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Il Novecento di A. Casadei - Riassunto, Appunti di Letteratura Italiana

Riassunto del libro di Alberto Casadei, che passa in rassegna le maggiori correnti letterarie e i principali autori di tutto il Novecento.

Tipologia: Appunti

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eccegloria
eccegloria 🇮🇹

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Scarica Il Novecento di A. Casadei - Riassunto e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! RIASSUNTI DI ITALIANO NOVECENTO 1. PERCORSI DELLA LETTERATURA NOVECENTESCA Profilo del XX secolo Non possiamo sottovalutare che durante il 20ennio fascista la libera circolazione delle idee è stata impedita o limitata, e che perciò il dibattito letterario è stato condizionato soprattutto nel rapporto intellettuali-politica. Sul versante socio-culturale, la grande influenza del filosofo Benedetto Croce fece sì che la critica accademica non si aprisse a stimoli provenienti da altri paesi europei. Bisogna anche segnalare che sotto il regime fascista rimase vivace l'interesse per il confronto letterario con le novità europee, grazie soprattutto ai gruppi riuniti intorno alle riviste fiorentine come Solaria. Un altro aspetto da tenere in considerazione è il rapporto fra la letteratura italiana nel suo insieme e le tendenze internazionali. Agli inizi del XX secolo la formazione dei nostri scrittori avviene molto spesso grazie ai contatti con i movimenti e autori attivi altrove, soprattutto a Parigi. ⤷ In generale la letteratura italiana del secolo scorso ha sofferto per la sostanziale lateralità della nostra cultura artistica rispetto ad altre, e anche per questo hanno faticato a imporsi opere di grandissimo valore. Ciò non toglie che il rapporto fra letteratura italiana e quella straniera del Novecento sia caratterizzato da una costante interazione. Caratteri fondamentali ● Interazione tra lingua nazionale e dialetti. Questa dialettica linguistico culturale dà origine in molti casi a forme di interferenza e di mescolanza che negli autori maggiori arriva a quella forma di espressionismo. La difesa dei diritti implica spesso un bilinguismo. Dalla seconda metà del secolo, però, la scelta dei dialetti risulta soprattutto difensiva, o per manifestare la nostalgia di una dimensione in via di estinzione, o per proporre un’estrema denuncia contro la massificazione e la globalizzazione. ● Divaricazione fra il destino della poesia e quello della narrativa. Mentre la prima è senz’altro dotata di una propria tradizione, che comporta un confronto diretto o indiretto con i grandi modelli, la seconda appare continuamente rinnovata e di fatto azzerata. Nell’ambito della lirica, un tratto distintivo italiano è rifarsi alla tradizione nazionale e spesso a quella europea, coniugando un linguaggio aulico o antiaulico con una dimensione di referenzialità. È difficile che il romanzo italiano svolga una funzione simile a quella che ha avuto nelle principali nazioni europee, ossia quella di porre una ricostruzione della società nel suo insieme. ● Negli anni Venti si rafforzava una tendenza antinovecentesca (dallo stile semplice), cioè ostile ai caratteri sperimentali tipici del primo Novecento, che trovava il suo punto di riferimento nel canzoniere di Umberto Saba. Dalla fine degli anni Cinquanta è di nuovo la sperimentazione a costituire la linea dominante nella nostra poesia. 2. TRA MODERNISMI E AVANGUARDIE 1900-1919 Quando comincia il Novecento italiano? Svolte significative sono le date di pubblicazione di testi particolarmente di rilievo. Nel 1903 escono due opere che chiudono la fase pienamente ottocentesca della nostra lirica: i Canti di Castelvecchio di Pascoli e l’Alcyone di D’annunzio (che vengono poi consacrati come i più autorevoli lirici dopo Carducci). ↓ Nei Canti di Castelvecchio, Pascoli narrativizza l’impressionismo di fondo delle Myricae e aumenta la nomenclatura di oggetti, caricati di complessi valori simbolici; nell’Alcyone invece D’annunzio porta a compimento le sue elaborazioni sul mito moderno. ● L’attraversamento del modello dannunziano, inizia a ridosso del 1903, quando cominciano le raccolte dei poeti crepuscolari. Questi ultimi si rifanno a modelli tardo realistici italiani e simbolisti franco-belgi, nei quali si fondevano malinconia e consapevolezza della marginalità della poesia nelle società borghesi. Non si configura come una tendenza trasgressiva e di rottura. ● Invece esplodono a inizio secolo le cosiddette avanguardie, movimenti artistici che intendono rompere definitivamente con le forme più tradizionali. ⟶ A Parigi, centro delle avanguardie, operavano numerosi letterati che cominciavano a intersecare scrittura e grafica (Apollinaire). ⤷ Tra i maggiori movimenti di avanguardia va ricordato l’espressionismo, caratterizzato da una voluta deformazione dei codici espressivi e dei soggetti delle varie arti, e sviluppatosi soprattutto in Germania e nei paesi di lingua tedesca a partire dal 1905. ⤷ Considerevoli furono i risultati ottenuti da altri scrittori sperimentali italiani più vicini al movimento espressionista ma senza propensione spiccatamente trasgressiva, i vociani. ⤷ Il futurismo è un’avanguardia dai tratti fortemente aggressivi e tecnologici che ebbe successo legandosi spesso a movimenti politici rivoluzionari. Il futurismo raggiunse una diffusione capillare in Italia, ma non ebbe in letteratura risultati di grande valore. Nell’ambito della critica più autorevole si andava affermando il dominio del filosofo neoidealista Benedetto Croce, che pubblicò nel 1902 una sua monumentale Estetica, dalla quale derivarono varie conseguenze per la valutazione delle opere letterarie (fra le principali conseguenze la distinzione fra poesia e non poesia). ↓ La subordinazione della prosa alla lirica non implica comunque un totale rifiuto del romanzo. Innanzitutto va considerata la prosecuzione dei filoni inaugurati a fine Ottocento. In questo contesto risultava abbastanza difficile l’elaborazione di una prosa sperimentale o quanto meno originale. Va ricordato il caso isolato di Pirandello, autore di diverse opere ascrivibili al filone verista, ma che esce da questi limiti con l’opera Il fu Mattia Pascal: singolare storia di un cambio d’identità, in cui la riflessione dei limiti dell’io e sulla crisi dell’individuo in quanto istituzione anagrafico-borghese si coniuga con la riscoperta di un filone narrativo di tipo umoristico. I temi affrontati dall’autore rimasero alcuni di quelli più essenziali nella cultura primonovecentesca. L’opera di Pirandello rimase per un periodo ai margini; tuttavia, ora riconosciamo nel suo modo di affrontare temi tipici del disagio sociale e psicologico, gli stessi oggetto delle analisi di Freud e della nascente psicoanalisi, un’apertura coraggiosa che rendono la narrativa e la drammaturgia pirandelliana esempi del modernismo europeo che trova in autori come Joyce, Eliot o Woolf dei significativi esponenti. * Sul versante teatrale, il vertice di produzione sperimentale viene toccato nel 1921 da Pirandello con i Sei personaggi in cerca d’autore. I modernismi evitarono di giungere a rotture radicali con la tradizione e proposero sperimentalismi mai fini a se stessi. In Italia le forme di modernismo si intrecciarono con una forte rivisitazione della tradizione. La fine di questa stagione varia e ricca di fermenti può essere indicata in un lasso di tempo relativamente ampio. La prima guerra mondiale costituì un limite e insieme un banco di prova per molte avanguardie, prima fra tutte il futurismo che sostenne la lotta fra le nazioni europee e appoggiò il movimento fascista nel primo dopoguerra. Opposta fu la reazione vociano-espressionista: i poeti rifiutarono completamente il massacro bellico, proponendo opere intensamente autobiografiche. ↓ Si colloca qui l’opera più innovativa nel panorama della lirica fino agli anni Dieci: Allegria di naufragi di Ungaretti. In questa raccolta giungono a un limite estremo l’attenzione alla parola pura, assoluta, di discendenza mallarmeana, sia la disgregazione metrico-sintattica, praticata da Apollinaire e dai futuristi, qua motivata dalla necessità di rappresentare una realtà in frantumi come quella sperimentata dal soldato Ungaretti. Con i primi anni Venti si conclude una fase sperimentale della nostra letteratura, che non fu più dominante, sia per esaurimento interno, sia per i vincoli imposti dal fascismo. Cominciò ad affermarsi una volontà di ritorno all’ordine. 👤 Poco vistose sono le tracce espressioniste-vociane nel ligure Camillo Sbarbaro che pubblicò Pianissimo (1914). Il dettato dei suoi versi risulta privo di punte oltranziste, ed è segnato da una nettezza classica, che conferisce perentorietà ed efficacia. Pianissimo presenta numerosi testi rivolti a un interlocutore oppure al poeta stesso: ciò sottolinea la volontà di manifestare le riflessioni interiori, spesso scaturite da eventi occasionali. Lo scavo etico contraddistingue i testi di Sbarbaro che trova in Leopardi il modello prediletto. 👤 Giuseppe Ungaretti si colloca nel campo delle sperimentazioni avanguardistiche. Egli visse a lungo ad Alessandria d’Egitto e poi studiò a Parigi entrando in contatto con molti esponenti delle avanguardie, in particolare Guillaume Apollinaire. Nella sua formazione interagiscono interessi letterari, ma anche politici che indussero il giovane a partecipare alla prima guerra mondiale: esperienza traumatica e definitiva spinta alla scrittura poetica. Al termine del conflitto strinse rapporti sempre più forti con l’ambiente fiorentino e poi quello romano, dove si trasferì aderendo al fascismo. ⟶ Fece sue molte istanze fasciste e cattoliche, riadattando nei suoi versi una mitologia di forte impronta nazionalistica e religiosa e usando una metrica canonica con immagini cariche di simbolismo. Successivamente continuò ad allargare la sua conoscenza dei classici italiani e stranieri, grazie anche a numerosi viaggi all’estero e a un’intensa opera di traduttore. L’allegria: è il libro poetico più rilevante della fase primo-novecentesca. La sua gestazione fu elaborata: al nucleo costitutivo del Porto sepolto (1916) si aggiunsero varie sezioni nell’edizione uscita a Firenze col titolo di Allegria di naufragi, che sarà sottoposta a numerose varianti nel 1931, assumendo il titolo definitivo L’allegria. Alla poesia viene riassegnata un’alta funzione, di ascendenza simbolista, lontana dall’ironia e malinconia crepuscolare, quanto dall’oltranzismo vitalistico futurista benché componenti futuriste agiscano in Ungaretti. ⟶ Viene riaffermato il valore simbolico e salvifico della parola poetica: molto spesso la versificazione fa coincidere un singolo vocabolo con un verso. La frantumazione della metrica tradizionale, ridotta a versicoli, mira a ridare autonomia agli aspetti fonico-sintattici. La compattezza del Porto sepolto viene in parte persa con Allegria di naufragi, in cui Ungaretti accentua l’uso dell’analogia e delle metafore ardite, eliminando spesso elementi troppo cronachistici e lasciando spesso le parole isolate. La sintassi è semplificata al massimo. ⤷ Sebbene l’antecedente sia da trovare nelle idee futuriste, il risultato appare diverso essendo lo scopo quello di ridare un senso forte all’esperienza di un singolo individuo, poeta-soldato sofferente e insieme poeta-evocatore creatore di immagini dalla metaforicità ardita e sublime. La ricerca di un segreto parte dall’ansia di giustificare un trauma personale, che porta l’io-poeta a chiedersi quale sia il suo rapporto con Dio o quale può essere il luogo in grado di ridargli pace. Il sentimento del tempo: Ungaretti tende a ridurre gli oltranzismi e a riportare molti versi a una scansione più piana. Il poeta ha compiuto una parabola esistenziale che gli ha fatto riscoprire l’importanza della tradizione letteraria italiana ed europea. La poesia assume un valore sublime in sé e tende a creare miti e metafore preziose. Anche la metrica viene ricondotta a misure consuete, mentre il lessico risulta depurato. Il sentimento appare come la prosecuzione di alcune linee di forza dell’Allegria, ma si nota la perdita della dimensione esistenziale-tragica e di quella sperimentale. Molto forte è la dimensione biologizzante (uso di metafore a contenuto negativo che rinviano alla malattia), non solo per il confronto diretto con miti antichi, ma anche per la presenza di figure che rappresentano in modo mediato la condizione del poeta. Altre opere: nelle opere successive Ungaretti mantiene un tono in genere retoricamente elevato, sebbene tornino a volte in primo piano i drammi personali. Tutti i componenti vengono a formare un intero canzoniere, intitolato Vita d’un uomo. ➔Narrativa Rispetto alla poesia, il quadro della narrativa appare molto più vario e privo di linee preminenti. Ciò corrisponde a una situazione di fatto: la narrativa ha una tradizione meno forte e antica rispetto alla lirica e dominata a lungo dal modello affermatosi non solo per il valore, ma anche per ragioni linguistico-politiche, I promessi sposi. Nel primo Novecento continuano a occupare la scena narrativa autori come D’annunzio a Fogazzaro, mentre si fanno notare scrittori adatti a un’editoria che tenda a espandersi grazie all’ampliamento della scolarizzazione, Edmondo De Amicis. Fra i testi più significativi vanno ricordati quelli di Pirandello che dal 1904 si propone come sperimentatore. Prosatori: autori che hanno privilegiato la prosa di carattere espressionista. In generale gli scrittori espressionisti, e in particolare quelli legati alla rivista La Voce, hanno impiegato il frammento o il poema in prosa, ovvero una prosa di tipo lirico. Viceversa Enrico Pea usa il vernacolo in funzione antidillica, mentre Lorenzo Viani impiega toni grotteschi per descrivere vite di emarginati. 👤 In Federigo Tozzi notiamo che di grande efficacia è soprattutto la resa narrativa, basata su un accostamento di rapidi quadri, spesso caratterizzati da punti di vista diversi, a volte deformanti, tanto che i particolari appaiono dilatati, mentre il normale flusso temporale risulta sconnesso. Questi aspetti sottolineano la dimensione psicologica del racconto. ➔ Teatro Il teatro italiano nei primi anni del Novecento risulta ancora legato a schemi realistico-veristi. Proprio nel 1900 viene rappresentata l’opera di Giuseppe Giacosa, un drammaturgo borghese interessante ma non innovativo sul piano della tecnica. Continua il successo del melodramma, che trova in Giacomo Puccini un autore di raffinata sensibilità melodica. Non va dimenticato il successo del teatro dannunziano. Un tentativo di innovazione violenta si ebbe con il futurismo. 👤 Luigi Pirandello nasce ad Agrigento e studia tra Palermo e Roma. A partire dall’inizio del Novecento concentra la sua riflessione su temi essenziali del suo tempo, come il rapporto tra arte e scienza e poi a poetiche eccentriche come quella dell’umorismo. Esordi: dopo varie prove poetiche iniziò a scrivere novelle e romanzi. In queste opere, dietro l’apparente oggettività tardo verista, si colgono già aspetti sintomatici della poetica pirandelliana, come l’impossibilità di stabilire verità oggettive o la necessità di cogliere i lati nascosti delle varie personalità, superando apparenze e finzioni. Le sue novelle fanno emergere l’assurdità dei comportamenti dei singoli e dell’esistenza stessa, come La carriola o Ciaula scopre la luna. Il fu Mattia Pascal è l’opera con cui abbandona le strutture naturaliste-veriste, per sperimentare intrecci inconsueti che devono qualcosa alla narrativa umoristica, che permette di porre in evidenza alcuni temi fondamentali. ● Il primo è quello del contrasto tra la vita e la forma che il singolo individuo è costretto ad assumere, in primo luogo a causa delle convenzioni sociali. ⟶ Avvicinandosi alla psicanalisi gioca sull’inconscio e sulla possibilità di liberarlo dalle repressioni morali e sociali. ● Il confronto tra persona coerente e compiuta e il ruolo del personaggio che si assume nella società. Il relativismo viene indicato come la condizione tipica dell’uomo moderno. ● Il rifiuto della concezione realistico-naturalista costituisce l’elemento più rilevante del romanzo Il fu Mattia Pascal: la scomposizione del personaggio proseguirà nella principale narrativa pirandelliana e diventerà essenziale anche nella fase più innovativa del teatro. I romanzi successivi: approfondisce vari aspetti della sua poetica. In Si gira tratta del rapporto uomo/macchina: si colgono vari spunti adatti al teatro, soprattutto riguardo allo scambio fra realtà e finzione, mentre la riflessione sull’onnipotenza delle macchine approfondisce quella sulle forme che alienano la vita. In Uno, nessuno e centomila si pone in primo piano il tema della mancanza di identità e dell’antirazionalismo. La produzione drammaturgica: Pirandello approfondisce la costruzione del personaggio teatrale, che può incarnare le riflessioni dell’autore, in particolare riguardo alla funzione dell’umorismo, dissacrante nei confronti delle forme e delle convenzioni sociali. L’ambientazione borghese lascia il posto a situazioni allucinate e grottesche, in cui non si distingue il vero dal falso. Comincia a ripetere alcuni dei suoi temi e tecniche più collaudate generando il pirandellismo d’autore, per poi tornare su aspetti mitologico-simbolici, come I giganti della montagna dai risvolti surrealisti. Sei personaggi in cerca d’autore è un dramma rivoluzionario: non solo viene riutilizzato l’espediente del teatro nel teatro, ma l’intera azione riguarda poi la stessa natura della finzione teatrale, su cui il testo stesso riflette, proponendo aspetti metateatrali che saranno ripresi da molti autori d’avanguardia. L’individuo non solo appare scomposto, ma si giunge a decretare il rovesciamento del rapporto fra realtà e finzione. ➔ Critica La critica vide instaurarsi progressivamente il predominio del filosofo Benedetto Croce, il quale teorizzò nella sua Estetica (1902) che l’arte doveva rimanere autonoma da qualsiasi finalità pratica, nella letteratura si doveva ricercare la liricità in senso assoluto, cosicché lo scopo della critica doveva essere quello di individuare i momenti di autentica poesia di un’opera, cioè sintesi perfetta tra intuizione e espressione. Le posizioni crociane furono sempre accolte, anche per il prestigio personale del filosofo che divenne fra l’altro un punto di riferimento per la cultura antifascista. Al di fuori dell’accademia, fra gli interlocutori di Croce si contano vari letterati impegnati in riviste militanti, come gli animatori della Voce. In particolare uno dei direttori, Giuseppe Prezzolini, si avvicinò alle teorie crociane che si potevano coniugare con la propensione al frammentismo tipica dei vociani. All’interno dei vociani si trovano anche voci differenti, Renato Serra che cercava di ricostruire la personalità dei nuovi autori (tornando all’ideale ottocentesco di coniugare uomo e opera). Si mise in luce anche Giuseppe De Robertis, sostenitore dei giovani poeti. Nonostante la breve durata queste riviste contribuirono ad ampliare il dibattito intellettuale. ⟶ Cominciò a prevalere la tendenza all’ordine che ebbe inizio in ambito culturale e poi in quello politico-sociale. 3. RILETTURE DELLA TRADIZIONE 1920-1945 Dopo la fine della prima guerra mondiale, la forza delle avanguardie diminuì. Tuttavia la fase delle sperimentazioni non terminò: essa diede alcuni dei risultati più importanti. In Italia l’avvento del fascismo condiziona il dibattito culturale. I margini per una libera espressione delle opinioni politiche si annullarono dal 1925. Pochi furono i punti di riferimento antifascisti (Benedetto Croce), mentre molti autori aderirono (D’annunzio, Pirandello, Ungaretti). Solo dopo la caduta di Mussolini e l’armistizio gli antifascisti possono tornare a esprimere le loro opinioni. Modernismo: i cui maggiori esponenti furono Eliot e Joyce. I modernisti non miravano solo alla novità, ma tendevano a ricostruire un rapporto con la tradizione, sentita non come un patrimonio stabile e rassicurante, ma come un grande repertorio da riacquisire e da cui estrarre i materiali adatti per sostenere la frammentarietà del presente. ⟶ Per far sì che la tradizione sia recuperata bisogna reinterpretarla. La sperimentazione si colloca nell’ambito di un rapporto con la tradizione. Surrealismo: fu l’unica nuova avanguardia iniziata a Parigi nel 1924 con la pubblicazione di un Manifesto. Il surrealismo non partiva dalla polemica contro le istituzioni artistiche o contro la riduzione dell’arte a oggetto di mercato, piuttosto prendeva spunto dalle teorie psicanalitiche di Freud e Jung per dare spazio a tutti gli ambiti della creatività, derivati dall’inconscio e non dalla razionalità. I risultati maggiori vennero dall’incrocio tra opere letterarie e pittoriche o cinematografiche. Meno chiara è la situazione della narrativa. Torna la volontà di una narrazione diretta: essa venne messa in pratica da Moravia, Vittorini, Bilenchi. Pochi sapranno dimostrare però un’effettiva originalità, in primis Svevo e Gadda che emergono con il loro plurilinguismo negli anni Trenta. L’editoria di messa privilegia i testi dalla trame ricche di suggestioni emotive o erotiche e privi di allusioni alla concreta realtà italiana. Solo con il 1943 si introdurrà un nuovo filone realistico. ➔ Poesia La prima vera novità è la rivalutazione delle forme canoniche da parte della rivista romana La Ronda. Fra i principali promotori Emilio Cecchi (interprete delle novità letterarie italiane e saggista), Riccardo Bacchelli (autore di drammi di ispirazione classica) e Vincenzo Cardarelli che cercava un nuovo classicismo a doppio fondo ovvero tale da nascondere un vuoto esistenziale con un’esteriorità perfetta. Dagli ideali della rivista si distaccano varie correnti letterarie successive. ⟶ La Ronda fu un punto di riferimento per molte delle poetiche che si svilupparono tra gli anni Venti e Trenta. Satura: dopo un periodo di silenzio poetico, Montale ricomincia a scrivere a partire dal 1963. Satura è un libro molto diverso dai precedenti. È una sorta di rovesciamento ironico e a volte apertamente parodico dei suoi temi antecedenti. La prosa acquista il sopravvento sulla lirica, e l’io poeta si riserva in genere il ruolo di ironico esaminatore delle storture sociali, oppure pseudo-filosofo e dissacrante teologo: non mancano le frecciate contro altri poeti o contro gli stessi critici del poeta. L’impossibilità di una poesia alta nell’epoca della massificazione risulta ribadita e i temi diventano moralistico-sociologici: perdita dell’identità individuale, falsità delle convenzioni. ⟶Assurdità della società di massa. Altre opere: Montale fu anche un critico intelligente, capace di individuare valori sconosciuti, come quelli di Saba e Svevo. Fu inoltre un critico musicale e d’arte. Vanno segnalati anche gli scritti in prosa narrativa, una prosa molto vicina a quella raffinata degli anni trenta. ➔ Poesia Poco dopo la fine della prima guerra mondiale emersero delle linee in parte contrastanti. ● La prima linea è sostenuta dal critico Giuseppe Borgese, che nella sua opera tenta di interpretare il comportamento degli italiani nel periodo bellico e post bellico attraverso quello di un giovane moralmente disorientato. Il suo antifascismo si coniugava con la ricerca di un nuovo tipo di realismo, ovvero di una narrazione che ponesse in primo piano l’interpretazione della realtà storica e psicologica profonda dei personaggi. ⟶ Il caso più clamoroso di romanzo realistico e soprattutto umoristico-sperimentale è quello del triestino Italo Svevo, mentre l’esito più alto della linea fondata su una scrittura raffinata e complessa fu raggiunto da Emilio Gadda. ● La seconda è promossa dalla rivista La Ronda e puntava a una prosa d’arte, che prendeva spunto dal frammentismo e dal saggismo raffinato diffuso dalla Voce (Cardarelli, Bacchelli). La prosa d’arte (narrativa raffinata, idrica e in genere breve) trova a Firenze la sua patria (Loria, Comisso, Banti, Bilenchi). ⟶ Si differenziano dal filone della prosa d’arte privilegiando un’idea di realismo magico autori come Bontempelli. Legati al surrealismo sono i testi di Alberto Savinio, Antonio Delfini e Dino Buzzati. ⟶ L’autore che meglio sintetizza sia le tendenze a una scrittura colta e spesso manierista, sia quelle alla ricerca di temi singolari, tra fantastico e surreale è Tommaso Landolfi. ● Assieme ai filoni analizzati negli anni Trenta si sviluppa un terzo tipo di realismo legato alla volontà di documentare la vita italiana, a volte con finalità polemiche nei confronti del regime fascista. Non mancano romanzi o racconti al confine tra lirismo e descrizione oggettiva, è il caso del romanzo breve Gente in Aspromonte di Corrado Alvaro. ● Tra realismo e decadentismo si muovono i racconti di Sodoma e Gomorra dello scrittore Curzio Malaparte. Più improntati a una volontà di documentazione sono alcuni testi che godettero ampia fortuna tra gli antifascisti: Fontamara di Ignazio Silone (esiliato in Svizzera) e Tre operai di Carlo Bernari. In questa fase pubblicarono le loro prime opere Alberto Moravia e Elio Vittorini. ➔ Teatro e cinema Le novità teatrali del periodo fascista sono piuttosto limitate: mentre prosegue fino al 1936 la parabola di Pirandello e il melodramma stenta a rinnovarsi, vengono proposti o drammi tra il grottesco e il surreale o rivisitazioni del filone regionalistico. In questo ambito si colloca l’opera del napoletano Eduardo De Filippo, Natale in casa Cupiello). Una possibilità più ampia di rappresentazione storica fu data a De Filippo dalla fine del regime. Il cinema venne impiegato dal regime come strumento di propaganda, puntando a valorizzare attori e registi italiani da contrapporre a quelli stranieri. 👤 Italo Svevo è nato nel 1861 a Trieste da una famiglia di ascendenza ebraica. Il padre lo avviò agli studi tecnici e presto dovette impiegarsi in una banca, tuttavia continuò a coltivare la passione per la letteratura e per il teatro. Trieste era ancora sotto il dominio asburgico, influenzata dalla cultura mitteleuropea, però marginale rispetto ai più autorevoli centri culturali italiani. Si interessò alla politica a alla filosofia. Iniziò a pubblicare recensioni e racconti, tra cui Una lotta in cui spicca un tema tipicamente sveviano: la sconfitta degli eccentrici nella lotta darwiniana per sopravanzare nella vita. Nonostante i contrasti familiari continua a scrivere e pubblicare, ma l’ulteriore insuccesso e il cambiamento lavorativo lo spinsero ad allontanarsi dalla letteratura. Dal 1906 cominciò a studiare inglese con James Joyce ed entrò in contatto con le teorie di Sigmund Freud. A partire dal 1919 inizia la stesura del suo capolavoro, La coscienza di Zeno, edita nel 1923. Grazie a Joyce, l’opera ottenne grandi riscontri a Parigi e fu valutata positivamente anche in Italia, grazie a intellettuali come Montale, Bobi Bazlen e Debenedetti. Quando la sua fama stava crescendo morì in un incidente stradale nel 1928. Una vita: edito a Trieste nel 1892. Il titolo provvisorio, Un inetto, già spiega il carattere del protagonista: come molti personaggi della narrativa di fine ottocento Alfonso Nitti è un individuo modesto, incapace di portare a compimento i suoi sogni. Non mancano gli influssi di autori come Stendhal, Flaubert, Zola e Dostoevskij. L’inettitudine radicale di Alfonso pare un’applicazione delle teorie darwiniane che lo vedrebbero dalla parte dei deboli, destinati a soccombere nonostante le loro doti. La scelta finale del suicidio sembra portare alle estreme conseguenze la posizione di Schopenhauer sulla necessità di sopire la volontà e di continuare a esistere. Senilità: esce nel 1898. Si coglie una più raffinata capacità di introspezione psicologica. Notiamo una chiara contrapposizione tra i deboli-sognatori e i forti-realisti darwinianamente molto più adatti alla vita. C’è un grande uso del discorso indiretto libero che permette di cogliere pensieri e impressioni del protagonista. Emerge un altro aspetto, già annunciato in Una Vita: l’inaffidabilità delle affermazioni del protagonista, che spesso si scopre travestire le sue vicende secondo una prospettiva falsificante o sviante. La coscienza di Zeno: dopo l’insuccesso di Senilità, Svevo decide di abbandonare la scrittura in quanto attività pubblica. Dal 1899 al 1923 continua a elaborare saggi e compone racconti e testi teatrali. Si interessa alla letteratura anglosassone contemporanea e settecentesca (Swift e Sterne). Viene messa in pratica la tecnica umoristica, presente già in Pirandello. Fondamentali per la stesura furono le teorie freudiane che vengono intrecciate alle teorie evoluzionistiche. ⟶ Il risultato è un personaggio nuovo per quanto riguarda il panorama italiano. Il racconto non segue un percorso lineare, procede in apparenza a caso. Zeno è un personaggio nevrotico e mentitore, non è solo un inetto: la sua stravaganza lo porta a interpretare la realtà psichica e storico-naturale secondo coordinate scientifiche e stralunate. Zeno è il pazzo-comico che interpreta bene i lati oscuri del reale. Gli manca la certezza di un destino, tipica dei personaggi ottocenteschi. Altre opere: dal 1924-25 iniziarono ad arrivare riconoscimenti. Svevo pubblica e revisiona molti racconti e testi teatrali approntati in precedenza e ne prepara di nuovi. Nel dramma La rigenerazione affronta uno dei temi più battuti dall’ultimo Svevo, quello dell’invecchiamento e della sua giustificazione in una prospettiva biologico-darwiniana. Questi ultimi tentativi presentano ulteriori doppi o controfigure dell’autore che continua sino all’ultimo a scrivere una sorta di ironica autobiografia per personaggi interposti. 👤 Carlo Emilio Gadda nasce nel 1893. Allo scoppio della prima guerra mondiale si arruolò come ufficiale volontario, ma venne fatto prigioniero dopo la sconfitta di Caporetto. Durante il periodo bellico tenne un Giornale. Pur essendo costretto a svolgere l’attività di ingegnere, iniziò negli anni Venti a scrivere abbozzi di romanzi e trattati, pubblicati solo postumi. Vanno ricordati Racconto italiano di ignoto del Novecento e La meccanica in cui sono presenti molte riflessioni sulle caratteristiche che deve avere il romanzo moderno in rapporto alla tradizione. ⤷ Una riflessione che inizia in questo periodo è quella relativa ai rapporti tra vari registri linguistici, da quello aulico-tradizionale a quello tecnico-scientifico a quelli dialettali e gergali. ⤷ Emergono i nuclei narrativi che verranno ripetuti ossessivamente: persona moralmente retta ma incapace di difendersi emarginata dalla società; donna casta o impura uccisa violentemente; comportamenti della società in periodi di profonda crisi, come una guerra o un dopoguerra all’insegna della violenza. Nel 1931 esce la prima raccolta Il castello di Udine, accompagnata nella versione originaria da una premessa poetica e da un fitto apparato di note, tra l’erudito e il comico. I buoni riscontri e l’ammirazione all’interno del gruppo legato alla rivista Solaria non consentono a Gadda di abbandonare il lavoro di ingegnere, che lo porta a collaborare con il Vaticano e a conoscere l’ambiente romano. Nel 1936 muore la madre ed è costretto a prendere dolorose decisioni, che aumentano i suoi sensi di colpa e la sua nevrosi. Poco dopo comincia a scrivere romanzi maggiori. La cognizione del dolore: pubblicata in parte sulla rivista fiorentina Letteratura tra il 1938 e il 1941, poi in volume nel 1963 e con ampliamenti nel 1970. Mette in evidenza non solo alcuni dei temi più forti di Gadda, ma anche la sua difficoltà a chiudere definitivamente le opere, tanto che quasi tutte le più lunghe restano allo stadio di abbozzi o comunque incompiute e ciò implica per la critica il bisogno di interpretare i finali. La trama non è più il punto essenziale di un romanzo, che invece vive soprattutto della sua capacità conoscitiva, ovvero della possibilità a esso connaturata di interpretare il mondo attraverso il linguaggio. ⟶ La mescolanza delle lingue e degli stili è l’unico modo di riuscire a rappresentare la complessità (baroccaggine) del mondo. La cognizione si apre nel fantastico paese sudamericano del Maradagàl, simile alla Brianza, in cui imperversano reduci di guerra che mai hanno visto il fronte e il protagonista, ingegnere che vive in una villa disabitata con la vecchia madre, deve subire angherie e minacce di ogni tipo, diventando ancora più nevrotico. La conclusione è tragica: la madre viene trovata agonizzante, forse a causa di un’aggressione di estranei o del figlio. La stravaganza nevrotica di Gonzalo non è dovuta solo alla complessità del legame filiale, ma anche all’incapacità di adattarsi all’imperfezione del mondo: del suo male oscuro si continua a ignorare le cause in quanto molteplici e lo accompagna per tutta la vita. Quer pasticciaccio brutto de via Merulana: edito parzialmente sulla rivista Letteratura nel 1946 e poi in volume nel 1957. Il testo si presenta in forma di giallo, incentrato su com’è avvenuto un delitto a Roma in pieno regime fascista. La vittima è una donna in apparenza proba, ma figlia di uno dei tanti profittatori di guerra. Il commissario Ciccio viene incaricato delle indagini: si conferma una delle stravaganti teorie del singolare detective: le catastrofi sono il frutto di una molteplicità di cause convergenti. ⟶ Il giallo, più che puntare alla scoperta degli indizi e delle spiegazioni, procede per deviazioni, piste sbagliate. Domina qui una narrazione più consequenziale, che procede alternando il romanesco popolare a molti linguaggi e gerghi. Gadda concretizza la sua abilità polemico-satirica contro un obiettivo preciso: il fascismo. Altre opere: dopo la prima stesura del Pasticciaccio, Gadda comincia a rimaneggiare le sua opere, facendole spesso uscire in forma di lunghi frammenti. Nel 1955 decide di rivelare un altro dei suoi tragici trascorsi esistenziali: si colgono non solo alcuni dei motivi del risentimento contro gli opportunisti e i profittatori di guerra, ma pure le tracce della sua forma mentis, tendenzialmente portata all’elaborazione idealistica di un mondo perfetto, poi distrutto dal lassismo morale e del pressapochismo dei più. Va ricordato il saggio umorale e parapsicalalitico Eros e Priapo in cui scatena la sua virulenta satira contro Mussolini. ➔ Critica Sebbene il regime fascista condizionasse il dibattito culturale, rimanevano ridottissimi i margini per una discussione, purché limitata a temi privi di ricadute politiche. A livello filosofico-politico in posizione contrapposta a Benedetto Croce si schierò Giovanni Gentile (di formazione idealista, sostenitore del valore assoluto dello Stato). Avversari del fascismo furono Pietro Gobetti e Antonio Gramsci. Nonostante le restrizioni, numerose furono le riviste letterarie attive sotto il fascismo: Solaria, Letteratura, 900. Grazie all’appoggio del regime si rafforzarono la cultura popolare e quella di massa, il mezzo di comunicazione più diffuso e efficace diventò la radio. Vanno ricordate anche le nuove collane di testi a grande tiratura: gialli, neri, rosa. Aumentano in questa fase gli studiosi di solida formazione che si occupano anche di letteratura contemporanea: il più celebre Gianfranco Contini, tra i primi interpreti di autori come Gadda e Montale, ma anche editore e commentatore di classici. Al suo fianco va ricordato il critico d’arte Roberto Longhi. Sebbene i risultati della critica praticata da Contini siano largamente riconosciuti non va taciuto il lavoro filologico ed erudito che spesso ha consentito quei risultati. La rivista Officina: i presupposti della rivista sono quelli di un rifiuto non solo dell’ermetismo, ma anche del neorealismo, almeno nella sua versione più dogmatica da un punto di vista ideologico-politico. Viene invocato un nuovo sperimentalismo che deve unire una stilizzazione aperta, memore del modello plurinquisito di Dante, e una lettura della società sulla scorta del pensiero di Gramsci. Viene quindi recuperata la tradizione italiana dell’espressionismo, in funzione antinovecentesca, cioè contro il simbolismo chiuso e artificioso: non senza contraddizioni, vengono rivalutati Saba, Caproni e i poeti dello stile semplice. A questo sperimentalismo si accostano molti altri autori, fra cui Sanguineti. ➔Narrativa Nel secondo dopoguerra la narrativa riceve un forte impulso, anche se la prima risposta a un'esigenza di realismo venne dal cinema, grazie a registi come Roberto Rossellini, Luchino Visconti e Vittorio de Sica. Al modello cinematografico si ispirarono molti degli scrittori realisti o neorealisti di questa fase, soprattutto per ottenere un taglio narrativo scorciato o un taglio di scene più veloce rispetto ai grandi romanzi ottocenteschi. ⟶ Testi scritti per offrire una testimonianza. L’aspetto della traducibilità cinematografica di un romanzo diventa sempre più importante. La fine del fascismo favorì la nascita di un’editoria vivace promossa da intellettuali di varia formazione, molto spesso schierati con le sinistre ma con posizioni autonome. Esemplare fu la vicenda della casa Einaudi che coinvolse filosofi, storici e letterati fra cui Vittorini, Pavese, Calvino. Comincia a farsi largo una narrativa che interpreta la realtà italiana attraverso personaggi semplici, bonari o comici, incarnazione dei vizi del cittadino medio. 👤 Alberto Moravia: di origini ebraiche nasce a Roma nel 1907. A causa di una grave tubercolosi fu costretto a periodi di isolamento durante cui sviluppò la sua passione per la scrittura. Nel 1929 pubblica Gli indifferenti. Si tratta di un’opera con un realismo singolare, senza storia. Protagonista, passivo, è Michele, la cui madre è l’amante di un profittatore. Il messaggio che vuole passare Moravia è che la borghesia è ormai priva di valori e i giovani si adattano, disposti ai compromessi perché indifferenti a tutto. Moravia si rivela un attento interprete dell’interiore piuttosto che un realista. Negli anni successivi continua a pubblicare, nonostante le leggi razziali. Dopo aver sposato Elsa Morante nel 1941 pubblica un altro capolavoro, Agostino: storia di un ragazzino che viene iniziato da ragazzi popolari alla vita concreta e al sesso (non nasconde le implicazioni psicanalitiche, soprattutto nel rapporto con la madre). Negli anni Sessanta la fama di Moravia è alta e sancita dalla sempre più frequente trasposizione cinematografica. Proprio allora sente la necessità di rinnovarsi: analizza il vuoto esistenziale e morale della borghesia. Si evidenzia un crescente pessimismo, oltre che una sfiducia nella possibilità di un cambiamento esclusivamente politico del sociale. 👤 Elio Vittorini: la sua attività inizia durante il ventennio fascista. Tra il 1938-39 pubblica Conversazione in Sicilia: romanzo a sfondo allegorico-simbolico in cui attua una riflessione sul proprio ruolo politico e sulla condizione dell’Italia intera. Vittorini sente subito la necessità di trovare nuove forme di impegno nel dopoguerra, sia ricordando la battaglia della resistenza sua promuovendo una rivista progressista ma non rigidamente di sinistra. Lo scrittore sostiene i giovani autori, perseguendo un rinnovamento sia nei modelli (privilegiando quelli statunitensi), sia nei temi con attenzione alle nuove tecnologie. 👤 Cesare Pavese nasce nel 1908 nelle Langhe e si forma a Torino, entrando presto in contatto con giovani intellettuali ostili o poco affini al fascismo, riunitisi intorno a Giulio Einaudi. Il suo primo interesse fu per la letteratura angloamericana. Nelle sue prima prove si colgono subito gli effetti della cultura americana (verso lungo di Walt Whitman). Subisce due anni di confino per sospetto antifascismo e peggiora la sua malattia, tanto da lasciarlo in uno stato depressivo. Durante la guerra si apparta nel Monferrato, mentre nel dopoguerra aderisce al partito comunista e rafforza la collaborazione con Einaudi: i suoi interessi, più che politici, sono mitologici e antropologici (il mito, in quanto fondo primitivo e inconscio da riscoprire dietro la razionalità, è presente costantemente nelle sue opere, che si collocano in una dimensione metastorica più che storica). Tra il 1945-50 svolge un’intensa attività come scrittore e saggista, ma il suo primo romanzo importante era già uscito nel 1941, Paesi tuoi: l’ambientazione realistica-verista lascia spazio a aspetti simbolici e antropologici. Le opere più fortunate furono quelle riguardanti la storia contemporanea (Prima che il gallo canti, La luna e i falò, La casa in collina). Emerge l’impossibilità di trovare un luogo nel quale non ci sia macchia di violenza e nel quale sia possibile radicarsi definitivamente. Su questa drammatica scoperta si chiude il percorso pavesiano. 👤 Vasco Pratolini e Carlo Cassola: Pratolini partendo dalla sua esperienza diretta delle condizioni del popolo pubblica dapprima romanzi strettamente legati alla vita dei quartieri fiorentini. Schematizzando poi le opposizioni tra eroi positivi, vicini agli ideali comunisti, e borghesi negativi, arriva a progettare una trilogia dal titolo Una storia italiana, incentrata sulle lotte politiche e sociali fra Otto e Novecento. Altro autore di successo fu Cassola che narrò con fluidità vicende scottanti, come le violenze della guerra e del dopoguerra, come La ragazza di Bube. 👤 Giorgio Bassani e Natalia Ginzburg: vicini all’idea di letteratura come ricordo. Bassani, ebreo, venne duramente colpito durante il regime fascista. In molte opere trapela la sua condizione di emarginato dal regime, come Il giardino dei Finzi-Contini. Alla condizione ebraica fa riferimento anche la Ginzburg, inserita nell’ambiente einaudiano, in Lessico famigliare, in cui fornisce un quadro delicato del periodo nel regime fascista. Memorialismo: si riferisce ai memoriali, come scritti storici, biografici o autobiografici. 👤 Carlo Levi: si entra nella memorialistica di guerra con Cristo si è fermato a Eboli. Carlo Levi, confinato dal governo fascista in Lucania, fa un resoconto scarno e incisivo di quell’esperienza, volto a dimostrare la perdurante arretratezza del sud Italia. Altri testi memorialistici sono quello di Mario Rigoni Stern, Il sergente della neve, rievocazione asciutta delle tragedia dell’armata italiana in Russia e quella di Pietro Chiodi, Banditi, incentrato sul periodo della resistenza. 👤 Primo Levi: il torinese di origini ebraiche venne catturato durante la guerra di resistenza e deportato ad Auschwitz, dove rimase fino al gennaio del 1945. L’esperienza dei lager risulta cruciale per tutta la sua vita, anche se non volle mai assolutizzarla; anzi cercò di tornare a comprendere quell’evento nel suo insieme. Se questo è un uomo: da uno sforzo di ripensamento nacque la prima e più famosa delle sue opere, il diario-memoriale. L’animo razionalista dello scrittore lo spinge a chiedersi come sia stato possibile arrivare agli estremi da lui provati, ricostruiti in diciassette capitoli che presentano l’intero universo concentrazionario. Non a caso vengono proposti confronti con interno dantesco, termine di paragone rispetto all’inferno realizzato dai nazisti. La tregua, secondo libro di Levi, ha un tono più comico-picaresco. Questo memoriale si apre con la liberazione dal lager e narra le vicissitudini sopportate da Levi prima di poter rientrare a casa. La vocazione letteraria viene confermata da molti suoi testi successivi. Emerge nei nuovi testi l’immagine di uno scrittore-scienziato, sensibile alla materia caotica del reale. L’opera più efficace dell’ultima produzione leviana è I sommersi e i salvati (1986). In questa raccolta di saggi, ripensa all’intera realtà concentrazionaria, individuando aspetti sfuggiti a lui e agli altri singoli testimoni. Le stesse testimonianze sembrano non bastare a comprendere gli estremi raggiunti dalla persecuzioni naziste, perché coloro che li hanno subiti non li possono raccontare. I salvati devono descrivere e continuare a comprendere. 👤 Beppe Fenoglio: ancora nell’ambito della narrativa legata all’esperienza della guerra, partecipa alla vittoria degli antifascisti nel 1945 e pensa di scrivere un diario romanzato di alcune delle sue vicende. Si tratta degli Appunti partigiani, risalenti al 1946 ma ritrovati e pubblicati nel 1994: un testo ricco di verve narrativa, eroicomico e segnato dal tono gioioso del sopravvissuto. Vari testi riguardano la vita nelle Langhe: le storie proposte, accese e drammatiche, trovano un’efficace stilizzazione a metà fra testo scritto e racconto orale-popolare. Su questa linea si colloca il romanzo breve La malora, che narra le vicende di Agostino Braida, contadino delle Langhe. Impostò un grande progetto che doveva raccontare il periodo tra 1943-45. La prima versione venne scritta in inglese italianizzato. Uscì nel 1959 Primavera di bellezza, in cui il protagonista Johnny, fugge dopo l’armistizio dell’8 settembre e si unisce ai ribelli, ma viene ucciso subito. Il vero esito a cui mirava Fenoglio è, Il partigiano Johnny che espone la vicenda in modo dettagliato e con un linguaggio ricco di metafore, neologismi, costruzioni ardite, stile sublime, adatto a rendere epico-tragica la narrazione della resistenza. Successivamente si dedica a nuovi abbozzi di romanzo resistenziale, incentrati sulla figura di Milton. Il risultato è Una questione privata. Lo scrittore si concentra su una storia d’amore-passione collocata sullo sfondo tragico della guerra. La morte qui non è legata solo alla lotta resistenziale: ben più ossessivo è diventato il pensiero di Fulvia, la sua amata che probabilmente ha un legame con il suo amico Giorgio. Oltre a questo capolavoro scrive negli ultimi anni numerosi abbozzi di romanzi raccolti nel volume Un giorno di fuoco. 👤 Elsa Morante: il suo percorso appare separato. Dal 1943 si concentra sul primo grande romanzo, Menzogna e sortilegio, che uscì nel 1948, riscuotendo lusinghieri riscontri critici e di pubblico. Si compenetrano visione realistica e deformazioni favolose o oniriche. Il racconto è condotto da una donna rimasta legata al mondo dell’infanzia e dei miti. La forza del racconto sta nello sviluppo ossessivo: lo scontro tra diverse personalità con le loro passioni e finzioni che vengono portate all’esasperazione. La narratrice avverte che i fatti spesso non sono come appaiono, che gli inganni sono funzionale alla vita stessa dei personaggi, che sono sotto una sorta di sortilegio. L’isola di Arturo esce nel 1957 ed è ambientato a Procida a ridosso della seconda guerra mondiale. Protagonista e narratore è Arturo che racconta da giovane-adulto le sue vicende infantili e adolescenziali. Per sfuggire alle amarezze della vita, come la morte della madre e l’assenza del padre e della sua nuova sposa, Arturo si rifugia nel suo mondo mitologico e fiabesco. ⟶ L’isola di Arturo acquista forza attraverso la capacità di costruire un racconto d’iniziazione-formazione e quasi avventura che nasconde componenti psicanalitiche. La storia (1974) è un romanzo che affronta le storture che travolgono i singoli e in particolare i deboli nella grande macchina degli avvenimenti mondiali. Dagli anni Sessanta, Morante si interessa ai problemi socioeconomici moderni. La protagonista Ida viene rinchiusa in un manicomio dopo aver assistito alla morte dei suoi due figli. ⟶ La parabola sulla crudeltà e l’indifferenza della storia. Aracoeli è il suo ultimo romanzo incentrato sulla ricerca della madre di un ormai anziano signore: si distingue per lo stile sostenuto, ricco di ispanismi e termini gergali. È una continua discesa verso gli abissi della nascita e della morte. Narrativa meridionale: intrecci tra letteratura e giornalismo sono ben evidenti in Mario Soldati, Cesare Zavattini (satirico-umoristico) e Ennio Flaiano. Esponente della narrativa meridionale è Vitalino Brancati, dapprima vicino al fascismo, poi nel dopoguerra scrittore di idee conservatrici, satirico e fuori dagli schemi. Un caso a parte è quello di Giuseppe Tomasi di Lampedusa con il suo romanzo Il gattopardo, uscito postumo nel 1958 dopo essere stato rifiutato da vari editori. Vanno riconosciuti la sensibilità psicologica, malinconica e segnata dal senso della fine; tuttavia, la sua preziosa accuratezza appare almeno in parte lontana dalla forme più innovative di reinterpretazione della narrativa tradizionale, sebbene non manchino descrizioni che mostrano l’attenta lettura di Proust e Woolf. ➔ Teatro Nel teatro del dopoguerra, mentre si affermano autori legati alla tradizione realistico-regionale prende piede un filone incentrato sull’analisi psicologica e interiore. Fra i drammaturghi più noti si possono ricordare Ugo Betti e Diego Fabbri. Innovativi risultati vengono anche dalle nuove messinscene di drammi classici da parte di giovani registi come Giorgio Strehler. ➔ Cinema I film più validi degli anni Cinquanta-Sessanta vennero da registi come Michelangelo Antonioni e Federico Fellini. A Fellini si deve il film-simbolo, La dolce vita, che riesce a far comprendere l’evoluzione della società italiana dallo stato di distruzione post bellica agli inizi del boom economico, sottolineando la perdita dei valori tradizionali. Molti dei film più fortunati nascono da romanzi di successo. ➔ Critica Mass media: va ricordata l’importanza degli interventi scritti per le terze pagine dei quotidiani, per la radio e per la televisione. In tale contesto i centri più importanti diventarono Roma, Milano e Torino, con un declino di Firenze. Fra i primi a cogliere questo aspetto vi fu l’intellettuale Pier Paolo Pasolini. Calvino critico e saggista: alcuni saggi degli anni Cinquanta e Sessanta esaminano questioni fondamentali della narrativa coeva. In altri casi, Calvino interpreta con acume le tendenze in atto nella letteratura italiana e internazionale, basandosi anche sulle sue scelte come responsabile einaudiano. Una sorta di bilancio personale e storico-letterario è costituito dall’acuta Prefazione alla seconda edizione del Sentiero dei nidi di ragno. Postume sono le Lezioni americano, preparate per un ciclo di conferenze ad Harvard e in cui vengono affrontate alcune delle sfide cui deve rispondere la letteratura, in un’ottica di rappresentazione autonoma del reale: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità. 5. LE VARIE FORME DEI NUOVI SPERIMENTALISMI 1963-1979 Con gli inizi degli anni Sessanta si assiste a profonde modifiche nel rapporto tra cultura alta e popolare, sempre più al centro, nei paesi occidentali, dell’attenzione dei mass media e del sistema industriale e commerciale. ⟶ Esemplare il caso della musica: quella sperimentale e colta viene confinata in settori ridottissimi, mentre quella leggera diventa indispensabile per il pubblico, specialmente per i giovani. ⤷ Una conseguenza nel medio periodo riguardò anche la poesia: con la stagione dei cantautori i testi delle canzoni risultano molto più curati, spesso delicati componimenti d’amore oppure ballate dure e politicamente combattive: mentre la lirica colta vedeva diminuire il suo pubblico, si ampliava quello degli happening poetici. ⤷ Di fronte alla cultura di massa sostenuta dal sistema capitalistico le reazioni degli artisti sono state diverse: o la chiusura completa (musica sperimentale) o l’interpretazione delle società industriali. Si assiste alla nascita di una nuova forma sperimentale, che sotto l’etichetta di pop art vede impegnati artisti di varie discipline nella ricerca di forme che prendono spunto dal presente per demistificarne gli aspetti più falsi. Il nuovo sistema culturale porta alla perdita di molti presupposti umanistici. Questa nuova condizione è stata definita postmoderna. Nella narrativa, a parte le prove di Calvino, emergono scrittori che privilegiano il plurilinguismo, impiegato in varie direzioni e che elaborano gli intrecci in modi antinaturalistici, spesso però senza l’innovatività tipica di inizio secolo. Il teatro vive dell’estro di alcuni attori o registi e il cinema non raggiunge esiti alti come i primi anni del dopoguerra. Fondamentale è il ruolo della televisione. ➔ Poesia Neoavanguardia: tendenza sperimentale molto diversa da quelle seguite da autori come Pasolini. L’allontanamento è prima di tutto linguistico, basato sul rifiuto delle forme e degli stili tradizionali, al massimo usate per citazioni straniate, in corrispondenza di un rifiuto ideologico della cultura borghese. I poeti appartenenti al Gruppo 63 (movimento letterario costituito a Palermo nell'ottobre del 1963) condividevano alcune premesse culturali: - adesione al marxismo - attenzione alla psicanalisi, all’antropologia e all’etnologia - strenua attenzione al linguaggio. Questo ventaglio di teorie, che proponevano nuovi filoni per la ricerca materialistica sui miti e sulla poesia, fu impiegato in modi e con accenti distinti dai vari esponenti della neoavanguardia. Alcuni puntarono a una generica sperimentazione culturale; altri difesero a oltranza l’impegno politico e ideologico con un intento rivoluzionario. 👤 Edoardo Sanguineti: il più acuto teorico della neoavanguardia. I presupposti marxisti e psicanalitici si colgono già nella sua prima opera poetica, Laborintus: la storia di una depressione viene tradotta in lunghe lasse composte da versi informi, mentre il testo appare come una concrezione di lingue diverse e di citazioni e allusioni straniate. I modelli tradizionali e modernisti vengono quasi fusi in un unici composto che deve ricondurre alla parte profonda dello scavo psicanalitico e far emergere il kaos contro l’apparente kosmos contemporaneo. ⟶ Ne deriva un annullamento del sublime, della soggettività lirica, mentre si può parlare di allegoria. Se la società contemporanea è una putrida palude, anche la poesia non può che ridursi a magma: e qui sta il suo principale realismo. Nelle raccolte successive ha continuato sulla linea sperimentale, accentuando però i toni più ironici, satirici, a volte memore della lezione crepuscolare. Altri sperimentalismi: 👤 Elio Pagliarani: vicino al Gruppo 63 ma autonomo, mette in versi la storia di una modesta impiegata con tanto di inserimenti di brani manuali tecnici. Il suo poema narrativo risulta vicino alla sperimentazione della rivista Officina e dello stesso Pasolini. La poetica di Pagliarani, improntata all’ideologia marxista sino agli anni Settanta, poi aperta a varie suggestioni filosofiche e scientifiche, non sembra ridursi agli ideali specifici della neoavanguardia e comunque non punta alla dissoluzione linguistica. 👤 Amelia Rosselli: usa le sue varie lingua familiari se non materne come strumento di un’espressione poetica che parte da un ambito sicuramente prerazionale. È una profonda nevrosi che si trasfonde nei suoi testi, dove il linguaggio viene stravolto non per motivi ideologici, bensì per veicolare, attraverso uno stile oscuro ma non astrattamente surrealista, una visione scomposta e disgregata di eventi e persone, quasi come in un quadro cubista. 👤 Vittorio Sereni: si forma a Milano, seguendo corsi di letteratura e filosofia e cominciando a comporre testi d’impronta ermetica. Sereni viene fatto prigioniero e recluso in vari campi di lavoro in Africa settentrionali durante la seconda guerra mondiale. Da questa esperienza nasce la sua seconda raccolta, Diario d’Algeria, dove gli elementi autobiografici si fondano con il tentativo di interpretare in poesia l’intero dramma del conflitto: lo stile diventa più asciutto, classicista più che simbolista. ⟶ Egli sta seguendo un percorso personale che lo porta a riconsiderare i capisaldi della lirica moderna. Sereni era in grado di entrare in dialogo con personalità molto diverse, mantenendo una fisionomia autonoma. Cerca di coniugare aspetti autobiografici e lettura del presente, attraverso un dettato appena sopra la prosa, molto variato tematicamente, con aperture a termini quotidiani. Negli anni successivi prosegue la ricerca di una poesia che tende alla prosa senza perdere la propria fisionomia, e ottiene un ultimo esito importante con Stella variabile. 👤 Andrea Zanzotto: si forma a Padova e da un’esperienza ancora ermetica deriva la sua prima produzione. Nel 1951 esce la prima raccolta poetica Dietro il paesaggio. In queste liriche si sente l’aspirazione a un linguaggio puro e assoluto, che mira a trovare dietro la realtà significati profondi, alla maniera del simbolismo e dell’orfismo. ⟶ Si ottiene così una sorta di petrarchismo extratemporale, che appare spiazzato nel momento delle sperimentazioni realistiche e svolge una funzione difensiva. La beltà è il suo capolavoro: abbandonate le mediazioni e i manierismi protettivi delle raccolte precedenti decide di immergersi nel linguaggio inteso come entità generatrice di infiniti sensi, ma di per sé priva di significato. Fra significante e significato nelle parole, è il primo aspetto a interessare Zanotto, ovvero quello dei suoni, liberamente connessi a creare nuove interazioni e nuovi sensi. La storia viene ricondotta nella Beltà alla sua componente primordiale, cioè diventa espressione ultima di una catena che rimanda alle origini, agli stadi inconsci del singolo e dell’umanità. Nelle raccolte successive prosegue nel suo percorso di ricreazione linguistica, focalizzando l’attenzione del dialetto e del linguaggio infantile, prima forma del linguaggio pregrammaticale e quindi privo di ogni organizzazione gerarchica di significati. 👤 Franco Fortini: opere che privilegiano lo stile semplice. Come poeta raggiunge notevoli risultati con Una volta per sempre, raccolta in cui le componenti tardosimboliste e neorealiste dei testi precedenti vengono superate grazie alla scelta consapevole di toni didattici, fortemente assertivi, attraverso i quali l’ideologia marxista transita in un linguaggio arcaico e per questo privo di risonanze liricheggianti, ma anzi filosofico-allegorico. Ogni immagine rimanda al significato profondo della storia, che deve portare al riscatto degli oppressi. 👤 Giovanni Giudici: raccolte caratterizzate da un attento esame etico e da un calibrato equilibrio tra lirica e prosa. Il volume La vita in versi è contraddistinta da molteplici riferimenti biografici e da una delicata ironia, che conferiscono ai testi un andamento narrativo e nello stesso tempo cadenzato dalle frequenti rime facili: il modello crepuscolare è forte, ma questa lirica si distingue per un più deciso orientamento etico-essenzialistico. 👤 Giovanni Raboni: critico e traduttore di Baudelaire e Proust. Si è distinto per Le case della Vetra che raccoglieva numerosi testi dedicati a situazioni quotidiane, trattate con uno stile vicino alla prosa e con toni etici, a volte risentiti. Poesia dialettale: sempre meno spontanea, la scelta di scrivere poesia dialettale diventa, a partire soprattutto dagli anni Settanta, controcorrente. Fra i risultati più importanti ci sono quelli di: - Franco Loi, genovese vissuto a Milano tanto da acquisirne in dialetto - Eraldo Baldini, più vicino a una dimensione narrativa ricca di personaggi e di alter ego dell’io lirico - Franco Scataglini, dialetti marchigiani e forme arcaiche dell’italiano - Giose Rimanelli, produzione di emigrati da generazioni con testi ricchi di neoformazioni. ➔Narrativa Con il 1963, anno di esplosione delle sperimentazioni neoavanguardiste, la narrativa tradizionale entra in crisi. Soprattutto negli anni Settanta la narrativa viene considerata meno adatta a interpretare il presente rispetto ai saggi. Significativo è il nuovo spazio riservato alle donne. Narrativa neoavanguardista: nel campo della narrativa l’attività del gruppo 63 fu meno ampia rispetto a quella relativa alla poesia (Vassalli e Malerba). Interessato allo svecchiamento della narrativa e in genere della cultura italiana fu Alberto Arbasino. Nel suo racconto Fratelli d’Italia si nota l’assenza di una trama ben fatta. Nelle versioni successive amplia il campionario e fa molte modifiche stilistiche; resta però l’impianto del plastiche, della mescolanza di toni, stili, episodi diversi, tenuti insieme dalla posizione ironica, snob e moralistica dell’autore implicito. Altri scrittori sperimentali 👤 Giorgio Manganelli: in apparenza affine agli ideali del gruppo 63, ma in realtà più attento a un percorso ipermanieristico e non ideologico. Come dimostrano il suo pseudo-trattato e il saggio mira a sondare gli aspetti fittizi e fantastici della scrittura, costruendo meravigliose macchine verbali che fanno pensare da un lato all’erudizione parandola di Borges e dall’altro al barocco di Gadda. 👤 Emilio Tadini invece propose testi picareschi, influenzati dal modello del francese Céline, ma ricchi di risonanze culturali e di un’implicita polemica sociale. 👤 Gianni Celati mira a una scrittura comico-grottesca, proponendo dei personaggi surreali contro il conformismo e il perbenismo. 👤 Stefano D’Arrigo nella sua opera, un testo epico che perse a modello l’Odissea e l’Ulisse di Joyce, segue la storia del pescatore Ndria in Horcynus Orca. Tra elementi realistici e costruzioni mitiche e simboliche il testo si presenta come una lunga discesa agli inferi, descritta con uno stile marcatamente espressionista, ma basato sull’accostamento di parole derivate da lingue diverse, senza una costruzione polifonica più complessa. Espressionismo narrativo: i poeti non mirano a un completo stravolgimento delle strutture linguistiche e narrative, ma a una più o meno forte mescolanza di linguaggi per ottenere in primo luogo un distacco dalla forme più standardizzate dell’italiano. 👤 Antonio Pizzuto privilegia gli aspetti di costruzione straniata del racconto e della narrazione, Luciano Bianciardi polemico contro la società italiana e contro le varie burocrazie. 👤 Lucio Mastronardi, più moderato ma al fondo non meno caustico nel suo giudizio sulle trasformazioni del secondo dopoguerra. 👤 Luigi Meneghello: più attenta e motivata l’attenzione linguistica che si evince dal suo lavoro, non si limita solo al rimpianto del passato e gioca sulla nostalgia e sul distacco. 👤 Vincenzo Consolo si colloca su un versante più manieristico e adotta un linguaggio lussureggiante e uno stile elevato per trattare argomenti storici in modo all’apparenza tradizionale, ma in realtà con un sottofondo illuminista e satirico. 👤 Giovanni Tesori è l’autore più espressionista che arriva a una scrittura barocca e visionaria che scandaglia soprattutto i travagli interiori.
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