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IL MUTAMENTO NELLE CONDIZIONI PATRIMONIALI DEI CONTRAENTI, Sintesi del corso di Diritto Civile

Riassunto completo ed esaustivo del libro IL MUTAMENTO NELLE CONDIZIONI PATRIMONIALI DEI CONTRAENTI DI Fabio Addis per sostenere l'esame di CIVILE II

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017
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Scarica IL MUTAMENTO NELLE CONDIZIONI PATRIMONIALI DEI CONTRAENTI e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Civile solo su Docsity! "IL MUTAMENTO NELLE CONDIZIONI PATRIMONIALI DEI CONTRAENTI" ★ CAPITOLO 1: ASTRAZIONE DISCIPLINARE NOTAZIONI PRELIMINARI La profonda modificazione del sistema delle fonti alimenta esigenza di un radicale ripensamento dello schema gerarchico in cui sono state organizzate. Il passaggio da un monosistema, incentrati su codice civile e leggi complementari, a un polisistema di leggi sempre più distanti tra loro e dallo steso codice civile configura una pluralità di baricentri ermeneutici. La diffusione di fonti del diritto di origine non statuale, capaci di creare norme che, dovendo prevalere su quelle preesistenti interne, affidano al legislatore solo un compito di recepimento, impone di ripensare le categorie ermeneutiche riformulandole in modo tale da valorizzare l'origine delle norme stesse. Non si può dimenticare che il diritto comunitario ha caratteri tipici di un sistema giuridico in cui io ruolo creativo della giurisprudenza non è a priori escluso dall'intervento determinativo del legislatore. La presente ricerca vuole individuare il ruolo che il mutamento delle condizioni patrimoniali assume nella descrizione dell'ambito di operatività del 1461 c.c. 1461. Mutamento nelle condizioni patrimoniali dei contraenti. Ciascun contraente può sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia [1179, 1822, 1850, 1877, 1956, 1959; disp.att. 169]. Secondo uno dei più convinti sostenitori dell'approccio rimediale bisogna nettamente distinguere tra: -norma: risposta dell'ordinamento all'emersione di un interesse -sanzione: risposta alla violazione di un precetto -rimedio: mira a ristabilire un ordine giuridico violato o irrealizzato per la frapposizione anche di un elemento esterno così da operare per il soddisfacimento di un bisogno di tutela conseguente all'inaugurazione di quell'interesse o alla sua violazione. La distinzione tra fattispecie ed effetto giuridico non può essere mai assunta in termini assoluti, visto che nell'effetto sussiste pur sempre una componente di fatto destinata ad essere valutata nella logica della fattispecie, quindi bisogna sempre individuare il comportamento dovuto (cioè la qualificazione del contegno umano in cui si sostanzia l'effetto giuridico), da cui si può muovere per chiarire i limiti dell'estensione di esso fuori dall'ambito di operatività disegnato dal legislatore. A volte però il dato positivo presenta una così elevata genericità da imporre la ricostruzione della relativa fattispecie solo alla luce degli effetti sottesi alla stessa applicazione. In Italia col diritto comunitario è stato spesso attributo al giudice il potere di individuare i connotati fattuali della situazione rimediale, a fronte di una rinuncia del legislatore a descrivere la feti specie e la componente fattuale dei relativi effetti, quindi il giudice si sostituisce al legislatore e concretizza interessi che, essendo definiti in modo generico dalla norma, possono essere adeguatamente individuati solo attraverso lo studio delle caratteristiche funzionali del rimedio. La recentissima riforma della disciplina relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali segna un significativo ritorno al passato poiché, eliminando potere giudiziale di riconduzione ad equità della pattuizione modificativa della disciplina di derivazione comunitaria, restituisce al 1419 comma 2 un ruolo centrale nel trattamento giuridico della violazione di una norma imperativa. 1419.La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative [1339, 1500, 1573, 16794, 1815, 19322, 19622, 20772, 21153]. Per quanto riguarda il mutamento delle condizioni patrimoniali se quasi tutti gli autori, nonostante il silenzio della previsione a tal riguardo, reputano che il momento cronologico di insorgenza del mutamento debba necessariamente essere successivo alla formazione del contratto, nelle aule giudiziarie si è da tempo affermata una soluzione opposta, che attribuisce rilievo anche allo stato di dissesto preesistente alla stipulazione, purché ignorato senza colpa dal contraente in bonis. IL DATO NORMATIVO 1461. Mutamento nelle condizioni patrimoniali dei contraenti. Ciascun contraente può sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia [1179, 1822, 1850, 1877, 1956, 1959; disp.att. 169]. Il 1461 fa parte del libro quarto (delle obbligazioni) titolo secondo (dei contratti in generale). Questa norma ha consentito a parte della dottrina di elevare il 1461 a prototipo della trasformazione di istituti eccezionali in istituti normali. Ricordiamo che la sospensione dell'esecuzione si è mostrata capace di una concreta portata normativa transtipica e ha permesso la riaffermazione della sua generale riferibili tra a qualunque contratto a prestazioni corrispettive. Bisogna prendere atto che alla base della codificazione del 1461 vi è stato un processo di progressiva acquisizione di un ruolo e una portata autenticamente generali per la tutela dilatoria prevista dalla norma. Nel codice civile esistono una serie di specifiche norme che sono applicazioni del 1461 a singoli tipi contrattuali. 1323. Norme regolatrici dei contratti. Tutti i contratti, ancorché non appartengano ai tipi che hanno una disciplina particolare [1322], sono sottoposti alle norme generali contenute in questo titolo. Secondo la dottrina la disciplina dedicata ai singoli tipi contrattuali deve essere costituita mediante combinazione delle norme di parte generale e delle previsioni di parte speciale. Infatti nè la natura dilatoria dei rimedi apro estati nè la situazione fattuale presa in considerazione possono ridurre a specialità il rapporto istituibile tra previsioni generali e 1461. 1481. Pericolo di rivendica. Il compratore può sospendere il pagamento del prezzo, quando ha ragione di temere che la cosa o una parte di essa possa essere rivendicata [948] da terzi, salvo che il venditore diminuito, per fatto proprio, le garanzie che aveva date [2743, 2813] o non ha dato le garanzie che aveva promesse [506, 1179, 1274, 1299, 1313, 1626, 1822, 18442, 1850, 1867 n. 2, 1877, 2743; l. camb. 50; l. f. 55]. È ormai pacifico che il 1461 disponga un effetto di natura sospensiva che vale a paralizzare solo temporaneamente la pretesa dell'attuazione del rapporto obbligatorio nei confronti del contraente chiamato ad eseguire per primo finché il contraente dissestato non reagisca a questa situazione con una condotta, quale la concessione di idonea garanzia, destinata ad assumere una portata eliminativa in ordine agli effetti prodotti dall'esercizio del rimedio. Appare sterile dunque chiedersi se il contraente in bonis ha un vero e proprio diritto a non adempiere oppure se si determini solo un'attenuazione del vincolo obbligatorio conseguente alla realizzazione del mutamento e tale attenuazione non si riflette sulla doverosità della condotta che rimane immutata in capo a entrambi i contraenti. IL PENSIERO DI POTHIER E IL 1469 COMMA 2 DEL CODICE CIVILE 1865 La riaffermazione dell'importanza centrale della parte generale del contratto nella disciplina della sospensione dell'esecuzione dimostra l'emersione di norme dotate di un grado di generalità e astrattezza che testimonia emersione di interessi degni di considerazione generalizzata agli occhi del legislatore. Il comma 2 del 1469 codice civile 1865 evoca una disciplina per molti aspetti analoga al 1461 e che, a sua volta, riproduce quella contenuta in taluni codici civili preunitari e soprattutto nel 1613 del codice civile francese ispirato alla teoria della vendita di Pothier. Il giurista francese, nel definire una regola suppletiva volta a disciplinare l'eventuale mancata pattuizione del termine di consegna della res nel contratto di vendita, fissa il principio per cui "il compratore non è ammesso a domandare che la cosa venduta gli sia consegnata, se ei non si offre di pagare il prezzo" precisando che esso non trova applicazione quando il venditore col contratto ha accordato al compratore un termine al pagamento che non è ancora scaduto ed evidenziando che "se però dopo il contratto il compratore avesse sofferto uno sconcerto nella sua fortuna che fosse tale che il venditore corresse il pericolo di perderne il prezzo, questi malgrado il termine accordato col contratto potrebbe ricusare di consegnare la cosa, quando il compratore non offrise o il pagamento o una sufficiente cauzione. Dalla vendita con dilazione di pagamento si genera dunque un'eccezione dilatoria che nello schema di Pothier rappresenta la negazione della negazione del principio che oggi, assunto con valenza generale per i contratti sinallagmatici, non esiteremo a indicare con la formula inademplenti non est adimplendum senza che assuma particolare rilievo la constatazione secondo cui l'unico presupposto dell'eccezione non è più rappresentato da un inadempimento attuale ed effettivo ma da un mero pericolo connesso alla futura realizzazione di una prestazione pecuniaria. No pensiero di Pothier l'eccezione di inadempimento non era ancora pervenuta al moderno assetto. Poi la pandettistica tedesca del 19 secolo al cui esito prevalse l'idea secondo cui l'eccezione di inadempimento consiste solo nell'affermare e provare l'esistenza di una contropretesa insoddisfatta della quale, la controparte che pretende la soddisfazione della propria pretesa deve, in via di replica, affermare l'adempimento. Chi fa valere una pretesa, senza che la controparte eccepisca di non aver ottenuto ciò che le spetta o di non essere più sicura di ottenerlo al momento dovuto, si deve credere che abbia soddisfatto le ragioni di controparte. Opportunità di sollevare il giudice dalle indagini che finirebbero col rivelarsi superflue perché il comportamento della controparte che non si serve di un'eccezione siffatta è indice dotato di elevato grado di probabilità che la pretesa sia sorretta da adeguata giustificazione. Il primo criterio distintivo tra l'eccezione in esame e quella di inadempimento è rappresentato dal diverso ordine cronologico di esecuzione delle prestazioni: pattuita la dilazione del pagamento del prezzo della cosa vendita il compratore può pretendere la consegna della cosa senza che sia offerta la controprestazione proprio perché i comportamenti dovuti sono sottoposti a uno sfalsamento temporale che li dispone secondo le cadenze di un ordine cronologico non simultaneo, derogando dunque a quel principio di contestualità sulla cui base opera la regola secondo cui inadimplenti non est adimplendum. La vendita con dilazione di pagamento appare importante per Pothier per il fatto che il venditore accorda una particolare fiducia al compratore sicché quando tale affidamento viene meno, ben si giustifica la concessione di una tutela preventiva che si rivolge contro il pericolo di inadempimento, ancorché con esclusivo riferimento al peggioramento delle condizioni patrimoniali della controparte che viene circoscritto alle ipotesi di fallimento o insolvenza. La formulazione del 1469 comma 2 del codice civile del 1865 è rispettosa del modello teorizzato da Pothier anche per quanto riguarda il momento a decorrere dal quale lo sconcerto deve essersi verificato: cioè dopo il perfezionamento della vendita. IL MODELLO TEDESCO Il vecchio 321 codice civile tedesco nei contratti a prestazioni corrispettive, ad ogni contraente obbligato a eseguire per primo conferiva la facoltà di rifiutare la prestazione in presenza di un peggioramento, successivo alla conclusione del contratto, delle condizioni patrimoniali della controparte così consistente da mettere in pericolo il conseguimento della controprestazione, sempre che questa non fosse eseguita o non fosse prestata garanzia. Il dissesto patrimoniale precedente alla conclusione del contratto non consente un legittimo ricorso alla tutela sospensiva prevista da questa disposizione e, se incolpevolmente ignorato, configura un'ipotesi di errore sui motivi che, in ragione di tale falsa rappresentazione della realtà, esclude anche la tutela offerta dal 119 c.c. Tedesco cioè l'annullabilità del contratto. Questo poiché il traffico giuridico impone in ogni caso oneri di diligenza a carico di chi abbia interesse a conoscere la reale condizione patrimoniale della controparte, mentre quest'ultima non sarebbe tenuta ad adempiere obblighi informativi in ordine a tali profili. Chi si obbliga ad eseguire per primo si rende disponibile ad un atto di accreditamento. Se la parte che deve eseguire per prima rimane inserire in ordine all'esperimento di adeguate indagini informative sulla reale condizione patrimoniale dell'altra, compie a proprio rischio la concessione del credito. Mentre l'eventuale falsità delle informazioni fornite dalla parte avvantaggiata dal diverso ordine cronologico delle prestazioni, vengono intese come peculiari ipotesi di dolo in contrahendo per cui vi sono mezzi di tutte la inversi dalla sospensione dell'esecuzione della prestazione. Poi si pensò di ricondurre la disciplina all'annullabilità per errore su qualità essenziali della controparte così che la norma avesse potuto essere applicata in via analogica all'ipotesi in cui io dissesto risultava risultava preesistente alla stipulazione ed ignorato senza colpa dal contraente in bonis. La dottrina italiana ha istituito un rapporto di derivazione del 1461 c.c al 321 BGB (codice civile tedesco) senza accorgersi che i medesimi collegamenti avrebbero potuto essere estesi anche ad alcune figure di parte speciale. Gli articoli 1822, 1956 e 1959 sono perfettamente omologhe al BGB. LA SOLUZIONE AUTARCHICA L'evidente circostanza che il 1461 condivida col 321 BGB un livello di astrazione disciplinare sconosciuto al codice del 1865, il quale sotto il profilo soggettivo delimitava l'ambito di applicazione della figura, sulla scorta della tradizione francese, al solo venditore che avesse concesso una dilazione di pagamento, permettono di osservare che il legislatore italiano ha senz'altro ritenuto meritevole di accoglimento l'idea, già ricavabile dal BGB tedesco, di ricorre a diverse tecniche rimediali per reagire all'alterazione della capacità di adempimento sottesa al dissesto e ha offerto apparente fondamento alla posizione secondo cui il modello tedesco è un precedente diretto su cui è stato modellato il 1461. L'attuale disciplina del mutamento nelle condizioni patrimoniali dei contraenti presenta una linea di continuità autarchicamente italica che tra origine dal 1469 comma 2 del codice 1865: 1469 del 1865: il venditore che non ha accordata dilazione di pagamento, non è tenuto a consegnare la cosa se il compratore non ne paga il prezzo. Egli non è tenuto alla consegna della cosa, ancorché avesse accordata una dilazione, se dopo la vendita il compratore cade in stato di fallimento o non solvenza, in guisa che il venditore si trovi in pericolo imminente di perdere il prezzo, salvo che il compratore dia cauzione di pagare nel termine pattuito. Ciò non toglie che la soluzione autarchica vanti in suo favore argomenti degni di qualche rilievo perché, se è innegabile che il codice del 1865 esprimeva una concezione restrittiva, è indubitabile che ben prima del 1942 era idea consolidata che a tutti i contraenti bilaterali potesse trovare applicazione analogica il 1469 comma 2. Così l'eccezione di inadempimento ( 1460. Eccezione d'inadempimento. Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto [1565]. Tuttavia non può rifiutarsi la esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede [1375]) non riuscì ad assumere portata generale al momento della codificazione napoleonica e fu solo attraverso il dibattito pandettistico che il BGB offrì la prima formulazione positiva di norme concepite come singoli schemi astratti dai singoli tipi contrattuali. Il 1460 e 1461 non sono pensato come oggetto della regolamentazione del contratto a prestazioni garanzia per allargare l'ambito di operatività del 1469 co.2 a tutti i casi in cui risultasse evidente il pericolo di inadempimento in ragione di un'acclarata difficoltà patrimoniale dell'acquirente, anche laddove essa fosse ricavabile dalla valutazione di tutte le relazioni obbligatorie che lo vedevano parte debitrice e dall'eventuale loro inattuazione. Quindi la giurisprudenza ha allontanato l'eccezione dilatoria dal beneficio del termine: tale sviluppo fa leva non sulla negazione dell'incidenza del dissesto patrimoniale nella realizzazione del pericolo di inadempimento ma sulla valutaIone quantitativa del dissesto che, senza assumere carattere di irreversibilità, deve essere sufficientemente grave per attivare il rimedio dilatorio (se si presta idonea garanzia ricordiamo che tale situazione si supera). Il 1461 è frutto di tale evoluzione giurisprudenziale e richiama una situazione fattuale che viene tenuta distinta dalla vera e propria insolvenza, perché, connotandosi in chiave di mutabilità, evoca una sensibile probabilità di superamento ad opera del debitore, che è invece preclusa nell'ipotesi del 1186: 1186. Decadenza dal termine. Quantunque il termine sia stabilito a favore del debitore [1184], il creditore può esigere immediatamente la prestazione se il debitore è divenuto insolvente [1868] o ha diminuito, per fatto proprio, le garanzie che aveva date [2743, 2813] o non ha dato le garanzie che aveva promesse. CIRCOSTANZE INTERRUTTIVE DELL'ESERCIZIO DEL RIMEDIO DILATORIO Parte della dottrina ha messo in discussione taluni corollari ipotizzando che il 1461, in quanto finalizzato a proteggere la garanzia patrimoniale generica, non trovi alcuna giustificazione le principio inadimplenti non est adimplendum, ma sia invece chiamato a intervenire solo laddove non operi la decadenza del beneficio del termine la quale, rivolgendosi solo al singolo rapporto obbligatorio, presupporrebbe assenza di una relazione sinallagmatica. Da ciò si pretende di far derivare che l'idonea garanzia prevista dal 1461 ma non dal 1186 rappresenti unica circostanza atta a escludere l'esercizio dell'exceptio, non così invece un'offerta di adempimento anticipato della controprestazione o un miglioramento del patrimonio poiché tali eventi salvaguarderebbero il sinallagma contrattuale ma nulla potrebbero più fare in ordine alla modificazione della garanzia patrimoniale ormai definitivamente compiuta. In realtà il legame tra 1461 e inadimplenti non est adimplendum non può essere così facilmente spezzato da una di determinazione del 1186 che invece può benissimo essere applicato anche laddove il contratto a prestazioni corrispettive non abbia avuto ancora esecuzione. Il mutamento delle condizioni patrimoniali rappresenta una violazione della garanzia patrimoniale l generica e il 1461 può essere annoverato tra le previsioni destinate a garantire tutela preventiva al diritto di credito ma non si può giungere a ulteriori specificazioni applicative. Pericolo di inadempimento e di mancato soddisfacimento sul patrimonio del debitore invece si identificavano perfettamente nel 1469 co.2 perché la natura pecuniaria della prestazione dovuta dall'acquirente beneficiato dalla concessione della dilazione faceva sì che il suo dissesto comportasse contestualmente una diminuzione della garanzia patrimoniale e un pericolo di inadempimento. Il 1469 ci dice che "il venditore si trovi in pericolo immanente di perdere il prezzo a causa dello stato di fallimento o non solvenza del compratore" cioè legittima la sospensione, quell'imminente delineava una situazione di attualità e immediatezza e si identificava con la stessa alterazione della garanzia patrimoniale. Esigenza di assicurare alla tutela dilatoria un ambito di operatività diverso da quello della decadenza al beneficio del termine ha indotto il legislatore del 1942 a elaborare il sintagma "evidente pericolo nel conseguimento della controprestazione" che offre sicura rilevanza della attualità e risulta più facilmente riscontrabile anche a fronte di prestazioni non pecuniarie poiché istituisce un preciso condizionamento tra capacità di adempiere del debitore e consistenza del suo patrimonio, chiamato a rispondere ai sensi del 2740 in caso di inadempimento: 2740. Responsabilità patrimoniale. Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni [1218] con tutti i suoi beni presenti e futuri [2901, 2910; l.f. 46]. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge [490, 2313, 2645ter; c.p.c. 514, 545; l.f. 46]. La diminuzione della garanzia patrimoniale si risolve in una circostanza pregiudizievole per l'attuazione di ogni relazione obbligatoria perché, anche laddove il comportamento non assuma contorni pecuniari, determina un'alterazione peggiorativa delle capacità di eseguire la prestazione succedanea alla quale i creditore avrebbe diritto per il caso di inadempimento. L'esercizio di eccezione dilatoria può essere interrotto dalla concessione della garanzia poiché essa elimina la specifica causa di pericolo connessa al mutamento. Tale possibilità è invece esclusa nelle ipotesi del 1186 perché il grado di irreversibilità che le contraddistingue impedisce di differenziare il pericolo di inadempimento dal peggioramento delle condizioni patrimoniali e quindi preclude al debitore di continuare a godere del differimento relativo alla presenza del termine, restituendo al creditore quella facultas exigendi temporaneamente esclusa dalla pendenza della causa di inesigibilità e lasciando dunque solo all'offerta di esatto adempimento il compito di evitare la caduta in mora del debitore. Non vi sono motivi per concludere che l'eventuale anticipato adempimento non è idoneo a interrompere l'esercizio dell'exceptio e garantire la prosecuzione della relazione sinallagmatica. Tale comportamento vale ad escludere l'inadempimento che è condizione essenziale per arrivare i mezzi coattivi rivolti al patrimonio del debitore e perciò, anche se non incide sulla gravità del peggioramento delle condizioni patrimoniali, è comunque idoneo a eliminare possibilità di invocare il legame tra le stesse e l'inattuazione del rapporto, così da rendere priva di significato giuridico la sospensione della controprestazione. Piuttosto conviene valorizzare l'utilizzo del termine "conseguimento" da parte del 1461 per ipotizzare che la norma intenda offrire tutela anche nel caso in cui la prestazione, pur esattamente eseguita, sia revocata ad opera dell'autorità giudiziaria e dunque il creditore non abbia certezza di mantenere la disponibilità della stessa prestazione nel proprio patrimonio, ma allora è evidente che la possibilità di continuare a rifiutare l'adempimento da parte del contraente in bonis, nonostante l'offerta della controprestazione, dovrà essere motivata sulla base di un duplice argomento che faccia leva sull'esistenza, ex 1206 e 1220, di un giustificato motivo di rifiuto dell'offerta fondato sul rischio che la stessa sia successivamente sottoposta a revocatoria e sulla conseguente assenza di idonea garanzia. 1206. Condizioni. Il creditore è in mora [1207] quando, senza motivo legittimo, non riceve il pagamento offertogli [1208, 1217] nei modi indicati dagli articoli seguenti o non compie quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere l'obbligazione [1175; disp.att. 160]. 1220. Offerta non formale. Il debitore non può essere considerato in mora, se tempestivamente ha fatto offerta della prestazione dovuta anche senza osservare le forme indicate nella sezione III del precedente capo [1208], a meno che il creditore l'abbia rifiutata per un motivo legittimo [1181]. Quanto infine al miglioramento delle condizioni patrimoniali, facendo venir meno la situazione di fatto del 1461, esso vale a interrompere l'esercizio dell'exceptio purché della nuova situazione si data adeguata comunicazione al contraente in bonis. EVIDENZA DEL PERICOLO DI INADEMPIMENTO Ricordiamo i diversi ambiti di operatività dell'eccezione di inadempimento e la decadenza dal beneficio del termine tramite la distinzione tra violazione della garanzia patrimoniale e pericolo di inadempimento. La limitazione della tutela dilatoria a situazioni caratterizzate da un elevato margine di irreversibilità (insolvenza, fallimento) rendeva la questione irrilevante posto che l'accertamento di quelle condizioni induceva fatalmente il giudice a concludere che i margini per un loro miglioramento e le conseguenti probabilità del futuro adempimento fossero talmente evanescenti da giustificare una reazione quasi sempre destinata a trovare il conforto di una piena corrispondenza con la situazione maturata alla scadenza del termine. I giudici hanno iniziato ad avvertire esigenza di offrire una rigorosa descrizione dei connotati caratterizzanti il pericolo ed evitare così che il contraente in bonis riuscisse arbitrariamente a sottrarsi all'adempimento della prestazione da lui dovuta. Alcune pronunce hanno preteso, per l'esercizio della sospensione dell'esecuzione, la prova di uno stato di insolvenza reale e non solamente apparente, escludendo tutela dilatoria nei casi in cui creditore fosse riuscito solo a dimostrare un timore soggettivo di non ricevere l'adempimento, a nulla rilevando che esso fosse fondato per ragioni diverse da quelle patrimoniali del debitore. Per esercizio tutela dilatoria serve innanzitutto il carattere attuale del peggioramento delle condizioni patrimoniali così da escludere che mere valutazioni probabilistiche in ordine al futuro dissesto possano indurre a sospendere ora per allora la prestazione. Il 1461 non parla genericamente di "pericolo di inadempimento" ma istituisce un preciso collegamento causale tra lo stesso e il mutamento delle condizioni patrimoniali, selezionando preventivamente il novero delle situazioni astrattamente invocabili per legittimare la tutela dilatoria in assenza di un'attuale controparte nella condizione di prevedere con sufficiente univocità che la sua prestazione non sarà esattamente e tempestivamente eseguita. 2)Altre pronunce hanno riconosciuto l'applicabilità del 1461 ad ogni relazione sinallagmatica ivi compresa quella nascente da contratto preliminare (anche se l'obbligo che ne deriva di stipulare il definitivo è caratterizzato da esecuzione necessariamente contestuale) ben dovendosi riconoscere legittimo il rifiuto di stipulazione fondato sul timore che il dissesto patrimoniale della controparte pregiudichi l'adempimento delle prestazioni nascenti da contratto non concluso. Le sentenze del gruppo 1 si occupano di ipotesi in cui debitore aveva già iniziato a non adempiere rendendo impossibile o pregiudicando in modo irreversibile la futura realizzazione della prestazione principale. Le sentenze del gruppo 2 riaffermano l'importanza centrale del mutamento non irreversibile quale situazione fattuale idonea a consentire l'applicazione del 1461 e dunque si muovono entro una qualificazione della fattispecie in termini di pericolo di inadempimento che viene tuttavia ricostruito con riferimento al rapporto non sorto, perché legato al contratto non stipulato. In questo gruppo occorre verificare se il mancato, espresso riferimento all'ordine cronologico di esecuzione delle prestazioni possa indurre a ritenere applicabile il 1461 anche quando i termini di adempimento debbano reputarsi contestuali. Tuttavia tale risultato non può essere teorizzato in termini generali e astratti. In due dei casi riguardanti il contratto preliminare anzitutto è possibile parlare di uso arbitrario del 1461 che è stato invocato per reagire a veri e propri inadempimenti del soggetto dissestato tuttavia non hanno potuto subito essere qualificati come tali. Il fatto: la Signora Prudente (venditrice) e il Signor Attanasio (acquirente) stipulano un contratto preliminare di vendita di appartamento. Attanasio consegna la caparra confirmatoria e i due contraenti fissano il termine per la stipula del definitivo. La promittente venditrice dopo 1 mese intima Attanasio ad adempiere alle obbligazioni assunte col preliminare, poiché decorso il termine il contratto si sarebbe risolto. Il contratto non viene eseguito. Nella sentenza Cassazione 602/1999 ignorando il consolidato orientamento diretto a estendere la previsione di forma scritta ab substantiam anche agli atti di scioglimento di un preesistente rapporto obbligatorio connesso. Un preliminare di vendita immobiliare, il contraente in bonis, anziché invocare immediatamente gli articoli 1460 e 1481 per rifiutarsi di stipulare il definitivo in ragione della mancata cancellazione di alcune ipoteche sull'immobile promesso in vendita dalla controparte, ha preferito citare in giudizio quest'ultima chiedendole la restituzione della caparra già versata in virtù di uno scioglimento per mutuo consenso del preliminare stesso, adducendo il dissesto patrimoniale della convenuta quale motivo della sua decisione di interrompere la relazione contrattuale già avviata, sicché il giudice, negata validità allo scioglimento, ritiene inadempiente il contraente in bonis riconoscendo la convenuta legittimata a trattenere la caparra. Mentre solo in secondo grado si è affermato che il dissesto patrimoniale avrebbe potuto legittimare l'attore a rifiutare la stipulazione ex art.1461. Secondo fatto: è la sentenza di Cassazione 1574/1999. Il signor Giordano stipula un preliminare con cui si impegna a trasferire a Fascina ed altri un albergo. Nel preliminare c'è una riserva di nomina per una delle parti con la contestuale di assunzione di una specifica garanzia di solvibilità per il soggetto successivamente nominato e, poiché la nomina stessa non era stata ritenuta dalla controparte sufficientemente rassicurante visto che comportava a suo dire la continuazione della relazione contrattuale con un soggetto avente patrimonio notevolmente inferiore a quello degli originari contraenti, si sarebbe dovuto semplicemente applicare il 1453: 1453. Risolubilità del contratto per inadempimento. Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento [2930] o la risoluzione del contratto [2907, 2908], salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno. La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l'adempimento; ma non può più chiedersi l'adempimento quando è stata domandata la risoluzione [1492]. Dalla data della domanda di risoluzione l'inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione. Il giudice di primo grado ha risolto il contratto preliminare per inadempimenti non sufficientemente gravi. La corte d'appello ha invece ignorato l'esistenza della specifica garanzia di solvibilità, ha riferito la riserva di nomina al definitivo anziché al preliminare e, invece di parlare di attuale inadempimento, ha preferito sostenere che il 1461 legittimerebbe il rifiuto di contrarre quando il pericolo sia riferito alle prestazioni nascenti dal contratto non concluso e il mutamento venga accertato anche con riferimento a soggetti diversi dall'originario contraente. La Cassazione ha confermato quest'ultimo orientamento cimentandosi in una sovrapposizione del 1460 e 1461 così la cassazione: " considerato che il sopravvenuto mutamento delle condizioni patrimoniali della controparte può mettere in pericolo il conseguimento della controprestazione anche quando l'adempimento di entrambe le parti deve essere contestuale, e se uno dei due contraenti ha serie ragioni di paventare l'inadempimento dell'altro, secondo il disegno sistematico della risoluzione per inadempimento, non è costretto a rifiutarsi senz'altro di adempiere l'obbligazione, secondo il 1460, ma può limitarsi a sospendere esecuzione della prestazione. In un altro caso la legittimità della sospensione, pure astrattamente invocabile in ragione della presenza di un mutamento nelle condizioni patrimoniali, avrebbe dovuto essere esclusa per il fatto che il contraente dissestato aveva offerta idonea garanzia, sicché i riferimenti alla diligenza che si può pretendere dal contraente in bonis a fronte di un dissesto preesistente alla stipulazione del contratto e da lui ignorato appaiono privi di effettiva portata decisiva e sono destinati esclusivamente ad assumere una valenza teorica. Nella pronuncia più recente infine il giudice di legittimità non ha esitato a impiegare il 1461 a fronte del pericolo di evizione ricollegandolo a un fatto, la condanna dei promittenti venditori al pagamento di un cospicuo risarcimento danni a favore di un terzo estraneo alla controversia, che avrebbe potuto incidere sulla situazione patrimoniale degli stessi, privando di pratico rilievo la disponibilità da questi manifestata ad anticipare la data di stipulazione del definitivo, in modo da garantire subito il passaggio della proprietà della res. Questa pronuncia non è più di tanto innovativa perché riafferma che il pericolo al quale il 1461 dedica attenzione si rivolge al conseguimento della prestazione, cioè al mantenimento della stessa e delle utilità ad essa connesse nel patrimonio del contraente in bonis, sicché ben può esser giustificato il rifiuto di adempiere causalmente riconducibile al rischio che l'offerta della controprestazione sia successivamente revocata. L'analisi giurisprudenziale conferma dunque che gli ambiti di operatività del 1461 a fronte dell'esecuzione di un contratto preliminare, sono più ristretti di quanto la formulazione delle massime potrebbe far credere: il 1461 si applica ove il preliminare abbia effetti anticipati e l'excipiens sia tenuto ad adempiere per primo. Ipotesi problematica quando la disponibilità a concludere il definitivo da parte del contraente dissestato non si accompagni a idonea garanzia in ordine al futuro adempimento delle prestazioni in esso dedotte, ma è chiaro che in tal caso anziché evocare il 1461 e riferire il pericolo di inadempimento a un rapporto obbligatorio ancora inesistente, potrebbe essere sufficiente concentrare l'attenzione sul contenuto specifico dell'obbligo a contrarre, al fine di valutare se quest'ultimo possa dirsi esattamente eseguito ove il debitore si dimostri già incapace di dare realizzazione alle prestazioni e dunque intenda concludere un contratto solo formalmente poiché non può fornire alcuna assicurazione in ordine alla sua esecuzione sostanziale. IL MOMENTO DETERMINATIVO DEL MUTAMENTO 1461. Mutamento nelle condizioni patrimoniali dei contraenti. Ciascun contraente può sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia. 1469 codice del 1865. Il venditore che non ha accordo dilazione al pagamento non è tenuto a consegnare la cosa, se il compratore non ne paga il prezzo. Egli non è tenuto alla consegna della cose, ancorché avesse accordata una dilazione al pagamento, se dopo la vendita il compratore cade in istato di fallimento o non solvenza, in guida che il venditore si trovi in pericolo imminente di perdere il prezzo, salvo che il compratore dia cauzione di pagare nel termine pattuito. Nelle sentenze analizzate si legge che lo stato di dissesto idoneo a garantire l'attivazione del rimedio dilatorio può altresì essere preesistente alla stipulazione del contratto purché risulti in quel momento ignorato senza colpa dal contraente in bonis. In ordine a questo aspetto è possibile registrare un'ultima diversità tra il 1469 comma 2 del 1865 e il 1461. Il codice del 1865 determinava con la locuzione "dopo la vendita" il momento dal quale si doveva attribuire rilevanza allo stato di mutamento in dissesto, il codice del 1942 non adotta la locuzione che si sarebbe potuta ritenere corrispondente ("dopo la conclusione del contratto" che infatti nel 1461 non c'è). di adempiere per diminuzione del patrimonio non necessariamente imputabile al debitore. La linea di intersezione sussistente tra gli articoli 1461 c.c. e 71 CISG dunque non va solo individuata nella comune rilevanza attribuita da entrambe le previsioni a circostanze che, pur non costituendo necessariamente inadempimento, suscitano il fondato timore di non conseguire la controprestazione, ma deve essere più opportunamente allargata all'istituzione di un nesso di causalità tra il pericolo e situazioni fattuali capaci di innalzarne oggettivamente la misura superando gli ambigui confini del mero timore soggettivo. Si può condividere l'opinione per la quale nei tempi moderni non può più dirsi che l'interesse del contraente sia solo quello che rimanga intatta la generica garanzia patrimoniale costituita dai beni del debitore. La responsabilità patrimoniale non può soddisfare l'interesse a ottenere l'esatta prestazione, che appare meglio tutelabile attraverso il riconoscimento di un più ampio potere di controllo sul modo con cui il debitore sta attivando si per preparare l'adempimento. Quindi è superata quella concezione che àncora la tutela sospensiva esclusivamente alla stabilità della situazione economica dei contraenti. Ma la domanda vera è: il paradigma concettuale di pericolo di inadempimento può efficacemente comprendere casi in cui è riscontrabile un'immediata difformità della condotta debitoria dal regolamento negoziale? IL MUTAMENTO DELLE CONDIZIONI PATRIMONIALI E LA GRAVE INSUFFICIENZA NELLA CAPACITÀ DI ADEMPIERE Il 71 CISG evoca una situazione fattuale non immediatamente equiparabile a quella del 1461, non solo perché il 71 richiama l'insilvibilità che invece non è la fattispecie del 1461 ma anche perché la tutela dilatoria è rivolta nei confronti di ogni insufficienza della capacità di adempiere raffrontata, in chiave di gravità, alla consistenza patrimoniale del debitore. Il peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore costituisce solo una delle possibili cause dell'insufficienza. La reazione contro il peggioramento delle condizioni patrimoniali è ancorata non alla sola gravità del dissesto ma all'incidenza che esso può avere sulla capacità del debitore di assicurare un esatto adempimento. Ricordiamo che il comma 3 del 71 CISG ricollega l'interruzione dell'esercizio del rimedio alla concessione di idonea garanzia. In ordine all'insorgenza del peggioramento patrimoniale, la valutazione della grave insufficienza e delle cause che la possono provocare è ancorata a un momento successivo alla formazione del contratto ma può essere collegata a fatti anteriori alla stipulazione e resi evidenti solo successivamente. Il 71 CISG non adotta dunque la soluzione del 1469 comma 2 codice 1865 per il quale lo spazio temporale di rilevanza dell'evento sopravvenuto è limitato al momento della conclusione del contratto. Il 71 CISG chiarisce che la sopravvenienza deve solo essere divenuta manifesta dopo la conclusione del contratto, indipendentemente dal momento in cui si sono realizzate le situazioni che ne hanno provocato la manifestazione. Anche la giurisprudenza italiana ritiene che il 1461 può essere impiegato anche a fronte di un mutamento preesistente alla conclusione del contratto è ignorato senza colpa dal contraente in bonis. IL MODELLO TEDESCO NELL'ELABORAZIONE DELLA DISCIPLINA INTERNAZIONALE La genesi del 71 CISG è stata travagliata poiché nacque durante dibattito tra nord e sud del mondo. Il sud del mondo erano i paesi in via di sviluppo e quindi i debitori afflitti da mutatio in deterius. Il nord era composto dai paesi industrializzati che sostenevano le ragioni del creditore vinto da fondato timore di non conseguire la controprestazione. A fondamento della posizione dei paesi in via di sviluppo si poneva esigenza di mantenere piena vincolatività alle obbligazioni contrattualmente assunte, mentre la posizione contraria voleva dare ingresso a regole che potessero attenuare questa vincolatività attraverso assunzione del principio che anche il pericolo della mancata realizzazione del programma negoziale deve essere inteso come comportamento antigiuridico. Le origini dello scontro sono giuridiche poiché risalgono alle scelte compiute da quella dottrina che più di tutte ha una responsabilità diretta in quanto ricollegando la necessità della tutela dilatoria alla presenza di un'insicurezza in ordine al futuro adempimento, aveva fornito al rimedio un fondamento teorico concettuale diverso dal modello tedesco poiché incentrato proprio sul pericolo di inadempimento quale categoria giuridica capace di fornire rilievo giuridico ai timori del creditore. Art.73 ULIS: 1. Each party may suspend the performance of his obligations whenever, after the conclusion of the contract, the economic situation of the other party appears to have become so difficult that there is good reason to fear that he will not perform a material part of his obligations. 2. If the seller has already despatched the goods before the economic situation of the buyer described in paragraph 1 of this Article becomes evident, he may prevent the handing over of the goods to the buyer even if the latter holds a document which entitles him to obtain them. 3. Nevertheless, the seller shall not be entitled to prevent the handing over of the goods if they are claimed by a third person who is a lawful holder of a document which entitles him to obtain the goods, unless the document contains a reservation concerning the effects of its transfer or unless the seller can prove that the holder of the document, when he acquired it. knowingly acted to the detriment of the seller. LA RICOSTRUZIONE IN CHIAVE SOGGETTIVA DEL PERICOLO DI INADEMPIMENTO Molte critiche furono sollevate dai paesi in via di sviluppo nei confronti del tentativo di riproporre immutato il 73 ULIS (convenzione internazionale sulla vendita internazionale di beni mobili corporali). Tale soluzione avrebbe infatti per essi comportato una grave incertezza poiché la concreta portata applicativa della disposizione era posta in dipendenza dei criteri in base ai quali potesse ritenersi acquisita la conoscenza del peggioramento delle condizioni patrimoniali. Alternativa era tra una concezione oggettiva e una concezione soggettiva basata sulle reali possibilità di apprezzamento della situazione economica della controparte ad opera del contraente che ha fondate ragioni di tenere l'inadempimento dell'altro. La formulazione del 73 sembrava deporre per la concezione soggettiva poiché legittimava il ricorso alla sospensione dell'adempimento non solo quando vi fosse reale deterioramento della situazione economica, bensì anche a fronte di una semplice apparenza di esso purché giustificata da elementi idonei a fondare il sospetto. Questa soggettiva eccezione di insicurezza venivo però utilizzata contro i paesi in via di sviluppo soggetti facilmente a instabilità politico-economica. Inoltre nel 73 ULIS mancava un qualsiasi meccanismo di reazione in favore del creditore dissestato. In poche parole il rapporto contrattuale era in mano a una sola parte. IL PROCESSO DI OGGETTIVAZIONE DEL RIMEDIO DILATORIO Articolo 71 CISG: 1. Una parte può sospendere l'adempimento delle sue obbligazioni se, dopo la conclusione del contratto, risulta manifesto che l'altro contraente non adempirà una parte essenziale delle sue obbligazioni in conseguenza di: (a) una grave insufficienza nella sua capacità di adempiere o nella sua solvibilità; o (b) del modo in cui si prepara a dare esecuzione o esegue il contratto. 2. Se il venditore ha già spedito i beni prima che si manifestino le condizioni previste nel paragrafo precedente, egli può opporsi alla consegna dei beni al compratore, anche se questi è in possesso di un documento che lo legittima a riceverli. Il presente paragrafo riguarda solo i diritti sui beni nei rapporti tra il venditore e il compratore. 3. La parte che sospende l'esecuzione (excipiens) sia prima che dopo la spedizione dei beni, deve immediatamente dare notizia della sospensione all'altra parte e deve procedere nell'adempimento se l'altra parte presta idonea garanzia dell'adempimento delle sue obbligazioni. Nella redazione del 71 CISG la scelta operata dalla Convenzione di Vienna ha saputo superare un'impostazione eccessivamente soggettivistica e privilegiare una più attenta procedimentalizzazione delle condizioni di operatività del rimedio dilatorio. L'allargamento dell'ambito di operatività della tutela dilatoria, sancito dal richiamo alla incapacità di adempiere (lettera a) che si sostituisce al peggioramento delle condizioni patrimoniali e L'Espresso riconoscimento della possibilità di sospendere l'esecuzione della prestazione a fronte di condotte debitorie dalle quali desumere il futuro inadempimento (lettera b), non può essere letto come il tentativo di prevaricazione del creditore forte. Nell'ambito della Convenzione Aja i rimedi dilatorio e perentorio erano collegati a situazioni fattuali diverse visto che il 76 ULIS si limitava genericamente a pretendere, per ammettere la risoluzione anticipata, la prova di una vera e propria certezza del futuro inadempimento. La critica a tale norma fu enorme e così per il rimedio perentorio si decise di sottrarlo all'arbitrio dell'interprete per sottoporlo a oggettivazione. Analizziamo il 71 comma 3 e il 72 comma 2: 71 comma 3: La parte che sospende l'esecuzione (excipiens) sia prima che dopo la spedizione dei beni, deve immediatamente dare notizia della sospensione all'altra parte e deve procedere invalidità e quindi estranea alla disciplina della convenzione e dunque sottoposta al diritto nazionale. Questa era ad esempio la posizione della delegazione italiana. Invece la delegazione tedesca difese applicabilità della tutela sospensiva anche a fronte di mutamento insorto prima della conclusione del contratto ma incolpevolmente ignorato. Il risultato è l’art.71 CISG e ai sensi di questa disposizione l'insorgenza del mutamento è rilevante quando sia risultata manifesta DOPO la conclusione del contratto. Quindi rimedio sospensivo escluso ogni volta che dissesto fosse palese prima o al momento della conclusione del contratto. Ciò ricomprendere ipotesi in cui contraente in bonis fosse effettivamente a conoscenza delle reali condizioni patrimoniali della controparte quanto quelle nelle quali ne fosse ignara ma esse fossero evidenti secondo criteri di oggettiva acquisibilità (a tal fine non rilevano le informazioni di cui siano in possesso terzi particolarmente qualificati. ERRORE SU QUALITÀ PERSONALI DEL CONTRAENTE E SOSPENSIONE DELL'ESECUZIONE Fuori dal caso dell'ignoranza incolpevole, la mancata conoscenza delle condizioni patrimoniali della controparte potrebbe essere rilevante astrattamente alla stregua di un errore su qualità essenziali delle controparte che può essere spontaneo o dipendente da un comportamento intenzionale. Se il 71 CISG detta una disciplina esaustiva dell'ipotesi designata dall'esistenza di uno stato di dissesto nel patrimonio di una parte, incolpevolmente ignorata dalla controparte prima della conclusione del contratto, non può farsi luogo all'applicazione di altra disciplina se non quella della tutela preventiva mediante eccezione dilatoria di sospensione dell'esecuzione della prestazione. Con questa soluzione si realizza un diritto uniforme. Se invece il 71 non detta disciplina esaustiva dell'ipotesi allora, in via concorrente e non alternativa ad essa può trovare applicazione un rimedio di natura diversa cioè la distruttiva del contratto e quindi dell'obbligazione che da esso deriva. Con questa soluzione l'ignoranza incolpevole viene trattata secondo la determinazione del giudice chiamato ad applicare una disciplina diversa a seconda del singolo sistema giuridico. CONCORRENZA TRA RIMEDIO DILATORIO E ANNULLAMENTO DEL CONTRATTO I sostenitori della concorrenza fanno leva su una rigida interpretazione dell'articolo 4 lettera a CISG: Articolo 4: La presente Convenzione regola esclusivamente la formazione del contratto di vendita e i diritti e gli obblighi del venditore e del compratore che sorgono da tale contratto. In particolare, salvo disposizione contraria ed espressa contenuta nella presente Convenzione, essa non riguarda: a) la validità del contratto o di singole sue clausole o degli usi; L'art.71 non potrebbe considerarsi disposizione contraria ed espressa visto che si occupa anche di ipotesi relative alla fase solo esecutiva perciò bisognerebbe coerentemente concludere che il 71 non può escludere l'applicazione del diritto interno. Però la distinzione tra effetti dilatori e perentori e quelli riconducibili all'invalidità del contratto è a prima vista netta e insuperabile: l'invalidità provoca un'inefficacia originaria che trae la sua giustificazione da situazioni preesistenti alla nascita del vincolo. Ciò vale per la nullità mentre il discorso si complica per la annullabilità. Nell'annullabilità il contratto rimane temporaneamente efficace e solo l'intervento costitutivo del giudice può provocarne lo scioglimento che ben può essere evitato dalla convalida ma anche dal manato tempestivo esercizio dell'azione di annullamento. Quei giudici che annullano un contratto in virtù di errore sulla solvibilità, spontaneo o determinato da raggiri, realizzano una scelta ben precisa in favore della risoluzione del contratto che viene tuttavia anticipata rispetto all'inadempimento poiché in questa fase esso è per definizione solo temuto e comunque non attuale. L'annullamento per errore sulla solvibilità dunque opera uno spostamento di piano che dal momento funzionale retrocede a quello genetico del contratto. Al contrario il giudice che esclude l'applicabilità della disciplina dell'errore compie una scelta in funzione della conservazione del contratto che rimane ancora in vita e non preclude il ricorso alla tutela perentoria se la prestazione dovuta non viene ottenuta o vi sia incapacità irreversibile di adempiere senza che venga prestata idonea garanzia. La tesi della concorrenza disciplinare salvaguarda la sopravvivenza di quelle regole nazionali stabilite che consentono una più agevole liberazione della parte in bonis dall'impegno negozialmente assunto. La liberazione del contraente in bonis per ipotesi nelle quali è certo che l'altra parte non adempirà non è altro da ciò che si può concedere tramite la caducazione del contratto per un errore su qualità essenziali della controparte, visto che queste ultime acquistano rilevanza giuridica proprio e solo perché esprimono la sua incapacità di eseguire la controprestazione. Il 71 CISG prevede espressamente che il dissesto possa essere precedente alla conclusione del contratto e da ciò fa derivare il legittimo ricorso alla sospensione della prestazione, perciò ammettere la concorrenza disciplinare di regole nazionali in tema di annullamento per vizi del consenso significa escludere l'applicazione del 72 CISG imponendo di ricorrere allo schema dell'annullabilità per risolvere casi che, nell'ambito della convenzione, sono rimessi entro quello dell'inefficacia successiva perentoria. Quindi il 72 CISG non è norma espressa ma contraria perché anche essa provvede a consentire eliminazione del contratto anche per le stesse ragioni per le quali questo effetto è apprestato dall'annullamento eventualmente concesso dal diritto nazionale non uniforme. IL CARATTERE ESCLUSIVO DELLA TUTELA SOSPENSIVA Il 71 CISG non è di per se una disciplina esaustiva ma lo diventa in connessione col 72 sicché l'ignoranza incolpevole delle reali condizioni della controparte legittima solo la sospensione dell'esecuzione della prestazione e consente l'eliminazione del rapporto solo quando sussistono i requisiti della risoluzione anticipata e quando risulti infruttuosamente scaduto il termine per la concessione di idonea garanzia. Il 71 non regola una questione di validità ma profili di efficacia del contratto. Il piano di rilevanza normativa nel quale è assunta l'ignoranza incolpevole è quello della possibile realizzazione di un programma negoziale, l'esecuzione della prestazione a seguito di idonea garanzia o per effetto di miglioramento condizioni patrimoniali non potrebbe essere rifiutata. Il fatto che la conservazione di un rapporto quiescente possa favorire la giuridica rilevanza di eventi o comportamenti successivi alla conclusione del contratto e in grado di portare a realizzazione l'assetto di interessi scelto dalle parti è un dato di palese evidenza. ★ CAPITOLO 3: INSORGENZA DEL MUTAMENTO NOZIONE Con la locuzione insorgenza del mutamento si designa il momento dal quale il divenire della situazione patrimoniale di un contraente acquista rilievo al fine di stabilire la legittimità della sospensione dell'esecuzione della prestazione ad opera della controparte. Insorgenza significa improvvisa manifestazione di un certo fenomeno che è rimasto celato per un certo periodo. La determinazione del momento di insorgenza muove necessariamente dall'individuazione di un termine cronologico comparativo rappresentato dalla stipulazione del contratto. Bisogna capire se solo da stimolazione contratto o anche prima l'insorgenza consente il legittimo uso della eccezione dilatoria. Ricordiamo che la sospensione assicura una piena soddisfazione dell'interesse del contraente in bonis ma lascia comunque alla controparte la possibilità di reagire e lascia vivo il rapporto obbligatorio che si estinguerà solamente ad una vicenda ulteriore e distinta. Una rigida interpretazione letterale del 1469 comma 2 codice 1865 e dell'originaria formulazione del 321 BGB induce a prospettare l'ipotesi in cui l'insorgenza del mutamento prima della conclusione del contratto sia irrilevante o non comporti comunque l'applicazione del rimedio sospensivo bensì un annullamento del contratto per errore su qualità personali del contraente. L'analisi del 73 ULIS e 71 CISG nonché della nuova formulazione del 321 BGB invece evidenzia l'attribuzione di una specifica rilevanza, a fini dilatori, all'insorgenza del mutamento prima della conclusione del contratto. Sempre per queste espressioni normative è invece irrilevante, a fini dilatori, l'ipotesi in cui il contraente in bonis abbia consapevolmente deciso di stipulare il contratto pur conoscendo l'effettivo stato patrimoniale della controparte e dunque prevedendo, con ragionevole sicurezza, che in assenza di un tempestivo miglioramento il conseguimento della prestazione sarebbe stato messo in pericolo. LA PRECLUSIONE SELLA FACOLTÀ DI RIFIUTARE LA STIPULAZIONE CON CONTRAENTE DISSESTATO: L'ART.2597 2597. Obbligo di contrattare nel caso di monopolio. Chi esercita un'impresa [2082] in condizione di monopolio legale ha l'obbligo di contrattare [2932] con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell'impresa, osservando la parità di trattamento [1679, 1680]. 1460. Eccezione d'inadempimento. Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti dalle Se invece un soggetto conscio del dissesto della controparte stipula il contratto ponendo come condizione di sua efficacia il miglioramento della situazione patrimoniale della controparte, l'inapplicabilità del rimedio cautelare si palesa già per il fatto che il contratto è originariamente inefficace e dunque non attuale l'obbligo di eseguire la prestazione. Se poi il contrasto acquista efficacia verrebbe poi meno il presupposto stesso che legittima l'eccezione dilatoria (poiché significa che le condizioni patrimoniali della controparte sono migliorate). Ecco perché la soluzione prospettata dalla Cassazione è inaccettabile, non solo perché conduce a un ingiustificato allargamento dell'ambito di operatività del 1461 mirante a privare di ogni portata percettiva il riferimento al mutamento, che risulta assente nel momento in cui si valuta l'ipotesi nella quale il dissesto, già noto al contraente in bonis, non ha subito alcun ulteriore peggioramento, ma anche è soprattutto perché muove da una nozione di "pericolo di inadempimento" che non corrisponde nè all'accezione con cui è impiegata nel 1461 nè alla teorizzazione più comunemente svolta per contrapporla all'inadempimento vero e proprio. Se infatti con pericolo si intende genericamente fare riferimento al rischio che il debitore non adempia, esso è intrinsecamente connaturato al carattere giuridico e non materiale del nesso di causalità intercorrente tra obbligo sotteso a una norma giuridica e sua attuazione, sicché una volta che esso abbia formato specifico oggetto di rappresentazione al momento della stipulazione, non può più essere riproposto in assenza di ulteriori modificazioni della situazione fattuale. Il 1461 non legittima una ricostituzione del pericolo in termini così evanescenti quali quelli teorizzati dalla Cassazione, perché ha cura di ancorarlo a un mutamento delle condizioni patrimoniali e di esigere dunque una votazione in capo al contraente in bonis di novità e attualità. L'ULTERIORE AGGRAVAMENTO DELLO STATO DI DISSESTO NOTO AL MOMENTO DELLA STIPULAZIONE La sospensione dell'esecuzione tra la sua giustificazione nell'esigenza di reagire a una sopravvenienza non valutata al momento della stipulazione del contratto. Cosa succede se dopo conclusione contratto interviene un ulteriore peggioramento nelle condizioni patrimoniali della parte già dissestata? Dottrina e giurisprudenza hanno dedicato attenzione alla sola ipotesi in cui dissesto fosse preesistente e già noto al contraente in bonis ma ancora non così grande da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, al fine di rilevare che l'applicazione del rimedio dilatorio non è ostacolata dalla cognizione dello stato al momento del perfezionamento del contratto visto che solo successivamente e a causa dell'ulteriore aggravamento si realizza la situazione fattuale presa in esame dalla norma. In poche parole l'applicazione del 1461 deve essere ammessa quando l'ulteriore aggravamento dello stato di dissesto rappresenta un esito che, per la sua imprevedibilità, non ha formato oggetto di valutazione all'atto della stipulazione proprio perché dipeso da circostanze successivi alla stipulazione e non conoscibili in quel momento. Irrilevante che io successivo aggravamento abbia riguardato uno stato di dissesto che già alla stipulazione appariva idoneo a determinare un evidente pericolo. NON si applica invece il 1461 quando, indipendentemente dall'esistenza all'atto della stipulazione, di uno stato di dissesto sufficiente a far sorgere un evidente pericolo, il successivo aggravamento è esito ineludibile dello stato preesistente e dunque oggetto della medesima valutazione già compiuta al momento della conclusione del contratto. Comunque, per quanto in evidente pericolo, la prestazione iniziale doveva essere possibile altrimenti il contratto sarebbe nullo. Quindi deve esserci un inarrestabile processo di causalità giuridica tra stato al momento della stipulazione e successivo aggravamento del dissesto. IGNORANZA COLPEVOLE DELLO STATO DI DISSESTO Resta da chiarire se la mancata conoscenza del mutamento dovuta a colpa imputabile al contraente in bonis va anche essa assoggettata al trattamento delle ipotesi in cui vi sia conoscenza dello stato di dissesto al momento della conclusione del contratto. La dottrina non ha offerto frenare attenzione al tema preferendo concentrarsi sull'anticipazione del rimedio dilatorio a fatti preesistenti la stipulazione del contratto. Bisogna stabilire il grado di ordinaria diligenza sufficiente a escludere la colpevolezza e dunque favorevole all'applicabilità del rimedio dilatorio. La Cassazione ha affermato che il mero fatto che il contraente compaia, gia prima della stipulazione del contratto, sul bollettino dei protesti va considerato sufficiente a renderne conoscibili con l'ordinaria diligenza le condizioni patrimoniali e a escludere dunque la legittimità del ricorso all'eccezione dilatoria. Il riferimento all'ordinaria diligenza fatto dalla Cassazione acquisisce significato solo ove comporti l'attribuzione, a carico di ciascun contraente, dell'onere di procedere a una preventiva valutazione circa l'esistenza del nominativo della controparte nel bollettino, quale operazione preliminare da compiere durante la fase delle trattative. Tutto ciò però va contro la celerità che governa la contrattazione. Inoltre le Camere di Commercio cui è affidata la gestione del bollettino non hanno alcuna effettiva responsabilità nella pubblicazione del nominativo che anzi appare esito eludibile del protesto, che è sì atto pubblico ma si limita a offrire piena porca del mancato pagamento tempestivo di una cambiale o di un assegno, senza nulla dire in ordine alle specifiche circostanze che abbiano determinato il rifiuto di pagare. È quindi possibile che il nome di un soggetto si trovi sul bollettino dei protesti ma ciò non significai che sia dissestato. Inoltre se il contraente in bonis non trova il nome della controparte nel bollettino ciò basta perché egli possa efficacemente sostenere di aver senza colpa ignorato le condizioni patrimoniali della controparte? Il punto è che chi conosce effettivamente le condizioni patrimoniali della controparte al momento della stipulazione non può poi invocare l'eccezione di sospensione perché io contraente in bonis ha avuto percezione del pericolo di inadempimento derivante dal dissesto patrimoniale e nonostante ciò ha concluso l'accordo. La prova dell'ordinaria diligenza dunque si ha quando il contraente in bonis si è esattamente apprese tanto il problema dell'eventuale insolvibilità della controparte e ha cercato di superarlo verificando quali garanzie essa è in grado di offrire, sicché la successiva reale manifestazione del pericolo non può essere imputata alla sua negligente ricognizione. Quindi il bollettino dei protesti ha significato se ricollegato a condizioni personali dei contraenti, obblighi informativi, particolare natura della contrattazione, precedenti relazioni contrattuali tra le stesse parti, ammontare della controprestazione... Solo accompagnata da tali attività, la consultazione del bollettino dei protesti ha senso. TENTATIVI DOTTRINALI DI PARIFICARE IGNORANZA COLPEVOLE E NON COLPEVOLE DELLO STATO DI DISSESTO Secondo una parte della dottrina è troppo onerosa la ricerca di informazioni sulle condizioni pastori mondiali della controparte e quindi il criterio dell'ordinaria diligenza va giuridicamente svalutato, parificando ai fini dell'esercizio del rimedio dilatorio ogni ipotesi di ingoranza delle condizioni patrimoniali della controparte. Altri ritengono che bisognerebbe parificare le ipotesi di ignoranza poiché nè la disciplina dell'offerta al pubblico nè quella dell'annullabilità per errore impongono una specifica prova della scusa abilità della mancata conoscenza della causa di pericolo preesistente alla stipulazione, sarebbe irragionevole limitare il rimedio del 1461 attraverso la prova dell'ordinaria diligenza. Inoltre il 1461 sul punto sta in silenzio. Le posizioni in esame dunque parificano ignoranza colpevole e incolpevole rilevando che comune è la lesione della fiducia concessa alla controparte, la quale non potrebbe non rendersi conto dei rischi connaturati alla sua condizione patrimoniale e che la conclusione del contratto trae la sua giustificazione proprio dall'errata valutazione del contraente in bonis, che si attendeva una situazione di normalità. La parte dissestata invece non potrebbe non rappresentarsi le conseguenze che dalla successiva delusione di questa aspettativa possono derivare. Inoltre molti fattori possono influire sul grado dell'ordinaria diligenza necessaria per l'assolvimento degli oneri informativi, non è possibile però fare generalizzazioni. Inoltre la funzione del 1461 è garantire l'equilibrio patrimoniale tra contraenti, il punto in cui si incontrano i rispettivi interessi delle parti stabilisce in concreto quale debba essere tale equilibrio. Anche il dissestato fa affidamento sul contraente in bonis così da ritenere legittimamente che l'impegno negoziale spieghi la sua piena vincolatività senza dover subire la successiva incidenza di cause che, se la parte in bonis avesse avuto interesse a conoscere, avrebbe potuto appurare con l'ordinaria diligenza. La spontanea rinuncia a procurarsi un adeguato quadro informativo può realizzare un risparmio di spese che sarebbe altrimenti necessario sostenere e un guadagno in termini di rapidità nella conclusione dell'affare. Concedere tutela sospensiva anche al contraente che agisce secondo queste modalità significherebbe parificare la condotta di quest'ultimo a quella di chi, agendo con scrupolosa osservanza dei canoni dell'ordinaria diligenza, si sobbarca un aggravio di costi e tempi. Quindi per fruire della tutela dilatoria è necessario che ignoranza su stato di dissesto precedente alla stipulazione sia incolpevole. ERRONEA E NON COLPEVOLE VALUTAZIONE DELLE CONDIZIONI PATRIMONIALI L'Equiparazione della sopravvenuta insolvibilità del debitore alla sua insolvibilità originaria incognita alla controparte continua ad apparire a un nutrito orientamento una scelta che fa un indebito spostamento Articolo 71 CISG 1. Una parte può sospendere l'adempimento delle sue obbligazioni se, dopo la conclusione del contratto, risulta manifesto che l'altro contraente non adempirà una parte essenziale delle sue obbligazioni in conseguenza di: a) una grave insufficienza nella sua capacità di adempiere o nella sua solvibilità; o b) del modo in cui si prepara a dare esecuzione o esegue il contratto. 2. Se il venditore ha già spedito i beni prima che si manifestino le condizioni previste nel paragrafo precedente, egli può opporsi alla consegna dei beni al compratore, anche se questi è in possesso di un documento che lo legittima a riceverli. Il presente paragrafo riguarda solo i diritti sui beni nei rapporti tra il venditore e il compratore. 3. La parte che sospende l'esecuzione, sia prima che dopo la spedizione dei beni, deve immediatamente dare notizia della sospensione all'altra parte e deve procedere nell'adempimento se l'altra parte presta idonea garanzia dell'adempimento delle sue obbligazioni. Il 1461 proprio per la necessità nella sua interpretazione di passare da una nozione di mutamento materiale a un concetto di manifestazione un silenzioso precursore del 71 CISG. Il 71 nell'apprestare la tutela sospensiva per il caso di situazioni patrimoniali tali già al momento della conclusione del contratto, da mettere in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, non fa ricorso alla categoria della mutatio in pejus bensì alla circostanza che "si renda manifesta" la vera condizione patrimoniale giuridicamente non riconoscibile prima della conclusione del contratto. A tal fine l'oggetto della valutazione normativa prescinde dal divenire in deterius delle condizioni patrimoniali e si contenta delle valutazioni della consistenza qualitativa e quantitativa di queste in relazione alla probabilità di conseguimento della controprestazione indipendente dal fatto che queste in un certo momento fossero davvero migliori di quelle che sono poi divenute, in ragione esclusiva del fatto che queste apparissero migliori di quelle che si sono poi rivelate. Il 1461 e il 71 CISG consentono una reciproca integrazione dalla quale deve ricavarsi la conclusione che il 71, rappresentando oggi l'unica regolamentazione espressa del profilo disciplinare in questione, vale quale punto di riferimento per la soluzione dei concreti casi che si pongano non solo nel diritto uniforme ma anche in quello nazionale. Il 71 viene a colmare un vuoto testuale del 1461 e serve a correggere l'erronea ma innocua prospettiva concettuale legata all'idea ontologica di mutamento nella quale questo articolo è ancora calato. Il 1461 regola ipotesi di ignoranza incolpevole dello stato di dissesto precedente alla conclusione del contratto apprestando ad esse la medesima tutela prevista per il mutamento delle condizioni patrimoniali verificatosi successivamente a quei momento. Il 71 consente una riformulazione del 1461. LA PRECLUSIONE DELL'AZIONE DI ANNULLAMENTO PER ERRORE SULLA SOLVIBILITÀ O PER DOLO Il riferimento all'annullabilità è stato operato dalla dottrina italiana in due direzioni diverse che hanno trovato punto di incontro nella comune idoneità a formulare una critica eguale nei confronti della soluzione giurisprudenziale favorevole all'esercizio del rimedio dilatorio. Qualcuno ha ritenuto che dal riconoscimento dell'annullabilità per errore sulla solvibilità sia possibile trarre un argomento contrario alla sospensione dell'esecuzione e incentrato sulla considerazione secondo cui il riconoscimento di quest'ultima si risolverebbe in un'indebita sovrapposizione concettuale, determinata dalla riconduzione a un problema concernente l'inadempimento del rapporto di ciò che più esattamente investe la validità di un atto. Altri invece hanno osservato che la negazione dell'annullabilità del contratto offrirebbe un argomento egualmente contrario all'esercizio del rimedio dilatorio perché ove quest'ultimo venisse concesso si determinerebbe un'irragionevole disparità di trattamento connessa al fatto che una falsa rappresentazione che si assume non essenziale diventi, attraverso il 1461, un giusto motivo per intervenire a posteriori sulla pattuizione valida ed efficace nidificandone arbitrariamente i termini di esecuzione. Il 1461 attribuisce rilievo giuridico alla manifestazione dello stato di dissenso perciò la conclusione favorevole all'esercizio della sospensione dell'esecuzione cessa di essere il frutto di considerazioni di natura equitativa e diviene vera e propria necessità applicativa che ha portato a ritenere meritevole di protezione l'interesse alla conservazione del rapporto contrattuale di cui si teme l'inadempimento, attraverso il riconoscimento della possibilità di procedere alla sola sospensione dell'esecuzione, lasciando a una vicenda effettuale radicalmente diversa il compito di intervenire sullo scioglimento del rapporto. La scelta legislativa del 1942 trova la sua giustificazione ultima in un'esigenza conservativa del contratto che l'azione di annullamento mirerebbe ingiustificatamente a sacrificare. È necessario valutare se, preso atto che il dissesto preesistente e ignorato si riflette, come quello sopravvenuto, sulla probabilità della futura attuazione e diviene causa di pericolo di inadempimento, conservi ancora coerenza una sua qualificazione nei termini di causa di invalidità dell'atto, visto che gli esiti distruttivi del rapporto ai quali quest'ultima qualificazione condurrebbe risultano diametralmente opposti a quelli conservativi sottesi al riconoscimento della legittimità della sospensione dell'esecuzione. A queste condizioni l'interpretazione del 1461 rafforza i risultati prospettati dalla dottrina contraria all'annullabilità per errore sulla solvibilità e impedisce di dar seguito alle posizioni di chi immagina un concorso tra i due rimedi, lasciando alla discrezionalità del contraente in bonis il compito di scegliere se conservare il rapporto o chiederne lo scioglimento attraverso l'annullamento dell'atto. Il carattere essenziale dell'errore sulla solvibilità non può infatti essere dimostrato nè facendo leva sulla particolare relazione di fiducia sottesa ai contratti di credito, nè richiamando la presenza di termini di esecuzione differenziati. La solvibilità del contraente non è connotato specificamente connesso alla sua persona, ma investe la realtà esteriore, che acquista rilievo giuridico in ragione della capacità di incidere sulle probabilità del futuro adempimento. Ove si volesse dimostrare l'annullabilità del contratto per errore sulla solvibilità di una delle parti non basterebbe genericamente osservare che la determinazione del contenuto del contratto è stata operata immaginando che il debitore fosse capace di adempiere, ma bisognerebbe accertare che il dissesto esclude la pattuizione. In altri termini dovrebbe rilevare che la conoscenza del dissesto avrebbe condotto il contraente in bonis a rivolgersi altrove per ottenere quella prestazione che, stante le condizioni patrimoniali del debitore, gli risultava già preclusa. Tuttavia la distinzione dall'insolvenza vera e provai riposa proprio sul carattere reversibile del dissesto patrimoniale e perciò vale altresì a dimostrare che il contraente in bonis non avrebbe potuto escludere, anche laddove avesse avuto piena coscienza delle condizioni patrimoniali, un loro miglioramento. Il medesimo argomento consente di contestare la possibilità di annullare per dolo il contratto ove l'errore sulla solvibilità risulti causalmente ascrivibile ad artifici o raggiri del contraente dissestato. L'evidente violazione della regola di correttezza insita nella condotta di quest'ultimo che potrà, a seconda dei casi, assumere altresì i contorni di uno specifico inadempimento di obblighi informativi, giustifica pretese di natura risarcitoria o in virtù di un principio generale che da quest'ultima previsione, si intenda prospettare per ammettere la risarcibilità di danno provocati dallo svolgimento di trattative precontrattuali in modo contrario al principio di buona fede nonostante l'avvenuto perfezionamento del contratto ma non autorizza l'annullamento, stante l'impossibilità di accertare che, senza l'errore, il contraente in bonis non avrebbe contratto. Il contraente in bonis si lamenta di non aver potuto conoscere le reali condizioni patrimoniali della controparte perché non ha saputo in tal modo programmare l'entità del pericolo di inadempimento e dunque non è riuscito preventivamente a de potenziare taluni suoi effetti negativi attraverso una più ponderata determinazione del contenuto contrattuale. L'errore sulla causa di pericolo di inadempimento è situazione che assume contorni giuridici esclusivamente sul piano dell'esecuzione del sinallagma, perché investe il rapporto tra l'ordinario rischio di inattuazione e lo specifico innalzamento dello stesso dipendente dalle particolari circostanze riscontrabili nella singola fattispecie, si che la sua riconduzione nell'ambito dei rimedi sinallagmatici riflette in modo coerente la sua irrilevanza sul piano della validità dell'atto. Non è dunque possibile far discendere dall'impossibilità di annullare il contratto per errore sulla solvibilità un'analoga inammissibilità per l'esercizio della sospensione dell'esecuzione: irrilevante sul piano della validità dell'atto, la mancata conoscenza del dissesto acquista importanza su quello dell'attuazione del rapporto e in tal guisa trova considerazione normativa e un coerente regime giuridico. Sarebbe inaccettabile dare rimedi diversi a fronte della medesima situazione di pericolo indotta dal dissesto patrimoniale solo perché questo sussisteva già prima della conclusione del contratto. L'erronea valutazione delle condizioni patrimoniali si colloca nell'area dell'adempimento e dunque suppone la valida costituzione del vincolo negoziale e mostrerà come sia prevalente la conservazione
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