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Il mondo in questione - Jedlowski, Sintesi del corso di Sociologia

Riassunto del libro "Il mondo in questione" (Capitoli 1 - 7, 11, 12)

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 12/08/2020

Alessandra_Capra97
Alessandra_Capra97 🇮🇹

4.1

(25)

11 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Il mondo in questione - Jedlowski e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! Il Mondo in Questione Le origini del pensiero sociologico 1.Il mondo moderno e le origini della sociologia La sociologia è una disciplina del tutto autonoma nata con la modernità. Spesso, e a volte non si sa nemmeno il perché, si tende a far iniziare l’epoca moderna con la scoperta dell’America avvenuta nel 1492. Questa data rappresenta lo spartiacque di due mondi completamente diversi, l’inizio di una nuova era di conquiste, di commerci, di sviluppi economici e di scoperte scientifiche e tecnologiche. Attraverso lo sguardo dei sociologi, la modernità è nata in un contesto particolare in cui vi furono due grandi rivoluzioni che hanno fatto la storia: la Prima Rivoluzione Industriale, una rivoluzione essenzialmente economica e tecnologica avvenuta a partire dalla seconda metà del 1700 in Inghilterra, e la Rivoluzione Francese, una rivoluzione di tipo politico e istituzionale avvenuta verso la fine del secolo. La rivoluzione francese nasce in Francia ma comprende tutta la parte occidentale dell’Europa. La società prima della Rivoluzione francese era una società stratificata e gerarchizzata e la piramide è una classica immagine che la sociologia e le scienze sociali utilizzano per fotografare la stratificazione sociale (particolari contesti e storici e geografici):  Re e i suoi funzionari  Aristocratici e nobili  Clero  Militari  Artigiani, Commercianti, Contadini, Plebe La stratificazione piramidale che tutt’oggi è usata, fa vedere molto bene che il potere è in mano a una classe ristretta e la maggioranza della popolazione si trova in una condizione di vita molto bassa, medio – bassa o arginale. La società europea e francese del 600 e del 700 ha questa stratificazione dentro la quale si viene a formare una classe sociale: la borghesia. Essa però non coincide con il ristretto gruppo che sta attorno al re, ma è una classe sociale che si forma all’interno della vita sociale sia grazie alla rivoluzione scientifica – culturale sia grazie agli stimoli della rivoluzione industriale. È la classe che Saint Simon chiama dei produttori, la classe attiva che produce rispetto ai funzionari, all’aristocrazia, la classe degli “oziosi”, la classe che non produce. La classe borghese inizia a muoversi dentro la sfera privata, in cui i cittadini possono portare avanti le loro credenze morali e religiose e i propri usi e costumi, senza dare problemi alla sfera pubblica dove i cittadini erano obbligati a sottostare agli ordini del re, nei circoli dove si forma l’opinione pubblica, nei circoli letterali, gruppi 1 commerciali. Qui inizia a farsi spazio l’idea dell’autonomia e dell’intrapresa della libertà dei diritti, l’idea di destituire il potere basato sulla religione e sulla tradizione. La borghesia fa propria l’idea dei diritti, dell’emancipazione, dell’intrapresa e che opera in questa direzione in quanto è la classe dell’intrapresa economica, dell’iniziativa, dei commercianti. La borghesia immette l’idea di un nuovo tipo di legittimazione del potere, fondato in modo razionale sull’idea di legge, sull’idea di governanti eletti dal popolo. Così come queste idee sono nate dalla classe borghese anche i principi della rivoluzione francese sono nati dalla stessa classe (libertà, uguaglianza e fratellanza). Entrambe le rivoluzioni citate rappresentano l’accelerazione della storia inaugurando una successione di trasformazioni sociali e materiali. Il desiderio di studiare forme di vita sociale deriva dalla consapevolezza di questo mutamento ed è per questo che si inizia a studiare la società quando essa non può più essere data per scontata. La società cambia in modo rapido e continuo e pone così il problema di comprendere le ragioni e le direzioni di questo cambiamento per poterlo controllare. Per comprendere ancora meglio la modernità si fa uso di un altro processo ritenuto fondamentale: lo sviluppo del concetto di scienza. La scienza è un insieme di strategie dove l’osservazione metodica, che rappresenta l’esperimento e la via principale per la conoscenza, punta alla scoperta di regolarità universali di alcuni fenomeni. Nella concezione del sapere prima dell’avvento della modernità, il regno dell’esperienza e dell’osservazione si distingueva dal regno del vero sapere in quanto quest’ultimo era assoluto ed eterno, posseduto, quindi, soltanto da Dio. Molti uomini, come Galilei o Newton il quale formulò dei principi sulla fisica moderna, proposero una visione della scienza come un sapere vero basato sull’esperienza, cambiando in questo modo la prospettiva della società. È da questo contesto che nascono dei movimenti culturali basati sull’osservazione come l’empirismo inglese e scozzese e l’illuminismo francese. Il pensiero sociologico nasce quindi dall’unione della percezione del mutamento sociale e dell’idea moderna di scienza. La Rivoluzione Industriale e la Rivoluzione Francese: Un Mondo in Mutamento Parlare di rivoluzione industriale si allude, spesso, all’avvio del processo d’industrializzazione che ebbe luogo in Inghilterra intorno alla seconda metà del 1700. Questo processo ha diversi presupposti: I. Disponibilità di materie prime a buon prezzo, controllo delle vie commerciali e dei mercati coloniali; II. Disponibilità per il lavoro di fabbrica di masse di lavoratori espulsi dalle campagne; III. Disponibilità di nuove tecnologie. 2 Scozia. Così come gli illuministi, anche gli empiristi credono che l’osservazione sia un elemento fondamentale per capire al meglio la società. Uomini come Hume credono che la realtà umana si risolva in un sistema fatto di credenze, abitudini, gesti e di regole morali. Nonostante la similitudine tra le due correnti che condividono lo stesso dogma, gli empiristi, rispetto agli illuministi, non condividono l’utilizzo della ragione come mezzo per arrivare alla conoscenza o alla comprensione delle cose circa la società. Tale atteggiamento si può trovare in alcune opere di autori come Adam Smith (1723 – 1790) e Adam Ferguson (1723 – 1816). Secondo Adam Ferguson, il mondo sociale è una costruzione umana. Tuttavia, esso non costituisce la realizzazione di progetti coscientemente voluti e riconosciuti e non corrisponde al disegno individuale ma al risultato dell’interazione di tutti i cittadini. Inoltre il mercato, che come vedremo meglio in Smith è un’istituzione sociale, secondo Ferguson, permette alla società di apparire come un insieme regolato. Secondo il pensiero di Adam Smith, padre fondatore dell’economia moderna, la ricchezza di una nazione è strettamente collegata alla sua capacità produttiva di beni i quali derivano da una corretta divisione razionale del lavoro, processo che permette la crescita produttiva della collettività. Inoltre, se la divisione del lavoro aumenta, ogni individuo diventa più autonomo e indipendente rispetto agli altri membri della società. Se però ogni cittadino svolge lo stesso ruolo nella società, per far si che abbia i beni necessari per la sopravvivenza, è necessario che egli si affidi alla produzione altrui. I produttori saranno comunque costretti a dover scambiare i propri beni con quelli che altri cittadini producono. Questi scambi sono regolati dai meccanismi di domanda e di offerta che il mercato, istituzione sociale che svolge la funzione di autoregolazione della società e degli scambi sociali ed economici, propone. Il mercato mette in equilibrio la società che Smith definisce tramite una legge che egli chiama legge della mano invisibile con la quale nasce il concetto di utilitarismo. In questo modo la concezione dell’“utilitarismo”: Questa concezione è alla base degli sviluppi dell’economia politica, tema principale dell’opera di Smith: “Trattato sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni”. 2.Sociologia e Positivismo La sociologia nasce in un contesto rivoluzionario in cui si fa spazio l’idea di un progresso senza ritorno, una ricchezza delle nazioni il cui processo è irreversibile. Nonostante il continuo miglioramento industriale in cui si hanno delle grandi trasformazioni a livello materiale e sociale ( nuove tecniche, nuovi strumenti, nuovi luoghi di lavoro, nuove fonti di energia, nuovi mezzi di trasporto…) si ha anche un processo di depauperazione e di impoverimento della società. La povertà, che ha caratterizzato diversi periodi storici, diventa evidente perché si manifesta, anche attraverso i numeri, in modo molto significativo nelle città. Nell’800 si diffondono anche in modo molto veloce delle associazioni filantropiche, principalmente laiche, e congregazioni religiose con lo scopo di aiutare i poveri tra 5 cui operai delle fabbriche e i disoccupati. L’800 fu un periodo caratterizzato anche da un continuo aumento del fenomeno della disoccupazione il quale inizia quando la produzione riesce a garantire con regolarità una serie di prodotti che non sono subito assorbiti e consumati da chi li produce. Da qui inizia il primo ciclo di crisi economica portando con essa un aumento di disoccupazione. Anche chi lavorava non viveva in condizioni modeste, bensì era sottoposto a continui sfruttamenti. Qui non si parla solo di persone adulte che lavoravano tra le 15 e le 16 ore al giorno in fabbrica, si parla anche di bambini molto piccoli che grazie alle loro mani riuscivano a produrre molti più beni rispetto alle mani adulte. La crisi colpisce ogni tipo di fronte portando a una diminuzione del sentimento di sicurezza modificando anche i legami sociali. Dal punto di vista politico e sociologico si fa largo la necessità di una disciplina che studi il mutamento, che comprenda le crisi e che dia una qualche certezza con l’obiettivo di ricostruire la società e i legami sociali. Sul piano culturale la sociologia nasce con un approccio positivista. Il positivismo è un approccio filosofico e scientifico i cui padri fondatori sono Comte e Saint Simon. Questa nuova scienza sociale ha lo scopo di comprendere e spiegare la realtà e di intervenire in essa, ma ha anche un obiettivo politico, cioè ricostruire la società che si è disgregata a causa delle diverse crisi (economica, politica, sociale, culturale, religiosa e antropologica). Il positivismo si presenta da un lato come una conoscenza esatta in quanto nasce dalle scienze esatte ( fisica, matematica, biologia…) e usa questi strumenti per conoscere la realtà sociale storica, ricostruendola nella direzione dell’ordine, dalla disgregazione all’integrazione, e dall’altro si presenta come l’erede dell’illuminismo dal quale però non condivide il carattere critico “negativo”. Il termine positivismo viene coniato per la prima volta dal primo sociologo Saint Simon e viene utilizzato per indicare una fase di passaggio della storia dell’umanità. La grande preoccupazione di questa nuova scienza è quella di capire le leggi del divenire. La scienza si contrappone e si differenzia da altre forme di sapere (razionale) ereditato dall’illuminismo. Come gli illuministi, anche i positivisti, in questo caso Comte e Saint Simon, riferiscono a se stessi il compito di migliorare le sorti dell’umanità. Saint – Simon nasce nel 1760 e muore nel 1825. È un ingegnere che ha come obiettivo quello di ricostruire la società caduta dopo le crisi. È il progettatore del Canale di Suez e di un programma sociale che aveva come obiettivo quello di costruire un nuovo cristianesimo che vedeva i tecnici in primo piano. Uno dei suoi principali obiettivi, che affiderà agli industriali, era quello di descrivere la società moderna e industriale che doveva essere riorganizzata. Secondo Saint – Simon la società non è una somma di tanti individui (pensiero diverso da Adam Smith) le cui azioni non hanno un obiettivo comune e condiviso, ma è una vera e propria macchina in cui ogni individuo rappresenta un ingranaggio fondamentale per il funzionamento della stessa società e quando questa non funziona bisogna riunire i pezzi. La società che va ricostruita è la società moderna e industriale e ciò che la fa funzionare sono i produttori (fisici, chimici, ingegneri civili e militari, fisiologi, meccanici, architetti, banchieri, negozianti, coltivatori, muratori, 6 carpentieri, falegnami). Gli “industriali” sono la parte più attiva e utile della società, quella che fa funzionare tutto l’organismo sociale e ne garantisce l’ordine e il progresso. Questa nuova società di scienziati e produttori, che si prende a carico “la classe più numerosa e più povera” ossia il proletariato, è definita come una nuova morale terrestre . La sociologia, secondo Saint – Simon, non può essere una conoscenza e una fisiologia astratta ma deve essere un qualcosa di concreto, che non sia solo una teoria ma che si anche azione dentro la vita sociale. In questo caso la scienza diventa progresso, legata quindi a cose empiriche e concrete come la produzione. Tra le opere principali di Saint – Simon troviamo:  L’Organizzatore, 1819-1820  Il sistema industriale, 1820-1822, in tre parti  Il catechismo degli industriali, 1823-1824  L’Organizzazione sociale, articolo del 1825  Il nuovo cristianesimo, 1825 Auguste Comte nato nel 1798 e morto nel 1857 fu uno dei più stretti collaboratori di Saint – Simon nonostante egli non fosse né un sociologo né un ingegnere. Visse negli anni di Tocqueville e fu il primo a coniare il termine “Sociologia”. Il suo obiettivo primario era quello di cercare di dare una definizione dell’essere umano perché per lui la riforma e la riorganizzazione della società parte dall’idea di cambiare la mentalità sociale. Per Comte, l’essere umano è formato da tre dimensioni:  Intellettuale (testa)  Pratica (mano)  Morale (cuore) L’armonia delle tre dimensioni è possibile solo in presenza di un ordine sociale il quale si raggiunge solo attraverso il progresso dell’umanità. Secondo Auguste Comte la società, che continua ad evolvere, deve essere ben organizzata e armoniosa in modo tale da integrare interiormente l’essere umano. Così come Saint – Simon, anche Comte non vuole tornare indietro ( progresso senza ritorno ) in quanto si inizia a vivere in una società, definita moderna, che deve essere vista e pensata in diversi modi rispetto alla società pre – moderna. Per fare sì che questa riorganizzazione avvenga, è necessaria la presenza di una scienza positiva che sia in grado di costruire, attraverso la conoscenza oggettiva della realtà, una società a sua volta positiva eliminandone la negatività dovuta dalle crisi che l’hanno colpita. Questa conoscenza ( scientifica ) della realtà deve conoscere le leggi del divenire e le tappe dell’evoluzione della realtà in modo da dirigere questo cambiamento in senso positivo. “La scienza è la sistematizzazione reale, costruzione in modo preciso, dei fenomeni che essa studia”. Così come fece Saint – Simon, anche Comte decise di iniziare i suoi studi sulla società industriale moderna la quale fu descritta come una società caratterizzata da elementi fondamentali: (1) è una società che si basa sull’organizzazione scientifica (razionale) 7 In una religione dell’umanità questo provvidenzialismo, conduce a una sorta di paradiso terrestre (senza guerre, senza conflitti, senza religioni, senza ideologie), un ordine sociale razionale. Comte fonderà le prime chiese positiviste in Brasile. Questo fu possibile solo grazie al progresso dell’umanità che si avvia verso un ordine sociale pacificato e consapevole, fondato sulla pura appartenenza al genere umano, senza divisioni né differenze. Non sempre il mutamento è un progresso. I critici francesi leggevano i mutamenti prodotti all’interno di una società come il segno di una decadenza e non come un progresso positivo. Alexis de Tocqueville fu uno di questi critici. Egli non è facile da collocare in una qualche categoria perché non si è mai presentato come un sociologo, come uno scrittore, un pensatore o un uomo politico. Non lo si può nemmeno definire positivista. Egli è semplicemente un osservatore della società di fine ‘700 e d’inizio ‘800. Per lui si tratta di un’epoca di cambiamenti sociali che da una parte portano miglioramenti nella società, ma dall’altra parte si hanno diversi svantaggi. Egli inizia i suoi studi, che saranno poi ripresi da molti autori dopo di lui, per mostrare quali problemi possono minacciare le democrazie. (1) Uno dei principali problemi che possono incombere è che il potere legislativo, qualche volta, per poter ottenere il consenso, si deve piegare alla volontà della maggioranza, la quale non è detto che vada sempre nella direzione della libertà e dell’uguaglianza (principi sui cui si basa la democrazia). Il potere però non è concentrato in una sola istituzione ma viene frammentato in potere legislativo, esecutivo e giudiziario affidando ogni potere ad un organo diverso. Tocqueville mette in mostra (2) un altro problema riguardante il binomio libertà – uguaglianza dicendo che tutti i popoli democratici vogliono, e quindi cercano, la libertà, ma a volte c’è una passione ancora più elevata rispetto alla libertà che è l’uguaglianza. Quest’ultima porta l’essere umano entro le democrazie a volerla anche a costo della libertà ma l’uguaglianza può essere spesso confusa con la conformità, conformismo tipico delle società di massa, democratiche, in cui per essere tutti consumatori bisogna mettere da parte la libertà. Questo binomio viene definito come un problema solo nel momento in cui libertà e uguaglianza non collaborano insieme, entrambe per funzionare devono lavorare insieme. Per Tocqueville c’è un altro problema: (3) l’individualismo. Le società democratiche sono delle società che tendono sempre alla ricchezza, al benessere che, identificato solo nella sfera materiale, tende a isolare gli uni dagli altri, a volte rendendoli competitivi. Queste società, invece che essere dinamiche, tendono ad essere immobili in modo da garantire i privilegi costruiti e per ciò non si produce più nulla di nuovo dal punto di vista sociale. La democrazia è quindi un governo che ha delle fragilità poiché nonostante s’impegni per procurare dei beni, e che è assoluto, sembra ricordare il potere paterno nella misura in cui avesse almeno lo scopo di educare i figli in età adulta. La democrazia però, non ha quest’ obiettivo e tende a far restare il popolo in età infantile indebolendo in questo modo la volontà umana. L’analisi di Tocqueville è fondamentale per lo sguardo sociologico poiché cerca di mettere a fuoco il fenomeno che studia, quali sono le sue caratteristiche, definire la categoria “democrazia”, 10 cercare le cause, far vedere in esse la centralità dell’elemento culturale e religioso, mettendo in luce le ambivalenze dei fenomeni della realtà. Se Comte fu il primo ad utilizzare il termine “sociologia”, Herbert Spencer fu colui che ne promosse la diffusione al pubblico. Spencer pensa alla società come un organismo in modo analogo a Comte, anche se quest’ultimo utilizza, per le sue speculazioni, un apparato che riprende alcune idee di Darwin. L’idea fondamentale di Darwin è quella di un processo di differenziazione delle specie animali attraverso un meccanismo di adattamento all’ambiente e di eredità genetica. Spencer prova ad applicare queste idee agli studi delle trasformazioni sociali e delle formazioni sociali che chiamerà Darwinismo sociale. La storia è qui vista come una continua evoluzione di forme di organizzazione da quelle più semplici a forme di organizzazione via via sempre più complesse. Qui “Evoluzionismo” e “Progresso” diventano due sinonimi. Spencer rivoluzionò queste idee nel credo individualista della “sopravvivenza del più adatto”. Tra il 1850 e gli anni della sua morte egli pubblica una raccolta di idee sulla sociologia e sulle società nel testo “Principi di sociologia”. La sociologia di Spencer si basa su una vasta raccolta di informazioni sui diversi tipi di società. Le informazioni che Spencer trova nelle diverse tipologie di società sono ordinate in una doppia tipologia: I. Complessità della loro differenziazione interna II. Complessità della differenziazione tra società militari, in cui l’ordine garantito in modo coercitivo, e società industriali in cui l’ordine deriva dalla libera scelta degli individui. Nel concetto di differenziazione Spencer mostra il rapido cambiamento delle società; crescendo di dimensioni esse sviluppano una rete di organi e di funzioni sempre più specializzati e dunque differenti. La sociologia però non è solo fatta di teorie ma è anche un insieme di pratiche di ricerca. Le sue origini affondano anche nelle raccolte di dati statistici e nelle inchieste promosse dai governi o dalle istituzioni che si diffusero nel corso dell’800 in quasi tutti gli stati europei. Tutto ciò fu possibile perché, grazie alla ricerca, era possibile conoscere i bisogni, i desideri, le condizioni della popolazione ed agire di conseguenza. 3.Karl Marx Karl Marx nasce in Germania nel 1818 e muore nel 1883 a Londra. Un punto fondamentale della sua vita è rappresentato senza dubbio dalla forte amicizia che instaura a Parigi con Engels con il quale collaborerà alla pubblicazione del “ Manifesto del Partito Comunista”. All’inizio della sua vita intellettuale egli fu essenzialmente un filosofo hegeliano. Marx, insieme a Engels supera il pensiero della filosofia poiché “ i filosofi hanno solo interpretato il mondo, ma è giunta l’ora di cambiarlo”. Il suo principale oggetto di riflessione è il movimento generale della società sorta con 11 la rivoluzione industriale. Essendo stato un economista, egli conosce il funzionamento del mercato e delle leggi, tant’è che fu lui stesso, e non lo sguardo sociologico, a vedere i campi dei lavoratori per poter conoscere meglio che tipo di struttura fossero e che tipo di materiali venivano utilizzati. Secondo il pensiero di Marx la società non può essere definita come qualcosa di astratto poiché l’essere umano è sociale. Se si dovesse vedere l’individuo isolato, allora si vedrà, di conseguenza, l’astrattismo. Secondo Marx il lavoro non svolge solo il compito di produrre i beni materiali per la sopravvivenza dell’essere umano ma permette anche di creare un legame sociale interumano ritrovando l’unità, che si spezza in una società moderna, tra individuo e società. L’economia politica, che è strettamente legata alla struttura e non vede dentro di sé, non prende in considerazione i poveri lavoratori o i non lavoratori come gli operai disoccupati, il ladro, il mendicante, il delinquente e l’affamato, definiti come la feccia umana e “fantasmi della società”; l’economia politica prevede che tutti lavorino e che tutti abbiano un reddito per poter mandare avanti la società. Marx fu influenzato da (1) Illuministi francesi che vedono realizzare le idee del progresso (capitalismo), da (2) sociologi francesi come Saint – Simon il quale vide le classi sociali divise, e da (3) Hegel, il quale influenza Marx con la sua idea di tesi, antitesi e sintesi, dove tesi sta per la descrizione della situazione, l’antitesi è l’opposizione e la sintesi è il superamento della tesi e dell’antitesi. Hegel inoltre influenza Marx attraverso la sua idea di alienazione. “Attraverso il pensiero mi approccio all’oggetto e in questo modo sono meno alienato”. L’alienazione non è intesa come oggettivazione: l’essere umano che crea degli oggetti non è lui l’oggetto ma è il soggetto. Karl Marx è inoltre il fondatore della storia del lavoro. Il lavoro manuale permette all’uomo di realizzarsi non solo come individuo ma con gli altri e per gli altri. Nel produrre qualcosa il lavoratore riconosce la sua individualità nella capacità di creare qualcosa che non sia astratto ma concreto. “Nel tuo impiego del mio prodotto io vedo realizzarsi la mia natura umana in una relazione umana e sociale”. Vedendo, quindi, realizzare la propria natura umana si vede realizzare la sociabilità umana, ovvero l’individuo si realizza tra gli altri e per gli altri. Questa è l’essenza del lavoro, dove il lavoro è il luogo dell’umanità, della realizzazione dell’umano e della manifestazione del lavoro nella società. Si realizza un processo lavorativo attraverso il pensiero; prima si pensa al progetto da realizzare nella propria testa e dopo si mette in pratica. La sociologia del lavoro, che nasce nel 1900 in Francia poi negli USA, s’ispira tantissimo alle idee di Marx. Egli parte da un’idea del lavoro che lui stesso chiama “lavoro vero” che sarà poi paragonato al “lavoro reale” cioè il lavoro che prende forma e domina la società del suo tempo, cioè una società capitalista che degrada fino al punto da diventare una merce. Il lavoro reale è definito lavoro alienato, dovuto dall’assenza di controllo di quello che la persona produce. Per Marx, l’alienazione ha tante sfumature: (1) tocca il rapporto con l’individuo e gli altri, ha sociabilità umana, (2) rompe il rapporto tra individuo e l’altro, (3) non ha nessun controllo su quello che produce. 12 finalizzata alla vendita sul mercato, il quale non ha solo il compito di scambiare le merci, ma si tratta soprattutto di produrre altre merci con le marci già prodotte che abbiano un valore maggiore rispetto a quello iniziale. Ogni merce ha un duplice carattere: (1) possiede un proprio valore d’uso e (2) possiede anche un valore di scambio. Questi rapporti sociali capitalisti vengono definiti asimmetrici in quanto chi possiede i mezzi di produzione acquista attraverso la forza lavoro e che paga con del denaro (salario) impiegandola (forza lavoro umana) di più rispetto a quanto la paga. In poche parole, il capitalista non rinuncia mai alla forza lavoro senza la quale gli strumenti non vengono trasformati e non rinuncia ad usarla oltre rispetto a quello che sarebbe strettamente necessario per la sua sussistenza. Tutto quello che viene prodotto in più rispetto alla giusta quantità viene chiamato plusvalore il quale diventerà il profitto, cioè quel qualcosa che è di proprietà del capitalista. Secondo Karl Marx, il plusvalore e il pluslavoro sono determinati dallo sfruttamento dell’operaio al quale spetta soltanto il salario che gli permetterà di sopravvivere. In questo modo si hanno delle condizioni di lavoro definite di depauperazione, d’impoverimento dentro le quali si hanno delle situazioni di disuguaglianza, di divisione del potere e di condizioni di sfruttamento dell’operaio che la visione ideologica degli economisti nasconde. Il capitalismo è in sé motore di progresso ma essendo contradditorio al suo interno, suscita un cambiamento nel superamento del capitalismo. La teoria del mutamento storico sociale è dovuta dall’insieme della teoria del materialismo storico, del capitalismo e delle classi. Questo mutamento sociale è il cambiamento della struttura materiale in cui i capitalisti, che hanno come obiettivo quello di aumentare il pluslavoro, operano in due direzioni: I. Allungando la giornata lavorativa dell’operaio; II. Rendendo più produttivo il lavoro degli operai con l’utilizzo di una perfetta organizzazione del lavoro nelle fabbriche e con un migliore utilizzo dei macchinari. Gli autori di questo mutamento sono le classi sociali, insieme di persone che condividono delle condizioni materiali di vita. Dentro la società ci sono diverse classi (borghesia finanziaria, borghesia industriale, classe borghese commerciante, piccola borghesia, classe contadina, classe proletaria, sottoproletariato.  È quella classe sociale che è più vulnerabile economicamente, ancora più poveri rispetto al proletariato). Marx suddivide le classi stesse in altri gruppi:  Classe dei borghesi: sono i proprietari terrieri  capitalisti (industriali)  Classe dei contadini: non possiedono nulla se non la loro forza lavoro. Queste due classi sono tra loro contrapposte sia per le condizioni di vita, sia per il possesso delle cose ma anche per interessi diversi e per le visioni del mondo diverse. La classe si definisce sulla base di una comune condizione di vita ma la classe implica inoltre una condizione psicologica, vuol dire che hanno coscienza della loro situazione. 15 La classe non è mai solo una classe in sé ma anche una classe per sé. Questa non è una definizione ideata da Marx ma da un suo allievo: Lucas CLASSE IN SÉ CLASSE PER SÉ ↓ ↓ Insieme di individui Insieme di individui che che condividono la prendono coscienza di stessa posizione appartenere alla stessa sociale sulla base classe sociale e dunque di della distribuzione avere obiettivi comuni cui del possesso dei tendere attraverso la lotta mezzi di produzione. politica. Non è detto che una classe in sé sia una classe per sé. Questo passaggio serve per poter agire e dare vita alla rivoluzione fatta da un’azione collettiva. Quest’ azione collettiva nasce dalla presa di coscienza della propria situazione. La classe implica la consapevolezza di essere una classe, un soggetto collettivo capace di intraprendere azioni congruenti con i propri interessi e, quando è classe per sé, diventa un attore politico, cioè colui che agisce e che cambia la storia. Non basta solo descrive l’analisi sociologica, storica, economica e filosofica ma occorre intervenire. Per poter intervenire, egli elabora un questionario che sarà un suo testo intitolato appunto “Questionario del 1880” composto da 99/100 pagine. Le condizioni di vita del 1880 non erano delle migliori poiché si ebbero diverse crisi di origine economica. All’interno del questionario oltre le domande da porre ai soggetti, erano inserite anche le risposte e questo non aiutava i sociologi ad arrivare a una conclusione per la ricerca. Da un lato Marx aveva l’intenzione di capire meglio la realtà e dall’altro aveva un obiettivo pedagogico: quello di condurre a trasformare la realtà, ad agire dentro di essa. Anche Comte aveva lo stesso obiettivo di Marx ed entrambi si rivolgevano alla classe degli operai anche se con diverse intenzioni. L’obiettivo di Marx oltre ad essere un obiettivo pedagogico, era anche un obiettivo politico perché bisognava fare una rivoluzione per poter cambiare la storia. Per poter agire bisogna prendere coscienza, conoscere la realtà e le proprie condizioni. Secondo Marx questo compito di fare la rivoluzione aspettava alla classe operaia in quanto erano i più poveri e venivano sfruttati, perché i borghesi non avevano interesse nel farlo e perché la classe proletaria era la classe del lavoro per eccellenza. Il suo obiettivo era quello di far rinascere il rapporto tra individuo e società rotto a 16 causa delle condizioni dell’alienazione. Nel 1864, Marx ed Engels furono i fondatori della prima associazione internazionale dei lavoratori grazie alla quale il marxismo divenne una dottrina capace di egemonizzare la maggior parte dei gruppi dei partiti e dei movimenti della classe operaia in Europa. In Germania il marxismo fu concepito come una teoria scientifica dell’evoluzione sociale; in Russia fu trasformato in una dottrina più volontaristica in cui emergeva l’idea che la classe operai dovesse sviluppare la coscienza di essere una classe sociale. 4.Émile Durkheim Emil Durkheim nasce nel 1858 in Francia e muore alla fine della prima guerra mondiale. È un autore molto importate perché in Francia prosegue con la diffusione delle idee di Comte e Saint Simon i quali hanno assegnato il nome alla disciplina della sociologia, ma non si sono preoccupati di dare una forma più definita questo perché non c’erano i mezzi e la preoccupazione per farlo. Durkheim dà una forma più stabilizzata alla sociologia ed è per questo che fu il primo a insegnarla, prima in una scuola periferica e poi nell’università Sorbona di Parigi. Insegna prima sociologa in una facoltà di pedagogia per poi ottenere la cattedra in sociologia alla fine dell’800. Fonda la rivista “L’Année Sociologique” nel 1898, prima rivista di sociologia in Europa. Dentro questa rivista s’inizia a stabilizzare la sociologia come disciplina autonoma, con un suo profilo, il suo metodo e le sue regole, ma si forma anche una scuola di pensatori tant’è che molti sociologi successivi a Durkheim s’ispireranno a lui. Le sue opere principali sono:  La divisione del lavoro sociale, 1893: Durkheim, da sociologo si vuole impegnare per capire la società del suo tempo e le trasformazioni e le crisi (sociali, economiche…) che l’attraversano.  Le regole del metodo sociologico, 1895: Durkheim si preoccupa nel definire il suo metodo e la sua prospettiva nel metodo sociologico nel leggere i fenomeni della società e della modernità. Per capire è importante procedere seguendo delle regole.  Il suicidio, 1897: a partire da una sua visione della società affronta un tema individuale secondo una prospettiva particolare.  Le forme elementari della vita religiosa, 1912: interesse per la religione perché vede la religione come un elemento importante della vita sociale, in quanto favorisce la coesione dell’integrazione sociale. Durkheim è influenzato da Comte e Saint – Simon non soltanto perché hanno la stessa origine (francesi) ma perché hanno in comune l’idea di società vista come un organismo (macchina sociale = società che sia coesa). È influenzato anche dall’illuminismo (idea di progresso e utilizzo della ragione) ma rispetto alla corrente, Durkheim rivaluta il ruolo della religione (in generale, intesa come bacino dentro il quale le persone prendono dei significati per vivere insieme). Influenzato anche da Montesquieu in quanto entrambi cercano le connessioni causali per spiegare i 17 II. Assumere come oggetto di ricerca soltanto un gruppo di fenomeni precedentemente definiti mediante certi caratteri esterni ad essi comuni, e comprendere nella stessa ricerca tutti quelli che rispondono a questa definizione. III. Bisogna sforzarsi di considerare i fatti sociali dal lato in cui si presentano isolati dalle loro manifestazioni individuali. Bisogna studiare i fatti sociali come cose esterne, cercando e trovando le funzioni che svolgono all’interno di un sistema sociale e le cause che le hanno prodotte staccandosi dall’individuo. Per esempio, il linguaggio, sistema dei segni con cui gli uomini esprimono un pensiero, è qualcosa di intersoggettivo e il modo in cui ciascun essere umano pensa è forgiato dalle possibilità che il linguaggio offre. Quello che l’esempio del linguaggio vuole mostrare, è che i fenomeni sociali si spiegano tramite un altro fenomeno sociale. Il cambio del modo di pensare la società e con l’arrivo della consapevolezza del sé tipicamente moderna, si arriva ad attuare un processo che prende il nome di “processo di socializzazione” attraverso il quale, gli individui apprendono la società, le sue regole, i suoi ruoli, la cultura della società. Gli enti principali che hanno come obiettivo la socializzazione sono:  La famiglia in quanto trasmette alle nuove generazioni le regole, le norme, i valori, la cultura e i modelli di comportamento;  La scuola in quanto mette in atto tutto il processo educativo. Dentro questo processo di socializzazione egli inserisce il tema della religione poiché per gli autori, la religione è un’esperienza sociale dentro la quale gli esseri umani stringono relazioni, vivono relazioni significative, conoscono i valori della società, principi ideali che muovono l’azione. La religione lavora tendenzialmente per la coesione sociale. Emil scrive un testo sulla religione intitolato “le forme elementari della vita religiosa” in cui egli definisce che cos’è una religione: è un sistema solidale, cioè un sistema non frammentato ma coeso, di credenze (principi teorici di valori e di idee) e di pratiche (azioni in cui la parte teorica legata ai contenuti è collegata a una prassi ) relative a cose sacre ( separate dal resto che hanno valore a sé staccato da quella che è la quotidianità ) cioè separate e interdette, le quali uniscono in un’unica comunità morale, chiamata chiesa (comunità di persone che condividono le stesse credenze) tutti coloro che vi aderiscono. Le tesi principali sulla religione che Durkheim fa sono:  Differenza tra sacro e profano: il sacro ha a che fare con cose (oggetti), pratiche, luoghi che sono separati rispetto alla quotidianità; profano dice che la scienza dovrebbe saper dire chi e che cosa si sta adorando.  La vita religiosa si esprime in credenze (articolano la visione del mondo del gruppo che le condivide) e in riti ( pratiche dotate di valore simbolico finalizzate alla ricreazione periodica dell’ordine nel quale si crede)  La funzione principale è quella di fondare e preservare gli ideali collettivi di una società tenendo uniti gli individui.  Ciò che gli uomini adorano è la potenza trascendete della società stessa. 20 Essendo dentro una società moderna, è importante capire a cosa le persone credono realmente. Per capirlo, dal punto di vista scientifico, è importante vedere come si sono sviluppate le diverse forme di religione. La religione, con lo scorrere del tempo, diventa sempre piò complessa e nella modernità si conoscono delle religioni già sviluppate ad un livello di pensiero di astrazione molto articolato. Si parte, però, dalle forme di religioni più elementari / primitive, studiando quindi, per prima cosa le tribù, forme di religione che considerano come forme primitive alcuni gruppi umani. Dentro questo studio Durkheim dice che serve tornare indietro perché si pensa che nell’uomo c’è una natura religiosa che lo porta alla trascendenza, all’oltre. È un aspetto che, secondo Durkheim, è permanente dentro l’umanità. La forma più semplice della religione è quella del clan, insieme di persone che condividono dei significati, delle pratiche di vite che hanno un oggetto che viene considerato sacro (totem). La società moderna, in modo conseguente, non assisterà alla scomparsa del sacro, bensì ad una sua ennesima evoluzione. Se si va a studiare che cosa succede dentro il clan attorno al totem ci si accorge che la dimensione sacra di quell’oggetto che viene adorato non è l’oggetto in sé ma una forza anonima e impersonale che agisce dentro i credenti: la società. La società deve essere presa in considerazione come un oggetto sacro in quanto ci permette di essere appartenenti a qualcosa di cui l’essere umano ha bisogno. Questo momento, che Durkheim definisce “festa creatrice del divino”, è il momento in cui ci si adorna e in cui si è trasportati in un mondo speciale dove tutto è diverso da quello della vita ordinaria. Ma quello che accade in questo mondo, in realtà accade anche nella società. Durante la rivoluzione alcune cose puramente laiche vennero trasformate dall’opinione pubblica in cose sacre: come la Patria, la Libertà, la Ragione. Quando si parla di religione e soprattutto di sacro, si ha a che fare con qualcosa di particolare che l’uomo separa dalla vita ordinaria e, dentro, quello che l’uomo chiama sacro finiscono tutte le grandi domande che l’uomo stesso si pone. La religione è l’adorazione della società il cui scopo è quello di integrare gli individui nella società ma se la religione contenesse queste grandi domande, essa potrebbe prendere le distanze dalla società. Secondo tutto il pensiero del sociologo, la società viene prima dell’individuo. Un altro tema importante che studia Durkheim è il tema della divisione del lavoro. Secondo Émile, quest’ultima dipende dal fatto che le società diventano regolarmente più dense e numericamente più grandi. La modernità ha portato a un aumento di successi soprattutto per quanto riguarda le prospettive di vita. Esse diventavano sempre più alte e migliori anche grazie alla maggior produzione di materie prime ed economiche. L’aumento numerico della società rafforza il concetto di divisione del lavoro rendendola necessaria. La sua funzione principale è quella di produrre legami sociali. “Per gli economisti la divisone del lavoro, consiste essenzialmente in un mezzo per produrre di più; per i sociologi, la sua maggior produttività non è che una conseguenza necessaria, un contraccolpo del fenomeno”. Durkheim sa bene che crea problemi soprattutto per quanto riguarda la divisione tecnica. Quest’ultima produce alienazione e irrigidimento del lavoratore. Queste due 21 problematiche sono in realtà dovute dalla cattiva organizzazione del lavoro e, di conseguenza, la scarsa integrazione dei lavoratori. Chi gestisce l’organizzazione tecnica del lavoro non tiene conto delle naturali differenze degli esseri umani. Per rimediare a questo problema (anomia nella società contemporanea) si possono integrare gli individui nella società ma l’integrazione può essere vista come una cosa astratta. I gruppi più vicini alla divisione del lavoro che è la fonte della solidarietà sono le corporazioni dei lavoratori in cui le persone condividono lo stesso lavoro, la stessa professione. L’appartenenza a questi gruppi, per Emil Durkheim è il rimedio dell’anomia della società moderna dentro la quale sono le organizzazioni professionali a ricostruire quell’integrazione sociale del soggetto, presentandosi a questo come guide autorevoli, ma anche come appartenenze certe. Le corporazioni sono viste come la soluzione al processo di progressiva individualizzazione della società contemporanea, perché sono in grado di coinvolgere i singoli individui. Questi ultimi però sono spesso soggetti a un atto estremo dovuto dalla stessa coesione sociale e dall’integrazione. Quest’ atto è il suicidio, tema che viene ripreso in un’opera dello stesso autore. Il suicidio è un atto che riguarda un singolo individuo. Egli può scegliere se sottrarsi alla vita. Durkheim non decide di parlare del suicidio perché è un argomento to che gli interessa particolarmente ma ha lo scopo di collegarsi con quanto detto fino ad ora dell’individuo isolato. Quest’ultimo non esiste e tutto ciò che si pensa come una cosa individuale in realtà è riconducibile all’influenza della società. La dimostrazione che il sociologo vuole esporre non riguarda il suicidio dei singoli ma il tasso dei suicidi che si riscontra in una determinata società. Quello che Durkheim tramite la sua ricerca mostrerà che il tasso di suicidi è strettamente collegato al (1) grado d’integrazione sociale della società. Spesso si pensa che il suicidio dipenda anche dai diversi fattori climatici ma, secondo Durkheim e la sua ricerca, non è così. Sembra, però, che il tasso dei suicidi possa essere correlato in base alla (2) religione. Per esempio, la religione protestante conferisce alla società un livello di integrazione sociale minore rispetto alle altre tipologie di religione. Questo dipende principalmente dal valore che viene attribuito alla chiesa protestante, al libero esame della propria coscienza. Il tipo di suicidio correlato alle influenze religione, Durkheim lo definisce come il “Suicidio Egoistico”. Il termine egoistico vuol dire che il tipo di suicidio appare correlato con la religione protestante che ha a che fare con lo sviluppo dell’ego, cioè con l’enfasi della cultura protestante sulla libertà e sulla solitudine del singolo soggetto davanti alle sue scelte personali. In generale l’atto del suicidio è dovuto anche (3) dall’indebolimento delle relazioni (soprattutto coniugali) e, dall’andamento dell’economia: è elevato soprattutto nei paesi on cui c’è una forte crisi economica ma dipende molto anche da un aumento stato di benessere in quanto connessi a rapide variazioni dello status e dei modi di vivere delle persone. Il tipo di suicidio collegato a una tale incertezza del futuro dei singoli individui è chiamato “Suicidio Anomico (da qui il termine anomia) ed è spiegale grazie all’allentamento delle norme morali collettive. In entrambi i tipi di suicidio questo fenomeno è legato alla spiegazione sociale. 22 sviluppando, ma il modo di produzione capitalistico, nell’epoca modera è in forte dispiegamento. Dopo l’unificazione della Germania avvenuta nel 1871 grazie alla politica espansionistica della Prussia, l’industrializzazione continuò ad affermarsi sempre più velocemente. L’industrializzazione provocò gli spostamenti delle persone dalle campagne alle città. Nell’opera di Tönnies “comunità e società” egli mostra la differenza che c’è tra questi due concetti. Nonostante entrambi siano modelli di organizzazione sociale, per l’autore le comunità sono un gruppo stabile nel tempo e nello spazio, radicato in un territorio al cui interno i singoli individui sono in relazione l’uno con l’altro. Nella comunità ogni azione che gli individui compiono si basano sui sentimenti e non sulla ragione. La famiglia, per esempio, è un caso di formazione associativa in quanto al suo interno, ogni membro orienta la propria azione e i propri comportamenti sulla base di tradizioni radicate. La società, invece, è una forma di associazione più ampia rispetto alla comunità. Al suo interno ogni individuo non ha un legame diretto con gli altri ma si tratta di rapporti mediati dall’adesione razionale delle regole prestabilite, dalla subordinazione ad istituzioni regolamentate e dall’utilizzo di mezzi di scambio. Nelle società, come vuole mostrare Tönnies, si perde la ricchezza affettiva tra le persone e le loro certezze morali che la comunità ha costruito. George Simmel George Simmel nasce a Berlino nel 1858 e muore nel 1918. Egli nasce in una famiglia benestante di origine ebraica ma, nascendo e vivendo in un periodo molto particolare nella città di Berlino in cui gli ebrei erano visti come la feccia umana, i suoi genitori sono costretti a cambiare la loro credenza religiosa; la madre diventa protestante, il padre, invece, cattolico. Egli, durante quasi tutta la sua carriera accademica, insegna come docente privato all’università accogliendo per la prima volta le donne, per poi ottenere, nel 1914, quattro anni prima della sua morte, la cattedra nell’università di Strasburgo, allora città periferica. Simmel, inoltre, durante la sua breve e particolare vita, si occupa di macro – fenomeni sociali (comprendere la modernità e società) come tutti i sociologi, ma anche di micro – fenomeni (la realtà, esperienze che la sociologia non considerava oggetto di studio). In Europa, la sociologia è principalmente tedesca e la scuola sociologica della Germania fu costretta a migrare in America dove già esisteva una scuola sociologica (scuola di Chicago), dominata dalle idee e dal pensiero di Parsons. Quest’ultimo ha un’impostazione molto vicina a quella di Durkheim, traduce le sue opere e quelle di Weber in quanto scritte in inglese, escludendo Simmel perché il tedesco non fu facile da tradurre. Dopo la fine della prima guerra mondiale, la sociologia torna in Europa e così anche gli autori classici. Attorno a Simmel non si forma nessuna scuola di pensiero ma tantissimi sociologi del 900 prendono esempio dal filosofo e sociologo tedesco. Egli è l’autore più contemporaneo rispetto ai classici per questo molti autori hanno preso spunto da lui dalle sue analisi e dai temi da lui affrontanti. Le sue opere principali sono: 25  La differenziazione sociale, 1890: legge il passaggio dalla società pre – moderna a quella moderna (riprende alcune idee di Durkheim  Il problema della sociologia, 1894 (preoccupazione della sociologia, disciplina che non ha un metodo)  Filosofia del denaro, 1900 legge la modernità nella direzione del capitalismo finanziario,  La metropoli e la vita dello spirito, 1903: lettura della vita della metropoli  Sociologia, 1908  Problemi fondamentali della sociologia, 1917 Come tutti i sociologi, il loro obiettivo è quello di definire che cos’è la società ma questa per Simmel, sotto alcuni aspetti, non esiste. Simmel dice che la società è solo un insieme di individui e persone concrete che interagiscono tra di loro, il cui pensiero è fatto di sola astrazione. Per capire e conoscere meglio la realtà sociale è indispensabile guadare i singoli, i loro movimenti, le loro relazioni, l’interazione, gli intrecci e gli effetti delle azioni. Secondo il pensiero di Simmel quando prendiamo le distanze, vediamo un insieme di individui che interagiscono tra loro e la società. Il vero oggetto della scienza è costituito dai singoli e dal loro comportamento e il problema può consistere unicamente nel comprendere queste situazioni e questi movimenti, mentre la società, che è nata solo mediante una sintesi ideale ( concettuale ) e che non è tangibile in nessun luogo determinato, non potrebbe costituire l’oggetto di un pensiero indirizzato all’indagine della realtà. Secondo George Simmel, la società è possibile solo grazie alle relazioni e alle interazioni che si creano tra i singoli individui e i gruppi di una determinata società e che si sedimentano nel tempo e che sviluppano delle forme che esistono a prescindere dagli individui che le hanno fatte esistere. Queste relazioni e interazioni che si creano, si basano su un effetto reciproco il quale è un concetto che Simmel mette nella sua analisi come punto focale. Lo scambio è, per Simmel, una delle forme più pure e primitive della sociazione ed è ciò che crea la società. ( pensiero opposto a Durkheim ( la società permette lo scambio )). La società va aldilà del singolo attraverso un processo di astrazione ma sottrae alla storia l’alternativa di realizzarsi o solo nel singolo o solo dentro generalità astratte. Se la società non è astratta, essa non è solo un qualcosa di generale o la semplice somma di tanti individui ma è un’entità generale che ha una vitalità concreta. La sociologia, occupandosi di individui legati tra loro, va a vedere anche il processo attraverso il quale queste forme di azioni e le relazioni si consolidano nel tempo. All’interno della vita sociale, che si regge quando l’esistenza degli individui sono in relazione con e per gli altri, ci sono dei processi che possono incidere, cambiare e destituire le forme già esistenti. La sociologia, che studia la società che deve essere definita se no è un’astrazione, si occupa delle forme organizzate. A partire da questo concetto, Simmel definisce la sociologia come una scienza formale. Per Simmel, infatti, il concetto di forma è molto importante ma solo quando è in relazione con il termine “Vita”. (relazione vita – forma) La vita è un processo, un fluire costante che viene prima dell’uomo, che egli sperimenta e che va oltre all’uomo. La vita esce da sé stessa ed entra nelle forme che 26 limitano la vita stessa e una delle forme principali che si conosce è l’i individualità; l’uomo fa l’esperienza della morte ma la vita va oltre a ciò. La vita scavalca quindi le forme ma è solo grazie ad esse che la vita può essere colta. Vita e forma vanno tenute insieme, perché l’uomo a sua volta mette al mondo delle forme proprio come fa la vita. all’interno della società l’uomo vede la vita come forma, ma la sente come un processo infinito e la vita intesa come forma si vede soprattutto nelle relazioni, nelle organizzazioni, nelle istituzioni, nei concetti e nelle categorie. Queste forme però tendono a consolidarsi e a staccarsi dalla vita opprimendo gli individui. Tutto ciò rende una società dinamica e vivibile. Dentro la vita sociale, però, ci sono delle tensioni:  Individuo – società  Vita – forma La società è un’esperienza che l’uomo sperimenta in maniera meditata attraverso le relazioni e le forme e, per i sociologi, essa è possibile tramite gli apriori che sono tre aspetti che permettono di capire com’è possibile l’esistenza della società: I. Dentro la vita sociale l’essere umano fa l’esperienza delle relazioni e delle azioni all’interno della quale l’uomo stesso crea delle tipizzazioni e delle categorie attraverso le quali sono visti gli altri. Per Simmel l’essere umano è un insieme di frammenti e questi ultimi vengono raccolti dentro una categoria. La vita sociale è quindi mediata dalle astrazioni dell’altro. II. L’uomo non è solo ciò che la categoria dice di lui ma è anche altro. La società non può dire definitivamente tutto sugli individui in quanto riprende solo alcune delle caratteristiche che li rappresentano (studente, lavoratore in fabbrica…) eppure questi individui sono sociali. Nonostante l’uomo sia inserito in una delle tante categorie sociali, egli è anche altro ed è proprio questo “altro” che definisce il suo modo di essere dentro la vita sociale. Qui entra in scena la libertà rendendo la vita sociale, una vita dinamica e non statica. III. Dentro la società ogni individuo ha una sua posizione o ruolo sociale. La possibilità della società sta dentro le relazioni all’interno delle quali nascono delle categorie o delle tipizzazioni che si sedimentano e che regolano le azioni e le relazioni sociali. Tuttavia, la società esiste perché gli esseri umani non sono del tutto socializzati, ci sono delle posizioni che vanno aldilà dei singoli individui. L’esistenza della vita degli esseri umani all’interno di una società non è soltanto parzialmente sociale e parzialmente individuale ma si colloca sotto la categoria fondamentale di un’unità che non si può esprimere se non mediante la sintesi o la contemporaneità delle determinazioni contrapposte dell’essere membro della società e dell’essere per sé ( in sé ). Gli individui sono la sola cosa che rendono reale la società ma ogni individuo non viene mai visto solo o isolato ma anche legato alla società tramite le relazioni che si sono create. Simmel, come la maggior parte dei sociologi, vuole soffermarsi sullo studio della società del tempo in cui essi vivono. 27 metodo della scienze delle scienze sociali. Inizia la sua carriera da sociologo come economista pubblicando il testo “Economia e Società”. Weber ha un intreccio particolare con il pensiero di Karl Marx poiché, per entrambi i sociologi, è importante studiare il capitalismo come elemento tipico della società moderna occidentale. Anche Weber come Marx vede nel capitalismo un motore che spinge la società a un cambiamento soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro. Nonostante questo punto in comune i due sociologi svolgono una lettura differente sul capitalismo. Mentre Marx fa una lettura critica che si traduce in azione politica del superamento del capitalismo, Weber vede l’alienazione del capitalismo come un qualcosa che non può essere superato attraverso una società comunista perché quella società tende a centralizzare la produzione a un’organizzazione burocratica che produce soltanto nuove forme di alienazione. Nei confronti del capitalismo Weber vuole capire perché si sviluppa, quali sono le sue caratteristiche e le sue implicazioni sulla vita delle persone senza, però, elaborare un pensiero critico di senso politico. Egli scrive diversi testi e opere tra cui:  L’oggettività conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale, 1904  L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, 1905  Sociologia delle religioni, 1906 – 07  Economia e Società, 1922 Nelle opere appena elencate, egli cerca di mettere a fuoco dei problemi importanti:  Il primo problema riguarda il metodo delle scienze sociali (in modo particolare la sociologia) e dei rapporti che emergono tra il sapere scientifico e il giudizio dei valori campo metodologico  Il secondo problema riguarda la genesi, la specificità e il destino della civiltà occidentale moderna. Qui Weber prevede alcuni fenomeni che sono successi nei nostri giorni (società contemporanea). Inoltre, si sofferma sulla valutazione di quale tipo (personalità dominante degli uomini di quel tempo) d'uomo diventa predominante nei diversi tipi di società  campo storico – comparativo  Il terzo e ultimo problema riguarda la definizione dei concetti di sociologia  campo sistematico. Per Weber la sociologia è una scienza (comprendente) che ha l’obiettivo di intendere, quindi comprendere e spiegare, le azioni umane e le relazioni sociali grazie a un processo interpretativo. Quindi chi studia la società non può stare al di fuori di essa ma si deve inserire per poter comprendere meglio l’agire umano. Quest’ultimo è un atteggiamento umano in cui l’uomo che agisce attribuisce un senso soggettivo. Questo, però, non vuol dire che tutto l’agire umano può essere definito come oggetto della sociologia poiché esiste un agire che si occupa dei comportamenti 30 che sono dettati da reazioni istintive a uno stimolo esterno. L’agire diventa sociale quando è orientato ad altri anche se questi non sono presenti fisicamente. L’agire umano presenta una sua intelligibilità intrinseca: come esseri umani possiamo intuire l’agire e i significati attribuiti ad esso ma questa intelligibilità non sempre è immediata. Il senso soggettivo è percepibile ma anche equivoco. La sociologia comprendente di Weber è una prospettiva sociologica che parte dall’idea che la vita sociale è piena di significati. L’essere umano è in sé un essere culturale, che costruisce continuamente significati che condivide e trasmette e che cerca di attribuire un significato sulla base delle sue esperienze. Verso la fine dell’800, in Germania si aprì un dibattito sulle differenze che emergono tra le scienze naturali come la fisica e la biologia, e le scienze sociali come la storia e la sociologia. Le scienze naturali vengono considerate e definite scienze “perfette” in quanto i fenomeni non accadono per mano dell’uomo ma in modo, appunto, naturale. Le scienze sociali, invece, sono definite comprendenti. Inoltre queste scienze sono ricche di fenomeni dovuti all’agire umano in cui ogni soggetto che compie una determinata azione lo fa per dei motivi e dei fini. Tra le due principali scienze sociali, storia e sociologia, si possono notare delle differenze:  Storia: si occupa della singolarità delle azioni e degli eventi e cerca di rintracciare le circostanze specifiche e le cause di un avvenimento dato. Intende quindi occuparsi delle azioni che sono avvenute una sola volta;  Sociologia: è orientata alla generalità. Essa rintraccia una relazione regolare tra due fenomeni, studia le azioni sociali in quello che esse hanno di tipico, di ricorrente. Si impegna, inoltre a studiare e a comprendere l’agire e a spiegarne le cause annesse. La spiegazione causale è una spiegazione probabilistica: chi vuole capire la realtà sociale deve andare a vedere quello che è successo prima e quali sono i significati culturali dominanti che possono intervenire all’interno dell’agire sociale. Weber, durante la sua ricerca, si distacca dall’approccio deterministico in cui si cercano le cause che, però, non sempre sono quelle che definiscono l’agire sociale. Per studiare l’agire sociale, Max Weber, utilizza un approccio in cui emergono gli ideal – tipi. Gli ideal – tipi non sono:  Una media statistica  Un concetto che serve a semplici scopi classificatori  Un modello morale di condotta Ma sono:  Un modello orientativo per la ricerca: consente di organizzare delle comparazioni.  Costruzioni mentali, concettuali, punti di riferimento per il ricercatore: essi individuano delle uniformità tipiche di comportamento, in modo da poter fare connessioni e confronti. 31  Semplificazioni stilizzate o delle razionalizzazioni dei propri concetti. Per questo è importante non confondere l’ideale in senso etico con l’ideale in senso logico. Weber classifica le diverse specie di tipi ideali in tre livelli:  Tipi ideali: determinate formazioni storiche colte nella loro individualità (capitalismo occidentale moderno);  Tipi ideali in cui emerge il concetto di burocrazia, tipi di potere carismatico, tradizionale e legal – razionale;  Tipi ideali: tipi di azione sociale. Quest’ultima categoria di ideal – tipo è la tipologia che distingue 4 tipi di agire sociale:  Agire tradizionale: si tratta di un agire dettato da un’abitudine acquisita. Il soggetto non compie azioni su base razionale e in modo riflessivo ma agisce su una base di una consuetudine. Infatti, molte delle azioni sociali degli esseri umani possono essere comprese e spiegate con riferimento alla dimensione della tradizione, che quindi quelle azioni hanno un significato personale.  Agire affettivo: il senso è legato ad un particolare affetto o stato d’animo del soggetto. Si tratta di azioni dettate da emozioni e sentimenti e non da un fine o a un valore.  Agire razionale rispetto al valore: è un tipo di agire razionale in quanto ogni valore è una scelta soggettiva, personale. Il senso non rimanda ad uno scopo da raggiungere ma risiede nel valore in sé dell’agire stesso. Tale valore può essere attribuito ad un comportamento etico, religioso oppure estetico. Il valore è riconoscibile solo in riferimento allo stesso valore che rappresenta per il soggetto che compie l’azione a prescindere dalle conseguenze che esso può portare.  Agire razionale rispetto allo scopo: è un tipo di agire in cui il soggetto agisce in base ad un fine da raggiungere. In questa tipologia di agire entra in gioco il rapporto tra mezzi e fini dove i mezzi, a volte, diventano talmente importanti che diventano i fini stessi. è il tipico agire della società moderna. Dal punto di vista del soggetto ogni agire ha un livello di autonomia diverso:  Nell’agire tradizionale l’autonomia individuale non è la cosa più importante  È meno importante la dimensione razionale;  È importantissima l’azione (potrebbe essere la testimonianza di una determinata azione)  La cosa più importante è il calcolo die mezzi e fini. (scambio del rapporto mezzi fini) Dal punto di vista dell’organizzazione economica, la società occidentale moderna pone la sua forza sul capitalismo. Weber studia il capitalismo partendo dall’agire 32 regole della vita comune, prende il nome di raggruppamento politico. Lo Stato, per esempio è un tipo di raggruppamento politico in cui la violenza è legittima. Ciò che rende legittima la violenza è la validità dell’autorità che la impone. Il potere è la capacità di un soggetto di produrre degli effetti e di intervenire sulla realtà e quando il potere di un individuo ha per oggetto altri esseri umani si può parlare di potere sociale all’intero del quale si instaura un potere politico. Il potere politico può basarsi sulla forza o sulla legittimità. Nel primo caso il governo si fonda sull’imposizione di alcune leggi che convengono agli interessi o alle convenzioni di alcuni, mentre nella legittimità le leggi si basano su un criterio condiviso. In “Economia e società” Weber fa una distinzione tra due concetti:  Potenza: il termine designa qualsiasi possibilità di far valere entro una relazione sociale la propria volontà. Chi subisce la potenza si trova costretto a seguire la volontà dell’altro.  Potere: il termine indica la possibilità che un comando con determinati contenuti, trovi obbedienza presso certe persone. A differenza della potenza, il potere porta le persone ad obbedire perché esso ritiene che il potere sia legittimo. Qui Weber distingue tre tipologie di legittimazione del potere:  Legittimità tradizionale: è tradizionale quando poggia sulla credenza del sacro (tradizioni ritenute valide da sempre). Chi obbedisce lo fa sulla base di un sentimento e chi comanda riceve la sua legittimità sulla base di un provenire dal passato.  Legittimità carismatica: per carisma s’intende segno di elezione che compete come una qualità personale a un individuo particolare. Quindi per Weber, il potere è carismatico quando poggia sulla dedizione al carattere sacro, alla forza eroica, o al valore esemplare di una persona.  Legittimità razional – legale: la legittimità poggia sulla credenza nella legalità di ordinamenti statuiti e nel diritto di coloro che sono chiamati ad esercitare il potere in base ad essi. A ogni forma di potere legittimo corrispondono forme tipiche di apparati amministrativi. Uno di questi è la burocrazia, organizzazione permanente della cooperazione tra un grande numero d’individui ciascuno dei quali svolge una funzione specifica. Ogni individuo, all’interno della burocrazia, p definito funzionario in quanto opera sulla base di procedure standardizzate e obbedisce a un’autorità impersonale. La burocrazia inoltre si fonda su diversi principi:  Esistenza di competenze e di servizi definiti da leggi o regolamenti;  Gerarchia delle funzioni;  Separazione tra la funzione e l’uomo che la svolge;  Reclutamento dei funzionari sulla base del possesso di una formazione specifica e sulla base di esami; 35  Retribuzione del funzionario mediante un salario erogato dallo Stato. Weber, nel capitalismo moderno occidentale, parla di burocratizzazione del lavoro. Con questo termine, Weber, cerca di dimostrare che la burocrazia funziona meglio quando agisce su sistemi amministrativi di grandi e complesse società. Nonostante i tanti aspetti positivi della burocrazia, quest’ultima pone anche degli svantaggi. In quanto basata sulla spersonalizzazione, essa favorisce la deresponsabilizzazione dei singoli funzionari e, siccome fondata sul rispetto delle procedure standardizzate, sfavorisce l’innovazione. Come abbiamo detto all’inizio, il pensiero di Weber è spesso intrecciato con quello di Marx e questo intreccio lo ritroviamo anche nella stratificazione sociale. Per stratificazione sociale s’intende il modo in cui in una società gli individui e i vari raggruppamenti sono differenziati e organizzati in modo gerarchico. In Marx ogni società è suddivisa in classi e la collocazione di un individuo varia in base alla sua posizione, in Weber invece, in ogni società coesistono diversi ordinamenti. Questi ultimi si suddividono in:  Ordinamento economico: una classe, per Weber, è un insieme di individui che condividono possibilità analoghe per procurarsi i beni economici. Appartengono alla stessa classe individui che hanno la possibilità di situarsi sul mercato, hanno quindi interessi economici molto simili.  Ordinamento culturale: all’interno dell’ordinamento culturale la stratificazione si esprime in ceti. Weber definisce “ceto” un privilegio positivo o negativo nella considerazione sociale. tale privilegio può essere fondato sul modo di condotta della vita, sulla specie di educazione ricevuta, sul prestigio derivante dalla nascita, dalla professione o dall’appartenenza a un gruppo in cui si entra.  Ordinamento politico: la stratificazione politica si realizza nelle forme degli apparati politici e amministrativi di un gruppo sociale, cioè nelle cariche che vi possono ricoprire, nella possibilità che i membri di un determinato partito o di una determinata fazione politica prevalgono su altri. Weber svolge la sua ricerca su una società moderna. La modernità, secondo il sociologo, è rappresentata nel processo di razionalizzazione o primato della razionalizzazione. Si tratta di un processo (irreversibile) attraverso il quale si afferma una logica di tipo strumentale che è propria dell’agire razionale rispetto allo scopo. Si tratta di una logica che guida la vita sociale e la logica di fondo del sistema tecnico alla dimensione tecnica. È la logica strumentale che separa la dimensione della funzione dalla dimensione significativa. Questo processo prende anche il nome di disincanto del mondo in cui Weber si allontana dalla dimensione religiosa e valoriale del mondo. L’individuo moderno pensa che tutto possa essere superato solo grazie alla razionalità. Qui si trova il paradosso della modernità: l’idea che la ragione possa dominare ogni cosa è essa stessa una fiducia non giudicata razionalmente. Questa scissione che c’è tra la razionalità e i valori, è una caratteristica effettiva della 36 società moderna. Per Weber ciò comporta l’individuazione della dimensione della responsabilità personale come fondamento dell’etica. 7.Le origini della sociologia americana Introduzione Alla fine del XIX secolo, la sociologia che si è sviluppata nella maggior parte de paesi è insegnata regolarmente nelle diverse università americane. I primi inseganti a insegnare questa nuova scienza furono Ward, Small, Sumner, Cooley e Veblen e la loro sociologia è dipendente da quella degli autori classici britannici come Spencer e il suo evoluzionismo. In “Costumi di gruppo” Sumner mette in luce il concetto di “etnocentrismo” il cui obiettivo è quello di privilegiare da parte di un gruppo, i propri costumi e valori rendendo inferiori quelli di altri gruppi etnici. In “ La teoria della classe agitata”, Veblen propone il concetto di “consumo vistoso” cioè quel consumo non finalizzato all’ostentazione della ricchezza. Infine, Cooley in “L’organizzazione sociale” elabora l’idea di “sé specchio” e propone una distinzione tra gruppo primario e gruppo secondario. La società nordamericana, è, come accade in tutte le società moderne, caratterizzata da forti mutamenti e il principale è l’immigrazione. Il maggior numero di immigranti nel 1900 proveniva dall’Europa centro – settentrionale prima che si modificasse la situazione: infatti, poco tempo dopo, gli immigranti arrivavano perlopiù dalle regioni europee orientali o meridionali. Con l’immigrazione si ha un elevato tasso di difficoltà d’integrazione causato dalla differenza di lingua, cultura, tradizioni, costumi. Fino alla crisi del ‘29, il capitalismo americano fu caratterizzato da un dinamismo che si univa alla capacità di creare differenze. L’immigrazione, i conflitti dovuti dalle differenze etniche, la disgregazione sociale e la devianza furono dei temi che i sociologi della scuola americana di Chicago furono costretti a prendere in considerazione nelle loro ricerche sociologiche. La scuola di Chicago Il primo dipartimento dedicato agli studi della sociologia fu aperto nella scuola di Chicago fondata nel 1892. Il primo direttore fu Small anche noto fondatore della prima rivista americana di sociologia. Gli autori che contribuirono al suo sviluppo furono: Thomas e Park. Thomas scrisse “Il contadino polacco in Europa e in America” in cui il tema principale è uno studio sulle condizioni di vita e di salute degli immigrati polacchi a Chicago. Il pensiero che emerge è che non si può comprendere il comportamento degli immigrati senza fare riferimento alla loro storia, al paese da cui provengono e ai motivi dell’immigrazione. Con questo suo studio, Thomas diede inizio all’uso di metodi qualitativi nella ricerca sociologica, basandosi quindi sullo studio sistematico della corrispondenza degli immigrati e sulla ricostruzione della storia personale di molti di essi. Così come per Weber, anche per Thomas non si può non tenere conto del significato che gli individui attribuiscono al loro comportamento. Per capire questi significati, il 37 Talcott Parsons (1902 – 1979) Nasce a Colorado Springs e dopo gli studi universitari nel Massachusetts, nel 1927 inizia ad insegnare ad Harvard esercitando per trent’anni un’enorme influenza sulla sociologia americana ed europea del secondo dopoguerra. Le sue opere principali sono “La struttura dell’azione sociale”; “Il sistema sociale”; “Famiglia e socializzazione”; “Sistemi e società”. L’approccio di Parsons alla sociologia viene definito “struttural – funzionalista” in quanto si propone di individuare la struttura della società e di comprenderla mostrandone le funzioni che vengono svolte al suo interno. Quest’approccio si può anche definire sistemico, poiché si basa sul concetto di sistema. Parsons cerca di integrare le idee di Weber e di Durkheim, cioè capire da un alto, in cosa consiste l’azione degli individui e dall’altro vedere come si inseriscono le azioni individuali in un contesto di vincoli per l’individuo. Azione sociale e sistema Parsons considera l’atto come l’unità elementare di cui si occupa la sociologia. La descrizione di un’azione richiede: I. Un attore: colui che compie l’atto II. Un fine: una situazione futura verso cui è orientato l’atto. III. Una situazione: differente da una situazione futura . essa si può analizzare in base a:  Le condizioni: elementi di cui l’attore non ha il controllo.  I mezzi: elementi di cui l’attore ha il controllo. IV. Un orientamento normativo: motivi al di sopra dell’individuo che fanno scegliere un mezzo piuttosto che un altro. Nel contesto della cultura americana, Parsons lottava contro il comportamentismo (tendenza a ridurre l’azione umana ad un meccanismo di risposta agli stimoli) e l’utilitarismo (ridurre le azioni a un interesse). In questa lotta, Parsons cercava con le sue definizioni a dare un peso alla libertà di scelta dell’attore e alle norme (collegamento tra personalità e l’insieme sociale di cui un individuo fa parte) che ne vincolano e governano l’azione. Perché un sistema sociale funzioni è necessario che i membri abbiano una personalità e che facciano dei loro valori e delle norme, una cultura comune. Il sistema sociale, così come ogni sistema è un insieme di parti capaci di autoregolarsi e ogni parte svolge una funzione necessaria alla produzione del sistema stesso. Queste funzioni possono essere di 4 tipi:  Adattamento all’ambiente  Definizione degli obiettivi  Trasmissione e conservazione dei modelli di organizzazione  Integrazione delle parti e controllo dei membri Parsons vede l’individuo come un soggetto dotato di personalità che gli permette di avere un ruolo (sistema di comportamenti orientati a una funzione) nella società. 40 Famiglia e socializzazione Le azioni di un soggetto sono in linea con le aspettative degli altri perché sia il soggetto sia gli altri hanno interiorizzato i principi della cultura comune. Il concetto di interiorizzazione per Parsons è la formazione del “Super – io”, quel soggetto che riproduce dentro se stesso l’autorità che all’inizio gli era stata imposta dall’esterno. L’interiorizzazione corrisponde con la socializzazione e si realizza nella prima infanzia all’interno della famiglia la quale, rispetto al passato, tende a perdere alcuni compiti tradizionali come la cura della salute, la produzione dell’autoconsumo ma si specializza nello svolgimento del compito di aiutare la socializzazione dei bambini e di stabilizzare la personalità degli adulti. La famiglia moderna ha delle caratteristiche peculiari:  È nucleare: genitori e figli risiedono in un’abitazione indipendente.  Il ruolo della donna è quello di fare la casalinga e di leader espressiva (dirige la dimensione affettiva).  L’uomo invece è colui che lavora e porta a casa il denaro necessario alla sopravvivenza della famiglia e che gestisce i rapporti della famiglia con il mondo esterno.  La posizione sociale della famiglia dipende dal tipo di lavoro che il padre / marito svolge. Queste caratteristiche rappresentano alla perfezione il tipo di famiglia americana del tempo ma non coincide con quelle degli altri paesi. Alcune categorie analitiche Parsons ha rielaborato e ridefinito diversi termini sociologici.  Norme: modelli di condotta che chi non segue viene punito;  Valori: sono ciò a cui le norme si ispirano;  Ruoli: insieme di comportamenti regolati dalle norme. L’insieme dei ruoli forma uno status, posizione che occupa all’interno della società;  Istituzioni: sottoinsieme dei sistemi sociali (scuola, famiglia…);  Socializzazione: processo attraverso il quale l’uomo interiorizza i valori e le norme. Parsons inoltre diede ance dei parametri, chiamati “variabili strutturali”, per distinguere le diverse società. questi parametri sono:  Particolarismo e Universalismo: il primo è ciò che si fa per una persona importante tipo un amico, mentre il secondo porta il soggetto a compiere delle azioni per tutti (giudice);  Specificità e Diffusione: il primo riguarda i rapporti che una persona ha nei confronti dell’altro solo in bade agli aspetti specifici del ruolo; il secondo 41 invece porta l’uomo a relazionarsi con gli altri considerando i vari aspetti propri e dell’altro;  Ascrizione e Acquisizione: nel primo caso l’uomo ha un comportamento nei confronti dell’altro in base ai tratti che lo caratterizzano dalla nascita (colore, etnia, provenienza…); nel secondo caso l’uomo ha un comportamento nei confronti dell’altro in base a cosa la persona è stata in grado di realizzare;  Affettività e Neutralità Affettiva: si ha una differenza tra la gratificazione affettiva nell’azione (famiglia) o assenza di gratificazione affettiva (cliente);  Interessi Collettivi e Interessi Privati: negli interessi collettivi l’azione è orientata a tutti (medico); nel secondo caso l’azione è interessata a un’unica persona (imprenditore). Le società moderne tendono all’universalità e all’acquisizione, mentre le società tradizionali tendono al particolarismo e all’ascrizione. Nei suoi ultimi studi sviluppa l’idea che i sistemi sociali siano disposti in un continuum. I modelli sono evolutivi perché promuovono un adattamento a un ambiente migliore e sono universali perché si incontrano in tutte le società che si situano allo stesso livello. Di questi livelli esistono 3 tipi:  Il primo livello corrisponde allo stadio d sviluppo delle società primitive: sono universali evolutivi lo sviluppo del linguaggio, della religione, della parentela e della tecnologia.  Il secondo livello corrisponde alla rivoluzione neolitica che vede la nascita delle città e dell’agricoltura: sono universali evolutivi lo sviluppo di un sistema di stratificazione sociale e del sistema deputato alla legittimazione dell’assetto politico.  Il terzo livello corrisponde alla formazione della società moderna: sono universali evolutivi sviluppo della burocrazia, del mercato, della democrazia, di norme universalistiche generalizzate. Osservazioni La sociologia di Parsons però è stata sottoposta a diverse critiche. Innanzitutto i limiti del funzionalismo: concentrandosi solo su ciò che è funzionale al sistema sociale, non ne considera i conflitti, visti solo come disfunzioni. Parsons non riesce a dare una spiegazione chiara ai motivi del mutamento sociale. Per molti, Parsons ha creato uno specchio degli ideali della società americana del tempo. Le teorie della modernizzazione partono dal fatto che tutte le società devono prima o poi conformarsi alle società occidentali prese come modello. Questo significherebbe anche che i paesi in via di sviluppo dovrebbero avere lo stesso percorso di quelli che si sono sviluppati prima. La teoria della dipendenza, basata su studi dei paesi dell’America latina, fa emergere che questi paesi sono vincolati ai paesi più sviluppati che hanno puntato sullo sfruttamento. Rimangono valide le variabili strutturali che possono essere applicate a studi sul campo rivelandosi ottimi strumenti per la descrizione delle varie società. Parsons constatò che la famiglia è un nucleo sempre in mutamento e in evoluzione 42 mondo della realtà in cui scompare il dubbio che le cose possono non essere come l’uomo le vede. Il senso comune Come dice Schutz, il pensiero in cui siamo immersi quotidianamente, è il senso comune, il pensiero dell’ovvio. Questo pensiero preserva ogni uomo dal dover continuamente risolvere i problemi che hanno trovato soluzioni soddisfacenti. Pensare con il senso comune, vuol dire pensare come al solito senza farsi troppe domande sulla comunità e sulla propria esistenza. Solo una piccola parte dell’esistenza dell’uomo è data dall’esperienza personale e la maggior parte deriva socialmente dalle persone che lo circondano. Non sempre, però, affidarsi al senso comune è sufficiente. Lo straniero che si trova in un paese in cui niente è ovvio e tutto quello che dava per scontato nel suo gruppo d’origine non è più tale, egli entra in crisi in quanto deve abbandonare un senso comune e apprenderne uno nuovo. Esistono diversi sensi comuni. Il proprio senso comune è reale fino a quando funziona, ovvero fino a quando, anche chi circonda il soggetto lo condivide e fino a che la realtà viene percepita nello stesso modo. Il senso comune deriva dalla tradizione del gruppo e in parte viene riprodotto e confermato dalle azioni di ogni componente della società. Schutz si occupa molto della sociologia della vita quotidiana perché per lui è fondamentale poiché senza di essa non si può fare scienza sociale. La sociologia da interpretazione dell’agire degli uomini perché questi, nella vita quotidiana, interpretano il significato delle proprie azioni e quelle degli altri. è importante quini capire come agisce l’interpretazione spontanea della vita quotidiana per poi dare una spiegazione scientifica. In entrambi i casi si interpretano le azioni con gli ideal – tipi. La differenza è che, la tipizzazione del singolo non si pone il problema dell’essere incongruente o approssimativa; invece la tipizzazione scientifica si interroga sulla validità delle sue affermazioni. Peter Berger e Thomas Luckmann Essi si propongono per continuare l’opera di Schutz. Scrivono un libro “La realtà come costruzione sociale”, il quale è uno sviluppo del pensiero di Schutz visto come sociologia della conoscenza quotidiana e come pietra fondamentale dell’intera sociologia che consente di combinare le prospettive di Durkheim e di Weber. Bisogna vedere come la realtà sia prodotta dall’interazione degli individui come realtà oggettive e come sia poi interiorizzata soggettivamente dal singolo. Con l’oggettivazione ogni volta che un problema viene risolto cessa di essere un problema e le soluzioni efficaci diventano dei modi tipici d comportamento che diventeranno a loro volta delle abitudini il che vuol dire creare una routine. Chi entra a far parte di un gruppo trova delle routine già idealizzate e messe in atto. La costruzione di una comune realtà è un processo di oggettivizzazione in cui le forme delle realtà appaiono come fatti. 45 Quando si viene al mondo, la realtà, come abbiamo detto prima, è già stata codificata, bisogna solo imparare e apprendere il senso comune che viene impartito e che viene considerato naturale. Qui si parla di socializzazione. La realtà è una costruzione sociale che sembra avere un’esistenza propria ma si riproduce solo se ognuno impara a darle lo stesso senso degli altri. Questo mutamento si verifica quando si generano dei movimenti sociali, cioè quando i membri della società non danno più per ovvio il mondo. Le tecnologie possono porre nuovi problemi o aspettative e il mondo moderno mette sempre a confronto realtà sociali differenti che costringono a fare i conti con i diversi sensi comuni. La percezione del fatto che la realtà è una costruzione può creare disorientamento, il quale rappresenta la principale causa del disagio della modernità. Ogni ordinamento sociale è arbitrario. Erving Goffman (1927 – 1982) Egli nella sua sociologia si occupa principalmente del ruolo dell’attore che ogni uomo nella vita interpreta nella vita sociale e nelle metacomunicazioni. Le metacomunicazioni sono un parlare di ciò che si è parlato e spesso si esce dal discorso principale per specificare ciò che è stato detto. Nella sua sociologia Erving Goffman, gli attori sociali, intesi come persone che compiono un’azione, sono attori anche nel senso teatrale. In pubblico, quando l’uomo interagisce, cerca di dare un’impressione, di sostenere un ruolo e di portare avanti la sua carriera. In privato l’uomo volge dei momenti di autoriflessione e abbandona il ruolo che recita in pubblico. Nella società accade un po’ come in teatro: l’uomo recita una parte e gli altri soggetti si rendono conto che sta recitando e quindi fingendo, ma tra di loro c’è un comune accordo per cui viene preso per vero quello che l’attore sociale interpreta (il falso). Nella comunità si usano spesso de metalinguaggi che permettono agli individui di capirsi e di capire il vero e di dare un contorno al messaggio che si vuole inviare. Goffman scrisse un libro “Asylum” che si basa su una ricerca empirica. Divenne mendico per un anno in un ospedale psichiatrico che egli stesso definisce come un’istituzione totale in cui chi è rinchiuso viene tagliato fuori dalla società. Chi rimane all’interno non può fare a meno che considerarsi come viene descritto dall’istituzione o dalla società, continuando a credere di essere un malato di mente portando in sé delle complicazioni di salute e non dei miglioramenti. Osservazioni Goffman venne rimproverato per evitate che egli prendesse in considerazione la dimensione strutturale della società (economia stratificazione sociale…). Egli, però, sa benissimo che la sua teoria non spiega ogni cosa. Questa critica è stata fatta a tutte le teorie della vita quotidiana la cui importanza sta nel fatto che hanno proposto un approccio diverso dalla sociologia. L’unico punto in comune che hanno queste diverse teorie è la valorizzazione della vita quotidiana che, vista dalle teorie classiche è come l’esternazione di comportamenti determinati da fattori non quotidiani (norme, cultura, strutture) e quindi non meritano di essere studiate. Per le teorie della vita quotidiana, gli attori con le loro azioni, i loro discorsi, i loro 46 gesti, permettono la riproduzione della società. Ciò a cui queste teorie invitano è di tenere conto che la riproduzione sociale è una continua ripetizione di pratiche che vanno interpretate in quanto il comportamento dell’uomo presuppone una realtà che da senso al suo agire e non si può quindi non tenerne conto nello studio sociologico. 47
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