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Il Novecento del teatro, Sintesi del corso di Storia del Teatro e dello Spettacolo

Riassunto schematico e conciso della prima parte del libro, fino a pagina 194. Ideale per ripassi come schema e mappa concettuale per fissare i concetti principali.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 30/06/2022

sofiapiccini
sofiapiccini 🇮🇹

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Scarica Il Novecento del teatro e più Sintesi del corso in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! Il novecento a teatro - Mango La nascita della modernità Nascita del teatro moderno: 1896 “Ubu Re” di Alfred Jarry al Teatro de l’Ouvre. Essa, sancisce il passaggio dal simbolismo alle avanguardie e ha un Impatto dirompente per: - Il linguaggio provocatorio, come testimoniato dalle prime parole: “Merde!" - La sua resa scenica: utilizzo della marionetta e della farsa, in quanto l’opera è una parodia del Macbeth shakesperiano. In particolare, “il mito della marionetta” nasce da questa rappresentazione, in quanto precedentemente a Padre Ubu, non era mai stato creato un teatro fatto da altro se non esseri umani. - La realizzazione scenica è innovativa, in quanto si passa dallo sfondo dipinto alla scenografia architettonica. Dalla modernità in poi, viene messo in crisi del dramma come “assoluto”, caratterizzato da due elementi chiave: - La presenza dell’autore: viene sempre spiegata l’azione, nelle sue cause e conseguenze attraverso il tempo del presente, del passato e del futuro. - L'azione si compie nel dialogo che diviene dialettica tra i diversi personaggi. Questa messa in crisi, viene attuata da 5 autori in particolare: 1. Ibsen 2. Anton Chechov: “Il gabbiano” 1886 La sua drammaturgia è legata sia alle istanze del teatro simbolista che del teatro naturalista , come per esempio quello familiare. Abbiamo la destrutturazione del dramma, in quanto sembra quasi non accadere nulla, in una “drammaturgia del ribadire” e la crisi del dialogo, in cui i personaggi parlano ma si esprimono attraverso quello che non dicono. 3. Metterlich 4. Strindberg 5. Hauptmann La “riteatralizzazione” - “Riteatralizzazione” A partire dalla visione di arte totale di Wagner per cui il teatro è composto da musica, poesia, danza e dimensione scenica di metà ‘800, nasce la riteatralizzazione, ovvero il processo di rifondazione che superi il naturalismo evidenziando ciò che è artificiale e specificatamente teatrale. Si sviluppano dunque diverse formulazioni teoriche: 1. Adolphe Appia: A partire dalla sua opera “L’opera d’arte vivente” teorizza “il dramma di parole e musica” ovvero un teatro che si sviluppa dialogando tra tempo (espresso dalla musica) e spazio, coordinato dalla figura del regista. Dà vita inoltre alla scenografia degli “spazi ritmici” forme architettoniche tridimensionali su cui gli attori si muovono, in un rapporto a ritmo di musica, attraverso corpo e gesto. Abbiamo dunque una dialettica tra elemento attivo, l’attore, ed elemento passivo, la scenografia. Sempre per quanto riguarda il corpo come strumento espressivo è fondamentale l’incontro con Dalcroze e la sua “ginnastica ritmica” che diviene elemento costitutivo del movimento dell’autore. Vediamo in seguito “Tristano ed Isotta”. 2. Edward Gordon Craig: Nella sua opera “L’arte del teatro” sostiene che il teatro sia una sintesi degli elementi linguistici: parola, ritmo, danza, ritmo e colore, coordinati dal regista. Sviluppa dunque gli “screens” dei tendaggi rettangolari su cui proiettare colori molto accesi che dovevano stilizzare gesti e costumi in maniera simbolica. La regia inoltre, veniva ritenuta come creazione, e dunque scissa dall’opera letteraria, sviluppando due tipologie di regista: a. Il regista artigiano, che opererà ancora tramite il testo drammatico e il regista in quanto tale, che lavorerà creando in autonomia. Teorizza inoltre, nella sua opera “L'arte del teatro” l’Ubermarionette, ovvero una supermarionetta che eliminava l’attore dalla scena per lasciare posto alla figura inanimata, in quanto l’accidentalità delle emozioni e della corporeità dell’uomo era nemica dell’arte. Suddivide inoltre il lavoro dell’attore in personificazione, rappresentazione e creazione. 3. George Fuchs: All’interno della sua opera “La scena del teatro del futuro” il teatro viene inteso come luogo capace di recuperare la voce originaria ed arcaica del popolo e “tutt’uno con la folla in festa”. Esso dunque, doveva prendere luogo in un edificio teatrale che rassomigliasse un tempio, che permettesse la comunione di spettatore e attore, che recitava in una scena architettonica neutra che prendeva vita con il movimento del corpo dell’attore. L’affermazione della regia - Affermazione della regia durante il ‘900 “Attività di coordinamento e al contempo forma di creazione che utilizza come materiali gli elementi della scena e ha una propria visione del teatro.” In 3 tappe: 1. 1830: in Francia nasce il termine “mise en scene” ovvero messa in relazione tra parola e scena. Comincia ad essere utilizzata da autori romantici come Dumas, de Vigny e Hugo. 2. Fine dell’800: la regia comincia ad essere più strutturata grazie alla compagnia dei Meininger e la sua compagnia. Rappresentazione del “Giulio Cesare” a Londra. 3. 1880-1890: affermazione e consolidamento grazie a Andrè Antoine e Aurèlien Lugnè-Poe. I suoi maestri fondatori sono Stanislavskij, Max Reinhardt, Jacques Copeau e Mejerchol’d. 1. Stanislavskij 2. Max Reinhardt: Nella sua opera “Il teatro che ho in mente” concepisce il teatro come avente unico scopo il teatro, riscattandone l’autonomia, dove il regista è costruttore di spettacoli diversi a seconda del testo: fonda diversi teatri con caratteristiche diverse a seconda delle drammaturgie: il Kleines Theatre dove gioca con le modalità della messa in scena, liberandola dai vincoli del realismo e l’accademismo, dirige il Deutches Theatre dove allestisce i classici e specialmente Shakespeare, che vengono recitati in maniera moderna, come se fossero opere contemporanee, fonda il Kammerspiele dove la platea e il palcoscenico sono tutt’uno dando allo spettatore un contatto intimo e il Circo Shuman, un teatro di massa ispirato alla partecipazione popolare dell’Antica Grecia. Fonda inoltre il festival di Salisburgo insieme a Hugo von Hoffmanstahl dove il teatro poteva ritrovare la sua natura di festa. Egli infatti, considerava il lavorare con le persone la più nobile delle arti, dando vita ad un evento teatrale che non fosse dinanzi al pubblico ma in mezzo al pubblico. 3. Jacques Copeau: fonda il Vieux Colombier, teatro ispirato all’essere un evento culturale lontano dal mercantilismo francese e incentrato sulla messa in scena. Mette in scena classici come i “Fratelli Karamazov” di Dostoevskij, che il regista avrebbe recuperato affidandosi alla “scena nuda” che avrebbe aiutato l'autore a giungere alla matrice del testo drammatico. Nel 1924 inoltre, si reca in Borgogna con la compagnia dei Copiaus, dove tornare alle origini comunitarie del teatro. La regia comunque è “un supplente a tempo” in quanto deve costruire le condizioni per cui la poesia possa tornare a scrivere in prima persona il teatro. Nel 1917 inoltre, mette in atto un progetto per un dispostivo scenico per le Furberie di Scapino, il “Tretteau”, una pedana circondata da cinque scalini che diventa il centro del palcoscenico nudo e al cui centro si staglia l’attore un dispositivo scenico che diventa di fatto l’elemento che permette di reinterpretare Moliere dandogli una nuova identità, rinnovando la sua bellezza originaria di un’opera di tradizione. Molte note di regia del riadattamento infatti, sono incentrate sulla sua funzione. Esso inoltre, diventa un elemento pedagogico per l’attore. Questo elemento scenico è così importante che ad un certo punto, diventa un vero e proprio strumento fisso al Vieux Colombier. Questo strumento che dunque nasce per la farsa costruito per andare a New York, diventa una componente fondamentale per la rappresentazione. 4. Mejerchol’d: crea “iI teatro della convenzione” ovvero un teatro che rifiuta il realismo per rendere evidente invece la dimensione artificiale della messa in scena. Viene data inoltre data importanza centrale alla scena, con un attenzione alla dimensione visiva e pittorica dello spettacolo che diviene un quadro animato dove il movimento della scena è affidato a linee e colori. Gli attori inoltre, dovevano recitare in maniera dinamica e straniata, in scene quasi “claustrofobiche” in cui gli attori dovevano caratterizzare i personaggi utilizzando il poco spazio loro dato. Teorizza inoltre il “tradizionalismo” ovvero il desiderio di riportare i classici alla propria iste spettacolare originaria unita a degli elementi modernisti. Con l'arrivo della Rivoluzione Russa del 1917 inoltre, collabora con Majakosvkij nell’opera emblematica del “Mistero buffo” che racconta la storia dei proletari che cercano di liberarsi dal dominio borghese, con un linguaggio più immediato e personaggi come maschere e sociali. Si suicida con l’avvento al potere di Stalin. La regia inoltre, attorno al 1930, ha 4 paesi in cui si definisce con le proprie caratteristiche peculiari: Accanto al teatro futurista dei teatranti, nasce anche il teatro futurista dei pittori che avevano un idea di teatro come insieme di immagini, movimento, colori, forma e astrazione, propriamente antinarrativo e desideroso di stupire e spiazzare lo spettatore. - Enrico Prampolini: nella sua opera “Scenografia e coreografia futurista” teorizza la tipica messinscena futurista caratterizzata dal dinamismo, la scenodinamica e l’utilizzo della dimensione emotiva della luce e del colore. Lo spazio inoltre, viene personificato e si fa perfino a meno dell’attore, in quanto le architetture luminose della scena daranno vita ad incandescenze cromatiche che “reciteranno”. Crea inoltre “il teatro di colore” in cui quest’ultimo aveva una funzione espressiva autonoma. - Giacomo Balla - Fortunato Depero 2. Dada: 1916 “Manifesto del Dadaismo”, Tristan Zarra Viene evidenziata la necessità di azzeramento sia dell’arte come feticcio commerciale, della logica, della memoria, dell’archeologia, profeti, del futuro. Esso infatti, è un movimento che si pone come antiarte che mette in primo piano la vita, l’effimero e un gesto distruttore che aggredisce la logica, il senso borghese e l’idea stessa di arte. Le serate dada spesso erano incentrate attorno alla poesia, attraverso declamazioni di poesie dal linguaggio disarticolato, in quanto esse volevano essere una forma di spettacolarizzazione della poesia trasformandola in uno spettacolo teatrale. A Parigi, il dada diventa per la prima volta dramma con il testo “La prima avventura celeste del signor Antipirina” di Zarra. 3. Surrealismo: 1924, “Manifesto del Surrealismo” di Andrè Breton Viene esaltata la dimensione inconscia dell’io, liberandola dalla ragione attraverso il valore chiave del sogno che allontana l’individuo dall’illusione del quotidiano. L’opera surrealista inoltre, doveva nascere da “l’automatismo psichico” ovvero tramite l’accostamenti di elementi differenti tramite associazioni libere. Questo movimento guardò con sospetto il teatro e per questo nasce una sorta di “teatro di eretici” ovvero composto da autori non prettamente surrealisti. - Roger Vitrac - Antonin Artaud: nella sua opera “Il teatro e il suo doppio” racconta dell’esperienza con le danze balinesi, attraverso le quali si lega alla concezione di teatro non occidentale, fisico, rituale e integralmente scenico che permette all’individuo di risalire alle sue sorgenti umane liberandosi nell’estasi. Viene rifiutato il dialogo in voce della sonorità. Concepisce inoltre il “teatro della crudeltà” ovvero che vuole mettere l’uomo dinanzi alla parte di sé a lui sconosciuta attraverso il disagio assoluto. Il teatro dunque, diviene un “operazione dal dentista” e “la peste” che si risolve o con la morte o con la guarigione. Teorizza inoltre, per la recitazione, il “corpo geroglifico” ovvero un corpo che si esprime in un linguaggio misterioso ed evocativo, entrando a contatto diretto con la dimensione spirituale, specialmente attraverso il corpo, il giro e il respiro. 3. Il cubofuturismo in Russia: “Schiaffo al gusto corrente” di Majakoskij e altri autori. Combacia con la Rivoluzione Russa, ha il suo primo evento teatrale a Pietroburgo con “La vittoria sul sole” e “Vladimir Majakosvkij”, un monodramma. Abbiamo in questo contesto il teatro dei pittori con Kandinskij, che attraverso “Suono giallo” dove le scenografie erano fondali dipinti legati al cromatismo delle luci e ai corpi trattati come immagini cromatiche, concepisce il teatro come sintesi di musica, colore e danza. E ancora il teatro della scuola di arti applicate del Bahuahus, dove nascono delle feste intese anche come laboratori teatrali in cui il teatro viene concepito come gioco plastico di scene, costumi che geometrizzano la fisionomia degli attori e un movimento. 4. Espressionismo: 1916, “Espressionismo” E’ una costellazione di tendenze in cui l’arte viene intesa come segno artistico dell’interiorità dell’artista, che urlando di angoscia esprime il sentimento del proprio tempo, in una tragicità intesa come rifiuto della realtà sociale e sofferta ribellione per l’inanità del tempo. Raggiunge il suo apice nel 1924 e presenta i seguenti tratti: - Risalto della parola come verbo - Evocazione lirica - Trasfigurazione della realtà in una dimensione simbolica I suoi principali autori sono Franz Wedekind, considerabile come un forte punto di riferimento per il suo “Risveglio di primavera” e Ernst Toller per “Oplà noi viviamo”. Il testo drammatico non più come sintesi della drammaturgia - Bertold Brecht: Teorizza il “teatro epico”, lo “straniamento” e il “teatro come scienza”: 1. Teatro epico: teorizzato ne “Il teatro moderno è il teatro epico” è un teatro dalla struttura narrativa divisa in scene separate, dove lo spettatore è un osservatore distaccato, è centrale la ragione e l’uomo e il suo contesto sociale sono oggetti di indagine. 2. Straniamento: lo spettatore deve essere “uno spettatore che fuma” ovvero capace di evitare il coinvolgimento critico e di essere in relazione critica con l’opera drammatica. 3. Il teatro come scienza: teorizzato nel “Breviario di estetica teatrale”, il teatro deve essere, come la scienza ha saputo rendere mutabile la natura, capace di mutare l’atteggiamento dello spettatore. Egli inoltre, nonostante le tematiche spesso legate al marxismo, non fa del suo teatro un veicolo di propaganda né lo definirà prettamente politico, in quanto desidera solo mettere lo spettatore nella condizione di riflettere in maniera consapevole le dinamiche degli uomini, della società e delle classi e ritiene inoltre che il teatro debba rimanere fedele al suo compito di ricreare la gente. Le sue opere principali sono: - “L’opera da tre soldi” del 1928: racconta il disagio dell’epoca in un ambientazione londinese che racconta l’intrecciarsi delle vite del bandito Mackie Messer, Brown la tigre e Peachum, organizzatore dell’accattonaggio cittadino. - “Madre coraggio”: scritta negli anni dell’esilio (dal 1933 al 1944 insieme a “Vita di Galileo”) racconta la storia di una vivadiera che vive grazie agli eserciti della Guerra dei trent’anni nonostante a causa di essa abbia perso tre figli, ma a causa della povertà è costretta a continuare il suo servizio. L’opera è espressione dei lati oscuri e scabrosi della guerra. Egli inoltre, sperimenta a livello teatrale e registico al Berliner Ensemble, una delle più grandi istituzioni teatrale europee dove scriverà i “libri modello” pubblicazioni che attraverso immagini, commenti etc… rendessero tangibile la regia come opera. Il teatro politico: Ispirato principalmente a Erwin Piscator e a Bertold Brecht si sviluppa in concomitanza con la Rivoluzione d'Ottobre e sceglie il teatro grazie alla sua connotazione di arte sociale per esperienza. E’ di matrice marxista e nasce dal teatro popolare di Romain Rolland, il Teatro ambulante e il Theatre National Popoulaire di Grèmier. Alcuni esempi: - Il teatro rivoluzionario della collaborazione tra Majakosvkij e Mejerchold. - Il teatro di Marinetti. - Il surrealismo di Andrè Breton che si collegò al Partito comunista francese e portò alla scissione con Artaud. Però principalmente: - Le bluse blu: presenti nell’URSS del 1920 sono un teatro non professionista, fatto da operai per operai nelle piazze e nelle fabbriche, privo di scena e concentrato sulla fisicità e sulla scansione delle battute. Aveva infatti l’obbiettivo di fungere da propaganda, risaldare la coscienza rivoluzionaria e fungere da “giornale vivente”. - Agit-pop: sviluppatosi nella Germania della Repubblica di Weimar quando i fermenti rivoluzionari erano conclusi, ceca di farli rifiorire politicizzando attraverso un’attività teatrale fervente le masse. La recitazione - Il sistema Stanislavskij: fonda il “Sistema Stanislavskij” che permetteva all’attore di rendere il personaggio credibile, espressione sensibile di sentimenti veri attraverso un lavoro pedagogico agli Studi del Teatro d’Arte di Mosca fondati nel 1912. Esso utilizzo come riferimento i drammi di Checov per la loro capacità di dover entrare davvero nel personaggio. Il lavoro si sviluppava attraverso diverse fasi: - 1916 - 1924: Scavo sull’interiorità e sulla psicologia dell’autore: vengono teorizzate le “circostanze date” ovvero le caratteristiche della scenografia che doveva essere verosimile e legata al personaggio, ma soprattutto utile alla recitazione e il magico sé, ovvero l’interrogativo del come si comporterebbe l'attore se fosse nei panni del personaggio, interrogandosi su di sè. Il lavoro dell'attore inoltre, si basava poi in altre due fasi, la prima di analisi attraverso il domandarsi su come agirebbe il personaggio quando non è in scena e la seconda rievocando emozioni attraverso la sua “memoria emotiva” ovvero avvenimenti realmente successi all’autore. - 1924 - 1930: lavoro di natura interiore e studio del personaggio. - 1930 - 1938: lavoro sulle azioni fisiche. Questo metodo, serviva principalmente a risolvere i seguenti problemi: - La creazione in pubblico: per sciogliere l’ansia della ribalta che assaliva l'attore per permettergli di avere un corpo fluido e ricettivo. - La concentrazione: raggiungibile tramite i “cerchi di attenzione” ovvero attraverso una prima attenzione su un singolo oggetto e in seguito alle cose che circondano l'attore fino ad arrivare alla scena, fino a raggiungere la sua seconda natura che lo trasformava in personaggio. Era in ciò importante soprattutto l’oggetto per comprendere quanto l’attore si fosse immedesimato o meno, in base a come lo utilizza. Sempre a proposito del sistema ricordiamo Michail Chècov e il “gesto psicologico” che rivela l’identità dei personaggi. Ma anche Rikard Bolesavskij che insieme a Lee Stransberg e il suo Actor’s Studio porta il Sistema in USA. - Bertold Brecht e lo straniamento: L’attore doveva trattare il personaggio come un soggetto storico e deve avere consapevolezza della sua condizione socio-politica. In due testi del 1940 inoltre, continua la sua teoria sulla recitazione: - “La scena di strada”: l’attore doveva diventare un dimostratore, mostrando in scena l’artificialità del teatro e come esso fosse un evento ripetuto e non reale. - “Nuova tecnica dell'arte drammatica”: l’attore doveva utilizzare il “Gestus” un gesto sociale che esprimeva il carattere individuale e sociale del personaggio. Inoltre nelle prove, accadeva il vero momento di straniamento tra attore e personaggio e dunque erano molto importanti, specialmente se utilizzando le tecniche che lo facilitavano: l’uso della terza persona e del tempo passato e la lettura delle didascalie e i commenti dell’azione. - Edward Gordon Craig e l’Ubermarionette - La Biomeccanica di Mejerchol’d: secondo il concetto del corpo come macchina, l’attore doveva divenirne il meccanico, attraverso una recitazione in cui egli fosse in ogni momento conscio dei propri movimenti grazie ad uno studio ed un controllo continuo. Considerando che il corpo diviene fonte di espressione, il movimento ne è la grammatica, che si suddivide in due segmenti: il primo è “l’otkaz” ovvero il gesto che l'attore caricherà dalla parte opposta per dargli energia e al suo compimento verrà seguito da una pausa per sottolienarle la fine, mentre il secondo è il rapporto con lo spazio, in quanto la posizione del corpo in quest’ultimo influisce sulle emozioni. La Biomeccanica inoltre, si basa su tre elementi fondamentali: la reattività, la musicalità e l’acrobatica che conducono alla costruzione del personaggio tramite il movimento che ne esalta l’artificialità, come una marionetta. - Il mimo corporeo di Decroux: nel mimo il corpo diviene mezzo di espressione indipendente, essendo l’attore solo, senza scenari, elementi verbali e dimensione narrativa. Per renderlo possibile dunque, il corpo deve distaccarsi dalle movenze quotidiane e il focus deve passare dal volto alle mani e al tronco. Guerra Abbiamo un ritorno all’ordine a causa delle controversie politiche, coniugato con un periodo di forte stasi delle sperimentazioni e della drammaturgia in generale. Durante la guerra, essa diviene spesso oggetto di molti drammi, come per esempio in Eduardo de Filippo, Jean Paul Sartre (“Le mosche” esistenzialismo, oppressione e letterarie) e in Albert Camus (“Lo straniero”, claustrofobia). Dopoguerra Nella seconda metà del ‘900 abbiamo un ricominciare della drammaturgia, in particolare attraverso il Teatri dell’Assurdo di Ionesco. Esso nasce nel 1959 ed è un teatro che vuole esprimere il disagio e il disorientamento della condizione umana, non più semplicemente parlandone ma nel suo essere effettivo, attraverso concrete immagini sceniche che ribaltano la logica: rompono con l’identità psicologica dei personaggi, la coerenza del racconto e la rappresentazione stessa. I suoi esponenti principali sono 3:
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