in Italia nel 1906. 7.5 Movimento operaio e la Seconda internazionale Alla fine del 1800 in tutti i più importanti paesi nacquero partiti socialisti che tentavano di organizzarsi sul piano nazionale affiancando al proselitismo rivoluzionario un’azione legale nelle istituzioni. Il primo di questi partiti fu il Partito socialdemocratico tedesco (Spd) nato nel 1875 che fu da modello per gli altri. Più lenta fu la formazione di un partito socialista unitario in Francia dove la Sfio (Sezione francese dell’Internazionale operaia) nacque solo nel 1905. Diversa era la situazione in GB dove i diversi gruppi marxisti non riuscirono a imporre la loro egemonia sul forte movimento sindacale della Trade Unions. Qui i dirigenti dei sindacati crearono una formazione politica con l’obiettivo di rappresentare tutto il movimento operaio britannico che portò nel 1906 alla nascita del Partito laburista basato sull’adesione collettiva delle organizzazioni sindacali e non aveva una vera e propria caratterizzazione ideologica. Ad inizio del 1900 i vari partiti operai europei compresi i laburisti, avevano elaborato programmi simili tra loro: tutti volevano superare il superamento del sistema capitalistico e la gestione sociale dell’economia ispirandosi a ideali internazionalisti e pacifisti facendo capo a un’organizzazione socialista internazionale erede di quella dissoltasi nel 1876. La nascita della seconda Internazionale risaliva al 1889 quando i rappresentanti di svariati partiti si riunirono a Parigi approvando alcune deliberazioni tra cui quella che fissava la giornata lavorativa ad 8h proclamando, tra l’altro, anche una giornata mondiale di lotta per l’1/5 di ogni anno. Nel 1891 vennero esclusi dall’organizzazione gli anarchici. Rispetto alla Prima Internazionale, la Seconda fu una federazione di partiti nazionali autonomi e sovrani ed ebbe nel marxismo la sua dottrina ufficiale. Inizialmente le posizioni di Engels e Kautsky furono fatte proprie dalla maggioranza dei leader socialisti europei ma in seguito presero strade diverse: da un lato c’era la tendenza a prendere atto dei mutamenti intervenuti nella situazione politica e sociale per valorizzare l’aspetto democratico-riformistico dell’azione socialista mentre dall’altro c’era il tentativo di bloccare le tentazioni legalitarie e parlamentaristiche recuperando l’originaria impostazione rivoluzionaria del marxismo. L’interprete più coerente della prima tendenza fu il tedesco Eduard Bernstein che in alcuni scritti contestava le previsioni di Marx poiché: il proletariato non si impoveriva, il capitalismo rivelava una buona capacità di modificarsi/superare la crisi e lo stato borghese era sempre più democratico. Tutte le tesi proposte da Bernstein per capovolgere la situazione furono respinte dagli esponenti del marxismo “ortodosso”. Negli stessi anni del dibattito sul revisionismo, il movimento operaio vide emergere nuove correnti di estrema sinistra che contestavano la politica “centrista” dei dirigenti socialdemocratici europei. Altri problemi nacquero nella socialdemocrazia russa il cui protagonista fu Vladimir Il’ic Ul’janov, meglio conosciuto come Nikolaj Lenin; egli contestava il modello organizzativo della socialdemocrazia tedesca contrapponendo il progetto di un partito votato alla lotta, costituito da militanti scelti e guidato da rivoluzionari di professione. Ciò andava in contrasto col pensiero del movimento operaio occidentale ma era adatto a una situazione come quella del partito russo. In un congresso della socialdemocrazia svolto in esilio a Londra nel 1903 la tesi di Lenin ottenne la maggioranza dei consensi; il partito si spaccò in due correnti quale quella bolscevica (maggioritaria) guidata da Lenin e quella menscevica (minoritaria). 7.7 La Chiesa e la società di massa Dinanzi a questa serie di eventi, la Chiesa di Roma reagì in modo complesso e articolato: oltre a rifiutare la società tradizionale, l’individualismo borghese e le ideologie socialiste, tentarono di rilanciare la missione della chiesa sulla base delle nuove condizioni storiche. L’impegno dei cattolici su questo terreno si era già iniziato a manifestare col pontificato di Pio 9 ma il vero impulso venne da Leone 13 il quale si dimostrò un ottimo politico. Egli fece riavvicinare i cattolici alle classi dirigenti dei paesi in cui vi erano le maggiori tensioni tra Stato e Chiesa incoraggiando la nascita di nuovi partiti cattolici. Il documento più emblematico di questo sforzo è l’enciclica Rerum novarum emanata da Leone 13 nel 5/1891 in cui erano sottolineati i problemi della condizione operaia; ribadiva anche la condanna del socialismo riaffermando l’idea della concordia fra classi. La parte più innovativa stava nell’incoraggiamento alla creazione di società operaie e artigiane ispirate ai princìpi cristiani e tutti i cattolici dovevano impegnarsi in questo terreno. Parallelamente, a fine 1800 si diffuse la tendenza politica definita “democrazia cristiana” che voleva unire la dottrina cattolica all’impegno sociale e alla democrazia. La nascita di questi movimenti coincise con la nascita della riforma religiosa definita modernismo senza grandi risultati. 7.8 Nazionalismo, razzismo, antisemitismo Tra 1815 e 1870 il nazionalismo era il principio ispiratore dei movimenti di liberazione per poi collegarsi all’idea di sovranità popolare. Tutto cambia dopo l’unificazione tedesca avvenuta nel 1871 grazie a Bismarck mediante l’imperialismo coloniale mentre la nascita dei movimenti socialisti suscitò sentimenti patriottici e guerrieri in seno ai ceti conservatori. In poche parole il nazionalismo tendeva a spostarsi a Dx per collegarsi alle teorie razziste allora in voga. In francia il nazionalismo coniugava lo spirito di rivincita nei confronti della Germania con la polemica vs la classe dirigente repubblicano-democratica considerata mediocre e corrotta. C.8 L’Europa e il mondo agli inizi del 1900 8.2 Nuove alleanze in Europa e nuovi equilibri mondiali Dopo il 1890, vi furono notevoli mutamenti nei rapporti tra le più grandi potenze europee poiché si ruppero gli equilibri internazionali andando a contrapporre due blocchi di potenze europee: Germania, Impero Austro- ungarico ed Italia contro Russia, Francia e GB. A mettere in crisi il vecchio sistema di alleanze furono principalmente 2 fattori quali: la scelta dell’imperatore tedesco Guglielmo 2 di favorire una politica più dinamica e aggressiva di quella di Bismarck e la crescente difficoltà per la Germania di tenere uniti i suoi 2 maggiori alleati quali l’impero austro ungarico e quello russo che erano in perenne contrasto sui Balcani. Nell’estate 1891 si giunse al primo accordo franco-russo che nel 1894 si trasformò in un’alleanza militare. Con la stipulazione della Duplice franco-russa veniva meno l’isolamento della Francia e quindi la Germania doveva prepararsi ad un eventuale conflitto su due fronti. Nel mentre, ebbe inizio tra Francia e GB un processo di avvicinamento che portò le 2 potenze a regolare i rispettivi interessi coloniali in Africa stipulando nel 1904 un accordo chiamato Intesa cordiale. Non era una vera e propria alleanza militare. Quando nel 1907 Russia e GB regolarono i loro contrasti in Asia con un accordo per le rispettive influenze, si completò il ribaltamento della situazione antem 1890. 8.3 I focolai di crisi Il contesto degli anni prima della 1GM era molto inquieto per via dei vecchi contrasti a cui si sommavano le nuove tensioni derivanti dalla politica aggressiva dell’impero tedesco e dalla competizione con la GB cosa che si traduceva spesso in crisi acute. I momenti più tesi furono 2: la zona dei Balcani e il Marocco governato da tempo da dinastie islamiche. Per due volte tra 1905 e 1911 il contrasto franco-tedesco sul Marocco sembrò portare alla guerra ma alla fine la Francia si salvò mediante un riconoscimento formale del protettorato sul territorio. Come anticipato, i fattori che rischiano di compromettere la pace, venivano dalla zona balcanica: nel 1908 a mettere in crisi la debole situazione era la trasformazione interna all’Impero ottomano ovvero la rivoluzione dei “Giovani turchi”, movimento costituito prettamente da intellettuali ed ufficiali che volevano trasformare l’impero in una moderna monarchia costituzionale. Nell’estate 1908 un gruppo di ufficiali marciò sulla capitale obbligando il sultano Abdul Hamid a concedere una costituzione per poi lasciare nel 1909 il trono al fratello Maometto 5. Si cercò così di modernizzare lo stato senza però riuscire a risolvere i problemi con i popoli europei ancora soggetti all’impero che erano in rivolta. Al contrario, i “giovani turchi” cercarono di attuare un ordinamento amministrativo più centralizzato andando però ad accentuare le spinte indipendentiste e accelerando la fine della presenza ottomana in Europa. Di questa crisi ne approfittò l’Austria-Ungheria procedendo nell’ottobre 1908 all’annessione della Bosnia e dell’Erzegovina che le erano state momentaneamente affidate al congresso di Berlino del 1878, cosa che provocò l’inasprimento dei rapporti con la Serbia e con la Russia. Però, con l’appoggio della Germania, l’Austria riuscì a far accettare il tutto a fatto compito. Nel 1912 l’occupazione italiana della Libia causò una guerra tra Italia e Turchia che subì l’ennesima sconfitta; però la sconfitta turca favorì a sua volta le mire degli Stati balcanici: i regni di Grecia, Serbia, Montenegro e Bulgaria si coalizzarono attaccando l’impero ottomano e lo sconfissero (prima guerra balcanica) strappandogli quanto restava dei suoi territori europei tranne una piccola zona della Tracia che consentiva il controllo degli stretti. Nel frattempo sulla costa meridionale dell’Adriatico nasceva il Principato di Albania voluto da Austria e Italia per togliere alla serbia lo sbocco sul mare. Ma, giunto il momento di spartire le zone conquistate, si ruppe l’alleanza tra gli Stati balcanici. Nel 1913 la Bulgaria attaccò improvvisamente Grecia e Serbia; vs l’aggressione bulgara nacque una nuova coalizione: a Serbia e Grecia si unirono la Romania e la Turchia e insieme sconfissero la Bulgaria che dovette restituire alla Turchia parte della tracia e cedere alla Romania una parte di Territorio sul Mar Nero. 8.4 Le democrazie occidentali: Francia e GB In seguito alla sconfitta nella guerra con la Germania e il ritorno alla Repubblica, la Francia era sulla strada della democrazia anche se le istituzioni repubblicane erano fonte di contestazioni che passavano dall’esasperato nazionalismo al demagogico antisemitismo. A fine 1800 tali correnti mettevano in pericolo la vita e la durata delle istituzioni repubblicane. L’offensiva nazionalista partì da un clamoroso caso giudiziario quale quello di Alfred Dreyfus, ufficiale ebreo condannato ai lavori forzati nel 1894 che era stato accusato di aver dato documenti riservati all’ambasciata tedesca. La sentenza fornì le basi per una violenta campagna antisemita mentre le sfere militari arrivarono a falsificare i documenti per coprire i veri colpevoli. Quando nel gennaio 1898 lo scrittore Emile Zola pubblicò un documento volto a rivelare gli inganni, fu processato e condannato per offese all’esercito. Ciò provocò due schieramenti di pensiero: coloro che volevano subito il riconoscimento dell’innocenza dell’ufficiale condannato e coloro che volevano difendere a tutti i costi il prestigio delle forze armate. Il contrasto si fece sempre più acuto sino a divenire uno scontro politico; Dreyfus alla fine fu graziato dal presidente della Repubblica per poi essere riabilitato nel 1906. Nel frattempo nel 1899 vi furono le elezioni che portarono alla formazione di un governo di coalizione repubblicana appoggiato anche dai socialisti. Alcune associazioni di estrema dx vennero sciolte e i loro capi arrestati mentre venne attuata un’epurazione degli alti gradi dell’esercito. Ripresero anche le lotte vs le posizioni di potere del clero cattolico e ciò portò allo scioglimento di diverse congregazioni cattoliche e nel 1905 vennero interrotti i rapporti tra Francia e Santa Sede. La Francia di inizio 1900 era all’avanguardia in materia di democrazia politica e laicità dello stato e i governi che vi furono dal 1906 al 1911, guidati da Georges Clemenceau e Aristide Briand, portarono a importanti riforme sociali come riduzione dell’orario di lavoro, legge sul riposo settimanale, pensioni di vecchiaia ecc. però lo spostamento a sx del movimento sindacale e della Sfio causò al rottura dell’alleanza fra socialisti e radicali portando, alla lunga, a dar voce a correnti repubblicano-moderate che tornarono al potere tra 1912 e 1914 con Raymond Poincaré. Invece la GB dal 1886 al 1906 fu governata dal gruppo derivante dall’unione tra Conservatori di Robert Salisbury e gli Unionisti di Joseph Chamberlain. In questi anni, ovvero gli ultimi di regno della regina Vittoria che morì nel 1901, i governi si focalizzarono sulle imprese coloniali. Fra 1897 e 1905 furono varate leggi che aumentavano i finanziamenti per le scuole elementari e medie favorendo il collocamento dei disoccupati. Motivo di possibile crisi era la volontà di introdurre anche nell’Impero britannico il protezionismo doganale mandando a rotoli la lunga tradizione liberoscambista. Nelle elezioni del 1906 i liberali avevano la maggioranza mentre alla Camera entrava per la prima volta un gruppo di 30 deputati laburisti. I liberali adottarono una linea meno aggressiva e più organica volendo introdurre anche una politica fiscale progressista. Ciò causò uno scontro con la Camera dei Lord che solitamente aveva il diritto di veto ma che in realtà non si poteva applicare alle leggi finanziarie. Quando nel 1909 i Lord violarono il divieto respingendo il bilancio preventivo del governo, nacque un conflitto costituzionale che vide la contrapposizione tra 2 Camere quali quella liberale e quella dei conservatori. I primi presentarono un progetto legge volto a negare ai Lord il diritto di veto sulle leggi di bilancio lasciando loro solo la facoltà di rinviarle 2 volte alla camera dei comuni. Nel 1911 i Lord e re Giorgio 5 accettarono la riforma che vietava loro di respingere le leggi di bilancio. Sempre nel 1911 si decise di affrontare la questione irlandese mediante l’Home Rule che prevedeva un’Irlanda autonoma pur rimanendo legata alla corona. Dopo vari contrasti, il programma fu approvato nel maggio 1914 per poi essere sospeso a causa dell’inizio della 1GM. 8.5 Gli imperi centrali: Germania e Austria-Ungheria La fine del lungo cancellierato di Otto von Bismarck nel 1890 fu una svolta per la politica tedesca poiché la sua caduta derivò dai successi dei socialdemocratici nelle elezioni del 1890. Lo stesso imperatore Guglielmo 2 che salì al trono nel 1888 annunciò una nuova svolta nella politica nel paese ma così non fu in quanto mostrò ben presto la sua inclinazione all’autoritarismo e all’esercizio personale del potere. Dalla fine del 1800 la Germania imboccò la via del Weltpolitik col riarmo navale per consentire il confronto con la GB che fu da stimolo per la politica tedesca. Ciò portò ad una coscienza di superiorità tanto nella classe dirigente quanto nei ceti popolari con tendenze nazionaliste e imperialiste. La spinta nazionalista e aggressiva della politica estera tedesca coinvolse le maggiori forze politiche e l’unica vera opposizione derivava dalla socialdemocrazia che fu isolata per tutto il regno di Guglielmo 2. Nei decenni prima della 1GM, l’Impero asburgico vide aggravarsi il declino iniziato nel 1848 per via dei contrasti tra le varie nazionalità. Dal punto di Giolitti fu chiamato alla guida del governo nel novembre 1903 dopo le dimissioni di Zanardelli e cercò di intraprendere la strada liberal-progressista con basi più solido offrendo un posto nella compagine governativa al socialista Filippo Turati che però rifiutò e quindi Giolitti finì col realizzare un ministero aperto alla dx. Nel 1904 furono applicate le “leggi speciali” per il Mezzogiorno mediante una serie di stanziamenti statali e con agevolazioni fiscali e creditizie. Importante fu l’iniziativa del 1904-1905 di Giolitti inerente la statizzazione delle ferrovie ma inizia il progetto incontrò dissensi sia a dx che a sx. Dinanzi a tali difficoltà, Giolitti si dimise con un pretesto lasciando la guida del paese ad Alessandro Fortis mediante una tattica che utilizzò sempre che consisteva nell’abbandonare le redini del potere nei momenti difficili per poi ritornare a governare nei momenti favorevoli. Il governo Fortis durò meno di un anno mentre il ministero di Sidney, antagonista di Giolitti, durò ancor meno. Giolitti tornò al potere nel 1906 per restarvici ininterrottamente per 3 anni e mezzo. Sempre nel 1906 fu realizzata la conversione della rendita ovvero la riduzione del tasso di interesse versato dallo stato per ridurre gli oneri che gravavano sul bilancio statale. Nel dicembre 1909 Giolitti attuò una nuova ritirata strategica con l’inizio di un secondo e breve governo Sonnino seguito dall’altrettanto breve governo Luzzatti che avviò un’importante riforma scolastica quale la legge Daneo- Credaro che dava allo stato l’onere dell’istruzione elementare. Nel marzo 1911 Giolitti tornò al governo con un programma di sx estendendo il diritto di voto a tutti i cittadini maschi che avessero compiuto 30 anni, maggiorenni, che sapessero leggere e scrivere o che avessero almeno prestato servizio militare. Ciò fu introdotto nella legislazione nel 1912. 9.5 Il giolittismo e i suoi critici Quella di Giolitti fu una dittatura parlamentare simile a quella di Depretis attuata fra 1876 e 1887anche se diversa e più aperta nei contenuti. I tratti caratteristici dell’azione giolittiana furono il sostegno a borghesia e proletariato e la tendenza all’intervento dello stato per correggere gli squilibri sociali. Il controllo delle Camere fu lo strumento fondamentale del sistema giolittiano. Egli però ebbe diverse critiche su più fronti: per i socialisti rivoluzionari e per i cattolici democratici, Giolitti era colpevole di corruzione interna; per i liberali- conservatori come Sidney Sonnino e Luigi Albertini, Giolitti scendeva a patti con i nemici delle istituzioni mettendo in pericolo l’autorità statale. Invece Gaetano Salvemini lo accusava di essere il ministro della mala vita. 9.6 La guerra in Libia e il tramonto del giolittismo A partire dal 1896, anno della caduta del governo Crispi, la politica estera italiana subì una netta correzione di rotta. Il miglioramento dei rapporti con la Francia nel 1898 portò alla firma di un nuovo trattato di commercio che poneva fine alla guerra doganale. Nel 1902 fu istituito un accordo per la divisione delle sfere di influenza in Africa settentrionale col quale l’Italia ottenne la Libia mentre il Marocco andò alla Francia. Questa situazione però causava conflitti nella Triplice Alleanza. L’accordo con la Francia non piacque ai tedeschi e agli italiani non piacque il modo in cui l’impero Austro-ungarico appoggiato dalla Germania per l’annessione della Bosnia-Erzegovina nel 1908. Per la guerra libica, la spinta decisiva venne dalla politica internazionale derivante dalla seconda crisi marocchina dell’estate 1911; nel momento in cui la Francia iniziò a far valere il suo protettorato sul Marocco, l’Italia decise di far valere gli accordi del 1902 e nel settembre 1911 inviò sulle coste libiche 35 mila uomini andando però a scontrarsi con l’impero turco che esercitava su quei territori una sovranità nominale. Per resistere, l’Italia dovette rinforzare il corpo di spedizione ed estendere il teatro di guerra al Mar Egeo occupando l’Isola di Rodi e il Dodecaneso. I turchi acconsentirono alla pace nell’ottobre 1912 con la pace di Losanna rinunciando alla sovranità politica sulla Libia e lasciando al sultano solo una teorica autorità religiosa sulle popolazioni musulmane. La pace non fece cessare la resistenza araba e da qui gli italiani ne approfittarono per occupare Rodi e il Dodecaneso. Dal punto di vista economico fu un pessimo affare dato che i costi della guerra erano pesanti e le ricchezze naturali in Libia erano scarse o inesistenti. La guerra libica scosse pericolosamente gli equilibri su cui poggiava il governo giolittiano e favorì il rafforzamento delle aree estreme. 9.7 Socialisti e cattolici La svolta liberale di inizio 1900 ebbe tra i protagonisti i socialisti e in particolare Filippo Turati e i dirigenti della corrente riformista i quali pensavano che la collaborazione con la borghesia progressista fosse per il movimento operaio l’unica capace di assicurare il consolidamento dei risultati da poco conseguiti man mano che venivano fuori i limiti del liberalismo giolittiano, crebbe nel Partito socialista la corrente rivoluzionaria che sosteneva la necessità di opporre allo stato monarchico e borghese una linea di intransigente lotta di classe. Nel congresso di Bologna del 1904, i rivoluzionari conquistarono la guida del partito e nel settembre 1904 ci fu il primo sciopero nazionale della storia d’Italia che Giolitti aspetto che si esaurisse da sola. Lo sciopero costituì per il movimento operaio gravi limiti organizzativi e dalle federazioni di categoria nacque nel 1906 la Confederazione generale del lavoro (Cgl) mentre la corrente più estremista che si ispirava al sindacalismo rivoluzionario francese fu man mano emarginata dalla Cgl e allontanata anche dal Psi. Anche gli industriali diedero vita nel 1910 ad una loro associazione quale la Confederazione italiana dell’industria (Confindustria). In concomitanza si accentuavano le fratture interne al Psi e sta volta si divise la maggioranza riformista dando adito alle tendenze intransigenti. Si stava diffondendo una tendenza revisionista con a capo Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi che volevano trasformare il Psi in un partito del lavoro senza connotazioni ideologiche in senso stretto. A far precipitare la situazione fu l’atteggiamento di Bissolati e Bonomi di fronte all’impresa libica. Nel congresso di Reggio-emilia del luglio 1912, i rivoluzionari riuscirono a imporre l’espulsione dal Psi dei riformisti di dx che diedero vita al Partito socialista riformista italiano. I riformisti rimasti nel Psi erano in minoranza e il potere tornò nelle mani degli intransigenti. Tra essi emerse una persona che si era distinto nelle manifestazioni vs la guerra libica e che aveva partecipato al congresso di Reggio-emilia quale Benito mussolini: era direttore del quotidiano “Avanti” e portò nella propaganda socialista uno stile nuovo basato sull’appello diretto alle masse. Se papa Leone 13 tollerava l’azione dei democratici cristiani, essi furono osteggiati dal nuovo papa Pio 10 che, temendo nel 1904 che l’Opera dei congressi finisse sotto il loro controllo, la sciolse creando al suo posto 3 organizzazioni distinte ma correlate con l’ambito ecclesiastico: Unione popolare, Unione economico-sociale, Unione elettorale. 9.8 La crisi del sistema giolittiano Nel maggio 1914 Giolitti rassegnò le dimissioni indicando al re come suo successore Antonio Salandra della dx liberale incoraggiando così un’esperienza di governo conservatore con la prospettiva di tornare in seguito al potere ma le cose erano cambiate in seguito alla guerra di Libia anche dal punto di vista economico tant’è che vennero a formarsi tensioni sociali. Sintomo evidente di tale clima fu la “settimana rossa” nel giugno 1914 quando morirono 3 dimostranti in uno scontro con la forza pubblica durante una manifestazione antimilitarista e antimonarchica ad Ancona e da cui scaturirono vari scioperi. Nel frattempo il quotidiano di Mussolini assunse un carattere prettamente insurrezionale. C.10 La 1GM e la rivoluzione russa 10.1 Venti di guerra Ad inizio 1914 il predominio dell’Europa su parte del mondo era indiscusso nonostante stesse emergendo l’Oriente con Giappone mentre stavano emergendo anche gli Stati Uniti. Però l’evoluzione politica ed economica del tempo non bastarono a spegnere i conflitti sociali e a far scomparire le tensioni politiche internazionali. Tra le potenze europee vi erano vecchi conflitti irrisolti: Austria-Ungheria vs Russia per il controllo dei Balcani, Francia vs Germania per l’Alsazia e la Lorena; GB vs Germania per la corsa agli armamenti navali. La contrapposizione principale vedeva Austria e Germania vs Francia e Russia vs GB. 10.2 Una reazione a catena Il 28/6/1914 un bosniaco di nome Gavrilo Princip uccise con 2 colpi di pistola l’erede al trono d’Austria Francesco Ferdinando e sua moglie mentre attraversavano in auto Sarajevo. L’attentato era partito da un’organizzazione ultranazionalistica che si batteva affinchè la Bosnia, annessa all’Austria-Ungheria nel 1908 ma abitata principalmente da popolazioni slave, entrasse nella “grande Serbia” indipendente dall’impero A-u. l’organizzazione si chiamava Mano Nera ed aveva la base operativa in Serbia. L’evento mise in moto un caso internazionale che fecero sprofondare rapidamente l’Europa. L’Austria decise di mandare un ultimatum il 23/7 alla Serbia; la Russia allora promise sostegno alla Serbia che decise di accettare solo in parte l’ultimatum respingendo la clausola che prevedeva la partecipazione di funzionari austriaci nelle indagini sull’attentato. Così l’Austria il 28/7/1914 dichiarò guerra alla Serbia e quindi di conseguenza il governo russo mobilitò le sue forze armate. La Germania però interpretò l’atto della Russia come un atto di ostilità. Il 31/7 la Germania mandò un ultimatum alla Russia intimandole l’immediata sospensione dei preparatici bellici e ciò rimase senza risposta e quindi si arrivò alla dichiarazione di guerra. Il 1/8 la Francia, legata alla Russia da un trattato di alleanza militare, mobilitò le proprie forze armate e la Germania rispose con un nuovo ultimatum e la successiva dichiarazione di guerra alla Francia il 3/8. Indi la Germania fa precipitare tutto. Il piano di guerra elaborato da Alfred von Schlieffen dava per scontato che la guerra si sarebbe combattuta su due fronti e che sarebbe stata breve con un massiccio attacco alla Francia per poi focalizzarsi sulla Russia quindi il presupposto del piano era la rapidità: le truppe tedesche dovevano passare attraverso il Belgio che era neutrale. Il 4/8 i primi gruppi tedeschi invasero il Belgio per attaccare la Francia da Nord-est ma la violazione del Belgio ebbe un grande peso nell’allargamento dell guerra poiché la GB non poteva tollerare la violazione di un paese neutrale che si affacciava sulle coste della Manica. Così il 4/8 la GB dichiarò guerra alla Germania. Con la 1GM, la Seconda internazionale smise di esistere. 10.3 1914-1915: dalla guerra di logoramento alla guerra di posizione Furono soprattutto i tedeschi a puntare sulla strategia offensiva con diversi successi fino al 1/9 quando si fermarono lungo il Marna a pochi km da Parigi. Nel frattempo sul fronte orientale, i russi cercavano di penetrare nella Prussia orientale, venivano sconfitti nelle battaglie di Tannenberg e dei Laghi Masuri. La minaccia russa indusse i comandanti tedeschi a revocare parte delle loro forze sul fronte occidentale. Il 6/9 i francesi riuscirono a lanciare un improvviso attacco e dopo 1 settimana di combattimenti, i tedeschi furono costretti a ripiegare su una linea più arretrata in corrispondenza dei fiumi Aisne e Somme. Così fallì il piano tedesco. A fine novembre 1914, gli eserciti erano ormai attestati in trincee dando così inizio ad un nuovo tipo di guerra. Molte potenze minori vennero sacrificate dalla nuova sistemazione dell’assetto territoriale internazionale e cercarono di approfittare della guerra per soddisfare le proprie ambizioni territoriali. Nell’agosto 1914 il Giappone dichiarava guerra alla Germania per impadronirsi dei possedimenti tedeschi nel pacifico e nel novembre dello stesso anno la Turchia interveniva a favore degli imperi centrali. Nel maggio 1915 l’Italia entrava in guerra vs l’Austria-Ungheria. A fianco di Germania e Austria-Ungheria sarebbe poi intervenuta la Bulgaria mentre sul fronte opposto c’erano Portogallo, Romania e Grecia. Decisivo fu l’intervento degli Usa nel 1917che si schierarono con la Triplice Intesa trascinando numerosi paesi extra- europei. 10.4 1915: l’intervento dell’Italia L’Italia entrò in guerra nel maggio 1915 schierandosi al fianco della Triplice Intesa vs l’impero A-u che fino a poco prima era suo alleato. Fu una scelta sofferta e contrastata. Nell’agosto 1914, a guerra appena scoppiata, il governo presieduto da Antonio Salandra aveva dichiarato la neutralità dell’Italia, decisione giustificata col carattere difensivo della Triplice Alleanza /l’Austria non era stata attaccata e non aveva consultato l’italia prima di muoversi). Ma dopo varie discussioni si iniziò a considerare la possibilità di una guerra vs l’Austria che avrebbe consentito all’Italia di portare a compimento il processo risorgimentale riunendo alla patria le terre irredente del Trentino e della Venezia Giulia, abitate da italiani ma ancora soggette all’impero A-u. sostenitori della linea interventista furono gruppi e partiti della sx democratica che erano convinti che la partecipazione alla guerra avrebbe aiutato la causa di una nuova Europa. Naturalmente erano a favore della guerra le associazioni irredentiste come quella di Cesare Battisti, leader dei socialisti trentini. Sul versante politico opposto, favorevoli alla guerra furono i nazionalisti che volevano far affermare all’Italia la sua vocazione di grande potenza imperialista. Più prudenti furono liberali e conservatori che però temevano che la mancata partecipazione al conflitto avrebbe gravemente compromesso la posizione dell’Italia. Sulla linea neutrale c’erano i liberali a cui faceva capo Giolitti che riteneva il paese non preparato alla guerra. Ostile all’ingresso in guerra era anche il mondo cattolico a partire da papa Benedetto 15. Tra i leader socialisti, solo Mussolini si schierò a favore della guerra, per questo fu espulso dal Psi e fondò nel novembre 1914 un nuovo quotidiano “il popolo d’italia” che divenne la voce principale dell’interventismo di sx. a decidere l’esito dello scontro furono le scelte del capo del governo, del ministro degli esteri e del re. Fin dall’autunno 1914, Salandra e Sonnino avevano stretto segreti contatti con l’Intesa e alla fine decisero col solo sostegno del re, di accettare la proposta di Francia, GB e Russia firmando il 26/4/1915 il patto di Londra. Ora bisognava solo superare l’opposizione della maggioranza della Camera. I primi di maggio, Giolitti che non era ancora a conoscenza del patto di Londra, si pronunciò per continuare le trattative con l’Austria mentre 300 deputati gli diedero man forte e Salandra dovette dimettersi mentre la volontà neutralista del parlamento fu scavalcata. Il 20/5/1914 la Camera si vide costretta a concedere pieni poteri al governo: l’Italia dichiarò guerra all’Austria e il 24/5/1915 ebbero inizio le operazioni militari. 10.5 I fronti di guerra (1915-1916) L’intervento italiano non servì a decretare le sorti della guerra. Le forze austro-ungariche si erano schierate lungo l’Isonzo e sulle alture del Carso, luoghi più favorevoli e vs queste linee le truppe del generale Cadorna sferrarono nel 1915 4 sanguinose offensive quali le 4 battaglie dell’Isonzo senza alcun successo. Nel giugno 1916 gli austriaci lanciarono un improvviso attacco chiamato Strafexpedition tentando di penetrare dal Trentino nella pianura veneta per spezzare in due lo schieramento italiano ma furono fermati. Il governo Salandra però, fu costretto alle dimissioni per poi essere sostituito da un governo di coalizione nazionale presieduto dal conservatore Paolo Boselli di cui fece parte per la prima volta un esponente cattolico- la crisi finale dell’Austria-ungheria. Cecoslovacchi e slavi del sud proclamarono l’indipendenza mentre i soldati abbandonavano il fronte sempre più velocemente. Quando il 24\8 gli italiani lanciarono un’offensiva sul piave, l’impero era ormai in piena crisi: sconfitti sul campo di battaglia di Vittorio Veneto, gli austriaci il 3\11 firmarono a Villa Giusti l’armistizio con l’italia che entrò in vigore il 4\11\1918. Intanto la situazione precipitava anche in Germania: a inizio novembre i marinai di Kiel si ammutinarono dando vita a dei consigli rivoluzionari ispirati all’esempio russo. Il moto si propagò a Berlino e in Baviera e ad essi si unirono i socialdemocratici che erano presenti anche nel governo legale del Reich. Il 9\11 a Berlino il socialdemocratico Friedrich Ebert fu proclamato capo del governo mentre Guglielmo 2 fuggiva in Olanda e veniva proclamata la Repubblica. L’11\11 i delegati del governo provvisorio tedesco firmavano l’armistizio a Rethondes. 10.12 Vincitori e vinti Il 18\1\1919 nella reggia di Versailles si aprono i lavori della conferenza di pace a cui presero parte i rappresentati di 32 paesi dei 5 continenti e presero parte anche coloro che avevano svolto nella guerra solo un ruolo marginale. Rimasero esclusi i paesi sconfitti che furono chiamati a ratificare le decisioni che li riguardavano. Tutte le materie più importanti vennero riservate ai 4 grandi, ossia ai capi di governo delle principali potenze vincitrici: l’americano Wilson, il francese Clemenceau, il britannico Llyod George e l’italiano Orlando. Quest’ultimo ebbe però un ruolo secondario per via dei contrasti. I leader delle potenze vincitrici avevano il compito di ridisegnare la carta politica del Vecchio Continente sconvolto dal crollo contemporaneo di 4 imperi. Il nuovo equilibri doveva tener conto dei principi di democrazia e di giustizia internazionale enunciati nei 14 punti di Wilson. Però per realizzare questo programma si riscontrarono delle difficoltà. La contraddizione risultò evidente quando furono discusse le condizioni da imporre alla Germania. I francesi non si accontentavano della restituzione dell’Alsazia-Lorena ma chiedevano loro di spostare i confini fino alla riva sx del Reno: ciò avrebbe rappresentato l’annessione di territori di territori fra i più ricchi e popolosi della Germania. Ciò però incontrava l’opposizione decisa da Wilson e quindi la francia dovette rinunciare al confine sul reno in cambio della promessa di una garanzia anglo-americana sulle nuove frontiere. La Germania potè quindi limitare le amputazioni territoriali con delle clausole che sarebbero state sufficienti a cancellarla per molto tempo nel novero delle grandi potenze. Il trattato fu firmato a Versailles il 28\6\1919 ma fu in realtà un’imposizione. La parte più pesante fu quella economica in quanto la Germania fu dichiarata responsabile della guerra e si dovette impegnare a ripagare i vincitori per i danni subiti col conflitto. C. 11 L’eredità della grande guerra 11.4 Il biennio rosso: rivoluzione e controrivoluzione in Europa Tra la fine del 1918 e l’estate del 1920 il movimento operaio europeo vide una forte avanzata politica con dei connotati rivoluzionari. I partiti socialisti registrarono quasi ovunque notevoli incrementi elettorali. I lavoratori organizzati diedero vita ad agitazioni che consentirono agli operai dell’industria di difendere o migliorare i livelli reali delle loro retribuzioni ottenendo la riduzione dell’orario di lavoro a 8h\gg. Ovunque si formarono consigli operai che scavalcavano le organizzazioni tradizionali dei lavoratori e che sull’esempio dei soviet russi si proponevano come organi di governo della futura società socialista. L’ondata rossa del 19-20 si manifestò nei singoli paesi in forme diverse. In Francia e GB conservatori e moderati mantennero il controllo dei corrispettivi Parlamenti e la pressione del movimento operaio fu contenuta senza molte difficoltà. Germania, Austria e Ungheria furono teatro di tentativi rivoluzionari che furono rapidamente stroncati. Ciò che era stato possibile in russia non fu possibile altrove. La rivoluzione di ottobre accentuò nel movimento operaio la frattura fra le avanguardie rivoluzionarie e il resto del movimento legato ai partiti socialdemocratici e alle grandi centrali sindacali. Già nel 1918 i bolscevichi avevano abbandonato l’antica denominazione del Partito socialdemocratico per quella del Partito comunista bolscevico di russia. La scissione fu sancita nel marzo 1919 con la costruzione a Mosca di una Internazionale comunista\Terza Internazionale\Comintern. Struttura e compiti di quest’ultimo furono fissati nel II congresso che si tenne a Mosca nel luglio 1920. Fu lo stesso Lenin a fissare in un documento i 21 punti le condizioni da rispettare per poter essere ammessi al nuovo organismo e si sarebbero dovuti ispirare al modello bolscevico. La rottura tra socialdemocrazia e comunismo era stata segnata dalle vicende drammatiche che in germania avevano seguito alla proclamazione della Repubblica. Già al momento della firma dell’armistizio lo Stato si trovava in una situazione rivoluzionaria. Il governo legale presieduto da Friedrich Ebert con sede a Berlino era formato da esponenti socialdemocratici compresi gli indipendenti dell’Uspd. Ma in molte città a capo della situazione c’erano i consigli degli operai e dei soldati. I socialdemocratici tedeschi erano contrari ad una rivoluzione di tipo sovietico ed erano favorevoli alla democratizzazione del sistema politico nel quadro delle istituzioni parlamentari. I capi dell’esercito stabilirono con i leader socialdemocratici una specie di patto non scritto impegnandosi a servire lealmente le istituzioni repubblicane in cambio di garanzie circa la tutela dell’ordine pubblico. Il 19\1 si tennero le elezioni per l’Assemblea costituente: la convergenza fra socialisti, cattolici e democratici portò alla formazione di un governo di coalizione a guida socialdemocratica arrivando nell’agosto 1919 all’approvazione della costituzione di Weimar. Anche nella nuova repubblica austriaca furono i socialdemocratici a governare il paese mentre i comunisti tentarono l’insurrezione. Nel 1920 le elezioni videro il prevalere del voto clericale e conservatore. Invece breve e drammatica fu la vita della Repubblica democratica in Ungheria dove i socialisti si unirono ai comunisti per instaurare nel marzo 1919 una repubblica sovietica basata sulla repressione vs la borghesia e vs l’aristocrazia agraria. Ciò durò poco; ad inizio agosto il regime guidato dal comunista Bèla Kun cadde sotto l’urto convergente delle forze conservatrici. 11.5 La Germania di Weimar La repubblica nata con la Costituzione di Weimar fu per l’europa degli anni ’20 un modello di democrazia parlamentare aperta e avanzata. Nella primavera 1921 le potenze alleate stabilirono l’ammontare dei risarcimenti che la Germania avrebbe dovuto pagare quale 132 miliardi di marchi in 42 rate annuali, cosa che ovviamente scaturì proteste in tutto il paese. I gruppi di estrema dx nazionalista tra cui stava emergendo la personalità del nazionalsocialista Adolf Hitler, scatenarono un’offensiva vs la classe dirigente repubblicana che fu accusata di tradimento per essersi piegata alle imposizioni dei vincitori. I governi di coalizione che si successero tra 1921 e 1923 si impegnarono a pagare le prime rate della riparazione ma per non attuare tasse estenuanti dovettero aumentare la stampa di carta moneta: così il valore del marco precipitò accellerando il già avviato processo inflazionistico. Nel gennaio 1923 la Francia e il Belgio inviarono nel bacino della Ruhr, centro della produzione carbonifera e dell’industria siderurgica tedesca. Impossibilitato a reagire militarmente, il governò incoraggiò la resistenza passiva. Già per le dissestate finanze tedesche, il marco precipitò a livelli impensabili e il suo potere d’acquisto fu annullato. Nel momento più drammatico della crisi, la classe dirigente riuscì a reagire: nell’agosto 1923 si formò una grande coalizione presieduta da Stresemann, leader del partito popolare tedesco. In settembre fra le proteste dell’estrema dx, il governo ordinò la fine della resistenza passiva nella Ruhr riallacciando i contatti con la Francia. A Monaco nella notte fra 8 e 9\11\1923, gli aderenti al Partito nazionalsocialista guidati da Adolf Hitler cercarono di organizzarsi in un’insurrezione vs il governo centrale ma il complotto fallì e fu subito represso. Hitler fu condannato a 5 anni di carcere e la sua carriera politica sembrava conclusa. Nell’ottobre 1923 fu emessa una nuova moneta quale il Rentenmark il cui valore era garantito dal patrimonio agricolo e industriale della Germania: lo stato tedesco si comportava come un privato che impegna i suoi averi per garantirsi un credito. Una vera stabilizzazione sarebbe stata impossibile senza un accordo con i vincitori sulle riparazioni: l’accordo fu trovato a inizio 1924 sulla base di un piano elaborato dallo statunitense Charles Dawes. Il piano Dawes si basava sull’idea che la Germania avrebbe potuto fronteggiare i suoi impegni economici solo dopo aver rilanciato la sua economia. Più lenta e difficile fu la stabilizzazione politica: la grande coalizione guidata da Stresemann si ruppe a fine 1923. Nelle elezioni presidenziali del 1925, il cattolico Wilhelm Marx sostenuto dai partiti democratici ma non dai comunisti, fu battuto da Hindenburg. 11.6 Il dopoguerra dei vincitori La fine del biennio rosso e la recessione economica segnarono in europa segnarono un incremento delle agitazioni operaie e un ritorno alle soluzioni conservatrici in campo politico ed economico. Le classi politiche si impegnarono principalmente a ricostruire nei limiti del possibile i tradizionali equilibri politici e sociali frenando i fenomeni inflazionistici. In Francia e GB l’obiettivo era la stabilizzazione che fu sostanzialmente raggiunto. In Francia, la maggioranza di centro dx che controllò il governo dal 1919 attuò una politica fortemente conservatrice che faceva ricadere sulle classi sociali il peso della difficile ricostruzione. Solo nella primavera 1924 i radicali di sx e i socialisti, uniti dalla coalizione elettorale detta il cartello delle sx, riuscirono a strappare la maggioranza ai moderati. L’esperienza ebbe breve durata perché il governo non seppe affrontare una gravissima crisi finanziaria che fu accentuata dalla fuga di capitali vs l’estero. Nel luglio 1926, la guida del governo passò al leader storico dei moderati quale l’ex presidente della Repubblica Raymond Poincaré che stabilizzò il corso della moneta e risanò il bilancio statale aumentando ancora la pressione fiscale. Anche in GB furono le forze moderate a guidare il paese negli anni critici del dopoguerra. Fra 1918 e 1929 i conservatori furono quasi sempre al potere. La novità di questi anni stava nel ridimensionamento dei liberali, cosa che consentì ai laburisti di assumere il ruolo di antagonisti dei conservatori per tornare alla tradizionale forma politica bipolare. I governi conservatori portarono avanti una politica di austerità finanziaria e contenimento dei salari che li fece scontrare vs i sindacati. L’episodio più drammatico fu nel 1926 con lo sciopero dei minatori che chiedevano aumenti salariali e la nazionalizzazione del settore minerario. Nessuno cedette alle loro richieste e furono costretti a sospendere l’agitazione durata mesi. Inoltre il governo cercò di approfittare di questo successo per vietare ogni sciopero di solidarietà dichiarando illegale la pratica per cui gli aderenti alle Trade Unions venivano iscritti d’ufficio la Labour Party. Però i laburisti risalirono al potere affermandosi nelle elezioni del 1929 e così si formò un ministero di coalizione liberal-laburista destinato però a vita breve per via della crisi economica del 1929-1930. 1.7 La Russia comunista Negli anni dell’immediato dopoguerra, la Russia comunista fu un mito positivo nonché un riferimento per i rivoluzionari di tutta europa così come la Francia a fine 1700. Però la capacità espansiva dell’esperienza bolscevica non fu altrettanto grande poiché la loro stessa sopravvivenza rimase a lungo in forse. Conclusasi nel 1920 la guerra civile, i bolscevichi dovettero affrontare l’attacco improvviso da parte della Polonia: dopo fasi alterne si giunse alla pace che accontentava le aspirazioni polacche e che mise fine alla speranza di esportare rivoluzioni grazie ai successi militari. 11.8 L’Urss da Lenin a Stalin La prima Costituzione della Russia rivoluzionaria fu varata nel 1918 in piena guerra civile e si apriva come una Dichiarazione dei diritti del popolo lavoratore sfruttato e si ispirava all’idea consiliare collocando al vertice del potere il Congresso dei soviet. Inoltre prevedeva che il carattere fosse federale, che rispettasse l’autonomia delle minoranze etniche e che si aprisse all’unione con altre future repubbliche “sovietiche” nella prospettiva di un’unica repubblica socialista mondiale. In realtà il processo avvenuto in russia fra 1920 e 1921 fu semplicemente l’unione alla Repubblica russa che dal 1922 prese il nome di Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche (Urss) in cui i russi erano la nazionalità dominante. Il potere era nelle mani del Partito comunista che dal 1925 prese il nome di Partito comunista dell’Unione Sovietica (Pcus). Le sue tendenze autoritarie si consolidarono con l’ascesa al potere del georgiano Iosif Dzugasvili detto Stalin che fu nominato segretario generale del partito nell’aprile 1922. Poche settimane dopo Stalin fu colpito dalla malattia che portò alla sua morte nel gennaio 1924. C.12 Dopoguerra e fascismo in Italia 12.1 Le tensioni del dopoguerra Uscita vincitrice dalla guerra, l’Italia si trovò a condividere i problemi politici e le tensioni sociali derivanti dalla guerra e diffusesi in tutta Europa. Rispetto agli altri vincitori, l’Italia si trovò ad affrontare problemi e tensioni in forma più acuta poiché aveva accelerato il processo di avvicinamento delle masse allo Stato ma in modo traumatico. Aveva alimentato il rifiuto alla guerra ma aveva anche creato l’assuefazione alla guerra e la tendenza a risolvere tutto con la violenza. Le tensioni sociali erano legate prettamente all’aumento dei prezzi tant’è che fra giugno e luglio 1919 le principali città italiane divennero teatro di violenti tumulti vs il caro-viveri mentre le industrie stavano affrontando gli scioperi volti ad ottenere l’aumento dei salari. Ad agitare lo scenario italiano fu la cattiva gestione della pace: secondo gli accordi firmati a Londra nel 1915, l’Italia aveva ottenuto Trento, Trieste e le altre terre irredente raggiungendo i confini naturali segnati dalle Alpi. Ma la dissoluzione dell’austria-ungheria e la nascita del nuovo stato Jugoslavo portarono a diversi problemi non previsti dato che l’Italia avrebbe dovuto annettere anche la Dalmazia che però era abitata in prevalenza da slavi. Non era prevista l’annessione di Fiume a maggioranza italiana che però doveva restare nell’impero asburgico. Però alla conferenza di Versailles, il presidente del consiglio Orlando e il ministro degli Esteri Sonnino, chiesero l’annessione di Fiume sulla base del principio di nazionalità in aggiunta ai territori promessi nel 1915. Ciò incontrò l’opposizione degli alleati e del presidente degli USA Wilson: per protesta a ciò, nell’aprile 1919 Orlando e Sonnino abbandonarono Versailles tornando in Italia dove furono accolti festosamente. Però questo insuccesso segnò la fine del governo Orlando che fu sostituito da Francesco Saverio Nitti che si trovò ad affrontare una situazione già deteriorata. Gli avvenimenti della primavera 1919 avevano suscitato sentimenti di ostilità vs gli ex alleati accusati di voler escludere l’Italia dai frutti della vittoria. La manifestazione più clamorosa di ciò si ebbe nel settembre 1919 quando alcuni reparti militari di ribelli assieme a dei volontari guidati da D’Annunzio, occuparono Fiume per 15 mesi e qui istituirono una reggenza provvisoria sperimentando per la prima volta formule e rituali collettivi che saranno poi ripresi dai movimenti autoritari degli anni 1920-1930. 12.2 I partiti e le elezioni del 1919 13.2 Gli USA: dal boom al crollo di Wall Street Usciti vincitori da una guerra per loro relativamente breve, gli USA si videro confermato il loro ruolo di grande potenza economica mondiale. A guerra finita il dollaro era la nuova moneta di base dell’economia internazionale. A partire dal 1921, l’economia statunitense cominciò a crescere rapidamente. La diffusione della produzione in serie e i miglioramenti dell’organizzazione del lavoro in fabbrica favorirono un notevole aumento di produttività e salari anche se diminuiva il nr degli occupanti nell’industria. Crebbe l’occupazione nel settore terziario. A questo indiscusso primato non corrispondeva però un’adeguata capacità di guida dei processi economici. La distribuzione dei redditi era fortemente squilibrata e causò l’emarginazione di diverse fasce della popolazione. A ciò si aggiunse l’ostilità vs le minoranze etniche. L’introduzione di leggi limitative dell’immigrazione volevano preservare i caratteri etnici della popolazione bianca impedendo la diffusione di ideologie sovversive di origine europea. Il punto culminante di ciò fu il processo ai 2 anarchici italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti che furono ingiustamente accusati di omicidio e mandati a morte nel 1927. Contemporaneamente si inasprivano le discriminazioni vs la popolazione nera: la setta del Ku Klux Klan era espressione del razzismo più isterico e raggiunse nel sud le dimensioni di un’organizzazione di massa. Nonostante le tensioni, la borghesia statunitense era fiduciosa in una continua moltiplicazione della ricchezza. La conseguenza più vistosa fu la frenetica attività della Borsa di NY. Incoraggiati dai facili guadagni, i risparmiatori acquistavano azioni per rivenderle a prezzo maggiorato confidando nella continua ascesa delle quotazioni, sostenuta dalla crescente domanda di titoli. Tutto ciò però fondava su basi fragili. La domanda sostenuta di beni di consumo fece si che si formasse una capacità produttiva sproporzionata rispetto alle possibilità di assorbimento del mercato interno. L’industria ovviò a questa difficoltà con l’aumento delle esportazioni nel resto del mondo e nel Vecchio Continente. Così nacque un rapporto di interdipendenza tra economia americana ed economia europea. Quando nel 1929 molti capitali americani furono dirottati vs le più redditizie operazioni speculative di Wall Street e tutto ciò si fece sentire sull’economia europea e subito dopo sulla produzione industriale americana già nell’estate 1929. A tutto ciò si affiancarono anche gli effetti catastrofici del crollo della Borsa di NY. Il valore dei titoli a Wall Street raggiunse livelli elevati a inizio 9\1929, quando si evidenziò la tendenza degli speculatori a vendere i propri pacchetti azionari per realizzare i guadagni sino ad allora ottenuti. La corsa alle vendite portò ad una precipitosa caduta del valore dei titoli distruggendo in poco tempo i sogni di ricchezza dei loro possessori. Il crollo del mercato azionario ebbe conseguenze disastrose sull’intera economia nazionale. 13.5 Il New Deal di Roosevelt Nel novembre 1932, dopo 3 anni di crisi che aveva portato la popolazione ad uno stato angoscioso, si tennero negli USA le elezioni presidenziali. L’uscente presidente Herbert Hoover fu sconfitto da Franklin Delano Roosevelt che appena diventato presidente avrebbe aperto un nuovo canale di comunicazione con i cittadini quale le Conversazioni al Caminetto. Nel discorso che aveva ufficializzato la sua candidatura il 2\7\1932, Roosevelt annunciò di voler inaugurare il New Deal caratterizzato per un energico intervento dello Stato nei processi economici. Fu avviato nei primi mesi della sua presidenza con diversi provvedimenti che dovevano servire da terapia d’urto per arrestare il corso della crisi. C.14 L’Europa degli anni ’30: totalitarismi e democrazie 14.1 L’eclissi della democrazia Negli anni ’30 del 1900 in concomitanza con il dilagare della crisi economica, la democrazia visse la sua stagione più buia. Già nel decennio precedente i regimi autoritari si erano affermati in molti stati d’Europa. Con al crisi del 1929, con i successi del nazismo in Germania e con la crescita generalizzata dei movimenti antidemocratici soprattutto in Europa orientale, si capì che il male era più profondo. 14.2 Totalitarismo e politiche razziali Elemento caratterizzante dei regimi totalitari fu la scarsa o nulla organizzazione del valore della vita umana e della dignità dell’individuo. Si affermò la tendenza a risolvere i problemi con forza, deportazioni e campi di concentramento. In questo quadro si spiega la rinnovata fortuna dell’eugenetica, teoria nata a metà del 1800 e che sosteneva la necessità di un perfezionamento non spontaneo della specie mediante pratiche simile a quelle adottate per piante e animali. Nella germania nazista, l’adozione di misure di sterilizzazione forzata e soppressione di individui malati si inquadrava nel progetto di una società basata sulla purezza della razza eletta e sul suo dominio. 14.3 L’ascesa del nazismo Nel novembre 1923, quando finì in prigione per aver organizzato un colpo di Stato a Monaco, Hitler era ancora un personaggio semisconosciuto a capo del Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi (Nsdap), accesamente nazionalsocialista e confusamente demagogico. Invece nel 1933 hilter era leader di un partito che rappresentava 1\3 dell’elettorato tedesco. Fino al 1930 il suo partito fu un gruppo minoritario e marginale che fondava la sua forza sulle SA con a capo Ernst Rohm. I progetti a lungo termine di Hitler furono chiaramente esposti nel Mein Kampf, pubblicato nel 1925 e che divenne il testo sacro del nazismo. L’agonia della Repubblica di Weimar iniziò nel settembre 1930 quando il cancelliere Heinrich Bruning convocò nuove elezioni sperando di far sparire i nazisti ma accade che questi ebbero un grosso incremento a spese della dx tradizionale. Nel 1932 la crisi raggiunse il suo apice: dissesto economico ed esplodere della violenza andarono di pari passo col collasso del sistema politico, così nel marzo 1932 ci furono le elezioni per la presidenza della Repubblica. Per sbarrare la strada ad Hitler i partiti democratici appoggiarono la rielezione di Hindenburg. Egli fu eletto con un margine netto su Hitler. Ma una volta confermata la sua carica, cedette alle pressioni militari industriali congedando il primo ministro Bruning e cercò una via d’uscita dalla crisi prendendo atto dello spostamento a dx dell’asse politico. A guidare il governo furono chiamati Franz von Papen e Kurt von Schleicher. Però entrambi i tentativi, senza una base parlamentare, si risolsero in un fallimento. Nelle successive due elezioni che Papen fece convocare, i nazisti si affermarono come il primo partito tedesco. Il 30\1\1933 Hitler fu convocato dal presidente della Repubblica accettando di capeggiare un governo in cui i nazisti avevano solo 3 ministeri su 11. 14.4 La costruzione del regime Per trasformare lo Stato liberale italiano in una dittatura monopartitica, Mussolini impiegò 4 anni mentre a Hitler bastarono pochi mesi. La prima occasione utile fu offerta dall’incendio appiccato alla sede del Reichstag, il Parlamento nazionale nella notte del 27\2\1933. L’arresto di un comunista olandese fornì al governo al governo il pretesto per un’imponente operazione di polizia vs i comunisti che andavano ad eliminare la libertà di stampa e riunione. Ma Hitler mirava all’abolizione del Parlamento e il Reichstag appena eletto lo assecondò approvando una legge suicida che conferiva al governo pieni poteri, compreso quello di modificare la costituzione. Nel giugno 1933 la Spd fu sciolta dopo che fu soppressa la Confederazione la Confederazione dei sindacati liberi. A fine giugno, il partito tedesco-nazionale si autosciolse così come il Centro cattolico. A luglio Hitler poteva varare una legge che proclamava il partito nazionalsocialista come unico partito legale della Germania. Di fronte ad Hitler c’erano ancora due ostacoli: l’ala estremista del nazismo e la vecchia dx. Hitler decise di risolvere il problema nel modo più drastico e congeniale ovvero con un massacro che fece inorridire il mondo: nella notte del 30\6\1934 “la notte dei lunghi coltelli”, i reparti delle SS assassinarono Rohm assieme a tutto lo stato maggiore delle SA. Con la vittoria di Hitler in Germania, la crisi dei regimi e dei valori democratici subì una forte accelerazione. A partire dal 33 si assiste al rafforzamento delle tendenze dittatoriali militariste nei paesi soggetti ai regimi autoritari e alla nascita di nuove dittature monarchico-fasciste, alla crescita di movimenti estremisti\antisemiti. Anche nella Repubblica austriaca, il regime clericale e autoritario del cancelliere Dollfuss era minacciato dai nazisti locali che volevano l’annessione alla Germania. 14.5 Politica e ideologia del Terzo Reich Con l’assunzione della presidenza da parte di Hitler, scomparivano anche le ultime tracce del sistema repubblicano. Nasceva il Terzo Reich il cui capo era il Fuhrer a cui spettavano praticamente tutte le decisioni. La sua propaganda e la propaganda nazista si basava sul risvegliare sentimenti di ostilità vs gli ebrei la cui popolazione era ampiamente diffusa in tutta l’Europa centro- orientale. La discriminazione fu sancita nel settembre 1935 con le leggi di Norimberga che tolsero agli ebrei la nazionalità tedesca e gli furono tolte tutte le libertà possibili e immaginabili. Alla discriminazione reale si accompagnava l’emarginazione dalla vita sociale tanto che in molti abbandonarono la Germania. La persecuzione antisemita subì un’ulteriore accelerazione dal novembre 1938 quando, traendo come pretesto l’uccisione di un diplomatico tedesco a Parigi per mano di un ebreo, i nazisti organizzarono un grande pogrom in tutta la Germania: la notte fra 9 e 10\11\1938 fu chiamata la notte di cristalli per via delle molte vetrine di negozi appartenenti ad ebrei che furono infrante dai dimostranti. 14.7 Lo stalinismo, le grandi purghe, i processi Stalin nell’Urss assunse il ruolo di capo assoluto e per lui ogni critica assumeva il carattere di tradimento. La macchina del terrore indiscriminato iniziò a funzionare già negli anni del primo piano quinquennale e della collettivizzazione le cui vittime principali erano i contadini e tutti coloro che potevano essere accusati di ostacolare lo sforzo produttivo. Nel 1934 l’assassinio di Sergej Kirov fornì il pretesto per un’imponente ondata di arresti che colpirono largamente il gruppo dirigente comunista. Cominciava così la stagione delle grandi purghe per combattere traditori e nemici di classe. Milioni di persone, spesso nemmeno sapendo i motivi, vennero deportati in massa nei campi di lavoro disseminati nelle zone inospitali dell’Urss e che furono chiamati Lager, alla tedesca. 14.8 Le democrazie e i fronti popolari L’avvento al potere di Hitler diede un colpo definitivo all’equilibrio internazionale faticosamente costruito nella seconda metà degli anni ’20 che si era basato sulla sicurezza collettiva. La prima importante decisione del governo nazista in politica estera si ebbe nel 1933 col ritiro della delegazione tedesca dalla conferenza internazionale di Ginevra dove le grandi potenze cercavano di giungere ad un accordo sulla limitazione degli armamenti. Seguì pochi giorni dopo il ritiro della Germania dalla Società delle Nazioni. Così Hitler dimostrava chiaramente di non sentirsi legato al sistema di Locarno e agli impegni assunti dai governi precedenti. Anche l’Italia fascista si preoccupò delle mire espansionistiche tedesche. Quando in Austria nel luglio 1934 i gruppi nazisti tentarono di impadronirsi del potere e uccisero il cancelliere Dollfuss per realizzare l’unificazione tra Austria e Germania, Mussolini reagì facendo schierare 4 divisioni al confine italo-austriaco. Hitler non era pronto alla guerra e fece marcia indietro. Meno di un anno dopo, nell’aprile 1935, Hitler reintrodusse in Germania la circoscrizione obbligatoria vietata da trattato di Versailles. Di fronte a tale violazione, i rappresentanti di Italia, Francia e GB si riunirono a Stresa per ribadire la validità dei trattati e per riaffermare il loro interesse vs all’indipendenza dell’Austria. Mentre si faceva ciò, Mussolini stava già preparando l’aggressione all’Impero etiopico facendo iniziare il riavvicinamento tra Italia e Germania. Intanto la causa della sicurezza collettiva aveva trovato un nuovo e inaspettato sostegno nell’Unione Sovietica: fino al 1933 la sua linea in politica estera si ispirava ad una linea dura e spregiudicata: rifiuto dei trattati di Versailles, nessuna distinzione fra Stati fascisti e democrazie borghesi. I successi di Hitler indussero Stalin a intraprendere la strada della cooperazione internazionale. Nel settembre 1934 l’Urss entrò nella Società delle Nazioni e nel maggio 1935 stipulò un’alleanza militare con la Francia. Questa brusca svolta democratica portò al capovolgimento della linea seguita dal Comintern e dai partiti comunisti europei. Fu accantonata la tattica della contrapposizione frontale alle forze democratico-borghesi e alle socialdemocrazie che furono accusate di favorire il fascismo. Tale tattica andava a dividere la sx contribuendo s spianare la strada al nazismo in Germania. La nuova linea unitaria rinfrancò il movimento operaio abbattuto da diverse sconfitte e facendo rinascere la speranza che fosse possibile fronteggiare vittoriosamente il fascismo con l’unità fra tutte le forze di sx. Tali speranze si rivelarono illusorie: l’avvicinamento tra Urss e democrazie e il rilancio della politica di sicurezza collettiva non bastarono a fermare nel 1935 l’aggressione dell’Italia fascista all’Etiopia né poterono impedire che nella primavera 1936 Hitler violasse un’altra clausola di Versailles reintroducendo truppe tedesche nella Renania smilitarizzata. Nessuno intervenne e ciò incoraggiò Hitler. L’unico risultato concreto della politica dei fronti popolari fu quello di restituire un minimo di unità al movimento operaio europeo ridando alla sx la possibilità di assumere il governo nelle democrazie occidentali. Nel febbraio 1936, una coalizione di fronte popolare comprendente anche i comunisti vinse le elezioni politiche in Spagna. Nel maggio 1936 in Francia si aprì la strada alla formazione di un governo composto da radicali e socialisti e che era sostenuto dall’esterno dai comunisti che erano presieduti dal socialista Leon Blum. L’insediamento del primo governo socialista nella storia francese fu accompagnato da grandi manifestazioni di entusiasmo popolare. Gli operai dell’industria diedero vita a un’imponente ondata di scioperi e di occupazioni di fabbriche strappando il tutto a un padronato riluttante grazie alla mediazione del governo con la firma degli accordi di Palazzo Matignon del giugno 1936 che prevedevano aumenti salariali, riduzione della settimana lavorativa e concessione di 15gg di ferie pagate. Nella primavera 1938, mentre la situazione internazionale si deteriorava rapidamente, l’esperienza del fronte popolare francese potè considerarsi chiusa. 14.9 La guerra civile in Spagna Fra 1936 e 1939 la Spana fu sconvolta da una drammatica e sanguinosa guerra civile in cui si scontrarono democrazia e fascismo durante un momento di forti tensioni internazionali. Le sue origini vanno ricondotte ai contrasti che avevano lacerato il paese nella prima metà del 1930. Dopo la fine della dittatura di Primo de Rivera e la caduta della monarchia, la Spagna aveva attraversato un periodo di grave instabilità economica e sociale col succedersi di un fallito colpo di Stato militare nell’estate 32 e una violenta insurrezione anarchica nella regione delle Asturie nell’autunno 1934. Era l’unico paese al mondo in cui il maggiore sindacato (Cnt) era controllato da anarchici. Ma era anche uno degli stati in cui più si sentiva il peso dell’aristocrazia terriera ad evacuare la zona di Smirne che fu incendiata mentre i suoi abitanti fuggivano su navi britanniche e francesi. Così la Turchia vide riconoscersi la sua sovranità su tutta l’Anatolia riottenendo la Tracia orientale che le garantiva il controllo degli stretti. Contemporaneamente si avviava la trasformazione della Turchia in uno Stato nazionale laico. Nel novembre 1922 venne abolito il sultanato e proclamata la repubblica. Nel 1924 fu approvata una nuova costituzione e Mustafa Kemal fu proclamato presidente con poteri semidittatoriali e si impegnò a fondo in una politica di occidentalizzazione e laicizzazione dello Stati. L’esperimento di modernizzazione riuscì solo in parte ma fu da modello per molti paesi impegnati sulla strada dell’emancipazione dai vincoli coloniali. 16.3 Nazionalismo arabo e sionismo Il crollo dell’Impero ottomano fece sentire le sue conseguenze nelle regioni rimaste formalmente sotto la sua autorità ovvero nell’area compresa tra Turchia, parte del Mediterraneo, Mar Rosso e Golfo Persico che oggi chiamiamo Medio Oriente. Qui gli impegni contraddittori presi durante la guerra determinarono una situazione intricata. Il nazionalismo arabo in questi anni era ancora alla forma embrionale e principalmente legato al prestigio dei capi tribali. Nel 1915 uno di questi, quale Hussein Ibn Ali, emiro della Mecca e fondatore della dinastia Hashemita si accordò con i britannici promettendo l’appoggio per la creazione di un grande regno arabo indipendente in cambio di una collaborazione militare vs l’Impero ottomano. Però le vere intenzioni della GB in quest’area erano altre dato che doveva tenere conto degli interessi della Francia nella regione. Nel maggio 1916 francesi e britannici firmarono un patto segreto quale gli accordi di Sykes-Picot per la spartizione delle zone di influenza di tutta la zona fra la Turchia e l’Arabia 16.4 La Lotta per l’indipendenza in India Fra le grandi potenze coloniali, la GB fu quella che tra tutte si orientò vs il disorientamento della sua posizione imperiale mediante la concessione graduale di maggiori autonomie ai suoi possedimenti extraeuropei. Ciò si manifestò nell’area meridionale portando anche alla creazione di nuovi regni arabi e alla rinuncia al protettorato britannico sull’Egitto. Tappa importante di questo graduale processo di smobilitazione dell’Impero britannico fu dato dalla Conferenza imperiale che si tenne a Londra nel 1926 e in cui i dominions bianchi furono riconosciuti come comunità autonome ed eguali in seno all’Impero, unite dal comune vincolo di fedeltà alla Corona d’Inghilterra e “liberamente associate come membri del Commonwealth britannico”, cioè una libera federazione fra Stati per assicurare il mantenimento di legami economici fra GB e le sue ex colonie. Il processo di emancipazione si sentì maggiormente in India dove le aspirazioni all’indipendenza si erano già fatte sentire prima della 1GM trovando un canale di espressione nel Congresso nazionale indiano, organismo nato a fine 1800 e che nel 1920 divenne un vero e proprio partito politico. Intanto, in seno al Congresso, fra la popolazione di religione induista riscuoteva sempre più successo la predicazione del leader indipendentista Gandhi il cui metodo si basava su resistenza passiva e sulla non violenza. Alla crescita del movimento indipendentista, i britannici risposero alternando interventi repressivi a concessioni. Nel 1919 con il Government of India Act venne riconosciuto maggiore spazio agli indiani nei ranghi dell’amministrazione attuando un limitato decentramento e consentendo a una ristretta minoranza l’elezione dei propri organismi rappresentativi. 16.5 La guerra civile in Cina Per tutta la prima metà del 1900 la Cina fu sconvolta e paralizzata da una sanguinosa guerra civile. La Repubblica democratica creata con al rivoluzione del 1911 ebbe vita travagliata: il suo padre fondatore Sun Yat-sen, leader del Kuomintang fu costretto all’esilio dopo appena due anni di governo e il regime autoritario imposto dal generale Yuan Shi-kai nel 1913 non riuscì ad assicurare al paese tranquillità ed unità tant’è che il paese cadde in semi-anarchia. Il governo non aveva forza sufficiente né per imporre le sue autorità alle province né per opporsi alle mire egemoniche del Giappone. La scelta di entrare nel primo conflitto mondiale nell’agosto 1917 al fianco dell’intesa non servì a mutare la situazione. Alla conferenza di pace infatti, la Cina fu sacrificata poiché al Giappone fu riconosciuto il diritto di subentrare alla Germania. Tale ennesima umiliazione fece risvegliare l’agitazione nazionalista che si raccolse nuovamente attorno a Sun Yat-sen e al Kuomintang. Nel maggio 1919 iniziarono le prime proteste che si propagarono rapidamente in tutte le grandi città. La lotta iniziata vs il governo centrale da Sun Yat-sen che nel 1921 formò un proprio governo a Canton, ebbe anche l’appoggio del Partito comunista cinese, fondato sempre nel 21 da un gruppo di intellettuali influenzati dall’esempio della rivoluzione russa. L’alleanza fra nazionalisti e comunisti non sopravvisse alla morte di Sun Yat-sen poiché il suo successore Chiang Kai-shek dell’ala dx del Kuomintang era diffidente vs i comunisti. I contrasti si manifestarono nel 26 quando Chiang Kai-shek iniziò la campagna per scacciare il governo da pechino. Nell’aprile 1927 a Shangai le milizie operaie furono affrontate e sconfitte dalle truppe di Chiang Kai-shek. Il partito comunista fu messo fuori legge. Dopo ciò, cercò di riorganizzare l’economia e l’apparato statale con modelli di ispirazione occidentale. Nel 1931, traendo pretesto da un incidente di frontiera, i giapponesi invasero la Manciuria che era sotto il dominio cinese e vi crearono uno Stato-fantoccio doveva fare da base per un’ulteriore espansione nel continente. Decisiva per il Partito comunista fu la strategia di Mao Zedong che individuava nelle masse rurali il vero protagonista del processo rivoluzionario rovesciando la teoria marxista ortodossa in modo più radicale di Lenin. Nel 1931 fu fondata addirittura la “Repubblica sovietica cinese”. Costretto a combattere su due fronti, Chiang Kai-shek decise di dare la priorità alla lotta vs i comunisti e lanciò tra 1931 e 1934 varie campagne sanguinose vs le zone da loro controllate. Nell’ ottobre del 34 vi fu la lunga marcia con la quale Mao Zedong riuscì a salvare il nucleo dirigente comunista ricostruendo il partito proprio nelle zone in cui era più forte la minaccia giapponese. Nel 1937 si giunse ad un accordo sotto gli auspici dell’Urss tra comunisti e nazionalisti che costruirono un unico fronte vs il nemico giapponese. 16.7 L’Oriente in guerra Nel luglio 1937 uno scontro fra giapponesi e cinesi sul ponte Marco Polo a Pechino, diede al governo giapponese il pretesto per lanciare un attacco vs la Cina. Questa volta la resistenza cinese fu accanita ma ciò non bastò a compensare il dislivello militare tra i due continenti e il peso delle divisioni interne alla Repubblica cinese. A fine 1937, dopo pochi mesi dalla guerra, i giapponesi raggiunsero Nanchino che allora era capitale della Cina e la occuparono dopo un breve assedio. Per 6 settimane tra dicembre 37 e febbraio 38, gli occupanti infierirono sulla popolazione e i morti furono molti. La guerra vide fasi alterne e si caratterizzò dall’elevato nr di vittime civili date soprattutto dai bombardamenti giapponesi. Nell’estate del 39 il Giappone occupava buona parte della zona costiera, tutto il Nord-Est industrializzato e molte città importanti. Ma a questo punto le vicende della guerra cino-giapponese cominciarono a intrecciarsi con la 2GM. C.17 La seconda guerra mondiale 17.1 Le origini e lo scoppio della guerra Nell’estate 1939 lo scoppio di una nuova guerra fra le potenze europee era largamente atteso. Anche in tal caso la colpa maggiore fu della Germania hitleriana. Le democrazie occidentali si erano illuse nella conferenza di Monaco di aver placato la Germania con la cessione dei Sudeti ma già nell’ottobre 1938 Hitler aveva pronti i piani per l’occupazione della Boemia e della Moravia. L’operazione scattò nel marco 1939; mentre la Slovacchia si proclamava indipendente con l’appoggio dei tedeschi, Hitler dava vita al protettorato di Boemia e Moravia che era parte integrante del Grande Reich tedesco. La distruzione dello stato cecoslovacco fece cambiare atteggiamento alle potenze occidentali. Fra marzo e maggio 1939 GB e Francia diedero vita a un’offensiva diplomatica per contenere la politica aggressiva delle potenze dell’Asse stipulando patti di assistenza militare con i paesi direttamente minacciati dall’espansionismo tedesco. Il più importante riguardava la Polonia che faceva parte del piano di Hitler. L’alleanza tra GB, Francia e Polonia conclusa tra marzo e aprile costituì una risposta a queste minacce. La radicale contrapposizione tra Germania e anglo-francesi tolse ogni spazio di manovra all’Italia. Mussolini inizialmente cercò di contrapporre l’iniziativa di Hitler alla sua che consisteva nell’occupare nell’aprile 1939 il Regno di Albania per penetrare i balcani. Nel maggio 1939 Mussolini, convinto che l’Italia non potesse rimanere neutrale allo scontro, decise di accettare le pressanti richieste tedesche di trasformare il generico vincolo dell’Asse Roma- Berlino in una vera e propria alleanza militare chiamata patto d’acciaio. Esso stabiliva che nel momento in cui una delle due si fosse trovata in un conflitto per la qualsiasi causa, l’altra era obbligata a scendere al suo fianco. La principale incognita però era data dall’atteggiamento dell’Urss. Il 23\8\1939 i ministri degli Esteri sovietico e tedesco firmarono a Mosca un patto di non aggressione fra i due paesi e ciò rappresentò uno dei più grandi colpi di scena nella storia della diplomazia. In realtà si trattò di un gesto di spregiudicato realismo che portava a vantaggi per entrambe le parti. Il 1\9\1939 le truppe tedesche attaccarono la Polonia; il 3\9 GB e Francia dichiararono guerra alla Germania mentre l’Italia proclamò al non-belligeranza. 17.2 L’attacco alla Polonia Le prime settimane di guerra furono sufficienti alla Germania per sbarazzarsi della Polonia e per offrire al mondo un’impressionante dimostrazione della sua forza bellica. L’offensiva tedesca fu accompagnata da bombardamenti aerei e ciò fu un primo esempio di guerra-lampo, strategia che si basava sull’uso congiunto di aviazione e forze corazzate a cui era affidato il peso principale dell’attacco. A metà settembre 1939 le armate del Reich già assediavano Varsavia che capitolò a fine mese. Nel frattempo l’Urss, in base alle clausole del patto Molotov-Ribbentrop, si impadroniva delle regioni orientali del paese dopo aver invaso le 3 Repubbliche baltiche quali Estonia, Lettonia e Lituania che persero la loro indipendenza. Ad inizio ottobre finì ogni resistenza da parte dell’esercito polacco. Tedeschi e sovietici imposero nei territori sotto il loro dominio uno spietato regime di occupazione. La repubblica polacca smise di esistere dopo meno di 20 anni senza che gli alleati occidentali l’aiutassero. Nel frattempo il teatro di guerra si spostava nell’Europa del Nord dove l’Urss prese l’iniziativa attaccando il 30\11 la Finlandia che aveva rifiutato alcune rettifiche di confine. Nel marzo 1940 la Finlandia dovette cedere alle richieste sovietiche conservando però l’indipendenza. A questo punto fu di nuovo la Germania a cogliere tutti di sorpresa prevenendo ogni mossa anglo-francese nel Nord Europa lanciando il 9\4\1940 un improvviso attacco a Danimarca e Norvegia che caddero nelle mani della Germania. 17.3 La disfatta della Francia e la resistenza della GB I tedeschi attaccarono la Francia il 10/5/1940 e finì tutto in poche settimane a favore dei tedeschi poiché nonostante l'esercito francese era migliore, la sconfitta derivò dagli errori dei suoi capi che erano ancora legati alla concezione statica della guerra ed erano troppo fiduciosi delle fortificazioni difensive della linea Maginot che in realtà coprivano solo la frontiera franco-tedesca lasciando scoperto il confine col Belgio. Fu proprio da qui che i tedeschi iniziarono l'attacco violando la neutralità del Belgio mentre furono invasi anche Olanda e Lussemburgo. Tra il 12 e il 15 maggio i reparti corazzati tedeschi arrivarono nei pressi di Sedan. Le truppe tedesche puntarono Vs il canale della Manica chiudendo in una sacca i reparti francesi e belga nonché l'intero corpo di spedizione britannico. Un momentaneo arresto dell'offensiva consentì alle forze britanniche un difficile reimbarco a Dunkerque (29/5-4/6) la sosta tedesca era dovuta al timore degli alti comandi di aver spinto l’attacco troppo lontano dalle basi di partenza rischiando una controffensiva nemica. Comunque per i britannici la ritirata rappresentò la possibilità di continuare la lotta mentre per la Francia la sconfitta era ormai indiscussa. Il 14\6 i tedeschi entravano a Parigi. Oltre alle forze armate, stava cedendo anche la classe politica francese: il governo presieduto da Paul Reynaud fu costretto a dimettersi e fu sostituito da Philippe Pétain che aprì subito le trattative per l’armistizio che fu firmato il 22\6\1940 nello stesso luogo e nello stesso vagone in cui fu firmato nel novembre 1918 il documento che sanciva la sconfitta tedesca. Il crollo militare della Francia e l’avvento di Pétain segnò la fine della Terza Repubblica. Dal giugno 1940 la GB era rimasta sola a combattere vs la Germania e i suoi alleati, indi per cui Hitler era disposto a trattare a patto che gli fossero riconosciute le sue conquiste. Ogni possibilità di tregua era ostacolata dalla volontà di resistenza del popolo britannico e della sua classe dirigente di cui ispiratore fu Winston Churchill che fu chiamato nel maggio 1940 a guidare il nuovo governo di coalizione nazionale. A inizio luglio Hitler dava inizio all’operazione “Leone marino” per invadere la GB la cui premessa fondamentale era data dal dominio dell’aria che avrebbe consentito ai tedeschi di compensare la superiorità navale della GB. Per la prima volta si combattè una grande guerra aerea in cui per 3 mesi i tedeschi si accanirono sulla GB ma ad inizio autunno fu chiaro che nonostante le perdite subite, la GB non si era fatta piegare. 17.4 L’Italia e la “guerra parallela” Nell’estate 1939 l’italia fu colta di sorpresa dal precipitare della crisi internazionale e allo scoppio della 2GM annunciò la non belligeranza: l’inadempienza nel rispettare il patto d’acciaio si giustificava con l’impreparazione ad affrontare un conflitto armato ma nel maggio 1940 col crollo della Francia, Mussolini pensò che l’esito del conflitto era ormai deciso a favore dei tedeschi vincendo le resistenze di coloro che non volevano prendervi parte. Il 10\6\1940 dal balcone di Piazza Venezia il duce annunciò l’entrata in guerra dell’Italia vs Francia e GB. L’offensiva sulle Alpi sferrata il 21\6 in condizioni di superiorità si rivelò una catastrofe per la Francia il cui armistizio prevedeva solo qualche piccola modifica di confine. In modo simile andarono le cose in Africa settentrionale dove l’attacco lanciato in settembre dal territorio libico vs le forze inglesi in Egitto si arrestò per l’insufficienza dei mezzi corazzati. Mussolini dal canto suo era convinto di combattere una guerra parallela e non subalterna e quindi rifiutò l’aiuto della Germania nonostante le forze italiane non potessero farcela da sole. Nell’ottobre 1940 l’esercito italiano, partendo dall’albania attaccò improvvisamente la Grecia dove però trovarono una resistenza più dura del previsto tant’è che gli italiani furono costretti a ripiegare in territorio albanese. Nel dicembre 1940 i britannici passarono al contrattacco sul fronte libico e in poche settimane conquistarono l’intera Cirenaica infliggendo molti danni all’italia. Per evitare la definitiva cacciata dalla Libia, Mussolini fu costretto ad accettare l’aiuto tedesco. Nel marzo 1941 arrivarono le truppe tedesche e le truppe dell’Asse iniziarono una dura controffensiva che ad aprile portò alla conquista della Cirenaica. Ma nel frattempo l’ Africa orientale italiana stava cadendo nelle mani della GB tant’è che il 6\4\1941 fu occupata Addis Abeba in cui rientrò dopo pochi giorni il negus. Anche nei Balcani si Resistenza vs i tedeschi che stava nascendo nell’Italia occupata tant’è che le regioni del centro-nord divennero teatro di una guerra civile tra italiani. Nell’estate 1942 era sorto il Partito d’azione (Pda) mentre ad ottobre molti esponenti cattolici elaborarono il programma di una nuova formazione festinata a raccogliere l’eredità del Partito popolare quale la Democrazia cristiana (Dc). Subito dopo il 25\7\43 nacque il Partito liberale (Pli) e rinacquero il Partito repubblicano (Pri) e quello socialista col nome di Partito socialista di unità proletaria (Psiup). Sempre nell’estate 43 per iniziativa di Bonomi, nacque il Partito democratico del lavoro collegato alla tradizione della democrazia radicale prefascista. Fra 9 e 10 settembre del 43 i rappresentanti di 6 partiti si riunirono clandestinamente a Roma sotto la presidenza di Bonomi costituendo il Comitato di liberazione nazionale (Cln) incitando la popolazione alla lotta e alla resistenza. Però non avevano una base organizzativa stabile e nemmeno la forza per imporsi al governo Badoglio. Nell’ottobre 43 il governo dichiarò guerra alla Germania ottenendo per l’Italia la qualifica di “cobelligerante”. Tra Cln e governo del sud nacque un contrasto sulla sorte del re e dello stesso istituto monarchico. I vari contrasti che nacquero furono sbloccati nel marzo 1944 dal comunista Palmiro Togliatti che giunse in Italia dall’Urss dopo 20 anni di esilio; appena sbarcato a Napoli propose di accantonare ogni pregiudiziale vs il re o Badoglio per formare un governo di unità nazionale capace di concentrare le sue energie nella lolla vs il nazifascismo. La svolta togliattiana fu criticata da socialisti e azionisti e suscitò perplessità nel Pci. Ciononostante si formò il 24\4 il primo governo di unità nazionale presieduto da Badoglio con i rappresentanti del partito del Cln. Vittorio Emanuele 3 doveva farsi da parte delegando i suoi poteri al figlio Umberto e a guerra finita avrebbe deciso il popolo il da farsi. Nel giugno 1944 Umberto assunse la luogotenenza generale del Regno. Badoglio si dimise lasciando il posto a Bonomi. Riprendeva intanto, dopo la liberazione di Roma, l’avanzata alleata nelle regioni centrali. L’avanzata militare dei partigiani e le loro azioni divennero sempre più frequenti nonostante le continue rappresaglie tedesche di cui la più terribile fu quella a Marzabotto dove nel settembre 1944 furono uccisi 770 civili. Molte città tra cui i Firenze furono liberate con gli alleati. Nell’autunno 1944 l’offensiva sul fronte italiano si bloccò lungo la linea gotica e la Resistenza visse allora il suo momento più difficile soprattutto dopo il proclama firmato dal generale inglese Harold Alexander che nel novembre 1944 invitava i partigiani a sospendere le operazioni su vasta scala in attesa dell’ultima spallata prevista per il 1945. Lo scontro più grave si ebbe nel febbraio 1945 quando a Porzus 17 membri della Brigata Osoppo furono catturati e fucilati da un reparto di partigiani comunisti in quanto ritenuti ostacolo con la totale integrazione delle forze jugoslave di Tito. 17.12 La fine della guerra e la bomba atomica Nell’autunno 1944 la Germania si poteva considerare sconfitta anche perché il fronte dei suoi alleati vs l’Urss si stava sfaldando. Ad ottobre i sovietici e i partigiani jugoslavi liberarono Belgrado mentre gli inglesi sbarcavano in Grecia. Il territorio del Reich non era ancora stato toccato dagli eserciti stranieri ma era sottoposto a continui bombardamenti per colpire la produzione industriale, il sistema di comunicazioni e per demoralizzare il popolo tedesco. Molte città della Germania furono ridotte a cumuli di macerie ma Hitler si illuse fino all’ultimo di poter rovesciare la situazione grazie all’uso di armi segrete. Tutto ciò era infondato: nonostante l’accesa concorrenzialità manifestata nella grande alleanza, anglo-americani e sovietici tennero fede agli impegni assunti cercando accordi globali per sistemare l’Europa postbellica. Nella conferenza di Mosca dell’ottobre 1944, Churchill e Stalin abbozzarono una divisione in sfere d’influenza dei paesi balcanici cosa che però era in contrasto con le proclamazioni della Carta atlantica. I 3 grandi del tempo si incontrarono a Yalta in Crimea nel febbraio 1945 e qui stabilirono che la Germania sarebbe stata divisa in 4 zone di occupazione quali francese, britannica, statunitense e sovietica con misure di denazificazione e nel frattempo l’Urss si impegnava ad entrare in guerra vs il Giappone. Nel frattempo era già scattata l’ultima controffensiva che in poco tempo avrebbe portato alla caduta del Reich. A metà gennaio, dopo l’ultima efficace offensiva vs i tedeschi nelle Ardenne, gli anglo-americani riprendevano l’iniziativa sul fronte occidentale. I sovietici avevano conquistato Varsavia per poi attraversare tutto il territorio polacco. Nel frattempo crollava anche il fronte italiano: il 25\4 mentre gli alleati sfondavano la linea gotica, il Cln lanciava l’ordine di insurrezione generale vs il nemico in ritirata e i tedeschi abbandonavano Milano. Mussolini fu catturato mentre tentava di scappare in Svizzera e fucilato dai partigiani il 28\4\1945 assieme ad altri gerarchi e alla sua amante. I loro cadaveri furono appesi a testa in giù per alcune ore a piazzale Loreto a Milano. Il 30\4 mentre i sovietici entravano a Berlino, Hitler si suicidò lasciando la presidenza del Reich all’ammiraglio Karl Donitz che offrì subito la resa agli alleati e il 7\5\1945 a Reims fu firmato l’atto di capitolazione delle forze armate tedesche. Restava aperto solo il fronte del pacifico. Nell’estate 1945 gli americani attaccarono il Giappone che era ormai isolato e sottoposto a continui bombardamenti ma ancora convito di combattere con estremo accanimento usando l’azione dei kamikaze sulle navi avversarie. Il nuovo presidente americano Harry Truman decise allora di impiegare vs i giapponesi la nuova arma totale quale la bomba atomica. La decisione di Truman serviva ad abbreviare la guerra ma voleva anche dimostrare al mondo la potenza militare americana. Il 6\8\1945 un bombardiere sganciava la prima bomba atomica su Hiroshima e il 9\8 su Nagasaki. Il 15\8\, dopo che l’Urss aveva dichiarato anch’esso guerra al Giappone, l’imperatore Hirohito offrì agli alleati la resa senza condizioni. Così il 2\9\1945 finiva la 2GM. C.18 L’età della guerra fredda 18.1 La nascita dell’Onu La 2GM portò a diverse perdite senza precedenti: l’entità dello sterminio colpì molto le coscienze collettive e conferirono una nuova dimensione all’orrore della guerra e a ciò contribuì un duplice trauma quali l’apparizione della bomba atomica e le rivelazioni dei crimini nazisti. Da tutto ciò nacque la volontà di rifondare su basi più stabili il sistema delle relazioni internazionali tant’è che nacque l’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) principalmente su iniziativa americana a San Francisco tra aprile e giugno 1945 e si presentava come prolungamento del patto delle Nazioni Unite che aveva legato gli Stati in lotta vs le potenze dell’Asse. L’Onu si ispira ai principi della Carta atlantica ma con l’impronta di 2 diverse concezioni quali l’utopia democratica di Wilson e l’approccio realistico di Roosevelt. Parallelamente fu necessario aggiornare e codificare il diritto internazionale includendo il settore penale in modo da colpire gli Stati ma anche i singoli individui e per questo a guerra finita gli alleati istituirono tribunali militari per giudicare i crimini della 2GM. I processi che ne seguirono come quello di Norimberga (45-46) vs i capi nazisti e quello di Tokyo (46-48) vs i dirigenti giapponesi si conclusero con diverse condanne a morte. A guerra ancora in corso, con gli accordi di Bretton Woods del luglio 1944 fu creato il Fondo monetario internazionale con lo scopo di costruire un adeguato ammontare di riserve valutarie mondiali cui gli Stati membri potessero attingere in caso di necessità per assicurare la stabilità fra le monete ancorandoli tanto all’oro quanto al dollaro. 18.2 I nuovi equilibri mondiali La guerra segnò un mutamento irreversibile negli equilibri internazionali. Le antiche grandi potenze si resero ben presto conto di non poter più mantenere le proprie posizioni di dominio: in particolare, la GB avviò un graduale ritiro dalle responsabilità mondiali mentre l’Europa perse la sua centralità. Il ruolo egemonico restò in mano a USA e URSS. A partire dal 1941 USA e Urss avevano combattuto assieme vs le potenze fasciste offrendo il contributo più importante all’alleanza hitleriana e nell’ultimo anno di guerra avevano provato insieme a gettare le basi di un nuovo ordine internazionale basato sulla creazione dell’Onu. Ma proprio in quella fase erano emerse delle fratture tra i futuri vincitori. Glu Usa puntavano alla ricostruzione economica al fine di far valere la loro egemonia mentre l’Urss pretendeva una grossa punizione per gli stati aggressori nonché adeguate riparazioni. Tutto ciò si traduceva per l’Urss nella richiesta di spingere le proprie frontiere il più possibile a Ovest e di non avere regimi ostili negli stati confinanti. Gli alleati occidentali erano in parte disposti a concedere ciò poiché un po' tutti volevano creare un nuovo ordine europeo. Nell’aprile 1945 Roosevelt morì pochi mesi dopo essere stato eletto per la quarta volta e con lui tramontò il grande disegno di cooperazione fra Occidente e Urss. Il successore di Roosevelt fu Harry Truman che sin da subito si mostrò meno aperto alle istanze di Stalin ed era anche abbastanza diffidente agli alleati occidentali. Il principale banco di prova del contrasto fu l’Europa orientale: nei paesi occupati dall’Armata Rossa le possibilità che l’ influenza sovietica si affermasse erano nulle. Per imporsi in un contesto ostile, l’Urss non trovò altro mezzo che puntare sui partiti comunisti locali per portarli in spregio a qualsiasi principio democratico. I contrasti emersero chiaramente già nella conferenza che si tenne a Postdam presso Berlino fra luglio e agosto 1945. Sei mesi dopo, nel marzo 1946 Churchill pronunciò a Fulton negli Usa un discorso che ebbe una grande risonanza in cui denunciava il comportamento dei sovietici in Europa orientale. Stalin ricapitolò dando a Churchill del guerrafondaio paragonandolo a Hitler. Infatti i lavori della conferenza di pace che iniziarono a Parigi nel luglio 1946, si interruppero 3 mesi dopo senza che su molti punti fossero raggiunte conclusioni definitive fra Urss, Polonia e Germania: l’Unione Sovietica incamerava le ex Repubbliche baltiche, parte della Polonia dell’est e della Prussia orientale mentre la Polonia a sua volta si rifaceva a ovest a spese della Germania, portando il suo confine alla linea segnata dai fiumi Oder e Neisse. La conferenza di Parigi fu l’ultimo attimo della cooperazione postbellica fra Urss e potenze occidentali. Tra 1946 e 1947 i contrasti aumentarono e gli Usa si dichiararono pronti a intervenire militarmente in sostegno di quei paesi che si sentissero minacciati da nuove mire espansioniste dell’Urss. L’equilibrio Usa-Urss si trasformò in un rapporto conflittuale tra due superpotenze che avrebbero dato origine a un nuovo sistema bipolare su cui si contrapponevano il blocco occidentale che riconoscevano l’egemonia degli Usa e il blocco orientale guidato dall’Urss e che si basava su comunismo ed economia pianificata. Iniziò così la guerra fredda che si combattè non sui campi di battaglia bensì con le armi dell’ideologia e della propaganda dei due rispettivi blocchi. 18.3 Ricostruzione e riforme Fra la situazione dell’Europa occidentale e quella dei paesi dell’est c’era una grande differenza: mentre il controllo sovietico si esercitava con messi coercitivi, quello degli Usa assumeva le forme di egemonia culturale. Spesso il mito americano sembrava incarnare le speranze di benessere di molti europei che erano costretti a confrontarsi con la difficile ricostruzione post bellica. Sul piano concreto gli Usa si impegnarono massicciamente per rilanciare le economie dei paesi europei. Nel giugno 1947 fu lanciato un programma chiamato European Recovery Program, meglio conosciuto come piano Marshall. Fra 1948 e 1951 il piano riversò sulle economie dell’Europa occidentale 12 miliardi di dollari tra prestiti e aiuti materiali. Negli Usa il presidente Truman fu rieletto nel 1948 e rimase fedele all’eredità del New Deal incrementando i programmi di assistenza anche se il suo programma quale il Fair Deal si proponeva di portare avanti la politica riformista rooseveltiana, si realizzò solo in parte per via delle resistenze del Congresso. L’abolizione dei controlli sulle attività industriali e il forte deficit del bilancio statale provocarono un forte aumento del costo della vita. A ciò seguì un’ondata di rivendicazioni e agitazioni operaie a cui il congresso rispose approvando nel 1947 una legge conservatrice e antisindacale che limitava la libertà di sciopero nelle industrie di interesse nazionale. Invece in Francia, nazionalizzazioni e politiche sociali furono varate dal governo provvisorio di De Gaulle fra 1944 e 1945 e dai governi successivi. Nel 1946 inoltre, fu varato un piano quadriennale quale il piano Monnet di ispirazione liberista di fondo con aspetti di carattere rifondatore e dirigistico. Il caso più emblematico fu quello della GB dove nelle elezioni del luglio 1945, Churchill fu battuto dai laburisti di Clement Attlee. Il nuovo governo nazionalizzò le industrie elettriche e carbonifere, la siderurgia e i trasporti mentre introdussero anche salario minimo e SSN. Furono così gettate le basi del Welfare State. 18.4 L’Urss e le democrazie popolari Il lancio del piano Marshall da un lato facilitò la ripresa economica europea ma dall’altro irrigidì la contrapposizione della guerra fredda. Infatti i destinatari del piano erano tutti i paesi europei, compresi quelli dell’est ma i sovietici respinsero gli aiuti del progetto e imposero altrettanto all’Europa orientale. Per coordinare l’azione dei partiti “fratelli”, Stalin decise, nel settembre 1947, la formazione del Cominform cioè una versione su scala ridotta della Terza Internazionale. Caso a parte fu la Cecoslovacchia, paese economicamente e socialmente sviluppato che in politica estera seguiva una linea non ostile all’Urss e in cui i comunisti avevano ottenuto la maggioranza relativa nelle libere elezioni del maggio 1946. Il governo formatosi in seguito alle elezioni era guidato dal comunista Klement Gottwald e si fondava sull’alleanza fra i partiti di sx ma la coalizione si ruppe a inizio 48 quando si trattò di decidere se accettare o meno gli aiuti del piano Marshall. Ancora più diversa fu la situazione in Jugoslavia dove i comunisti guidati da Tito si imposero da soli al potere con ampio uso della violenza vs i loro avversari. Fu la forza della leadership jugoslava a consentire al regime di superare\soffocare i tradizionali conflitti etnico1religiosi. La rottura con l’Urss si ebbe nel giugno 1948 quando si manifestarono le ambizioni jugoslave di svolgere un ruolo-guida fra i paesi balcanici perseguendo la via autonoma dello sviluppo industriale. Accusati da Stalin di collusione e imperialismo, i comunisti jugoslavi furono espulsi dal Cominform. Così la dirigenza jugoslava resistette alle pressioni sovietiche iniziando a sperimentare una linea di autonomia in politica estera basata sull’equidistanza fra i due blocchi e una nuova linea in politica economica per risanare la già difficile situazione. Dalla fine della guerra la Germania era stata divisa in 4 zone di occupazione: la capitale Berlino, posta nel territorio dell’Urss, fu a sua volta divisa in 4 zone. Saltata ogni possibilità di dialogo con i sovietici, Usa e GB avviarono nel 1947 l’integrazione delle loro zone introducendo una nuova moneta e liberalizzando l’economia anche con gli aiuti del piano Marshall. Di fronte a ciò, Stalin reagì con la prova di forza del blocco di Berlino. Nel giugno 1948 i sovietici chiusero gli accessi alla città impedendo rifornimenti e l’Europa sembrò essere di nuovo in procinto di un conflitto che però non ci fu. Gli americani organizzarono un ponte aereo per rifornire la città finchè nel maggio 1949 i sovietici tolsero il blocco i quanto inefficace. Nello stesso mese furono unificate tutte le 3 zone della Germania occidentale proclamando la Repubblica federale tedesca con capitale Bonn e i sovietici risposero con la creazione della Repubblica democratica tedesca con capitale a Pankow. Così terminò la divisione dell’Europa in 2 blocchi. Nell’aprile 1949 Berlino era ancora in crisi e a Washington fu firmato il patto atlantico, ovvero un’alleanza difensiva fra i paesi dell’Europa occidentale, gli Usa e il Canada e nacque così la Nato. Nel 1955 a seguito dell’adesione tedesco-occidentale alla Nato, l’Urss rispose stringendo con i paesi satelliti un’alleanza quale il patto di Varsavia. 18.5 Rivoluzione in Cina, guerra in Corea Mentre in Europa il confine tra due blocchi si andava stabilizzando, il confronto si stava spostando tra mondo capitalistico e mondo comunista nel mondo asiatico in concomitanza con le vicende della guerra civile che si quale il Vietcong che era guidato da comunisti. Preoccupati della prospettiva comunista in Indocina, gli Usa inviarono nel Vietnam del sud un contingente di consiglieri militari. Sotto la presidenza Johnson, la presenza degli Usa in Vietnam compì un salto qualitativo trasformandosi in intervento bellico. Nell’estate 1964, in risposta all’attacco subito da 2 navi da guerra statunitensi nel Golfo del Tonchino, il presidente ordinò il bombardamento di alcuni obiettivi militari in Vietnam del nord. In seguito i bombardamenti divennero sistematici. Nonostante la dilatazione militare americana, non riuscirono a fermare la lotta dei Vietcong né a piegare la resistenza nordvietnamita che era aiutata da Russia e Cina. Così l’esercito americano entrò in crisi. A inizio 68 i Vietcong lanciarono vs le principali città del Sud una grande offensiva; nel marzo Johnson decise di sospendere i bombardamenti sul Nord e annunciò la sua intenzione di non ripresentarsi alle elezioni di quell’anno. Il suo successore fu il repubblicano Richard Nixon che iniziò le negoziazioni con il Vietnam del nord e con i rappresentanti del Vietcong riducendo progressivamente l’impegno militare americano. Solo nel gennaio 73 americani e nordvietnamiti firmarono a Parigi un armistizio che prevedeva il graduale ritiro delle forze Usa anche se dopo l’inizio del ritiro, la guerra andò avanti ancora per due anni fino a quando il 30\4\1975 i Vietcong e le truppe nordvietnamite entrarono a Saigon, capitale del Sud mentre i membri del governo americano abbandonavano la città. Mentre gli Usa si logoravano in Vietnam, l’Unione sovietica doveva nuovamente confrontarsi con le inquietudini dei paesi satelliti dell’Europa orientale. Il gruppo dirigente salito al potere dopo l’allontanamento di Kruscev era guidato da Breznev e accentuò la repressione su ogni forma di dissenso. In politica estera, la linea della coesistenza con l’occidente non fu mai messa in discussione ma ci si rifece al più deciso riarmo che andò a scapito dei cittadini. Fu ribadito anche il vincolo di subordinazione che legava allo Stato-guida i paesi satelliti dell’europa orientale. Solo la Romania con a capo Nicolae Ceausescu riuscì a conquistare una certa autonomia. Nel gennaio 1968 salì alla segreteria del Partito comunista cecoslovacco Aleksander Dubcek, leader dell’ala innovatrice che varò un programma per conciliare il mantenimento del sistema economico socialista con l’introduzione di elementi di pluralismo economico\politico. Fra la primavera e l’estate 68, la Cecoslovacchia visse una stagione di radicale rinnovamento politico e di grande fermento intellettuale. L’esperienza cecoslovacca del 68 era sempre più controllata dai comunisti tant’è che il 21\8\1968 i reparti coalizzati dell’Urss e di altri paesi del Patto di Varsavia occuparono Praga e il resto del paese. C.19 La decolonizzazione e il Terzo Mondo 19.1 La crisi degli imperi coloniali Per oltre 40 anni dalla conclusione della 2GM fino agli anni 80, la scena internazionale fu dominata dal confronto bipolare fra i due blocchi a guida americana sovietica. Si aggiunse anche un processo di rapida e profonda trasformazione che ebbe per protagonisti i paesi asiatici e africani sino ad allora rimasti fuori dai circuiti del potere mondiale; anche se formalmente indipendenti erano soggetti all’influenza delle potenze maggiori. Preparato tra le 2 GM, il processo di decolonizzazione ricevette la spinta decisiva dal secondo conflitto mondiale: nei fronti extraeuropei i gruppi nazionalisti si impegnarono a fianco dell’uno o dell’altro schieramento e a guerra finita, rimasero mobilitati politicamente e militarmente per battersi vs il dominio coloniale. La decolonizzazione si compì mediante vicende alterne che risentirono sia della natura dei nazionalismi locali, sia della consistenza numerica della decolonizzazione bianca, sia delle politiche europee. La GB avviò nella maggior parte dei casi un ritiro graduale dalle colonie e i popoli furono preparati all’indipendenza mediante la concessione di Costituzioni e organismi rappresentativi. Invece la Francia oppose resistenza ai movimenti indipendentisti praticando fino all’ultimo la politica assimilatrice che pretendeva di riunire madrepatria e colonie in un’unica grande compagine politica concedendo ai popoli una formale parità di diritti. 19.2 L’indipendenza dell’India Fra le 2 GM era cresciuto in India un forte movimento indipendentista organizzato nel Partito del Congresso sotto al guida di Gandhi. Durante la 2GM molti indiani avevano contribuito allo sforzo bellico britannico mettendo in campo un esercito volontario impegnato su più fronti. Allo stesso tempo, il Partito del Congresso guidato nel 1941 da Jawaharlal Nehru, aveva continuato a promuovere il movimento di resistenza non violenta vs la dominazione britannica. A guerra finita, si aprirono i negoziati per il trasferimento della sovranità che si conclusero nell’agosto 1947. Ma l’esito fu diverso da quello sperato da Gandhi che chiedeva uno stato laico in cui tutti potessero convivere. Cos’ la componente musulmana reclamò la creazione di un proprio stato, cosa accordata nell’agosto 1947 quando nacquero 2 stati quale l’Unione indiana e il Pakistan musulmano. 19.3 Le guerre d’Indocina In tutto il sud-est asiatico il processo di emancipazione si scontrò\intrecciò vs le forze “nazionaliste” alleate con l’occidente e con i movimenti comunisti. In confronto ebbe diversi esiti. In Birmania e Malesia, entrambe colonie britanniche prevalsero le forze nazionaliste e la guerriglia comunista fu sconfitta mentre in Indonesia il movimento nazionalista guidato da Ahmed Sukarno ottenne l’indipendenza nell’Olanda del 1949 cercando di seguire una politica autonoma rispetto ai due blocchi e resistendo alle pressioni. nel regno di Thailandia le forze moderate mantennero il potere in un alternarsi di regimi militari e governi civili. Nelle Filippine fu concessa l’Indipendenza nel 1946 ma gli Usa conservarono diversi privilegi economici e militari nonostante le guerriglie dei comunisti e dei gruppi separatisti musulmani. Una netta prevalenza di comunisti si ebbe negli stati nati dalla dissoluzione dell’impero francese in Indocina. Nel Vietnam i comunisti avevano assunto un ruolo preminente nella Lega per l’Indipendenza che era stata istituita nel 1941 per combattere la dominazione francese. Nel 1945, Ho Chi-minh proclamò nella capitale Hanoi l’indipendenza dalla Francia e la nascita della Repubblica democratica del Vietnam ma i francesi non riconobbero il nuovo stato e occuparono la parte meridionale del paese. Nel 1946 iniziò un lungo scontro tra francesi e le forze del Vietminh che logorarono gli avversari con una sanguinosa guerriglia: il conflitto si concluse nel maggio 1954 quando la piazzaforte di Dien Bien Phu in cui si trovava il grosso delle forze francesi e che fu costretto a capitolare dopo 3 mesi di assedio. Gli accordi di Ginevra del luglio stesso sancirono il ritiro dei francesi da tutta la penisola indocinese e la divisione provvisoria del Vietnam in due Stati: uno comunista a Nord e l’altro filo-occidentale a Sud. A questo punto la crisi indocinese veniva a inserirsi nel contrasto est-ovest portando i germi del conflitto che si sarebbe concluso con la storica sconfitta degli Usa. 19.4 Il mondo arabo e la nascita di Israele Da inizio 1900 si era sviluppato un movimento arabo nazionale in lotta vs la dominazione turca e vs l’influenza europea. Già nel corso della grande guerra, le vicende di tale movimento si erano intrecciate con quelle delle potenze coloniali e con i loro tentativi di subentrare nel controllo dell’area del sofferente impero ottomano. A guerra finita, le potenze “mandatarie” decisero di rinunciare ai loro possessi mediorientali tentando però di mantenere egualmente qualche forma di controllo appoggiandosi ai regimi monarchici e conservatori che loro stesse avevano contribuito a insediare. Così nel 1946 la GB riconobbe l’Indipendenza della Transgiordania e la Francia ritirò le sue truppe da Siria e Libano. L’Iraq aveva ottenuto l’indipendenza dai britannici già nel 1932 e insieme a Egitto, Arabia Saudita e Yemen formarono nel 1945 la Lega degli Stati Arabi per la cooperazione politica ed economica. Mancava da sistemare solo la questione Palestina che era stata assegnata alla GB nonostante fosse contesa fra stati arabi ed ebrei. Durante la Guerra, la pressione del movimento sionista per la creazione di uno stato ebraico si fece sempre più forte e il loro diritto fu ancor più legittimato quando l’opinione pubblica venne a sapere quel che era accaduto agli ebrei però non era facile. La GB si tirò fuori dal conflitto e il governo annunciò che avrebbe ritirato le sue truppe dalla palestina alla mezzanotte del 15\5\1948 e rimise alle Nazioni Unite il compito di trovare una soluzione. Così l’Onu approvò un piano di spartizione in due Stati che però non fu accettato dagli arabi. Nel maggio 1948 gli ebrei proclamarono la nascita dello Stato di Israele e gli stati della Lega araba reagirono attaccando militarmente. L’esito dello scontro sembrava scontato date le sproporzioni ma la prima guerra arabo-israelita (maggio 48- gennaio 49) si risolse con una disfatta per gli arabi. Con la guerra del 48 lo stato ebraico si ingrandì rispetto al piano di spartizione arrivando ad occupare anche la parte occidentale di Gerusalemme. 19.5 L’Egitto di Nasser e la crisi di Suez La disastrosa sconfitta subita nella guerra vs Israele contribuì a radicalizzare le correnti nazionaliste e a far crescere nel mondo arabo il risentimento vs l’occidente: qui confluivano tanto la componente tradizionalista quanto quella laica\nazionalista. Formalmente indipendente dal 1922, l’Egitto era retto da un regime monarchico strettamente legato alla GB che manteneva sul paese una sorta di protettorato e conservava assieme alla Francia il controllo sulla Compagnia del Canale di Suez. Nel luglio 1952 la monarchia fu rovesciata da un colpo di stato militare e il potere fu assunto da un “Comitato di ufficiali liberi” guidato da Mohammed Neguib e da Gamal Abdel Nasser. Nel 1954 Nasser allontanò il più moderato Neguib e si impose come unico leader del paese instaurando di fatto una dittatura personale. Il nuovo regime avviò subito diverse riforme di tipo socialista promuovendo l’industrializzazione mentre in politica estera Nasser si propose come guida nella lotta dei paesi arabi vs Israele ed ottenne lo sgombero delle truppe britanniche dalla zona del Canale stipulando accordi con l’Urss per aiuti economici e militari. In risposta a ciò, gli Usa bloccarono il finanziamento da parte della Banca Mondiale della grande diga di Assuan sull’Alto Nilo che serviva per l’elettrificazione del paese e per l’irrigazione dei paesaggi desertici. Nasser allora rispose nazionalizzando la Compagnia del Canale di Suez e nacque così un’ampia crisi internazionale. Nell’ottobre 1956 l’intesa coi governi di Londra, Parigi e Israele attaccò l’Egitto e lo sconfisse penetrando nella penisola del Sinai mentre i reparti francesi e inglesi occupavano la zona del Canale. A far fallire l’operazione fu l’atteggiamento di Usa e Urss. Tale crisi sancì simbolicamente la fine dell’era coloniale e la perdita di peso delle potenze che ne erano state protagoniste, GB e Francia. L’effetto più immediato fu il rafforzamento della posizione egiziana. Nel 1958, Nasser annunciò la fusione fra Egitto e Siria in una Repubblica araba unita ma il progetto fallì in pochi anni. 19.6 L’indipendenza del Maghreb Sia Marocco che Tunisia, dove la Francia esercitava il suo dominio in forma di protettorato e dove c’erano forme di limitato autogoverno, avevano visto nascere a inizio 1900 forme di movimenti indipendentisti. Nel dopoguerra questi movimenti furono guidati da forze di ispirazione nazionalista e laica. Nel 1956 i francesi dopo aver cercato di reprimere questi movimenti, si rassegnarono a concedere la piena indipendenza a entrambi i paesi. Più drammatica era la situazione per la lotta di liberazione in Algeria in cui la presenza francese aveva radici più profonde. La colonia algerina era a tutti gli effetti una provincia dello Stato francese. Gli algerini musulmani erano cittadini francesi dal 1945 ma non godevano di pieni diritti politici e non erano rappresentati dal Parlamento di Parigi. A partire dal 1954 il movimento nazionalista algerino si organizzò nel Fronte di liberazione nazionale guidato da Mohammed Ben Bella; era un’organizzazione clandestina radicata nelle città. Iniziò così uno scontro che avrebbe assunto il valore di un modello per i movimenti rivoluzionari delle ex colonie anche per il ruolo svolto dalle donne. Lo scontro finì nel 1957 con la battaglia di Algeri che durò quasi 9 mesi e in cui vinsero i francesi. Nel maggio 1958 la minaccia di un colpo di stato da parte dei militari e dei coloni più oltranzisti provocò la crisi della Quarta Repubblica favorendo il ritorno di De Gaulle che ben presto comprese che la causa “Algeria francese” era perduta ed agì con determinazione per far uscire il paese da una guerra difficile e costosa. Si apriva così la strada per l’indipendenza algerina che fu sancita con gli accordi di Evian del marzo 1962. Di ispirazione nazionalista fu la rivoluzione che nel 1969 depose la monarchia in Libia portando al potere i militari guidati da Muhammar Gheddafi il cui regime si caratterizzò in seguito per il tentativo di realizzare una speciale versione del socialismo islamico e per il dinamismo della sua politica estera che lo portò ad appoggiare i movimenti di guerriglia antioccidentali e a inserirsi nei conflitti dei paesi africani creando permanenti tensioni. 19.7 Le guerre arabo-israeliane Dopo la crisi di Suez del 1956, il Medio oriente continuò a rappresentare un pericoloso focolaio di tensione sia a livello nazionale che internazionale. Nel 1967 Nasser proclamò la chiusura del Golfo di Aqaba, unico sbocco israeliano sul Mar Rosso stringendo un patto militare con la Giordania. Gli israeliani risposero sferrando il 5\6 un attacco preventivo vs Egitto, Giordania e Siria. La guerra durò appena 6 giorni ma l’esito fu decretato da subito con la distruzione dell’intera aviazione egiziana. Così l’Egitto perse la penisola del Sinai e la Giordania perse tutti i territori della riva occidentale del Giordano mentre la Siria perse le alture del Golan. Nel 1970 Nasser Morì e il suo successore quale Anwar Sadat cercò di dare alla politica egiziana un’impronta più realistica e meno condizionata dall’ideologia: decisero di recuperare il Sinai preparando il confronto con Israele. Il 6\10\1973 le truppe egiziane investirono di sorpresa le linee israeliane sul Canale di Suez arrivando nel Sinai mentre i siriani attaccavano nel Golan. Israele riuscì a respingere gli attaccanti passando all’offensiva penetrando in territorio egiziano. Con la mediazione degli Usa, la guerra di concluse senza vincitori né vinti mentre furono gravi le conseguenze a livello internazionale. 19.11 Dittature e populismi in America Latina In Brasile negli anni 30 si era sviluppato il primo esperimento di governo populista dell’America Latina quale quello di Getulio Vargas: rovesciato nel 1945 dai militari, Vargas tornò al potere nel 1950 ma si scontrò con difficoltà analoghe a quelle di Peròn in Argentina. Nel 1954 Vargas si suicido. I suoi successori adottarono una politica di non allineamento nelle relazioni internazionali e rilanciarono i progetti di industrializzazione e modernizzazione senza però riuscire a cancellare gli squilibri. Nel 1964 ci fu un colpo di Stato appoggiato dagli Usa che riportò al potere i militari che a loro volta imposero una svolta autoritaria basata sulla repressione. In questo quadro di debolezza generale, è importante la questione di Cuba il cui regime dittatoriale di Fulgencio Batista fu rovesciato nel gennaio 1959 dopo una guerriglia iniziata 3 anni prima sulle montagne della Sierra Maestra da un movimento rivoluzionario guidato da Fidel Castro. Castro avviò subito una riforma agraria che colpiva il monopolio esercitato dalla United Fruit Company sulla coltivazione della canna da zucchero che era la principale risorsa dell’isola. Gli Usa ebbero un atteggiamento ostile e I 5 anni della prima legislatura repubblicana (48-53) segnarono il periodo di max egemonia della Democrazia cristiana sulla vita politica nazionale. La dc mantenne sempre l’alleanza con i partiti laici minori appoggiando la candidatura alla presidenza della Repubblica di Luigi Einaudi che fu eletto nel maggio 48 e associò ai suoi governi sempre presieduti da De Gasperi, rappresentanti di Pli, Pri e Psdi. Questa fu la formula del centrismo che vedeva una dc forte occupare il centro dello schieramento politico lasciando fuori dalla maggioranza sia la sx socialcomunista sia la dx monarchica\neofascista. L’iniziativa più importante fu quella della riforma agraria del 1950 che prevedeva esproprio e frazionamento di parte delle proprietà terriere in ampie aree geografiche del mezzogiorno. La riforma comunque non servì a contenere il fenomeno di emigrazione dalle campagne che sarebbe iniziato a fine 1950. Le riforme varate dai governi centristi furono fortemente avversate dalla dx: gli stessi liberali si ritirarono dal governo nel 50 poiché contrari alla riforma agraria mentre le sx continuarono a condurre vs i governi De Gasperi un’opposizione dura che era motivata dallo stato di disagio in cui versavano le classi lavoratrici. Costretti a fronteggiare la pressione della sx e minacciati dalla crescita della dx, De Gasperi e i suoi alleati tentarono nell’imminenza delle elezioni del 53 di rendere inattaccabile la coalizione centrista mediante una modifica dei meccanismi elettorali assegnando il 65% dei seggi alla Camera ai partiti apparentati ottenendo la metà più uno dei voti. Il sistema sembrava costruito su misura per la maggioranza: da qui le violente polemiche che accompagnarono la discussione in Parlamento della riforma elettorale che le sx ribattezzarono come legge truffa. La legge fu approvata nel marzo 53 ma nelle elezioni che si tennero in giugno, la coalizione di governo fu sconfitta: Dc e i suoi alleati persero consensi a favore di monarchici e neofascisti. Il premio di maggioranza non scattò e la legge fu abrogata. Uscito di scena De Gasperi che si dimise nel 53 per poi morire nel 54, i successivi governi a guida democratica continuarono ad appoggiarsi sull’esigua maggioranza centrista che era rafforzata dall’apporto di voti monarchici e neofascisti anche se vi furono comunque delle novità sia nelle istituzioni che in economia. Vi fu nell’aprile 56 l’insediamento della corte costituzionale che avrebbe svolto un ruolo importante nell’adeguare la vecchia legislazione ai principi costituzionali e nel far cadere alcune fra le norme più autoritarie varate nel periodo fascista. Due anni dopo, nel 58, si sarebbe insediato il consiglio superiore della magistratura, anch’esso previsto dalla costituzione. Dopo le elezioni presidenziali del 55 in cui vinse il democristiano di sx Giovanni Gronchi, iniziavano a delinearsi importanti mutamenti negli scenari politici nazionali a lungo bloccati nelle contrapposizioni della guerra fredda. Passaggio importante è dato dalle ripercussioni dei fatti d’Ungheria del 56: mentre Pci approvò l’intervento sovietico, il Psi lo condannò: fu Pietro Nenni a guidare la svolta autonomista con cui il Psi si rendeva disponibile a collaborare con la Dc e i partiti laici. Si crearono così le premesse politiche per un’apertura a sx. 20.7 Il centro-sx e le riforme Nella primavera del 60 il presidente del Consiglio incaricato Fernando Tambroni, non riuscendo a trovare l’accordo con socialdemocratici e repubblicani, formò un governo monocolore comporto solo da democristiani cosa che suscitò le proteste dei partiti laici e della stessa sx della Dc i cui rappresentanti si dimisero dal governo. La tensione esplose a fine giugno quando il Msi fu autorizzato a tenere il suo congresso nazionale a Genova nonostante l’opposizione delle forze democratiche cittadine. La decisione suscitò una rivoluzione popolare: per 3 giorni (30\6-2\7\1960) operai e militanti dei partiti di sx si scontrarono duramente con la polizia che cercava di garantire lo svolgimento del congresso. Alla fine il governo cedette e il congresso fu rinviato. Per superare la crisi, fu formato un nuovo governo monocolore presieduto da Fanfani che ottenne nell’agosto 60 l’astensione dei socialisti nel voto di fiducia aprendo così la stagione politica del centro sx. La nuova alleanza fu sancita dal congresso della Dc che si tenne nel 62 grazie alle azioni di Aldo Moro che riuscì a far accettare la svolta a gran parte del suo partito. Tra le riforme di questi anni c’è la nazionalizzazione dell’industria elettrica del novembre 62 con la creazione dell’Enel; nel dicembre 62 fu approvata la legge di riforma che istituiva la scuola media unica. Nel frattempo aumentavano i contrasti nella maggioranza che esplosero con le elezioni dell’aprile 63 quando vinsero i liberali e ciò suscitò l’accentuazione delle resistenze moderate in seno alla Dc andando ad inasprire le divisioni interne del Psi. Un governo organico di centro sx si formò solo nel dicembre 63 sotto la presidenza di Moro e nacque con basi più moderate rispetto al precedente governi Fanfani. A partire dal 53 il processo di riforme fu bloccato anche per il manifestarsi dei primi segni di sofferenza dell’economia che suggerivano una politica più cauta mentre era sempre più forte il peso delle forze ostili al centro sx. in realtà gli ostacoli più seri venivano dall’interno della coalizione governativa e dall’esigenza della Dc di mantenere unito il composito fronte in cui le istanze di rinnovamento erano minori rispetto al peso dei gruppi moderati che avevano accettato a malincuore la politica di centro sx. nell’atteggiamento della Dc agivano anche la visione solidaristica della politica e del rifiuto ideologico di scelte radicali che erano tipici del modo di operare di un leader come Moro che risolveva i contrasti con compromesso e mediazione. C. 21 La civiltà dei consumi 21.7 Critica del consumismo e contestazione giovanile Come tutti i processi di trasformazione, anche l’avvento della civiltà di massa e il boom dei mass media suscitarono dibattiti tar gli intellettuali. Inoltre, a partire dagli anni 60 si diffuse un atteggiamento di rifiuto ideologico nei confronti della civiltà dei consumi che era accusata di sostituire allo sfruttamento economico tradizionale, una forma più subdola e raffinata di dominio realizzato mediante pubblicità e mass media sottoponendo tutti alla tirannia tecnologica diffondendo un benessere illusorio ottenuto a spese del Terzo Mondo. La denuncia del consumo nelle società sviluppate si unì al terzomondismo fornendo una base teorica ai fenomeni di contestazione giovanile che si diffusero a metà degli anni 60 cioè al culmine della fase di crescita economica. La contestazione ebbe inizio negli Usa e trovò eco tra i figli del Boom economico, cioè tra i giovani nati nel dopoguerra. La protesta si espresse inizialmente come rifiuto delle convenzioni come gli Hippies che crearono una cultura alternativa in cui confluivano la non violenza e la religiosità orientale. In seguito le rivolte assunsero caratteri politici i cui centri propulsori furono le università e anche in questo caso il fenomeno partì dagli Usa dove vi fu l’occupazione dell’Università di Berkeley in California nel 64 e che si intrecciò con le proteste vs la guerra del Vietnam e col movimento vs la segregazione raziale. A differenza delle rivolte studentesche, il movimento di mobilitazione dei neri esplose fra 65 e 67 con le rivolte dei quartieri poveri e che si ispiravano all’ideologia rivoluzionaria del Black Pover. A partire dal 66-67 con apice nel 68 (l’anno degli studenti), la rivolta giovanile si estese nei maggiori paesi occidentali. In Francia vi fu l’episodio più clamoroso di tutta la stagione delle lotte studentesche: a inizio maggio 68 il quartiere latino di Parigi fu teatro di una guerriglia violenta i cui protagonisti erano gli studenti vs la polizia. Il 68 divenne così un mito che lasciò segni profondi nella società occidentale rilanciando il mito di una trasformazione rivoluzionaria della città in cui si sarebbero in seguito riconosciute le generazioni successive. 21.8 Il nuovo femminismo L’ondata di contestazioni si accompagnò a un rilancio di forme più radicali della questione femminile che nacque inizialmente come fenomeno minoritario ai primi del 900 quando si lottava per l’emancipazione politica per la parità fra i sessi. A inizio della 2GM molte delle loro battaglie potevano considerarsi vinte però solo sulla carta. Ma la questione che più di tutte premeva era sul diritto di famiglia e quindi si trattava anche di dover effettuare una battaglia culturale per sconfiggere i vecchi stereotipi. Questa problematica nacque con la nascita di una nuova corrente femminista nata negli Usa a metà degli anni 60 i cui testi base sono quelli di Betty Friedan, Kate Millett e Juliet Mitchell. Negli anni 70 il movimento delle donne allargò ovunque il suo seguito perdendo le sue punte più aggressive mentre assisteva a divisioni interne. Da una parte si insisteva sulla parità con l’uomo mentre dall’altra si tornava a rivendicare la specificità femminile mediante la rivalutazione dei tratti tipici delle donne. 21.9 Chiesa e società: il Concilio Vaticano II I cattolici costituivano ancora negli anni 60 la più numerosa comunità di credenti ma questo mondo era preoccupato dal progressivo declino delle pratiche religione tradizionali nelle aree industrializzate dove si stava affermando una mentalità tipicamente materialista mentre si diffondevano costumi contrari agli insegnamenti della chiesa. Questi furono gli anni in cui il mondo cattolico fece proprio il principio di libertà religiosa. Il nuovo corso ebbe inizio con Papa Giovanni 23 che salì al soglio nel 58 dopo la morte di Pio 12. A differenza del predecessore, egli cercò di rilanciare il ruolo ecumenico della Chiesa instaurando un dialogo con le realtà esterne\ostili al mondo cattolico. La svolta di Giovanni 23 si ritrova in 2 encicliche quali la Mater et Magistra del 61 e la PAcem in Terris del 63. L’atto più importante di questo papa fu la convocazione di un Concilio ecumenico, il Vaticano II col quale la chiesa ne uscì rinnovata sia nell’organizzazione interna sia nella liturgia. Fu ribadita l’importanza delle sacre scritture come prima rivelazione e fu affermata la necessità di dialogo con le altre chiese. C.22 Anni di cambiamento 22.1 La fine dell’ Età dell’oro: la crisi petrolifera A inizio anni 70 si blocca il ciclo espansivo dell’economia mondiale che ebbe conseguenze traumatiche sotto ogni punto di vista e la cui svolta fu segnata da due eventi. Il primo nell’agosto 1971 con la scelta degli Usa di sospendere la convertibilità del dollaro in oro. Ciò era il segno più evidente delle difficoltà economiche americane che non era più in grado di garantire il cambio di una grande massa di dollari circolante nel mondo e portò inevitabilmente a disordini nel sistema monetario internazionale. Più grave fu la decisione presa dai principali paesi produttori di petrolio nel novembre 73 in seguito alla guerra arabo-israeliana di quadruplicare il prezzo della materia prima. Lo shock petrolifero colpì tutti i paesi industrializzati e soprattutto quelli che dipendevano quasi esclusivamente dalle importazioni per il proprio fabbisogno energetico. Ciò fu il fattore scatenante di una crisi economica importante ance se meno lunga e violenta di quella degli anni 30. Ovunque fra 74 e 75 la produzione industriale registrò un brusco calo per poi riprendere a crescere nel 76 ma con ritmi più lenti. In questo caso la crescita dell’inflazione accompagnava una generale recessione produttiva. A subire gli effetti della crisi più di tutti fu il modello del Welfare State che cominciò a mostrare chiari segni di difficoltà. L’avvento al potere dei conservatori in GB con Margaret Thatcher e l’elezione alla presidenza Usa del repubblicano Ronald Reagan furono anche il prodotto del mutamento politico e cultuale. 22.3 Crisi ideologiche e terrorismo In questi anni si assiste nell’Europa occidentale all’esplosione del terrorismo politico attuato da piccoli gruppi clandestini fortemente militarizzate; Brigate Rosse in Italia, Frazione dell’Armata rossa in Germania e Action directe in Francia. Esse agivano sulla base di parole d’ordine ispirate a una versione estremizzata del marxismo-leninismo andando a colpire con gesti esemplari vs personaggi\istituzioni che ai loro occhi si identificavano col sistema da abbattere. I gruppi terroristici italiani e tedeschi avevano pochi riscontri nelle masse lavoratrici e furono sconfitti tra gli anni 70 e 80 prima politicamente e poi sul piano dell’azione repressiva con l’arresto dei loro componenti. Ma il terrorismo come fenomeno internazionale non scomparve mai del tutto e si espresse tramite azioni sanguinose di cui la più grave e sanguinosa si ebbe il 13\5\1981 quando Papa Giovanni Paolo 2 fu ferito in piazza san Pietro dal terrorista turco Ali Agce che fu da precursore per il terrorismo fondamentalista islamico dei decenni successivi. 22.4 Gli Stati Uniti: da Nixon a Reagan Negli anni 70 gli Usa attraversarono una delle fasi più difficili della loro storia per via dell’instabilità del dollaro, dei fallimenti in Vietnam e dei problemi politici interni. Il repubblicano Ricard Nixon pose fine all’impegno militare in Vietnam ma nel 74 fu travolto da uno scandalo legato alla campagna elettorale: il caso Watergate secondo il quale lui e alcuni suoi collaboratori avevano condotto un’operazione di spionaggio ai danni del Partito democratico e per questo Nixon fu costretto a dimettersi. Il suo successore fu il democratico Jimmy Carter che cercò di promuovere una politica fondata sul riconoscimento del diritto di autodeterminazione e sulla difesa dei diritti umani in ogni parte del mondo. Il colpo di grazia Carter lo ebbe con le vicende della rivoluzione iraniana tant’è che nelle elezioni dell’80 fu sconfitto da Ronald Reagan con un programma liberista ce si basava sulla riduzione delle tasse e della spesa pubblica promettendo di adottare una politica estera più dura nei confronti dell’Urss. Il successo di Reagan si dovette anche al buon andamento dell’economia che fra 83 e 86 riprese a marciare a pieno ritmo grazie allo sviluppo dei settori di punta. 22.5 L’unione sovietica: da Breznev a Gorbacev Tra la fine degli anni 60 e i primi anni 80l’Urss vide accentuarsi il declino economico\politico in atto da tempo col settore agricolo inefficiente che costrinse il paese a importate grandi quantitativi di cereali dall’occidente; un apparato industriale invecchiato che si orientava principalmente vs obiettivi militari e una burocrazia invasiva e soffocante. Si inasprì in questa fase l’attività repressiva vs gli intellettuali dissidenti. Nel 1975 l’Urss partecipò assieme ad al 35 paesi alla conferenza di Helsinki sulla sicurezza e cooperazione in Europa sottoscrivendo gli accordi finali che garantivano il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà politiche fondamentali. Proprio in questi anni l’Urss riuscì ad approfittare della debolezza degli Usa per avvantaggiarsi nella corsa agli armamenti ampliando la sua sfera di influenza in tutti i continenti. Ciò riacutizzò le tensioni internazionali la cui fase fu chiamata seconda guerra fredda che culminò a fine degli anni 70 nella decisione sovietica di installare nuovi missili a media gittata puntati vs l’Europa. Un intervento militare pagato a caro prezzo fu quello attuato dall’Urss in Afghanistan dove, per imporre nel paese un governo federale alle loro direttive, l’Urss mandò a fine 1979 un contingente di truppe che si scontrò per 10 anni vs l’accanita resistenza dei gruppi guerriglieri islamici. La svolta per l’Urss e per l’intero mondo comunista arrivò inaspettata a metà degli anni 80. Nel 1985 dopo la morte di Breznev, salirono al potere Yuri Andropov e Konstantin Cernenko mentre la segreteria del Pcus fu assunta da Gorbacev. Quest’ultimo si mosse subito per l’introduzione di radicali novità nella politica sovietica sia sul piano interno sia su quello internazionale. In politica economica legò il suo nome alle riforme proponendo interventi per introdurre nel sistema socialista degli elementi di economia di mercato; nel 1988 si fece promotore di una nuova costituzione che lasciava Fra 98 e 99 la posizione di Clinton fu minacciata dalle accuse relative alla sua vita privata e dai modi in cui raccolse fondi per la campagna elettorale. Queste accuse non fecero in ogni caso calare la popolarità di Clinton. Nel novembre 2000, scaduto il secondo mandato di Clinton, le elezioni presidenziali si risolsero in un pareggio fra il democratico Al Gore e il repubblicano George W Bush, figlio dell’altro Bush. Vinse ovviamente G.W. Bush che da subito si mostrò conservatore volendo attuare una politica neoisolazionista che però non fu possibile per via dell’attentato alle torri gemelle l’11\9\2001. C. 25 Il nodo del Medio Oriente 25.1 Un’area contesa Dopo queste vicende, uno dei fattori che più influì sulle tensioni fu la rinascita del fondamentalismo islamico che si basava sulla rigida interpretazione rigida del Corano per reislamizzare la società e che chiamava i musulmani alla jihad (guerra santa) vs infedeli ed eretici. 25.2 La pace fra Egitto e Israele Per quanto concerne il conflitto arabo-israeliano, nuove prospettive di soluzione sembravano aprirsi nella seconda metà degli anni 70, soprattutto per iniziativa del presidente egiziano Anwar Sadat. All’indomani della guerra del Kippur, fu nuovamente evidente la debolezza degli stati arabi e Sadat si convinse della necessità di far uscire il paese dalla guerra trovando una soluzione di pace. La premessa per la svolta fu il riavvicinamento agli Usa: nel 74-75 Sadat accentuò un clamoroso rovesciamento di alleanze espellendo i tecnici sovietici dall’Egitto e congelando i rapporti tra Urss in modo da imprimere alla sua politica un orientamento filo-occidentale. Nel novembre 1977 il presidente egiziano andò a Gerusalemme dove formulò la sua offerta di pace. Il governo israeliano guidato dal leader della dx nazionalista Menachem Begin accolse la proposta e si aprirono i negoziati diretti fra le due parti con la mediazione dell’americano Carter. Nel settembre 78 Begin e Sadat si incontrarono negli Usa dove sottoscrissero l’accordo di Camp David che prevedeva la pace fra i due paesi e che sarebbe stato firmato alla casa bianca nel marzo 79. L’Egitto ottenne la restituzione del Sinai. 25.4 La guerra del Golfo Nell’agosto 1990 Saddam Hussein, dittatore dell’Iraq invase il confinante Emirato del Kuwait proclamando l’annessione alla repubblica irachena. Ciò fu subito condannato dalle nazioni unite che decretarono l’embargo nei confronti dell’aggressore mentre gli Usa mandavano in Arabia Saudita un corpo di spedizione per difendere gli Stati arabi e costringere Hussein al ritiro. A ciò si unirono diversi stati tra cui l’Unione sovietica di Gorbacev. A fine novembre il Consiglio di sicurezza dell’Onu approvava con maggioranza una risoluzione che imponeva all’Iran di ritirarsi dal Kuwait entro il 15\1\1991 autorizzando in caso contrario, l’impiego della forza. Tra 16 e 17\1 la forza multinazionale scatenò un violento attacco aereo vs gli obiettivi militari in Iraq e Kuwait occupato. Saddam rispose lanciando missili con testate esplosive sulle città dell’Arabia saudita e Israele minacciando il ricorso ad armi chimiche. Ottenuto lo scopo principale e ufficiale dell’intervento, il presidente George Bush decise di arrestare l’offensiva della forza multinazionale per evitare complicazioni diplomatiche e gli Usa risultarono così vincitori. 25.5 La questione palestinese Gli accordi di Camp David del 78 prevedevano ulteriori negoziati per un regolamento globale nella regione e per la soluzione del problema palestinese ma non furono mai avviati. L’ostacolo principale venne dagli Usa e dall’Olp che denunciarono il tradimento dell’Egitto rifiutando ogni trattativa col nemico storico. Successivamente a partire dalla prima metà degli anni 80 gli Stati Arabi “moderati” e la dirigenza Olp assunsero una posizione più morbida e si dissero disposti a trattare con Israele e a riconoscerne l’esistenza in cambio del suo ritiro dai territori occupati dove sarebbe dovuto sorgere uno Stato palestinese. La tensione crebbe quando a partire dall’87 i palestinesi dei territori occupati diedero vita a una lunga e diffusa rivolta vs gli occupanti che reagirono con una dura repressione. Tutto ciò giovò alla causa del movimento palestinese. I riflessi dell’ultimo avvenimento si erano fatti sentire anche in Libano dove l’Olp aveva trasferito le sue basi dopo il settembre nero del 70. Dal 75 il Libano entrò in uno stato di cronica e sanguinosa guerra civile la cui situazione si aggravò ulteriormente dopo che l’esercito israeliano nell’estate 82 invase il paese spingendosi fino a Beirut per cacciare le basi Olp. La forza multinazionale fu ritirata nell’84 dopo vari attentati vs i contingenti americani e francesi. Il Libano rimase da allora in continua guerra e che avrebbe poi fornito alla Siria il pretesto per intervenire militarmente nel paese imponendovi un protettorato. Nell’ottobre 1991, grazie agli sforzi di Bush fu convocata a Madrid la prima sessione di una conferenza di pace sul medio oriente in cui i rappresentanti del governo israeliano incontrarono delegazioni dei paesi confinanti e gli esponenti palestinesi dei territori occupati. Ulteriore spinta al processo di pace venne nel giugno 92 dalla vittoria del Partito laburista nelle elezioni politiche israeliane. La svolta si ebbe nel 93 quando Rubin e il primo ministro degli esteri Shimon Peres prese la decisione di trattare direttamente con l’Olp approfittando della disponibilità di un Arafat indebolito per l’appoggio fornito a Saddam Hussein durante la guerra del Golfo e isolato nello stesso mondo arabo. Il 13\9\1993 l’accordo fu sottoscritto a Washington da Rabin e Arafat sotto gli auspici di Bill Clinton. Nel 94 nacque l’Autorità nazionale palestinese. C.26 Declino e crisi della Prima Repubblica 26.1 Contestazioni e riforme La fine degli anni 60 fu caratterizzata in Italia da una radicalizzazione dello scontro sociale i cui protagonisti furono gli studenti e la classe operaia. La mobilitazione degli studenti universitari ebbe inizio nel 67 per poi crescere nel 68 e portò all’occupazione delle università. Ciò in Italia si caratterizzò per una più accentuata connotazione marxista e rivoluzionaria per poi assumere posizioni sempre più ostile vs il sistema capitalistico e della cultura borghese. In questa fase si diffonde anche l’operaismo che fu il tratto distintivo di alcuni gruppi politici che nacquero tra 68 e 70. Nel complesso, le lotte universitarie e operaie trovarono pochi sbocchi politici in un sistema rigido e poco dinamico. Nelle elezioni di maggio 68 non furono modificati i rapporti di forza tra i partiti ma nel dicembre 70 fu introdotto in Italia l’istituto del divorzio mentre nel 78 fu approvata una legge che disciplinava l’aborto. A cogliere i frutti politici di questa situazione fu il Pci che nel 68 si era distanziato dall’Urss e nel 73 il segretario di partito Enrico Berlinguer sostenne la necessita di un compromesso storico, cioè un accordo di un lungo periodo tra comunisti, socialisti e cattolici. 26.3 Terrorismo e “solidarietà nazionale” Con le elezioni del giugno 76 iniziò la breve stagione dei governi di solidarietà nazionale che si basavano su maggioranze allargate anche del Pci. In questa fase si sentono il terrorismo di dx (nero) e quello di sx(rosso) che avevano modi diversi di operare. Quello di dx si caratterizzavano da attentati in luoghi pubblici per diffondere panico nel paese. L’immagine di uno stato debole e minato dalla corruzione politica più il terrorismo di dx portarono alla nascita del terrorismo di sx che si basava sull’azione armata per mobilitare e rovesciare il sistema capitalistico e lo Stato borghese. Ai primi attentati isolati vs fabbriche o sedi di partito seguirono tra 72 e 75 seguirono sequestri di dirigenti industriali e magistrati. Nel 76 con l’uccisione del procuratore generale di Genova Francesco Coco e di 2 suoi uomini della scorta, si arrivò all’assassinio programmato. A inizio 77 un nuovo movimento di studenti diede luogo all’occupazione di università e a violenti scontri di piazza in cui per la prima volta si usarono armi da fuoco. Bersaglio per eccellenza fu la sx tradizionale. Nel 78 le Brigate rosse attuarono un ambizioso progetto: il 16\3, giorno della presentazione di parlamento di un nuovo governo monocolore democratico presieduto da Andreotti, un commando brigatista rapì Aldo Moro uccidendo 5 suoi uomini di scorta. A seguito di questa giornata seguirono 55 giorni di attesa e polemiche. Il 9\5\1978 Moro fu ucciso e il suo cadavere abbandonato nel bagagliaio di un’auto in una strada nel centro di Roma. Ciò evidenziò la gravità del terrorismo. Nel complesso, la politica di solidarietà nazionale non portò a risultati adeguati mentre continuavano a verificarsi episodi di cattiva gestione\ corruzione politica. Gli scandali arrivarono a toccare la presidenza della Repubblica costringendo alle dimissioni nel giugno 78 Giovanni Leone accusato ingiustamente di connivenze con gruppi affaristici. Al suo posto fu eletto Sandro Pertini mentre il nuovo corso impresso da Craxi alla politica socialista creando le condizioni per una ripresa dell’alleanza fra Psi e partiti del centro. Nel 79 il Pci abbandonò la maggioranza. 26.4 Politica, economia e società negli anni 80 I risultati delle elezioni del 79 e quelli delle consultazioni del giugno 83 fecero registrare mutamenti nel panorama politico. Il Pci registrò una forte perdita di consensi mentre la Dc fu sconfitta nelle elezioni dell’83. Il Pci, nonostante il dinamismo di Craxi e del nuovo gruppo dirigente, raccolse risultati deludenti. La novità più importante si ebbe al vertice dell’esecutivo: per la prima volta dopo il 45, la Dc cedette la guida del governo al repubblicano Giovanni Spadolini e dopo le elezioni dell’83 a Bettino Craxi. Tra gli eventi politici più significativi di questi anni c’è il concordato con la Santa Sede dell’84 che ritoccavano le clausole del 29. In generale, l’esperienza Craxi capo del governo durata fino all’87 si caratterizzò per il tentativo di potenziare il ruolo del presidente del consiglio affermando una più decisa presenza dell’Italia nella politica internazionale. A inizio anni 80 si verificò anche un profondo mutamento degli assetti politico-sociali legati all’esaurirsi della spinta a sx di fine anni 70. Nell’autunno 80 i sindacati subirono la loro prima grave sconfitta dopo l’autunno caldo del 69 nella vertenza apertasi con Fiat sul problema della riduzione della manodopera. Mentre il Pci appoggiò gli operai in sciopero, la Fiat riuscì a imporre le proprie scelte di razionalizzazione produttiva e l’allontanamento dei responsabili di violenze in fabbrica e tutto ciò portò alla marcia dei quarantamila nell’ottobre 80 a Torino. Da ciò iniziò il ridimensionamento del ruolo del sindacato. Il sistema economico italiano manifestò nel decennio 80-90 una vitalità notevole anche grazie alla cosiddetta crescita dell’economia sommersa che si adattava alle esigenze di mercato. Il fenomeno della corruzione politica rivelò anche un altro inquietante volto a inizio degli anni 80 con lo scandalo della Loggia P2, una specie di branca segreta della Massoneria ben inserita nel mondo politico, nella burocrazia e nei vertici militari. Lo scioglimento della loggia, decretato già nell’81 dal governo Spadolini non cancellò l’immagine di una concessione fra alcuni settori della classe politica e malavita comune. L’episodio più drammatico di tutto ciò fu nel settembre 82 con l’assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. 26.5 La crisi del sistema politico La fine della lunga emergenza terroristica non restituì credibilità e popolarità a un ceto politico che sembrava bloccato sull’instabile equilibrio fra Dc e Psi. L’accordo che nell’85 consentì l’elezione alla presidenza della Repubblica del democristiano Francesco Cossiga evitò il riproporsi dei contrasti fra Psi e Dc. Si arrivò così alla primavera 87 con la crisi del governo Craxi quando, tra l’altro, apparirono nuovi gruppi estranei ai partiti tradizionali come la Lega Nord sotto Bossi. 26.6 Una difficile transizione Usiamo il termine Seconda Repubblica per indicare l’assetto politico-istituzionale italiano degli anni 90 quando crollarono i vecchi partiti e si rinnovò la classe politica. La nascita del nuovo sistema incontrò degli ostacoli che si consumarono nel giro di 2 anni. Segnali negativi venivano anche dall’economia: a partire dal 90 la crescita del decennio precedente si interruppe per via della competizione sui mercati internazionali mentre l’inflazione restava alta rispetto alla media europea. Sul piano politico, la prima importante novità fu la trasformazione del Pci in Partito democratico della sx la cui decisione avrebbe dovuto sbloccare la principale forza di opposizione ponendo le premesse per una ricomposizione della sx italiana nel segno del riformismo democratico. Sul versante opposto si consolidavano nel nord le posizioni della Lega Nord. Nel 92 ci furono nuove elezioni che portarono alcune novità: i Dc vennero sconfitti mentre il Psi subiva una leggera flessione mentre videro un successo le forze politiche nuove. All’indomani delle elezioni, veniva ucciso Giovanni Falcone mentre il Parlamento elesse alla presidenza della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Da alcuni mesi un grave scandalo stava investendo diversi politici accusato di aver preteso e ottenuto tangenti per la concessione di appalti pubblici. L’inchiesta “Mani pulite” avviata dalla magistratura milanese svelava un grande sistema di finanziamento illegale definito “Tangentopoli” i cui destinatari principali erano i partiti della maggioranza. Fra 92 e 93 molti esponenti politici tra cui Bettino Craxi furono costretti ad abbandonare le responsabilità di partito e un anno dopo Andreotti fu accusato da alcuni pentiti di collusione con la mafia. Il nuovo governo preceduto dal socialista Giuliano Amato entrò in carica a fine giugno 92. Restava aperto il problema della legge elettorale che si risolse il 18\4\1993 quando i cittadini approvarono a grande maggioranza il quesito che introduceva il sistema maggioritario uninominale al Senato. All’indomani del referendum, Amato rassegnò le dimissioni e il presidente della Repubblica chiamò il governatore della Banca d’Italia Carlo Azelio Ciampi che formò il governo muovendosi al di fuori delle logiche partitiche. Il nuovo esecutivo si impegnava a favorire il varo di una riforma elettorale che recepisse il principio maggioritario indicato dal referendum e prometteva di seguire l’opera di risanamento delle finanze pubbliche. 26.7 La “rivoluzione maggioritaria” L’elemento di maggior novità in questa fase fu l’ingresso in politica di Silvio Berlusconi che nel gennaio 94 annunciò la sua discesa in campo con l’obiettivo di arginare un successo delle sx per ricompattare uno schieramento moderato ormai disperso. In pochi mesi Berlusconi fondò un proprio partito quale Forza Italia che si presentava con un programma di ispirazione liberale pur unendo a sé con una doppia alleanza elettorale la Lega Nord e l’Alleanza nazionale nel Centro-sud. Le elezioni politiche del 27-28\3\1994 decretarono il successo di Berlusconi che ottenne la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera. Nel maggio 94 Berlusconi formò il nuovo governo con gli alleati della Lega, di Alleanza nazionale, del Ccd e di altri esponenti di centro. Nel gennaio 1995 Lamberto Dini formò un esecutivo di tecnici con l’obiettivo di contenere la spesa pubblica e portare in tempi brevi il paese a nuove elezioni. I tempi però si prolungarono e il governo Dini divenne sempre più espressione del centro-sx. all’indomani delle nuove elezioni, Dini si dimise nel dicembre 95 e i 2 schieramenti principali si riorganizzarono. La novità più importante fu la nascita
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