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Il Novecento (Detti e Gozzini), Sintesi del corso di Storia Contemporanea

Detti e Gozzini storia dell'ultimo mezzo secolo di Storia dal secondo dopo guerra fino ai giorni nostri. Secondo manuale

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 01/06/2021

fulvia.roggio
fulvia.roggio 🇮🇹

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Scarica Il Novecento (Detti e Gozzini) e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! DETTI GOZZINI – STORIA CONTEMPORANEA II. IL NOVECENTO Capitolo 12 Bipolarismo e guerra fredda Con la fine della 2 guerra mondiale, si è concluso un ciclo di conflitti definiti come ‘ Guerra dei 30 anni del 900’. La pace di Versailles ebbe in contrapposizione la proposta del presidente USA Wilson, di un nuovo ordine mondiale legato alle società delle nazioni, e le rivendicazioni degli stati nazione che hanno vinto la 2 guerra mondiale e che volevano allargare i propri territori ed il loro potere politico-economico a spese dei paesi sconfitti. Da ciò nascono nuovi nazionalismi che a sua volta scaturiscono regimi totalitari in Italia ed in Germania ed anche dittature in Europa; mentre l’unione sovietica che cercava di costruire una società socialista, istaurò una nuova autocrazia. Negli USA si stava sviluppando una moderna società di massa e di consumi che però, la crisi del 1929 fece emergere una piccola fragilità. La conclusione della 2 guerra mondiale segnò l’apice di un’epoca di catastrofi in cui Auschwitz e Hiroshima rappresentarono luoghi simbolo di un lato distruttivo da parte del genere umano. Dal 1945 in Occidente si apre un nuovo ciclo economico con un aumento di produzione e consumi che venne definito come età dell’oro del capitalismo da Eric Hobsbawn (oggetti di consumo: auto, tv, frigo, lavatrice). Il baricentro del potere mondiale si suddivise tra 2 grandi nazioni: USA e Unione Sovietica i quali depositarono armi nucleari e diedero vita ad una Guerra Fredda. Il controllo di queste due nazioni non voleva essere solo dal punto di vista militare ma anche politico, istituzionale ed economico a cui fare riferimento e scegliere se affiancarsi ad una nazione o all’altra significava fare riferimento ad un’idea ben precisa. Negli anni 50 e 60 un moto di indipendenza scosse l’Africa e l’Asia le quali ottennero un proprio seggio all’interno dell’ONU e rilanciano il problema di un nuovo ordine internazionale fondato sulla rappresentazione paritaria e sul confronto paritario anziché sul potere del più forte. Il bipolarismo di USA E URSS venne messo alla prova quando nacquero nuove instabilità e conflitti in Corea, Vietnam e Medio Oriente. La sconfitta dell’USA in Vietnam fece avvicinare l’Unione Sovietica al sogno di un’espansione militare che diede vita alla Seconda Guerra Fredda. Dopo quasi 30 anni di stabilità economica entrarono nel mercato nuovi soggetti economici come l’organizzazione dei paesi produttori di petrolio che imposero degli alti prezzi per questa fonte di energia. Molti posti di lavoro furono spostati (lavoro delocalizzato) in paesi in via di sviluppo dove la manodopera era meno costosa e meno protetta e meno sindacalizzata. La tecnologia informatica mosse i primi passi verso un’ampia dimensione di mercato. Tutti questi processi danno il segno di una nuova e complessa trasformazione della società occidentale e al tempo stesso la allontanavano dal resto del mondo. La GOLDEN AGE fu uno sviluppo economico importante che non fu interrotto da nessun momento di stallo o crisi. Rispetto alla fine dell’800 e inizio ‘900 il reddito procapite incrementò più del doppio (da 1.3 a 2.9) non interessando tutto il mondo ma soprattutto i paesi a capitalismo sviluppato; il Giappone registrò un 8,1% nella prima seconda metà del ‘900. Negli USA il reddito procapite crebbe del 2,5% l’anno e l’Europa si attestò sul 4,1%. Gli incrementi dei continenti dell’Asia, america latina e Africa nonostante confermassero lo stesso trend positivo, i loro redditi erano comunque inferiori rispetto a quelli occidentali. Nei paesi a capitalismo avanzato, l’idea della Golden age fu giustificata da: tassi di inflazione non elevati, una disoccupazione media inferiore al 2% e da un debito pubblico contenuto entro i limiti. Il boom di questi paesi fu reso possibile da una cooperazione e solidarietà internazionale e anche da una stabilità monetaria. Nel 1944 vi fu una conferenza a Bretton Woods in cui gli Stati Uniti hanno definito un sistema economico e monetario internazionale. La stabilità negli scambi internazionali era garantita dall’adozione del sistema monetario chiamato Gold Dollar Standard che si basava sulla convertibilità del dollaro in oro e anche dalla costituzione di un fondo monetario internazionale(FMI). Inoltre fu creata anche una banca mondiale per favorire lo sviluppo dei paesi piu arretrati favorendo così uno sviluppo degli scambi commerciali che fu un fattore chiave della Golden Age. VARIE TAPPE DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA La politica di cooperazione che venne impostata a Bretton Woods che prima aveva trovato un momento di attuazione nel Piano Marshall continuò attraverso degli organismi che scandirono le diverse tappe dell’integrazione europea: 1. 1947: General Agreement on tarifs entrade 2. 1948: l’organizzazione per la cooperazione economica europea che nel 61 si trasformò in organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (OCSE) che raggruppava i paesi più sviluppati. 3. 1950: venne creata l’unione europea dei pagamenti 4. 1951: venne fondata la comunità europea del carbone e dell’acciaio 5. 1957: venne fondata la comunità economica europea importanti fattori importanti G.A: -un fattore fu: la disponibilità di manodopera industriale a basso costo, e a causa della meccanizzazione dell’agricoltura che lasciò milioni di persone senza lavoro si un processo migratorio dalle campagne alle città. - Ritardo iniziale dell’Europa rispetto all’Usa e anche un divario tecnologico tra Europa e Stati Uniti; in Europa a tal proposito si diffuse il FORDISMO che era un modello produttivo fondato sulla grande impresa e sui consumi di massa. Un altro Fattore fu costituito da coinvolgimento dello Stato nell’economia, seguito dall’affermarsi di politiche economiche keynesiane ed anche dalla corrispondente diminuzione del potere dei grandi gruppi di interesse. Secondo Keynes lo Stato non doveva coprire l’economia di mercato con un’economia pianificata ma doveva farla funzionare al meglio riducendo le disuguaglianze dei redditi E quindi un obiettivo primario era l’occupazione. L’intervento dello Stato si esercitò inoltre attraverso lo sviluppo delle industrie statali e parastatali configurando un sistema misto di imprese pubbliche e private. Si affermarono due distinti modelli Di Welfare state: il modello liberale americano, che vedeva l’intervento dello Stato solo come un’estrema risorsa quando non si poteva chiedere aiuto alla famiglia o alla carità privata e il modello socialdemocratico che invece era più sistematico e non residuale. Nel primo caso, godevano dei benefici solo chi pagava i costi, nel secondo caso tutti cittadini. Il welfare state toccó il suo apice quando la crescita economica permise di coprire la crescente spesa sociale, mantenendo in equilibrio sia le entrate che le uscite. La fine di questa fase fu nel 1973 quando l’opec (organization of petroleum exporting countries) stabilì un aumento del prezzo, che sali da tre a 12 $ al barile. Questa decisione politica nacque per danneggiare i paesi che erano favorevoli a Israele dopo la guerra del kippur, ma i suoi effetti segnarono una svolta devastante. L’aumento del petrolio portò il mondo ad una crisi economica ( tranne usa e URSS perché lo producevano). L’aumento del petrolio però fu solo un secondo shock per il mondo Poiché il primo fu nel 1971, quando il presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon, disse che non era più possibile convertire il dollaro in oro e quindi non poteva più esserci una cooperazione internazionale. A segnare il declino della G.A. furono i suoi stessi effetti: la crescita di nuove grandi potenze economiche come Giappone e Germania che si affiancano alla superpotenza mondiale americana. Vennero meno 2 fattori dello sviluppo industriale post-bellico: la forza lavoro a basso costo si ridusse progressivamente e le scelte produttive furono subordinate a quelle politico in Europa. Gli USA temevano che l’Europa occidentale si fosse troppo indebolita dopo la definitiva abdicazione della Gran Bretagna, dal suo ruolo di grande potenza e dopo che la si erano accorti che la democrazia della Francia, l’Italia e Belgio erano molto fragili e dunque si espose in prima persona dicendo che solo un blocco politico ed economico statunitense potesse rimettere in moto la produzione Europea. 13 milioni di dollari furono destinati a fornire crediti e merci ai paesi europei per costruire le infrastrutture, importare materie prime, far crescere l’occupazione e i consumi. Questo piano si rivolgeva ai paesi occidentali ma poi si allargò anche all’est dell’europa e all’Unione Sovietica. In vista di una conferenza aperta a tutti i paesi interessati, convocata a Parigi nel 1947, il ministro degli esteri Molotov si dichiarò favorevole ad aiuti bilaterali, ma rigettò le proposte americane e respinse la costituzione di un comitato anglo-russo-francese che compilasse un rapporto sulle priorità e i bisogni dei singoli stati. L’Urss temeva che qualsiasi forma di controllo indebolisse la sua influenza sull’Europa Orientale e vi era la paura di una minaccia rappresentata da una Germania ricostruita. La rigidita’ di Molotov provocò il ritiro dalla conferenza della Polonia, Romania , Ungheria e Cecoslovacchia sviluppando cosi un effetto di rafforzamento della convinzione occidentale che il comunismo costituisse una minaccia alla libertà dell’Europa e che lo si sarebbe combattuto meglio stringendosi attorno alla potenza industriale, finanziaria e commerciale statunitense. Quindi il piano segnò la nascita del ‘blocco occidentale’ che con il Patto Atlantico nel 1949 si sarebbe anche dotato di un organismo militare, la NATO. Il PATTO ATLANTICO è un trattato puramente difensivo stipulato tra le potenze dell'Atlantico settentrionale a cui poi aderiranno anche paesi non geograficamente atlantici (ossia senza sbocchi sull'Oceano Atlantico) come l'Italia, la Grecia, la Turchia ed altri. Il Patto Atlantico viene firmato a Washington, negli Stati Uniti, il 4 aprile 1949. Le 12 nazioni che lo siglarono e che saranno poi anche le prime fondatrici della NATO furono: Stati Uniti d'America, Gran Bretagna, Canada, Francia, Italia, Portogallo, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Islanda, Norvegia. Nel 1947 i delegati di 9 partiti comunisti si riunirono in Polonia dando vita al Cominform come risposta politica dei sovietici al piano Marshall, e si rivolgeva ai paesi occidentali, dove la ricostruzione avrebbe incontrato ostacoli politici e sociali e ai paesi centro-orientali a cui rivolgeva un avvertimento di abbandonare le vie nazionali al socialismo e a riconoscere la completa egemonia dell’URSS. Nei Balcani, partiti comunisti erano giunti al potere autonomamente. In Romania , Polonia, Ungheria le coalizioni tra comunisti, socialisti e partiti contadini emarginarono e misero fuori legge i partiti ostili all’Unione Sovietica; i comunisti dettero vita a partiti unificati con le forze disposte a collaborare con loro, rafforzando il proprio dominio e procedendo a una sovietizzazione delle forze armate, dell’amministrazione e dell’economia. L’ultimo paese in cui i comunisti raggiunsero il monopolio del potere fu la Cecoslovacchia. COLPO DI STATO PRAGA 1948: Tra il 1947/1948 si registrarono una perdita dei consensi del partito comunista, mentre i socialisti contrari alla fusione con i comunisti rafforzavano le proprie posizioni. Ne seguirono forti tensioni nel governo e nel 1948 alcuni ministri non comunisti si dimisero nella speranza che il presidente della repubblica BENES (socialdemocratico) formasse un governo senza comunisti. Invece Benes sostitui i ministri che si erano dimessi per paura di un intervento dell’URSS e lasciò che si formasse un governo di uomini fedeli a Gottwald (è stato un politico cecoslovacco, leader di lungo corso del Partito Comunista di Cecoslovacchia (KSČ), primo ministro e, attraverso un colpo di stato sostenuto dall'URSS, divenne presidente della Cecoslovacchia). Il colpo di stato di Praga si concluse il 6 Giugno con le dimissioni di Benes. In sostanza un governo di coalizione che rappresentava la maggioranza dei cittadini venne sostituito con un governo che aveva dietro di sé l’esercito sovietico. Nella primavera-estate i due poli sembrarono sul punto di scontrarsi perchè USA e URSS avevano posizioni diverse sul futuro della Germania che tutti speravano venisse riunificata. Dopo che inglesi e americani avevano creato un governo provvisorio nelle zone controllate, da loro e dai Francesi, nella notte tra il 23-24 giugno Berlino venne isolata dal resto della Germania orientale, posta sotto il controllo sovietico; le vie di comunicazione furono interrotte, e la parte occidentale della città, in mano agli alleati, venne esclusa dai rifornimenti energetici e alimentari, il pericolo di uno scontro armato tra i due blocchi, nel cuore dell’Europa si fece terribilmente concreto, e la parte occidentale sopravvive solo grazie ad un ponte aereo americano che ogni giorno scaricava a Berlino migliaia di tonnellate di merci, mentre le potenze occidentali interrompevano le forniture di carbone e acciaio alla Germania orientale. Tale blocco durò fino al maggio del ’49, portando alla divisione del paese: Ovest la Repubblica federale tedesca ed Est la Repubblica democratica tedesca. La crisi di Berlino portò ad un sistema ideologico (enfatizzato per raccogliere consensi), favorendo una contrapposizione frontale e globale in cui prevalsero toni forti e la capacità di mantenere i nervi saldi. Questi favorirono a loro volta una polarizzazione dell’opinione pubblica e il predominio di posizioni rischiose per la pace e gli equilibri post-bellici. 12.5 Nel 1948, Truman vinse le elezioni e Stalin sembrava sempre più saldo alla guida del partito e dello stato sovietico. Ad indebolirlo però ci fu lo scisma jugoslavo. La lega dei comunisti Jugoslavi era il più grande partito ad accedere al Cominform, dopo quello sovietico ed il suo gruppo dirigente, al momento guidato da Tito. La lega jugoslava voleva sviluppare un regime socialista seguendo il modello sovietico ma in autonomia. Nel 1948, il Cominform, sollecitato da Stalin, condannò la Lega Jugoslava per deviazione ideologica e li espulse, accusando anche Tito e i collaboratori di tradimento al socialismo. La scomunica di Tito segnò la definitiva stanilizzazione delle democrazie popolari. L’accusa di Tito venne usata come pretesto per condannare tutti i politici che erano contro Stalin e le sue idee. Con la fondazione della repubblica cinese, il conflitto che prima era ristretto solo all’Europa, si estese a livello globale, di conseguenza negli stati uniti rafforzò l’ideologia anticomunista mentre la Russia si iniziò a considera una super potenza mondiale come riferimento e guida di un sistema che non era più limitato all’Europa, visto che aveva dimostrato la potenza grazie alla bomba atomica scoppiata e che quindi non era più un’esclusiva dell’USA. L’Urss e la Cina era favorevole per entrambi; L’URSS poiché cosi riusciva a rafforzare un unità socialista ed in più aumentava la sua influenza in ansia mentre la Cina dopo la 2 guerra mondiale era stata isolata dagli Stati Uniti e quindi aveva bisogno di alleati. La vittoria di Mao Zedong in Cina e la protezione che l’Urss concedeva agli stati ‘fratelli’ furono i presupposti della guerra di Corea nel 1950. In seguito all’occupazione americana e sovietica durante la guerra fredda, nel paese rimase una frattura e fu diviso a metà: a Nord il regime comunista della Repubblica democratica popolare di Corea e a Sud autoritario e filoamericano della Repubblica di Corea guidata da Rhee. L’esercito nordcoreano convinto di poter contare sull’appoggio cinese e sovietico attraversò il confine tra i due stati (corea del sud/corea del nord), conquistando quasi per intero il sud del paese. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu, autorizzò allora un’azione militare contro gli aggressori, che gli Stati Uniti organizzarono e gestirono quasi da soli. In due settimane la situazione venne ribaltata da MacArthur e gli eserciti americani e sudcoreani si spinsero alla frontiera tra Corea e Cina. I dirigenti cinesi inviarono propri volontari a sostegno della Corea del nord, riuscirono a respingere l’avanzata americana e sudcoreana al confine. A questo punto venne esclusa una soluzione diplomatica e si decise di attaccare direttamente la Cina minacciando l’uso della bomba atomica. Mac Arthur, escludendo una soluzione diplomatica propose di attaccare direttamente la Cina, coinvolgendo l’esercito di Kai Sheck e minaccio l’uso della bomba atomica per vincere. Benché le due superpotenze fossero impegnate in una battaglia propagandistica, Truman era preoccupato quanto Stalin di evitare un allargamento del conflitto e richiamò in patria Mc Arthur. A giugno iniziarono le trattative per l’armistizio. La guerra fini il 27 luglio del 1953, senza modificare la situazione coreana, ma costò più di 2 milioni e mezzo di morti e feriti e la distruzione di quasi il 50% di strutture industriali e il 30% delle abitazioni del paese. La fine della guerra di corea lasciò intatte le preoccupazioni degli Stati Uniti. In Iran il governo nazionalista di Muhammad Mossadeq, tentò di nazionalizzare i giacimenti petroliferi del paese ma nell’agosto del 1953 la situazione si ribaltò con un colpo di stato da parte dello Shah Reza Pahlavi grazie all’iuto dei servizi segreti statunitensi. Sotto gli ordini della CIA, fondata nel 1947, iniziarono una serie di operazioni coperte con lo scopo di garantire con mezzi illegali la difesa degli interessi statunitensi nei paesi esteri. Nel giugno 1953, Berlino venne scossa da manifestazioni operaie. La morte di Stalin, nel mese di marzo, introdusse elementi di instabilità e di distensione, infatti i nuovi leader del Cremlino, furono propensi ad una politica di ‘coesistenza pacifica’ con l’occidente. Il nuovo segretario di stato americano DULLES valutava tali novità come espedienti per dividere le potenze occidentali e affermò la necessità di una nuova strategia della politica estera degli USA opponendo alla dottrina di Truman (il contenimento), il ROLL BACK che era una controffensiva per ridimensionare l’influenza sovietica nel mondo. Al centro di questa dottrina ci stava il principio della “massive retaliation” da opporre a ogni atto ostile della politica estera sovietica per scoraggiare ogni tentazione offensiva. La guerra fredda fu inoltre segnata da una forte corsa agli armamenti. La crescente complessità della tecnologia come bombe nucleari e l’aviazione supersonica incrementò le spese militari; gli Usa potevano tranquillamente sostenere queste spese mentre l’Unione Sovietica, questo incremento implicò una penalizzazione dell’industria leggera produttrice di beni di consumo. La sperimentazione, di ordigni nucleari sempre più potenti, accrebbe il timore di un conflitto nucleare ma il pericolo di distruzione globale costituiva un fattore di dissuasione. La politica di “deterrenza” praticata dagli americani costitui un vero e proprio equilibrio del terrore. Le perplessità per il carattere asimmetrico e ineguale dell’alleanza militare e diplomatica con gli Usa, portarono la Francia nel 1954 a rinunciare al trattato per la Comunità europea di difesa, l’alleanza militare sottoscritta nel 1952 assieme a Italia, Gran Bretagna, Olanda, Lussemburgo, Belgio, e Germania occidentale. Dopo la comunità del carbone e dell’acciaio formata nel 1951 da Francia, Germania, Italia e Benelux, la comunità di difesa europea rappresentò il tentativo di dotare il vecchio continente di un apparato difensivo autonomo, anche se integrato alla NATO. I problemi del riarmo tedesco e della protezione nucleare statunitense trovarono nuove soluzioni con l’ingresso della Germania nella NATO e con la creazione nel 1954 dell’Unione europea occidentale: un’agenzia per il controllo degli armamenti nazionali che comprendeva Germania e Italia, finalizzata al mantenimento degli equilibri militari in Europa. A questa sistemazione del vecchio continente il sistema difensivo USA affiancò una serie di trattati: nel 1954 lì SEATO (South East Asia Treaty Organization) univa USA, Australia, Nuova Zelanda, Filippine, Thailandia; nel 1955 PATTO DI BAGHDAD tra G.B, Turchia, Iraq, Iran e Pakinstan. Nel 1955 si stabilizzò la divisione in Europa, e gli otto paesi dell’Est stipularono il Patto di Varsavia: un trattato di cooperazione e mutua assistenza che stabili un comando militare sotto la guida di Mosca. Il baricentro del potere mondiale si spostò verso le due superpotenze a discapito del vecchio continente (l’europa). Le linee di divisione tracciate dalla guerra erano ormai consolidate dalla forza degli eserciti e armamenti dotati di una grande potenza distruttiva. Nel 1958, su pressione della Germania orientale, Chruscev annunciò che entro 6 mesi, l’URSS, avrebbe consegnato la parte della città sotto il suo controllo alla Germania est lasciandole cosi la facoltà di rinegoziare con le potenze occidentali i diritti di transito e comunicazione. Eisenhower, il presidente degli USA scelse la via della moderazione, nel 1959, invitò Chruscev negli Usa, ma quando l’incontro avvenne l’ultimatum era già caduto silenziosamente. Gli alleati di USA e URSS si sentivano sempre meno garantiti e si temeva uno scontro tra titani. Tale tensione si accentuò ancora di più quando un aereo da ricognizione statunitense fu abbattuto nello spazio aereo sovietico. Anche se gli stati uniti negavano l’accaduto, l’urss vide in questo avvenimento una violazione del proprio spazio aereo a scopo di atti di guerra. Gli stati uniti aspiravano a considerazioni economiche più che ideologiche e allo stesso tempo cercava di prevedere le mosse dell’avversario. Questo metodo prese il nome di “teoria dei giochi” e considerava i movimenti di crisi come occasioni per guadagnare posizioni in un confronto “a somma zero”. Nel 1959 la rivoluzione castrista a Cuba mise gli Usa davanti ad un’alternativa: sostenere gli anticastristi o sostenere il nuovo regime. Eisenhower optò per la prima e spinse Castro a cercare la protezione dell’URSS che giunse nel 1960 con un forte prestito finanziario. La reazione di Washington fu nel proclamare un embargo (boicottaggio) delle importazioni di zucchero cubano; nel 1961 fallito un tentativo di sbarco di volontari anticastristi, il presidente Kennedy ( nuovo presidente americano) varò l’alleanza per il progresso: programma di aiuti economici a tutti i paesi latinoamericani, Cuba esclusa, modellato sul paino Marshall. Nel 1962 il patto di assistenza tra Chruscev e Castro, rafforzato dalle propensioni aggressive degli USA, venne esteso al piano militare con l’installazione di basi missilistiche nell’isola. URSS acquisiva cosi un vantaggio strategico decisivo che alterava gli equilibri bipolari del mondo. Kennedy ordinò alla marina americana di bloccare le navi dirette a Cuba con rifornimenti militari a bordo. Tale crisi fu risolta con un compromesso: le basi missilistiche dell’isola sarebbero state smantellate e gli USA avrebbero riconosciuto l’indipendenza di Cuba e ritirato i propri missili dalla Turchia e dall’Italia. Sotto la spinta di Kennedy gli Stati Uniti adottarono la dottrina della “risposta flessibile”: l’evoluzione delle tecnologie militari metteva a disposizione un ampio ventaglio di mosse a cui ricorrere nelle diverse situazioni. Nel 1961 lo svantaggio USA derivante dal fallimento dell’invasione di Cuba era stato sfruttato da Chruscev per riaprire la questione di Berlino per affidarne il pieno controllo alla repubblica democratica tedesca. Washington rispose però con una durezza insolita e l’unione sovietica per risposta, nel 1961 costrui il MURO DI BERLINO: muro che divide la città; questo perchè La questione tedesca rimaneva il maggior elemento di attrito fra Stati Uniti e Unione Sovietica e in particolare Berlino, continuava a dare problemi. Berlino Ovest grazie agli aiuti della Germania Federale e degli USA era divenuto in breve tempo una città ricca mentre le Germania Federale era diventata la più forte potenza Europea, all’opposto Berlino Est era diventata povera. Questo rapporto, Berlino est-Berlino Ovest, cosi vicino faceva apparire il comunismo come perdente nei confronti del capitalismo Americano. Questo fece irritare molto Mosca e i governanti della Germania Democratica. Berlino Ovest però era diventata la principale porta per uscire dal comunismo, infatti Berlino est perse in dieci anni dal 1948 al 1958 circa 2 milioni di abitanti. Per porre fine a questo esodo di gente Kruscev fece erigere nell’agosto del 1961 un muro tra la parte Orientale e quella Occidentale. Questo fu denominato “Il muro di Berlino” presso il quale persero la vita numerosi tedeschi dell’Est in fuga verso l’Ovest. Questo muro fu il simbolo della “Guerra Fredda”. 12.8 LA DIFFICILE COESISTENZA DEGLI ANNI SESSANTA. Dal 1963 il confronto USA-URSS fu reso meno aspro grazie al processo di distenzione che gli tolse il carattere di guerra, anche se mai combattuta. Nel 1963 la firma di un trattato per la sospensione degli esperimenti nucleari da parte degli Usa, Urss e Gran Bretagna fu il primo vistoso segnale di un’inversione di tendenza. Il rifiuto di firmarlo di Cina e Francia, evidenziò l’insufficienza dei due blocchi a garantire la Pace la quale però non fermava la corsa agli armamenti. In Europa fu la Francia a farsi portavoce della protesta contro l’egoismo statunitense. De Gaulle dette impulso ad un programma nucleare indipendente e nel 1963 si oppose all’ingresso della Gran Bretagna nella CEE e promosse un avvicinamento alla Germania occidentale. La prima scelta era motivata dai rapporti militari preferenziali intrattenuti da Londra con Washington ed anche dalla rete britannica di rapporti commerciali internazionali; la seconda scelta fu suggellata da un trattato tra De Gaulle e Adenauer. Ma il Parlamento tedesco aggiunse un preambolo che riaffermava l’importanza degli USA e dell’Alleanza Atlantica e cosi tornarono alla luce i problemi mai risolti del processo d’integrazione europea. Gli altri paesi membri della CEE seguivano con diffidenza l’attivismo diplomatico di De Gaulle e il risultato fu che Parigi radicalizzò ancora di più le proprie posizioni e nel 1966 la Francia si ritirò dal comando militare della NATO. Ai paesi dell’Europa dei sei, e quindi anche alla Francia, i trattati di Roma avevano concesso il diritto di veto solo in via straordinaria e dal 1966 il consiglio comunitario dei ministri avrebbe potuto prendere decisioni a maggioranza semplice, a cui Parigi, una volta messa in minoranza, non avrebbe potuto opporsi. Temendo di trovarsi coinvolta in scelte limitative la Francia adottò la politica della ‘sedia vuota’, astenendosi dal partecipare alle riunioni comunitarie. L’intransigenza gollista riproponeva alla comunità Europea un problema ricorrente; il conflitto tra organismi e politiche comunitarie da un lato e interessi e sovranità nazionali dall’altro. La posizione francese era isolata ma l’Europa senza la Francia non aveva molto senso ma anche se cancellato sulla carta il diritto di veto rimaneva in vigore. Nel 1966 vi furono Nuovi accordi a Lussemburgo in cui si impose uno stop al processo d’integrazione e ribadirono la preminenza degli stati nazionali sulle istituzioni comunitarie. La sedia vuota fu rioccupata dai delegati francesi, ma da allora la CEE procedette sulla strada dell’unificazione doganale: una strada più neutra e senza implicazioni politiche, che implicava la rinuncia temporanea a ogni proposito d’incidere sugli equilibri mondiali. Eisenhower appoggiò il regime sudvietnamita di Dinh, e nel 1960 si costituì nel Vietnam del sud un Fronte nazionale di liberazione chiamato Vietcong (appoggiato dal nord) che attivò una guerriglia. Questo fronte veniva appoggiato dal nord per teoria del dominia cioè ogni passo indietro degli USA nel Sudest asiatico rischiava di provocare effetti a catena, azzerando l’egemonia occidentale nell’intera area. La svolta si ebbe nel 1968, con un’offensiva in grande stile dei nordvietnamiti che minò le certezze dell’opinione pubblica americana; giungendo all’apertura di negoziati di pace, che si avviarono a Parigi nel maggio del ’68. Fu in seguito avviata dal nuovo presidente Nixon, e il suo segretario Kissinger, la linea di un graduale disimpegno americano e di ‘vietnamizzazione’ del conflitto. Nel 1973 fu raggiunto l’accordo per il “cessate il fuoco”, ponendo fine all’impegno militare statunitense, lasciando il Vietnam del sud abbandonato al suo destino. Un importante focolaio restava in Medio Oriente, la cui importanza strategica era accresciuta dall’entusiasmo per lo sfruttamento del petrolio di cui quell’area era assai ricca, essedo la principale risorsa energetica dell’occidente, dove le popolazioni arabe evacuate nel 1948 dai territori occupati dal nuovo stato israeliano, mantennero la loro identità palestinese, con alcuni movimenti politici (Al Fatah guidato da Yasser Arafat). Nel 1964 si formò l’organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP concentrati tra Gaza e Cisgiordania). Mentre nella prima metà degli anni ’60 Nasser aumentò le tensioni aggravando l’insicurezza di Israele causando cosi nel 1967 che l’Egitto chiudesse il golfo di Aquaba alle sue navi, portando Israele ad attaccare di sorpresa Egitto, Giordania e Siria. Questo conflitto fu chiamato GUERRA ‘DEI SEI GIORNI’; dove un milione di arabi furono inclusi nello stato di Israele, ignorando una soluzione diplomatica posta dall’Onu nel 1967 che invitò Israele a ritirarsi dai territori occupati e ad aprire trattative con gli stati arabi sulla base di un reciproco riconoscimento. L’Unione Sovietica, aveva sostenuto militarmente e politicamente i paesi arabi, la sconfitta di questi aggrava le difficoltà derivanti dalle sue tensioni con la Cina. La crisi nel blocco comunista esplose nell’Europa orientale , dove forti spinte riformatrici presero corpo nel 1968. Nel 1968 vi fu l’invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia, repressero ‘la primavera di Praga’, segnalando la fragilità del blocco sovietico, a conferma della quale nel ’70 si ebbero diversi moti operai in Polonia. CAPITOLO 13 LA DECOLONIZZAZIONE 13.1 IL DIRITTO ALL’AUTOGOVERNO. Quello del 1939/1945 era stato effettivamente un conflitto mondiale combattuto in diversi continenti e mari. Molti popoli extraeuropei l’avevano vissuto sulla propria pelle, soffrendo perdite e deportazioni ma anche partecipando alle operazioni militari. Alla vigilia del conflitto, 710 milioni di persone erano sottoposti al dominio coloniale, rispetto al 1914 il diritto all’autodeterminazione dei popoli era stato riconosciuto solo in minima parte. Il principio del mandato coloniale, istituito dalla Società delle Nazioni, e concepito come strumento finalizzato al raggiungimento delle capacità di autogoverno, restò inapplicato. Il 14 agosto 1941 nel pieno della guerra, Churchill e Roosvelt avevano riaffermato nella carta atlantica l’idea della decolonizzazione, come base di un mondo futuro retto da rapporti pacifici e paritari tra gli stati. La Carta delle Nazioni Unite nel 1945 riconobbe l’esistenza di territori (non autonomi), attribuendo ai governi coloniali il carattere di amministrazioni fiduciarie temporanee. Vennero introdotti controlli periodici da commissioni d’inchiesta nominate dall’ONU, per accertare i progressi compiuti verso l’indipendenza. Il problema era che grandi potenze coloniali come Francia e Inghilterra uscirono duramente provate dal conflitto e dovettero rassegnarsi ad allentare il proprio controllo politico e militare sulle colonie, sino a rendere impossibile un ritorno all’antico predominio del “centro” sulle “periferie”. Il governo inglese dichiarò unilateralmente l’intenzione di estendere lo status di “dominion del Commonwealth” a tutti i suoi possedimenti coloniali; la Costituzione francese del 1946 concesse la cittadinanza a tutti i sudditi dell’impero. Le principali potenze coloniali si mostrarono ben disposte a osservare gli obblighi previsti dalle Nazioni Unite, ma gli sviluppi della guerra superarono in Asia, il quadro istituzionale delineato dalle Nazioni Unite. Come già avvenuto nel 1937 in Cina, l’invasione giapponese determinò forti movimenti di resistenza nazionale e nel 1941-’42, sconfisse e umiliò le potenze coloniali (Francia in Indocina, Olanda in Indonesia e Gran Bretagna in Birmania). I leader dei movimenti anticoloniali in Vietnam, lottarono armati fino al raggiungimento dell’indipendenza, (come in India nel ’47). Dopo la resa giapponese il ritorno allo status quo ante era insomma impossibile. Nel 1947 la conquista dell’indipendenza da parte dell’India mostrò a tutta l’Asia che l’obiettivo era concretamente raggiungibile. Ma la politica religiosa di Diem contro i buddisti portò all’occupazione di alcuni templi e all’arresto di molti monaci, alcuni dei quali si dettero fuoco pubblicamente per protesta. Questo gesto fece si che gli Stati Uniti si allontanarono da Diem, che fu rovesciato e ucciso da un golpe militare attuato dai capi più intransigenti delle forze armate con l’appoggio degli USA. Niente riusci a fermare l’offensiva dei Vietcong: l’ipotesi di una riunificazione del Vietnam per via militare era diventata reale. Per non perdere la loro ultima base nel Sudest asiatico, gli Usa intervennero direttamente, ponendo il Vietnam del nord sotto pesanti bombardamenti, inviando mezzo milione di soldati in Indocina. Dopo una controffensiva imponente dei vietcong nel 1968, a marzo gli Usa posero fine ai bombardamenti e avviarono negoziazioni di pace, condotti da Nixon fino al 1973 anche se la guerra civile vietnamita durò fino al 1975, quando le forze del Nord conquistarono Saigon unificando il paese. La Guerra del Vietnam aveva coinvolto anche il Laos e la Cambogia che si risolse con il successo dei comunisti. In Indocina dopo la guerra rimase una forte tensione Tra URSS e Vietnam e tra Cina e Cambogia. 13.4 I PAESI ARABI E ISRAELE La guerra aveva accresciuto il movimento panarabo (Il panarabismo è sia un movimento politico sia un'ideologia: lo scopo principale è la visibilità sulla scena mondiale come soggetto politico autonomo dell'insieme dei popoli arabofoni = da wikipedia), le cui potenze coloniali dominanti ( FR e GB) avevano promesso l’indipendenza in cambio dell’appoggio bellico contro la Germania. In una conferenza svoltasi nel 1944 Egitto, Transgiordania, Iraq, Libano, Arabia Saudita e Yemen avevano promosso la formazione di una Lega araba e l’anno dopo approvarono una Carta che tra i propri obiettivi poneva l’indipendenza dei popoli arabi e una soluzione equa dei rapporti tra palestinesi e coloni ebrei. Alla fine della guerra la causa araba registrò un primo successo: nel 1946 gli anglo-francesi se ne andarono dalla Siria e dal Libano, che rimasero nelle mani dei movimenti nazionali. Un duro colpo per la Francia e la Germania arrivò dalla creazione dello stato di Israele, che segnò la prima penetrazione “informale” degli Stati Uniti, da sempre sostenitori delle rivendicazioni sioniste. Nel periodo fra le due guerre gli insediamenti ebraici in Palestina avevano seguito la strada della colonizzazione pacifica attraverso lo sfruttamento delle terre acquistate dagli arabi in strutture collettive come i kibbntz, villaggi fondati sull’assenza di proprietà privata e di denaro, sulla rotazione delle mansióni e sull’educazione comune dei figli Le oscillazioni della politica inglese e la guerra radicalizzarono gli ebrei in Palestina che nel 1945 fecero una lotta armata. I cui protagonisti erano i gruppi terroristici. Come l’Haganah e l’Irgun. Nel 1947, la Gran Bretagna rinunciò al proprio mandato e l’ONU si espresse a favore della divisione della Palestina in due stati ( uno ebraico e uno palestinese) ma gli scontri armati non si arrestarono. Nel 1949 Israele si estendeva su un territorio più vasto rispetto a quello fissato dall’Onu e ciò che rimaneva della Palestina ( Cisgiordania e striscia di Gaza) venne annesso alla Transgiordania e all’Egitto. In Egitto il re Faduk fu deposto nel 1952 da un colpo di stato realizzato da un gruppo di liberi ufficiali, che instaurò la repubblica e portò al potere Gamal Abd el-Nasser. Il nuovo regime sciolse e represse il movimento panislamico dei fratelli musulmani e nel 1956 nazionalizzò il canale di Suez per finanziare lo sviluppo del paese. La crisi internazionale che arrivò determinò la preminenza anglo-francese nell’area. Alla metà degli anni 50 vi fu un processo di decolonizzazione che aveva dato vita ad una serie di nuovi stati: Indipendenza Libano, Siria e Transgiordania(1946) Indipendenza Libia (1951) Piena emancipazione Egitto (1952) Conferenza di Bandung: 1956 indipendenza Marocco e Tunisia I paesi arabi cercarono di costruire alleanze e unificazioni sovranazionali per il sogno panarabo. Protagonista di tale tentativo fu l’Egitto dove cresceva il sostegno finanziario e tecnologico dell’Unione Sovietica. Nel 1958 venne creata la repubblica araba unita tra Egitto e Siria che poi però venne sciolta nel 1961; nel 1964 si cercarono accordi tra Egitto e Iraq e nel 1970 fu firmata la CARTA DI TRIPOLI tra Libano, Egitto, Sudan; nel 1971 infine venne approvata una federazione tra Egitto, Libia e Siria. Nel 1960, Venezuela, Iran, Iraq, Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Libia, Indonesia, Emirati Arabi Uniti, Algeria, Nigeria, Ecuador e Gabon crearono un’organizzazione del petrolio in quanto paesi produttori: OPEC ( Opec, Organization of thè Petroleum Exporting Countries) nato per realizzare un controllo congiunto tra produzioni e prezzi. Ma nessuno dei progetti resse alle crisi legate al conflitto israeliano e ai contrasti per l’egemonia che vi erano tra i paesi arabi. L’Algeria fu l’ultimo paese arabo ad uscire dal dominio coloniale, contraddistinta da una forte presenza dei coloni francesi. Nel 1954 vi fu una guerra contro il governo coloniale francese con la fondazione del FRONTE DI LIBERAZIONE NAZIONALE. L’esercito francese cercò di togliere l’acqua al pesce della guerriglia agendo senza riguardi per la popolazione civile: 1)Algerini furono deportati in centri di raggruppamento. 2) sviluppo dello spionaggio dei servizi segreti attraverso cui vennero arrestati 5 dei maggiori dirigenti del fronte Nel 1958 NUOVA FASE con ritorno al potere di De Gaulle. La scoperta del petrolio nel sahara spostava la politica francese dalla difesa degli interessi dei coloni alla progettazione di un piano d’investimento per Industrializzare l’Algeria. Nel 1962 l’indipendenza dell’Algeria arrivò ma la conquista della libertà non risolse i problemi del paese perché il nuovo governo dovette affrontare la resistenza armata di capi locali che facevano leva su antiche rivalità etniche ma anche sull’arretratezza del paese. Ne scaturì un regime monopartitico e lo sviluppo centrato sul ruolo attivo tendenzialmente esclusivo dello stato nel processo di modernizzazione. Le risorse finanziarie garantite dal petrolio favorirono la scolarizzazione di base e l’innalzamento del livello della vita. Sviluppi analoghi caratterizzarono lo scenario del MEDIO ORIENTE che fu segnato dall’affermarsi di regimi autoritari. Mentre il Marocco, Giordania, l’Iran e l’Arabia Saudita assunsero posizioni filoccidentali, l’Egitto, la Siria e L’Iraq si ispiravano ad un nazionalismo progressista e socialista a causa dell’influenza sovietica. 13.5 L’AFRICA SUBSAHARIANA. (x spartizione allegato da internet..tra cui anke portogallo) Nell’Africa Subsahariana l’Indipendenza fu acquisita dopo metà anni 50 (eccezioni rilevanti furono il Kenya e Congo dove l’indipendenza fu accompagnata da una guerra civile). Negli anni 70 la caduta del regime salazarista aprì una nuova fase di decolonizzazione che interessò la Guinea Bissau nel 1974. Il Mozambico e l’Angola nel 1975. La rivendicazione dell’indipendenza intervenne in una fase di rinnovato impegno; sostenuta dall’élite urbana, non si poteva fondare su preesistenti tradizioni nazionali. Le élite indigene post-coloniali, si sono rese protagoniste di un processo di modernizzazione ricalcato su modelli occidentali, che solo in parte si è appoggiato a dinamiche di crescita e partecipazione delle rispettive società civili. La fragilità dei nuovi stati africani, che mantennero rapporti di dipendenza dalla Gran Bretagna e dalla Francia (come lingue ufficiali), fece prevalere gli orientamenti nazionali. I confini coloniali che essi ereditarono e conservarono erano il più solido fondamento per costruire degli stati moderni ed è significativo che in vari casi venissero mantenuti come lingue ufficiali il francese o l’inglese, cioè gli unici idiomi che potessero far comunicare realtà molto diverse. Nel 1961 vi fu la creazione dell’Unione degli Stati africani da Ghana, Guinea e Mali e fu sciolta nel 1963. Provati ben presto da un’endemica violenza tribale, tra il 1960 e il 1962, 13 stati emanarono le loro Costituzioni per rafforzare i poteri del presidente e del governo, inoltre, si affermarono regimi a partito unico. Tra 1963 e 1979 vi furono più di 30 colpi di stato militari. La stabilità politica non era compatibile con il pluripartitismo che si tradusse in una forma di rappresentanza etnica e religiosa e quindi veicolo di eversione dell’unita statale. Le identità tribali prevalsero sulle appartenenze politiche. Si determinò una simbiosi tra stato e partito unico. L’accesso agli impieghi pubblici divenne il principale canale di promozione sociale, formando un nuovo ceto definito come borghesia ‘nazionale’, ‘burocratica’, di ‘stato’. Nel 1970 lo stipendio medio di un parlamentare africano equivaleva a sei anni del reddito di un contadino. Un altro effetto della fragilità dei nuovi stati africani fu la persistenza di forme neocoloniali di subordinazione e sfruttamento. La dipendenza dai mercati e dai capitali internazionali condizionò lo sviluppo dei paesi africani, che rimasero esportatori di materie prime. Nel 1961 i diversi volti assunti dal neocolonialismo nel continente furono denunciati dalla terza conferenza panafricana, convocata al Cairo; la situazione venutasi a creare vedeva scenari come governi-fantoccio controllati dalle potenze ex coloniali tecniche e finanziarie straniere nei processi di estrazione, lavorazione e commercializzazione delle materie prime; indebitamento estero; alleanze diplomatiche subordinate all’uno o all’altro dei due blocchi; presenza di basi militari. La dipendenza dai mercati e dai capitali internazionali condizionò così lo sviluppo dei paesi africani, che rimasero fondamentalmente esportatori di materie prime sia quando seguirono modelli di tipo capitalistico sia quando adottarono orientamenti in vario modo socialisti. L’Indipendenza del Sudafrica e della Rhodesia del Sud dalla GB fu proclamata dalle minoranze bianche dei due pesi per preservare il proprio potere. In Sudafrica la vittoria elettorale conseguita nel 1948 dal partito nazionalista inaugurò un lungo predominio degli afrikaner, che negli anni 50 stabilirono con delle leggi il regime dell’apartheid segregando milioni di neri in townships (distretti urbani), estendendo il sistema delle hoinelandv, riserve autonome destinate ai diversi gruppi etnici della popolazione di colore. I movimenti d’opposizione della maggioranza nera fecero aumentare proteste e rivolte, il più forte di tali movimenti si ebbe nel 1960, l’African National Congress (ANC), fu messo fuori legge e passò alla lotta armata, ma il suo gruppo dirigente fu arrestato nel 1964 (tra cui Nelson Mandela). ponendo alla presidenza il generale Dwight Eisenhower, che dopo la morte di Stalin nel 1954 assecondò la chiusura della fase maccartista. Il presidente non diminuì la spesa pubblica, ma assunse orientamenti liberisti; il salario industriale medio salì a 5.300 dollari, ci fu il raddoppiamento della disoccupazione femminile e diminuirono le famiglie con redditi inferiori a 3000 dollari. Si ebbe l’American way of life con un potente aumento dei consumi e dei servizi privati, esso fu un modello da esportare nel mondo. Il consumo dell’elettricità si triplicò, comparvero le carte di credito e la Coca Cola divenne il simbolo di una società di massa aperta e consumista. Il fenomeno riguardava specialmente la gente di colore, milioni di neri emigrarono dal sud agricolo alle aree industriali e urbane del nord, ma la prima emergenza che Eisenhower affrontò fu quella della segregazione razziale negli stati del sud. Tardivamente rispetto al lancio del satellite russo Sputnik nel ’57 e al lancio del primo astronauta nel 1961 Jurij Gagarin, gli Usa nel 1958 ebbero il loro satellite e imputarono tali ritardi al peso condizionante dell’industria bellica. 14.2 GLI STATI UNITI DA KENNEDY A NIXON Le elezioni del 1960 furono vinte, dal giovane candidato democratico John F.Kennedy, che sostenne le ragioni del cambiamento contro quelle della continuità perorate da Nixon. Kennedy non riusci a realizzare i suoi progetti in campo assistenziale e assicurativo, ma migliore fu la sua politica economica, pur non potendone vedere gli esiti visto l’attentato nel 1963. Nel 1964 fu approvato un piano di riduzione delle tasse per stimolare gli investimenti e nel 1967 per liberalizzare gli scambi internazionali, fu rinegoziato il General Agreement on Tariffs and Trade. La morte impedi a Kennedy di estendere i diritti civili, che nel 1963 col suo sostegno giunse all’apice con una grande marcia a Washington, dove il leader nero Martin Luter King, auspicò una società priva di discriminazioni. In una fase di boom economico, eletto il nuovo presidente, Johnson si impegnò in una massiccia opera riformatrice e dopo la vittoria si impegnò per abolire la segregazione razziale e le restrizioni al diritto di voto con 2 leggi nel 1964-1965. I risultati furono rilevanti crebbe la scolarizzazione, si ridussero le differenze tra bianchi e neri, la povertà scese dal 21% del ’59 all’11% del ’73. Tra il ’65-’67 il malessere dei ghetti neri delle metropoli del nord esplose in tante rivolte, la dirigenza non violenta del movimento fu contrastata dall’ascesa di leader radicali contrari all’integrazione, come MalcomX. Ai movimenti neri si sommarono una grande ribellione, giovanile contro Tautoritarismo e il conformismo della società americana, che si irradiò dai campus universitari, e lo sviluppo di movimenti femministi che contestavano il ruolo domestico assegnato alle donne, rivendicando parità di diritti e opportunità contro le disuguaglianze retributive e gerarchiche. L’insieme di tali movimenti, che modificarono profondamente i costumi del paese e ne infransero la consensualità, configurò una “nuova sinistra” che trovò nella protesta contro la guerra il suo più forte momento di mobilitazione e radicalizzazione. Sull’altro fronte la maggioranza moderata costituita dall’America provinciale e rurale si opponeva invece all’innovazione sociale e culturale e alle stesse riforme di Johnson in nome della difesa dei valori della tradizione. Alle elezioni del 1972 l’assassinio di Martin Luther King e del candidato democratico Robert Kennedy, evidenziarono le difficoltà del partito democratico, le elezioni furono vinte da Nixon. Nonostante l’onda lunga del liberalismo come mostrò la legalizzazione dell’aborto, si può affermare che la presidenza di Nixon segnò la fine di un ciclo liberale della storia degli stati uniti. Confermando la linea moderata del paese, si ebbero segni involutivi nell’economia e nel 1970-1971 il volume delle importazioni superò quello delle esportazioni, cosi Nixon introdusse tariffe protezionistiche, inutilmente visto la fine del boom economico, comportò l’aumento del petrolio, la svalutazione del dollaro, una crescita dell’inflazione e della disoccupazione, l’economia americana si trovava chiaramente in una fase recessiva. Nixon si dimise nel 1974 per lo scandalo del ‘Watergate’. Il Watergate era un albergo nel quartiere generale dei democratici in cui lo staff di Nixon attuava delle attività di spionaggio. 14.3 GERMANIA E FRANCIA. La Germania era divisa in quattro zone di occupazione: inglese, francese, americano e sovietico. Dopo il ritiro delle truppe inglesi nel 1947-1948 le zone sottoposte al controllo angloamericano vennero unificate nelle mani degli Stati Uniti. Nel 1949 venne costituita la Repubblica federale tedesca e fu dunque uno stato a sovranità limitata. Le elezioni del 1949 dettero una maggioranza rosicata all’Unione cristiano-democratica (CDU), sul Partito socialdemocratico (SPD). Il cancelliere moderato Konrad Adenuaer poggiò la ricostruzione del paese sul piano Marshall e sulla Westpolitik: una politica di integrazione occidentale fondata su rapporti privilegiati con Stati Uniti e Francia. Tra il 1948 e il 1952 la produzione industriale crebbe del 110% e lo sviluppo economico tedesco fu il più sostenuto dell’occidente europeo. Forte di ciò, la CDU raggiunse la maggioranza assoluta. Si approfondì così la divisione dalla Germania dell’est, aumentarono gli espatri illegali da est a ovest e nel 1961 si costrui il muro di Berlino. Per entrambe le Germanie il problema della sicurezza rimase comunque irrisolto, gravando sulla politica interna. Nel 1963 Adenuaer fu sostituito con Erhard, che indeboli ancora di più la CDU, e nel 1966 fu costretto a varare una ‘grande coalizione’ con la SPD. Il nuovo cancelliere Willy Brandt dette una svolta alla politica estera intraprendendo la cosiddetta Ostpolitik, una linea di apertura verso il blocco orientale. Nel 1970 Brandt firmo due trattati di amicizia e collaborazione con l’Urss e la Polonia. I rapporti tra le due Germanie si distesero sino all’ammissione di entrambe alle Nazioni Unite nel 1973. La Francia uscita divisa dalla guerra, nel 1945 elesse De Gaulle, espressione di una destra moderata indipendente dai partiti tradizionali, a capo di un governo di coalizione. La cosiddetta Quarta Repubblica, inaugurata nel 1946 dal varo di una nuova costituzione ebbe però una vita travagliata. Pur godendo di ampi consensi, sì collocarono infatti all’opposizione non soltanto i comunisti, ma anche il partito gollista “Rassemblement du peuple francais” : De Gaulle propugnava infatti una repubblica presidenziale, mentre la costituzione assegnava ampi poteri al Parlamento. I governi cosiddetti di “terza forza” tra radicali, socialisti e cattolici, che guidarono il paese negli anni successivi; dettero un contributo determinante al processo di integrazione europea, che si avviò nel 1951 con la costituzione della Ceca. Il trattato per la costituzione di una Comunità europea di difesa (Ced), che intendeva estendere la collaborazione al piano militare, venne tuttavia respinto nel 1954 dal Parlamento francese. Un momento di crisi lo ebbe soprattutto per i risultati fallimentari della linea dura seguita dalla Francia nella politica coloniale. Dopo la disfatta Indocinese del 1954 e la crisi di Suez, la guerra d’Algeria divise l’opinione pubblica. Nel 1958 De Gaulle tornò al potere e stilò una costituzione che prevedeva l’elezione a suffragio universale ristretto di un presidente e investito ampi poteri. Le elezioni della quinta repubblica andarono a vantaggio dei partiti di destra, tra cui emerse “l’Union pour la nouvelle République” e De Gaulle una volta eletto presidente risolse la questione algerina, concedendole l’indipendenza nel 1962. Per il presidente francese l’integrazione economica non era tuttavia sufficiente: per esercitare davvero un ruolo autonomo l’Europa doveva possedere un apparato di difesa militare indipendente da quello statunitense, Di qui il suo sforzo per dotare la Francia di una force de frappe (forza d’urto); che si concretizzò nel 1960 nel Sahara quando esplose la prima bomba atomica francese, e nel 1966 de Gaulle ritirò il proprio contingente dal comando militare della NATO ma la politica di De Gaulle rimase isolata anche perché la Germania che era un anello centrale della NATO non poteva seguirne le idee e dunque la stessa strada. 14.4 La Gran Bretagna aveva vinto la guerra ma aveva perso una volta per tutte il suo ruolo di potenza mondiale. Nel 1945 alle elezioni gli inglesi posero fine al governo di unione nazionale di Churchill, ed elessero il partito laburista di Clement Attlee, che si oppose al Warfare state (stato fondato sulla guerra), gettando le basi per un nuovo Welfare state, che proteggesse ogni cittadino con un sistema sanitario, e scuole pubbliche gratuite, oltre che una rete di sussidi statali contro la disoccupazione. Attle si impegnò molto e di fatti da li a poco cambiò anche il volto del paese; tra il 1946-1948 fu creato il Servizio Sanitario nazionale; l’edilizia si sviluppò creando nuovi posti di lavoro. Per finanziare tale ‘rivoluzione laburista’ il governo ricorse ad una politica di austerità, con forti tasse e con il blocco dei prezzi e dei salari: il che non evitò il gravoso indebitamento estero, soprattutto nei confronti degli Usa. Nel ’51 con una maggioranza di 16 seggi, Churchill tornò al potere, lasciando intatta la struttura del Welfare state, laburista. Dimessosi poi per motivi di salute lo succedettero prima Eden nel 1957 e poi Macmillan; l’abbandono delle posizioni coloniali creava seri problemi di riconversione all’industria inglese, la quale continuava a segnare un deficit della bilancia dei pagamenti e a marciare con un tasso di crescita molto più basso rispetto all’Europa. Fu anche per questo che la Gran Bretagna preferi restare fuori dalla Comunità economica europea, dando vita nel 1959 al libero scambio concorrente, la European free trade association, con Svezia, Danimarca, Norvegia, Austria, Svizzera e Portogallo. La situazione interna restò difficile, con l’aumento di inflazione e disoccupazione. Nel 1964 i conservatori persero e Wilson costitui un governo laburista, alle prese con una grave recessione economica, che ebbe però importanti successi nell’ambito dei diritti civili e infatti furono aboliti pena di morte, liberalizzato il divorzio e l’aborto. Allo stesso tempo maturò nel partito laburista un orientamento verso la CEE che si sarebbe concretizzato nel 1973 con l’ingresso nella CEE. Rispetto a Danimarca e Norvegia, la Svezia restò neutrale nel conflitto mondiale e alle elezioni del 1948 trionfarono i socialdemocratici; una delle ragioni per cui la Svezia era politicamente salda risiedeva nell’equilibrio di una società che era riuscita a modernizzare senza traumi la propria agricoltura, grazie alla presenza di un solito tessuto cooperativo tra i piccoli e medi proprietari terrieri. Il welfare state svedese, riuscì a mantenere inalterate tali caratteristiche anche nella fase di rapida trasformazione del dopoguerra. Tra il 1951 e il 1957 il paese fu retto da una coalizione rosso- verde formata dalla socialdemocrazia e dal partito dei contadini. Nel 1957 però il partito agrario si ritirò dal governo perchè non d’accordo con una proposta di legge che estendeva la pensione a tutti i cittadini con 30 anni di lavoro alle spalle; tale protesta però non portò a nulla ed infatti la legge nel 1958 fu approvata dal parlamento. In politica estera la Svezia mantenne inalterata la propria posizione: restò neutrale fino al 1953, adoperandosi per la costituzione di un Consiglio del nord tra i paesi dell’area scandinava con la funzione di suggerire misure di cooperazione politica, economica e culturale ai diversi parlamenti nazionali. Alle elezioni del 1970 il Partito socialdemocratico guidato da Olofe Palme, perse la maggioranza assoluta e fu costretto a formare un governo di coalizione col partito comunista. 14.5 L’EUROPA MEDITERRANEA In un’Europa ricca di contrasti e di aspirazioni all’unità ma saldamente legata alla democrazia, la sopravvivenza di regimi dittatoriali come quelli di Spagna e Portogallo fu dovuta prima alla scelta di neutralità compiuta durante la guerra, che evitò loro di essere coinvolti nella caduta del fascismo e del nazismo, poi al contesto internazionale della guerra fredda, che ne favorì il reinserimento nel mondò occidentale. Il caso spagnolo viveva il regime di Franco che combinò il principio del capo con i diversi pilastri della società spagnola, qualificandosi per il ruolo primario assegnato ai militari; cercò di distruggere le autonomie regionali e represse ogni forma di opposizione politica, Nel 1947 Francisco Franco restaurò formalmente la monarchia, riservandosi il ruolo di reggente a vita e della scelta del successore, ponendosi come punto di equilibrio tra i diversi centri di potere: forze armate, la da scioperi e moti di protesta per la conquista di più eque condizioni di lavoro, per il miglioramento dei patti colonici con una ripartizione del prodotto più favorevole ai contadini, per il controllo del collocamento al lavoro dei braccianti e degli altri lavoratori agricoli. Tornarono così a fiorire in tutto il paese le leghe, le cooperative e le organizzazioni contadine distrutte dal fascismo. In tali episodi di conflittualità sociale si ritrovava parte del popolo italiano, che credette nella Resistenza come guerra di classe per trasformare i rapporti di potere nella società. Le rivendicazioni economiche dei ceti popolari si scontrarono però sia con le necessità della ricostruzione e con i danni sofferti dalla base produttiva industriale e Agricola, sia con l’opposizione degli imprenditori, fautori di uno sviluppo economico a carattere liberistico. Imprenditori e proprietari che avevano tratto grandi profitti dall’alleanza con il passato regime mantennero intatto il proprio potere economico. Facendosi forti dell’argomento secondo cui l’intervento dello stato in economia era stato un tratto tipico della dittatura, essi sostennero la necessità di lasciare mano libera agli imprenditori privati secondo i dettami (imposizioni/regole) del liberismo. I primi anni della Repubblica furono dominati da un’ideologia liberista come quella di Luigi Einaudi, nel 1947 divenne ministro del bilancio e nel 1948 fu nominato Presidente della repubblica. Uno dei principali effetti della politica liberista fu una disoccupazione maggiore rispetto a Francia e GB. L’Italia si divise tra un nord industriale e ricco, e un sud agricolo impoverito. Non si attenuò la conflittualità sociale anzi il numero degli scioperi fu uno dei più alti di Europa. Per il governo di coalizione guidato da De Gasperi il sostegno del liberismo significò l’abbandono delle aspirazioni al cambiamento sociale presenti nella resistenza. La Dc si mosse per togliere contenuto politico alle tensioni sociali, ottenendo che le elezioni amministrative precedessero quelle politiche e che fosse attuato un referendum popolare per la scelta tra monarchia e repubblica. Il 2 giugno 1946 vi fu un referendum istituzionale e le elezioni per l’Assemblea Costituente incaricata di redigere una nuova carta costituzionale. Trionfò la repubblica, con la Dc partito con più consensi, seguita dal PSIUP (Partito Socialista di Unita Proletaria) e PCI (partito comunista italiano). 15.2 L’ASSEMBLEA COSTITUENTE E LA ROTTURA DELL’UNITA ANTIFASCISTA. La Costituente fu una svolta storica per il popolo italiano, che partecipò per la prima volta in forma indiretta, eleggendo i propri rappresentati, alla formazione dello Stato. L’assemblea fece incontrare le culture politiche e civili diverse tra loro: cattolica, liberale e marxista. Il testo della Costituzione prevedeva un patto tra cittadini fondato sul lavoro, sulla difesa della società civile da una ingerenza dello stato. In particolare l’art. 3 attribuiva alla Repubblica il compito di realizzare le condizioni di uguaglianza economica indispensabili per il pieno sviluppo della persona umana. La costituzione delineò quindi un percorso di trasformazione che prevedeva la creazione di nuovi strumenti per il controllo della legittimità delle leggi (Corte Costituzionale) e per il decentramento amministrativo (Regioni). Molte scelte della costituzione furono il frutto di un comune sentire democratico antifascista: la centralità di un parlamento bicamerale perfetto rispetto al potere esecutivo, l’indipendenza e l’autonomia della magistratura, la legge elettorale proporzionale. Si trattava in definitiva di garanzie ritenute indispensabili contro il riaffacciarsi di un pericolo autoritario. L’attività dell’assemblea costituente fu coronata dall’entrata in vigore della nuova costituzione nel 1948. Essa costituì per i partiti antifascisti un motivo di unità, ma a metterla in crisi ci fu il mutare della situazione internazionale e l’avvio della guerra fredda. Il piano Marshall rappresentò il fattore discriminante per un ingresso a pieno dell’Italia nel sistema di alleanze diplomatiche e militari dell’Occidente, ufficializzato nel ’49 con l’adesione alla NATO. Rientrato in Italia, grazie alla spinta collaborativa con gli Usa, De Gasperi (dopo un viaggio negli Stati Uniti), mise in atto un graduale distacco del governo dai partiti di sinistra, alleandosi con repubblicani, liberali, socialdemocratici di Giuseppe Saragat. Nacque così un equilibrio politico contrassegnato da governi centristi a guida Democristiana e dall’opposizione a destra di monarchici e neofascisti, e a sinistra dal PSI (partito socialista italiano) e PCI (partito comunista italiano). Il primo maggio del 1947 gli uomini del bandito mafioso Salvatore Giuliano spararono ad un comizio in Sicilia provocando 11 morti. Era una risposta ai risultati delle elezioni amministrative regionali siciliane in cui aveva vinto il blocco del popolo formato da PCI; PSI e PDA (partito d’azione), ma fu anche un segnale evidente della tensione nel clima politico. Contro la prospettiva di una vittoria della sinistra e di un ingresso dell’Italia nell’area di influenza sovietica si costituì un saldo blocco sociale che andava dai ceti padronali compromessi con la dittatura fino alle componenti moderate dello schieramento antifascista. Le elezioni si tennero il 18 aprile del 1948 e furono dominate da una scelta tra est e ovest. Il Piano Marshall incarnava una visione del futuro fondata sull’espansione dei consumi privati. D’altra parte il colpo di stato di Praga rese evidente l’involuzione autoritaria imposta da Stalin nell’Europa orientale. Nel dicembre 1947 il papa Pio XII lanciò un appello (o con Cristo o contro Cristo) che schierò in campo anche il Vaticano e i comitati civici cattolici si mobilitarono a sostegno della Dc affiancandosi alla rete capillare delle parrocchie. Il PCI e il PSI si unirono in una lista comune, il fronte democratico popolare con l’obiettivo di sostituire DE Gasperi alla guida del paese. Ma De Gasperi tornò alla guida del governo ribadendone la formula centrista. 15.3 GLI ANNI DEL CENTRISMO (1950-54 in Italia) Sconfitta nelle urne, l’opposizione di sinistra cercò di riguadagnare terreno sul piano sociale con un’intensa mobilitazione a difesa delle condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari. Dopo l’attentato a Togliatti risaltò in modo drammatico l’esasperazione causata dalla contrapposizione tra i due schieramenti politici; scoppiarono gli scioperi e le manifestazioni dei lavoratori, placcate dal buon senso dei dirigenti comunisti e socialisti. L’unica conseguenza immediata della rivolta fu la scissione della CGIL, da cui si staccò la corrente cattolica. Successivamente venne fondata la Libera CGIL, che due anni dopo si trasformo in Confederazione italiana dei sindacati lavoratori (CISL), da essa si divise nel 1950 l’Unione Italiana del lavoro (UIL). Sul piano economico la linea liberista di Einaudi fu sostenuta dal suo successore, Giuseppe Pella. Tale continuità dette all’imprenditoria italiana la possibilità di godere del contributo statale alla ricostruzione e di effettuare una serie di interventi pubblici di sostegno all’industria. Tra il 1948-1952 i morti (oppositori)ad opera delle forze dell’ordine nel corso di manifestazioni di piazza furono 65; iniziarono i cosiddetti “anni bui” dove diversi furono i licenziamenti nelle industrie (Fiat compresa), ci fu quindi una persecuzione ai danni degli operai comunisti e socialisti. Per contrastare questa deriva la CGIL lanciò un PIANO DI LAVORO , mobilitando rappresentanze popolari e di fabbrica, economisti e intellettuali con l’obiettivo di imporre al governo e alla classe dirigente una serie di iniziative economiche pianificate che garantissero la crescita dell’occupazione. La risposta del governo e della CONFINDUSTRIA fu negativa ma dietro di essa maturarono cambiamenti importanti. Il più importante fu rappresentato dalla riforma agraria del ministro Antonio Segni nel 1950 che prevedeva la distribuzione di terre e la creazione di una vasta area di piccola proprietà contadina, con sostegno creditizio; la riforma servi al duplice scopo di togliere vigore alle lotte per la terra del Mezzogiorno e di dare uno scossone decisivo al ceto dei proprietari terrieri meridionali. Sali il potere dell’esponente locale del partito di governo e a porre le sue basi furono i componenti della DC che non si identificavano con la leadership Degasperiana sensibile alla necessità sociale e ostile a un liberismo puro. Gli atti promossi da questo gruppo riguardavano in particolare la promozione di piani per lo sviluppo delle opere pubbliche dei comuni e per l’edilizia popolare e anche l’istituzione della cassa per il mezzogiorno nel 1950 a cui fu affidato il compito di finanziare gli interventi per dotare il mezzogiorno di tutte le infrastrutture occorrenti per l’impianto di imprese agricole, industriali e commerciali. La crisi del rapporto fra DC e grandi proprietari terrieri causata dalla riforma agraria aprì uno spazio all’iniziativa dei partiti di destra che nel 1951-52 riscossero molto successo in elezioni amministrative. La seconda legislatura fu segnata dal rafforzamento dei partiti di sinistra che rendeva fragile e rischiosa l’alleanza tra DC e destre. Nel 1954 con la morte di De Gasperi si ebbe L’AFFERMAZIONE NELLA DC DI FANFANI, personaggio di spicco per il processo di rafforzamento del partito attraverso la leva degli enti pubblici e la politica economica del governo. Nel 1952 la costituzione dell’Eni (ente nazionale degli idrocarburi) , esemplificò il processo di crescita di un nuovo capitalismo capace di muoversi in modo competitivo sul libero mercato. 15.4 IL ‘MIRACOLO ECONOMICO’. (tra 50 e 70 in Italia) Tra il 1951-1961 l’Italia entrò in una fase di accelerata modernizzazione della sua base economica e per la prima volta il settore industriale conquistò la maggioranza relativa alla popolazione attiva nel processo industriale, mentre in quello rurale vi fu perdita di posti di lavoro. Il processo di industrializzazione rimase inizialmente concentrato nel triangolo industriale ‘Milano-Torino-Genova’, estendendosi al Veneto e all’Emilia, senza toccare però in profondità il Mezzogiorno. Con la guerra di Corea si era avviato un ciclo economico di rialzo dei prezzi, che aveva investito l’intero mondo occidentale a partire dagli USA. Inserita nel contesto internazionale attraverso la politica governativa di liberalizzazione degli scambi, l’Italia partecipò al generale sviluppo economico dei paesi industrializzati. Inserita nel contesto internazionale attraverso la politica governativa di liberalizzazione degli scambi, l’Italia partecipò allo sviluppo economico dei paesi industrializzati, in particolare si affermò nel settore chimico e petrolchimico e nel mercato mondiale dei beni di consumo durevole (auto, moto, elettrodomestici, televisori), con un grande impulso alle esportazioni. Dal 1955 al 1971, 9 milioni di persone abbandonarono la loro regione d’origine seguendo una duplice direttiva dal sud al nord, dalle campagne alle città. In Italia centrale, la mezzadria che era un patto agrario che regolava la vita nelle campagne entrò in crisi, le giovani generazioni abbandonarono la campagna per le città, trovando nuovi impieghi nel commercio e nella piccola industria. Tradizioni, credenze, riti e costumi del mondò contadino si avviarono verso una sostanziale scomparsa, sostituiti da comportamenti e abitudini del mondo cittadino, industriale, moderno; “americano”. Medium determinante di questa mutazione fu la televisione attraverso di essa la lingua italiana si affermò definitivamente nell’uso, affiancandosi ai dialetti o soppiantandoli. Nacquero nuovi miti come ad esempio Mike Bongiorno ed anche nuovi status symbol come lo scooter, l’automobile, la lavatrice, che si affermarono nell’uso comune. 15.5 GLI ANNI SESSANTA E IL CENTROSINISTRA. apertura venne segnata da conflitti. La fine della convertibilità del dollaro, e la guerra di Kippur, aumentarono il prezzo del petrolio, generando una spinta inflazionistica nell’economia mondiale. Nei paesi industrializzati i costi dello stato sociale per l’assistenza sanitaria e pensionistica crebbero in modo incontrollabile. Nel 1969 con lo scoppio della bomba nella banca nazionale dell’agricoltura di Milano venne inaugurata una stagione di stragi promossa da organizzazioni neofasciste con la collaborazione dei settori dei servizi segreti dello stato e delle forze armate, allo scopo di creare un clima di tensione e spostare a destra gli equilibri politici. A questo “terrorismo nero” non tardarono a far riscontro fenomeni analoghi all’altro estremo dello schieramento politico, che coinvolsero frange minoritarie dei movimenti di estrema sinistra cresciuti dopo il Sessantotto. A partire dai primi anni settanta, in un crescendo di azioni “esemplari” che colpirono presunti simboli dello stato repressivo, (dirigenti di fabbrica, magistrati, giornalisti), alcuni gruppi armati clandestini passarono dall’intimidazione violenta ai ferimenti e infine agli assassinii: tra il 1976 e il 1978 furono uccise 15 persone. Recessione economica e terrorismo si collocavano in un quadro politico caratterizzato da una crescente debolezza delle forze del centrosinistra da uno spostamento a sinistra dell’elettorato. Nel 1975 la sinistra vince alle elezioni. Sul colpo di stato del Cile, Berlinguer elaborò una strategia detta del compromesso storico che puntava a un accordo di governo tra le democrazie popolari: comunisti, socialisti, cattolici. I comunisti italiani, francesi, spagnoli elaborarono la visione di una via al socialismo lontana da quella sovietica, fondata sul pluralismo e fu chiamata ‘eurocomunismo’. Nelle elezioni del 1976 DC e PCI fecero il pieno dei voti, riducendo ai minimi termini i partiti minori ma continuando a fronteggiarsi in una “impasse” (situazione di blocco) che sembrava senza sbocco. Il sistema politico rimase bloccato e un’acuta conflittualità sociale non riusci a trovare sbocchi istituzionali. 16. IL MONDO COMUNISTA. 16.1 L’UNIONE SOVIETICA DA STALIN A CHRUSCEV (secondo dopoguerra URSS) La vittoria nella seconda guerra mondiale aveva rafforzato il potere e il prestigio di Stalin ma il prezzo pagato dall’Unione sovietica fu altissimo; Nella situazione del dopoguerra i punti di forza per ricostruire il paese erano l’apparato industriale, e i territori occupati a occidente dell’Armata Rossa. Stalin vi ricorse con la radicalità e la spregiudicatezza che gli erano proprie dopo aver eliminato il suo possibile rivale rimuovendolo dal comando delle forze armate: Georgij Zukov. Mentre si avviava la ‘sovietizzazione’ dei paesi dell’Europa centro-orientale, Nel 1946 fu varato il quarto piano quinquennale, con l’obiettivo di superare del 50% i livelli produttivi prebellici; assieme alle opere pubbliche, venne privilegiata l’industria pesante acciaio, carbone, petrolio, elettriche ecc. Le spese militari continuarono ad assorbire il 25% del bilancio statale e buona parte dei macchinari dell’Est europeo fu trasportata nell’URSS per sostituire quelli distrutti dalla guerra. A fare le spese di questa politica furono l’agricoltura e il tenore di vita dei cittadini. L’abolizione del razionamento si accompagnò a una riforma monetaria che svalutò il rublo, con il risultato di azzerare il debito pubblico, ma anche di un aumento dei prezzi e di un peggioramento della qualità di vita. Fu soprattutto la popolazione rurale ha pagare il prezzo del piano quinquennale. Il regime consegui alcuni risultati con l’estensione delle terre coltivate e l’avvio di grandi opere pubbliche di rimboschimento, irrigazione e costruzione di centrali idroelettriche. Ci fu anche un rafforzamento dei controlli sui sovchoz (tipo di azienda agricola statale creata in Unione Sovietica in seguito alla collettivizzazione delle terre e dei mezzi di produzione avvenuta intorno agli anni trenta -primo piano quinquennale-) e i kolchoz (cooperative agricole nelle quali i contadini lavoravano collettivamente la terra, condividendo anche strumenti e macchinari agricoli) e crebbe anche la pressione fiscale sugli appezzamenti personali mentre i prezzi dei prodotti agricoli vennero fissati a livelli più bassi del dovuto. L’assenza di investimenti, innovazione tecnologica e incentivi, contribuì a mantenere bassa la produttività. Ma nonostante questo, nel 1951 Stalin annunciò un bilancio soddisfacente del piano quinquennale, rispetto al 1940 la produzione industriale aumento del 73% e nel 1949 il paese si era dotato della bomba atomica, annullando il vantaggio degli Stati Uniti. La base industriale del paese era stata stabilizzata, la rete dei trasporti rinnovata e il problema dell’approvvigionamento energetico era stato risolto. La crescita produttiva in URSS fu raggiunta sia con una pervasiva propaganda centrata sulla lotta per la sopravvivenza del socialismo contro il capitalismo e sulla battaglia contro i nemici interni ed esterni, sia soprattutto con un rilancio in grande stile della repressione. La morte di Stalin apri un periodo di lotte per il gruppo dirigente, importante fu lo scontro che vide opposti la nuova leadership del Cremlino con Georgij Malenkov alla guida del governo e Nikita Cruschev a quella del partito. Un altro scontro fu tra Malenkov che intendeva sviluppare l’industria leggera e la produzione di beni di consumo e i vertici delle forze armate schierati a difesa del ‘’complesso militare industriale’’. Nel 1955, Malenkov dovette dimettersi e fu sostituito da Nikolaj Bulganin. Nel 1956, al XX Congresso (smantellati i gulag) del PCUS, Cruschev denunciò il ‘culto della personalita’, le violazioni della legalità e i crimini compiuti da Stalin, provocando un trauma per i comunisti di tutto il mondo. La DESTALINIZZAZIONE però fu parziale perché la colpa venne addossata a Stalin e le strutture del potere sovietico non vennero messe in discussione. Le CONSEGUENZE della DESTALINIZZAZIONE furono molte soprattutto per i rapporti tra URSS e i paesi del suo blocco e nello stesso anno venne sciolto il Cominform mentre in Polonia e Ungheria si svilupparono tendenze riformatrici il cui preciso limite fu fissato dalla repressione della rivolta ungherese. Sul PIANO INTERNO lo strappo del XX congresso portò allo smantellamento del GULAG(Direzione principale dei campi di lavoro correttivi è stato il ramo della polizia politica dell'URSS che costituì il sistema penale dei campi di lavoro forzato. Benché questi campi fossero stati pensati per la generalità dei criminali, il sistema dei Gulag è noto soprattutto come mezzo di repressione degli oppositori politici dell'Unione Sovietica.) e alla riorganizzazione della polizia politica del KGB (comitato per la sicurezza dello stato), guidato da funzionari di partito e alle dirette dipendenze del governo. Il sesto piano del 1956 (istituzioni di regione autonome sospeso nel 57) fu sostituito da un piano settennale di prospettiva, meno rigido nel fissare gli obbiettivi della produzione. Fu avviato un nuovo piano edilizio popolare, macchine agricole vendute dallo stato ai Kolchoz. La destalinizzazione “dall’alto”, condotta su una linea di compromessi con il passato e di parziale liberalizzazione, autorizzò Chruscev a prevedere che il tenore di vita dei paesi capitalistici sarebbe stato superato e a rilanciare gli attacchi a Stalin. In realtà rimaneva aperta, la contraddizione tra i limitati correttivi da lui introdotti e un sistema oligarchico e autoritario, diretto da un ristretto numero di persone senza controlli dal basso. Gravi problemi si ebbero in politica estera, la crisi ungherese del 1956 minò il principio di autorità nel campo socialista. Lo stesso Patto di Varsavia, che dal 1955 legava, militarmente l’URSS e i paesi dell’Est europeo, assegnava agli alleati una dignità pari a quella dello stato-guida e consentiva loro di stipulare accordi “orizzontali” senza passare da Mosca. Gli effetti positivi della ripresa dei rapporti con la Jugoslavia furono cancellati dal conflitto apertosi con i comunisti cinesi. Nel 1959 Chruscev ruppe la collaborazione nucleare con la Cina e nel 1960 ritirò i tecnici e i consiglieri sovietici che vi aveva inviato. La rottura spinse i dirigenti cinesi a un’azione di “fronda” nei confronti della leadership sovietica che trovò, appoggi espliciti nei partiti comunisti asiatici e in quello albanese, incoraggiando anche la Romania a rivendicare una crescita industriale libera dalla sudditanza commerciale all’ URSS. Alle delusioni della politica estera di Crushev, si aggiunse anche l’esito della crisi di Cuba, che all’esterno apparve come la bocciatura di una prova di forza voluta dai sovietici mentre all’interno cresceva l’insoddisfazione per l’aumento della produttività, senza una adeguata espansione dei consumi privati. Crushev fu deposto nel ’64, senza opposizioni da una trojka, composta da Leonid Breznev, Aleksej Kosygin e il nuovo capo dello stato Nikolaj Podgornij. 16.2 LA RESTAURAZIONE BREZNEVIANA. Il cambio al vertice era espressione di un nuovo compromesso tra i poteri forti che si erano ribellati al personalismo di Chruscev e aspiravano ad uno sviluppo con meno scosse, traumi e clamore. Le cariche di governo e di partito furono nuovamente separate e si tornò al principio della collegialità delle decisioni. In politica estera la caduta di Crushev si tradusse in un rinnovato impegno diplomatico in Asia, attraverso una politica di aiuti al Vietnam e alla Corea del Nord. All’interno, dove emerse gradualmente la supremazia di Breznev, l'effetto più vistoso fu la chiusura della stagione del disgelo. Alla parziale liberalizzazione chrusceviana segui una ripresa della repressione poliziesca che si manifestò nel 1966 con il processo a due scrittori e con il divieto di ritirare il premio Nobel imposto ad Aleksander Solzenitsyn e Boris Pasternak. La vita culturale fu costretta alla clandestinità e si sviluppò il fenomeno del dissenso tra ristretti gruppi intellettuali e scienziati. Alla chiusura politica e culturale però fecero riscontro alcune parziali aperture sul terreno economico e si aprirono spazi alla collaborazione commerciale con in paesi occidentali. Nel 1966 una visita in Italia del ministro degli esteri Andrej Gromyko portò alla stipula di un accordo con la FIAT per la costruzione di uno stabilimento della FIAT in Urss. La stabilizzazione dopo la caduta di Chruscev prese la forma di un nuovo patto sociale che rispetto all’epoca staliniana riduceva di molto il terrore repressivo, garantendo ai cittadini sicurezze (casa, lavoro, sanità, scuola a basso livello qualitativo). Garante del patto sociale fu la nomenclatura cioè la burocrazia di stato e partito, depositaria del potere e responsabile della pianificazione economica. La crescita del malcostume che minò il prestigio della nomenclatura andò di pari passo con lo sviluppo di una ‘seconda economia’, parallela a quella ufficiale legata al mercato nero che costitui veri e propri nuclei di criminalità organizzata. A partire dal 1970 l’economia sovietica rallentò e tutti i suoi indicatori di crescita apparvero in netto rallentamento. La parola d’ordine della stabilità venne messa in discussione e la nomenclatura tentò il rilancio di una politica estera di potenza, sfruttando la momentanea debolezza degli Stati Uniti, in seguito alla sconfitta del Vietnam. 16.3 La sovietizzazione dell’est europeo In tutti i movimenti di resistenza contro le forze dell’asse erano presenti partiti che guardavano con ammirazione l’URSS, come un modello da imitare. Nei paesi come Bulgaria, Ungheria, Romania, Germania orientale, Cecoslovacchia e Polonia alla presenza dei comunisti si aggiunse l’occupazione da parte dell’Armata rossa. Gli accordi tra le potenze vincitrici prevedevano che in questi stati si tenessero libere elezioni, ma nell’Est europeo le zone di influenza da essi delineate tenevano conto delle esigenze di sicurezza e di ricostruzione dell’URSS. Il controllo militare sovietico funzionò da strumento per garantire quegli accordi, che prevedevano la presenza di leader comunisti nei governi di coalizione nazionale. Una seconda fase vide le posizioni di forza assunte dai comunisti con il sostegno dell’armata rossa consentirono loro la conquista delle leve del potere come: la magistratura, polizia, mezzi di comunicazione. A differenza dei suoi compagni polacchi, Nagy non aveva la forza di condurre su una linea moderata il movimento di piazza che impose al governo il ritorno del pluripartitismo e l’uscita dal patto di Varsavia. Per la leadership dell’armata rossa era una sfida inaccettabile: cosi l’armata rossa attuò una dura repressione con centinaia di morti. Nagy e i suoi ministri furono arrestati e condannati a morte nel 1958. Al loro posto venne insediato Kadar che ricostituì la polizia segreta e prosegui l’opera di normalizzazione del paese. Il soffocamento della rivolta ungherese chiuse ogni ipotesi di liberalizzazione nel blocco sovietico. Lo sviluppo dell’innovazione tecnologica e della produttività fu perseguito in Germania est, Ungheria, Cecoslovacchia. Ma fu soprattutto la Jugoslavia a spingersi avanti sulla strada della coesistenza di socialismo e mercato, grazie alle pressioni autonomiste. Una serie di emendamenti alla Costituzione del 1963 accentuarono il federalismo e il decentramento amministrativo ed economico, introducendo criteri di rotazione delle cariche della repubblica, sempre saldamente guidata da Tito. A poco a poco prese forma un socialismo fondato sull’autogestione, con un ruolo decisionale assicurato ai consigli operai ed un mercato dei prezzi parzialmente liberalizzato. Lo sviluppo economico conseguito dal “socialismo tecnocratico” dei paesi non riuscì ad evitare le rivolte del 1968 in Polonia e Cecoslovacchia. In Polonia, l’emergere dell’ala tecnocratica del partito guidato da Edward Gierek portò ad un irrigidimento repressivo nei confronti del mondo intellettuale. In Cecoslovacchia la sostituzione di Antonin Novotny con il leader dei comunisti slovacchi Alexander Dubcek innescò un nuovo corso che fu definito come “LA PRIMAVERA DI PRAGA”. Il programma dei riformatori prevedeva un nuovo modello di socialismo dal volto umano fondato sulla separazione tra partito e stato, sull’autonomia delle nazionalità ceca e slovacca, sull’abolizione della censura e sulla libertà per le organizzazioni sindacali e giovanili. Il Nuovo corso cecoslovacco non poneva in discussione l’appartenenza del paese al Patto di Varsavia ed era diretto dal partito comunista; dovette però affrontare una dirigenza sovietica egemonizzata dall’apparato militare, alla ricerca di una vittoria sugli stati Uniti impegnati nel Vietnam e poco disposta a tollerare un distacco eccessivo e potenzialmente contagioso dal modello sovietico. Il 21 agosto del 1968 le truppe del patto di Varsavia entrarono in Cecoslovacchia e vi imposero un regime di occupazione militare. Dubcek e i suoi compagni optarono per un’opposizione non violenta proclamando uno sciopero generale che ebbe pieno successo. Da parte loro i sovietici evitarono il bagno di sangue e invitarono i dirigenti cecoslovacchi a un’estenuante trattativa, con l’unico scopo di indebolire la resistenza. Dopo mesi di negoziati nell’aprile del 1969 fu costituito un governo con a capo Gustav Husak, protagonista della primavera di Praga e Dubcek fu espulso dal partito. Se due anni prima la crisi si era limitata agli ambienti intellettuali, questa volta la crisi del regime fu segnalata dalla discesa in campo degli operai. Dalla crisi del 1968 i paesi dell’Est europeo uscirono con piccoli aggiustamenti di politica economica, evitando le riforme che dopo il 1956 avevano aperto spazi al decentramento delle scelte di sviluppo, all’espansione dei consumi privati, all’innovazione tecnologica. Gli indicatori della crescita tennero il passo di quelli dell’occidente, colpito dalla crisi petrolifera del 1973 ma con un crescente sfruttamento del lavoro operaio; La tenuta di questi regimi fu garantita da un crescente irrigidimento autoritario, ma l’isolamento culturale e informativo che aveva accompagnato la propaganda ideologica di stato era ormai venuto meno il moltiplicarsi dei canali di contatto con l’occidente rendeva evidente e sempre meno sopportabile la forte disparità di condizioni di vita e di opportunità tra i paesi dei due blocchi. 16.5 LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE. All’atto della sua proclamazione nel 1949, la Repubblica popolare cinese era retta da un consiglio amministrativo popolare centrale presieduto da Mao Zedong. All’inizio il sistema maoista si presentava come “un sistema di nuova democrazia” basato su una politica di alleanze tra forze comuniste e non comuniste. In Cina quattro quinti di abitanti erano contadini, quindi la necessità del governo di Mao fu la prosecuzione della riforma agraria, che era già stata decisiva per la conquista del consenso durante la guerra di liberazione. Nel 1950, una legge presentata dal vicepresidente Liu Shaoqi estese a tutto il paese le misure adottate nelle “zone rosse” liberate dall’esercito popolare: esproprio forzato delle terre non coltivate dai proprietari, esclusione dei latifondisti dai diritti civili e politici, libertà per i possessori di piccoli e medi appezzamenti che coltivano la propria terra. Come già accaduto in Urss la radicalizzazione del regime nei confronti della grande proprietà terriera ne accentuò i tratti dittatoriali. I valori della democrazia e del pluripartitismo continuarono a essere sostenuti da una ristretta minoranza di intellettuali. Nelle grandi città le strutture di partito accentrarono i compiti di assistenza, istruzione, approvvigionamento e polizia. Il permesso di residenza venne legato all’acquisizione di un posto di lavoro e fu adottato un atteggiamento di repressine contro la malavita. Anche nelle campagne l’emancipazione passò attraverso canali istituzionali che combinavano esercito e partito comunista come strumenti di reclutamento e formazione della nuova classe dirigente. Questo blocco di potere fu il tramite di diverse campagne di propaganda: quella dei “tre contro” (contro corruzione, spreco, burocratismo) e quella dei “5 contro” (contro evasione fiscale, frode, furto ai danni dello stato, corruzione, aggiotaggio) che in questi anni mobilitarono i contadini. Si trattava di forme di coazione collettiva, controllo e repressione sociale fondate su un sistematico “lavaggio dei cervelli” e sull’intimidazione del dissenso. In Cina il nuovo regime segnò l’uscita di milioni di contadini poveri da una miseria che durava già da anni. Nel 1950 si riconobbe il diritto al divorzio, il primo atto di emancipazione, dopo anni di segregazione. A suffragio universale fu eletta un’assemblea nazionale per redigere una Costituzione, che nel 1954 diede forma al nuovo stato: la repubblica presidenziale, con parlamento monocamerale, che rifletteva l’immagine dello stato sovietico a partito unico. Nello stesso anno, la partecipazione della Cina alla guerra di Corea e l’invasione cinese del Tibet, valsero al nuovo stato l’ostilità dell’USA e dell’ONU, che nel 1951 lo accusarono di aggressione e riconobbero al suo posto la Cina nazionalista di Taiwan. L’avvio del primo piano quinquennale nel 1953 stabilì un riallineamento del paese al modello sovietico, fondato sull’industria pesante e sul sacrificio della produzione di beni di consumo. La politica di collaborazione con i gruppi privati fu sostituita da un accelerato processo di nazionalizzazione che privilegiò le miniere e la produzione di acciaio, cemento e macchine industriali. Diversa fu invece la strada seguita nelle campagne. Mao Zedong adottò una politica di modernizzazione graduale che evitò i rigori della collettivizzazione forzata attuata a suo tempo da Stalin. I ceti più poveri furono impiegati nella realizzazione di opere pubbliche, la scolarizzazione di base ricevette un forte impulso e il numero di posti di lavoro furono in crescita. Nel giro di pochi anni i risultati raggiunti sembrarono allentare la pressione internazionale e interna a cui era sottoposta la repubblica cinese. Nel 1957, si cercò di liberalizzare la vita culturale con la politica dei ‘cento fiori’ che invitava al confronto tra diverse scuole e impostazioni. Sulla scia dei ‘cento fiori’ si avviò una campagna di mobilitazione dei quadri periferici dell’amministrazione pubblica nella denuncia di errori e ingiustizie. Il risultato di questa fase di assestamento politico fu il rilancio dell’iniziativa statale nell’economia, con la parola d’ordine del grande balzo in avanti, coniata nel 1958, che fissava l’ambizioso obiettivo di un raddoppio annuale della produzione sia industriale che agricola. Alle cooperative rurali si sostituirono le aziende agrarie dirette da un organo di governo autonomo che controllava la produzione e le squadre di base. Ogni contadino diventava cosi un lavorante retribuito in base ai punti di lavoro dalla propria squadra. Tuttavia non si era riusciti a realizzare il ‘grande balzo’ e il rigido ugualitarismo delle comuni aveva livellato verso il basso le energie produttive dei contadini. L’economia agricola non riuscì mai ad abbandonare del tutto l’autoconsumo: la vendita coatta allo stato delle eccedenze di cereali, cotone e manufatti dell’industria leggera rurale non produceva margini di sviluppo. Al fallimento della vita economica si accompagnò la fine della collaborazione con l’Urss. Negli anni 60 La Cina guardò in positivo questo distacco dall’URSS, cercando di elaborare una via alternativa meno totalitaria al socialismo: sul piano internazionale con un rilancio la lotta all’imperialismo delle superpotenze, sul piano interno col rilancio del ruolo attivo delle masse e della lotta di classe anche all’interno delle società socialiste. In realtà quella di Mao era una risposta all’offensiva dei suoi oppositori. Da questo scontro politico al vertice, scaturì la rivoluzione culturale; Mao Zedong si appellò alle giovani generazioni perché facessero parte della lotta. I sostenitori della svolta moderata vennero imprigionati: Den Xiaoping fu mandato a lavorare in una fabbrica di trattori, Liu Shaoqi morì in prigione nel 1969. Il caos e l’incertezza si insediarono nel paese. Nel 1969 il IX Congresso del Partito comunista cinese si appoggiò all’esercito proclamando la necessita di tornare all’ordine. La morte improvvisa di Lin Biao, segnò la chiusura della fase destabilizzante aperta dalla rivoluzione culturale. Mao, rimasto saldamente alla guida del partito, avviò la riabilitazione degli intellettuali, dei tecnici, dei burocrati (tra cui Deng Xiaoping). La rottura con l’URSS fu drammatizzata da diversi incidenti militari sulla frontiera Russo-Cinese e si aggravò ulteriormente nel 1972, in seguito alla visita in Cina del presidente americano Nixon. CAP 17 LA SVOLTA 17.1 PRODROMI DI UNA SVOLTA EPOCALE Per molti aspetti la golden age del 1945-73 incrementò l’interdipendenza e la globalizzazione nel mondo: Crebbe la prosperità dell’occidente e la Guerra fredda inseri anche i paesi più periferici entro una logica bipolare che semplifico le dinamiche e gli equilibri della politica mondiale. La decolonizzazione introdusse la struttura dello stato nazione in aree geografiche in precedenza non l’avevano conosciuta o sperimentata. L’espansione dei consumi di massa produsse un’omogeneizzazione degli stili di vita che fu particolarmente marcata nel Nordamerica, Europa e Giappone. Le nazioni unite affermarono la logica e i principi di un nuovo diritto internazionale per impedire i conflitti armati e ridurre le disuguaglianze sociali. Alla fine degli anni 70 tali processi che si erano avviati sul finire della seconda guerra mondiale giunsero a un punto culminante, producendo tendenze di segno contrario che si tradussero in una svolta. La globalizzazione del sistema monetario internazionale si risolse in una nuova instabilità e tornarono ad affermarsi i protezionismi nazionali. La moltiplicazione degli stati nazione mise a dura prova il rigido equilibrio bipolare della guerra fredda e le due superpotenze apparvero sempre meno capaci di controllare il mondo con la sicurezza dimostrata in passato. Una nuova generazione di giovani si rivoltò contro il comunismo e la società del benessere. In tale crisi si posero le premesse per una trasformazione. Il clamore della contestazione giovanile che esplose nel 68 in molte parti del mondo oscurò altri fenomeni ad essa solo in parte collegati come quelli della ribalta delle donne sulla scena pubblica. Nel giro di pochi anni mossero i primi passi nuove tecnologie informatiche, la graduale deindustrializzazione investi sia l’asia e l’America latina. L’Unione sovietica e i paesi del suo blocco entrarono in una fase di crisi che si concluse nella DISGREGAZIONE DEL’URSS E DEI REGIMI DELL’EST EUROPEO. Il CROLLO DEL COMUNISMO pose fine alla guerra fredda e al sistema bipolare uscito dalla seconda guerra mondiale. 17.2 LA BABY BOOM GENERATIONE E IL SESSANTOTTO. violenza, alla gestione della vita sessuale e riproduttiva. Gli effetti dj questa rivoluzione femminile travalicarono abbondantemente la parabola dei movimenti femministi. In Italia nel 1970 vennero introdotti il matrimonio civile e il divorzio che fu confermato 4 anni dopo con il referendum; nel 1975 una riforma del diritto di famiglia sancì l’uguaglianza tra i coniugi e furono istituiti consultori familiari; nel 1977 una legge affermò la parità tra uomini e donne anche a lavoro e nel 1981 un referendum ratificò la legalizzazione dell’aborto già avvenuto nel 1978. Anche l’ONU nel 1976 lanciò il cosiddetto decennio della donna. Vi furono due convegni internazionali svoltisi a Copenaghen e a Nairobi con la partecipazione di migliaia di donne di ore 150 paesi infransero la linea di silenzio che copriva lo sfruttamento sessuale organizzato, lo stupro, l’incesto, il lavoro sottopagato, analfabetismo femminile e mutilazione sessuale. I termini del problema con le donne vennero rinnovati quando due conferenze internazionali una a Vienna e una a Pechino ridefinirono la stessa nozione di diritti umani includendovi i diritti delle donne e l’uguaglianza tra i generi. Gli organismi internazionali furono spinti a far luce sulla realtà dei diritti umani delle donne e i governi vennero invitati a porre fine alle discriminazioni. Nel 1995 molti paesi avevano eliminato tutte le forme di discriminazione ma le donne presenti ai vertici della vita pubblica erano ancora poche. “L’human development report” pubblicato nel 2000 dalle nazioni unite confermava che i problemi più gravi legati alla donna riguardavano le nazioni più povere del sud del pianeta. 17.4 INSTABILITA’ INTERNAZIONALE,STAGFLAZIONE E INNOVAZIONE TECNOLOGICA. Negli anni 60 anche l’economia da segni d’inversione di tendenza, a partire dall’America: vi fu una perdita di slancio del capitalismo USA e anche dei processi d’internazionalizzazione: le grandi aziende si trasformarono in compagnie multinazionali con sedi ed impianti in tutti i continenti. Il risultato di queste dinamiche fu un’espansione delle masse di valuta statunitense circolanti sui mercati esteri. Per lo più nel 1970, ci fu un deficit della bilancia dei pagamenti e uno commerciale: gli Usa importavano più merci di quante ne esportavano e in alcuni settori la prevalenza di prodotti stranieri era vistosa. Cosi gli USA si trovarono in una condizione di debolezza vittima di un’inflazione crescente. Da tutto questo ne derivò la sospensione della convertibilità del dollaro, la sua svalutazione e adozione di politiche protezionistiche che segnalarono un ridimensionamento del ruolo di nazione guida dell’occidente svolto dagli Stati Uniti. Sebbene USA e URSS figurassero tra i firmatari dell’atto di Helsinky, con esso l’Europa auspicata da DE Gaulle prendeva una vaga forma diplomatica, con una petizione di principio che affermava il proprio diritto a non essere il semplice luogo di scontro di una guerra fredda. TRATTAO SALT: stipulato (1972) da Nixon con Mosca per contenere spese militari al fine di superare la congiuntura economica. Tale trattato congelava x 5 anni gli arsenali nucleari delle due superpotenze. Nel novembre 1974 vi fu un nuovo trattato il SALT II: perfezionò i termini del primo stabilendo il principio di uguaglianza concordata nei rispettivi armamenti. Nel 1972 la normalizzazione delle relazioni diplomatiche con la Cina fu sancita da visita di Nixon a Pechino. Tale apertura alla Cina permise agli USA di limitare i danni nel Sudest asiatico. Nel 1973 la GUERRA DEL KIPPUR (conflitto arabo-israeliano) scatenata da Al Sadat ( successore di Nasser alla guida dell’Egitto) per rivendicare la sconfitta del 1967 (12.8 guerra dei sei giorni) (wikipedia = la Guerra dei sei giorni fu combattuta tra Israele da una parte ed Egitto, Siria e Giordania dall'altra, e risulto in una rapida e totale vittoria israeliana. Al termine del conflitto Israele aveva sottratto la Penisola del Sinai e la Striscia di Gaza all'Egitto, la Cisgiordania e Gerusalemme Est alla Giordania e le alture del Golan alla Siria. L'esito della guerra, la condizione giuridica dei territori occupati e il relativo problema dei rifugiati influenzano pesantemente ancora oggi la situazione geopolitica del Medio oriente). L’esercito israeliano, colto di sorpresa venne messo in difficoltà, mentre l’insieme dei paesi arabi decretava il blocco delle forniture di petrolio in Occidente. Il contrattacco israeliano portò ad un accordo, per cessare il fuoco che ripristino in confini antecedenti al 67, restituendo all’Egitto il Sinai ma non la striscia di Gaza ( PACE TRA EGITTO E ISRAELE) Su questa base furono intavolate trattative sotto la supervisione degli USA che portarono nel 1978 alla PACE DI CAMP DAVID firmata da Sadat e dal leader israeliano Begin. Per la prima volta uno stato arabo riconosceva ad Israele il diritto di esistere lasciando pero irrisolto il problema dello stato palestinese. L’Egitto fu espulso dalla Lega dei paesi arabi e nel 1981 Sadat pago con la vita l’isolamento del suo paese, rimanendo ucciso in un attentato organizzato da estremisti islamici. La GUERRA DEL KIPPUR priva di effetti sugli asseti della regione portò alla ribalta l’OPEC , il cartello dei paesi produttori di petrolio dalle cui esportazioni dipendevano quasi tutti i paesi industrializzati. Per effetto delle sue decisioni volte a danneggiare l’economia dei paesi filoisraeliani, il prezzo del petrolio fu quadruplicato. Causando una crescita della forza contrattuale dei paesi arabi anche se l’offensiva Opec si tradusse in un nulla di fatto. L’economia mondiale entrò in una recessione e il petrolio divenne un bene prezioso soggetto a razionamento. Lo shock del 1973 innescò un ciclo inflattivo che dagli Usa si estese in Occidente. In USA crebbe la disoccupazione per la chiusura di molti impianti industriali (deindustrializzazione dell’America).La stagflazione (si verifica quando in un certo mercato e presente sia un aumento generale dei prezzi (inflazione) che una mancanza di crescita dell'economia in termini reali (stagnazione)) produceva disoccupazione e in occidente vennero meno le basi le basi del patto sociale del trentennio precedente: le classi lavoratrici videro messo a rischio il loro impiego, riduzione salari e fu ridotto il potere d’acquisto dei salari sul mercato. Da ciò scaturirono conflitti sociali e ripresa degli scioperi. L’inflazione abbassò il prezzo reale delle materie prime che incontravano difficoltà a essere vendute sui mercati per la diminuzione della domanda. Ne derivò un drastico peggioramento delle ragioni di scambio sul mercato internazionale dei paesi in via di sviluppo esportatori di materie prime e si allargò il divario tra nord e sud. Nelle economie più avanzate si determinò una contrazione dei posti di lavoro nell’industria, che fu largamente compensata dallo sviluppo del terziario specialmente nell’informazione ( crescita in Usa dei mass media, radio, tv, tecnologie comunicazione telefonica,agenzie pubblicità e di marketing). Si svilupparono nuove tecnologie (PC, apple II, progenitore del mac, nuovo pc in grado di scrivere, comporre immagini…, nasce la Microsoft con Bill Gates, fotocomposizione nascono le fotocopiatrici, fotocomposizione elettronica, videoterminali, telefax, tecnologia laser, teletext). Il processo di terziarizzazione delle economie più avanzate del pianeta si accompagnò ad un altro fenomeno: la delocalizzazione dei posti di lavoro dalle aree più sviluppate a quelle più povere, dove la manodopera era meno costosa, meno protetta e meno sindacalizzata. 17.5 L’arte, la scienza e la cultura occidentale registrarono fedelmente questo insieme di rotture e mutamenti. Auschwitz e Hiroshima rappresentavano l’eredità che il secondo conflitto mondiale aveva lasciato ai superstiti. La guerra aveva segnato il culmine del connubio tra scienza applicata e necessità militari. Per ottenere la bimba atomica, il governo degli Stati Uniti aveva investito due milioni di dollari: una cifra che allora solo l’economia americana poteva permettersi. Gli Stati Uniti fecero così da battistrada in una corsa all’espansione delle spese statali per la ricerca scientifica e all’aumento del numero di scienziati e ricercatori. Sulla base dei principi della fisica quantistica elaborati all’inizio del secolo, la conoscenza della struttura dell’atomo fece numerosi passi avanti e permise la proliferazione delle armi nucleari e l’installazione di numerose centrali energetiche a scopi pacifici. Dopo il 1945 la scienza aveva perduto il carattere di “innocenza” e di relativa autonomia dal potere che aveva mantenuto nella prima metà del secolo. Robert Oppenheimer e Andrej Sacharov, scienziati che svolsero un ruolo decisivo nella costruzione delle bombe atomiche di Stati Uniti e Unione sovietica e si impegnarono poi fortemente su posizioni di pubblico dissenso dai rispettivi governi, incarnarono tale contraddizione. George Orwell descriveva in 1984 una futuribile società del domani, interamente asservita in ogni suo aspetto pubblico e privato al regime totalitario del “grande Fratello”. La letteratura europea recepiva l’eredità del secondo conflitto mondiale nei termini non più soltanto di uno smarrimento di senso ma anche di pesante ipoteca sul futuro, concretamente rappresentata dalla minaccia nucleare. Il pessimismo di Orwell esprimeva tuttavia solo una parte dello spirito pubblico del dopoguerra. Nel 1943 Sartre aveva pubblicato “l’essere e il nulla”. Ma nel corso degli anni 50, Sartre fu una delle voci più attive nel dibattito politico francese, impegnato prima dentro e poi fuori il partito comunista, rilanciando in “critica della ragione dialettica” il tentativo di un marxismo depurato dalle incrostazioni scientiste e deterministe e conciliato con un umanesimo rivoluzionario. La medesima altalena di speranze e paure venne espressa in quegli anni dai film del neorealismo italiano come “ladri di biciclette” di Vittorio De Sica. Quasi a simboleggiare l’ansia della rinascita, davanti alle macerie dell’Europa e del Giappone, stava invece l’America inguaribilmente sorridente e fiduciosa dei film di Frank Capra: la vita è meravigliosa. Il diffondersi della televisione favori la crescita di una civiltà dell’immagine. Dentro le città, le giovani generazioni emersero come soggetto di punta del mercato letterario, filmico e discografico, quest’ultimo favorito dall’introduzione del microsolco che triplicò la capacità dei vecchi dischi a 78 giri. Un tessuto genovese importato dagli Stati Uniti e utilizzato per i pantaloni da lavoro, diventò una sorta di uniforme per i giovani di ogni clima e latitudine. In un saggio di grande successo “I persuasori occulti” il sociologo Packard mostró il nuovo potere della pubblicità nel manipolare il gusto e le opinioni dei consumatori; la forza dei mass media divenne oggetto di ricerca scientifica ad hoc. La tecnologia televisiva di rivelava capace di stringere in una unità di tempo e spazio tutti gli abitanti del mondo, ripristinando la possibilità di contatti visivi “faccia a faccia” che l’avvento della società moderna, anonima e spersonalizzante, aveva cancellato. Nel 1973, ai tradizionali campi di sviluppo del nucleare e dell’informatica, la scienza aggiunse quello della biologia, con la scoperta della struttura a doppia elica del DNA che racchiude il codice genetico dei cromosomi presenti nel nucleo delle cellule. Come per l’energia nucleare, anche nella genetica sembra che l’umanità abbia raggiunto poteri di trasformazione talmente grandi da sopravanzare la propria capacità di tenerli sotto controllo. 18 LA RIPRESA DELL’OCCIDENTE 18.1 Un mondo instabile. Tra l’esplosione del 68 e la crisi petrolifera del 73 erano emersi elementi di una crisi delle società occidentali, che aveva trovato il proprio epicentro negli Stati Uniti messi in difficoltà dalla sconfitta in Vietnam e dal caso Watergate. Per i sovietici l’invasione dell’Afghanistan si risolse in un disastro, mentre alla fine del decennio, Gran Bretagna e Stati Uniti, misero in atto una drastica svolta alle politiche economiche in senso Neoliberista. Al credo Keynesiano centrato sulla lotta alla disoccupazione si sostitui una fede monetaristica, fondata sulla lotta all’inflazione, attraverso il contenimento della spesa pubblica, contrazione di prezzi e salari. In Cile fu rovesciato il governo di Salvador Allende, da un golpe militare di Pinochet, e già nel 1976 un inchiesta del senato degli Stati Uniti dimostrò il diretto coinvolgimento della CIA nella preparazione e gestione del colpo di stato. In Grecia, Spagna, Portogallo, la fuoriuscita dei regimi dittatoriali si ebbe a metà degli anni ’70 senza particolari traumi e quei paesi rimasero saldamente nell’orbita occidentale e filoamericana. Nel 1979 il consiglio dei ministri degli esteri europei e della NATO decise come contromisura l’installazione di 500 missili americani. A questa scelta si si svilupparono molti movimenti contrari ma nonostante le loro proteste, l’installazione delle armi nucleari fu approvata dal parlamento tedesco, belga, olandese e italiano. 18.4 IL RIARMO. Nel 1981 a Ginevra erano iniziati i negoziati sovietico-americani per decidere la sorte finale degli euromissili delle due parti. Le Trattative vennero rallentate da morte di Breznev e dei successori Andropov e Cercenko, proprio mentre Reagan veniva rieletto nell’84. Ciò provocò instabilità del gruppo dirigente sovietico alle prese con la caduta del tasso di crescita economica, e ad aggravare la posizione economica sovietica vi erano anche le spese militari che rimasero al pari di quelle americane. Nel 1986 la rottura del reattore nucleare di Chernobyl, evidenziò l’arretratezza tecnologica dell’Urss. Ma già nel 1980 il calo della produzione e l’aumento dei prezzi apri un focolaio di ribellioni in Polonia dove una nuova organizzazione operaia rivendicò il diritto a libere associazioni sindacali. L’influenza della chiesa cattolica polacca era stata rafforzata nel 78 dall’elezione di Woiytila (primo papa non italiano) che riprese la repressione della libertà religiosa nei paesi dell’est. Ciò rendeva ancora più problematico un diretto intervento dell’URSS, le cui forze armate erano impegnate in Afghanistan. Per scongiurare tale pericolo, l’ala riformatrice di Jruzelski fece un colpo di stato, mettendo fuori legge l’opposizione. Anche in ragione del disorientamento sovietico, Reagan rilanciò il confronto militare tra Usa e Urss, con i nuovi piani di riarmo, scatenando una competizione difficile per l’URSS. Tra l’83 e l’88 le spese militari americane raddoppiarono, e nell’ 83 fu lanciato il progetto SDI: un sistema integrale di armi satellitari a tecnologia laser che avrebbe garantito la sicurezza assoluta del territorio degli Usa. Il riarmo americano poneva al mondo due ordini di problemi: in primo luogo Washington lanciava al rivale di sempre una sfida assai costosa, che l’urss non era in grado di accogliere perché la proposta avrebbe impoverito ancora di più l’UNIONE SOVIETICA. In secondo luogo tornavano a farsi evidenti le differenze strategiche tra le esigenze difensive degli Usa e dei loro alleati. Reagan propose ai negoziati di Ginevra l’ ‘opzione zero’, l’annullamento dei sistemi missilistici puntati in Europa da Usa e Urss. Dal punto di vista statunitense ciò equivaleva al rifiuto di assumere la difesa nucleare del territorio europeo. Di contro i maggiori paesi europei furono indifferenti alla questione afghana, ai problemi del Golfo Persico, dove nell’80 l’Iraq di Saddam Hussein, scatenò una sanguinosa guerra con l’Iran. Un segnale di ritrovata coesione tra le potenze occidentali, si ebbe nel 1982 dall’intervento di reparti americani, francesi, staliniani nel focolaio di crisi del Libano. 18.5 VITTORIE E INCERTEZZE DELL’OCCIDENTE. L’insuccesso della missione in Libano, evidenziarono l’appannamento dell’ONU che nella seconda metà degli anni 80 venne approfondito dal rilancio di trattative al vertice tra USA e URSS. Per Gorbacev, una ripresa della distensione era una scelta obbligata, e avviò una politica di riforme, USCENDO DALLA SPIRALE DEL RIARMO, chiedendo a Reagan di rinunciare al progetto SDI, confessando implicitamente la propria inferiorità. La Casa Bianca consapevole della crisi del sistema sovietico, accetto tali condizioni. L’incontro del 1985 a Ginevra tra i due (Regan e Gorbacev), inaugurò un clima di reciproca fiducia tra i due leader. Due anni dopo un nuovo vertice a Washington portò alla firma di un trattato che portò a distruggere il 3-4% dell’arsenale missilistico delle due potenza. A completamento dell’intesa, furono importanti anche altri gesti sovietici come: il ritiro dall’Afghanistan nell’89. La strada scelta con coraggio da Gorbacev era quella di mostrare la propria debolezza e di forzare le tappe di un disimpegno dell’URSS dal suo ruolo imperiale. L’annuncio di un ritiro unilaterale delle forze armate sovietiche dai paesi del Patto di Varsavia, aprì un formidabile ciclo di rivoluzioni pacifiche, culminate nel novembre ’89 col crollo del muro di Berlino che riunifico la Germania. Parallelamente a tali episodi distensivi, restava la volontà degli Usa di conservare l’ordine, anche con la forza, nell’emisfero occidentale. Nel’86 l’aviazione degli USA bombardò le città libiche di Tripoli e Bengasi e nell’89 Washington intervenne a Panama per arrestare il generale Noriega per complicità internazionale nel traffico di droga. L’ultimo decennio del secolo, si aprì con una vasta incertezza nel blocco sovietico che affrontava la transizione dagli esiti incerti e in Occidente l’insicurezza era dovuta dalla scarsità di un bene-valore: il lavoro. 18.6 DAL MEDIO ORIENTE AL SUDAFRICA: UNA FASE DI TRANSIZIONE. A diffondere la sensazione di incertezza contribui anche il Medio Oriente. La GUERRA DEL KIPPUR aveva aggravato per Israele il problema della sicurezza militare e territoriale. Per tale motivo le elezioni del 77 videro la sconfitta del partito laburista e il successo della coalizione di destra (LIKUD) guidata da Begin. LA PACE DI CAMP DAVID garantiva l’integrità delle frontiere tra Israele e Egitto, al quale fu restituita nel’82 la penisola del Sinai. La parte araba di Gerusalemme e le alture del Golan vennero annesse a Israele. Il nuovo governo di Tel Aviv favori una politica di nuovi insediamenti di coloni israeliani in quei territori, irrigidendo il proprio atteggiamento di chiusura nei confronti delle popolazioni arabe della Palestina. Il problema del riconoscimento di uno stato palestinese rimase cosi irrisolto. Nel ’77 l’organizzazione per la liberazione della Palestina, insieme a l’ostilità dei paesi arabi per la Pace del presidente egiziano Sadat, costitui un ‘Fronte della Fermezza’ contro Israele . A catalizzare queste tensioni fu il LIBANO, da sempre diviso tra musulmani e cristiani, i cui equilibri interni erano stati alterati dall’afflusso di profughi palestinesi. A metà degli anni ’70 una guerra civile sostenuta da Siria ed Israele in modo indiretto investì il Libano. Israele era interessato a sterilizzare i campi profughi del sud da cui provenivano frequenti attacchi nel suo territorio. Nel 1982 l’esercito di Tel Aviv intervenne nel conflitto. L’intervento di una forza multinazionale di pace sotto la protezione dell’ONU consenti l’evacuazione delle milizie dell’OLP ma non impedi il massacro dei profughi palestinesi. Nel 1983 si ritirò della forza multinazionale seguita dall’esercito israeliano poiché diventata oggetti di sanguinosi attentati: la Siria rimase cosi padrona della situazione libanese. L’iniziativa politica e militare dell’OLP riparti dai territori occupati da Israele, dove si verificarono nuove proteste di massa delle popolazioni palestinesi, che sfociarono in scontri con la popolazione israeliana, scioperi e altre forme di disobbedienza civile. Tale movimento di protesta fu denominato INTIFADA (rivolta) essa era il simbolo sia di lotta ma anche di tendenziale autogoverno palestinese. Tale crescita di consapevolezza politica fu la base di una svolta importante: Nell’88 l’OLP annunciò la nascita di un nuovo stato palestinese a Gaza e in Cisgiordania e riconobbe lo stato di Israele. Le elezioni del ’92 portarono al governo in Israele il laburista Rabin e nel 1993 Israele e OLP firmarono a OSLO degli ACCORDI, ponendo le basi di un’AUTORITA’ NAZIONALE PALESTINESE (ANP) cioè un governo autonomo nei territori occupati, che si costitui nel 94. Nel 1996 in Palestina si tennero le prime elezioni a suffragio universale, che confermarono Arafat nel ruolo di presidente dell’Autorità nazionale. La NASCITA ANP segnò una vittoria temporanea della componente palestinese più laica e moderata, favorevole ad una pace duratura. IN AMERICA LATINA dal’ 82 all’89 tornarono al potere governi civili che ripristinarono le libertà fondamentali. A cuba la crisi del prezzo dello zucchero negli anni ’80 portò all’emigrazione di massa verso gli Usa. NEL CONTINENTE AFRICANO emblematici furono i cambiamenti in Rhodesia e in Sudafrica; tra il ’76-’78 la mediazione di Usa e Gran Bretagna portò in Rhodesia a una trattativa tra maggioranza nera e minoranza bianca, a seguito della quale fu concesso il diritto di voto alla popolazione di colore. Mentre in Sudafrica una svolta si ebbe nel’89 quando il primo ministro De Klerk, avviò trattative con i rappresentanti della popolazione nera, nel ’90 il leader storico dell’African National Congress (Nelson Mandela) venne scarcerato e nel ’94 le prime elezioni paritarie tra bianchi e neri assegnarono la maggioranza al suo partito, diventando presidente della Repubblica. 18.7 IL MIRACOLO ASIATICO. Oltre al Giappone col suo ‘modello giapponese’ che ebbe una crescita imponente, dal ’73 al ’92 con l’aumento delle esportazioni sul prodotto nazionale in settori tecnologicamente avanzati, fotografia, automobile, i prodotti giapponesi si affermarono nel mondo come standard di riferimento. Anche Honk Kong e Singapore crebbero fortemente: formarono il nucleo originario di quelle che gli osservatori economici definirono come Tigri o dragoni Asiatici o più semplicemente NICS: new Industrialized Countries (paesi di recente industrializzazione). I NICS si trovavano nella posizione migliore per sfruttare la liberalizzazione degli scambi internazionali, approfittando del prezzo competitivo dei loro prodotti, chiusero i propri mercati alle merci estere, e promosse un efficace sistema di istruzione superiore. Un problema di fondo sollevato dall’ascesa dei NICS era rappresentato dal loro rapporto assai incerto con la democrazia parlamentare. Però in tali paesi vi era una forte limitazione dei diritti civili, (capitalismo senza democrazia), conquistando successi grazie a un basso costo della forza del lavoro ottenuto con la cancellazione dei diritti sindacali (Es. Cina comunista, con un duro ciclo espansivo, con una politica autoritaria, culminata nel ’89 nella sanguinosa repressione di piazza Tian’anmen). Tale modello di capitalismo senza democrazia negli anni ’90 si estese anche in Malesia, Thailandia e Indonesia. 18.8 IL CASO ITALIANO. In Italia dal ’75 al ’80 per far fronte al crescente deficit di bilancio si ricorse a u’ espansione del debito pubblico emettendo Buoni ordinari del tesoro (Bot) a rendimenti convenienti. Nel 1977 le università furono percosse da un movimento di rivolta, favorito dalla crescente disoccupazione giovanile, che mostrò la vicinanza di frange consistenti dell’estrema sinistra ai gruppi terroristici. La consapevolezza dell’emergenza era maturata anche nei settori della Dc presieduta da ALDO MORO che spinse per un accordo col PCI, nel marzo 1978 il PCI entrò ufficialmente nella maggioranza sostenendo il Governo Andreotti (leader democristiano), e qualche giorno dopo MORO FU RAPITO E UCCISO DALLE BRIGATE ROSSE. Con quell’impresa il terrorismo giungeva al culmine segnando la nascita da un governo di solidarietà nazionale che assunse come priorità l’obiettivo di stroncare il terrorismo. La dura legislazione repressiva adottata negli ANNI DI PIOMBO (per anni di piombo si intende in Italia quel periodo, che comprende gli anni settanta e il principio degli anni '80, in cui si verificò un'estremizzazione della dialettica politica che si tradusse in violenze di piazza, in lotta armata e terrorismo) suscitò più di un allarme per lo stato della democrazia italiana, ma solo a partire dal 1980 con l’adozione di decreti che premiavano con riduzioni di pena i collaboratori di giustizia e il fenomeni dei pentiti, il terrorismo cominciò a subire colpi sempre più pesanti. Da allora l’azione dello stato estirpà il fenomeno alla metà degli anni 80. In molte zone la lotta per l’autonomia si trasformò in lotta per l’indipendenza, anche la crisi economica accentuò gli antagonismi etnici. Il governo di fronte ciò fu debole e favori il rafforzarsi di nazionalismi estremisti, spesso guidati dalle dirigenze comuniste. La mobilitazione etnica portò al nazionalismo nei paesi baltici (Lituania, Estonia, Lettonia), annessi all’Urss dalla seconda guerra mondiale. Alle elezioni dell’ 88-89 paesi baltici si proclamarono sovrani, dandosi delle costituzioni e spingendo per l’indipendenza. Conferiti ampi poteri al presidente dell’Urss con una legge dell’88, l’anno dopo le elezioni vide vincitori i fautori delle riforme. Nel 1990 il Congresso elesse Gorbacev presidente dell’Unione Sovietica MA le sue riforme non avevano risolto la crisi, divenuto sempre meno popolare nel paese Gorbacev si appoggiò alle forze conservatrici del partito lasciando che i democratici trovassero un nuovo punto di riferieìmento in Beltzi, presidente del parlamento russo. Il parlamento della Lituania proclamò l’indipendenza, seguito da Estonia e Lettonia. La REAZIONE GOVERNO CENTRALE fu un blocco economico, ma la Repubblica russa e i sindaci di Mosca e Leningrado appoggiarono i secessionisti. Gorbecev ordinò alle truppe di intervenire ma gli rispose una mobilitazione sia all’interno che all’esterno. Cosi Gorbacev ritirò l’esercito e promise un referendum sul trattato che avrebbe dovuto ricostruire l’URSS su nuove basi, ma non riusci perchè venne sconfitto. Lo scontro tra Gorbacev e Elstin intanto si accentuava; Gorbacev respinse un piano di riforme economiche presentato da Eltsin preferendone uno più moderato che rinviava al futuro le scelte più urgenti. La RISPOSTA DEL CONGRESSO fu una legge che sottraeva all’Urss la proprietà delle sue risorse naturali. A giugno Elstin eletto presidente della Repubblica russa, falli il dialogo con i riformatori, lasciando il potere nelle mani delle singole repubbliche. GORBACEV impose al partito una serie di riforme per frenare la crescente perdita di consensi e rese noto il testo del Nuovo TRATTATO DELL’UNIONE che fu visto dai conservatori come una liquidazione dell’Urss e del partito comunista. Il 19 agosto un Comitato per lo Stato di emergenza (composto da 8 uomini potenti nominati da Gorbacev), depose il presidente e proclamo lo stato di assedio. Di fronte alla risposta popolare che appoggiò Elstin, l’esercito si divise, e falli il colpo di stato. Nei giorni successivi 8 repubbliche si proclamarono indipendenti, e a dicembre i presidenti di Russia, Ucraina, Bielorussia decretarono la fine dell’Urss, dando vita ad una comunità di stati Indipendenti dove confluirono le 8 repubbliche. Alla fine dell’anno Gorbacev si dimise dalla presidenza si uno stato che non esisteva più. 19.3 IL CROLLO DEL COMUNISMO NELL’EUROPA ORIENTALE. Vi furono profondi mutamenti creati dall’ azione di Gorbacev. La sua politica estera aveva abbandonato l’obiettivo della parità strategico-militare con gli mUSA, cercando di fondare la sicurezza del paese sugli accordi politici e sul disarmo. (Perché la guerra costava troppo). Nel 1986 era iniziato il ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan, nel 87 si giunse ad un accordo per lo smantellamento dei missili di media portata sovietici e statunitensi. In Polonia nel 1987 un referendum apri la strada alla democratizzazione della vita pubblica e una riforma economica fondata sul mercato. Dopo il viaggio di Gorbacev a Varsavia(’89) i capi di Solidarnosc, e il ministro dell’Interno puntarono a ristabilire il pluralismo sindacale, e introdurre riforme economiche in senso liberista; riformare il parlamento e i poteri del capo dello stato. Dopo le elezioni fu eletto presidente della repubblica Jaruzelski (opposizione di Salidarnosc), con Mozowiechi, capo di un governo democratico popolare. La Polonia si dette una costituzione provvisoria di tipo presidenzialistico e il Partito comunista si sciolse trasformandosi in socialdemocratico, mentre si formavano altre formazioni politiche. In UNGHERIA era in atto dall’85 la contestazione nei confronti di Kadar soprattutto per le difficoltà economiche del paese. Nel 1989 il governo operò una scelta a favore del mercato, e stipulò un accordo economico con la CEE. Le elezioni parziali dettero la vittoria a un Forum democratico (attuando una revisione costituzionale) e un referendum indisse le nuove elezioni, che nel ’90 videro il successo dei democratici. In CECOSLOVACCHIA le repressioni delle opposizioni continuavano senza tregua; in piazza ripreso le manifestazioni e nel 1988, durante il 70° anno di nascita del paese, la folla inneggiò contro Dubcek e Havel. Nel novembre 1989 dopo uno sciopero che paralizzò il paese, i deputati abolirono il ruolo di dirigente del partito comunista riconoscendo il Multipartitismo. Si costitui allora un governo di unità nazionale a maggioranza non comunista e il 30 dicembre dopo che Dubcek, fu nominato presidente del Parlamento, Havel eletto presidente della repubblica annunciò l’amnistia generale. In ROMANIA il passaggio alla democrazia si realizzò con spargimento di sangue, Ceausescu, aveva represso ogni forma di dissenso, ridusse i servizi sociali e sanitari, imponendo sopraffazioni alle minoranze etniche. Alla vigilia di Natale, fu arrestato con sua moglie, e dopo il processo fucilati. Nel 1990 il nuovo governo ottenne l’investitura popolare con libere elezioni. Il culmine della rivoluzione in Europa centro-orientale si ebbe con LA DISTRUZIONE DEL MURO DI BERLINO (7-9 NOVEMBRE FINE ANNI 80) il muro divenne l’emblema della fine della guerra fredda, annunciando la riunificazione tedesca e la scomparsa di ogni dittatura in Europa. Nella Germania orientale il crollo del regime comunista segui la falsariga di quello cecoslovacco. A marzo si ebbe la vittoria dei cristiano-democratici, aprendo la strada alla riunificazione tedesca. In Jugoslavia dove Tito era riuscito a mantenere insieme un mosaico 24 gruppi etnici. La sua morte nel’80 si corrispose a una crisi economica, col collasso dell’URSS che favori le spinte autonomistiche delle varie repubbliche. Nel ’91 Slovenia e Croazia si proclamarono indipendenti, e in meno di un anno la federazione jugoslava venne abbandonata da Bosnia-Erzegovina e Macedonia, e per la sua disgregazione i Balcani sprofondarono in una feroce guerra etnica. 19.4 LA PARABOLA DEL COMUNISMO IN ASIA. Nel ’76 le morti del primo ministro Enlai e di Mao Zedong, aprirono una drammatica lotta per la successione, che vide la sconfitta di Deng Xiaoping. Seguendo le indicazioni di Mao li fu preferito Guofeng; nel ’78 Deng fu nominato primo ministro dopo una manifestazione sulla piazza di Tian’amen di Pechino. Deng restaurò l’autorità centrale sulla base dei quattro principi del passato (dittatura del proletariato, via socialista, ruolo guida del partito, marxismo-leninismo-maoismo). Nel dicembre del ’78 il XI Congresso del Partito comunista lancio la politica delle quattro modernizzazioni (industriale, agricola, scientifica militare). Nel giro di pochi anni la modernizzazione di Deng trasformò la Cina: il PIL raddoppio, redditi e produttività aumentarono e cominciarono ad affiorare differenze di ceto sociale. Per alcuni anni i processi economici messi in moto dalle riforme crearono inflazione e disoccupazione, seminando malumore; per settimane si consumò al vertice del potere uno scontro tra fautori e oppositori della legge marziale, il regime giudicò pericolosa qualsiasi concessione. La repressione si abbattè sulle università e numerosi studenti e professori vennero incarcerati e condannati alla fucilazione (3-4 giugno ’89 i carri armati occuparono la piazza seminando morti e feriti). Deng giudò la politica cinese anche gli anni successivi, morto nel ’97, lascio a Zemin il difficile compito di conciliare riforme e aperture per il mantenimento del potere totalitario; il Pil raddoppio rispetto all’89, la Cina divenne la seconda economia del mondo dopo gli Usa. 20. IL DOPO GUERRA FREDDA. 20.1 I NUOVI NAZIONALISMI. Almeno in Europa la fine dei regimi comunisti e dell’equilibrio bipolare produsse un aumento di Instabilità legato al risorgere di fenomeni nazionalistici. Le frontiere erano aumentate e quasi tutte corrispondevano a linee di frattura fioriere di potenziali conflitti. La fine della guerra fredda moltiplicò i punti di tensioni nel mondo. La fine del bipolarismo poneva con urgenza il problema di un nuovo ordine internazionale e di un governo mondiale delle contraddizioni degli stati. La spartizione del mondo aveva semplificato e ridotto le variabili di instabilità nel sistema delle relazioni internazionali. Ogni problema di carattere locale poteva essere ricondotto al negoziato complessivo tra due superpotenze L’indubbia liberta acquisita dal mondo con la fine della guerra fredda si tradusse cosi anche in una maggiore precarietà. L’Unione Sovietica come i paesi dell’est europeo, approfittarono dell’indebolimento del centro, e le diverse nazionalità del mosaico sovietico, reclamando l’indipendenza di Mosca. Dal 1992 la stessa Russia, dilaniata dai conflitti armati tra Abkhazia e Georgia. In Russia nel ’93 Boris Eltsin sciolse il parlamento, poi nel 2000 fu sostituito da Vladimir Putin. Il contagio nazionalista si diffuse nella EX JUGOSLAVIA (20.4) e travalicò i confini del blocco orientale. Il dittatore irakeno Saddam Hussein, conquistò il Kuwait ricco di giacimenti petroliferi, e si presentò come leader arabo dell’intera regione meridionale. Per il resto del mondo si trattò di un attentato alla sicurezza di uno stato sovrano riconosciuto dall’ONU, per scongiurare la minaccia di una concentrazione delle risorse petrolifere nelle mani di una sola persona. Per gli USA fu il primo serio banco di prova della propria capacità di gestire una crisi internazionale senza il confronto con l’Urss e la sua collaborazione. Modificando l’atteggiamento dagli Usa nel decennio precedente, Bush decise di rispettare il ruolo dell’ONU, che chiese il ritiro delle truppe irakene e il ripristino della sovranità del Kuwait. Di fonte alla sordità di Saddam Hussein L’ONU votò per un blocco commerciale e poi fissò un ultimatum. NE SEGU un’azione armata, la GUERRA DEL GOLFO che si fondò sullo sforzo militare USA, seppure con la partecipazione di reparti inglesi, francesi, italiani e sauditi. Le forze armate americane poterono contare sul retroterra fornita dall’Arabia Saudita e scatenarono un’offensiva aerea che coinvolse anche Baghdad. Il conflitto si chiuse con il ripristino dello status quo precedente all’invasione. La Guerra del Golfo, sanci la fine dell’Urss come superpotenza, 20.2 INTERNET Alle elezioni del 1992, Bush venne sconfitto da Clinton. Negli Usa con l’avvicendamento tra Bush e Clinton, che ridusse la disoccupazione al di sotto del 5%,(aumentando anche la differenza di reddito tra laureati e diplomati), l’economia ebbe successi importanti. Gli Stati Uniti divennero la terra d’elezione della nascita di Internet, la nuova rete telematica adibita ad usi civili per la trasmissione dei dati digitali. Si compi cosi la ‘rivoluzione informatica’, grazie a una rapidissima innovazione e competizione del libero mercato, con cui la tecnologia informatica divenne accessibile anche ai privati cittadini. Bit, uso del modem e miniaturizzazione dei circuiti elettronici, assieme al mercato di questi nuovi media, furono i quattro caratteri fondamentali dello sviluppo di internet. Lo sviluppo di reti orizzontali di comunicazione prive di controlli organizzativi centralizzati relegava il potere politico delle istituzioni in una posizione marginale, si svilupparono nuove industrie produttrici di Software come la Microsoft di Bill Gates. Dopo la prima rete telematica del Pentagono del ’69, attivata dalle forze armate americane per ottenere un sistema di comunicazione flessibile e capillare; nel ’91 i ricercatori del CERN di Ginevra, elaborarono i protocolli del World Wilde Web, equilibrato), la caduta del prezzo del petrolio nel ’85, mise a nudo l’incapacità dello stato di ridistribuire la ricchezza, e l’inefficienza delle aziende nazionalizzate. Per scongiurare la conquista del potere dei fondamentalisti mussulmani, intenzionati ad abolire la costituzione(introdotta nel ’89), il fronte di liberazione nazionale creò allora un Alto comitato stato che invalidò i risultati delle elezioni, bloccando il processo di democratizzazione algerina, provocando un clima di guerra civile e terrore. In Afghanistan negli anni 80 la guerriglia antisovietica aveva agito da potente richiamo internazionale per le milizie integralisti che del mondo islamico. Dopo il ritiro del contingente sovietico nel ’89 i mujaheddin (combattenti guerra santa), si batterono contro il governo afghano instaurato a Kabul dall’Armata Rossa. Dal 92-’94 i conflitti tra tribù si conclusero quando il gruppo dei taleban(studenti di religione) sostenuto dal Pakistan, prese il controllo della capitale e di buona parte del paese, instaurando un regime integralista, isolato dalla comunità internazionale anche a causa di Bin Laden, ritenuto responsabile degli attentati terroristici compiuti nel ’98 alle ambasciate statunitensi in Kenya e Tanzania. L’11 settembre del 2001 Al Qaeda, l’organizzazione di Bin Laden, si rese protagonista di un attacco terroristico, dirottando aerei di linea statunitensi facendoli schiantare contro due luoghi simbolo del potere americano: torri gemelle del World Trade Center a New York e il Pentagono a Washington. La reazione degli Usa fu condotta del presidente George W. Bush che avvalendosi di coalizioni diplomatiche che andava dai paesi arabi moderati fino a Cina, Russia, Europa, Giappone, Pakistan mussulmano. L’offensiva militare fu condotta con le truppe britanniche. Dopo due mesi di intensi bombardamenti aerei il regime dei taleban fu rovesciato, e a Kabul tornarono i mujaheddin, senza tuttavia che gli Usa fossero riusciti ad arrestare Bin Laden o ad ucciderlo ne a smantellarne del tutto la rete terroristica. 20.6 L’EUROPA DEGLI ANNI NOVANTA. Nel ’92 i paesi membri della Comunità europea, riuniti a Maastricht, sottoscrissero un accordo che prevedeva entro il ’99 la creazione di una moneta unica, impegnandosi a una progressiva armonizzazione degli indici economici nazionali (in particolare dell’inflazione e debito pubblico). Nel 2002 l’euro venne adottato da tutti i paesi dell’Europa occidentale con l’eccezione temporanea della Gran Bretagna, l’integrazione monetaria era un passo importante sulla via di una effettiva Unione europea. Nel processo di unificazione europea convivevano due impostazioni e due dinamiche diverse: la prima tendeva ad assegnare un ruolo privilegiato alle riunioni periodiche dei capi di stato e di governo, la seconda si esprimeva in parlamento(626 membri) eletto a suffragio universale dal ’79; l’Unione europea esercitava una grande forza di attrazione sul resto del continente: nel 2001 avevano chiesto di farne parte altre 13 nazioni, dai paesi dell’ex blocco sovietico alla Turchia. L’autoesclusione di Londra dalla moneta unica aveva radici antiche. Rivalità interne al partito conservatore aveva no posto fine nel 91 al governo Tatcher, sostituito da quello del conservatore Major. Le difficoltà economiche portarono ad una svalutazione della sterlina che usci nel 92 dal sistema monetario europeo. Si rafforzarono allora le correnti contrarie all’integrazione monetaria, mentre la disoccupazione alta,terrorismo indipendentista irlandese colpiva il paese.Tali fenomeni determinarono una ripresa del partito laburista di Blair che si spostò verso il centro prendendo le distanze dai sindacati e ponendo tra le priorità del proprio programma la lotta alla criminalità. In Francia dopo le misure antinflazionistiche di Mitterand, tornò al potere il gollismo con Chirac(ridusse il deficit pubblico), e nel ’97 nominò Jospin che rilanciò una sinistra più legata alle proprie tradizioni. La Germania di Kohl fece registrare importanti risultati economici. I costi di una rigida politica monetaria volta alla difesa del marco e al risanamento conti pubblici furono scaricati soprattutto sui lavoratori precari immigrati. La disoccupazione si attestò intorno al 9% e quando la situazione dell’Est europeo precipitò, il cancelliere giocò la carta dell’unificazione della Germania con l’est. Nel 1994 L’Italia alle prime elezioni tenute col sistema maggioritario, vide la vittoria dell’imprenditore televisivo Berlusconi (alleatosi con la lega nord), Il loro accordo si rivelò fragile e di breve durata, il governo Berlusconi non riusci a porre mano alla riforma del sistema pensionistico e alla privatizzazione delle industrie di stato. La sua crisi causò nuove elezioni anticipate che videro vincere il centro sinistra con Prodi (appoggiato da rifondazione comunista, PDS, verdi, partito popolare) che centrò l’obbiettivo del rispetto dei parametri macroeconomici necessari per entrare nella moneta unica europea. Ma rifondazione ritirò il suo appoggio al governo Prodi, al quale subentrarono D’Alema (PDS), Amato( ex socialista) e nel 2001 le nuove elezioni portarono di nuovo al governo Berlusconi ( Forza Italia) 21. GLOBALIZZAZIONE E INEGUAGLIANZA 21.1 MOBILITA DI MERCI E CAPITALI. L’attacco terroristico del settembre del 2001 rese evidente nel modo più compiuto e drammatico un tratto di fondo della società contemporanea: la globalizzazione. Bin Laden rivendicando la paternità, adottò come giustificazioni degli attentati la questione palestinese, la presenza di truppe statunitensi nei luoghi santi islamici. La rete degli attentatori era diffusa in larga parte sia del mondo sviluppato, sia di quello in via di sviluppo. Negli ultimi trent’anni del secolo le esportazioni e gli investimenti esteri aumentarono il prodotto mondiale; la crescita rilevante fu quella dei NICS asiatici (dal 73-’97 il mercato finanziario mondiale passo da 15 a 1.500 miliardi). Il balzo si ebbe grazie allo sviluppo dei ‘derivati’: non scambi di azione ma scommesse sulle azioni, operazioni il cui legame con l’economia reale era molto più mediato e meno vincolante; tale massa di denaro era libera di muoversi in tempo reale su ogni mercato del globo. La finanziarizzazione e l’internazionalizzazione delle compagnie multinazionali si saldavano ai processi di delocalizzazione dei posti di lavoro industriali dal nord al sud del mondo. La produzione mondiale di beni e servizi si configurò secondo una distribuzione geografica ineguale. L’informatica permise lo spostamento di capitali e informazioni in tempo reale, riducendo però la socializzazione fisica e aumentando la solitudine. 21.2 MOBILITA DI PERSONE. La fine del ‘900 portò ad una svolta storica, gli ultimi 150 anni della storia dell’umanità avevano segnato una rottura nei ritmi di accrescimento della popolazione terrestre (tra il ’50-80 la popolazione mondiale passo da 2,5 a 4,5 miliardi di persone). Dal punto di vista geografico tale rivoluzione si concentrò nel Terzo Mondo(Asia, Africa e America Latina). Il ritmo di crescita delle popolazioni povere fu tre volte superiore a quello delle popolazioni ricche (grazie alla riduzione della mortalità dovuta alla diffusione della medicina moderna). Negli anni ’80 si dovette fare i conti con l’Aids che si concentrava per il 90% nei paesi poveri(su 30 milioni di contagiati, 20 risiedevano nell’Africa sub sahariana). Nonostante ciò non si ridusse la ‘forbice’ tra nord e sud del mondo, portando a nuovi flussi migratori(oltre la grande migrazione del Novecento). Si moltiplicarono le mete di destinazione, (Usa, Canada, Australia, Europa); si svilupparono flussi migratori nuovi, dalla Cina verso il resto del mondo, verso il Golfo Persico. Un contributo significativo a tali flussi fu dato dai profughi di guerra(13 milioni di persone),inoltre sali la quota dei movimenti migratori, spesso illegali, controllati de organizzazioni criminali. I nuovi migranti furono le donne (giovani o adulte), spesso schiavizzate come prostitute dalla malavita. All’origine di tale ripresa migratoria ci fu l’urbanizzazione, nei paesi in via di sviluppo: il passaggio dalle campagne alle città fu il primo passo di una mobilita destinata a superare le frontiere nazionali. 21.3 DINAMICHE DELL’INEGUAGLIANZA. Agenzie specializzate come la FAO (food and agriculture organization) , furono create per intervenire nelle aree del mondo funestate dallo squilibrio tra crescita demografica e crescita economica(sottosviluppo). L’ineguaglianza aumentò nel XX secolo, per effetto di una distribuzione mondiale della ricchezza tra le nazioni, che seguiva una dinamica di polarizzazione più accentuata di quella della distribuzione di risorse all’interno dei singoli stati. Con gli accordi di Bretton Woods si mirò a liberalizzare gli scambi, e a un’integrazione dei paesi poveri negli equilibri bipolari della guerra fredda. Dal ’60 le Nazioni Unite adottarono strategie decennali di sviluppo destinando una quota del prodotto dei paesi ricchi all’incremento del tasso di crescita di quelli poveri. Uno dei principali risultati di tale cooperazione internazionale furono le ‘rivoluzioni verdi’ (in India, Messico, Filippine), e ne derivò un aumento della produttività agricola, che portò a superare la soglia del fabbisogno interno. Nei paesi in via di sviluppo, l’agricoltura non riusci a dare una spinta all’economia nazionale (per la rivoluzione demografica). Nel XX secolo, nei paesi in via di sviluppo una crescita esponenziale della popolazione, vanificò ogni aumento produttivo sia dell’agricoltura sia dell’industria. Alla fine ‘900 Asia,Africa,America Latina contendevano il 75% della popolazione mondiale, solo il 50% delle terre coltivabili. A fine anni ’70 il bilancio per la lotta al sottosviluppo era sconfortante, nonostante aiuti, investimenti, politiche agricole e industriali, il divario tra paesi ricchi e paesi poveri aumentò. Si ebbe una nuova stagione col rapporto Nord-Sud:un programma di sopravvivenza, realizzato nel 1980 da una commissione creata dalla Banca Mondiale e presieduta dal tedesco Brandt. 21.4 NORD E SUD. Nel ’95 venne costituita la WTO(world trade organization), in sostituzione dei cicli di accordi bilaterali precedenti. Nel WTO ogni paese membro contava per un voto, come nelle Nazioni Unite. Nel 2000 ne facevano parte 137 nazioni, altre erano in procinto di entrarvi. In tale sede si incontrarono gli interessi liberalizzatori dei paesi sviluppati e la fame di capitali finanziari delle elite dirigenti dei paesi poveri. Bisognava reperire risorse grazie ai prestiti esteri, molti paesi poveri ricorsero all’indebitamento estero; nel ’88 le nazioni che dichiararono di non poter più pagare le rate a rimborso dei prestiti finanziari contratti con paesi stranieri furono 124(l’ammontare dei rimborsi che erano costretti a pagare superava quello dei nuovi prestiti destinati a finanziare lo sviluppo). Alla fine del ’99 l’Organizzazione mondiale del commercio convocata a Seattle, conobbe uno scontro aperto tra gli Usa e un fronte guidato dal Brasile, Egitto e India: i primi chiedevano l’applicazione di standard internazionali, il secondo considerava tale richiesta una minaccia alla propria competitività internazionale. Era diffuso il pregiudizio secondo cui la fame nel mondo e le carestie fossero il frutto di una scarsità naturale delle risorse, o di calamità imprevedibili e inevitabili come: epidemie, cattivi raccolti e inondazioni. La povertà persisteva anche all’interno dei paesi sviluppati(Stati Uniti e Gran Bretagna), come fenomeno di emarginazione sociale, prodotto da disoccupazione e sottoccupazione. Mentre lo sviluppo si bloccava in Asia e in America Latina, nel continente nero, flagellato dall’Aids, regnava l’instabilità politica, con una stabile presenza di regimi militari autoritari, e una struttura della popolazione molto concentrata nel settore dei servizi.
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