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Il movimento omosessuale da Ulrichs al XXI secolo, Prove d'esame di Storia Contemporanea

Storia dei movimenti omosessuali a livello globale, dal XIX secolo ai giorni nostri.

Tipologia: Prove d'esame

2019/2020

In vendita dal 14/12/2022

MatteoBorelli
MatteoBorelli 🇮🇹

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Scarica Il movimento omosessuale da Ulrichs al XXI secolo e più Prove d'esame in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! Il movimento omosessuale da Ulrichs al XXI secolo ELABORATO PER IL CORSO DI PROFILI DI STORIA GLOBALE (2018/2019) prof.ssa Marica Tolomelli Matteo Borelli INDICE Premessa 1. I presupposti e la presa di coscienza: Ulrichs e il primo movimento omosessuale 2. L’affermarsi di un movimento globale: Stonewall e la Gay liberation 3. La crisi dell’AIDS e i successivi sviluppi: il movimento LGBT+ Certamente per migliaia di anni e in ogni parte del mondo uomini e donne, «con significati sociali o affettivi diversi in periodi storici diversi»6, sono stati attratti da altre persone del loro stesso sesso. La graduale presa di coscienza che ha interessato quanti si sentivano diversi e perseguitati è maturata nel solco di una lunga storia di omofobia7: dall’esclusione sociale al carcere, dai roghi alle impiccagioni. La comparsa e il diffondersi del monoteismo abramitico nelle sue tre grandi tradizioni (ebraismo, cristianesimo, islam) ha certamente contribuito, in tempi e modi diversi, all’acuirsi di un sentimento fortemente contrario ad ogni forma di rapporti irregolari, non produttivi e pertanto “contro natura”. La Bibbia e il Corano ci forniscono alcuni passaggi molto significativi in tal senso.8 Se infatti il mondo antico, «considerava i rapporti fra uomini parte integrante di una sessualità che non solo non escludeva, ma considerava necessari e doverosi (oltreché desiderabili i rapporti con le donne»9, l’avvento dell’era cristiana, sulla scia della tradizione ebraica, portava con sé una nuova visione, introducendo «il principio della “naturalità” dei soli rapporti eterosessuali»10. Dobbiamo attendere gli inizi del XIX secolo, quando nella nuova scientia sexualis che si afferma nella medicina del tempo possiamo rinvenire una svolta significativa nella storia dell’identità omosessuale. In questo stesso periodo, in cui si afferma e prende piede la nuova morale vittoriana, tanto dedita all’enfasi della “purezza” tanto fisica quanto spirituale, e in cui la lotta alla masturbazione diventa spietata e la circoncisione, da pratica barbara, segno distintivo di ebrei e musulmani, diviene cura miracolosa delle più svariate patologie e rimedio sicuro contro il vizio solitario, tutta la sessualità umana cade sotto la lente d’ingrandimento della scienza. Nella nuova organizzazione sociale di un un’epoca in cui tende ad affermarsi un rigido binarismo di genere all’insegna dell’aut/aut (maschio o femmina, maschile o femminile), in un preciso schema di caratteristiche con cui mostrarsi e comportamenti a cui aderire, gli studi, tra gli altri, dello psichiatra 6 L. Wallace, Scoprire l’omosessualità: un raffronto interculturale e la storia della sessualità, in R. Aldrich (a cura di), op. cit., p. 249. 7 Cfr. P. Pedote, N. Poidimani (a cura di), We will survive! Storia del movimento LGBTIQ+ in Italia, Milano, Mimesis, 2020, pp. 17-31. 8 Si pensi ad esempio al Levitico, considerato libro sacro sia dagli ebrei che dai cristiani, che offre alcuni passaggi molto significativi ed espliciti in tal senso: «non devi giacere con un maschio come fai con una donna: è un abominio» (Lv, 18:22), e ancora «se un uomo giace con un maschio come fa con una donna, hanno commesso tutti e due un abominio: saranno messi a morte entrambi. Il loro sangue ricadrà su di loro» (Lv, 20:13). 9 E. Cantarella, Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico, Milano, Feltrinelli, 2020, p. 269. 10 Ivi, p. 280. Karl Friedrich Westphal sulla “sensibilità sessuale contraria” negli anni ’70 e un’opera di assoluta importanza quale sarà Psychopathia sexualis (1886) di Richard von Krafft-Ebing (1840-1902), contribuirono ad affievolire il peso di considerazioni morali e religiose in questo campo e a fondare il paradigma dell’inversione sessuale. Appare quindi evidente in questo periodo, l’emergere di un forte processo di generale medicalizzazione della società e la formazione di categorie sessuali più rigide e definite. Nella definizione che ora si afferma della moderna identità omosessuale come condizione innata della persona, «in un tessuto discorsivo in cui temi, categorie e linguaggio vengono per la prima volta dettati dalla medicina»11, si creano le condizioni sia etiche che scientifiche per cui diversi medici e intellettuali si impegnano attivamente nel sostenere una posizione contraria alla repressione, anche promuovendo l’abolizione di quelle leggi che criminalizzavano i rapporti tra uomini. Se queste voci furono dapprima minoritarie e isolate, col tempo si fecero più forti e numerose. Il filosofo francese Michael Foucault, nella sua Histoire de la sexualité (1976), ha lucidamente descritto il grande cambiamento che ha investito la sessualità dell’Ottocento europeo e in special modo l’affermarsi di una nuova definizione di omosessualità/omosessuale: La sodomia – quella degli antichi diritti civili o canonico – era un tipo particolare di atti vietati; il loro autore ne era soltanto il soggetto giuridico. L’omosessuale del XIX secolo, invece, è diventato un personaggio: un passato, una storia, ed un’infanzia, un carattere, una forma di vita; una morfologia anche, con un’anatomia indiscreta e forse una fisiologia misteriosa. Nulla di quello che egli è sfugge alla sua sessualità. […] L’omosessualità è apparsa come una delle figure della sessualità quando è stata ricondotta dalla pratica della sodomia ad una specie di androginia interiore, un ermafroditismo dell’anima. Il sodomita era un recidivo, l’omosessuale ormai è una specie. Quanto descritto da Foucault non sarebbe stato possibile se non si fosse proceduto a identificare la patologia e le cause fisiologiche di tale comportamento e se non si fosse quindi definito il perimetro entro il quale indagarle. Occorreva quindi, sulla scia della tradizione filosofica dell’Occidente, fondare nuove categorie. Tale categorizzazione della sessualità e la sua medicalizzazione, hanno quindi permesso in ultima analisi, l’invenzione della sessualità moderna. Scrittore prolifico e vivace animatore del dibattito in corso sulla sessualità, figura per lungo tempo dimenticata (la lapide indicante il luogo della sua sepoltura nel cimitero di L’Aquila venne ritrovata solo nel 1988 da Massimo Consoli ed è oggi divenuta un luogo molto caro alla comunità LGBT), 11 M. De Leo, op. cit., p. 26. quello del giurista tedesco Karl Heinrich Ulrichs (1825-1895) è un nome di enorme importanza nella storia dei movimenti per i diritti omosessuali. Di lui, che possiamo ora considerare un antesignano del movimento di liberazione omosessuale, e che si rese protagonista – a quando ci è dato sapere – del primo coming out della storia (a 37 anni, dopo una lunga riflessione, decise di comunicare alla famiglia e ai parenti la propria condizione di “uranista”) il celebre sessuologo tedesco Magnus Hirschfeld (1868-1935), colui che contribuì grandemente a costruire il moderno concetto di omosessualità, espresse il seguente giudizio: Quando i posteri un giorno includeranno la persecuzione degli urninghi [omosessuali] in quel triste capitolo di altre persecuzioni di credenze religiose e razze – e che quel giorno verrà è certo oltre ogni dubbio – allora il nome di Karl Heinrich Ulrichs sarà sempre ricordato come uno dei primi e dei più nobili che hanno combattuto con forza e con coraggio su questo campo per aiutare la verità e la chiarezza a guadagnare il posto che spetta loro di diritto.12 Riscoperto in tempi abbastanza recenti, Ulrichs fu un pioniere del primo movimento omosessuale e teorizzatore, trovando un valido alleato nella scienza e sulla scia delle teorie formulate dal sapere medico del tempo, di una condizione biologica innata dell’attrazione per lo stesso sesso, per la quale conierà il termine “uranismo”. Condizione questa che per quanto, come afferma l’autore nei suoi primi lavori sull’affetto omosessuale (Vindex e Inclusa, pubblicati nel 1864 sotto lo pseudonimo di Numa Numantius), rimanga un enigma della natura, possiamo constatare come indubbiamente innata: «prova fondamentale che l’amore urningo [omosessuale] sia naturale è il fatto che esso sia esistito attraverso i secoli, nonostante una storia di persecuzioni continue»13. Per la prima volta nella storia, la riflessione in atto nell’Europa di fine Ottocento consentì la nascita delle prime associazioni e a quanti interessati, di incamminarsi sulla strada dell’attivismo. E fu proprio il medico tedesco che tanta stima aveva di Ulrichs, due anni dopo la morte di quest’ultimo, a fondare la prima organizzazione votata a difendere i diritti degli omosessuali. Nel 1897, Hirschfeld e un piccolo gruppo di collaboratori danno vita a Berlino al Comitato scientifico- umanitario (Wissenschaftlich-humanitäres Komitee), che adottò il motto di Per scientiam ad justitiam. Fin dalla sua fondazione e nonostante la costante minaccia della censura che non consentì al gruppo di animare da subito una vivace stampa omosessuale, il Comitato portò avanti, «spesso di pari passo, l’azione politica diretta, la ricerca scientifica e l’educazione delle masse»14. Il clima liberale 12 M. Hirschfeld, prefazione a Karl Heinrich Ulrichs, Forschungen über das Räthsel der mannmännlichen Liebe, 1898, cit. in H. Kennedy, Ulrichs, Bolsena, Massari, 2005, p. 22. 13 H. Kennedy, op.cit., p.102. 14 R. Beachy, Gay Berlin. L’invenzione tedesca dell’omosessualità, Milano, Bompiani, 2016, p. 13. as Problem in Social Life (1908), «the first book in the English language to discuss all aspects of homosexuality»20. Nel 1924 a Chicago, ispirato dall’esperienza dal Comitato berlinese, Henry Gerber (1892-1972) fonda la prima organizzazione dedicata ai diritti omosessuali negli Stati Uniti, la Society for Human Rights, che pubblicherà, anche se per breve tempo, la prima pubblicazione americana destinata ad un pubblico gay, Friendship and Freedom (1924-1925). Sempre oltreoceano, l’anarchica femminista di origini russe Emma Goldman, che tanto rimase colpita da quell’“atto di orribile ingiustizia” che fu la condanna al carcere di Oscar Wilde, fu la prima figura di spicco e l’unica donna negli Stati Uniti a schierarsi pubblicamente a sostegno dei diritti degli omosessuali. In contatto con Magnus Hirschfeld, che di lei aveva ottima stima, in una lettera proprio a lui indirizzata scrisse: «it is a tragedy, I feel, that people of a different sexual type are caught in a world which shows so little understanding for homosexuals and is so crassly indifferent to the various gradations and variations of gender and their great significance in life»21. Ma parallelamente all’associazionismo e alle reti di intellettuali, dobbiamo ricordare la grande varietà di sottoculture omosessuali sorte nella relativa libertà dei grandi centri urbani europei (Berlino, Parigi, Londra). É qui che, nella comunità omosessuale che stava trovando spazi propri e forgiando nuove identità, possiamo scorgere il nascere di «un “cultura omosessuale” nel senso di un sistema di rifermento comune e una condivisione delle descrizioni»22. Ma di lì a poco l’avvento al potere del Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori di Hitler in Germania e lo scoppio del secondo conflitto mondiale portarono a un clima politico nuovamente segnato dalla repressione e da un forte controllo sociale in tema di “reati sessuali”, e non solo nei regimi totalitari. Il 6 maggio 1933, un raid nazista sottrasse e distrusse quasi totalmente quanto conservato (libri, fotografie, fascicoli personali) presso l’Istituto di Hirschfeld, che dovette quindi concludere le proprie attività. Il suo fondatore che si trovava in quel momento all’estero per una serie di conferenze, non farà mai più ritorno in Germania, e morirà nel 1935 a Nizza. L’eredità culturale dell’iniziale movimento per i diritti omosessuali influenzò significativamente i successi movimenti LGBT. Anche se, come sappiamo, «the Nazis eliminated the world’s most vibrant and public homosexual culture»23, come ci ricorda Robert Deam Tobin «the discussion 20 V. L. Bullogh, Before Stonewall: Activists for Gay and Lesbian Rights in Historical Context, New York, Routledge, 2002, p. 36. 21 E. Goldman, Letter to Magnus Hirschfeld, 1923, cit. in https://www.nyclgbtsites.org/site/emma-goldman- residence-mother-earth-office/ (consultato il 30/05/2022). 22 F. Tamagne, L’era omosessuale. 1870-1940, in R. Aldrich (a cura di), op. cit., p. 182. 23 R. Beachy, The German Invention of Homosexuality, “The Journal of Modern History”, 82, n. 4, 2010, pp. 801-838. begun in nineteenth-century German-speaking central Europe continue to inform the rhetoric of sexuality in the United States and throughout the world»24. Come si vedrà nelle prossime pagine, la spinta che darà l’avvio alla “nuova ondata” del movimento omosessuale avverrà sull’altra sponda dell’Atlantico. Nel secondo dopoguerra infatti «gli Stati Uniti sarebbero diventati il centro della militanza omosessuale e il punto di partenza di un nuovo movimento per l’affermazione di un’identità gay»25. 2 – L’affermarsi di un movimento globale: Stonewall e la Gay liberation 24 R. D. Tobin, Peripheral Desires: The German Discovery of Sex, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 2015, p. 230. 25 Ivi, p. 195. Intorno alla metà del XX secolo, i rapporti sessuali tra uomini sono penalmente puniti in gran parte del mondo. La storia della grande oppressione nazista che costerà la vita a migliaia di omosessuali e che non riceverà molta attenzione per alcuni decenni (il “triangolo rosa”, diventerà simbolo globale della lotta di liberazione gay solo negli anni ’70), era però ben viva nella memoria dei pochi che sopravvissero e che trovarono la forza di raccontare quanto subito26. Negli anni ’50, tutte le società occidentali presentano «un carattere di omofobia molto accentuato»27. Nel modello egemone di famiglia nucleare che si fonda su di una rigida divisione dei ruoli di genere, la devianza da tale sistema di valori non può essere accettata. L’identificazione poi tra omosessualità e comunismo che maturerà negli Stati Uniti nel clima politico della Guerra Fredda e del maccartismo e che porterà, nella sua fase più acuta ai licenziamenti di massa della Lavander Scare, porterà a percepire entrambi quali «una minaccia sia per lo Stato sia per un intero sistema di vita»28. Nonostante questo, gruppi e formazioni politiche di vario genere e orientamento scelgono di scendere in campo per combattere le discriminazioni di cui sono oggetto. Un tratto comune di queste organizzazioni che si definiscono “omofile”, è il maturare della convinzione che motivo principale della discriminazione risieda nell’ignoranza della società, e che solo per mezzo di un’ampia opera di informazione, mediante la pubblicazione di studi scientifici e riviste, dibattiti pubblici e uno stile di vita che identifichi i suoi membri quali buoni e onesti cittadini, sarà possibile promuovere efficacemente «la propria integrale “assimilabilità” ai valori socialmente egemoni»29. Tra le organizzazioni omofile sorte nel secondo dopoguerra, è doveroso ricordare la Mattachine Society, fondata nel 1950 a Los Angeles dall’attivista Harry Hay. Nel 1955 la coppia di attiviste lesbiche Del Martin e Phyllis Lione fondano a San Francisco la prima organizzazione lesbica d’America, le Daughters of Bilitis, che pubblicherà per sedici anni la rivista The Ladder (1956- 1972). Fondate rispettivamente nel 1946 e nel 1950, il gruppo olandese Cultuur en Ontspannings Centrum (Centro per la cultura e il tempo libero) e la Riksförbundet för Sexuellt Likaberättigande 26 Alcune vivide testimonianze possono ritrovarsi nelle opere dell’austriaco Josef Kohout (1915-1994) che sotto lo pseudonimo di Heinz Heger, pubblicò nel 1972 Die Männer mit dem rosa Winkel (Gli uomini con il triangolo rosa) e del francese Pierre Seel (1923-2005), che nel 1994, dopo una lunga riflessione personale, diede alle stampe il libro Moi, Pierre Seel, déporté homosexuel (Io, Pierre Seel, deportato omosessuale). Entrambi scelsero di collaborare con le proprie testimonianze alla realizzazione del documentario di Rob Epstein e Jeffrey Friedman, Paragraph 175 (2000). A ricordo di questi tragici eventi sono poi sorti diversi memoriali in varie città: per fare qualche esempio, nel 1987 viene inaugurato il primo memoriale di questo tipo al mondo, l’Homomonument di Amsterdam, nel 1994 il Frankfurter Engel a Francoforte sul Meno, nel 2008 a Berlino il Memoriale agli omosessuali perseguitati sotto il nazismo. 27 D. Rizzo, Omosessualità e politica nelle società occidentali del secondo dopoguerra, in R. Aldrich (a cura di), op. cit., p. 203. 28 Ivi, p. 205. 29 Ivi, p. 209. Christopher Street, portò la folla a reagire, e costrinse gli agenti a ritirarsi e a trovare rifugio all’interno del bar. Gli scontri proseguirono anche il giorno successivo e attirarono una folta schiera di sostenitori e semplici curiosi, dando così grande visibilità non solo all’evento ma anche alle voci e alle istanze della comunità. Anche il poeta Allen Ginsberg, che aveva celebrato l’omosessualità nel suo poema Howl (1956), nei giorni seguenti si recò allo Stonewall Inn per manifestare il suo supporto alla causa. Quanto accadde quella notte allo Stonewall Inn di New York «provoked a spontaneous act of resistance that earned a place alongside landmarks in American self- determination such as Seneca Falls Convention for women’s rights (1848) and the Selma to Montgomery March for African American voting rights (1965)»39. É davvero difficile esagerare l’importanza e il significato profondo che i “moti di Stonewall” ebbero per il movimento. Morty Manford, figura chiave del movimento per i diritti gay dei primi anni ’70 e presidente del Gay Activists Alliance, in una lettera ad un periodico gay in occasione del quinto anniversario dei moti di Stonewall, scrisse a riguardo: «there is no getting away from the fact the Stonewall Inn is a symbol of the past. It was a departure point for Gays like the Bastille was for the French people»40. Già alcune settimane dopo, come conseguenza diretta della protesta, nella città teatro della protesta nasce il Gay Liberation Front (GLF). L’anno successivo, Huey P. Newton (1942-1989), attivista afroamericano e fondatore del Black Panter Party (BPP), esprime pubblicamente il suo sostegno alla liberazione gay. Nello stesso anno, dopo averlo concepito e redatto nella primavera del ’69, Carl Wittman (1943-1986), un giovane attivista formatosi nella sinistra studentesca (Students for a Democratic Society), dà alle stampe un pamphlet destinato ad avere grande risonanza e che la storica Lilian Faderman ha definito “la bibbia del movimento di liberazione omosessuale”: Refugees from Amerika: A Gay Manifesto. Il movimento ha ora una forte consapevolezza di sé: L’anno scorso abbiamo assistito a una grande proliferazione di energie e idee circa la liberazione omosessuale. Non sappiamo come sia cominciato, forse siamo stati ispirati dai neri e il loro movimento di liberazione; forse abbiamo imparato a smettere di fingere di essere ciò che non siamo dalla grande rivoluzione hippie. L’Amerika [sic] è emersa in tutto il suo squallore, insieme con le sue guerre e alla nostra classe politica. E finalmente proviamo orrore per il ghetto di cui eravamo prigionieri. Laddove una volta c’era frustrazione, alienazione e cinismo, sono emerse tra Community Center di New York e il National Park Service, in collaborazione con Google.org., hanno realizzato un grande monumento virtuale, Stonewall Forever (il sito internet è consultabile al seguente indirizzo: https://stonewallforever.org), allo scopo di preservare e diffondere la storia e le storie di questo luogo. 39 Stonewall - National Monumet, A Movement Takes Shape; https://www.nps.gov/ston/learn/historyculture.htm (consultato il 30/05/2022). 40 Citato in D. Carter, Stonewall: The Riots that Sparked the Gay Revolution, New York, St. Martin’s Griffin, 2010, p. 266. noi nuove caratteristiche. Siamo pieni d’amore, tra noi, e lo dimostriamo; siamo pieni di rabbia per quello che ci è stato fatto. Ricordando l’autocensura e la repressione di cui siamo stati vittime per così tanti anni, ci scendono le lacrime. Nondimeno siamo euforici, ebbri della nascita di un movimento fiorente.41 Negli anni successivi, sempre più organizzazioni LGBT nascono negli Stati Uniti e in tutto il mondo. Già l’anno successivo, in quegli stessi giorni, a New York, Los Angeles, San Francisco e Chicago si ebbero i primi ‘Pride’ per commemorare quanto accaduto l’anno prima. I gruppi omosessuali si resero conto fin da subito che Stonewall aveva cambiato tutto, aveva segnato l’inizio di una stagione nuova per le loro rivendicazioni e i loro diritti. Frank Kamey (1925-2011), tra i più influenti attivisti statunitensi del secolo scorso, licenziato nel 1957 dall’Army Map Service del Dipartimento della difesa a causa della sua omosessualità, espresse lucidamente il rapido cambiamento avvenuto in quegli anni: «by the time of Stonewall...we had fifty to sixty gay groups in the country. A year later there were at least fifteen hundred. By two years later, to the extent that counts could be made, it was twenty-five hundred. And that was the impact of Stonewall»42. La nascita del GLF ha certamente avuto un ruolo importante nel determinare il configurarsi di un nuovo attivismo e la nascita di un movimento transnazionale, ma quelli in corso negli Stati Uniti, sono «movimenti e sommovimenti culturali che accomunano tra loro le diverse società occidentali»43 ed è per questo che simili associazioni vedono presto la vita anche nel vecchio continente e in altre parti del mondo. Nel Regno Unito, per iniziativa di due studenti della London School of Economics che avevano soggiornato per qualche tempo in America, Aubrey Walter e Bob Mellors, nasce il GLF britannico (1970). A novembre, a Montreal in Canada, in risposta alla sospensione delle libertà civili e alla chiusura dei bar gay conseguente alla decisione del governo Trudeu di invocare il War Measures Act, viene creato il Front de Libération Homosexual (FLH).44 L’anno successivo, l’accademico e attivista australiano Dennis Altman pubblica un’opera pionieristica per la teoria omosessuale, Homosexual: Oppression and Liberation e nello stesso anno anche in Australia si istituisce un’associazione che unisce lesbiche e gay il CAMP (Campaign Against Moral Persecution). 41 C. Wittman, Refugees from Amerika: A Gay Manifesto, San Francisco, Red Butterfly, 1970, p. 3; la traduzione italiana qui riportata è di Dario Giovanni Alì; https://www.kabulmagazine.com/1181-2/ (consultato il 30/05/2022). 42 Stonewall - National Monument, A Movement Takes Shape; https://www.nps.gov/ston/learn/historyculture.htm (consultato il 30/05/2022). 43 D. Rizzo, op. cit., p. 213. 44 Cfr. T. Warner, Never Going Back: A History of Queer Activism in Canada, Toronto, University of Toronto Press, 2002, pp. 66-67. Nel 1971, mentre in Francia il filosofo Guy Hocquenghem (1946-1988) e la scrittrice Françoise d’Eaubonne (1920-2005) partecipano alla creazione di un’alleanza tra gay e lesbiche nel Front homosexuel d’action révolutionnaire (FHAR), su iniziativa di Mario Mieli45 e Angelo Pezzana si crea a Torino l’associazione FUORI! (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano). Proprio in Italia, in occasione di un Congresso internazionale di sessuologia in cui si proponevano cure per l’omosessualità (come l’ipnosi, la lobotomia ed altre forme di “terapie di conversione”), il 5 aprile 1972 il FUORI, il FHAR, il belga MHAR e qualche esponente olandese e danese «confluant pour l’occasion dans l’Internationale homosexuelle révolutionnaire (IHR), […] se retrouvent à Sanremo la veille du congrès pour organiser des actions de contestation»46. In quella che alcuni hanno definito la “Stonewall italiana”, i manifestanti riuscirono a catturare una certa attenzione mediatica, «segnando così l’inizio di una nuova, inedita, visibilità»47. Se gli esponenti dei movimenti del XIX secolo avevano trovato nella medicalizzazione dell’omosessualità il tentativo di fondarne la sua “naturalità”, riconoscendone la natura in una condizione biologicamente determinata, nel secolo successivo questo orientamento non sarebbe riuscito a soddisfare gli obiettivi della gay liberation. I risultati prodotti dalla ricerca scientifica nella seconda metà del ‘900 portarono a rivalutare la concezione patologica dell’orientamento sessuale. Prima che la crisi dell’AIDS agli inizi degli anni Ottanta imporrà con urgenza alla comunità gay di trovare nuove risposte e nuove forme d’azione all’avanzare dell’epidemia, la decisione dell’American Psychiatric Association (APA) di rimuovere la diagnosi di “omosessualità” dalla seconda edizione del suo Manuale diagnostico e statistico segnerà una grande conquista per le lotte dei movimenti nati dalle proteste di Christopher Street. 3. – La crisi dell’AIDS e i successivi sviluppi: il movimento LGBT+ A metà degli anni Settanta mentre si affermano gli studi di genere (Gender studies), aprendosi così nuove opportunità di confronto tra femminismo e comunità LGBT, e la questione del determinismo 45 Nato a Milano nel 1952, Mario Mieli è ritenuto uno tra i massimi esponenti del movimento omosessuale in Italia. Nel 1977 pubblica il suo celebre saggio Elementi di critica omosessuale. 46 M. Prearo, La trajectoire révolutionnaire du militantisme homosexuel italien dans les années 1970, «Cahiers d’histoire. Revue d’histoire critique», 119, 2012 (online) http://journals.openedition.org/chrhc/2751 (consultato il 30/05/2022). 47 M. De Leo, op. cit., p. 166. costituito un ulteriore elemento di riflessione per la comunità internazionale in tema di diritti omosessuali. Arrivando infine alla conclusione, se la medicalizzazione ne aveva sconvolto e rimodulato il significato, l’occidentalizzazione del pianeta (che Serge Latouche ha efficacemente analizzato in un suo celebre saggio del 1989)55 ha consentito all’omosessualità, così come intesa dalla cultura occidentale, di divenire un modello di riferimento e di essere esportata in ogni parte del globo. Ce lo dimostra molto chiaramente il sociologo francese Frédéric Martel quando afferma che: «In tutto il mondo, da Shanghai a Johannesburg, e anche all’Avana e a Teheran, i gay mi hanno parlato dello Stonewall Inn. Perfino chi non è mai stato negli Stati Uniti, e non saprebbe indicare il Greenwich Village su una cartina di New York, ne conosce il mito e sa dov’è. È un piccolo bar malandato, stretto e lungo, che sta al 53 di Christopher Street, di fronte a Sheridan Square. Lì, nella notte del 28 giugno 1969, diverse centinaia di gay hanno sfidato la polizia in quella che sarebbe diventata la rivolta più famosa della storia del movimento Lgbt, ricordata un anno dopo, nel 1970, e poi in tutto il mondo, ogni anno a giugno, con il nome di “Gay Pride”.»56 I fatti di Stonewall sono serviti a galvanizzare la rete di attivismo già esistente e ad imprimergli un radicale cambio di passo. Ma sono fonte di ispirazione anche oggi, in luoghi lontani e in culture profondamente diverse. Come ha detto la storica Lillian Faderman, Stonewall «was crucial because it sounded the rally for the movement. It became an emblem of gay and lesbian power»57. Come la bandiera arcobaleno (Rainbow Flag) creata da Gilbert Baker nel 1978, Stonewall e la sua storia sono un simbolo senza tempo per chiunque senta di appartenere alla comunità LGBT. Non dobbiamo infine sottovalutare le conseguenze delle grandi trasformazioni e dei continui sviluppi che derivano dall’era della trasformazione digitale nel XXI secolo. Se reti transnazionali già esistevano, l’impatto delle nuove tecnologie ha garantito alla comunità LGBT una maggiore condivisione dei propri riferimenti culturali, la creazione di un’audience sempre più vasta e differenziata, la conquista non solo di spazi fisici (si pensi al primo WorldPride che si tenne a Roma nel 2000, lo stesso anno del Grande Giubileo della Chiesa cattolica, suscitando non poche proteste) ma anche di importanti spazi mediatici in cui far valere le proprie rivendicazioni, l’emersione di 55 Per il filosofo francese, «il mondo ha visto sorgere e crollare tanti imperi, passare tanti conquistatori, da Alessandro Magno a Tamerlano, ma certo, stavolta, si afferma qualcosa di irreversibile. Tante conquiste di questa o quella potenza occidentale saranno senza futuro, ma la presa dell’Occidente sul pianeta è definitiva», in S. Latouche, L’occidentalizzazione del mondo, Torino, Bollati Borighieri, 1992, p. 16. 56 F. Martel, Global gay, Milano, Feltrinelli, 2012, p. 28. 57 L. Faderman, Odd Girls and Twilight. Lovers: A History of Lesbian Life in Twentieth-Century America, New York, Penguin Books, 1992, p. 195. soggettività spesso meno visibili e non-binarie (identità bisessuali, pansessuali, transessuali). In questo nuovo contesto, assistiamo (non senza tensioni e resistenze) all’affermarsi del linguaggio dell’Occidente quale canone di riferimento a livello globale e alla conseguente marginalizzazione di quanti non vi si sentano pienamente rappresentati per motivi etnici, culturali, sociali. Ma nella “società liquida” del nostro secolo, nuove identità si formano e altre si modificano. Come ha brillantemente raccontato il giornalista sudafricano Mark Gevisser in The Pink Line: Journeys Across the World’s Queer Frontiers (2020), frutto delle testimonianze raccolte in vari anni di viaggi dall’Africa alla Russia, dall’India al Medio Oriente, in un mondo in rapida trasformazione uomini e donne in ogni parte del mondo stanno lottando e rischiando la vita nella ricerca/costruzione di una propria identità personale.58 Se è vero come afferma l’antropologo Gert Hekma che «in seguito alla globalizzazione il mondo gay può anche essere più omogeneo, ma certo è anche più frammentario»59, oggi la cultura queer, con i suoi simboli e le sue battaglie, è certamente un fenomeno globale di ampio respiro, che poggia su di una fitta rete di relazioni e cooperazione a livello internazionale. Mentre ogni anno più di 170 parate del Pride si tengono in quasi 50 paesi del mondo, «i nuovi movimenti traggono ispirazione dalle esperienze di altri paesi, riprendendone slogan e strategie»60. Il nuovo millennio sta garantendo a individui sparsi in ogni parte del mondo di stabilire, in un modo che non ha precedenti, «connessioni e relazioni, far circolare testi e linguaggi, diffondere sigle e termini per la nominazione e l’auto narrazione»61. BIBLIOGRAFIA Aldrich, Robert (a cura di), Vita e cultura gay. Storia universale dell’omosessualità dall’antichità a oggi, Venezia, Cicero, 2007. 58 Cfr. M. Gevisser, La linea rosa. Le frontiere queer del mondo, Milano, Rizzoli, 2021. 59 G. Hekma, op. cit., p. 360. 60 C. Bertone, Le omosessualità, Roma, Carocci, 2009, p. 115. 61 M. De Leo, op. cit., p. 218. Barry, Adam, The Rise of a Gay and Lesbian Movement, New York, Twayne Publishers, 1995. Beachy, Robert, Gay Berlin. L’invenzione tedesca dell’omosessualità, Milano, Bompiani, 2016. Belmonte, Laura A., The International LGBT Rights Movement: A History, New York, Bloomsbury, 2021. Bernini, Lorenzo, LGBTQIA+, Roma, Treccani, 2021. Bertone, Chiara, Le omosessualità, Roma, Carocci, 2009. 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